VolanZine n°10: tutti i racconti in concorso - Scripta Volant
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Questi <strong>racconti</strong> sono di proprietà dei legittimi autori, pubblicati <strong>in</strong> questo forum <strong>in</strong> licenza creative<br />
commons.<br />
I testi non riportano i crediti dei legittimi proprietari perché partecipano al <strong>concorso</strong> <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> che,<br />
come da regolamento, prevede l'assenza dell'autore.<br />
Dopo la scadenza delle votazioni, verranno resi noti i nomi degli autori.<br />
Per contatti: redazione@scripta-volant.org<br />
E-book realizzato da Eleonora Lo Iacono<br />
Redazione <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>: Luigi Bruno Cristiano, Eleonora Lo Iacono, Mirko Floria<br />
redazione@scripta-volant.org<br />
Gennaio 2010<br />
2<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>:<br />
un gadget eccezionale!<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
spargendole <strong>in</strong> giro; non so dandole alle librerie, ai passanti, abbandonandoli sui tram come volete,<br />
otterremmo una cosa che non si è mai vista, non <strong>in</strong> queste proporzioni, non con questi mezzi.<br />
In pratica porteremo quel NON LUOGO che è la Rete nella Vita reale e dalla Vita Reale porteremo<br />
i lettori alla Rete. Questo perché sulle <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> c'è un <strong>in</strong>vito a chi le raccogliesse di raggiungerci<br />
qui, di registrarsi e di dirci dove la hanno trovata.<br />
Non aspettiamoci adesioni a cent<strong>in</strong>aia, ma pensateci, tutto questo porta, con un costo praticamente<br />
nullo, ad una diffusione nazionale (siamo dappertutto), e alla possibilità di farci conoscere come<br />
s<strong>in</strong>goli autori e come Associazione".<br />
Le <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> saranno il biglietto da visita di questo gruppo, saranno la misura della qualità di<br />
quanto scriviamo, saremo noi <strong>in</strong> molteplici luoghi, contemporaneamente, stando tranquillamente sul<br />
divano.<br />
Oh, bene.<br />
Con l'ubiquità l'abbiamo risolta.<br />
Ora c'è da pensare alla moltiplicazione dei pani e dei pesci.<br />
Luigi Bruno Cristiano<br />
Su un s<strong>in</strong>golo foglio A4 è possibile stampare un racconto di<br />
due cartelle e piegandolo <strong>in</strong> un determ<strong>in</strong>ato modo si può<br />
ottenere una sorta di libretto che sta comodamente <strong>in</strong> un<br />
tasch<strong>in</strong>o, e non ha bisogno di rilegatura.<br />
Le Z<strong>in</strong>e sono ampliamente usate da molto tempo, non ho<br />
<strong>in</strong>ventato nulla, le usano fondamentalmente per scriverci<br />
pensieri e disegni, ci sono Z<strong>in</strong>e che sono vere e proprie opere<br />
d'arte. Se ognuno di noi scaricasse il racconto <strong>in</strong> formato Z<strong>in</strong>e<br />
che verrà confezionato dalla redazione e contenente il<br />
racconto del mese, e se ne preparasse almeno dieci copie<br />
3<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
REGOLAMENTO<br />
1. <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è un <strong>concorso</strong> per <strong>racconti</strong> brevi, per partecipare al quale è sufficiente la registrazione<br />
gratuita al Portale <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong>.org. E' un <strong>concorso</strong> aperto a <strong>tutti</strong> i cittad<strong>in</strong>i italiani, di qualunque<br />
età purché maggiorenni.<br />
2. Il <strong>concorso</strong> è gratuito e viene organizzato ogni due mesi .<br />
3. I <strong>racconti</strong> devono avere la lunghezza massima di 3600 battute spazi <strong>in</strong>clusi e devono essere<br />
<strong>in</strong>editi.<br />
4. Per partecipare al <strong>concorso</strong>, gli utenti, entro la data comunicata dalla redazione, dovranno <strong>in</strong>viare<br />
via mail il proprio racconto, <strong>in</strong> formato word (.doc) a redazione@scripta-volant.org ndicando il<br />
titolo del racconto, il proprio nome e cognome e il nick <strong>in</strong> uso nel portale http://www.scriptavolant.org.<br />
Ogni autore potrà partecipare con un solo racconto<br />
5. I <strong>racconti</strong> <strong>in</strong>editi saranno pubblicati <strong>in</strong> forma anonima sul Forum "Racconti <strong>in</strong> Concorso" e gli<br />
autori potranno essere svelati solo a <strong>concorso</strong> concluso. Verrà <strong>in</strong>oltre realizzato un e-book, con <strong>tutti</strong><br />
i <strong>racconti</strong> partecipanti, scaricabile gratuitamente dal portale http://www.scripta-volant.org, per<br />
facilitare la lettura agli utenti che li valuteranno.<br />
6. A <strong>in</strong>s<strong>in</strong>dacabile giudizio della redazione, potranno non essere ammessi <strong>racconti</strong> che abbiano un<br />
contenuto pornografico e/o offensivo.<br />
7. I <strong>racconti</strong> pubblicati potranno essere letti, commentati e votati, entro i 30 giorni successivi alla<br />
scadenza del <strong>concorso</strong> (la data verrà comunicata dalla Redazione), da <strong>tutti</strong> gli iscritti al portale che<br />
abbiano partecipato al <strong>concorso</strong> e da <strong>tutti</strong> gli altri che abbiamo già <strong>in</strong>serito nel forum almeno 50<br />
messaggi.<br />
8. Il voto va espresso all‟<strong>in</strong>terno del topic preposto, <strong>in</strong>serito ogni mese nel Forum “Cab<strong>in</strong>a di Voto”,<br />
dalla Redazione. Perché il proprio voto sia valido, ciascun utente dovrà <strong>in</strong>dicare, <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e di<br />
preferenza, i c<strong>in</strong>que <strong>racconti</strong> preferiti. I voti espressi andranno <strong>in</strong> coda di moderazione e saranno<br />
pubblici solo dopo la chiusura delle votazioni.<br />
9. Gli utenti votanti sono tenuti a leggere e commentare <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> gara. Sussiste comunque<br />
l'obbligo di commentare almeno i c<strong>in</strong>que <strong>racconti</strong> preferiti. In caso contrario, il voto sarà annullato.<br />
10. Gli utenti che abbiano partecipato al <strong>concorso</strong> sono tenuti a votare nel rispetto delle regole sopra<br />
elencate. In caso contrario, il racconto verrà escluso dal <strong>concorso</strong>.<br />
11. I <strong>racconti</strong> dovranno essere letti, commentati e votati con assoluta lealtà e schiettezza. La<br />
redazione si riserva di annullare quei voti che siano <strong>in</strong> contrasto con questi requisiti.<br />
12. Il racconto v<strong>in</strong>citore verrà pubblicato a cura della redazione <strong>in</strong> una <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>, distribuita<br />
<strong>in</strong> tutta Italia. Partecipando al <strong>concorso</strong> gli autori acconsentono a cedere a titolo gratuito il diritto<br />
di pubblicazione, riproduzione, diffusione e distribuzione al pubblico, all‟<strong>in</strong>terno della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong>.<br />
A <strong>Scripta</strong>-<strong>Volant</strong> è riservata la scelta del tipo di veste grafica. Tale concessione si <strong>in</strong>tenda valida per<br />
tutto il periodo di distribuzione. Concede, altresì, ove lo ritenesse necessario, il diritto di utilizzare<br />
estratti dal racconto a f<strong>in</strong>i pubblicitari e promozionali, <strong>in</strong> qualsiasi modo e forma.<br />
4<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
13. La copert<strong>in</strong>a della <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> potrà essere scelta dall'autore che potrà <strong>in</strong>viare alla redazione<br />
un'immag<strong>in</strong>e (di sua proprietà o che abbia il consenso del proprietario dell'immag<strong>in</strong>e), oppure verrà<br />
scelta un'immag<strong>in</strong>e dalla redazione stessa.<br />
14.Ogni autore dichiara che il proprio racconto è un‟opera orig<strong>in</strong>ale di sua esclusiva paternità, che<br />
non viola alcuna norma di legge e/o diritti di terzi e <strong>in</strong> particolare, non ha né forme né contenuti<br />
denigratori, diffamatori o di violazione della privacy. In caso contrario, l'autore ne sarà l'unico<br />
responsabile.<br />
15. Partecipando al <strong>concorso</strong>, gli autori accettano <strong>tutti</strong> gli articoli del Regolamento<br />
L<strong>in</strong>k di riferimento:<br />
FORUM VOLANZINE<br />
GUIDA COME PIEGARE UNA VOLANZINE<br />
RACCONTI IN CONCORSO<br />
CABINA DI VOTO<br />
Seguono i 57 <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> gara per quest‟edizione. Per ogni racconto sono disponibili due l<strong>in</strong>k: uno<br />
per commentare il racconto nel forum, uno per votarlo.<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> è un <strong>concorso</strong> a votazione pubblica: <strong>tutti</strong> gli iscritti che abbiamo <strong>in</strong>serito almeno 50 post<br />
nel forum, possono votare!<br />
Si vota entro il 14 Febbraio 2010!<br />
La Redazione <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong><br />
www.scripta-volant.org<br />
CONCORSO SEGNALATO SU:<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
I v<strong>in</strong>citori delle precedenti edizioni:<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°9: La vita <strong>in</strong> dieci frammenti di Giafranco Bussalai<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n° 8: Fanfara andante ma non troppo di Giuseppe Buscemi<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°7: Adios Fidel di Luca Artioli<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°6: Strega di Milena Esposito<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°5: L'altro di Guido Oliva<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°4: Quaranta di Piero Mattei<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°3: Salsa & mer<strong>in</strong>ga di Attilio Facch<strong>in</strong>i<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°2: Orologi di Piero Mattei<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°1: Niente di Strano di Eleonora Lo Iacono<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> n°0: Coyote di Luigi Bruno Cristiano<br />
Sfoglia le <strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong><br />
6<br />
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A pancia <strong>in</strong> giù<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Quelli che stava vivendo sarebbero stati gli ultimi momenti della sua vecchia vita, pensò, e tra poco<br />
ne avrebbe <strong>in</strong>iziata un'altra, diversa, <strong>in</strong>sieme a lui. Prima e dopo. Ripensò alla vecchia quercia<br />
vic<strong>in</strong>o al mare, e a tutte le passeggiate <strong>in</strong> bicicletta. Con la mente ritornò su quella coll<strong>in</strong>etta dove da<br />
ragazz<strong>in</strong>a a bocca aperta verso il cielo urlava il suo nome e le tornava <strong>in</strong>dietro l'eco. Attimo dopo<br />
attimo, rivide la sua casa di campagna, le attese universitarie, gli uom<strong>in</strong>i che aveva avuto, gli amici<br />
che ancora aveva. Li guardò per un solo istante, loro erano <strong>tutti</strong> lì, seduti a un passo da lei. C'era<br />
pure Marcella, col suo piccolo bimbo <strong>in</strong> collo venuto apposta per tenerle compagnia. Era tranquilla,<br />
pensò, e tuttavia dentro sentiva un sottile fremito percorrerla, un fremito simile a sfarfallio di<br />
fiamma. Stesa, a pancia <strong>in</strong> giù, con le dita <strong>in</strong>trecciate sotto il mento. Lo sguardo, sereno, rivolto<br />
verso il basso. Pensava alla sua città, che presto sarebbe divenuta lontana, alla sua famiglia, al<br />
piccolo Francesco. Le venne <strong>in</strong> mente il lavoro che aveva lasciato, la palestra, il circolo, tutte le<br />
vecchie abitud<strong>in</strong>i. La sua mente <strong>in</strong>cedette un attimo sul passato, ma fu solo per un attimo, come un<br />
dubbio, un sussulto, un'ultima <strong>in</strong>certezza. Pensò al futuro, al silenzio di quel momento, al silenzio<br />
che sarebbe stato, e rivolse lo sguardo verso il muro, come a superarlo per cercare di vedere oltre.<br />
Immag<strong>in</strong>ò le mancanze che avrebbe sentito, ipotizzò le nostalgie, i pianti, i dolori che lungo il<br />
camm<strong>in</strong>o immancabilmente avrebbe <strong>in</strong>contrato. Per un lungo istante, si sentì sola, e tuttavia non lo<br />
era. Lui era lì con lei e la stava aspettando. La aspettava da sempre, lui l'amava. E l'avrebbe amata<br />
per sempre, questo le aveva promesso. Avrebbero vissuto <strong>in</strong>sieme, giorno dopo giorno, con la<br />
pazienza che solo una promessa d'amore sa custodire. Queste erano state le sue parole. Vieni da me,<br />
le aveva chiesto. E lei aveva detto di sì. I suoi capelli. Quei lunghi capelli corv<strong>in</strong>i che la nonna Ada<br />
spazzolava nelle sere d'estate di tutta un'<strong>in</strong>fanzia, ora li vedeva cadere lungo il viso come seta nera.<br />
Lui ama le cose semplici, pensò, mentre si passava con tremore rapido la mano sul collo spoglio. Si<br />
erano <strong>in</strong>contrati per caso, un giorno di qualche anno prima, sul piazzale di fronte alla chiesa della<br />
sua città. Quell'unica chiesa dedicata a s. Anna, piccola e sempre gremita, davanti alla quale loro si<br />
<strong>in</strong>contrarono. Lui aveva fame, era pallido, come il suo collo appena scoperto, era nudo, come la sua<br />
mano. Lei gli aveva porso un pezzo di pane, e lui l'aveva amata f<strong>in</strong> dal primo sguardo. “Vieni con<br />
me” le aveva sussurrato, “vieni da me” le aveva detto, e lei lo aveva seguito nella città che lui aveva<br />
scelto per lei, <strong>in</strong> nome di quell'amore così grande. Suo padre non capì, sua madre pianse quella<br />
scelta, il sacrificio, il suo egoismo e la troppa distanza. Ma lei si fidò di quell'amore che non<br />
l'avrebbe abbandonata, e tutta vestita di bianco, si avviò verso quella nuova vita che stava lì lì per<br />
com<strong>in</strong>ciare. Si alzò <strong>in</strong> piedi, rivolse lo sguardo verso l'alto. Un raggio di sole l'avvolse, e allora lei<br />
sorrise. Respirò, di quel respiro umido che sapeva d'amore, e accompagnata da un fascio di luce,<br />
pose per sempre il suo piede oltre la soglia di clausura.<br />
7<br />
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Abitud<strong>in</strong>i di pastore<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Ancora un‟altra alba mi accompagna verso casa. Ormai è da tanto che ho smesso di contarle. Le<br />
prime che ho visto mi sono sembrate bellissime ma poi si sono ripetute e presto mi hanno annoiato.<br />
Sempre gli stessi gesti, Mi guardo <strong>in</strong>torno apro il portone ed entro, salgo le scale rigorosamente a<br />
piedi contando i pesanti grad<strong>in</strong>i di marmo, <strong>in</strong>vecchiati da tempo e suole. Per quante <strong>in</strong>numerevoli<br />
volte li ho contati <strong>in</strong> questi lunghi 5 anni non so quanti sono ma cont<strong>in</strong>uo a contare,a due a due, a<br />
tre a tre, solo i pari, solo i dispari. Anche la mia dimora mi ha ben presto stancato. Sento ancora<br />
addosso l‟euforia di quando mi sono trasferito, dal mio piccolo paes<strong>in</strong>o di rozzi campagnoli, <strong>in</strong><br />
questa grande città di rozzi campagnoli venuti qui prima di me. La mia nuova casa mi era sembrata<br />
subito un cesso ma almeno era un cesso di città. Rapidamente mi privo della mia divisa da<br />
nottambulo lasciando dietro di me cumuli di abiti che al mio risveglio saranno il mio guardaroba.<br />
Mi <strong>in</strong>filo sotto la doccia con la luce che com<strong>in</strong>cia ad entrare dal f<strong>in</strong>estrone del bagno. Adoro farmi<br />
scorrere il getto della doccia dietro il collo. È una sensazione a dir poco eccitante. Il martellare<br />
dell‟acqua sulla pelle ti fa rizzare perf<strong>in</strong>o i peli del culo, poi ci pensa la morte al gusto di tabacco<br />
rigorosamente light a ributtarli <strong>tutti</strong> giù. I pregi del vivere da soli, uscire dalla doccia senza esserti<br />
asciugato vestito di gocciol<strong>in</strong>e che lentamente scorrono via per poi arrivare a r<strong>in</strong>frescare il lenzuolo<br />
sgualcito del letto mai rifatto. Afferro nel buio un residuo di tabacco arrotolato e ben condito<br />
lasciato su “Gordon Pym” il giorno prima e osservo le farfalle che volteggiano leggere e dissolventi<br />
sotto il tetto <strong>in</strong>giallito della mia camera. E‟ <strong>in</strong>credibile quante cose si vedano nel fumo di una<br />
sigaretta. Puoi trovarci di tutto tranne i tuoi polmoni che marciscono. Nella penombra della mia<br />
stanza da letto dalle tapparelle perennemente abbassate cerco il mio cusc<strong>in</strong>o e mi abbandono nella<br />
stessa identica posizione di sempre. A volte penso di essere un po‟ troppo abitud<strong>in</strong>ario ma quando<br />
passano gli anni e i gesti si ripetono diventa f<strong>in</strong> troppo difficile abbandonarli. Negli ultimi tempi un<br />
nuovo rituale precede il mio sonno. Afferro la mia compagna di letto e appoggio la sua fredda canna<br />
alla mia tempia. La stanchezza atavica che mi perseguita e la consapevolezza di non essere nessuno,<br />
<strong>in</strong> un mondo che ti impone la popolarità, guidano la mia mano. Adoro quella sensazione di gelo che<br />
ti entra nel cranio, un pezzo di <strong>in</strong>animato metallo diventa un vivo e c<strong>in</strong>ico portatore di Morte che<br />
come un trapano ti scuote l‟anima. Ma la codardia ha quasi sempre la meglio, la paura del non<br />
sapere e l‟<strong>in</strong>cognita del “dopo” distolgono i miei pensieri dall‟estremo desiderio. Adagio la 92 di<br />
fianco a me tenendola ben stretta <strong>in</strong> un macabro abbraccio mentre il chiarore della luce si fa spazio<br />
tra le fessure delle tapparelle e i miei occhi cullati dalla polvere che danza nei raggi di luce<br />
ipnotizzano la mia mente e mi fanno partire per un altro viaggio, uno di quelli che non stancano,<br />
quelli di cui ricordi ben poco. E <strong>in</strong>tanto aspetto il giorno <strong>in</strong> cui un abitud<strong>in</strong>e segnerà la f<strong>in</strong>e di tutte<br />
le altre.<br />
8<br />
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Alessia<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Alessia: era davvero il primo amore.<br />
Frequentavamo il liceo scientifico Volta, che allora mi sembrava più un‟esortazione che un nome.<br />
Lei al primo banco, amata dai professori, amata anche da me; io nella mediocrità del penultimo<br />
banco, senza il coraggio di essere ultimo.<br />
Vivevo la nostra storia nella fantasia dell‟ora di italiano, quando Dante provocava quell‟ipnotico<br />
stato sognante di f<strong>in</strong>e matt<strong>in</strong>a, <strong>in</strong> cui si sono persi milioni di studenti. Era nelle nebbie del tanto-poia-casa-studio,<br />
cullati dal mezzo-del-camm<strong>in</strong>-di-nostra-vita, che nelle selve oscure s'<strong>in</strong>contravano<br />
giovani fate delle selve oscure, appunto, dagli occhi e dalle tette grandi.<br />
E Alessia, nonostante i sedici anni, le tette le aveva grandi e sode (però non l‟amavo solo per quelle,<br />
giuro). Ci vedevamo ogni sera tra le sei e le sette, nell‟angolo tra la sua via e la traversa dopo: lei<br />
perché non la scoprissero i genitori, io perché ero un agente segreto che <strong>in</strong>contrava la sua Mata<br />
Hari. L‟amavo con fantasia non c‟è che dire.<br />
Qu<strong>in</strong>di ci appartavamo nei giard<strong>in</strong>i poco distanti, stesi su una panch<strong>in</strong>a o attaccati al muro, a<br />
baciarci e toccarci sotto i cappotti. Allora dimenticavo i compiti non fatti, l‟<strong>in</strong>terrogazione<br />
