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3<br />

I sentieri<br />

del<br />

brivido<br />

Paura e horror accendono la fantasia<br />

IL PIACERE DI LEggERE<br />

UN CLASSICO DELL’HORROR<br />

E. A. Poe Il crollo della casa Usher p. 32<br />

FATTI STRANI, PRESENZE INQUIETANTI<br />

A. Horowitz L’<strong>in</strong>cubo di Harriet p. 41<br />

Antologia 3


Il pIacere dI leggere<br />

Antologia 3 3. I sentieri del brivido Un classico dell’horror<br />

Il crollo della casa Usher<br />

AntefAtto<br />

Questo lungo racconto è ritenuto il capolavoro di Poe. La casa dove Roderick<br />

Usher trascorre i suoi giorni, isolato dagli uom<strong>in</strong>i <strong>in</strong> compagnia di una sorella che<br />

si sta lentamente spegnendo, si fonde con la figura del protagonista: Roderick è<br />

la sua casa. In questo sfondo, <strong>in</strong> questo castello corroso da un’atmosfera malefica,<br />

assistiamo al dramma di un uomo pervaso da una paura talmente estrema da<br />

condurlo alla follia.<br />

Come quando le nubi pendono basse e opprimenti nel cielo,<br />

io avevo cavalcato solitario attraverso una regione campestre<br />

s<strong>in</strong>golarmente lugubre – e con l’avvic<strong>in</strong>arsi delle ombre della<br />

sera mi trovai <strong>in</strong> vista della mal<strong>in</strong>conica casa degli Usher.<br />

Guardavo la scena davanti a me, e solo al vedere la casa e i tratti<br />

del pae saggio – i muri squallidi, le vuote occhiaie delle f<strong>in</strong>estre,<br />

le poche file di giunchi e i pochi tronchi bianchi di alberi<br />

fatiscenti1 – fui <strong>in</strong>vaso da un’estrema depressione di spirito.<br />

Era un gelo al cuore, uno sconforto, un disgusto, una <strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile<br />

tristezza di pensiero che nessuno stimolo dell’immag<strong>in</strong>azione<br />

avrebbe potuto ravvivare. Guidai il mio cavallo s<strong>in</strong>o al marg<strong>in</strong>e<br />

scosceso di uno stagno lugubre e nero che giaceva <strong>in</strong> immobile<br />

lucentezza davanti alla dimora. E guardai – ma con un brivido<br />

più penetrante di prima – le immag<strong>in</strong>i ripetute e <strong>in</strong>vertite dei<br />

giunchi grigiastri, dei tronchi spettrali e delle f<strong>in</strong>estre simili a<br />

occhi vuoti.<br />

In questa abitazione di tristezze io mi proponevo tuttavia di soggiornare<br />

per alcune settimane. Il proprietario, Roderick Usher,<br />

era stato uno dei miei più cari compagni di giov<strong>in</strong>ezza; di recente<br />

una sua lettera mi aveva raggiunto <strong>in</strong> una lontana parte del<br />

paese – una lettera la cui <strong>in</strong>tonazione disperata non ammetteva<br />

altra risposta che di persona. La calligrafia attestava un’agitazione<br />

nervosa. Lo scrivente mi parlava di una malattia acuta – di<br />

un disord<strong>in</strong>e mentale che l’opprimeva – e di un ardente desiderio<br />

di vedermi, essendo io il suo migliore, anzi il solo suo <strong>in</strong>timo<br />

amico, e sperando egli d’ottenere dall’allegrezza della mia compagnia<br />

un po’ di conforto al suo male.<br />

Sebbene da ragazzi fossimo stati <strong>in</strong>timi, <strong>in</strong> realtà io sapevo poco<br />

del mio amico. Però non ignoravo che la sua famiglia, molto an-<br />

Edgar Allan Poe<br />

Edgar Allan Poe, uno<br />

dei più importanti<br />

scrittori dell’Ottocento,<br />

è considerato il<br />

capostipite dell’horror<br />

contemporaneo.<br />

L’autore, nelle sue<br />

opere, mette a nudo la<br />

realtà dei sentimenti<br />

umani, quali la paura, i<br />

desideri contorti,<br />

l’avidità di dom<strong>in</strong>io,<br />

l’angoscia derivante<br />

dal confronto con la<br />

propria stessa miseria.<br />

1. fatiscenti: ricoperti di<br />

muffa, decrepiti.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

32


tica, si era dist<strong>in</strong>ta da tempo immemorabile per una particolare<br />

sensibilità di carattere che, attraverso i secoli, si era esplicata <strong>in</strong><br />

molte opere di arte. Avevo anche appreso il fatto molto notevole<br />

che il tronco della schiatta Usher, <strong>in</strong> nessun’epoca aveva mai<br />

avuto un ramo collaterale durevole 2 .<br />

Questa mancanza di un ramo collaterale e la conseguente trasmissione<br />

costante di padre <strong>in</strong> figlio del patrimonio e del nome,<br />

aveva talmente identificato le due cose, che il nome del luogo si<br />

era fuso nel bizzarro appellativo di casa Usher, appellativo che<br />

sembrava <strong>in</strong>cludere tanto la famiglia come l’abitazione.<br />

Quando alzai gli occhi dall’immag<strong>in</strong>e dello stagno alla casa, avevo<br />

<strong>in</strong> tal modo lavorato con la mia immag<strong>in</strong>azione, da credere<br />

realmente che <strong>in</strong>torno a tutta la casa <strong>in</strong>combesse un’atmosfera<br />

propria a essa e a quei paraggi – un’atmosfera che esalava dagli<br />

alberi deperiti e biancastri, dalle mura grigie e dallo stagno silenzioso:<br />

un vapore torbido, pesante, appena visibile e dal colore<br />

di piombo 3 .<br />

Esam<strong>in</strong>ai più attentamente il reale aspetto dell’edificio. Suo carattere<br />

pr<strong>in</strong>cipale sembrava essere una eccessiva antichità. Lo<br />

scolorimento prodotto dal tempo era stato grande: però nessun<br />

deterioramento importante derivava da ciò. Nessuna parte della<br />

casa era caduta, e sembrava ci fosse una strana contraddizione<br />

fra la consistenza generale dell’edificio e il deterioramento delle<br />

s<strong>in</strong>gole pietre 4 . Tolto questa grande decadenza, il maniero 5<br />

non dava alcun segno d’<strong>in</strong>stabilità. Forse l’occhio di un attento<br />

osservatore avrebbe potuto scoprire una fessura appena percettibile,<br />

che partendo dal tetto della facciata percorreva a zig-zag<br />

tutta la parete, perdendosi poi nelle lugubri acque dello stagno.<br />

Osservando queste cose, cavalcai verso la casa su di una strada<br />

selciata. Un servo di guardia mi prese il cavallo, ed io entrai sotto<br />

la vòlta del vestibolo 6 . Un domestico dal passo furtivo mi condusse,<br />

<strong>in</strong> silenzio, attraverso molti passaggi oscuri ed <strong>in</strong>tricati 7 ,<br />

nello studio del padrone.<br />

Molto di ciò che io <strong>in</strong>contrai strada facendo contribuì, non so<br />

come, ad aumentare i vaghi sentimenti di cui ho già parlato.<br />

Sebbene gli oggetti <strong>in</strong>torno a me fossero cose tutte per me abituali<br />

s<strong>in</strong> dall’<strong>in</strong>fanzia, mi meravigliavo nel riscontrare quali <strong>in</strong>solite<br />

fantasie tali immag<strong>in</strong>i consuete suscitassero <strong>in</strong> me 8 .<br />

Il domestico aprì una porta, e m’<strong>in</strong>trodusse alla presenza del suo<br />

padrone. La stanza ove mi trovai era molto ampia e alta: le f<strong>in</strong>estre<br />

erano lunghe, strette e aguzze e a una tale distanza dal pavimento<br />

di nera quercia, da essere assolutamente <strong>in</strong>accessibili<br />

dall’<strong>in</strong>terno. Deboli raggi di luce passavano per le vetrate, e riuscivano<br />

a rendere abbastanza dist<strong>in</strong>ti i pr<strong>in</strong>cipali oggetti. Tappezzerie<br />

oscure pendevano dalle pareti. Il mobilio generale era<br />

2. Avevo anche<br />

appreso… durevole: non<br />

si erano mai formate, <strong>in</strong> modo<br />

durevole, delle altre famiglie<br />

con lo stesso cognome,<br />

discendenti da un secondogenito<br />

o terzogenito del ramo<br />

pr<strong>in</strong>cipale. Il nome della<br />

famiglia era sempre passato<br />

di padre <strong>in</strong> figlio. Qui la parola<br />

ramo si riferisce all’albero<br />

genealogico. La «schiatta»<br />

è l’<strong>in</strong>sieme di persone che<br />

discendono da un medesimo<br />

capostipite per più generazioni<br />

successive e con diverse<br />

ramificazioni (s<strong>in</strong>onimi: casata,<br />

stirpe; discendenza, progenie).<br />

3. <strong>in</strong>torno a tutta la<br />

casa… piombo: la casa<br />

sembra avere una propria<br />

personalità e l’atmosfera<br />

<strong>in</strong>quietante che la circonda<br />

sembra nascere dalla casa<br />

stessa e dal paesaggio attorno<br />

a essa.<br />

4. Suo carattere<br />

pr<strong>in</strong>cipale… pietre:<br />

nonostante la casa fosse<br />

molto antica e decadente,<br />

non sembrava dare segni di<br />

cedimento.<br />

5. maniero: antica casa<br />

signorile.<br />

6. vestibolo: salone<br />

d’<strong>in</strong>gresso.<br />

7. passo furtivo… oscuri<br />

ed <strong>in</strong>tricati: ogni particolare<br />

accresce le sensazioni delle<br />

pag<strong>in</strong>e precedenti; ad esempio<br />

il passo furtivo del domestico,<br />

così come i passaggi oscuri ed<br />

<strong>in</strong>tricati.<br />

8. Sebbene… suscitassero<br />

<strong>in</strong> me: l’<strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e provata<br />

