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indagine sulla mediazione culturale in italia - Integrazione Migranti

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ti dalle stesse istituzioni. “Il mediatore può accompagnare – spiega una mediatrice<br />

– ma la cosa più importante è dare gli strumenti alla persona aff<strong>in</strong>ché se la<br />

possa cavare”. In questo senso la <strong>mediazione</strong> deve muoversi nella prospettiva<br />

dell’empowerment e non certamente creare legami di dipendenza, che f<strong>in</strong>irebbero<br />

per consolidare le condizioni di disagio e di bisogno degli immigrati. È proprio<br />

per questo – aggiunge la mediatrice testé citata – che “il mediatore non è un<br />

avvocato, ma uno che aiuta a fare le cose se ci sono problemi”: egli deve saper<br />

scomparire ad un certo punto, rendendosi non più <strong>in</strong>dispensabile<br />

2.2. Funzioni del mediatore<br />

L A FIGURA DEL MEDIATORE CULTURALE<br />

2.2.1. L’identità “migrante”<br />

Nella dist<strong>in</strong>zione dei due livelli relativi alle riflessioni dei mediatori abbiamo<br />

accennato ad un elemento che è importante sviluppare: l’identità. Il mediatore,<br />

dicevamo, ha un’identità “migrante”, ovvero si sente straniero. Anzi, nei confronti<br />

degli <strong>italia</strong>ni e di fronte ad <strong>italia</strong>ni, rivendica questa sua identità, anche se lo fa<br />

<strong>in</strong> situazioni <strong>in</strong> cui è <strong>in</strong>terpellato come mediatore, vale a dire quando si esprime<br />

nella sua veste professionale. Possiamo anche dire che tale identità sovrasta ogni<br />

altra appartenenza (nazionale e cont<strong>in</strong>entale). Ma la rivendicazione dell’identità<br />

straniera sembra anche essere una risorsa situazionale e negoziale <strong>in</strong> rapporto e<br />

nei rapporti con gli <strong>italia</strong>ni, nei confronti dei quali si considera (e sa anche che<br />

può convenire farsi considerare) come “altro” assoluto. Tale identità è cont<strong>in</strong>uamente<br />

ricordata e manifestata apertamente, non senza una punta di orgoglio; tuttavia<br />

è difficile sapere se <strong>in</strong> altre circostanze (per esempio <strong>in</strong> una comunità di<br />

immigrati, <strong>in</strong> contesti <strong>in</strong>formali o nei rapporti con gli utenti) il mediatore non<br />

tenda <strong>in</strong>vece ad esporre un’altra rappresentazione di sé (per esempio potrebbe<br />

emergere un’identità mista, o l’esplicitazione del grado di <strong>in</strong>tegrazione nella<br />

società <strong>italia</strong>na come conquista raggiunta e simbolizzata dal ruolo istituzionale<br />

ricoperto).<br />

2.2.2. L’Italia e gli <strong>italia</strong>ni<br />

Oltre a questi aspetti, i mediatori ritraggono la società <strong>italia</strong>na sottol<strong>in</strong>eandone<br />

l’ostilità, i pregiudizi ricorrenti verso gli stranieri, f<strong>in</strong>anche l’ignoranza rispetto<br />

alle culture altre, sulle quali l’<strong>italia</strong>no medio esprimerebbe giudizi approssimativi<br />

e comunque dettati dalla non conoscenza (forse, a voler essere più esatti, da<br />

un’<strong>in</strong>capacità di conoscere). Insomma il mediatore del<strong>in</strong>ea un quadro desolante<br />

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