imm<strong>in</strong>ente, il tre <strong>in</strong> matematica, e mi concentravo sul quel frutto amarognolo e dolce, quel<br />
corbezzolo che doveva avere lo stesso sapore di quei seni che (leggera resistenza di lei, poca però)<br />
alla f<strong>in</strong>e riuscivo a raggiungere con la mano <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uata sotto il maglione, prode agente <strong>in</strong>filtrato<br />
dietro le l<strong>in</strong>ee nemiche.<br />
Ci doveva essere un sapere segreto dietro quei contatti, una saggezza recondita, perché il mio cuore<br />
si apriva come una melagrana e lasciava uscire parole d'amore che non sapevo di tenere dentro.<br />
Lei si emozionava e diceva “Ti amo” con passione, e io rispondevo “Grazie”, e allora si offendeva<br />
un po‟. Ma io volevo davvero r<strong>in</strong>graziarla, perché era a lei che dovevo quel miracolo di toccare con<br />
un dito l'<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito, letteralmente con un dito, cosa che Leopardi non mi aveva mai <strong>in</strong>segnato, e la<br />
mano <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uata sotto la sua gonna sì.<br />
Poi un giorno mi disse “Aspetto un bamb<strong>in</strong>o”, e mi guardò fisso. “Tuo fratell<strong>in</strong>o?” dissi io, stupido<br />
già da allora. Ma il suo viso pallido mi fece capire che no, la parentela non era quella.<br />
Era stato alla festa di compleanno del secchione della classe, quello che nascondeva con la mano il<br />
compito di lat<strong>in</strong>o per non far copiare il compagno di banco (che poi doveva passare a me): lì<br />
avevamo fatto l'amore, nascosti <strong>in</strong> una camera da letto, giurandoci amore eterno. E ora quell'eternità<br />
astratta si materializzava <strong>in</strong> nove mesi concreti, forse era questo che la prof <strong>in</strong>tendeva con<br />
matematica applicata.<br />
La notizia mi sconvolse, anzi, mi crollò il mondo addosso.<br />
Lei aveva bisogno di conforto e io <strong>in</strong>vece le davo i miei dubbi, senza il coraggio di concludere le<br />
frasi: “Insomma, forse è meglio se... che ne pensi se...”<br />
Non osavo dire e lasciavo <strong>in</strong>tuire. Ero un agente segreto che tradiva vigliaccamente i suoi compagni<br />
alla prima m<strong>in</strong>accia di tortura, al solo brillare delle tenaglie.<br />
Dopo lo scambio di e-ora-che-facciamo e i-miei-non-lo-devono-sapere, sussurrato tra la ricreazione<br />
e la quarta ora, sedetti con le g<strong>in</strong>occhia tremanti nel mio penultimo banco e mi chiesi e ora che<br />
facciamo e, conclusi, i miei non lo devono sapere.<br />
La vidi di nuovo il giorno dopo, <strong>in</strong> classe: “Vieni fuori ti devo parlare.”<br />
“Ora no, c‟è matematica.”<br />
Fredda.<br />
“Ti prego è urgente.”<br />
Lei uscì e mi disse: “Non sono <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta, mi sono venute.”<br />
9<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
In un attimo fu di nuovo dentro, mentre io mi scioglievo di vergogna.<br />
C‟era matematica: sarei andato volontario all‟<strong>in</strong>terrogazione pur di guardarla <strong>in</strong> faccia.<br />
10<br />
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Bibliofilia<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
“Vedrai, il web farà piazza pulita di <strong>tutti</strong> questi libri” dice Edo <strong>in</strong>dicando le pile di volumi <strong>in</strong> bilico<br />
sul mio scrittoio.<br />
“Non ci credo” replico con un brivido di disgusto al solo pensiero “l'oggetto-libro non sarà mai<br />
soppiantato”.<br />
“E <strong>in</strong>vece sì. L'e-book e la tecnologia delle stampanti renderanno superflui gli editori. Chi vuole<br />
potrà stamparsi il libro scaricandolo dal web: pag<strong>in</strong>e, copert<strong>in</strong>a, tutto...”.<br />
“Ma le stampanti mica cuciono e rilegano” obietto guardando di traverso l'HP <strong>in</strong> bianco e nero<br />
s<strong>in</strong>istramente collegata al mio portatile.<br />
“Quello no, che c'entra”.<br />
“Allora, se non è cucito e rilegato non è un libro”.<br />
Mi sento <strong>in</strong> salvo, anche se non def<strong>in</strong>itivamente. Suonano alla porta. Sono arrivate le pizze. In sei a<br />
tavola e così tanti contenitori da buttare. Suggestionato dai discorsi di Edo penso a fornetti che<br />
fanno pizze al posto dei take-away, vedo editori e pizzaioli cercare lavoro <strong>in</strong> fabbriche dove si<br />
producono stampanti e fornetti; altri s'impiegano nella manutenzione. Taglio la pizza ad Alex.<br />
Matilde è più grand<strong>in</strong>a e fa da sola. Tra un discorso e l'altro racconto che domatt<strong>in</strong>a dovrò uscire<br />
molto presto per passare di nuovo all'Eur prima di andare a Vigna Clara.<br />
“Perché?” mi fa Diletta <strong>in</strong>credula.<br />
“Sei sempre esagerato” commenta Héloise ancora prima di sentire ragioni. La familiarità consente<br />
di saltare alcuni passaggi.<br />
“Stamatt<strong>in</strong>a, comprando i giornali, ho lasciato un libro dal giornalaio vic<strong>in</strong>o casa di mia madre. Me<br />
ne sono accorto dopo pranzo, quando volevo leggerlo. Sono sceso di corsa ma la domenica<br />
pomeriggio i giornalai sono chiusi. Una rabbia, mi mancavano una c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a di pag<strong>in</strong>e”.<br />
“Quanto costa il libro?” domanda Héloise.<br />
“Qu<strong>in</strong>dici euro, anche se io l'ho trovato a c<strong>in</strong>que”.<br />
“E dove?” domanda <strong>in</strong>teressato Edo.<br />
“E fai questo giro assurdo per qu<strong>in</strong>dici euro?” <strong>in</strong>siste Héloise <strong>in</strong>dispettita dalla prospettiva di<br />
doversi occupare del risveglio di Alex. È un'ipotesa, e di matt<strong>in</strong>a arranca.<br />
Evito di dire che non m'importa nulla dei giri <strong>in</strong> più e della levataccia, essendo ben più preoccupato<br />
dalla possibilità di non trovare il libro. Non temo il giudizio degli amici, ma Héloise se la<br />
legherebbe al dito, e le sue dita sono già troppo piene nodi per aggiungerne altri.<br />
La matt<strong>in</strong>a dopo, alle 8,30, esco dalla metro a Eur Palasport e camm<strong>in</strong>o speranzoso verso viale<br />
Beethoven. Mi prefiguro il giornalaio che cade dalle nuvole; no, lui non ne sa niente del mio libro,<br />
magari lo ha preso qualche altro cliente, ce ne sono così tanti la domenica matt<strong>in</strong>a. Mi sp<strong>in</strong>go a<br />
immag<strong>in</strong>are il dopo: corro subito <strong>in</strong> libreria a comprarne un'altra copia. Si fa presto a dire 'corro'.<br />
Nella borsa ho il pc portatile. L'ho preso con le batterie maggiorate per avere una più lunga<br />
autonomia, e l'aumento di peso è notevole. Ma non è neanche quello il problema. È l'idea della<br />
perdita che duole. Entro nel negozio.<br />
“Ieri comprando i giornali ho lasciato un libro” azzardo col più scaramantico dei sorrisi.<br />
“Ah, è suo” dice l'edicolante <strong>in</strong> tono complice. Si gira, lo prende e me lo dà.<br />
Dico qualcosa di car<strong>in</strong>o, r<strong>in</strong>grazio, lui sorride, compro la Repubblica, r<strong>in</strong>grazio ancora, esco.<br />
Attraverso leggero viale America. Non c'è nessuno sul grande spiazzo da cui si vede il laghetto. Il<br />
cielo è nuvolo, anche oggi pioverà. Guardo il libro, sento un moto di affetto. Lo str<strong>in</strong>go come<br />
str<strong>in</strong>gerei la mano di una persona cara. Non m'era mai successo. Ora capisco, soltanto ora. Il<br />
nervosismo di ieri sera, l'ansia prima di entrare dal giornalaio. Era questa copia che non volevo<br />
11<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
perdere, proprio questa. Unica, benché uguale alle altre. La mia. Penso alle previsioni di Edo. No, il<br />
web non ce la farà.<br />
12<br />
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Buio<br />
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Ho gli occhi chiusi. Sento le palpebre pesanti come se non avessi dormito abbastanza. Non sono<br />
pronto a svegliarmi ora. Buio.<br />
Devo essermi riaddormentato, non ne ho memoria. Avverto una pesantezza alla testa e un peso<br />
gravare su tutto il corpo. Buio.<br />
Devo avere perso la cognizione del tempo. Chissà che ore sono. Luce improvvisa. Dolore agli<br />
occhi. Buio.<br />
Ma dove sono? A fatica socchiudo un occhio, il verde m‟<strong>in</strong>onda. La palpebra si richiude di scatto<br />
con un movimento <strong>in</strong>volontario. Non ce la faccio. Buio.<br />
Provo ad aprirli <strong>tutti</strong> e due, gli occhi, ma la luce è troppo forte. Non posso. Il bagliore esterno mi<br />
trafigge come una lama affilata, sento una fitta di dolore arrivare f<strong>in</strong>o alla testa. Rumore. Poi solo<br />
un ronzio. Buio.<br />
Vorrei fare qualcosa, qualunque cosa, ma non mi riesce. Resto <strong>in</strong> ascolto con gli occhi chiusi. Solo<br />
rumori felpati <strong>in</strong> lontananza. L‟immobilità mi stanca, il tempo è <strong>in</strong>esistente.<br />
Percepisco nel petto il battito del mio cuore. Sono vivo? Ascolto. Sento delle voci che si<br />
avvic<strong>in</strong>ano. Non riesco a dist<strong>in</strong>guere cosa dicono. Sembrano frasi corte, spezzate. Devono essere di<br />
fianco a me, avverto la loro presenza. Devo aprire gli occhi. Buio.<br />
Credo di essermi assopito di nuovo. Non ho idea di quanto tempo passi tra un risveglio e l‟altro.<br />
Sono <strong>in</strong>dolenzito. Intontito. Non sento più alcun rumore. Provo ad aprire gli occhi, sembra più<br />
semplice stavolta. È buio anche con gli occhi aperti. Intravvedo solo un bagliore alla mia destra, ma<br />
non riesco a girare la testa. Ispeziono il soffitto. È bianco, eppure sono sicuro di aver visto qualcosa<br />
di verde. Buio.<br />
Socchiudo gli occhi lentamente. Cerco di abituarmi alla luce, ma è impossibile. Con occhi socchiusi<br />
cerco di mettere a fuoco un‟ombra. Una flebo? È un ospedale. Sono <strong>in</strong> un letto di ospedale. Vorrei<br />
portarmi la mano sulla fronte. Non la sento, la mano. E nemmeno il braccio. Avverto solo il peso<br />
del mio corpo sul materasso. Non ricordo nulla. Il mondo per me è ciò che la fessura dei miei occhi<br />
mi permette di vedere. Buio.<br />
Un brusio. Diventa più forte, si avvic<strong>in</strong>a. C‟è qualcuno. Apro uno spiraglio d‟occhio. L‟ombra si<br />
ferma fuori dalla mia visuale. Non posso girarmi. Urlo, «cosa è successo?». Ma non emetto alcun<br />
suono. Una voce femm<strong>in</strong>ile. Anche l‟altra è una donna, parlano tra loro. L‟ombra si avvic<strong>in</strong>a,<br />
dist<strong>in</strong>guo l‟ovale di un viso, mi pare sorrida. «Ciao», le sento dire <strong>in</strong> un sussurro. Non si può<br />
lasciare una donna senza risposta. Mi concentro sulle mie labbra: «Ciao», le rispondo io. Odo un<br />
lungo silenzio, posso solo spiarla dal mio misero squarcio sul mondo. «Non andartene», le chiedo.<br />
Buio.<br />
Apro gli occhi lei non c‟è più. È notte. Quanto tempo è passato? Giorni, mesi, anni? Chissà se la<br />
rivedrò. Sono una mente viva <strong>in</strong> un corpo morto. Una mente senza un passato, e forse senza futuro.<br />
Voglio rivedere i suoi occhi. Azzurri? Verdi? Non riuscivo a dist<strong>in</strong>guerlo, il colore degli occhi.<br />
Dietro al suo viso non c‟è memoria. Una donna senza nome, e senza un perché. «Ciao», mi ha detto.<br />
Lo ha sussurrato senza <strong>in</strong>vadenza, con un sorriso. Era lì per me. Buio<br />
Sento dei rumori. Fatico a respirare. «Un piccolo sforzo, dai, oltre allo spiraglio», mi dico. Non ho<br />
più la forza nemmeno di socchiuderlo, l‟occhio. Forse è la f<strong>in</strong>e. Lei è lì, di fianco a me <strong>in</strong> silenzio,<br />
io resto nel buio. Avverto la sua presenza anche se non la posso vedere. Il suo respiro regolare,<br />
leggero. Sono sereno. Chissà se mi sta tenendo la mano? Per quel che percepisco potrei non<br />
avercelo più un corpo. Svanito <strong>in</strong> un soffio, così come ho perso il ricordo di me. E una vita senza<br />
ricordo, non è più una vita. Buio.<br />
13<br />
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Buon compleanno<br />
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Il ticchettio delle prime gocce di pioggia mi fa raggomitolare ancora di più sotto le coperte:piove.<br />
Raffiche di vento scuotono lo scacciapensieri della mia vic<strong>in</strong>a tenendomi irrimediabilmente sveglia.<br />
Ho sempre avuto paura dei temporali tanto che quando eravamo ancora <strong>in</strong>sieme mi str<strong>in</strong>gevo forte a<br />
te e ad ogni tuono mi avv<strong>in</strong>ghiavo di più,strappandoti sorrisi compiaciuti:le mie debolezze le hai<br />
sempre viste come tuoi punti di forza.<br />
Ora non abiti più con me,hai un‟altra vita:una casa nuova,dei mobili nuovi,una donna nuova. A dir<br />
la verità anche dei figli nuovi,una tua di pochi mesi ed uno nato dal suo precedente matrimonio. Il<br />
nostro,di c<strong>in</strong>que anni appena, è di là che ancora si chiede dove tu sia f<strong>in</strong>ito,lo vedi a stento ogni due<br />
settimane,a volte neanche per un paio d‟ore.<br />
Ho saputo che è lei che tira sul tempo:parla di priorità lavorative,ma la verità è che ti vuole tutto per<br />
se ed è gelosa della tua vecchia vita.<br />
Si è <strong>in</strong>s<strong>in</strong>uata nella allora nostra senza chiedere permessi mentre nella tua si è allargata a macchia<br />
d‟olio,scalzando me e prendendo il mio posto. Probabilmente è quello che aveva sempre voluto,f<strong>in</strong><br />
dall‟<strong>in</strong>izio ed è per questo che subdolamente ha fatto la parte dell‟amica.<br />
Sa di aver v<strong>in</strong>to ma nello stesso tempo mi teme,perché chi ha tradito ed <strong>in</strong>dotto a tradire,ha paura<br />
possa succedere ancora.<br />
La mia vita da allora non è stata facile:un figlio da crescere sola ed un lavoro precario da far<br />
diventare fisso,con l‟ansia perenne di una solitud<strong>in</strong>e senza f<strong>in</strong>e.<br />
Lei arredava coi tuoi assegni la vostra nuova casa:io sempre più <strong>in</strong> difficoltà. Voi felici,io sempre<br />
più sola.<br />
Eppure lei mi teme.<br />
Dalla prima volta che per caso vi ho visti <strong>in</strong>sieme <strong>in</strong> un bar,occhi negli occhi,quello che <strong>in</strong>vece ho<br />
com<strong>in</strong>ciato a temere io,è stato la vostra vista <strong>in</strong>sieme:perché un conto è sapere ed un conto è vedere.<br />
Mi sono sorpresa spesso a cambiare strada con la macch<strong>in</strong>a,per non passare davanti casa vostra o il<br />
vostro ufficio:preferivo fare mezz‟ora <strong>in</strong> più di traffico piuttosto che vedervi.<br />
Ma una matt<strong>in</strong>a era tardi e non ho potuto fare altrimenti:con la mia solita fortuna,proprio <strong>in</strong> quel<br />
momento stavate uscendo a passeggio con la vostra bimba,aveva pochi mesi.<br />
Lei mi ha vista ma non mi ha salutata. Mi ha solo sorriso. Trionfa . Sapeva di aver v<strong>in</strong>to.<br />
Guardo l‟orologio:mezzanotte meno dieci.<br />
Tra dieci m<strong>in</strong>uti è il tuo compleanno:chissà,forse per regalo esce dalla torta. Con la gravidanza<br />
aveva messo su qualche chilo che subito ha perso con una dieta ferrea,tornando al suo fisico<br />
perfetto.<br />
Magari è lei il tuo regalo…<br />
-8:si starà vestendo. Forse <strong>in</strong> bagno,con la scusa di fare pipì.<br />
-6:avrà scelto biancheria rossa? No,forse un misto di nero e rosso.<br />
-4:magari metterà una maschera sul viso. Con quei tacchi a spillo sarebbe da urlo.<br />
-2:tutto pronto. Spegne le luci e prepara il gran f<strong>in</strong>ale.<br />
00,00:sorpresa,amore mio! Buon compleanno!<br />
Un bel bacio appassionato è da copione…<br />
Guardo le mie mani dove un residuo di smalto copre a metà le unghie:non ho tutto il suo tempo per<br />
curarmi,io. Sono sola con un figlio.<br />
Prendo il cellulare con la sete di vendetta. Ti <strong>in</strong>vio un sms di auguri…<strong>in</strong> f<strong>in</strong>ale per sette anni sono<br />
stata tua moglie,ne avrò il diritto…<br />
00,01: nonostante tutto,non mi dimenticherò mai di te:buon compleanno! …<br />
E adesso,goditi la festa…<br />
14<br />
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Elegia d’amore<br />
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Appoggiata alla tua schiena sudata, assorbo il lento tuo respiro, faccio mio il tuo ritmo,<br />
lentamente ci fondiamo, lentamente le mani si <strong>in</strong>trecciano, lentamente tu diventi mio. Amore mio<br />
adorato. Il tempo consumera‟ forse le nostre forze, ma non potrà nulla su noi, che resteremo uniti,<br />
forti di questa passione, che ci ha visto spogliare di ogni vergogna, di ogni paura. Sai quanto ci<br />
siamo desiderati e quanto ci ha travolto la volontà di impadronirci l‟uno dell‟altro.<br />
Nulla ci ha fermato né ci fermerà.<br />
Ormai ogni ostacolo è svanito. Lo sapevi f<strong>in</strong> dal primo guardarci che gli altri,<strong>tutti</strong> gli altri si<br />
sarebbero dovuti fare da parte, o sparire Ma ora anche ciò è risolto. Sento i loro rantoli dalla stanza<br />
accanto , ma non ascoltarli, bene mio , sovrasterò quel suono con i baci e le parole d‟amore. Ecco,<br />
amato mio, il potere della droga ha raggiunto il suo effetto. Ogni ostacolo è svanito.<br />
Niente e nessuno potrà più separarci.<br />
Non tremare. Ti avvolgerò col le mie ali di angelo dannato, e ti farò immensamente felice, per<br />
sempre. Lasciati andare, questo dolore per la mutazione non è che l‟<strong>in</strong>izio di un godimento senza<br />
f<strong>in</strong>e, mio adorato. Sento le squame che lentamente si formano, mi accorgo che ti sei dolcemente<br />
addormentato sul mio petto. Meglio così, quando ti sveglierai saremo specchio l‟uno dell‟altra.<br />
Nulla e nessuno ormai potrà dividerci.<br />
Accarezzo dolcemente il tuo splendido corpo verdastro che ormai mi appartiene, come un figlio ad<br />
una madre. Il sudore ti ricopre la fronte , abbellita dall‟unicorno nerastro, simile al mio . Mille<br />
carezze ti farò, con mille baci lo ricoprirò. E sarai mio per sempre.<br />
Nulla e nessuno contrasterà il nostro desiderio, amante mio.<br />
I lamenti sono cessati, loro sono ormai solo cadaveri, e quando ti sveglierai non ricorderai la tua<br />
<strong>in</strong>utile parte di vita passata . Essi non sono più né per te sono mai stati. Per te, per noi ecco si apre<br />
un futuro di caldi amplessi, nel buio, si adorato mio, nel buio dell‟Ade, solo lì troveremo la pace.<br />
Nulla e nessuno saprà più nulla di noi.<br />
Rifugio mio fiammeggiante del Male, accoglici, io ed il mio adorato compagno, ora che tutto si è<br />
compiuto.<br />
Andiamo.<br />
15<br />
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Ero pronta a…<br />
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Cambiare vita , abitud<strong>in</strong>i, paese, attività, ma soprattutto Amore; la voglia di novità, mi prendeva e<br />
mi faceva volare, per acquietare il mio spirito tormentato, sempre alla ricerca di qualcosa di<br />
imprevedibile ; cercavo l‟occasione;rimbrottavo,di voler cambiare vita, <strong>in</strong> famiglia che, <strong>in</strong>creduli,<br />
mi guardavano con commiserazione , specie mio figlio che ,mi ha sempre vista stravagante , ma<br />
tranquilla ,e abitud<strong>in</strong>aria, men che mai il mio Lui,che, dopo aver passato una vita <strong>in</strong>sieme, non ha<br />
mai creduto né alle mie proteste , né alla confessione di voler “<strong>in</strong>traprendere un nuovo percorso<br />
amoroso, visto che , <strong>in</strong>avvertitamente , mi ero <strong>in</strong>namorata di nuovo, e seriamente dell‟Amore.<br />
Infatti, dopo essere stata fedele per tanti anni , e tutta dedita al bene più grande della mia vita<br />
…credendo nell‟esistenza del Vero ed Unico Amore , mi sono ritrovata , con gli “anta” ,e nel cuore<br />