dal personaggio e l’atmosfera<br />

particolare dell’ambiente<br />

rendono estranei anche gli<br />

oggetti più comuni.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

33


stravagante, <strong>in</strong>comodo, antico e rov<strong>in</strong>ato. Sparpagliati<br />

qua e là erano molti libri e strumenti musicali: ma non<br />

bastavano a ravvivare <strong>in</strong> nulla l’ambiente. Sentivo che respiravo<br />

<strong>in</strong> un’atmosfera di dolore. Un’aria di tristezza severa,<br />

profonda, irrimediabile, aleggiava su tutto e tutto<br />

<strong>in</strong>vadeva.<br />

Al mio entrare, Usher si alzò da un divano sul quale<br />

giaceva lungo disteso, e mi salutò con una vivace effusione.<br />

Ci sedemmo; e per alcuni m<strong>in</strong>uti, mentre egli non<br />

parlava, io lo contemplai con un sentimento misto di pietà<br />

e di paura. Invero, mai uomo era cambiato così terribilmente,<br />

e <strong>in</strong> così breve tempo, come Roderick Usher!<br />

L’aspetto del suo volto era sempre stato s<strong>in</strong>golare: pallore<br />

cadaverico, occhio grande liquido e lum<strong>in</strong>oso al di<br />

là di ogni paragone, labbra alquanto sottili e molto pallide<br />

ma di una curva straord<strong>in</strong>ariamente bella, naso di<br />

delicato modello ebraico, capelli più morbidi e più tenui<br />

di una tela di ragno. Questi l<strong>in</strong>eamenti, <strong>in</strong>sieme con un<br />

eccessivo sviluppo della fronte, gli conferivano una fisionomia<br />

che era difficile dimenticare. Ma ora, per la semplice<br />

accentuazione che si era prodotta <strong>in</strong> questi l<strong>in</strong>eamenti, e nella<br />

espressione che essi di solito avevano, era derivato un cambiamento<br />

tale che io dubitavo a chi parlassi 9 . Il pallore ora spettrale,<br />

e il luccichio dell’occhio sorprendente, soprattutto mi colpirono e<br />

mi spaventarono. I suoi serici 10 capelli erano cresciuti senza alcuna<br />

cura, e io non potevo, nemmeno con uno sforzo, associare<br />

l’immag<strong>in</strong>e che ne derivava con una qualsiasi idea di semplice<br />

umanità 11 .<br />

Una certa <strong>in</strong>coerenza e una certa <strong>in</strong>consistenza nei modi del mio<br />

amico mi colpirono, e presto mi accorsi che ciò derivava da una<br />

serie di sforzi deboli e senza speranza per padroneggiare una<br />

trepidazione e un tremore abituali. I suoi gesti erano alternativamente<br />

vivaci e tardi 12 . La voce passava da una <strong>in</strong>decisione tremula<br />

a una specie di brevità energica, a un tono brusco, forte, e<br />

dal suono falso, a un urlare rude e gutturale, pesante. Con questo<br />

tono egli parlò dello scopo della mia visita, del suo ardente<br />

desiderio di vedermi e del conforto ch’egli s’aspettava da me. Si<br />

diffuse lungamente, alla f<strong>in</strong>e, sulla natura della sua malattia.<br />

Era – diss’egli – un male irrimediabile e di famiglia, per il quale<br />

disperava di trovare un rimedio. Egli soffriva di una morbosa 13<br />

acutezza dei sensi: i cibi più <strong>in</strong>sipidi erano per lui i soli tollerabili;<br />

poteva <strong>in</strong>dossare soltanto abiti di un certo tessuto; i profumi<br />

di tutti i fiori lo opprimevano; i suoi occhi erano torturati da<br />

una luce anche debole; e non c’erano che alcuni suoni particolari<br />

– quelli degli strumenti a corda – che non gli ispirassero orrore.<br />

9. Ma ora… dubitavo a<br />

chi parlassi: i l<strong>in</strong>eamenti e<br />

le espressioni di Usher, nel<br />

corso del tempo, si sono fatti<br />

più marcati e sono ora così<br />

accentuati da rendere l’uomo<br />

quasi irricono sci bile.<br />

10. serici: uguali alla seta.<br />

11. Il pallore… idea di<br />

semplice umanità: il colore<br />

della pelle, l’espressione degli<br />

occhi, i capelli scompigliati<br />

conferiscono a Usher un<br />

aspetto poco umano.<br />

12. tardi: lenti.<br />

13. morbosa: anormale,<br />

assurda.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

34


Mi accorsi che era lo schiavo impotente di una anormale specie<br />

di terrore.<br />

– Io morirò – mi disse – di questa deplorabile malattia. Rabbrividisco<br />

al pensiero che un avvenimento qualsiasi, anche il più banale<br />

14 , potrà avere <strong>in</strong>calcolabili conseguenze su questa mia anima<br />

agitata. Invero, io non ho orrore del pericolo ma solo del suo<br />

effetto, il terrore. In questa pietosa spossatezza di nervi, io sento<br />

che, presto o tardi, verrà il momento <strong>in</strong> cui dovrò abbandonare la<br />

vita e la ragione nella lotta con il s<strong>in</strong>istro fantasma: la paura! 15<br />

Appresi <strong>in</strong>oltre un’altra caratteristica s<strong>in</strong>golare del suo stato<br />

mentale. Egli era dom<strong>in</strong>ato da certe superstizioni sulla propria<br />

dimora, dalla quale per molti anni non si era avventurato a<br />

uscire – relative a una misteriosa <strong>in</strong>fluenza che derivava da alcune<br />

caratteristiche del castello, che avevano preso dom<strong>in</strong>io sul<br />

suo spirito 16 . Tuttavia egli ammetteva, sebbene con esitazione,<br />

che gran parte della s<strong>in</strong>golare tristezza che l’affliggeva poteva<br />

essere ricondotta alla grave e lunga malattia e alla morte ormai<br />

vic<strong>in</strong>a di una sorella teneramente amata, la sua unica compagna<br />

di lunghi anni, la sua ultima e sola parente <strong>in</strong> terra.<br />

La sua morte – egli disse con un’amarezza che non dimenticherò<br />

mai – avrebbe lasciato lui, lui, il disperato e il debole, ultimo<br />

della antica razza degli Usher. Mentre parlava, lady Madel<strong>in</strong>e<br />

(così si chiamava la sorella) passò lentamente <strong>in</strong> una parte lontana<br />

della stanza, e scomparve senza aver notato la mia presenza.<br />

Io la guardai con una immensa meraviglia non scevra 17<br />

di paura: una sensazione di stupore mi opprimeva mentre i<br />

miei occhi seguivano i suoi passi che si allontanavano. Quando<br />

f<strong>in</strong>almente la porta si schiuse dietro a lei, il mio sguardo<br />

cercò ist<strong>in</strong>tivamente con vivo <strong>in</strong>teresse il volto del fratello; ma<br />

egli aveva nascosto la faccia nelle mani, e io potei solo scorgere<br />

che un pallore straord<strong>in</strong>ario si era sparso sulle dita emaciate<br />

18 , attraverso le quali scendevano a gocce le lacrime 19 .<br />

La malattia di lady Madel<strong>in</strong>e aveva per lungo tempo frustrato 20<br />

l’abilità dei suoi medici. Una fissa apatia, un graduale deperimento<br />

della persona, crisi frequenti (se pur transitorie) di carattere<br />

quasi catalettico 21 : questi erano i s<strong>in</strong>tomi.<br />

Nei giorni che seguirono, il suo nome non fu ricordato né da<br />

Usher né da me, e durante questo periodo io feci seri sforzi per<br />

alleviare la mal<strong>in</strong>conia del mio amico. Leggevamo o dip<strong>in</strong>gevamo<br />