“Una nuova dolcezza”, un nuovo sentimento! All‟<strong>in</strong>izio non volevo credere , né ammetterlo a me<br />
stessa , perché , ho sempre ritenuto <strong>in</strong>giusto, pers<strong>in</strong>o il tradimento mentale ; dopo l‟esperienza ,<br />
fagocitata mentalmente , e durata circa nove mesi , non dico di aver cambiato idea, ma di dover<br />
correggere quello sostenuto; ripeto che il tutto è nato come una nuova pulsione del cuore che f<strong>in</strong>o<br />
a quando batte , serve non solo a tenerti fisicamente <strong>in</strong> vita , ma spiritualmente a farti sentire vitale .<br />
Io, dentro di me dico che la colpa è di mio figlio che volendo una mamma spr<strong>in</strong>t , mi iscrisse al<br />
network di FB; <strong>in</strong> un primo momento ero scettica e riluttante; man mano che passavano i giorni, mi<br />
affezionavo” sia alla novità sia agli amici, ma <strong>in</strong> modo particolare ad uno che era tanto garbato da<br />
carpire il mio animo e trattarmi con gentilezza, e tenerezza come non mi succedeva da tanto;<br />
f<strong>in</strong>almente mi sentivo appagata di suscitare <strong>in</strong>teresse <strong>in</strong> una persona dai gusti aff<strong>in</strong>i , e che<br />
apprezzava il mio sentire , il mio scrivere poesie ed il mio modo di esternare l‟animo. Non nego di<br />
essere divenuta dipendente proprio per “Lui” che quotidianamente, attraverso sms mi <strong>in</strong>viava video<br />
e musiche romantiche… Se“gutta cava lapidem” lui <strong>in</strong>vece scavava sempre più, nel mio amore da<br />
comunicare, ed avere un posto privilegiato. Certamente, sono rimasta sempre consapevole che la<br />
“vicenda” non avrebbe avuto alcuna realizzazione, ma siccome era piacevole “cullarsi” , ho voluto<br />
per la prima volta, nella mia vita, illudermi di qualcosa che, mi è sempre mancato, ma che ho<br />
sempre cercato e desiderato .Però, come tutte le cose magiche , arriva il momento <strong>in</strong> cui ,<br />
l‟<strong>in</strong>cantesimo si spezza, ritorni alla realtà , più dura,ma l‟unica che ti rimane!Preavvisi tanti, voglia<br />
di non credere , poi il colpo f<strong>in</strong>ale…Ti considero solo una grande amica , e ti prego di non <strong>in</strong>viare<br />
sms, appassionati, non vorrei sai…che Lei …Sapevo già che sarebbe stato meglio , tornare alla<br />
rout<strong>in</strong>e del quotidiano , ma avrei desiderato , dopo tanti sotterfugi , menzogne, e giri di parole che la<br />
cosa si fosse risolta da sé, mediante il mio <strong>in</strong>tuito. Quando penso che è stato il motivo ispiratore di<br />
tante poesie , non serbo rancore alcuno, pertanto lo ricorderò sempre con grande calore;e dire che<br />
per lui, ero pronta …a ricom<strong>in</strong>ciare e sconvolgere la mia vita…monotona!. I grandi amori non<br />
f<strong>in</strong>iscono mai, ho sostenuto <strong>in</strong> altre occasioni, Lui, per me è stato un grande Amore , non<br />
corrisposto, ma che ha occupato un posto rilevante , e che mai potrà essere cancellato. E‟ stato un<br />
arricchimento sentimentale che mi ha gratificata , e che ha appagato il mio spirito <strong>in</strong>quieto , ma<br />
desideroso di tanto affetto!<br />
16<br />
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Fuori di qui<br />
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Potevo scegliere tra quattro porte e ho scelto la seconda da s<strong>in</strong>istra. Era la più piccola, dovevo<br />
piegarmi per passarci, ma era quella che sentivo come via di fuga. Al di là c‟era un corridoio, buio<br />
come gli altri, che svoltava qualche metro più avanti.<br />
Camm<strong>in</strong>avo tenendo davanti agli occhi la candela consumata; della cera mi era caduta sui piedi<br />
nudi e avevo urlato. Ora rimanevano solo <strong>in</strong>nocue macchie bianche e irregolari. Avevo poco tempo,<br />
poi sarei rimasto senza luce.<br />
Svoltai l‟angolo, c‟era una scala che saliva.<br />
Tutto quello che saliva andava bene, mi riportava più vic<strong>in</strong>o alla superficie, più vic<strong>in</strong>o alla libertà.<br />
Gli scal<strong>in</strong>i erano alti per me, mi aiutavo con una mano, attento a tenere ferma la candela nell‟altra,<br />
per non scottarmi ancora.<br />
Poi la vidi.<br />
Era seduta <strong>in</strong> cima alla scala, una camicia da notte azzurra sulla pelle bianca come la cera sui miei<br />
piedi. Non si spaventò quando mi vide, io <strong>in</strong>vece mi fermai.<br />
“Perché hai quella candela?” mi chiese.<br />
“Perché è buio.” risposi.<br />
“Non è così.” ribatté sicura.<br />
Alzò lo sguardo verso il soffitto e io feci lo stesso.<br />
Non c‟era più il soffitto nero, ma uno schermo colorato e illum<strong>in</strong>ato, come quello di un c<strong>in</strong>ema.<br />
Trasmetteva giochi di luce.<br />
La guardai, era sempre seduta sul grad<strong>in</strong>o, le macchie colorate si riflettevano sulla suo viso.<br />
Sembrava mascherata.<br />
“Ora puoi mettere giù la candela, Andreas.” mi disse la donna.<br />
“Come sai il mio nome?”<br />
“Tutti qui sanno il tuo nome.”<br />
Mi guardai <strong>in</strong>torno e non c‟era più niente: più le scale, più il corridoio, né lo schermo e i giochi di<br />
luce.<br />
Era una stanza ampia e verniciata di bianco.<br />
Anche la donna non era più vestita come prima, aveva un camice bianco, con appeso un cartell<strong>in</strong>o<br />
dov‟era scritto il suo nome.<br />
Lo riconobbi.<br />
Mi voltai per scappare ma due grosse mani mi afferrarono.<br />
Conoscevo anche quelle.<br />
E sapevo anche cosa sarebbe venuto dopo.<br />
Il dolore acuto al braccio, poi le forze che scivolavano via, gli occhi che diventavano molli sotto<br />
palpebre di piombo.<br />
A quel punto sapevo che sarei dovuto restare lì, <strong>in</strong> quel letto tra quelle quattro mura, per almeno un<br />
paio di giorni, prima che le alluc<strong>in</strong>azioni arrivassero ancora.<br />
E forse, tra un paio di giorni, sarebbero durate abbastanza da farmi f<strong>in</strong>ire quell‟avventura e trovare<br />
la mia via di fuga.<br />
La mia via di fuga, con le mie forze.<br />
17<br />
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Giulio<br />
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Una scossa, l'ennesima ma più forte delle altre, fece sobbalzare e svegliare def<strong>in</strong>itivamente Emma.<br />
"Dove sono?", mormorò impaurita mentre ancora si stropicciava gli occhi.<br />
Un'occhiata fuori dal f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o bastò a recuperare il contatto con la realtà.<br />
Il vecchio pulman blu, cerchioni e cofano anteriore di un bel bianco argento (che a fatica<br />
nascondeva anni<br />
e anni mac<strong>in</strong>ati su quelle strade polverose), procedeva lentamente e a forti scossoni tra polvere e<br />
pietre sul vecchio sentiero per Santiago.<br />
Roberto dormiva ancora sul sedile a fianco con la testa ciondolante da un lato all'altro del f<strong>in</strong>estr<strong>in</strong>o.<br />
"Me l'avevano detto che non sarebbe stato un viaggio facile.......ma perché a volte riesco ad essere<br />
cos・ost<strong>in</strong>atamente cocciuta?", protestò tra sé e sé "I predoni!I predoni!Scappaaaaaaa", urlò<br />
Roberto svegliandosi di soprassalto.<br />
"Mi hai fatto prendere un accidente!!!Mancavano gli <strong>in</strong>cubi adesso...", imprecò tra sé e sé dandogli<br />
un buffetto.<br />
"Ahia!ma....", protestò lui.<br />
"Santiago, fermata per chi prosegue per Santiago", gracchiò la vecchia guida nel microfono.<br />
"Eccoti servita, prego", le disse Roberto <strong>in</strong>dicando l'uscita: "dopo di te".<br />
"Mmmm", riuscì solo a grugnire Emma.<br />
Za<strong>in</strong>o <strong>in</strong> spalla, si <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>arono per la vecchia mulattiera, come <strong>in</strong>dicato dalla guida.<br />
"Buongiorno a voi", li salutò facendoli trasalire, un giovane sbucato dietro la curva.<br />
"Cciaoooo", balbettarono all'unisono.<br />
"Per il nuovo anno mi hanno dest<strong>in</strong>ato a nuovi <strong>in</strong>carichi, perciò vi prego, pensate voi a casa...", posò<br />
loro una mano sulla spalla e svanì nel nulla con lo sguardo più triste che gli avessero mai visto.<br />
"Hai visto anche tu? Era.....", balbettò Emma.<br />
"Si, era proprio lui.....ma cos'avrà voluto dire?", lasciò sospeso Roberto.<br />
"Salutate casa, poi.....casa nostra?", chiese Emma.<br />
"O casa sua........?", sottol<strong>in</strong>eò lui <strong>in</strong>certo.<br />
La presa sulla spalla si fece più energica ed entrambi si sentirono scrollare ben forte.<br />
"Mamma, papà....", li chiamava Alessandro con tono deciso.<br />
"Mmm......Mmmmm", fu la risposta corale, poi di colpo aprirono gli occhi sgranandoli per lo<br />
stupore.<br />
"Cosa diavolo sognavate? E' un quarto d'ora che mugugnate e vi dimenate nel sonno. Ah,<br />
f<strong>in</strong>almente!",<br />
Esclamò sollevato Alessandro nel vedere i loro occhi aperti: "Non sapevo più cosa <strong>in</strong>ventarmi per<br />
strapparvi alle braccia di Morfeo! Sbrigatevi, o perderete l'aereo!".<br />
Ai bordi della pista, talmente polverosa che a stento si potevano scorgere le montagne <strong>in</strong><br />
lontananza, li aspettava un vecchio pulman blu, con cerchioni e cofano i un bel bianco argentato.<br />
Non fecero <strong>in</strong> tempo a scambiarsi neppure due parole per condividere lo stupore che il cellulare<br />
squillò.<br />
"Pronto?", rispose cortese Roberto <strong>in</strong>serendo, come d'abitud<strong>in</strong>e quando erano <strong>in</strong>sieme, il vivavoce.<br />
"Roberto, ciao.Sono Katia", tradendo un filo di emozione dalla voce.<br />
"Katia?....dddimmi...", balbett・lui quasi presagendo.<br />
Si diedero uno sguardo d'<strong>in</strong>tesa tanto breve quanto <strong>in</strong>tenso.<br />
"Senti......so che state partendo per Santiago e so quanto sia importante per voi questo<br />
pellegr<strong>in</strong>aggio....<br />
Sentite....io.....io non so proprio come dirvelo...... Volevo chiedervi di ricordare <strong>in</strong> particolare il pap<br />
18<br />
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di Giulio, mancato improvvisamente questa notte...".<br />
Non sentivano più la voce e le parole di Katia. Avevano entrambi impresso nella mente e nel cuore<br />
il sorriso ampio di Giulio, là oltre quella curva.....mandato da un altra dimensione a ricordare che<br />
certi legami perdurano oltre il tempo e oltre lo spazio riempiendo ogni volta il cuore di meraviglia e<br />
stupore ed <strong>in</strong>fondendo il calore necessario per affrontare ogni viaggio, virtuale o reale, della vita<br />
con coraggio e ottimismo.<br />
19<br />
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Il pesce rosso<br />
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Nei giard<strong>in</strong>i signorili di Suzhou i pesci rossi decorano le grandi vasche marmoree, nuotando da un<br />
ponticello a un altro. Cent<strong>in</strong>aia di turisti li affollano ogni giorno per passeggiare <strong>in</strong> serenità tra i<br />
padiglioni dai nomi altisonanti.<br />
Un giorno nei pressi del padiglione della Pace celeste, un corpo morto galleggiava proprio sotto al<br />
ponte di pietra. Al guardiano Khenz parve subito quello d‟una donna, occidentale, benestante. Ma<br />
se non avesse chiarito subito il mistero ne avrebbe pagato di persona. In breve tempo si mise alla<br />
ricerca di qualche prova che potesse scagionarlo. Il giorno prima aveva chiuso i cancelli alla solita<br />
ora e aveva fatto il giro dei giard<strong>in</strong>i per vedere che tutte le persone fossero uscite. Cosa ci faceva<br />
quel corpo morto lì? Con l‟aiuto d‟un rastrello avvic<strong>in</strong>ò il cadavere alla sponda e con fatica lo tirò<br />
su. Non presentava alcuna lesione né da arma da fuoco né da lama. Poteva essere stato un malore<br />
oppure un‟imprudente passo term<strong>in</strong>ato con una scivolata <strong>in</strong> acqua. Ma come era riuscita la donna ad<br />
<strong>in</strong>trodursi se quella matt<strong>in</strong>a i cancelli del giard<strong>in</strong>o non erano ancora stati aperti?<br />
Fu un attimo e notò fluttuante un foulard di seta colorata che si confondeva tra la pelle lucida dei<br />
golden fish. Lui li adorava ed erano la sua sola compagnia, tanto che la matt<strong>in</strong>a amava fare gli<br />
esercizi di tai chi vic<strong>in</strong>o al laghetto per sentire la loro silenziosa presenza.<br />
Poi al guardiano venne <strong>in</strong> mente che non aveva ancora avuto modo di riparare la rete metallica sul<br />
lato ovest, da dove facilmente ci si sarebbe potuti <strong>in</strong>trodurre arrampicandosi sull‟albero esterno e<br />
scivolando dentro il giard<strong>in</strong>o. Ma come avrebbe fatto a compiere quella manovra fel<strong>in</strong>a<br />
un‟aggh<strong>in</strong>data signora gozzuta un po‟ avanti con l‟età?<br />
Mancavano poche dec<strong>in</strong>e di m<strong>in</strong>uti all‟apertura dei cancelli e all‟arrivo del responsabile. Khenz si<br />
ritenne spacciato. Pensò anche di nascondere il corpo ma non gli era stata <strong>in</strong>segnata la via della<br />
menzogna nel piccolo pese rurale dove era cresciuto. Così non ci fu altro da fare che affrontare il<br />
responsabile dei giard<strong>in</strong>i di Sozhou. Si diede una sistemata ai capelli con la mano e andò <strong>in</strong>contro al<br />
signor Fhenz.<br />
- Mi sembri agitato Khenz stamane – esordì Fhenz – ha qualcosa da dirmi? Sbrigati però che ho<br />
fretta.<br />
- Ci sarebbe una questione di cui vorrei parlarLe ma forse è meglio che venga a vedere di persona –<br />
replicò l‟uomo tenendo gli occhi rivolti verso il basso e stropicciandosi il cappell<strong>in</strong>o tra le mani.<br />
Poi fece strada e i due si avviarono al laghetto centrale. Fhenz notò subito il corpo morto della più<br />
grande tr<strong>in</strong>ca rossa dei giard<strong>in</strong>i che sfavillava sulla sponda rilucendo ai raggi del sole. Allora il<br />
responsabile si girò verso Khenz e lo ammonì di non seccarlo più con quelle <strong>in</strong>sulsagg<strong>in</strong>i da quattro<br />
soldi e che provvedesse al più presto a rimuovere il corpo del pesce facendolo sparire per non<br />
turbare i paganti.<br />
Khenz sorpreso della cosa, annuì e corse a prendere una pala con cui sollevò il pesce dandolo <strong>in</strong><br />
pasto ai gatti randagi che vivevano nella sua baracca nell‟estremità meridionale dei giard<strong>in</strong>i.<br />
Passarono molte settimane prima che un altro evento del tutto similare al precedente si verificasse.<br />
Una matt<strong>in</strong>a Khenz vide galleggiare nei pressi del padiglione del Signore delle reti il corpo d‟un<br />
<strong>in</strong>fante dai l<strong>in</strong>eamenti mongoli e del tutto ignudo. Questa volta non si affrettò ad avvisare il<br />
superiore. Attese la magia prima di capire. Nei suoi laghetti nuotavano le anime degli esseri umani<br />
che si erano dist<strong>in</strong>te nelle precedenti vite e si erano re<strong>in</strong>carnate negli amati golden fish dei Giard<strong>in</strong>i<br />
signorili di Suzhou.<br />
20<br />
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Il poeta… e la sua poesia<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Eravamo <strong>in</strong> tante nel primo cassetto della scrivania. Alcune lunghe, altre corte. La sua mano<br />
s‟<strong>in</strong>cuneò nel cassetto semiaperto e ne prese tre. Dallo spiraglio vidi che stava facendo alcune copie.<br />
Che fortunate! “Sono le prescelte per partecipare a un importante <strong>concorso</strong>!” mi ragguagliò una<br />
vecchia poesia <strong>in</strong> rime. I giorni passarono, altre poesie vennero scelte ma io rimanevo sempre lì, ad<br />
aspettare. Un giorno ci pose tutte sulla scrivania e com<strong>in</strong>ciò a leggerci una ad una. Ne scelse alcune,<br />
ripose altre nel primo cassetto, altre ancora le gettò <strong>in</strong> quello di fondo. Avrei voluto piangere,<br />
quando mi ritrovai laggiù senza più speranza. Eppure ero una poesia bella, giovane, avevo<br />
musicalità! Perché non aveva creduto <strong>in</strong> me? Mi sentivo dest<strong>in</strong>ata al cest<strong>in</strong>o della carta straccia.<br />
Dovevo farmi venire qualche idea. Così mi arrampicai f<strong>in</strong>o al bordo del cassetto e mi lasciai<br />
penzolare nel vuoto. Una mano calda giunse <strong>in</strong> mio aiuto. Mi sentii sollevare dolcemente, ecco, mi<br />
dissi, stavolta mi ha scelta! Un mesto cigolio mi riportò presto alla realtà. Il cassetto si aprì quanto<br />
basta perché ne fossi ricacciata dentro. Non mi aveva neanche degnata di uno sguardo, il mostro! Fu<br />
così che maturò <strong>in</strong> me l‟idea di iscrivermi a un importante <strong>concorso</strong>. Lo so, avrei rischiato molto se<br />
lui se ne fosse accorto, ma non avevo altra scelta. Noi poesie siamo state scritte per essere lette,<br />
ammirate, altrimenti la nostra vita non ha senso, rimaniamo sgorbi neri su un foglio bianco!<br />
Bisognava scegliere il modo…e il momento giusto. Sulla scrivania avevo notato una grossa busta<br />
aperta con l‟<strong>in</strong>dirizzo di un importante <strong>concorso</strong>. Fu facile uscire dal cassetto e unirmi a loro. Era<br />
fatta! In breve mi trovai sigillata dentro una busta pronta per essere imbucata. Trascorse del tempo<br />
prima che potessi rivedere la luce del sole. F<strong>in</strong>almente giunse il giorno della premiazione. Era un<br />
sabato pomeriggio, c‟era molta gente, il palco delle autorità, la giuria. E c‟ero anch‟io. Dopo un<br />
preambolo piuttosto lungo, un signore <strong>in</strong> giacca e cravatta <strong>in</strong>iziò a leggere i risultati. Venne<br />
annunciata la poesia terza classificata. Io non c‟ero. Peccato! Seconda classificata. Neppure. “V<strong>in</strong>ce<br />
il primo premio, la poesia…” Ero io, avevo v<strong>in</strong>to! “Purtroppo il v<strong>in</strong>citore é assente, propongo<br />
comunque di leggerla, è così bella!” disse l‟uomo <strong>in</strong> giacca e cravatta. “Ma questa poesia è mia!” si<br />
sentì ad un tratto gridare dal fondo della sala. Era lui, il mio creatore che, salito sul palco, si<br />
sbracciava per affermare la sua paternità. Ecco, se avessi avuto voce avrei voluto dirgliene quattro a<br />
chi f<strong>in</strong>o a quel momento mi aveva fatto soffrire così tanto. Ma rimasi <strong>in</strong> silenzio a gustarmi quei<br />
momenti irripetibili di gloria. La mano, quella mano che più volte mi aveva accarezzata, che una<br />
volta mi aveva pers<strong>in</strong>o oltraggiata gettandomi nel cassetto di fondo di una scrivania, adesso tremava<br />
mentre una voce dolcissima declamava i miei versi. Ero davvero bella. Seguì un lungo applauso. Il<br />
presidente della giuria consegnò al mio poeta una splendida targa e un elegante diploma. “Sai, ti ho<br />
scritto pensando ad una ragazza della quale mi ero <strong>in</strong>namorato” mi confidò “ma non ho avuto il<br />
coraggio di leggergliela né di confessarle il mio amore”. Eh no, caro mio, così non va! Tu hai<br />
talento se sei riuscito a v<strong>in</strong>cere un premio così importante! Domani andrai da quella ragazza e mi<br />
presenterai a lei. Devi avere coraggio nella vita, credere <strong>in</strong> te stesso! Io ero nel cassetto di fondo<br />
della tua scrivania, ricordi? Eppure non mi sono mai arresa e adesso sono qui con te, il poeta…e la<br />
sua poesia.<br />
21<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Il rapporto di coppia e la paura di restare soli<br />
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Il fidanzamento, la convivenza, il matrimonio, sono il primo passo, di quell‟immenso universo<br />
chiamato rapporto di coppia. Dal concetto <strong>in</strong>iziale dell‟io, come entità libera da v<strong>in</strong>coli e<br />
responsabilità, alla trasformazione nel noi, con le r<strong>in</strong>unce e le concessioni offerte sull‟altare<br />