<strong>in</strong>sieme; oppure io ascoltavo come <strong>in</strong> un sogno le sue improvvisazioni<br />

sulla chitarra. E così, mentre una <strong>in</strong>timità sempre<br />

più grande mi schiudeva sempre più le profondità del suo<br />

animo, con crescente amarezza io riconobbi l’<strong>in</strong>utilità di tutti i<br />

tentativi che io facevo per ravvivare questo spirito, dal quale si<br />

versava una irradiazione <strong>in</strong>cessante di tristezza.<br />

14. banale: semplice,<br />

comune.<br />

15. Io morirò… la paura!:<br />

Usher teme ogni sensazione,<br />

ogni evento che vada a<br />

toccare i suoi sensi, acuti<br />

<strong>in</strong> modo eccessivo a causa<br />

della malattia. Il pericolo lo<br />

preoccupa poiché farebbe<br />

nascere <strong>in</strong> lui una sensazione<br />

estrema di terrore. E questo<br />

terrore, questa paura che<br />

Usher è conv<strong>in</strong>to stia per<br />

arrivare, crede lo condurranno<br />

alla f<strong>in</strong>e della sua vita e della<br />

capacità di ragionare.<br />

16. Egli era dom<strong>in</strong>ato…<br />

sul suo spirito: Usher è<br />

conv<strong>in</strong>to che alcune caratteristiche<br />

della casa lo abbiano<br />

<strong>in</strong>fluenzato nel suo modo di<br />

essere e condizion<strong>in</strong>o il suo<br />

umore e la sua mente.<br />

17. scevra: priva.<br />

18. emaciate: dimagrite,<br />

deperite.<br />

19. scendevano a gocce<br />

le lacrime: <strong>in</strong> questa prima<br />

parte della storia i fatti reali<br />

sono molto pochi e cedono il<br />

posto a sensazioni o fuggevoli<br />

<strong>in</strong>contri (come quello con<br />

lady Madel<strong>in</strong>e che compare e<br />

scompare dalla scena come<br />

un’appa rizio ne breve, ma che<br />

ci accompagna f<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e).<br />

20. frustrato: eluso, resa<br />

vana.<br />

21. di carattere quasi<br />

catalettico: tali che Madel<strong>in</strong>e<br />

cadeva <strong>in</strong> catalessi, cioè <strong>in</strong> uno<br />

stato simile alla morte. L’apatia,<br />

<strong>in</strong>vece, è l’<strong>in</strong>capacità di provare<br />

<strong>in</strong>teresse e partecipa zione<br />

propria di alcune malattie<br />

nervose.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

35


Ricordo bene una conversazione nella quale si manifestò una<br />

certa op<strong>in</strong>ione di Usher, che io cito non tanto per la sua novità<br />

quanto per l’ost<strong>in</strong>azione con cui egli la sosteneva. Questa op<strong>in</strong>ione<br />

sosteneva la capacità di sentire di tutte le cose vegetali.<br />

Ma nella sua fantasia disord<strong>in</strong>ata l’idea aveva assunto un carattere<br />

più audace e sconf<strong>in</strong>ava nel regno della materia <strong>in</strong>organica<br />

22 . Questa credenza era <strong>in</strong> stretto rapporto con le pietre grigie<br />

della casa. La prova, la prova di questa sensibilità – diceva<br />

lui (e mentre parlava io sussultai 23 ) – era nel condensarsi graduale,<br />

eppur certo, sulle acque e sulle pareti, di un’atmosfera<br />

che era loro propria.<br />

Il risultato – proseguì – si poteva vedere <strong>in</strong> quell’<strong>in</strong>fluenza silenziosa<br />

ma terribile che era stata esercitata per secoli sulla sua famiglia,<br />

e aveva fatto di lui ciò che io vedevo ora, quello che egli era.<br />

Una sera, annunciandomi bruscamente che lady Madel<strong>in</strong>e non<br />

era più 24 , Usher mi espresse l’<strong>in</strong>tenzione di conservarne il cadavere<br />

per una qu<strong>in</strong>dic<strong>in</strong>a di giorni (prima della sua sepoltura def<strong>in</strong>itiva)<br />

<strong>in</strong> uno dei numerosi sotterranei scavati entro le mura<br />

maestre dell’edificio. Egli era stato <strong>in</strong>dotto a questa risoluzione<br />

(così mi disse) dal carattere <strong>in</strong>solito della malattia, e da certe curiosità<br />

importune e <strong>in</strong>discrete del medico, che avrebbe potuto approfittare<br />

anche della posizione remota e <strong>in</strong>difesa della tomba<br />

di famiglia. Alla richiesta di Usher, l’aiutai personalmente nei<br />

preparativi per la sepoltura temporanea. Deposto che avemmo<br />

il corpo nella bara, la portammo – noi due soli – al luogo del<br />

suo riposo. Il sotterraneo ove lo ponemmo era piccolo, umido e<br />

non offriva alcuna via d’<strong>in</strong>gresso alla luce trovandosi a grande<br />

profondità, proprio sotto quella parte dell’edificio <strong>in</strong> cui era la<br />

mia stanza da letto. A quanto sembrava aveva servito, nei lontani<br />

tempi feudali, a ben peggiori uffici, da prigione perpetua, e <strong>in</strong><br />

tempi posteriori come deposito di polvere e di altre sostanze molto<br />

combustibili.<br />

Deposto il mesto fardello 25 su alcuni cavalletti, <strong>in</strong> questa regione<br />

d’orrore 26 , sollevammo il coperchio e guardammo la faccia<br />

di Madel<strong>in</strong>e. Una rassomiglianza straord<strong>in</strong>aria tra il fratello e<br />

la sorella arrestò subito la mia attenzione, e Usher, forse <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>ando<br />

i miei pensieri, mormorò poche parole, dalle quali io seppi<br />

solo allora che la morta e lui erano stati gemelli. I nostri sguardi<br />

non si fermarono tuttavia a lungo, poiché non potevamo contemplare<br />

senza spavento. La malattia che l’aveva condotta alla tomba<br />

nella pienezza della gioventù aveva lasciato l’ironia di un debole<br />

color rosso sul petto e sul volto, e sulle labbra quel sorriso equivoco<br />

e languido che è così angoscioso nella morte. Riponemmo e<br />

avvitammo il coperchio e, dopo aver assicurato la porta di ferro,<br />

ritornammo con tristezza negli appartamenti superiori.<br />

22. Questa op<strong>in</strong>ione…<br />

materia <strong>in</strong>organica:<br />

Usher sosteneva che anche la<br />

materia è sensibile, <strong>in</strong> grado<br />

di percepire certi fenomeni;<br />

così, secondo Usher, accadeva<br />

anche per le pietre grigie lungo<br />

la facciata della casa.<br />

23. io sussultai: l’uomo<br />

prova un brivido perché si<br />

rende conto di aver avuto<br />

lo stesso pensiero di Usher<br />

riguardo all’atmosfera che<br />

circonda la casa.<br />

24. lady Madel<strong>in</strong>e non<br />

era più: la donna era morta.<br />

25. mesto fardello: il triste<br />

peso, ovvero il corpo della<br />

donna.<br />

26. <strong>in</strong> questa regione<br />

d’orrore: <strong>in</strong> questo luogo<br />

orribile.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

36


E allora, trascorsi alcuni giorni di amaro dolore, avvenne un<br />

cambiamento visibile nel disord<strong>in</strong>e mentale del mio amico. Il suo<br />

modo abituale era svanito, le solite occupazioni trascurate o dimenticate.<br />

Egli vagava di stanza <strong>in</strong> stanza con passo affrettato,<br />

<strong>in</strong>eguale e senza meta. Il pallore della sua fisionomia aveva assunto<br />

una t<strong>in</strong>ta, se possibile, ancor più spettrale, ma la lum<strong>in</strong>osità<br />

degli occhi era del tutto scomparsa. Non più quella asprezza<br />

di tono che talvolta egli aveva, ma una tremula cadenza, come di<br />

estremo terrore, caratterizzava abitualmente la sua pronuncia.<br />

Alle volte, <strong>in</strong> verità, pensavo che la sua mente <strong>in</strong> cont<strong>in</strong>ua agitazione<br />

fosse travagliata da qualche segreto opprimente, e che egli<br />

lottasse per trovare il coraggio necessario a rivelarlo. Altre volte<br />

vedevo che egli guardava per lunghe ore nel vuoto, come se<br />

ascoltasse qualche suono immag<strong>in</strong>ario. Non c’è da meravigliarsi<br />

dunque che il suo stato mi atterrisse e mi contagiasse 27 .<br />

Fu specialmente nella notte del settimo e ottavo giorno dopo la deposizione<br />

di lady Madel<strong>in</strong>e nel sotterraneo, sul tardi, mentre andavo<br />

a letto, che esperimentai <strong>in</strong> tutta la loro potenza quelle sensazioni.<br />

Il sonno non voleva avvic<strong>in</strong>arsi al mio letto, e le ore passavano<br />

e passavano. Un terrore irrefrenabile gradatamente pervase<br />

il mio organismo, e alla f<strong>in</strong>e anche il mio cuore fu oppresso<br />

da un <strong>in</strong>cubo e da una paura che erano senza motivo. Respirai<br />

violentemente e con uno sforzo mi sbarazzai dell’<strong>in</strong>cubo, mi sollevai<br />

sui cusc<strong>in</strong>i; e scrutando ardentemente l’<strong>in</strong>tensa oscurità della<br />

camera, ascoltai – non saprei dire per qual ragione – certi suoni<br />

bassi e <strong>in</strong>def<strong>in</strong>iti che giungevano, a lunghi <strong>in</strong>tervalli, non so di<br />

dove, attraverso le pause della tempesta. Dom<strong>in</strong>ato da un <strong>in</strong>tenso<br />

sentimento d’orrore, <strong>in</strong>esplicabile e <strong>in</strong>tollerabile, afferrai <strong>in</strong> fretta<br />

una veste e cercai, passeggiando rapidamente su e giù per la<br />

stanza, di sollevarmi dalla condizione pietosa <strong>in</strong> cui ero caduto.<br />

Avevo appena fatto pochi giri, quando un passo lieve su di una<br />

scala vic<strong>in</strong>a fermò di nuovo la mia attenzione. Riconobbi subito<br />

quel passo: era quello di Usher. Un istante dopo egli bussò piano<br />

alla mia porta, ed entrò portando una lampada. La sua fisionomia<br />

era, come di consueto, di un pallore cadaverico, ma <strong>in</strong> più<br />

c’era una specie di folle ilarità ne’ suoi occhi. Il suo aspetto mi<br />

atterrì – ma qualunque cosa era preferibile alla solitud<strong>in</strong>e che io<br />

avevo a lungo tollerata, e perciò accolsi la sua presenza come un<br />

sollievo.<br />

«E voi non lo avete veduto!», diss’egli a un tratto, dopo essersi<br />

guardato attorno fissamente per alcuni istanti <strong>in</strong> silenzio. «Dunque,<br />

non lo avete veduto? Ma aspettate allora, lo vedrete».<br />

Parlando <strong>in</strong> tal modo e coprendo con cura il lume, si slanciò verso<br />

una delle f<strong>in</strong>estre e l’aperse completamente all’uragano. L’impetuosa<br />

furia della raffica che entrò ci sollevò quasi di peso.<br />

27. mi atterrisse e mi<br />

contagiasse: mi depri mes se<br />

e <strong>in</strong>fluenzasse negati vamen te<br />

il mio umore.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

37


Era una notte tempestosa e pertanto solennemente bella, una<br />

notte strana e s<strong>in</strong>golare nella sua terribilità e nella sua bellezza.<br />

Un turb<strong>in</strong>e aveva concentrato le sue forze vic<strong>in</strong>o a noi<br />

e la eccezionale densità delle nubi non c’impediva di scorgere<br />

la viva velocità con la quale esse correvano rapidamente l’una<br />

contro l’altra. Non v’era raggio né di luna, né di stelle, e non<br />

c’era nel cielo alcuna luce di lampo, ma tutti gli oggetti attorno<br />

a noi risplendevano nella luce <strong>in</strong>naturale di una specie di<br />

esalazione gassosa, al quale gravava sulla casa e l’avviluppava<br />

come un lenzuolo 28 .<br />

«Voi non dovete contemplare ciò. Non contemplerete ciò», diss’io<br />

rabbrividendo a Usher. E lo condussi con dolce violenza dalla f<strong>in</strong>estra<br />

a una sedia. «Chiudiamo questa f<strong>in</strong>estra. L’aria è pungente<br />

e dannosa al vostro organismo. Qui c’è uno dei vostri romanzi<br />

favoriti. Io leggerò, e voi ascolterete; e così passeremo <strong>in</strong>sieme<br />

questa terribile notte».<br />

L’antico volume che io avevo preso era il Mad Trist di Sir Launcelot<br />

Cann<strong>in</strong>g 29 ; io mi cullavo nella vaga speranza che l’eccitazione<br />

da cui era agitato Usher potesse trovare sollievo nella esagerazione<br />

stessa delle follie che stavo per leggere.<br />

Ero giunto alla ben nota parte della storia, <strong>in</strong> cui Etelredo,<br />

l’eroe del Trist, avendo cercato <strong>in</strong>vano di entrare amichevolmente<br />

nella dimora dell’eremita, si decide a forzarne la porta.<br />

Qui le parole della narrazione sono: «E Etelredo non stette più<br />

a lungo a discutere con l’eremita, ma sentendo la pioggia sulle<br />

spalle e temendo il sorgere di una tempesta, sollevò senza <strong>in</strong>dugio<br />

la sua mazza e a furia di colpi fece presto strada attraverso<br />

le assi della porta alla sua mano dal guanto ferrato, e<br />

spezzò e squarciò e ridusse tutto <strong>in</strong> pezzi, <strong>in</strong> modo che il suono<br />

sordo del legno secco fece echeggiare il suo rimbombo per tutta<br />

la foresta».<br />

Alla f<strong>in</strong>e di questa frase sussultai e mi arrestai per un istante:<br />

poiché mi era parso (sebbene subito concludessi di essere stato<br />

<strong>in</strong>gannato dalla fantasia) che da qualche parte molto remota della<br />

casa mi giungesse <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>tamente all’orecchio un suono che,<br />

per la sua esatta rassomiglianza, si sarebbe detto l’eco di quel<br />

rumore di rottura e laceramento che Sir Launcelot aveva così<br />

m<strong>in</strong>utamente descritto. Cont<strong>in</strong>uai il racconto:<br />

«Ma il buon campione Etelredo, ora, passando la porta, fu molto<br />

adirato 30 e stupito non vedendo più alcuna traccia del malvagio<br />

eremita e scorgendo <strong>in</strong> sua vece 31 un drago di apparenza orribile,<br />

con la l<strong>in</strong>gua di fuoco, che stava di guardia davanti a un<br />

palazzo d’oro dal pavimento d’argento. Etelredo sollevò allora la<br />

sua mazza e colpì sulla testa il drago, che cadde d<strong>in</strong>anzi a lui e<br />

rese il suo respiro con un grido così orribile ed aspro e tagliente,<br />

28. Non v’era raggio…<br />

come un lenzuolo:<br />

nonostante nel cielo non<br />

splenda la luna e non ci siano<br />

stelle, una strana luce illum<strong>in</strong>a<br />

e avvolge la casa.<br />

29. Mad Trist di Sir<br />

Launcelot Cann<strong>in</strong>g: un<br />

romanzo di avventure favolose<br />

– totalmente <strong>in</strong>ventato da Poe!<br />

– che rafforza l’atmosfera di<br />

angoscia del racconto. Il titolo<br />

significa «Il convegno dei<br />

pazzi».<br />

30. adirato: arrabbiato.<br />

31. <strong>in</strong> sua vece: al suo<br />

posto.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

38


che Etelredo fu costretto a tapparsi le orecchie con le mani per il<br />

terribile rumore».<br />

E qui di nuovo mi arrestai, e ora con un sentimento di violento<br />

stupore; poiché non ci poteva essere alcun dubbio che io non<br />

avessi realmente sentito (sebbene fosse impossibile dire donde venisse)<br />

un suono basso e come lontano ma aspro e prolungato e<br />

s<strong>in</strong>golarmente acuto e penetrante, un esatto corrispondente del<br />

grido <strong>in</strong>naturale del drago quale lo aveva descritto il romanziere<br />

e immag<strong>in</strong>ato la mia fantasia.<br />

Oppresso come certamente ero, <strong>in</strong> seguito a questa seconda e<br />

molto straord<strong>in</strong>aria co<strong>in</strong>cidenza, da mille contrastanti sensazioni,<br />

nelle quali predom<strong>in</strong>avano la meraviglia e l’estremo terrore,<br />

conservavo tuttavia una sufficiente presenza di spirito per non<br />

eccitare la sensibilità del mio compagno con qualsiasi osservazione<br />

32 . Non ero proprio certo che egli avesse notato quei suoni;<br />

sebbene senza dubbio una strana alterazione fosse avvenuta,<br />

<strong>in</strong> questi ultimi m<strong>in</strong>uti, nel suo contegno. Prima egli stava proprio<br />

di fronte a me; ma a poco a poco aveva voltato la sua sedia<br />

<strong>in</strong> modo da sedere con la faccia rivolta alla porta della camera; e<br />

così io potevo solo <strong>in</strong> parte scorgerne la fisionomia, sebbene vedessi<br />

che le labbra gli tremavano come se mormorassero qualche<br />

cosa d’<strong>in</strong>comprensibile. La testa gli era caduta sul petto e tuttavia<br />

io sapevo che egli non dormiva; perché, di profilo, scorgevo il<br />

suo occhio spalancato. Anche il movimento del corpo escludeva<br />

che egli dormisse, perché oscillava lievemente da un lato all’altro,<br />

con un movimento costante e uniforme. Notato che ebbi tutto<br />

questo, ripresi il racconto di Sir Launcelot, che cont<strong>in</strong>uava così:<br />

«Ed ora il campione, sfuggito alla terribile furia del drago, ricordandosi<br />

dello scudo di rame e sapendo che l’<strong>in</strong>canto era rotto,<br />

rimosse la carcassa che era davanti a lui e si avvic<strong>in</strong>ò <strong>in</strong>trepidamente,<br />

al luogo della parete ove era lo scudo. Il quale, <strong>in</strong> verità,<br />

non attese che egli fosse giunto vic<strong>in</strong>o, ma cadde ai suoi piedi<br />

sul pavimento, con un fragore possente e terribile».<br />

Queste parole mi erano appena uscite dalla bocca, che – proprio<br />

come se uno scudo di rame fosse <strong>in</strong> quel momento caduto pesantemente<br />

su di un pavimento d’argento – io sentii un colpo dist<strong>in</strong>to,<br />

profondo, metallico, penetrante e tuttavia come attutito. Incapace<br />

di dom<strong>in</strong>armi balzai <strong>in</strong> piedi; ma il dondolio misurato di<br />