dell‟armonia.<br />
Perché, allora, affrontare questo passaggio?<br />
Potremmo dibattere a lungo, ma non è di questo che volevo parlare, la storia è un‟altra.<br />
Nelle immersioni subacquee il sistema di coppia è uno standard ben ratificato e <strong>in</strong>discusso. Il<br />
compagno è parte <strong>in</strong>tegrante dell‟attrezzatura. Per un periodo mi sono dedicato alla penetrazione<br />
delle grotte nella zona carsica del vicent<strong>in</strong>o. Una delle più famose cavità è la Parol<strong>in</strong>i. Un luogo<br />
<strong>in</strong>credibile, degno ambiente per un romanzo. Un‟atmosfera percepibile immediatamente all‟arrivo,<br />
dove, scaricando il materiale nei pressi di un molo, attende immobile una rudimentale zattera. Per<br />
raggiungere l‟entrata della risorgiva, bisogna attraversare il fiume. La frase propiziatoria non manca<br />
mai: Caronte non ti arrabbiare… sull’altra riva si vuole arrivare…<br />
All’imbocco della grotta <strong>in</strong>contriamo il mitico J. Jacques Bolanz, leggenda della<br />
speleolosubacquea, <strong>in</strong> uscita dopo un’esplorazione e ci fregiamo della sua benedizione.<br />
Prepariamo l’equipaggiamento e ci vestiamo curando ogni particolare.<br />
E‟ arrivato il momento dell‟immersione, formiamo due coppie, io e un istruttore tecnico, mio<br />
fratello con un‟altro esperto. Entriamo nella parte aerea della grotta, con l‟acqua a mezza gamba. La<br />
pressione della corrente ci fa subito capire che non sarà uno scherzo.<br />
Arrivati sul bordo del sifone io e la “guida” ci immergiamo velocemente per non disperdere energie.<br />
Raggiungiamo il fondo del pozzo a 9 metri dalla superficie e ci fermiamo ad aspettare gli altri.<br />
Nell‟anticamera la situazione migliora leggermente, permettendo un ambientamento alla<br />
temperatura e la sistemazione degli assetti idrod<strong>in</strong>amici.<br />
Nell'attesa di mio fratello e della sua spalla, fotografo <strong>in</strong>curiosito alcune granate della seconda<br />
guerra adagiate sul fondo e mi chiedo che cavolo ci fanno lì?<br />
Dopo parecchi m<strong>in</strong>uti, non vedendo nessuno, decidiamo d‟<strong>in</strong>iziare l‟escursione per non consumare<br />
aria preziosa. Ci <strong>in</strong>filiamo per il sifone orizzontale che entra nelle viscere della montagna e <strong>in</strong>iziamo<br />
a galoppare di p<strong>in</strong>ne uno dietro l‟altro, la corrente è talmente forte, che sembra di non avanzare, ma<br />
è solo un impressione. Sebbene lentamente, percorriamo parecchia strada. Il mio compagno,<br />
sostenuto da una sp<strong>in</strong>ta più potente, guadagna metri, diventando un piccolo punto lum<strong>in</strong>oso nel buio<br />
del cunicolo. Le tenebre sembrano avvolgermi completamente, poco importa il misero illum<strong>in</strong>atore<br />
di cui dispongo. Aumento la mia propulsione per mantenere il contatto, ma il tentativo fallisce<br />
portandomi ad uno stato d‟affanno tra l‟ansia e il panico. Mille riflessioni affollano una mente<br />
offuscata dallo sforzo, davanti si vede un lieve bagliore impossibile da raggiungere, dietro un<br />
terrificante buco nero, mi ritrovo da solo, nel budello della montagna, <strong>in</strong>capace di ragionare<br />
razionalmente.<br />
Dove saranno gli altri?<br />
Una profonda situazione di disagio mi paralizza. La solitud<strong>in</strong>e sembra avere la meglio sulla volontà.<br />
Mi sento <strong>in</strong> trappola, non posso ne risalire, ne abbandonare la luce guida per affrontare l‟ignoto.<br />
D‟ist<strong>in</strong>to <strong>in</strong>verto la rotta e <strong>in</strong>izio a nuotare come un forsennato a favore di corrente.<br />
Viaggio veloce, senza respirare, tutto d‟un fiato, solo con tanti pensieri; la morte, lasciare cari<br />
affetti, ricordi. Vedo le immag<strong>in</strong>i della mia vita scorrere come fotogrammi…<br />
Esco da quell‟<strong>in</strong>cubo rispondendo alla domanda <strong>in</strong>iziale: rimanere da soli fa paura!<br />
22<br />
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Il tuffo<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Per v<strong>in</strong>cere la rabbia e regalarsi istantanei attimi di pace, Cherry amava lasciarsi cadere dal più alto<br />
scoglio che potesse vedere.<br />
Un giorno, ne scorse uno un po‟ troppo alto e dalla forma ambigua: un grattacielo asimmetrico di<br />
vegetazione mar<strong>in</strong>a dai colori più sgargianti, che la attirò a sé come una pozza d‟acqua nel mezzo di<br />
un deserto.<br />
Le cont<strong>in</strong>ue danze del mare avevano eroso la roccia scolpendone una scala naturale con una<br />
precisione quasi div<strong>in</strong>a e l‟impensabile effluvio delle alghe, del muschio e dei fiori rigogliosi la<br />
<strong>in</strong>ebriavano imprigionandone la sua <strong>in</strong>tima essenza.<br />
In cima, un muto ed effimero venticello, le regalava brividi di piacere e, <strong>in</strong> un gioco fulm<strong>in</strong>eo le<br />
carpiva e le restituiva quell‟ <strong>in</strong>tensa fragranza floreale da cui era avvolta e stregata e che l‟aveva<br />
spogliata di ogni pensiero.<br />
Sopra di lei, un cielo così azzurro e terso da sembrare dip<strong>in</strong>to: non una nuvola, né un gabbiano..<br />
mal<strong>in</strong>conicamente vuoto.<br />
Sotto, un mare smisuratamente piatto e cristall<strong>in</strong>o come la parete di vetro di un acquario sconf<strong>in</strong>ato<br />
e dall‟impatto fatale.<br />
Quella placida calma angosciante e sterile penetrava pungente tutto ciò <strong>in</strong> cui s‟imbatteva, compresa<br />
lei.<br />
Si guardò attorno e nelle sue segrete fantasie, immag<strong>in</strong>ò di poter giungere lì, dove si sposano cielo e<br />
mare e il tempo non scorre più; dove sarebbe diventata una sirena alata e avrebbe raggiunto<br />
l‟irraggiungibile.<br />
Un salto e com<strong>in</strong>ciò la discesa verso l‟abisso: si sentì un falco <strong>in</strong> picchiata, ma con le ali protese <strong>in</strong><br />
avanti.<br />
L‟aria giocosa l‟accarezzava sempre più velocemente, il torace traboccante d‟aria, i muscoli tesi<br />
come corde, <strong>in</strong>volontarie lacrime si riversavano con impeto, per la troppa velocità, perdendosi<br />
chissà dove nel vuoto.<br />
Trafisse lo specchio d‟acqua <strong>in</strong> cui non aveva avuto tempo di riflettersi e una volta sotto, piccole<br />
bollic<strong>in</strong>e si <strong>in</strong>frangevano sul suo corpo che fluttuava stordito e immobile nell‟azzurra trasparenza di<br />
quel mare sordo e ovattato.<br />
Chiuse gli occhi e si abbandonò all‟imperturbabilità sottomar<strong>in</strong>a che mai aveva conosciuto così<br />
<strong>in</strong>tensamente e profondamente come <strong>in</strong> questi <strong>in</strong>f<strong>in</strong>iti attimi che si erano sottratti alle regole del<br />
tempo.<br />
Esili riflessi di sole, la facevano brillare di un‟ignota fluorescenza mentre si fondeva con quella<br />
quiete assurda, e a tratti irreale, che le scheggiava l‟anima.<br />
D‟<strong>in</strong>canto una pulsazione apparentemente <strong>in</strong>sonorizzata…TUM TUM….e poi un‟altra…TUM<br />
TUM…e ancora….TUM TUM….ancora…TUM TUM…TUM…<br />
TUM…..TUM…..TUM…….TUM……..TUM……….TUM.<br />
Il suo cuore palpitava lento ma lei lo sentiva così acutamente, quasi fosse un susseguirsi di piccole<br />
esplosioni <strong>in</strong>termittenti che rompevano e rimbombavano nella sordità mar<strong>in</strong>a.<br />
Si stava fermando? Può darsi, ma la perfida penna del dest<strong>in</strong>o non aveva ancora term<strong>in</strong>ato di<br />
scrivere la sua storia.<br />
Con una sp<strong>in</strong>ta riaffiorò <strong>in</strong> superficie…. venne al mondo una seconda volta.<br />
Per quanto si sforzasse di percepirlo, ora era impossibile risentire il battito del suo cuore perché<br />
tutto <strong>in</strong>torno a lei aveva magicamente ripreso vita:<br />
23<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
suoni e rumori non erano più dist<strong>in</strong>guibili, il vento echeggiava tra le <strong>in</strong>senature e nelle piccole<br />
grotte, le onde festose battevano sulle rocce, i gabbiani si esibivano <strong>in</strong> danze e canti d‟amore, il sole<br />
risplendeva <strong>in</strong> tutta la sua bellezza.<br />
Incantata da queste vitali melodie e da tutto ciò che la circondava, Cherry si lasciò trasportare a riva<br />
dalle onde come una sirena che prima o poi avrebbe spiccato il volo.<br />
24<br />
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In scripta veritas<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Non c‟è scrittore peggiore dello scrittore stressato dall‟imm<strong>in</strong>ente scadenza di un <strong>concorso</strong> per il<br />
quale non ha ancora <strong>in</strong>iziato a scrivere nulla, scrittore poi.. diciamo che mi piace scrivere a dire la<br />
verità non è che abbia scritto molto <strong>in</strong> vita mia e poi grammatica, punteggiatura, filologia, forse il<br />
mio orecchio distratto ne ha captato qualche <strong>in</strong>formazione dalle lente ed estenuanti ore di lezioni<br />
della „Picciona‟ soprannome che diedi alla prof d‟italiano al liceo ma da buon distratto le trasferì<br />
immediatamente alla memoria a lunga scadenza nel settore morte e sepolte e ora sono lì da qualche<br />
parte perse sotto pile e pile di cose utili da ricordare ma non a comando, per fortuna che c‟è il<br />
Subconscio uno zelante burocrate sempre <strong>in</strong>daffarato tra acquisizione dati, ricerche, catalogazioni,<br />
elaborazioni e <strong>in</strong>vio <strong>in</strong>formazioni al Sig.Conscio suo diretto superiore: un colletto bianco con scarsa<br />
voglia di sporcarsi le mani, sudare e soprattutto cercare tra quella miriade di scartoffie che <strong>in</strong>tasano<br />
il settore morte e sepolte ma questa è un'altra storia che approfondiremo ma non oggi. Oggi il<br />
protagonista sono io, non sono un megalomane. O forse si? Ma il punto non è questo, si stava<br />
parlando del perché scrivo o almeno tento di farlo.<br />
Come faccio non avendo degnato la povera Picciona della mia attenzione?<br />
Punto primo: i miei genitori hanno sempre parlato e scritto un ottimo italiano anche se quello di mia<br />
madre non è forbito come quello di mio padre che a volte diventa noiosamente barocco con <strong>tutti</strong><br />
quei term<strong>in</strong>i desueti ma nel suo albero genealogico c‟è uno scrittore senza fama né fortuna a parte la<br />
cospicua rendita che gli lasciò il mio trisavolo e qu<strong>in</strong>di è comprensibile tanto attaccamento<br />
all‟italiano che fu.<br />
Punto secondo: leggo molto anche se i miei gusti divergono da quelli dei miei come il mio pensiero<br />
d‟altronde.<br />
Punto terzo: la mia capacità di emulazione, riesco a ripetere i gesti dandogli un stile tutto mio e <strong>in</strong><br />
questo mi aiuta lo zelante burocrate con cui, negli anni, ho raggiunto un accordo implicito per il<br />
quale lui mi passa le <strong>in</strong>formazioni utili ed io non lo faccio fustigare dal suo diretto superiore per la<br />
mancanza di celerità nelle sue mansioni. Il Sig.Conscio ultimamente è un po‟ arrabbiato con me<br />
perché è costretto a lavorare troppo per colpa dell‟affiatamento che ho col suo subalterno.<br />
Punto quarto: la mia propensione per la bugia, l‟<strong>in</strong>ventare storie, frottole su tutto anche quando non<br />
servirebbe, saltano fuori da sole come il vomito dopo una sbornia colossale che dura da quando ho<br />
ricordo delle mie parole.<br />
Bene! Stamane quando sono arrivato a casa di Marta e tra le mail ho trovato il sollecito per il<br />
<strong>concorso</strong> <strong>in</strong> scadenza sono entrato nel panico più totale, non riuscivo a tirare fuori un idea che fosse<br />
valida, reduce da una nottata <strong>in</strong>sonne il mio fido Subconscio si era appisolato e figurati se il<br />
Sig.Conscio si sporca le mani, si è messo a dormire anche lui ed io dopo tre sigarette li ho raggiunti.<br />
–Svegliaaaaa!!! È il mio zelante burocrate tutto trafelato con affianco l‟impettito superiore che<br />
sorridente mi porge uno shaker –Buttaci dentro i quattro <strong>in</strong>gredienti e aggiungi questo. È un foglio<br />
con su scritto IN SCRIPTA VERITAS –E shakera bene per circa mezzora, versa il contenuto non<br />
filtrato <strong>in</strong> un bicchiere da mart<strong>in</strong>i cocktail e servilo con una fett<strong>in</strong>a di limone ed un buon sigaro<br />
cubano s‟<strong>in</strong>tende, noi torniamo a nanna!<br />
E così ho fatto. Spero che il servizio sia stato di vostro gradimento ma ora sono stanco e vado a<br />
nanna anch‟io.<br />
25<br />
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Invidia venexiana<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Vivere non è poi così facile. Vediamo e leggiamo della notorietà, pubblici personaggi, tempestati di<br />
flash, dissem<strong>in</strong>ati su più canali televisivi come se avessero poteri soprannaturali, l‟onnipresenza.<br />
Noi costretti a sapere tutto di loro, anche quello che non credevamo, ma fatalmente ci possiede, ci<br />
<strong>in</strong>teressa, ci <strong>in</strong>triga e se non ci desta <strong>in</strong>teresse, scatena l‟<strong>in</strong>vidia.<br />
Paolo Matteo Ballar<strong>in</strong> ha poco da fare <strong>in</strong> agenzia, per quanto le torri gemelle di Manhattan e la crisi<br />
economica hanno prolificato nelle menti dei viaggiatori. Hanno determ<strong>in</strong>ato un arresto immediato e<br />
una lamentevole ripresa, titubante recupero delle richieste. Anche <strong>in</strong>ternet ha partecipato al calo<br />
degli affari, al licenziamento di due dipendenti. Il “fai da te” è <strong>in</strong> rialzo, come dicono a Wall Street.<br />
Per Paolo Matteo sono ”rogne”.<br />
Che rabbia quella Mariola Vianello con quegli stupidi defilé, stoffe e tessuti addosso a scheletri<br />
strapagati che deambulano su tavole levigate, martellate da milioni di passi, subissate da occhi<br />
vogliosi, <strong>in</strong>vestite da flash, zoom e “palate di sghei”. La stilista Mariola Vianello con la fusciacca<br />
rossa, l‟accento da gall<strong>in</strong>a padovana, le tette rifatte, il volto trasfigurato. “Io qui <strong>in</strong> laguna affogo nei<br />
debiti e quella stronza galleggia nel successo”. Al liceo l‟aveva davanti di banco che disegnava,<br />
bozzetti, faceva progetti. Poi sparì, f<strong>in</strong>ita nel nulla per riemergere su alcune riviste di moda. Ma è<br />
lei? Si è lei gli confermò sul Ponte di Rialto un amico ed è anche lesbica. L‟avesse avuta tra le<br />
mani, Paolo Matteo l‟avrebbe affogata dietro la Giudecca.<br />
Per troppi giorni chiudeva l‟agenzia senza nessuna visita. Gli venne <strong>in</strong> mente qualcosa che subito<br />
realizzò. Corse alla fermata del vaporetto, poi alla stazione ferroviaria, scese a Padova, attese la<br />
co<strong>in</strong>cidenza, e scese a Piove di Sacco. Entrò <strong>in</strong> un bar per un caffè e la vide <strong>in</strong> una gigantografia.<br />
“Bella eh?” gli si rivolge l‟uomo accanto con la mano bloccata a “un‟ombra”. “La conosco”.<br />
“Allora vai a salutarla, è di là”. Rimase esterrefatto quando entrò nella sala adiacente e scorse <strong>in</strong> un<br />
tavolo tre anziani paesani con cappello <strong>in</strong> testa, sigaro <strong>in</strong> bocca, <strong>in</strong> attesa della carta presa con la<br />
mano s<strong>in</strong>istra di Mariola e sbattuta con fragore sul drappo verde. Il compagno di gioco dirimpettaio<br />
esultò, gli altri due rumoreggiano. Lei gli lanciò un‟occhiata veloce, di poco conto. Lui avanzò tre<br />
passi. Lo fulm<strong>in</strong>ò stavolta con due occhi arroganti. Lo citò per cognome, come quand‟erano al<br />
liceo. Si alzò, l‟abbracciò strof<strong>in</strong>andosi come una gatta e poi lo baciò sulla guancia, stampandogli<br />
due labbra rosse scarlatte. “Vieni a bere che parliamo”. Impugnarono due “gotti” lei gli confessò<br />
che l‟aveva amato e non glielo aveva mai rivelato. Gli confidò che tanti compagni di classe<br />
l‟avevano cercata avendo saputo del successo, vedendola ormai celebre. Tutti f<strong>in</strong>ti, falsi, ipocriti.<br />
Lui <strong>in</strong> classe era l‟unico che la sfiorava con lo sguardo, veritiero nei giudizi sui suoi disegni,<br />
lontano dai maschietti cosparsi di bava per le sue audaci m<strong>in</strong>igonne e questo la faceva scoppiare di<br />
rabbia. “Perché non ci hai mai provato?” Non rispose. La guardava affasc<strong>in</strong>ato. Era lì per ucciderla,<br />
vomitargli addosso del fiele, rabbia, per offenderla, umiliarla, gridarle <strong>in</strong> faccia che gli faceva<br />
schifo. Invece ne era attratto. Lei lo baciò sulla bocca, lo sfiorò con le mani sulle guancie e qu<strong>in</strong>di<br />
l‟abbracciò donandosi e str<strong>in</strong>gendosi con le braccia attorno al collo. Avv<strong>in</strong>to, si lasciò guidare verso<br />
casa e trascorsero buona parte del pomeriggio <strong>in</strong> un letto a una piazza, ma fu sufficiente.<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
I voli p<strong>in</strong>darici di un amore s<strong>in</strong>tetico<br />
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Quando eravamo liquidi non avevamo bisogno di spegnerci l'audio.quanto adoravo ascoltarti.<br />
che poi.a dirla tutta.nemmeno ti ascoltavo.però mi piaceva.eccome se mi piaceva.osservare il modo<br />
<strong>in</strong> cui scandivi le parole.hai sempre avuto una bella bocca,tu.non era ne grande,ne<br />
piccola.abbastanza larga per partorire tutte quelle parole che sicuramente ti somigliavano.piu' che<br />
lum<strong>in</strong>ose,luccicanti.e che sicuramente mi sarebbero piaciute se solo le avessi ascoltate.perché.come<br />
ti ho detto.io non ascoltavo le tue parole.a me piaceva la tua bocca.per questo adoravo<br />
truccarti.quando tu impasto impazzito mi sedevi <strong>in</strong> grembo.e tremavi come tremano le bestie nelle<br />
tagliole.col mento appeso ad asciugare sui fili delle mie clavicole io ti sussurravo una.quella<br />
canzone.che ora nemmeno ricordo piu'.perchè sai una cosa?quella canzone nemmeno esisteva.ti<br />
sussurravo storie di vecchie pantofole consumate come tacchi a spillo.del cielo che mi seguiva.della<br />
lezione seguita all'università poche ore prima.ma tu ti calmavi.accennavi una smorfia di sorriso.ed<br />
io allora ne facevo canzone.perchè mi piaceva la tua bocca distesa,piu' che disperata.<br />
quando eravamo liquidi non avevamo bisogno di obbligarci alla felicità.giocavamo a chi per primo<br />
uccideva piu' fili elettrici <strong>in</strong> cielo.<br />
dicevi<br />
allora ti bendavo gli occhi e dissimulavo suono di tenaglie sfregando violentemente delle pietre.<br />
talvolta erano i vecchi v<strong>in</strong>ili della tua ex.ma non te l'ho mai detto.tu ci tenevi tanto.a loro.credo.non<br />
a lei.<br />
E sono sicura che sorridevi non perchè conv<strong>in</strong>to del mio agire ma per lo spettacolo di arte varia di<br />
una che.si improvvisava idraulico maldestro delle perdite dei rub<strong>in</strong>etti oculari di uno che.obbligava<br />
a partorire le nuvole anche negli occhi degli altri perchè.<br />
poi ci sposavamo con le mani.tu me ne graffiavi l'<strong>in</strong>terno con i denti.e non facevo <strong>in</strong> tempo a<br />
soffocare delle bestemmie <strong>in</strong> gola che già ti sorridevo tra le ciglia.perchè io.non sono mai stata una<br />
persona normale.<br />
non per questo diversa.me lo dicevi anche tu.che.la banalità era di me la cosa piu' bella.allora io<br />
cercavo<br />
da sola.lontana da te.se mai un senso di distanza tra noi esisteva,una volta.di trovare una sfumatura<br />
diversa<br />
a quella parola mai usata prima se non per disprezzo.e tu che sapevi spiarmi nel nascosto,mi<br />
str<strong>in</strong>gevi forte ripetendo.ripetendo.