Usher non si era <strong>in</strong>terrotto.<br />

Mi precipitai verso la sedia ove egli stava. I suoi occhi guardavano<br />

fissamente <strong>in</strong>nanzi – e una rigidità di pietra era <strong>in</strong> tutta<br />

la sua fisionomia. Ma quando posi la mano sulla sua spalla, un<br />

gran brivido gli percorse la persona; un sorriso malsano tremò<br />

sulle sue labbra, ed io udii che egli parlava con un mormorio<br />

basso, affrettato e confuso.<br />

32. conser vavo… con<br />

qualsiasi osservazione:<br />

l’uomo non parla a Usher di ciò<br />

che ha udito per non agitarlo<br />

ulte riormente.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

39


Mi ch<strong>in</strong>ai su di lui, e f<strong>in</strong>almente afferrai l’orribile significato delle<br />

sue parole:<br />

– Non sentite? Sì, io sento, e ho sentito da molto tempo, molto,<br />

molto; da molti m<strong>in</strong>uti, da molte ore, da molti giorni. Ho sentito,<br />

ma non osavo, miserabile ch’io sono! Non osavo parlare! Noi l’abbiamo<br />

posta viva nella tomba! Non vi dissi che i miei sensi erano<br />

acuti? Io ora vi dico che udii i suoi primi movimenti. Molti, molti<br />

giorni fa; ma non osavo parlare! E ora, questa notte, Etelredo,<br />

ah! la porta dell’eremita spezzata, e il grido di morte del drago,<br />

e il fragore dello scudo! Dite, piuttosto, la bara che si squarcia e<br />

lo stridere dei card<strong>in</strong>i di ferro e la lotta entro la volta di rame 33 .<br />

Dove fuggire? Non è certo che ella sarà qui tra un istante? Non<br />

arriva per rimproverarmi la mia fretta? Non ho udito i suoi passi<br />

sulle scale? Non dist<strong>in</strong>guo il battito orribile del suo cuore? Insensato!<br />

Qui egli si alzò furiosamente <strong>in</strong> piedi, e urlò queste sillabe:<br />

– Insensato! Io vi dico che ella adesso è dietro la porta.<br />

Come se l’energia sovrumana della sua parola avesse la potenza<br />

di un <strong>in</strong>cantesimo, i grandi antichi battenti della porta aprirono<br />

lentamente le pesanti imposte d’ebano. Entrò una folata impetuosa<br />

di vento. Ma dietro alla porta stava l’alta figura di lady Madel<strong>in</strong>e<br />

Usher, ravvolta nel sudario. Sulle sue bianche vesti c’era<br />

sangue: e c’erano tracce di una dolorosa lotta <strong>in</strong> tutta la persona.<br />

Per un attimo, ella rimase tremante e barcollante sulla soglia:<br />

poi, con un grido profondo e lamentevole cadde pesantemente<br />

<strong>in</strong> avanti contro il fratello, e nella sua violenta ed estrema<br />

agonia lo trasc<strong>in</strong>ò a terra cadavere, vittima del terrore ch’egli<br />

aveva previsto 34 .<br />

Spaventato, fuggii da quella camera e da quella casa. La tempesta<br />

al di fuori <strong>in</strong>furiava ancora quando attraversai il vecchio<br />

viale. Ad un tratto una strana luce si proiettò sul sentiero, e io<br />

mi volsi per vedere donde venisse un così strano splendore, poiché<br />

dietro a me avevo soltanto la grande casa e le sue ombre. La<br />

lum<strong>in</strong>osità era quella della luna piena, color di sangue, che ora<br />

splendeva vivida attraverso quella fessura prima appena visibile,<br />

che percorreva a zig-zag (come ho detto) l’edificio dal tetto s<strong>in</strong>o<br />

alla base. Mentre guardavo, la fessura si allargò rapidamente;<br />

sopravvenne una forte raffica; l’<strong>in</strong>tero disco del satellite balzò a<br />

un tratto ai miei occhi, e mi prese come una vertig<strong>in</strong>e vedendo<br />

crollare e spaccarsi <strong>in</strong> due le possenti pareti del maniero.<br />

Ci fu un lungo e tumultuoso frastuono simile alla voce di mille<br />

acque, e il cupo e profondo stagno ai miei piedi si richiuse silenziosamente<br />

sulle rov<strong>in</strong>e della casa Usher.<br />

E. A. Poe, Il crollo della casa Usher, <strong>in</strong> Racconti, Garzanti<br />

33. Dite… entro la volta<br />

di rame: i rumori che avevano<br />

sentito i due uom<strong>in</strong>i non sono<br />

collegati ai rumori descritti nel<br />

romanzo che stanno leggendo,<br />

ma piuttosto al fatto che lady<br />

Madel<strong>in</strong>e è uscita dalla tomba.<br />

34. lo trasc<strong>in</strong>ò… aveva<br />

previsto: il terrore provato alla<br />

vista della sorella è talmente<br />

forte da uccidere Usher; qu<strong>in</strong>di,<br />

come egli aveva previsto, è<br />

stata la paura a condurlo alla<br />

morte.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

40


Antologia 3<br />

Il pIacere dI leggere<br />

3. I sentieri del brivido<br />

fatti strani, presenze <strong>in</strong>qUietanti<br />

L’<strong>in</strong>cubo di Harriet Anthony Horowitz<br />

rendere il sogno così orribile era il fatto di sembrare così<br />

A vero. Harriet aveva l’impressione di essere al c<strong>in</strong>ema, <strong>in</strong>vece<br />

che a letto, e di guardare un film con se stessa come protagonista.<br />

E anche se una volta aveva letto che si sogna soltanto <strong>in</strong><br />

bianco e nero, il suo era un sogno <strong>in</strong> technicolor.<br />

Nel film – nel sogno – <strong>in</strong>dossava il suo vestito rosa preferito e<br />

aveva nastri rossi nei capelli. Naturalmente, Harriet non si sarebbe<br />

mai sognata di sognare <strong>in</strong> bianco e nero. Soltanto il meglio,<br />

per lei.<br />

Comunque, quello era un sogno che avrebbe preferito non fare.<br />

Perf<strong>in</strong>o mentre stava raggomitolata a letto, avrebbe voluto svegliarsi<br />

e chiamare Fifi – la sua tata francese – perché le preparasse<br />

la colazione. Il sogno – probabilmente era durato solo<br />

pochi secondi, eppure sembrava essersi trasc<strong>in</strong>ato per ore – era<br />

particolarmente spaventoso. Un <strong>in</strong>cubo, <strong>in</strong> effetti.<br />

E pensare che era com<strong>in</strong>ciato così bene. C’era Harriet, nel suo vestito<br />

rosa, che saltellava sul viale della loro bella casa subito fuori<br />

Bath, nello Wiltshire. E canticchiava. Stava tornando da scuo-<br />

Una notte, Harriet<br />

ebbe un sogno così<br />

orribile da parerle vero.<br />

Una specie di film, di<br />

cui lei era la<br />

protagonista.<br />

Per fortuna, di lì a<br />

poco si sarebbe<br />

svegliata e tutto<br />

sarebbe f<strong>in</strong>ito…<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

41


la, ed era particolarmente soddisfatta di com’era andata la giornata.<br />

Aveva v<strong>in</strong>to un premio <strong>in</strong> ortografia, e pur sapendo benissimo<br />

di avere imbrogliato – aveva sbirciato il foglietto nascosto<br />

nel portamatite – era andata a ritirare il premio tutta impettita.<br />

Naturalmente Jane Wilson (che era arrivata seconda) aveva fatto<br />

i soliti commenti maligni, ma Harriet si era vendicata versandole<br />

addosso «per caso» un bicchiere di latte durante l’<strong>in</strong>tervallo<br />

del pranzo.<br />

Era contenta di essere a casa. Abitava <strong>in</strong> un’imponente palazz<strong>in</strong>a<br />

bianca – nessuna delle sue compagne di scuola viveva <strong>in</strong><br />

una casa tanto grande – collocata <strong>in</strong> mezzo a un giard<strong>in</strong>o perfetto,<br />

completo di ruscello e cascata <strong>in</strong> m<strong>in</strong>iatura. La sua bicicletta<br />

nuova era appoggiata al muro davanti alla porta d’<strong>in</strong>gresso…<br />

anche se forse avrebbe dovuto metterla <strong>in</strong> garage: ormai era rimasta<br />

sotto la pioggia per una settimana, e aveva già com<strong>in</strong>ciato<br />

ad arrugg<strong>in</strong>irsi. Be’, era colpa di Fifi. Se la tata l’avesse messa<br />

dentro, adesso sarebbe stata a posto. Pensò di lamentarsi con<br />

sua madre. Quando voleva, Harriet sapeva esibire una speciale<br />

espressione triste e spremere secchi di lacrime. Se avesse frignato<br />

a sufficienza, forse mamma avrebbe licenziato Fifi. Sarebbe<br />

stato divertente. Si era già sbarazzata di quattro tate. L’ultima<br />

era durata appena tre settimane!<br />

Ma quando aprì la porta d’<strong>in</strong>gresso, le cose com<strong>in</strong>ciarono ad andare<br />

storte. Se lo sentì nelle ossa prima ancora di capire cosa<br />

succedeva. Ma naturalmente questo capita spesso, nei sogni.<br />

Suo padre era tornato dal lavoro prima del solito. Harriet aveva<br />

visto la sua Porsche parcheggiata sul viale. Guy Hubbard aveva<br />

un negozio di antiquariato a Bath, anche se di recente aveva com<strong>in</strong>ciato<br />

a trafficare anche <strong>in</strong> altri settori: terreni edificabili a<br />