La casa decadente<br />
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Per anni ho frequentato quella casa decadente. Cioè io la chiamo “casa decadente” per capirmi da<br />
solo, ma <strong>in</strong> realtà cos‟era? Un casolare? Un palazzo? Non saprei, ma era stupendamente decadente.<br />
Un mondo segreto e parallelo, questo è certo. E non vedevo l‟ora di tornarci ogni volta, anche se per<br />
solo pochi m<strong>in</strong>uti o per giornate <strong>in</strong>tere, o nottate.<br />
Notti blu cobalto, fresche, <strong>in</strong>tense, profumate.<br />
Notti di ombre sull'asfalto e di <strong>in</strong>segne al neon, assieme ad altri scalc<strong>in</strong>ati compagni di viaggio,<br />
conosciuti per caso e subito dopo dimenticati. Anche nostro malgrado. Sgangherati.<br />
Per anni mi sono chiesto il significato di quel cartello:<br />
ENTRATA LIBERA ED OBBLIGATORIA.<br />
Boh.<br />
Che ridicole le persone che si improvvisavano “portieri” e passavano tutto il tempo a perculeggiare.<br />
Oggi, <strong>in</strong>vece, penso: “poveretti, non potevano fare altro”. Come Busvitis, che una voltrà arrivò al<br />
passo della marcia di Radezky, dis<strong>in</strong>volto, pensoso con una stanghetta degli occhiali <strong>in</strong> bocca.<br />
Faceva f<strong>in</strong>ta di niente. Anche io feci f<strong>in</strong>ta di niente.<br />
Ma ad essere ulteriormente precisi è stata proprio lei, la casa, a chiamarmi, con lo stesso l<strong>in</strong>guaggio<br />
che usano gli oggetti per chiamarti. Ti illudi di essere tu a scegliere i beni mobili e immobili che<br />
costellano la tua esistenza, ma ti sbagli, sono loro che ti scelgono e restano con te f<strong>in</strong>o a che<br />
vogliono. Poi ti mollano. Pensaci bene, è così.<br />
Da quella casa raramente ne sono uscito <strong>in</strong>soddisfatto. Potrei scrivere pag<strong>in</strong>e e pag<strong>in</strong>e su chi la<br />
frequentava e sulle cose che si facevano la dentro.<br />
I suoi odori, le sue luci, i suoi rumori hanno nutrito gli ospiti. E li hanno sempre protetti. E <strong>tutti</strong><br />
contraccambiavamo con le nostre emozioni. Quasi gratis.<br />
In quella casa ho passato un po‟ della mia vita, <strong>in</strong>tensamente. Le ho lasciato <strong>in</strong> cambio le mie<br />
vibrazioni, le mie energie, la mia organicità. Tutti noi le abbiamo lasciate e lei, la CASA decadente,<br />
viveva di quello. Le sue pareti, i pavimenti e i soffitti sono ancora <strong>in</strong>trisi di noi.<br />
Sono tornato a trovarla. Si è adeguata ai tempi. Non ci posso credere, mi struggo di mal<strong>in</strong>conia. Ci<br />
ha abbandonati. Te l‟avevo detto che gli oggetti stanno con noi f<strong>in</strong>chè ne hanno voglia. Al suo<br />
posto c‟è un centro di bellezza, abbastanza pretenzioso direi a giudicare dalle addette che si<br />
aggirano all‟<strong>in</strong>terno. Adesso posso solo spiarne l‟<strong>in</strong>terno da fuori, attraverso una porta a vetri,<br />
pacchiana.<br />
Le porte magiche di una volta hanno lasciato il posto alle più moderne scorrevoli, azionate da<br />
ipocriti dipendenti che ignorano l‟energia che c‟è <strong>in</strong> quei locali. Quando se ne renderanno conto<br />
sarà troppo tardi, la vendetta sarà terribile e senza pietà contro chi <strong>in</strong>debitamente sta sfruttando ciò<br />
che non è suo. La casa non permetterà che quell‟energia venga sciupata.<br />
Care persone che vi trovate all‟<strong>in</strong>terno, adesso voi pagate per assimilare ciò che abbiamo lasciato<br />
gratuitamente la dentro. E state riempiendo le bieche tasche di chi si è appropriato <strong>in</strong>debitamente di<br />
ciò che r<strong>in</strong>forzavamo con le nostre vibrazioni, di quel concentrato di umanità. Quelle tasche<br />
nessuno sa f<strong>in</strong>o a quando cont<strong>in</strong>uerano a riempirsi, ma di certo arriverà il periodo <strong>in</strong> cui si<br />
svuoteranno ancora più velocemente. Quelle tasche si riempiono del denaro attirato dalle vibrazioni.<br />
Ma solo f<strong>in</strong>chè la casa lo vorrà. E credo si stia stufando.<br />
State solo ottusamente consumando.<br />
Ma lei saprà come fare.<br />
Mi ha fatto l‟occhiol<strong>in</strong>o.<br />
E lei non perdona e non ha ripensamenti.<br />
28<br />
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Del centro di bellezza non resterà che un grottesco, ridente cumulo di macerie.<br />
29<br />
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La dama nera ama un tocco di rosso<br />
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−Allora? si può sapere una buona volta cosa è successo?<br />
−Te lo dirò a patto che tu taccia. Se cont<strong>in</strong>ui ad <strong>in</strong>calzarmi con le tue domande f<strong>in</strong>irai per<br />
asfissiarmi e la tua curiosità resterà <strong>in</strong>soddisfatta.<br />
−Va bene, promesso. Non aprirò più bocca.<br />
L‟uomo cercava una scusa plausibile e la donna, rassegnata ad aspettare, dava una sbirciata alle<br />
vetr<strong>in</strong>e.<br />
Ogni tanto rallentava davanti ad esse per accomodarsi i capelli e lisciare con la mano qualche<br />
gr<strong>in</strong>za sulla gonna. Una giornata di lavoro aveva lasciato traccia.<br />
−Ecco, brava. Non si può dire che tu sia stata mai disposta ad ascoltare qualcuno; tu decidi, ord<strong>in</strong>i.<br />
Non ti sei mai curata del parere di chi ti è stato davanti.<br />
−Non era previsto che avessi queste qualità. Qualità poi!<br />
Cioè perdere tempo <strong>in</strong> cose <strong>in</strong>utili, come sentire il parere degli utenti. Il mio dovere è sempre stato<br />
quello di dare certezze. E non usare quel tono, car<strong>in</strong>o, non dimenticare chi hai di fronte.<br />
Intanto non potresti dirmi come mai non sei arrivato a dest<strong>in</strong>azione con quello che avevi da<br />
consegnare?<br />
−Proprio con una donna e curiosa per giunta dovevo essere di turno oggi!<br />
−La mia curiosità è la logica manifestazione della mia efficienza, devo sapere <strong>in</strong> quale punto della<br />
catena è avvenuto l‟<strong>in</strong>toppo, al f<strong>in</strong>e di rimediare all‟errore. Non voglio sbagliare un‟altra volta, non<br />
gioverebbe alla mia credibilità, alla mia immag<strong>in</strong>e. Dopo tanti anni di perfetto servizio, di consegne<br />
sempre puntuali…<br />
−Capirai, la carriera! E cosa potrebbero farti, ridurti la buona uscita? A proposito, è prevista la<br />
pensione anche per te?<br />
− No, temo che dovrò lavorare <strong>in</strong> eterno. Dov‟eri rimasto?<br />
Non avevo ancora <strong>in</strong>iziato.<br />
−Ti avevo lasciato con quell‟uomo seduto sulla panch<strong>in</strong>a, per l‟esattezza sdraiato, ché sai come<br />
succede, quando restano seduti perdono facilmente l‟equilibrio, cadono e li debbo presentare con un<br />
ematoma o una ferita sangu<strong>in</strong>ante. Niente di più repellente. Tu non avresti dovuto muoverti da lì ed<br />
aspettare il trasporto delle venti, sono sempre puntuali, mai un m<strong>in</strong>uto prima né uno dopo.<br />
−Il fatto è che mi sono distratto: stava passando Carmilla, non la vedevo da secoli.<br />
La sua bellezza mi ha catturato. Ammetto che è stata una debolezza bassamente umana, ma lo sai<br />
che un tempo ci siamo amati.<br />
Intanto il tizio vic<strong>in</strong>o a me si è alzato e si è messo a correre urlando, non sono riuscito a<br />
raggiungerlo, lui si allenava tutte le matt<strong>in</strong>e ed io no.<br />
−Capisco, però si è creato un certo caos, sai, tra quelli da mandare sotto, quelli che <strong>in</strong>vece devono<br />
salire. Io devo assicurare le consegne con puntualità, mi fido di voi collaboratori per organizzare le<br />
partenze; lo sai quante sono ogni giorno <strong>in</strong> tutto il globo?<br />
− Mi dispiace.<br />
I due arrivarono davanti ad un androne.<br />
La donna abbozzò quello che si sarebbe potuto def<strong>in</strong>ire uno smagliante sorriso.<br />
− Siamo arrivati, grazie di avermi portato la falce, è pesante, ma <strong>in</strong>sistono tanto sulla completezza<br />
dell‟uniforme − disse − estraendo il cartell<strong>in</strong>o dalla borsetta rossa.<br />
−Car<strong>in</strong>a questa borsa, è nuova. Ma non ti sembra un colore troppo vistoso?<br />
−Ma no, un po‟ di vivacità diam<strong>in</strong>e! Oh, scusa.<br />
−Di niente −<br />
L‟uomo, accennando un saluto,si diresse al varco vic<strong>in</strong>o a quello scelto dalla donna.<br />
30<br />
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−A presto, è un peccato che abbiano separato le carriere ed anche gli <strong>in</strong>gressi,<br />
voi agenti di prima classe avete l‟ascensore, a noi semplici aiutanti toccano le scale.<br />
Ti andrebbe una cena a lume di candela una di queste sere?<br />
−Per carità, le candele no, ché mi sembrerebbe di essere al lavoro, meglio una colazione<br />
all‟aperto.<br />
− Non amo la luce, ma metterò gli occhiali scuri e mi procurerò un buon rosso. Un bacio cara<br />
−Non sul collo ti prego.<br />
31<br />
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La fata regalata<br />
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Una fata, sì, era decisamente una fata. Prima di appendermela al collo me la fece dondolare davanti<br />
agli occhi per alcuni istanti. Era di un azzurro iridescente, e guardandola attentamente si poteva<br />
scorgere il sorriso della fat<strong>in</strong>a, sem<strong>in</strong>ascosto dalle ali.<br />
“Sembra la Monna Lisa.”<br />
Gli dissi <strong>in</strong>dicando l‟espressione <strong>in</strong>decifrabile sul viso della fata.<br />
“Tu dici?”<br />
Giò la scrutò, tenendola tra le dita.<br />
“Secondo te cosa sta pensando?”<br />
La lasciò andare facendola dondolare un po‟.<br />
“Nulla. E‟ un m<strong>in</strong>erale, non può mica pensare!”<br />
Fermai la fat<strong>in</strong>a con la mano mentre dondolava sul mio petto.<br />
“E tu che ne sai?”<br />
“Temma Temma...”<br />
“Cosa?”<br />
“Sei proprio <strong>in</strong>genua sai?”<br />
Mi trattava sempre come una bamb<strong>in</strong>a, e lo ero, <strong>in</strong> effetti.<br />
“E così, parti domani?”<br />
“Sì.”<br />
“Non voglio che vai via.”<br />
Lo guardai implorante.<br />
“Devo andare Temma, non c‟è altro da fare.”<br />
Gli saltai al collo improvvisamente e fui <strong>in</strong>vestita dal suo <strong>in</strong>tenso profumo. Quel profumo era come<br />
la prova della sua presenza, lì, <strong>in</strong> quel momento. Volevo <strong>in</strong>ebriarmene un‟ ultima volta, per essere<br />
certa di ricordarne ogni sfumatura, dalle note dolci del ciliegio, a quelle fresche e decise della menta<br />
che cresceva <strong>in</strong> un grande ammasso scomposto nel giard<strong>in</strong>o <strong>in</strong> comune tra le nostre due case, e che<br />
lui attraversava sempre per venire a giocare con me. Certi profumi ti entrano dentro, e ti<br />
accompagnano per tutta la vita. Volevo essere certa di ricordare il suo, così, se un giorno l‟avessi<br />
sentito di nuovo, questo <strong>in</strong> qualche modo mi avrebbe riportata da lui.<br />
“Hai bevuto cappucc<strong>in</strong>o prima di venire?”<br />
“Sì, perché?”<br />
“Ce l‟hai ancora addosso.”<br />
Sebbene avessi ancora il viso immerso nella sua giacca, sentii che <strong>in</strong> quel momento stava<br />
sorridendo. Lo str<strong>in</strong>si ancora più forte.<br />
“Voglio che noi due rimaniamo sempre amici.”<br />
“Non è possibile Tem.”<br />
Mi staccai da lui bruscamente: non era quella la risposta che mi aspettavo.<br />
Giò si mise a ridere. Perché doveva sempre rov<strong>in</strong>are tutto?<br />
“Temma…”<br />
Mi prese <strong>in</strong> braccio facendomi sedere sulle sue g<strong>in</strong>occhia.<br />
“Domani io parto. Capito? Non mi vedrai più. E‟ meglio che ti ci abitui f<strong>in</strong> da adesso.”<br />
“Perché?”<br />
Chiesi io agitandomi sulle sue g<strong>in</strong>occhia. Lui mi accarezzò la testa.<br />
“Quando sarai più grande lo capirai meglio.”<br />
“No! Io non voglio!”<br />
Lo abbracciai forte. Lui non mosse un muscolo.<br />
32<br />
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“E‟ meglio che <strong>in</strong>izi ad abituarti alle cose brutte. Perché la vita ne è piena. Là dove vado io ce ne<br />
sono molte.”<br />
“Ma ora sei qui! Qui non c‟è niente di brutto!”<br />
Giò scosse il capo lentamente.<br />
“No. Ci sono anche qui. Anche se tu non le vedi. Le cose brutte, come la guerra, esistono e fanno<br />
male. C‟è qualcosa, però, che è più forte di <strong>tutti</strong> gli eserciti del mondo, ed è la vita. Per quante<br />
guerre possano esserci al mondo, la vita cont<strong>in</strong>uerà ad esistere sempre da qualche parte. Per ogni<br />
persona che muore ne nasce un‟altra, e un‟altra ancora, e quella persona crescerà, penserà, amerà,<br />
sarà felice o sarà triste: vivrà. Io voglio che tu viva Temma.”<br />
Non dissi niente. Ero davvero ancora troppo piccola per capire, ma una parte di me sentiva che un<br />
giorno quelle parole mi sarebbero tornate utili. In quel momento, tutto quello che sapevo era che<br />
Giò, il ragazzo che conoscevo da tutta la vita, l‟<strong>in</strong>domani sarebbe partito per la guerra. Io non<br />
l‟avrei rivisto mai più, e la colpa era sua.<br />
“Non sono più tua amica!”<br />
Scesi dalle sue g<strong>in</strong>occhia e corsi a nascondermi nel capanno. Aspettai di sentire i passi di Giò<br />
sull‟erba, ma ciò non accadde. Rimasi sola nel capanno.<br />
Mi sedetti a piangere ripensando alle sue parole, poi presi <strong>in</strong> mano la fat<strong>in</strong>a che mi aveva regalato e<br />
sentii come sussurrare: “Vi rivedrete, un giorno.”<br />
La str<strong>in</strong>si forte pregando fosse vero.<br />
33<br />
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La luna svanita<br />
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Ciao, caro sconosciuto.<br />
Ricordi? Ci siamo parlati <strong>in</strong> chat, qualche giorno fa. Non ti spaventare, mi raccomando, non posso<br />
farti del male: non so neanche chi sei. È solo che mi sentivo sola e ti ho pensato; non so perché<br />
proprio a te: faccio tante cose senza ragione.<br />
Devi sapere che scrivere per me è una necessità; un vizio che ho preso da bamb<strong>in</strong>a per scacciare i<br />
cattivi pensieri: ho <strong>in</strong>iziato con le letter<strong>in</strong>e ai miei, poi ho cont<strong>in</strong>uato con amici, amanti e fidanzati.<br />
Di solito piego il foglio ad aeroplano e lo lancio dalla r<strong>in</strong>ghiera del parco. Amo vedere le mie parole<br />
ondeggiare sui i tetti rossi delle case; immag<strong>in</strong>are il volto di chi le raccoglie. Spesso sogno una<br />
risposta che mi piove dalle nuvole.<br />
È la prima volta che scrivo attraverso un programma di chat; se ti arrivasse il messaggio sarebbe la<br />
prima volta che raggiungo il vero dest<strong>in</strong>atario.<br />
Vorrei raccontarti di quando la luna è sparita.<br />
Mi piace osservare la luna piena, mi somiglia. Ha una bellezza mal<strong>in</strong>conica. È fredda,<br />
apparentemente distaccata, nonostante sia molto vic<strong>in</strong>a alla terra.<br />
La luna fa la reg<strong>in</strong>a tra le stelle.<br />
La luna è l‟antitesi del sole, così sfrontato.<br />
Sto divagando, non vorrei; non si sprecano le parole.<br />
La sera <strong>in</strong> cui ci siamo parlati, l‟ho cercata.<br />
In cielo non c‟erano nuvole: che fortuna, ho pensato. Così ho aperto la f<strong>in</strong>estra. Un vento fresco mi<br />
ha accarezzato e ha <strong>in</strong>durito i miei piccoli seni; ho guardato <strong>in</strong> alto e la luna mancava.<br />
Doveva esserci, era segnato sul calendario. Allora l‟ho cercata dappertutto: sulla volta celeste, sulle<br />
cime delle montagne, perf<strong>in</strong>o dentro l‟armadio − quando ero piccol<strong>in</strong>a pregavo che venisse a<br />
trovarmi, e <strong>in</strong> estate le lasciavo la f<strong>in</strong>estra e un‟anta dell‟armadio aperti.<br />
Nel cielo c‟era una pozza di luce bianca senza fonte. Volevo parlarne subito con qualcuno, ma i<br />
miei non ci sono mai. Allora ho chiamato un amico; deve aver pensato che volessi spiegazioni per<br />
avermi lasciato e ha tagliato corto: Ci sono gli esami tra poco all‟università, non ho tempo per<br />
giocare con le tue stupidagg<strong>in</strong>i.<br />
Be‟, non volevo mica disturbarlo.<br />
Ho telefonato a quattro o c<strong>in</strong>que compagni di classe. Le femm<strong>in</strong>e non hanno risposto, i maschi<br />
l‟hanno fatto con frasi che preferirei non riportare.<br />
I ragazzi della mia età sono stupidi. La maggior parte di loro si comporta <strong>in</strong> maniera rozza e<br />
arrogante. Provano a portarmi a letto <strong>in</strong> maniera sbrigativa; a volte dopo che li rifiuto mi <strong>in</strong>sultano.Il<br />
fatto è che credono che sia una facile, per la storia che vado con gli adulti.<br />
Ma sto divagando di nuovo.<br />
Non sapendo a chi altri rivolgermi ho <strong>in</strong>dossato una vestaglia e sono andata dal mio vic<strong>in</strong>o.<br />
34<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
È un uomo sulla c<strong>in</strong>quant<strong>in</strong>a, d‟aspetto giovanile; divorziato. Quando mi ha visto chissà cos‟avrà<br />
pensato. Due volte l‟ho sorpreso a sbirciare nell‟apertura della vestaglia, all‟altezza del petto;<br />
comunque non ho fatto nulla per ridurre lo spiraglio.<br />
La luna, gli ho ripetuto, è per un compito a scuola: deve dirmi di che colore la vede.<br />
S‟è bevuto la bugia dell‟<strong>in</strong>tervista; quando ha capito che volevo entrare <strong>in</strong> casa non ha fatto altre<br />
domande: ha spalancato la porta e l‟ha richiusa <strong>in</strong> fretta.<br />
Siamo andati <strong>in</strong> balcone e gliel‟ho domandato di nuovo: Allora, di che colore è la luna?<br />
Giallo, giallo chiaro, ha risposto <strong>in</strong>ebetito; un po‟ imbarazzato. È molto bella oggi, ha aggiunto.<br />
Allora siamo rimasti a guardarla. Almeno lui; io non vedevo un bel nulla. Non l‟ho più vista.<br />
Questa è la storia che volevo raccontarti, che tu ci creda o no. Sappi solo che sono una ragazza<br />
s<strong>in</strong>cera, anche se a volte mi piace <strong>in</strong>ventare la mia vita. Ma a te cosa costa credermi? Non mi<br />
conosci neanche.<br />
A ogni modo ho concluso.<br />
A presto?<br />
35<br />
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La mano morta<br />
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Ne percepì il profumo prima ancora di vederla salire.<br />
Il suo petto venne artigliato da una morsa di desiderio impellente, mentre rivoli di sudore gli<br />
scivolavano dalla fronte.<br />
Strisciò verso la preda, facendosi largo a colpi di spalla.<br />
F<strong>in</strong>almente la raggiunse e si fermò dietro di lei, ansimando veloce. La m<strong>in</strong>igonna era bianca, di<br />
tessuto leggero, il triangolo scuro del perizoma come un richiamo, il canto nascosto di una sirena<br />
che solo lui poteva sentire.<br />
Fece scivolare la mano sopra l‟<strong>in</strong>dumento, aspettando che gli scossoni del bus facessero il resto.<br />