Bristol, una multiproprietà a Maiorca. Ma la sua vera passione<br />

erano le anticaglie. Girava per il paese, <strong>in</strong>filandosi nelle case colpite<br />

da un lutto recente. Si presentava alla vedova e si guardava<br />

<strong>in</strong>torno, <strong>in</strong>dividuando a colpo d’occhio i pezzi di valore. «Questo è<br />

un tavolo niente male» diceva. «Potrei pagarglielo c<strong>in</strong>quanta sterl<strong>in</strong>e.<br />

In contanti. Senza discussioni. Che ne dice?». E dopo un po’<br />

quello stesso tavolo compariva nel suo negozio, <strong>in</strong> vendita per c<strong>in</strong>quecento<br />

o addirittura c<strong>in</strong>quemila sterl<strong>in</strong>e. Era tutto lì il segreto<br />

del suo successo. Le persone con le quali trattava non avevano<br />

idea del valore delle loro proprietà. Ma lui sì. Una volta aveva detto<br />

che poteva fiutare un buon pezzo prima ancora di vederlo.<br />

Adesso era <strong>in</strong> salotto e parlava con la moglie a voce bassa, tesa.<br />

Qualcosa era andato male. Terribilmente male. Harriet si avvic<strong>in</strong>ò<br />

a origliare.<br />

– Siamo rov<strong>in</strong>ati – stava dicendo Guy. – F<strong>in</strong>iti. Abbiamo chiuso,<br />

bella mia. E non possiamo farci niente.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

42


– Hai perso proprio tutto? – replicò sua moglie. Un tempo Hilda<br />

Hubbard aveva fatto la parrucchiera, ma non lavorava più da<br />

anni; ciò nonostante, non faceva che lamentarsi d’essere sf<strong>in</strong>ita e<br />

si concedeva almeno sei vacanze l’anno.<br />

– Tutto quanto. Quei maledetti immobili. Jack e Barry hanno<br />

preso il largo. Lasciato il paese. Hanno <strong>in</strong>tascato i soldi e mi<br />

hanno lasciato i debiti.<br />

– Ma come faremo?<br />

– Vendiamo tutto e ripartiamo da zero, vecchia mia. Possiamo<br />

farcela. Ma dovremo r<strong>in</strong>unciare alla casa. E alle auto…<br />

– E Harriet?<br />

– Tanto per com<strong>in</strong>ciare, dovrà lasciare quella sua scuola spocchiosa.<br />

D’ora <strong>in</strong> poi frequenterà una scuola pubblica. E quanto<br />

alla vostra crociera… ve la scordate!<br />

Harriet aveva sentito abbastanza. Spalancò la porta ed entrò nella<br />

stanza a passo di carica. Aveva le guance scarlatte e le labbra<br />

serrate <strong>in</strong> un broncio furibondo.<br />

– Che succede? – strillò con voce acuta. – Che stai dicendo, papà?<br />

Perché non posso andare <strong>in</strong> crociera?<br />

Guy la fissò con aria <strong>in</strong>fastidita. – Stavi origliando? – domandò.<br />

Hilda, seduta <strong>in</strong> poltrona, coccolava un bicchiere di whisky. –<br />

Non fare il prepotente con lei, Guy – piagnucolò.<br />

– Dimmelo! Dimmelo! Dimmelo! – Harriet si era caricata come<br />

se stesse per scoppiare <strong>in</strong> lacrime, ma aveva già deciso che non<br />

avrebbe pianto. Caso mai, poteva ricorrere a uno dei suoi strilli<br />

spaccaorecchie.<br />

Guy Hubbard stava ritto accanto al cam<strong>in</strong>o. Era basso, coi baffetti<br />

e capelli neri lisciati all’<strong>in</strong>dietro. Indossava un abito a scacchi e<br />

dal tasch<strong>in</strong>o della giacca spuntava un fazzoletto rosso. Non c’era<br />

mai stato un grande legame, fra lui e Harriet. In effetti, Harriet<br />

gli parlava il meno possibile, di solito solo per battere cassa.<br />

– Tanto vale che tu lo sappia – disse Guy. – Ho fatto bancarotta.<br />

– Che cosa? – A dispetto della sua decisione, Harriet sentì le lacrime<br />

pizzicarle gli occhi.<br />

– Non farti sconvolgere, bambol<strong>in</strong>a… – com<strong>in</strong>ciò Hilda.<br />

– Farti sconvolgere! – sbottò Guy. – Le cose cambieranno, ragazza<br />

mia. Poco ma sicuro. Puoi scordarti i vestiti eleganti e le tate<br />

francesi…<br />

– Fifi?<br />

– L’ho licenziata stamatt<strong>in</strong>a.<br />

– Ma a me stava simpatica!<br />

Le lacrime com<strong>in</strong>ciarono a scorrere sulle guance di Harriet.<br />

– Dovrai com<strong>in</strong>ciare a fare la tua parte. Quando avrò f<strong>in</strong>ito di<br />

pagare i debiti, non ci resterà di che comprare un barattolo di fagioli.<br />

Dovrai trovarti un lavoro. Quanti anni hai? Quattordici?<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

43


– Dodici!<br />

– Be’, puoi sempre consegnare i giornali o<br />

qualcosa del genere. Quanto a te, Hilda, tornerai<br />

a fare la parrucchiera. Taglio e messa<br />

<strong>in</strong> piega a trenta sterl<strong>in</strong>e l’ora. – Tirò fuori<br />

una sigaretta e l’accese, soffiando nell’aria<br />

fumo azzurr<strong>in</strong>o. – Compreremo una casa a<br />

Bletchley o roba del genere. E potremo permetterci<br />

una sola stanza da letto.<br />

– E io dove dormirò? – chiese Harriet con<br />

voce tremula.<br />

– Puoi dormire <strong>in</strong> bagno.<br />

Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ormai<br />

le lacrime sgorgavano a profusione…<br />

non solo dagli occhi di Harriet ma anche, <strong>in</strong><br />

modo decisamente disgustoso, dal suo naso.<br />

– Non voglio! – strepitò a pieni polmoni. –<br />

Non voglio! Non voglio! Non lascerò questa<br />

casa e non dormirò <strong>in</strong> bagno. È tutta colpa tua, papà – urlò d’un<br />

fiato. – Ti odio e ti ho sempre odiato e odio anche mamma e andrò<br />

<strong>in</strong> crociera lo stesso e se provi a impedirmelo ti denuncerò<br />

alle f<strong>in</strong>anze e alla polizia e dirò a tutti che imbrogli le vecchiette<br />

e non paghi le tasse e sarò contenta quando f<strong>in</strong>irai <strong>in</strong> prigione!<br />

Strillava così forte che quasi si strozzò. Si fermò a prendere fiato,<br />

poi girò sui tacchi e corse fuori dalla stanza sbattendosi la<br />

porta alle spalle. Mentre saliva le scale, sentì il padre borbottare:<br />

– Dobbiamo occuparci di quella ragazza…<br />

Ma ormai era lontana.<br />

E poi, come spesso succede nei sogni, era il giorno dopo, o forse<br />

quello dopo ancora, e Harriet era seduta al tavolo della colazione<br />

<strong>in</strong>sieme alla madre – che mangiava una ciotola di cereali a basso<br />

contenuto calorico e leggeva una rivista pettegola – quando suo<br />

padre era entrato <strong>in</strong> cuc<strong>in</strong>a.<br />

– Buongiorno – l’aveva salutata.<br />

Harriet lo aveva ignorato.<br />

– D’accordo – aveva detto Guy. – Ho preso atto della tua op<strong>in</strong>ione<br />

e ne ho discusso con tua madre, e sembra che dovremo arrivare<br />

a un nuovo accomodamento.<br />

Harriet prese una terza focacc<strong>in</strong>a e la spalmò di burro. Si stava<br />