Una, due, tre volte sp<strong>in</strong>se la mano, sempre più forte, lei sembrava ignorarlo; f<strong>in</strong>geva, ne era certo.<br />
Decise di osare ancora, sentiva che era il momento giusto.<br />
Abbassò la mano e l‟<strong>in</strong>filò sotto la gonna, senza preoccuparsi degli altri passeggeri, distratti,<br />
avviluppati nelle loro esistenze grigie.<br />
Le sue dita scivolarono <strong>in</strong> mezzo ai glutei, lei si voltò e sorrise.<br />
Occhi profondi, vogliosi.<br />
Poi i rumori del bus cessarono, i neon si appannarono, il sole scomparve.<br />
Nella luce <strong>in</strong>certa lui ricambiò il sorriso, mentre la ragazza avvic<strong>in</strong>ava la bocca alla sua.<br />
Le labbra esangui si schiusero rivelando due file di denti scuri e maleodoranti.<br />
D‟ist<strong>in</strong>to cercò di ritrarre la mano, senza riuscirvi.<br />
Inorridito, vide il braccio scarnificato di una vecchia seduta di fianco che gli bloccava il polso.<br />
Sorrideva laida, come la ragazza, come gli altri passeggeri, che sbavavano <strong>in</strong>torno a lui per<br />
assaggiare la sua carne fresca.<br />
La donna dei suoi desideri fu la prima a morderlo, strappandogli la l<strong>in</strong>gua.<br />
Urlò senza voce.<br />
Il bus riprese a muoversi <strong>in</strong> mezzo a carcasse di automobili, lungo strade sventrate e polverose.<br />
L‟autista term<strong>in</strong>ò la corsa all‟alba, nel piazzale davanti al cimitero.<br />
Attese la discesa dei passeggeri, poi raccolse quello che restava della vittima. Buttò la mano morta<br />
<strong>in</strong> un cassonetto arrugg<strong>in</strong>ito e s‟<strong>in</strong>camm<strong>in</strong>ò lento verso la sua tomba.<br />
36<br />
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La ragazza con il cane<br />
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Lei è bellissima.<br />
Non si parla d‟altro da quando si è trasferita <strong>in</strong> questo sperduto angolo di prov<strong>in</strong>cia <strong>in</strong> cui il<br />
centro commerciale è da poco la costruzione più grande, dopo la chiesa.<br />
Lei è davvero irritante.<br />
Qui dove <strong>tutti</strong> sanno tutto di <strong>tutti</strong>, nessuno sa niente di lei. Nemmeno il titolare della locale<br />
agenzia immobiliare, argutamente <strong>in</strong>terrogato, ha saputo dare qualche <strong>in</strong>formazione <strong>in</strong> più; il<br />
bilocale arredato che divide con un grosso alano arlecch<strong>in</strong>o è stato affittato da una società.<br />
Niente nome e cognome sul campanello, né uno straccio di codice fiscale sul contratto.<br />
Lei è alta, bionda, sottile.<br />
Fatta di quella bellezza sfacciata e irresistibile che madre natura dispensa tutta <strong>in</strong>sieme solo<br />
di tanto <strong>in</strong> tanto, esclusivamente ad un essere prescelto, div<strong>in</strong>o.<br />
Lei è assolutamente <strong>in</strong>sopportabile.<br />
Quando camm<strong>in</strong>a lungo le vie del paese, se pur <strong>in</strong>filata <strong>in</strong> una tuta <strong>in</strong>forme e sempre riparata<br />
dai comuni mortali dietro un paio di occhiali scuri, la sua bellezza brilla di luce propria, <strong>in</strong><br />
una vibrazione di energia cont<strong>in</strong>ua senza <strong>in</strong>termittenze, schioccando frustate di <strong>in</strong>vidia<br />
femm<strong>in</strong>ile e girando <strong>in</strong>teri film di desiderio maschile. Sembra una dea passata direttamente<br />
dal letto al red carpet senza trucco né parrucco. Non fosse per quel maledetto cagnaccio che si<br />
porta al gu<strong>in</strong>zaglio e per quell‟aria altera, aristocratica e siderale, l‟avrebbero già abbordata <strong>in</strong><br />
molti.<br />
Lei nasconde sicuramente qualcosa.<br />
L‟op<strong>in</strong>ione pubblica non sa che pesci pigliare, le “gazzette del pollaio” brancolano nel buio, le<br />
malel<strong>in</strong>gue stentano a decollare, ma alf<strong>in</strong>e ce la fanno <strong>in</strong>evitabili come l‟alta marea al<br />
tramonto. Una così, non può che nascondere qualcosa; di sicuro riceve uom<strong>in</strong>i a casa “è una<br />
d‟altissimo bordo”, anche se c‟è chi giura su teste di figli e mogli, con dovizia di particolari e<br />
aneddoti che è la protetta di un onorevole della zona, anche lui con testa di moglie e figli.<br />
Lei porta un buonissimo profumo e il suo cane si chiama PEPE.<br />
Lo so perché ci ho sbattuto contro (a quel cane enorme) girando l‟angolo di fretta l‟altro<br />
giorno e <strong>in</strong>ciampandomi <strong>in</strong> zampe e collare. Lei lo ha richiamato docilmente, scandendo<br />
quelle due sillabe come zollette di zucchero, e quel mastodonte mi ha annusato le scarpe,<br />
sbausciandoci su. Mi sono avvic<strong>in</strong>ato farfugliando parole di scusa, sorpreso e imbarazzato da<br />
quell‟<strong>in</strong>contro. Ho respirato il suo profumo <strong>in</strong>ebriante come glic<strong>in</strong>e a grappoli. Lei mi ha<br />
sorriso e ha allungato la mano.<br />
Lei è cieca.<br />
E non è la sola.<br />
37<br />
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L’altra stanza<br />
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Abbiamo dodici anni, io e mia sorella gemella. Siamo seduti davanti a una fredda f<strong>in</strong>estra di cuc<strong>in</strong>a,<br />
opaca di calore umido. Nostro padre sembra come sospeso nella rientranza della porta. I due tizi<br />
hanno l‟accento italiano e parlano alzando la voce. Hanno lo stesso taglio di capelli. I soldi sono già<br />
sul tavolo, accartocciati come foglie pallide. La mamma è uscita come fa sempre quando gli<br />
estranei entrano <strong>in</strong> casa.<br />
Uno dei due mi accarezza la nuca e io guardo mio padre che mi fa cenno di sorridere. Mia sorella<br />
<strong>in</strong>vece sta già ridendo e il tizio che mi sta toccando la vede e subito si volta verso di lei e le<br />
accarezza i capelli. Lei si <strong>in</strong>cupisce un po‟ e l‟altro tizio le mette una mano sul petto e la solleva<br />
dalla sedia.<br />
La portano nell‟Altra Stanza.<br />
A un punto estremo del mio campo visivo vedo la credenza con l‟anta di vetro lasciata aperta da<br />
papà, e giusto al centro del rettangolo di vetro <strong>in</strong>corniciato vedo l‟immag<strong>in</strong>e riflessa di mia sorella.<br />
Uno dei due italiani le si mette davanti coprendole il viso. Ora vedo solo i capelli di lei muoversi.<br />
L‟altro deve averla già presa da dietro. Poi di nuovo il viso di lei, ora nuda, <strong>in</strong>tenta al suo rude<br />
compito, non può vedere la faccia di suo fratello emergere dal cristallo opacizzato della credenza.<br />
L‟espressione è <strong>in</strong>erte e sospesa, senza collo e fluttuante, priva di sostegno nella crepa dello<br />
sportello ad angolo.<br />
Poi esce dall‟Altra Stanza e camm<strong>in</strong>a piano. Mio papà le porge un bicchiere di succo di frutta.<br />
Il tizio col pizzetto sbuca dalla porta e mi osserva ridendo. Io guardo mio papà che ha già preso <strong>in</strong><br />
braccio mia sorella e che mi fa cenno con la testa di andare.<br />
Nella cuc<strong>in</strong>a di rame e piastrelle e p<strong>in</strong>o e vapore di torba bruciata e scariche di nevischio sulla<br />
f<strong>in</strong>estra lui mi fa cenno di andare.<br />
Ed eccola qui la mia identità, volgare, spiantata. La distorsione c‟è, m<strong>in</strong>uscola, al centro. Qualcosa<br />
di crudelmente vero su quel me che sbircia e si dimena davanti a colli r<strong>in</strong>secchiti e crani con<br />
pr<strong>in</strong>cipi di calvizie, occhi stralunati su orbite concave e sospiri che traboccano dal bordo del letto. E<br />
la mimica aumenta come i riflessi sull‟anta, f<strong>in</strong>o a diventare parodia di un isterismo bagnato che<br />
appiccica ciocche di capelli e barbe ispide strof<strong>in</strong>ate sul mio corpo. E il borbottio di papà che<br />
sussurra qualcosa a mia sorella. Ed io che sp<strong>in</strong>go i miei occhi verso l‟alto, cercando la faccia della<br />
mia gemella sull‟anta della credenza.<br />
Fiuto f<strong>in</strong>ché l‟ultimo rifugio per me è mollare, sotto il peso di quei corpi, con l‟anta che si muove<br />
un poco e il mio viso <strong>in</strong>espressivo e molle, <strong>in</strong>visibile e non vedente, <strong>in</strong> uno specchio senza il quale<br />
non posso né conoscermi, né sentirmi. Ma sono io.<br />
38<br />
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La punizione di Zeus<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Per mantenermi gli studi (Lettere classiche, vecchio ord<strong>in</strong>amento) lavoro alla fabbrica della pizza,<br />
un fast food grande come un capannone dove per poter fare i pizzaioli è sufficiente avere meno di<br />
25 anni. Contratto di apprendistato, pagano meno.<br />
Ricetta per una pizza molto fast, very good:<br />
- mettere la pasta surgelata nel lievitatore<br />
- attendere 4 ore<br />
- porre una palla di pasta sotto una pressa tonda e –splat! ecco la base della pizza<br />
- farcire secondo dose stabilite. Vietato abbondare.<br />
- porre la pizza sul nastro trasportatore che la porta direttamente <strong>in</strong> forno: entra cruda, esce cotta.<br />
Molto fast, poco good.<br />
Oggi è il mio ultimo giorno di lavoro: mi scade il contratto. A farmelo r<strong>in</strong>novare non ci penso<br />
nemmeno. I pensieri sono rivolti al prossimo esame, mi porto <strong>in</strong> tasca una copia dell'Odissea, sai<br />
mai che durante una pausa riesca pure a ripassare qualcosa... Oh, da domani non metterò più questa<br />
divisa che abb<strong>in</strong>a una gonna blu da professoressa a un maglionc<strong>in</strong>o di lana rosso <strong>in</strong>feltrito! Non<br />
percorrerò più il lungo corridoio pieno di polvere dove due settimane fa ho <strong>in</strong>contrato un topol<strong>in</strong>o.<br />
Sono rimasta ferma qualche secondo ad osservarlo e poi gli ho chiesto: “Cosa fai qui topol<strong>in</strong>o?”.<br />
Non andrò più a cercare torte di mele <strong>in</strong> celle frigorifere grandi come un appartamento a due stanze<br />
e fredde come una notte d‟<strong>in</strong>verno ad Asiago.<br />
Ma soprattutto non vedrò più lui, il direttore, un uomo vestito di grande forza, selvaggio, e<br />
ignorante di costumi civili e norme morali. 30 anni, capelli ricci crespi, barba <strong>in</strong>colta, baffetti alla<br />
Zorro, occhi spiritati.<br />
Il suo regno è una spelonca sotterranea <strong>in</strong> cui ci sta appena una scrivania. Da lì partono <strong>tutti</strong> i<br />
comandi.<br />
Quando meno te lo aspetti emerge dalla spelonca. Entra <strong>in</strong> sala. Non rassomiglia a uomo che<br />
mangia pane. Posa lo sguardo su di me. Mi ama! A me sola fa fare il turno delle pulizie, 4 ore <strong>in</strong> cui<br />
lavo pavimenti, scale, e cent<strong>in</strong>aia di sedie di plastica. A me fa fare il turno il lavaggio dei piatti.<br />
Basta caricare i cestelli con le stoviglie sul nastro trasportatore – non quello della pizza, un altro.<br />
Tutto automatico. Si fa <strong>in</strong> una stanzetta umida dove per quattro ore l‟unica compagnia è il rumore<br />
ritmico del nastro trasportatore. Gneee gneee gneee gneee…<br />
Mancano 10 m<strong>in</strong>uti alla f<strong>in</strong>e del mio ultimo turno. Mi avvio verso il cassonetto che sta sul retro con<br />
un carrello – non quello della spesa, un carrello alto, aperto su due lati, che può contenere sei o sette<br />
sacchi neri d‟immondizia. Attraverso la sala.<br />
7 m<strong>in</strong>uti alla f<strong>in</strong>e.<br />
Il direttore emerge dalla spelonca. Mi vede.<br />
- Abbiamo messo un montacarichi per non dover passare di qua. Sarà mica bello che la gente veda<br />
tutta questa merda.<br />
Montacarichi <strong>in</strong>stallato da un mese, mai collaudato.<br />
- Mi scusi, signor direttore.<br />
Ed io restai là, a macch<strong>in</strong>are <strong>in</strong> segreto la sua rov<strong>in</strong>a, se mai potessi vendicarmi e volesse Atena<br />
concedermi un tal vanto.<br />
4 m<strong>in</strong>uti alla f<strong>in</strong>e.<br />
Sono giunta col carrello <strong>in</strong> mezzo alla sala. Col piede sp<strong>in</strong>go il sacco che sta sotto. Si sgretola la<br />
torre d‟immondizia e vrroomm! tutta sul pavimento.<br />
- Mi scusi, signor direttore.<br />
39<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Ben dovevano ricadere su di te le tue malvagie azioni, o sciagurato, che non avevi ritegno a<br />
divorarti gli ospiti di casa tua. E perciò Zeus ti punì, e anche gli dei.<br />
40<br />
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Le sere di Svenatis<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Da Io pubblico, quotidiano dipendente: Alle sette della sera Svenatis si ammanta di luce soffusa.<br />
L‟esperimento di uso congiunto di zolfo, petrolio, energia eolica, solare, idro-elettrica, nucleare,<br />
potenza delle maree, differenza di temperatura tra acqua del mare e aria soprastante, è riuscito.<br />
L‟illum<strong>in</strong>azione è risultata essere sufficiente; l‟energia richiesta da <strong>in</strong>dustria, agricoltura,<br />
automobili, riscaldamento, costa nulla alla collettività. Nell‟ultimo sondaggio il 99,9% di abitanti ha<br />
dichiarato il gradimento.<br />
Chi passeggia alle sette della sera per le strade pulite di Svenatis, esibisce il volto sereno, il sorriso<br />
ampio, la tranquillità <strong>in</strong>teriore.<br />
I negozi e i centri commerciali sono sempre affollati e pure i giovani dai qu<strong>in</strong>dici anni <strong>in</strong> su possono<br />
acquistare liberamente, utilizzando le Carte di Credito Illimitato ritirate ai centri di smistamento,<br />
collocati a ogni trenta metri.<br />
Le matt<strong>in</strong>e di Svenatis sono serene.<br />
A ogni casa, nell‟ora <strong>in</strong>dicata dagli abitanti la casa con il personal computer <strong>in</strong>corporato sulle mani<br />
del padre di famiglia al Centro di Pianificazione Unico, si presenta il distributore di colazioni: dolci,<br />
formaggi, salumi, uova strapazzate, aranciata, bollente caffè di sola qualità arabica, miscela-bar e<br />
decaffe<strong>in</strong>ato, frutta secca, pane vario, cibi per animali domestici.<br />
Le case degli svenatisesi sono accoglienti, sane, belle, essendo state progettate dai migliori<br />
architetti, realizzate con materiali biologici e una malta rossastra la cui composizione è tenuta<br />
segreta dal possessore del brevetto: l‟<strong>in</strong>g. Cono Lusber, di Lam<strong>in</strong>os.<br />
Nessuna tassa grava sulle spalle degli svenatesi e ad ogni neonato viene dest<strong>in</strong>ata la somma di<br />
ottocentomila Emos per gli studi da concludere entro i sessanta anni nelle migliori Università del<br />
mondo.<br />
La potente moneta virtualmente circolante tra i trentamiladue svenatesi è stata adottata con un<br />
referendum tenutosi tra le ore 12 e le 13 del 27 dicembre 09. Gli abitanti dai qu<strong>in</strong>dici anni <strong>in</strong> poi<br />
hanno espresso liberamente il voto attraverso p.c. ed alle 13 e un m<strong>in</strong>uto la televisione ha<br />
comunicato gli esiti.<br />
Lo stesso Cono Lusber, s<strong>in</strong>daco da qu<strong>in</strong>dici anni, ha dichiarato: “Mi complimento per la scelta. La<br />
nostra democrazia si avvarrà di uno strumento <strong>in</strong> grado di liberarci dall‟obbligo di mantenere<br />
riserve auree nelle casse della Banca Centrale. Per r<strong>in</strong>graziarvi, non potendolo fare di persona, ho<br />
disposto la distribuzione di sei bottiglie di champagne per ogni casa attraverso l‟Esercito<br />
Emostabile”.<br />
L‟unico problema che deve affrontare la Sezione Segreta Indag<strong>in</strong>i dell‟Esercito Emostabile è la<br />
circolazione di un giornale on-l<strong>in</strong>e che attacca il s<strong>in</strong>daco ogni giorno, <strong>in</strong>vitando la popolazione alla<br />
guerriglia. I costanti tentativi di sobillare la pace non sono andati a buon f<strong>in</strong>e; tuttavia, data la<br />
distribuzione capillare del foglio, l‟allarme si è trasformato <strong>in</strong> una lieve contrazione della libertà: i<br />
svenatesi, prima di aprire il programma di lettura, devono chiedere l‟autorizzazione all‟Ufficio<br />
Centrale della Distribuzione Culturale. La richiesta è immagazz<strong>in</strong>ata <strong>in</strong> Banca Dati e, nell‟ipotesi<br />
siano commessi reati di “Abuso d‟uso di Informazioni”, <strong>in</strong>trodotto nel nuovo Codice Penale<br />
Cittad<strong>in</strong>o, si potrà immediatamente condannare i rei, eseguendo la sanzione. È prevista la pena<br />
detentiva da trentac<strong>in</strong>que a c<strong>in</strong>quanta anni di isolamento, da scontare nel bagno penale di Lam<strong>in</strong>os<br />
dotato di celle schermate, da cui non è possibile <strong>in</strong>tercettare il reticolo di <strong>in</strong>formazioni.<br />
Gli svenatesi ogni sera, felici, si lasciano prelevare volentieri tre litri di sangue.<br />
41<br />
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Luglio<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
La sabbia scotta, ma Fausta corre veloce, sempre più veloce. Io non riesco a starle dietro. La vedo<br />
sempre più lontana. Mi dispero. Sono battuto.<br />
Non ho mai raccontato questo sogno al mio strizzacervelli, che mi ha detto che ho un forte Super Io.<br />
Non lo devo ascoltare. Devo mandarlo a quel paese.<br />
Ebbene Super Io, la tua ora è segnata. Non mi fai più paura. Sei alle corde, tra poco l‟arbitro ti<br />
conterà e io v<strong>in</strong>cerò. Forse questa volta batterò anche Fausta e Sivori non segnerà.<br />
Sì anche Sivori appartiene ai miei <strong>in</strong>cubi. Avanza sulla s<strong>in</strong>istra, si libera con un tunnel di un<br />
difensore e con un dribbl<strong>in</strong>g di un altro, si porta all‟altezza della bandier<strong>in</strong>a del calcio d‟angolo da<br />
cui fa partire un pallonetto che beffardo si <strong>in</strong>fila alla s<strong>in</strong>istra di Beppe Vavassori.<br />
Al mio strizzacervelli non dirò né di Sivori, né di Fausta. Lui però si aspetta che io <strong>racconti</strong><br />
qualcosa e io lo accontenterò.<br />
Torno <strong>in</strong>dietro nel tempo, a un luglio ormai lontano, a un pomeriggio afoso. In caserma c‟è<br />
tensione. Tutti corrono da qualche parte, nessuno ha voglia di parlare. Gli uom<strong>in</strong>i hanno <strong>in</strong>dossato<br />
le divise antisommossa, si dirigono verso le camionette. Mio padre mi raggiunge <strong>in</strong> cortile e mi dice<br />
di recarmi a casa. Vorrei chiedergli perché ma non è quello il momento.<br />
Mi avvio pieni di domande senza riposta. Imbocco via Vittorio Emanuele e la percorro veloce.<br />
Arrivò a piazza Duomo e guardo <strong>in</strong> direzione di via Etnea. Vedo che c‟è gran movimento all‟altezza<br />
di piazza Stesicoro. Mi bruciano gli occhi. Non capisco cosa stia succedendo, accelero il passo e<br />
vado verso casa.<br />
I vic<strong>in</strong>i sono <strong>tutti</strong> fuori, mi chiedono se ho visto qualcosa, vedono che mi lacrimano gli occhi. Che<br />