comportando da vera signor<strong>in</strong>a contegnosa, pensò. Proprio<br />

come un’adulta. Peccato che il burro fuso, gocciolandole sul mento,<br />

sciupasse l’effetto.<br />

– Dovremo traslocare – proseguì Guy. – Ma hai ragione. Nella<br />

nuova casa non ci sarà posto per te. Hai troppe pretese.<br />

– Guy… – mormorò Hilda.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

44


Il marito ignorò il suo tono accorato.<br />

– Ho parlato con tuo zio Algernon – annunciò. – E lui ha acconsentito<br />

a prenderti con sé.<br />

– Io non ho nessuno zio Algernon – disse Harriet, tirando su col<br />

naso.<br />

– Non è esattamente tuo zio. Più che altro un vecchio amico di<br />

famiglia. Ha un ristorante a Londra. Lo «Sawney Bean».<br />

– Che nome stupido – commentò Harriet.<br />

– Stupido o no, è di gran moda. Fa soldi a palate. E gli serve una<br />

ragazz<strong>in</strong>a come te. Non chiedermi per che cosa! Gli ho telefonato,<br />

e verrà a prenderti oggi. E forse un giorno, quando ci saremo<br />

rimessi <strong>in</strong> sesto…<br />

– Mi mancherà la mia cocch<strong>in</strong>a! – piagnucolò Hilda.<br />

– Non ti mancherà affatto! Sei sempre stata troppo impegnata<br />

a giocare a bridge e farti il pedicure per badarle come si deve.<br />

Forse per questo è diventata una peste viziata. Ma ormai è tardi.<br />

Algernon sarà qui fra non molto. Farai meglio a mettere le tue<br />

cose <strong>in</strong> una valigia.<br />

– La mia pupetta!<br />

Stavolta fu Hilda a scoppiare <strong>in</strong> lacrime, <strong>in</strong>zuppando i cereali.<br />

– Ne prenderò due, di valigie – affermò Harriet. – E farai meglio<br />

a darmi un po’ di soldi. Sei mesi di paghetta <strong>in</strong> anticipo!<br />

Zio Algernon arrivò a mezzogiorno. Da quanto aveva detto il<br />

padre, Harriet si aspettava che guidasse almeno una Jaguar<br />

e rimase delusa quando un malconcio furgonc<strong>in</strong>o bianco, con<br />

la scritta Sawney Bean stampata sulla fiancata <strong>in</strong> lettere rosso<br />

sangue, comparve ansimando sul viale.<br />

Il furgone si fermò e, lentamente, ne emerse una figura assurda.<br />

Tanto per com<strong>in</strong>ciare, era così alto che non si capiva come fosse<br />

riuscito a entrarci. Quando si raddrizzò, la testa calva sovrastava<br />

addirittura l’antenna sul tettuccio. Ed era spaventosamente<br />

magro. Come se lo avessero legato a una ruota di tortura e tirato.<br />

Era pelato, ma gli occhietti sc<strong>in</strong>tillanti erano sormontati da<br />

<strong>in</strong>credibili sopracciglia cespugliose. La faccia aveva il colore di<br />

una pall<strong>in</strong>a da p<strong>in</strong>g-pong, e la testa più o meno la stessa forma.<br />

Indossava un cappotto nero col collo di pelliccia e lucide scarpe<br />

nere che cigolavano a ogni passo.<br />

Guy Hubbard gli andò subito <strong>in</strong>contro.<br />

– Bene arrivato! – lo salutò. – Come vanno gli affari?<br />

– Bene. Molto bene. – Algernon aveva una voce bassa e sommessa…<br />

simile, pensò Harriet, a quella di un impresario di pompe<br />

funebri. – Non posso trattenermi molto, Guy. Devo tornare <strong>in</strong> città<br />

per pranzo. Tutto prenotato, oggi. E domani. E il resto della<br />

settimana. Lo «Sawney Bean» ha riscosso perf<strong>in</strong>o più successo<br />

di quanto avessi potuto immag<strong>in</strong>are.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

45


– Soldi a palate, eh?<br />

– Puoi dirlo forte.<br />

– Allora, ce l’hai?<br />

Sorridendo, Algernon estrasse da una tasca del cappotto una<br />

raggr<strong>in</strong>zita busta marrone. Harriet, ferma sul portone, assisté<br />

alla scena perplessa. Sapeva cosa significavano le buste marrone,<br />

<strong>in</strong> relazione a suo padre. A quanto pareva quell’uomo, Algernon,<br />

gli stava consegnando del denaro… e parecchio, a giudicare<br />

dalle dimensioni della busta. Ma dato che si era assunto<br />

l’<strong>in</strong>carico di occuparsi di lei, non sarebbe dovuto essere Guy a<br />

dargli dei soldi?<br />

Guy <strong>in</strong>tascò la busta.<br />

– Allora… dov’è? – chiese Algernon.<br />

– Harriet! – chiamò Guy.<br />

Harriet prese le sue due valigie e varcò la soglia di casa per l’ultima<br />

volta.<br />

– Eccomi – annunciò. – Ma non vi aspetterete che salga su quel<br />

furgone disgustoso…<br />

Guy si accigliò, ma Algernon sembrò non averla sentita. La stava<br />

fissando con un’espressione difficile da def<strong>in</strong>ire. Di sicuro<br />

era soddisfatto di quello che vedeva. Felice. Ma c’era anche qualcos’altro.<br />

Avidità? Harriet poteva quasi sentire i suoi occhi scorrerle<br />

addosso.<br />

Mise giù le valigie e fece una smorfia mentre lui le sfiorava la<br />

guancia con un dito.<br />

– Oh sì – biascicò Algernon. – È perfetta. Di prim’ord<strong>in</strong>e. Andrà<br />

benissimo.<br />

– Per cosa andrà benissimo? – <strong>in</strong>dagò Harriet.<br />

– Non sono affari tuoi – la zittì Guy.<br />

Adesso anche Hilda era uscita sul viale. Tremava, e Harriet notò<br />

che evitava di guardare il loro visitatore.<br />

– È tempo di andare – disse Guy.<br />

Algernon sorrise. Aveva denti orribili. Gialli e irregolari e, peggio,<br />

stranamente aguzzi. Denti più da bestia che da uomo.<br />

– Salta su – disse, rivolto a Harriet. – È un lungo viaggio.<br />

Hilda scoppiò di nuovo <strong>in</strong> lacrime.<br />

– Non mi dai un bacio d’addio? – frignò.<br />

– No – ribatté Harriet.<br />

– Addio – disse Guy, chiaramente ansioso di vederli partire.<br />

Harriet salì sul furgone mentre Algernon sistemava le sue valigie<br />

nel retro. Il sedile era coperto di plastica a poco prezzo, strappata<br />

qua e là a mostrare l’imbottitura. Il pavimento era coperto<br />

di cartacce, vecchie fatture e pacchetti vuoti di sigarette. Harriet<br />

tentò d’abbassare il f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o, ma la maniglia non girava.<br />

– Addio, mamma! Addio, papà! – gridò attraverso il vetro. –<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

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Non mi siete mai piaciuti e non mi dispiace lasciarvi. Forse vi<br />

rivedrò quando sarò grande.<br />

– Ne dubito… – Davvero suo padre aveva detto così? Harriet voltò<br />

la testa sprezzante.<br />

Algernon le si sedette accanto, <strong>in</strong>gobbito, la testa che sfiorava il<br />

soffitto. Mise <strong>in</strong> moto, e l’istante successivo il furgone si allontanava<br />

sul viale. Harriet neanche si voltò. Non voleva che i genitori<br />

credessero che potesse sentire la loro mancanza.<br />

Nel furgone regnò il silenzio f<strong>in</strong>ché ebbero raggiunto l’autostrada<br />

e <strong>in</strong>iziato il lungo viaggio verso est e la città. Harriet aveva<br />

sperato di ascoltare un po’ di musica, ma la radio doveva essere<br />

stata rubata e i fili tagliati penzolavano dal cruscotto. Era consapevole<br />

che Algernon la esam<strong>in</strong>ava con la coda dell’occhio anche<br />

mentre guidava e f<strong>in</strong>almente, <strong>in</strong>fastidita, si decise a parlare.<br />

– Allora… mi dica del suo ristorante – esordì.<br />

– È molto esclusivo – com<strong>in</strong>ciò Algernon. – Così esclusivo, <strong>in</strong><br />

effetti, che lo conoscono solo pochissime persone. Ma è ugualmente<br />

pieno tutte le sere. Non facciamo pubblicità, ma la voce<br />

corre. Di bocca <strong>in</strong> bocca, potremmo dire. Sì. Di bocca <strong>in</strong> bocca,<br />

proprio così.<br />

C’era qualcosa di s<strong>in</strong>istro nel suo tono.<br />

– È costoso? – chiese Harriet.<br />

– Oh sì. Il più costoso di tutta Londra. Sai quanto spenderesti<br />

per una cena per due?<br />

Harriet si str<strong>in</strong>se nelle spalle.<br />

– C<strong>in</strong>quecento sterl<strong>in</strong>e. V<strong>in</strong>o escluso.<br />