sta succedendo <strong>in</strong> via Etnea?<br />
Lo chiedo a mio padre la sera. Ha l‟espressione stanca e poca voglia di parlare. Io però voglio<br />
sapere.<br />
I comunisti, dice mio padre. Per la prima volta sento quella parola. Non deve essere una bella<br />
parola. Lo <strong>in</strong>tuisco.<br />
I comunisti hanno creato disord<strong>in</strong>i, siamo stati costretti a usare la forza.<br />
Non mi è chiaro perché i comunisti abbiano creato disord<strong>in</strong>i. Chi sono? Cosa vogliono? Mio padre<br />
non vorrebbe rispondermi, io <strong>in</strong>sisto.<br />
Vogliono togliere le proprietà alle persone, sono senza Dio.<br />
Mio padre è una persona buona. Questi comunisti, però, non li sopporta. Non sarò mai comunista,<br />
mi dico.<br />
E‟ morto un uomo. Mio padre tace. Non vuole dire più niente.<br />
Era comunista e qu<strong>in</strong>di se l‟è cercata. La pensano <strong>in</strong> tanti così. Forse anche mio padre, anche se<br />
quella sera è triste.<br />
La matt<strong>in</strong>a ha cancellato l‟afa, il cielo è terso. Non vedo l‟ora di essere <strong>in</strong> spiaggia dove ci sarà<br />
Fausta con il suo caschetto di capelli biondi. Correremo ancora sulla sabbia calda e lei mi batterà di<br />
nuovo.<br />
Mio padre ha comprato il quotidiano. Si parla del giovane ucciso dalla polizia. Aveva 19 anni, era<br />
disoccupato. E‟ stato barbaramente massacrato.<br />
Era comunista. Se l‟era voluta. 1<br />
* 1 L‟8 luglio del 1960 a Catania durante una protesta di piazza la polizia massacrò l‟operaio disoccupato Salvatore<br />
Novembre.<br />
42<br />
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Meglio tardi che mai<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
“Bisogna scegliere di poter morire. Quando si vuole. Come si vuole.<br />
Il f<strong>in</strong>e ultimo della vita. La morte. Che sia almeno bella. Se scegli un bel modo, magari, strappi<br />
anche due lacrime <strong>in</strong> più agli astanti.<br />
Falso colui che dice “vorrei che al mio funerale non si piangesse”.<br />
Se non sei falso, sei malato. Allora curati, magari trovi un bel modo per morire.<br />
C‟è solo un problema: che a volte non si sa proprio bene quando e come <strong>in</strong>izi la morte.<br />
A volte non si sa che arriva Mary Popp<strong>in</strong>s, più bella di te, praticamente perfetta sotto ogni punto di<br />
vista, come dice il suo metro, che canta bene, che ha amici improbabili e pieni di fasc<strong>in</strong>o, e che ti<br />
spazza via. E ti spazza via <strong>in</strong> maniera non corretta - frega le selezioni. La vita è così. Il ciclone di<br />
Mary Popp<strong>in</strong>s, che fa felici due bamb<strong>in</strong>i, salva un matrimonio, rende saggio un colletto bianco che<br />
sarebbe morto senza conoscere i veri valori, dietro il bancone di una grande, vecchia, dignitosa e<br />
arida banca <strong>in</strong> cui il fondatore mise un misero, lurido, penny mille anni prima.<br />
Però Merry Popp<strong>in</strong>s lascia sul lastrico dec<strong>in</strong>e di signore grasse e stupide con dei bamb<strong>in</strong>i da<br />
sfamare. Si salva solo il cane che la cont<strong>in</strong>ua a guardare piegando il muso (a s<strong>in</strong>istra).<br />
E se tra quelle signore apparentemente colesteroliche e stupide, ci fosse stata anche la signora<br />
Riccio, con l‟eleganza del riccio che ha tanto spopolato? Quelle signore che celano la cultura, la<br />
sensibilità, l‟amore per la vita sotto i capelli arruffati e il vestito scialbo? Per paura?<br />
Non c‟è vita sotto i capelli arruffati, il vestito scialbo, e i dialoghi con un gatto.<br />
Ecco cosa sa fa Mary Popp<strong>in</strong>s, v<strong>in</strong>ce sulla paura. Mary Popp<strong>in</strong>s ci <strong>in</strong>segna a non aver paura. Ci<br />
<strong>in</strong>segna che è giusto rubare il posto di lavoro a quelli che sembrano stupidi, e sono grassi, anche con<br />
mezzi poco ortodossi, come <strong>in</strong>durre un m<strong>in</strong>i ciclone.<br />
Mary Popp<strong>in</strong>s ci <strong>in</strong>segna che è legittimo rubare se si fanno vedere i propri trucchi, non<br />
vergognandosi dei propri artifici, delle proprie virtù e dei proprie arti. Non sentendosi diversi se si<br />
sa volare. Perché ti vergogni se sai volare? Perché ti vergogni se piangi guardando Rambo?<br />
Non nascondere la tua pelle, anche se ce l‟ hai verde. Magari piaci all‟amm<strong>in</strong>istratore delegato<br />
idiota della L<strong>in</strong>ea Verde Snella Prodotti per il Giard<strong>in</strong>o. Che ti assume e ti da pure la macch<strong>in</strong>e<br />
aziendale. Rigorosamente verde.”<br />
Quanto sopra me lo disse, <strong>in</strong> treno, il mio vic<strong>in</strong>o di posto, tra Osteria Nuova e San Felice sul Panaro<br />
– due fermate orrende nella sterm<strong>in</strong>ata pianura sopra Bologna.<br />
Così, di punto <strong>in</strong> bianco. Ed io, di punto <strong>in</strong> bianco, lo appuntai. Sono una stenografa di Tribunale.<br />
Grassa, stupida, però raccolgo le farsi della gente. Quelle belle.<br />
Ho il taccu<strong>in</strong>o sempre pronto, la matita morbida sempre <strong>in</strong> tasca. Così morbida che a volte mi ci<br />
rifaccio il trucco.<br />
Il signore che parlava era grasso, come me, e apparentemente stupido, come me, e aveva una<br />
valigetta da <strong>in</strong>formatore scientifico del farmaco.<br />
Il signore organizzava funerali bellissimi. Perché da morti, f<strong>in</strong>almente non si ha più paura di essere<br />
grassi.<br />
Questo era scritto sul biglietto da visita, unto, che lasciò sul sedile quando lui si alzò.<br />
La ditta di onoranze funebri si chiamava “Grazie Mary Popp<strong>in</strong>s, meglio tardi che mai srl”<br />
Lessi del suo funerale sulla pag<strong>in</strong>a locale del quotidiano, impag<strong>in</strong>ato come fosse un <strong>in</strong>vito per i<br />
saldi.<br />
Il funerale ebbe luogo <strong>in</strong> un teatro romano con vista mare. Taorm<strong>in</strong>a. Un attore bello e magro recitò<br />
il discorso che io avevo stenografato.<br />
Ci andai, e mi strappò delle lacrime.<br />
43<br />
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Mi sbatto chi voglio<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Stavo pregustando l‟attimo <strong>in</strong> cui si sarebbe scatenato.<br />
Così andava ogni domenica, da quando era <strong>in</strong> cassa <strong>in</strong>tegrazione speciale.<br />
Era stata una santa cosa la crisi economica: non si sentiva più stanco.<br />
Io, preoccupata dal calo di reddito, mi rifacevo a letto.<br />
Da quando non era costretto a uscire di casa alle sette di matt<strong>in</strong>a, piovesse, nevicasse o il sole fosse<br />
già cocente, immancabilmente arraffava la borsa e di corsa, senza salutarmi neppure con un<br />
grugnito, spariva. La eco della porta sbattuta mi esasperava e, <strong>in</strong>cazzata come una belva,<br />
com<strong>in</strong>ciavo a tracannare i superalcolici nascosti dietro i libri.<br />
Man mano, da sei mesi, la voglia di acquistare liquori di pessima qualità mi era passata, sostituita<br />
con un r<strong>in</strong>vigorito e sano desiderio sessuale.<br />
Anche lui si era avviato verso il recupero degli ist<strong>in</strong>ti che qualcuno si ost<strong>in</strong>a ancora a def<strong>in</strong>ire<br />
bestiali.<br />
Non mi ero sorpresa nel trovarlo più volte, a notte fonda, s<strong>in</strong>tonizzato sulle reti televisive che<br />
replicano sempre le stesse immag<strong>in</strong>i di improbabili balletti erotici a suon di musica ritmata e che<br />
offrono costosi contatti telefonici.<br />
In una occasione mi era parso che si stesse masturbando. La penombra era stata rotta da una<br />
improvvisa immag<strong>in</strong>e meno pat<strong>in</strong>ata, più abbagliante e accecante, tanto da dargli il tempo di<br />
allontanare la mano che mi era parsa <strong>in</strong>filata tra le gambe. Mi accostai e lo trovai pronto,<br />
stranamente già pronto, <strong>in</strong> piena efficienza.<br />
E rimasi <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta.<br />
Ero certa che si sarebbe fermato <strong>in</strong> tempo, mi avrebbe fissato, avrebbe com<strong>in</strong>ciato a imprecare per<br />
non essere capace di resistermi; avrebbe poi ripetuto una dec<strong>in</strong>a volte troia, <strong>in</strong>dossato il<br />
contraccettivo della solita marca e solo dopo si sarebbe abbattuto su di me sussultando.<br />
A quarant‟anni avevo avuto la prova: certi affari sono pericolosi, la novità era dietro la porta e non<br />
lo sapevo.<br />
“Mi avete rotto le scatole tu e il tuo sguardo <strong>in</strong>dagatore, le tue mani che aprono borse e portafogli e<br />
il tuo naso che mi annusa!”.<br />
Così mi disse, con tono adirato e occhi <strong>in</strong>fiammati, mentre stavo per lasciarmi andare verso l‟acme<br />
del piacere.<br />
Ci eravamo distesi dopo la terza tazza di caffè; qualche attimo ancora e avevamo raggiunto uno<br />
stato di s<strong>in</strong>cronia perfetta. Pensai che avesse gli occhi chiusi.<br />
Bastarono pochi istanti e giunse la smentita: si alzò come una furia <strong>in</strong>dicando la sua borsa aperta.<br />
Ripeté la frase con ancor più energia, aggiungendo: ogni volta che torno!.<br />
Inizialmente ebbi paura che alzasse la mano destra per mollarmi un ceffone.<br />
Invece no. Vidi chiaramente lo sforzo fatto per controllare l‟arto già contratto, poi aperto, alzato e<br />
partito velocemente. Riuscì a contrastare la forza impressa e a fermarlo mordendosi le labbra e<br />
divenendo rosso <strong>in</strong> viso.<br />
Le sue rughe mi apparivano deliziose. Lo avevo visto appassire e man mano farsi più <strong>in</strong>teressante,<br />
attraente, arrapante. Quella situazione faceva montare la voglia e mi rendeva frenetica. Riprese a<br />
parlare: “Tu sei veramente una gran gnocca, ma mi hai stufato. Io mi sbatto chi voglio!”.<br />
La frase mi eccitò ancora di più.<br />
Fu allora che lui si imbestialì: “E che cazzo! Non ti fermi mai”.<br />
Scosse la testa, saltò dal letto e si rivestì. Capii che mi era sfuggito qualcosa quando provai a<br />
chiedere spiegazioni: lo schiaffo non lo vidi partire. Sentii solo i rumori del vento e dell‟impatto;<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
poi la sensazione bruciante sul volto mi stordì; <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e avvertii il cazzotto <strong>in</strong> bocca e non il rumore.<br />
Null‟altro.<br />
Mi risvegliai con un sapore dolciastro <strong>in</strong> bocca e sputai il sangue ancora vivo per non affogare.<br />
Lui non c‟era.<br />
45<br />
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Mille cieli e uno rosa<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Il cielo di qua dal conf<strong>in</strong>e è nero e tempestoso. Per questo corro frettolosa su queste strade pronte a<br />
luccicare di pioggia. Appena posso guardo nell‟apparecchio nero che nascondo nel fondo di una<br />
tasca. Oltre il conf<strong>in</strong>e il cielo è come lo voglio, blu e terso, con nuvole bianche vaporose come<br />
cotone. So che appena entrerò avrò la possibilità di scegliere. Se vorrò pioggia, farò piovere. Uguale<br />
se vorrò la neve per sciare e fare a palle di neve con le amiche e gli amici. Forse oggi mi basterà un<br />
cielo caldo e una brezza leggera.<br />
Intanto corro <strong>in</strong> questo reale che mi dà solo buio. Sgomito per comprare le ultime cose al<br />
supermercato, regalo qualche spicciolo alla signora asiatica uscita senza soldi. Alzo le sopracciglia<br />
al commesso sgomento che conta <strong>tutti</strong> quegli spiccioli, frugando negli sguardi di chi è <strong>in</strong> coda. Un<br />
po‟ di compassione per quel lavoro <strong>in</strong>grato.<br />
Lo capisce. Sono veloce, imbusto i prodotti sfamando i voraci sacchetti della spesa. Senza che<br />
nessuno senta, ci parliamo: “A stasera”.<br />
Scappo via, salgo sull‟auto addormentata, la striglio e lei vola, mentre al compongo il numero del<br />
geometra. “Sei al cellulare <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a?” Sì gli rispondo, chiedendogli misure e idee per quel<br />
bagno troppo piccolo, troppo esposto e troppo umido.<br />
Parole tecniche, parole numerate, parole che t<strong>in</strong>t<strong>in</strong>nano di soldi, parole sporche di polvere e di mani<br />
artigiane, di martelli che spaccano le mattonelle per mettere a numeri quei muri da rivestire,<br />
proteggere, cambiare.<br />
La chiamata con il geometra si chiude: “A stasera”.<br />
Le curve scorrono veloci ai miei occhi, le coll<strong>in</strong>e aspettano il fragore di tutto quello scuro appeso<br />
<strong>in</strong>certo sulle nostre teste. La salita fa rimbombare il motore, mentre la mano abbassa la marcia.<br />
Manca poco. Lo sguardo sul monitor dell‟apparecchio. I primi messaggi. Il sorriso che si apre a<br />
quella lettura.<br />
Le amicizie sono lì, oltre il conf<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> attesa.<br />
Il parcheggio è libero, f<strong>in</strong>almente lascio per il sonno della notte quel assemblaggio di motore,<br />
elettronica e carrozzeria, per scendere e aprire la porta di casa. E‟ lì <strong>in</strong> un angolo la l<strong>in</strong>ea che ogni<br />
sera varco per andare oltre.<br />
Anche ora, basta una serie di lettere e qualche cifra. Un tasto da premere. Sono a casa nella casa.<br />
Cambio vestito trasc<strong>in</strong>ando gli abiti addosso e decido che cielo desidero, ne trovo uno tutto rosa con<br />
nubi soffici. Va bene. Sparisco e mi ricompongo laddove ho puntato le coord<strong>in</strong>ate.<br />
Mi accoglie un pr<strong>in</strong>cipe arabo. “Ciao, smaltita la coda?” gli chiedo. Sì, mi dice sc<strong>in</strong>tillando<br />
nell‟armatura argentea. “Stasera voglio conoscere una pr<strong>in</strong>cipessa dell‟antica C<strong>in</strong>a”, sorride volando<br />
<strong>in</strong> quel cielo bello come quello di una favola.<br />
Un istante e una sacerdotessa dei Grandi Re mi recapita un messaggio. “Non si parla di bagni ora –<br />
essordisce -. Ti va di volare nel metaverso con la nuova navicella che ho costruito?”. Eccome,<br />
digito di rimando. “Bene, ti vengo a prendere sulla piattaforma a 3 mila metri”.<br />
Guardo il mio corpo che non soffre gli abissi e nemmeno la quota altissima a cui Sam mi porta,<br />
viaggiando sopra quel arcipelago di terre. La navicella arriva a velocità <strong>in</strong>descrivibili, frantumando<br />
ogni regola proprietaria, dribbla i prims abbandonati, sussulta a ogni cambio di quota, a volte<br />
cadiamo a spirale ma attutiamo il colpo aprendo le ali negli ultimi metri.<br />
Voliamo nel cielo rosa.<br />
Sono, siamo avatar. Amici.<br />
46<br />
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Non ditelo alla radio<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
La radio accesa. Aspetto che Matteo arrivi. Dicono che c'è il sole e che è bello uscire quando c'è il<br />
sole. Che scoperta! Quando piove nessuno ha voglia di uscire. Tipo quelle giornate <strong>in</strong> cui vorresti<br />
spegnerti, come un cellulare e rimanertene a letto a ricaricare le batterie, scordandoti per un<br />
momento chi sei, ma soprattutto chi gli altri vogliano che tu sia. Cazzate. La sveglia suona anche<br />
quando fuori diluvia. Così, ti tocca alzarti e buttarti nella doccia. Ti vesti di corsa e già sei <strong>in</strong> strada,<br />
con la speranza che la piega tenga e che la pioggia e l‟umidità non ti facciano arrivare <strong>in</strong> ufficio con<br />
un‟<strong>in</strong>salata riccia <strong>in</strong> testa. Ma il peggiore dei tuoi <strong>in</strong>cubi diventa realtà e quando ti specchi <strong>in</strong><br />
ascensore, mentre stai salendo su <strong>in</strong> ufficio, vorresti piangere. Avanti, la dignità è dignità. In fondo<br />
sei brava nel tuo lavoro e l‟aspetto fisico non conta. Almeno così credevi, prima di conoscere la<br />
nuova assunta, una miss gambe perfette con un cervello da gall<strong>in</strong>a. Ma le gall<strong>in</strong>e poi, chi lo dice che<br />
siano così stupide? Intanto adesso devi lavorare il doppio per rimediare ai guai che comb<strong>in</strong>a<br />
quell‟aliena. Però che <strong>in</strong>giustizia. Perché certe donne sembrano saltate giù direttamente dalla<br />
copert<strong>in</strong>a di Vogue? Come fanno ad essere così perfette? Colpa del karma, forse. Ma se è colpa del<br />
karma, di quale grave colpa ti sei macchiata tu per ritrovarti la cellulite e i capelli crespi <strong>in</strong> questa<br />
vita? Accantoni quel difficile <strong>in</strong>terrogativo e ti dedichi alle carte che hai davanti, tra i commenti<br />
volgari dei tuoi colleghi sulla top model appena arrivata. Ma perché gli uom<strong>in</strong>i ragionano col<br />
testosterone? Basta, ti sta scoppiando pure il mal di testa a furia di domandarti l‟impossibile.<br />
Quando f<strong>in</strong>almente hai chiuso le pratiche della matt<strong>in</strong>a, afferri con soddisfazione la borsa e ti<br />
precipiti fuori. Pausa pranzo. Ma il capoufficio ha un‟ottima idea, o meglio, è quello che farfugli tu<br />
quando lui ti chiede, anzi ti ord<strong>in</strong>a, di aiutare la nuova assunta miss sorriso a sbrigare le sue di<br />
pratiche. Addio pausa pranzo. Così, dopo aver tentato <strong>in</strong>vano di spiegare all‟extraterrestre come si<br />
chiude un bilancio, f<strong>in</strong>almente ti avvii verso casa, stanca e per giunta affamata, facendo lo slalom<br />
tra un collega e l‟altro. Quelli ci provano sempre a chiedere favori. E‟ la fregatura di essere bravi<br />
nel proprio lavoro. Tutti se ne approfittano. Un po‟ come quando al liceo il più figo della classe ti<br />
lanciava quelle occhiate languide e tu già fantasticavi su una storia d‟amore da film e su un<br />
matrimonio da favola. Si sa, le femm<strong>in</strong>e sognano questo. Un marito da servire fedelmente e<br />
marmocchi con la cacca da cambiare. Per poi scoprire che il bellone non guardava te, ma il tuo<br />
compito di matematica. Eh, sì, la fanno proprio facile alla radio. E' tutto un complotto per illuderci.<br />
Con quelle voci impostate e fastidiosamente felici ci fanno credere che basti un cielo azzurro per<br />
riconciliarsi col mondo. Cazzate. Sono altre le cose che ti fanno urlare di gioia, che fuori nevichi o<br />
ci sia il sole. Gli occhi di Matteo, ad esempio, quelli sì che mi mandano <strong>in</strong> tilt, quelli sì che mi<br />
spiazzano. I suoi occhi limpidi che si affacciano sulle mie <strong>in</strong>sicurezze, facendole svanire, i suoi<br />
abbracci quando ho voglia di piangere, i suoi sei bellissima quando ho il ciclo e sono gonfia come<br />
una balena e ho pure i foruncoli, la sua roba ancora da sistemare. “Ci staremo stretti <strong>in</strong> questo<br />
monolocale”, gli ho risposto quando mi ha proposto di vivere <strong>in</strong>sieme. In amore v<strong>in</strong>ce chi fugge,<br />
no? Cazzate. Non vedo l‟ora di <strong>in</strong>iziare questa avventura. Certo, con il sole sarà meglio. Ma non<br />
ditelo alle radio.<br />
47<br />