– Assurdo! – Harriet aggrottò la fronte. – Nessuno pagherebbe<br />

tanto per una cena.<br />

– I miei clienti sono più che felici di pagare. Vedi… – Algernon<br />

sorrise di nuovo, senza staccare gli occhi dalla strada. – Certa<br />

gente ha denaro a palate. Stelle del c<strong>in</strong>ema e scrittori. Banchieri<br />

e uom<strong>in</strong>i d’affari. Hanno milioni di sterl<strong>in</strong>e, e devono pur trovare<br />

il modo di spenderli. Non ci pensano due volte a pagare cento<br />

sterl<strong>in</strong>e per qualche cucchiaiata di caviale. O mille per una<br />

bottiglia di v<strong>in</strong>o! Frequentano solo i migliori ristoranti e non si<br />

preoccupano di quanto pagano, purché il loro pasto sia preparato<br />

da un cuoco famoso, e meglio ancora se il menù è scritto <strong>in</strong><br />

francese e gli <strong>in</strong>gredienti sono trasportati via aerea, con enorme<br />

spesa, da tutto il globo. Mi segui, car<strong>in</strong>a?<br />

– Non mi chiamo «car<strong>in</strong>a» – replicò Harriet.<br />

Algernon ridacchiò fra sé.<br />

– Ma naturalmente, a un certo punto, scoprono di aver mangiato<br />

tutto quello che è possibile mangiare. Il miglior salmone affumicato,<br />

la bistecca più succulenta. C’è un numero limitato d’<strong>in</strong>gredienti,<br />

car<strong>in</strong>a, e <strong>in</strong> breve scoprono di averli assaggiati tutti.<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

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Petto di piccione con marmellata d’arance e foie gras. Pesce persico<br />

affumicato con scalogni e funghi c<strong>in</strong>esi. A un certo punto<br />

sentono di avere provato tutto. E i loro appetiti, ormai sazi, vanno<br />

alla ricerca di un’esperienza cul<strong>in</strong>aria completamente nuova.<br />

È allora che vengono allo «Sawney Bean».<br />

– Come mai il ristorante ha un nome così stupido?<br />

– È il nome di una persona realmente esistita – rispose Algernon<br />

senza scomporsi, anche se Harriet ce la metteva tutta per<br />

essere <strong>in</strong>disponente. – Sawney Bean è vissuto <strong>in</strong> Scozia all’<strong>in</strong>izio<br />

del secolo. Aveva gusti <strong>in</strong>soliti…<br />

– Non si aspetterà che io lavori nel ristorante, voglio sperare.<br />

– Lavorare? – Algernon sorrise. – Oh no. Però mi aspetto che tu<br />

vi compaia. In effetti, prevedo di presentarti a cena stasera…<br />

A questo punto il sogno accelerò e si trovarono a Londra, <strong>in</strong><br />

K<strong>in</strong>g’s Road, a Chelsea. Ed ecco il ristorante! Un palazzetto di<br />

mattoni <strong>in</strong>tonacati, col nome <strong>in</strong> lettere rosse sopra la porta. Non<br />

si vedevano f<strong>in</strong>estre e neanche c’erano menù <strong>in</strong> mostra. In effetti,<br />

se Algernon non gliel’avesse <strong>in</strong>dicato, Harriet non l’avrebbe neanche<br />

visto. Il furgone svoltò <strong>in</strong> uno stretto vicolo dietro l’edificio.<br />

– Lei vive qui? – chiese Harriet. – È qui che dovrei vivere io?<br />

– Per qualche ora almeno – fu la risposta. Il furgone si fermò <strong>in</strong><br />

fondo al vicolo, <strong>in</strong> un cortile racchiuso da alte mura di mattoni.<br />

Su un lato c’era una fila di bidoni della spazzatura e una porta<br />

di metallo chiusa da svariate serrature. – Eccoci arrivati – disse<br />

Algernon.<br />

Mentre Harriet scendeva dal furgone, la porta si aprì e ne uscì<br />

un ometto grasso, vestito di bianco da capo a piedi. Giapponese,<br />

si sarebbe detto. Aveva la pelle arancio pallido, gli occhi a mandorla,<br />

e un cappello da cuoco <strong>in</strong> bilico sopra la testa. Sorrise, e<br />

tre denti d’oro sc<strong>in</strong>tillarono nella luce del pomeriggio.<br />

– L’hai presa! – esclamò. Aveva un forte accento orientale.<br />

– Sì. Questa è Harriet.<br />

– Sai quanto pesa?<br />

– Non ancora.<br />

Gli occhi del cuoco la percorsero da capo a piedi. Harriet si sentiva<br />

sempre più <strong>in</strong>quieta. Quell’uomo la stava esam<strong>in</strong>ando bene…<br />

be’, come se fosse un taglio di carne. – Buona, molto buona – borbottò<br />

il cuoco.<br />

– Giovane e viziata – replicò Algernon. Accennò alla porta di<br />

metallo. – Da questa parte, car<strong>in</strong>a.<br />

– E le mie valigie?<br />

– Non ne avrai bisogno.<br />

Adesso Harriet era decisamente nervosa. Non sapeva bene perché,<br />

e questo la faceva sentire anche peggio. Forse c’entrava il<br />

nome del ristorante. «Sawney Bean». Era un nome che aveva già<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

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sentito. Forse alla tivù, o forse l’aveva letto <strong>in</strong> un libro. Lo conosceva,<br />

poco ma sicuro. Ma dove…?<br />

Lasciò che i due uom<strong>in</strong>i la sp<strong>in</strong>gessero nel ristorante e trasalì<br />

quando la solida porta d’acciaio si chiuse dietro di lei. Era <strong>in</strong><br />

una cuc<strong>in</strong>a lustra, tutta mattonelle bianche, fornelli di taglia <strong>in</strong>dustriale,<br />

pentole e padelle sc<strong>in</strong>tillanti. Il ristorante era chiuso.<br />

Erano più o meno le tre del pomeriggio. Mancava ancora parecchio<br />

all’ora di cena.<br />

Si rese conto che Algernon e il cuoco la fissavano <strong>in</strong> silenzio,<br />

entrambi con gli stessi occhi eccitati, avidi. Sawney Bean! Dove<br />

aveva già sentito quel nome?<br />

– Perfetta – disse il cuoco.<br />

– Sono d’accordo – annuì Algernon.<br />

– Un po’ grassoccia, forse…<br />

– Non sono grassa! – protestò Harriet. – E ho deciso che non mi<br />

piace stare qui. Voglio tornare a casa. Riportatemi subito <strong>in</strong>dietro.<br />

Algernon ridacchiò.<br />

– Troppo tardi. Di gran lunga troppo tardi. Ho pagato un bel<br />

po’ di soldi per te, car<strong>in</strong>a. E poi te l’ho detto… ti voglio qui per<br />

cena, stasera.<br />

– Possiamo com<strong>in</strong>ciare mar<strong>in</strong>andola <strong>in</strong> v<strong>in</strong>o bianco – suggerì il<br />

cuoco. – E poi una salsa bernese…<br />

Fu allora che Harriet ricordò. Sawney Bean. Aveva letto di lui <strong>in</strong><br />

un libro di storie dell’orrore.<br />

Sawney Bean.<br />

Il cannibale.<br />

Aprì la bocca per urlare, ma non riuscì a emettere un suono. Naturalmente:<br />

è impossibile urlare quando hai un <strong>in</strong>cubo. Ci provi,<br />

ma la voce non ti obbedisce. Ecco cosa stava succedendo a Harriet.<br />

Sentì l’urlo montarle dentro. Vide Algernon e il cuoco avanzare<br />

verso di lei. La stanza turb<strong>in</strong>ava, pentole e padelle le vorticavano<br />

attorno, e ancora l’urlo non usciva. E poi un vortice la risucchiò,<br />

e l’ultima cosa che ricordava era una mano tesa premurosa<br />

a sorreggerla perché cadendo non si procurasse qualche livido,<br />

danneggiando la carne.<br />

Per fortuna a quel punto si svegliò.<br />

Che <strong>in</strong>cubo spaventoso!<br />

Aprì lentamente gli occhi. Fu il momento più delizioso della sua<br />

vita, sapere che tutto quello che aveva sognato non era vero. Suo<br />

padre non aveva fatto bancarotta. I genitori non l’avevano venduta<br />

a un ripugnante <strong>in</strong>dividuo su un furgone bianco. Fifi era ancora<br />

lì, pronta a servirle la colazione e aiutarla a vestirsi. Adesso<br />

si sarebbe alzata e sarebbe andata a scuola, e fra poche settimane<br />

lei e sua madre sarebbero partite per la loro crociera ai Carai-<br />

I l p I a c e r e d I l e g g e r e<br />

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i. Che sciocca, a farsi spaventare tanto da un sogno così assurdo.<br />

Anche se era sembrato proprio vero.<br />

Sollevò una mano per strof<strong>in</strong>arsi la fronte.<br />

O meglio: ci provò.<br />

Aveva le mani legate dietro la schiena. Sbarrò gli occhi. Si trovava<br />

<strong>in</strong> una cuc<strong>in</strong>a, distesa su una lastra di marmo. Un pentolone<br />

pieno d’acqua gorgogliava sul fornello. Un cuoco giapponese stava<br />

affettando cipolle con uno sc<strong>in</strong>tillante coltello d’acciaio.<br />

Harriet aprì la bocca.<br />

Questa volta riuscì a urlare.<br />

A. Horowitz, Tempi tempestosi a Villa Ghiacciaossa, Mondadori<br />

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