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Notizie <strong>in</strong> bagno<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Anni ‟70.<br />
Il piccolo bagno della casa <strong>in</strong> affitto è piastrellato di verde. Il dit<strong>in</strong>o di una bimba <strong>in</strong>g<strong>in</strong>occhiata,<br />
scorre lentamente alcuni segni sulla pag<strong>in</strong>a di un libro di letture illustrato. Cerca di legarli,<br />
tenacemente: “Rrr…e…mmm…a Rrr…i…r…ì”. La mamma, seduta accanto a lei, è <strong>in</strong>tenta a<br />
sciacquare la biancheria <strong>in</strong> un cat<strong>in</strong>o posto sul bidet. “Re-ma Ri-rì, re-ma Ro-rò”. Il tono squillante<br />
della piccola ridestò la donna da quei gesti rout<strong>in</strong>ari: “Mamma, leggo!” e un sorriso le illum<strong>in</strong>ò il<br />
facc<strong>in</strong>o. “Brava Marta, cont<strong>in</strong>ua: questa è davvero una bella notizia!”<br />
Anni ‟80.<br />
La nuova casa è più confortevole: ci sono due bagni. Marta si avvic<strong>in</strong>a lentamente al bagno di<br />
servizio piastrellato di beige. Non le piace quel colore, lo avrebbe voluto azzurro come il mare, ma<br />
il parere di una ragazz<strong>in</strong>a conta poco. Sua madre si trucca lì e <strong>in</strong> genere, quando è <strong>in</strong>tenta a questa<br />
operazione, è <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>e alla generosità. “Mamma – con un filo di voce - la prof. di matematica mi ha<br />
<strong>in</strong>terrogata, ma…non è andata bene. “Capisco, Marta: vedrai che andrà meglio. Sai, però, che tuo<br />
padre non <strong>in</strong>tende spendere una lira: devi contare sulle tue forze”.<br />
Anni „90<br />
Marta adora quel piccolo bagno bianco, anche se non è piastrellato di azzurro. Abbassa<br />
convulsamente le mutand<strong>in</strong>e. “Sento che f<strong>in</strong>almente ci siamo” disse fra sé, con una strana frenesìa.<br />
Lei, donna puntuale, si rallegrava per la prima volta di un ritardo!<br />
Ottobre 2008<br />
Il piccolo bagno è immerso nel vapore acqueo. Nello specchio si <strong>in</strong>travede il corpo s<strong>in</strong>uoso di<br />
Marta; un colpo di mano all‟altezza del seno lascia una striatura che le permette di guardare. Lo<br />
fissò. Non era un seno <strong>in</strong>vadente; certo, dopo le gravidanze aveva <strong>in</strong>iziato la lotta contro la forza di<br />
gravità, ma lo avvolgeva una sensualità vellutata, che attirava sempre il tocco di dita frementi.<br />
Decisa, alza il braccio destro e con la mano s<strong>in</strong>istra <strong>in</strong>izia a palpare. I movimenti sono lenti e<br />
precisi. Si accorse che faticava a concentrarsi. Chiuse gli occhi trattenendo il respiro. Percepì uno<br />
sradicamento repent<strong>in</strong>o: si sentì trasc<strong>in</strong>are <strong>in</strong> un baratro e, per un solo lunghissimo attimo,<br />
dimenticò l‟odore della vita.<br />
9 Gennaio 2010<br />
Squilla il cellulare nel piccolo bagno bianco. Marta è sul “trono”, legge un saggio di Schätz<strong>in</strong>g e<br />
non sopporta di essere disturbata. Le migliori letture, da anni ormai, le <strong>in</strong>izia <strong>in</strong> bagno, proprio<br />
durante quel momento di alta concentrazione. Oggi attendeva la risposta dal piastrellista. Il progetto<br />
le era rimasto sul tavolo da disegno per più di un anno: riscaldamento a pavimento, specchio<br />
circolare per riflettere il chiarore dalla zona lavabo attraverso la f<strong>in</strong>estra e spazi per riporre gli<br />
oggetti, <strong>in</strong> tonalità neutre punteggiate di pennellate di azzurro. “Pronto”, pronunciò con tono<br />
<strong>in</strong>fastidito, pur avendo riconosciuto il numero di Sonia. “Marta, non dirmi che sei sul trono!” e si<br />
sentì una risata fragorosa. Si conoscevano da molto tempo e avevano consolidato quel legame<br />
chiamato amicizia. “Poco spirito, guastafeste” rispose Marta, cedendo all‟ilarità dell‟amica. Sonia<br />
fece un bel respiro: non voleva pronunciare quel nome, per due ore aveva cercato il momento<br />
migliore per comunicare la notizia a Marta; le parole schizzarono velocemente: “Luca ha scelto di<br />
tornare e vuole vederti”. Piombò un silenzio imbarazzante. Un turb<strong>in</strong>ìo di pensieri assalì Marta. Il<br />
suo alter ego si districò tra i meandri di una curiosità altalenante tra l‟<strong>in</strong>genuo e l‟<strong>in</strong>cendiario e<br />
suggerì un <strong>in</strong>certo: “Credo sia ancora tutto <strong>in</strong> sospeso e che dovrei…” ma un‟improvvisa lucidità la<br />
fece capitolare verso un deciso: “E‟ un pezzo di merda!” e si udì lo sciacquone.<br />
48<br />
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Olimpo<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Non era certo facile vivere assieme a loro.<br />
Tutti avevano un qualche cosa di speciale.<br />
Lui, forse, era ancora troppo giovane e il suo particolare talento non si era ancora manifestato. O<br />
almeno questa era la spiegazione che si dava. Anche perché altrimenti che ci stava a fare lui lassù?<br />
Sì... certo... però... anche quel fighetto di Apollo era giovane come lui o poco di più. Eppure...<br />
mah?! Stava rimug<strong>in</strong>ando su questo mentre si specchiava nel ruscello. Guardava il giovane viso<br />
riflesso nelle acque limpide, nessuna ruga, neppure m<strong>in</strong>ima, piccolissima, aveva il coraggio di<br />
solcare la sua pelle bianca come la neve del suo volto. Gli occhi erano verdi e brillanti, lasciavano<br />
<strong>in</strong>travedere <strong>in</strong>telligenza, ma avevano, <strong>in</strong> quel momento, un piccolo velo, un'ombra che li<br />
attraversava, l'ombra del dubbio.<br />
Si trovava praticamente nello stesso punto <strong>in</strong> cui spesso si sporgeva quell'altro bel fighetto di<br />
Narciso. Povera Eco. Si era <strong>in</strong>namorata nonostante <strong>tutti</strong> le avessero detto di stare a debita distanza<br />
perché tanto non c'era niente da fare, quello era un amore impossibile, ma ormai è nota la<br />
testardagg<strong>in</strong>e del mondo femm<strong>in</strong>ile.<br />
Poi, all'improvviso, vide riflessa anche la faccia di un altro giovane, come si trovasse dietro di lui. Il<br />
nuovo arrivato spuntava da sopra la sua spalla destra. Si girò di scatto, ma, con enorme sorpresa,<br />
vide che non c'era nessuno.<br />
Tornò allora a specchiarsi nell'acqua e vide che l'altro giovane gli sorrideva, era come se fosse<br />
immerso nel ruscello. Poi quell'immag<strong>in</strong>e fluttuante sul pelo dell'acqua, apparsagli come<br />
immag<strong>in</strong>aria, divenne reale e il giovane uscì lentamente dal ruscello e gli si mise accanto.<br />
Lui lo fissò a occhi spalancati, ricolmi di meraviglia, poi però, quasi per ist<strong>in</strong>to, si voltò di scatto e<br />
tornò a guardare il ruscello.<br />
Ancora una volta la sua immag<strong>in</strong>e riflessa si divise. Un altro giovane era lì, sup<strong>in</strong>o, immerso<br />
nell'acqua. Anche quest'ultimo uscì fuori e gli andò accanto.<br />
Lui guardò di nuovo il primo giovane che era uscito e, con voce quasi tremante, gli chiese – Chi<br />
sei? - e questo, immediatamente - Sono te!<br />
Si rivolse qu<strong>in</strong>di all'altro facendogli la stessa domanda - E tu <strong>in</strong>vece chi sei? - Sono te!<br />
I tre giovani uom<strong>in</strong>i sorrisero e si <strong>in</strong>camm<strong>in</strong>arono assieme verso la città alta.<br />
49<br />
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Paolo e Francesca<br />
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Paolo osservava la pioggia battere leggera, monotona contro la f<strong>in</strong>estra del piccolo albergo. Le<br />
gocce disegnavano sui vetri rigagnoli irregolari; si divertì a figurarseli come sagome di giganteschi<br />
spermatozoi.<br />
Aspettava con un confuso senso di ansia e curiosità l'arrivo di Francesca: l'avrebbe <strong>in</strong>contrata per le<br />
prima volta.<br />
Si erano conosciuti solo un mese prima , <strong>in</strong> chat.<br />
Si parlavano nella pausa pranzo, di nascosto, dai computer dell'ufficio.<br />
Non si erano confidati che poche cose: i loro matrimoni <strong>in</strong>felici, il desiderio di una relazione nuova,<br />
lontana dalle mura di casa.<br />
Non si erano raccontati nulla del proprio aspetto fisico: si erano dati appuntamento e basta, <strong>in</strong> quell'<br />
alberghetto appena fuori Genova.<br />
Nella stanza il delicato aroma di lavanda ricordava le distese dei piccoli fiori violacei che crescono<br />
quasi spontanei sulle coll<strong>in</strong>e liguri.<br />
La radio diffondeva le note dei Notturni di Chop<strong>in</strong>.<br />
Paolo prese un cioccolat<strong>in</strong>o dalla scatola rossa: l'aveva acquistata per l'occasione qualche giorno<br />
prima e nascosta nel bagagliaio dell'auto.<br />
Il sapore <strong>in</strong>tenso dell'amarena gli carezzò il palato.<br />
Si accomodò sulla poltrona e si mise a osservare i mobili per <strong>in</strong>gannare il tempo: un letto a due<br />
piazze, due comod<strong>in</strong>i con piccole abat-jour di vetro, un telefono, un armadio e un comò di<br />
mogano... Ma la mente smise presto di seguire gli occhi e prese a fantasticare sull' arrivo di<br />
Francesca e su quello che sarebbe successo dopo.<br />
Chiuse gli occhi.<br />
Immag<strong>in</strong>ava il bussare discreto alla porta, lei che entrava.<br />
Uno sguardo solo per rendersi conto che non era un sogno.<br />
Con un pò di imbarazzo si spogliavano abbandonando gli abiti sul f<strong>in</strong>to tappeto persiano.<br />
Le abat-jour restavano accese, lei si sdraiava sul letto e chiudeva gli occhi.<br />
Lui carezzava il suo corpo... La sua pelle era profumata... Poi str<strong>in</strong>geva e baciava i suoi seni che<br />
immag<strong>in</strong>ava grandi, sodi e accoglienti, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e la penetrava dolcemente...<br />
Lo squillo del telefono quasi lo spaventò.<br />
Disse il portiere dell'albergo.<br />
Rispose.<br />
Paolo fissava la porta, <strong>in</strong> attesa.<br />
Pareva che il tempo si fosse fermato.<br />
Francesca bussò.<br />
Disse.<br />
La porta si aprì lentamente.<br />
Lui guardò con il cuore <strong>in</strong> gola la donna <strong>in</strong> viso.<br />
Esclamò esterrefatta sua moglie.<br />
50<br />
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Per riparare una farfalla<br />
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Costruire una serra non molto grande che consenta di non perdere mai di vista il cielo, <strong>in</strong> un luogo<br />
lontano dal tempo e dallo spazio, irraggiungibile a meno di conoscerne l'<strong>in</strong>dirizzo.<br />
Entrare nella serra a piedi nudi, e solo dopo aver disposto il cuore ad aprirsi. Ogni matt<strong>in</strong>a all'alba<br />
zappettare la terra e <strong>in</strong>umidirla, e affondarvi le dita per farla sentire feconda, e godere con lei di<br />
questo lungo brivido dolce.<br />
Sem<strong>in</strong>are nelle impronte delle proprie carezze semi di piante bellissime e strane, esotiche, dai fiori<br />
colorati: e attendere.<br />
Ad-tendere: tendere verso la terra. Donarle tutta la propria attenzione, spiarne ogni fremito e<br />
sussulto, scaldarsi con lei al sole e r<strong>in</strong>frescarsi durante la notte, sapendo che il tetto <strong>in</strong>visibile e<br />
trasparente protegge da ogni estraneità.<br />
Percepire lo schiudersi dei semi e il suono del germoglio che cerca vibrante una strada verso la luce:<br />
e attendere ancora.<br />
Seguire la crescita delle piant<strong>in</strong>e e <strong>in</strong>coraggiarla e nutrirla: ma non smettere mai di attendere,<br />
coltivando una fiducia <strong>in</strong>crollabile.<br />
Quando f<strong>in</strong>almente spunta il primo bocciolo, allora la cl<strong>in</strong>ica per le farfalle è pronta.<br />
Portare una farfalla ferita e <strong>in</strong>capace di riprendere il suo volo accanto a un fiore ancora chiuso.<br />
Adagiarla su un m<strong>in</strong>uscolo nido sul palmo di una foglia, e parlarle.<br />
Mostrare alla farfalla il gambo che sostiene ed alimenta il fiore lasciandosi attraversare dalla l<strong>in</strong>fa.<br />
Mostrare al bocciolo la farfalla chiusa su se stessa, le ali piegate e tremanti.<br />
E' qui che avviene il miracolo: nessun fiore resiste alla visione di una farfalla, questo è certo, perché<br />
lei gli è <strong>in</strong> tutto simile. Colorata, lieve, e con quella polver<strong>in</strong>a di luce che <strong>in</strong> lui è poll<strong>in</strong>e nutriente:<br />
guardando la farfalla, il fiore si apre alla luce più velocemente. E lei, guardandolo, freme, e sente le<br />
ali come petali freschi che si tendono verso l'alto, quasi contro la sua volontà, piano piano.<br />
Lasciali da soli per un'<strong>in</strong>tera notte; e poi, al matt<strong>in</strong>o, a mani e piedi nudi, andarli a trovare.<br />
E' certo che si saranno scambiati il segreto: lei gli avrà raccontato come si sente un fiore che vola, e<br />
lui, spalancato nella meraviglia di quel racconto, le restituirà l'immag<strong>in</strong>e di una farfalla stillante<br />
nettare.<br />
Allora lui sarà più radicato <strong>in</strong> se stesso, e lei, bagnata di una polver<strong>in</strong>a <strong>in</strong> tutto simile al poll<strong>in</strong>e,<br />
potrà volar via di nuovo.<br />
Ognuno conterrà <strong>in</strong> se stesso il fremito dell'altro né mai ne sentirà la mancanza.<br />
51<br />
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Plaza Mayor<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Faceva un gran caldo per cui mi fermai al bar da Alita, una ragazza con tutte le curve al posto giusto<br />
che mi portò una birra. Ne seguirono altre due servite con tapas e sard<strong>in</strong>e. Pagai venti euro e mi<br />
<strong>in</strong>filai <strong>in</strong> una delle calli che circondano Piazza Mayor, pullulanti di negozi e taverne: era il 15<br />
maggio e le rosquillas de San Isidoro spuntavano dappertutto. Con la testa pesante procedevo sotto i<br />
portici come un automa f<strong>in</strong>ché la vista di uno strano fagottone mi bloccò. Lo focalizzai bene e sotto<br />
il copricapo a strisce riconobbi il volto di Tutankamen ombreggiato dal cobra! Due occhiacci neri<br />
spalancati per un tempo <strong>in</strong>calcolabile avevano catturato l‟attenzione di molta gente.<br />
Ad un certo momento il faraone mi strizzò l‟occhio, sì proprio a me che gli avevo sorriso, povero<br />
scemo! Pigiato come un‟acciuga mi mancava il respiro, dovevo assolutamente uscirne. Con sforzi<br />
sovrumani riuscii ad aprirmi un varco nel groviglio umano e me la svignai. La testa mi scoppiava e<br />
il fetore delle cibarie cotte dal sole delle quattro mi fece vomitare le tapas e anche l‟anima. Mi sentii<br />
subito meglio, ma dovevo togliermi quel puzzo schifoso dalla bocca.<br />
Un bar fece al caso mio. Mi sgolai due cerveza una dopo l‟altra.<br />
“C<strong>in</strong>que euvo” mi sentii dire da un garzone non più alto di un metro e trenta. Un c<strong>in</strong>galese con la<br />
pelle scura e gli occhi che mandavano dei bagliori. “Eccoli” risposi <strong>in</strong>filando una mano nella tasca<br />
posteriore dei jeans. “Mierda,dov‟è il portafoglio?” chiesi angosciato mentre mi palpavo avanti e<br />
dietro come fanno i controllori alla dogana.<br />
“Niente euvo?” cont<strong>in</strong>uava il nano con un sorriso da scemo.<br />
“No amigo niente euro, persi, rubati!”<br />
“No euvo?”<br />
“Nooo, rubatiii” ruggii. Nella mia mente si stava materializzando il luogo e il momento preciso del<br />
borseggio. Ricordavo di aver sentito, <strong>in</strong> mezzo alla ressa, delle braccia avvilupparmi come un<br />
pitone proprio quando Tutankamon mi strizzava l‟occhio. Uno scippo da dieci e lode! Lo ammazzo<br />
quell‟ hico de puta, urlavo scappando dal bar come un ladro (è il caso di dirlo!) mentre il c<strong>in</strong>galese<br />
cont<strong>in</strong>uava come un nastro <strong>in</strong>ceppato: “C<strong>in</strong>que euvo pvego c<strong>in</strong>que euvo”<br />
Arrivai all‟angolo della calle col cuore che mi scoppiava nel petto. Del faraone non restava che un<br />
gran tanfo e una macchia di unto per terra dove due niños giocavano con un avanzo di stoffa.<br />
Addossato ad un pilastro non sapevo se piangere o ridere per la rabbia. Scelsi la seconda opzione.<br />
Scippata patente, documenti, carte di credito e ottocentotrenta euro per la precisione, perché venti li<br />
avevo spesi per il pranzo.<br />
“Eccoti qua amigo: alto, grosso, maglia viola e berretto nero. “Perché non hai pagato il conto al bar<br />
Flor?” mi sentii <strong>in</strong>vestire da un agente <strong>in</strong> divisa.<br />
“Sì non ho pagato, ah ah niente euro, me li ha rubati Tutankamon proprio qui, vede queste chiazze<br />
ah ah” risposi cercando di calmare la mia risata isterica. Pensavo come quel nano era riuscito a fare<br />
tutto così <strong>in</strong> fretta, ma alla festa di Sant‟Isidoro Madrid pullula di gendarmi.<br />
“Qui, amigo? Tutankamon? Ah, ma certo, un faraòn, ah, ah! Documento, prego!” sghignazzava<br />
sotto due baffetti arricciati <strong>in</strong> punta.<br />
“Non l‟ho. Quel cabron mi ha rubato tutto, ah ah e poi se l‟è svignata” risposi ancora <strong>in</strong> preda ad un<br />
riso <strong>in</strong>controllabile.<br />
“Ah, Ah, fai bene a ridere, riderai anche alla comisarìa, seguimi!” disse il bastardo spostando la<br />
visiera del berretto blu. Io <strong>in</strong> questura per c<strong>in</strong>que euro, ah ah e Tutankamen a divertirsi coi miei<br />
ottocento? Ma è possibile che a ogni danno ho anche la beffa? Eppure non sono un masochista né<br />
un autolesionista, solo un po‟ menefreghista..<br />
52<br />
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Predest<strong>in</strong>ati<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Il tema portante di questa storia è rappresentato dalle <strong>in</strong>giustizie derivanti dalle differenze tra classi<br />
sociali<br />
La storia è ambientata negli anni '60 <strong>in</strong> una metropoli americana dove vivono tre ragazzi di 18 anni<br />
che per un curioso dest<strong>in</strong>o sono nati nello stesso giorno e portano lo stesso nome: Daniel. Costoro<br />
appartengono a tre classi sociali diverse e altrettanto differenti sono le loro esperienze. Malgrado<br />
tutto le loro vite e le loro storie f<strong>in</strong>iscono ben presto per <strong>in</strong>tersecarsi. Daniel Word, il più povero dei<br />
tre, vive con i genitori <strong>in</strong> un ambiente degradato. Il padre, un uomo dedito al vizio dell'alcool,<br />
violento e senza scrupoli, f<strong>in</strong>isce per abbandonare lui e la moglie al loro triste dest<strong>in</strong>o. Daniel<br />
Richards appartiene alla media borghesia, frequenta l'università ed è fidanzato con Lucy, mentre si<br />
sente morbosamente legato a sua cug<strong>in</strong>a Marie. Daniel Perdon è studente liceale e terrorista<br />
rivoluzionario; egli vive con la famiglia e John Perdon, suo padre, entra ed esce spesso di prigione.<br />
Il giovane effettua assalti e rap<strong>in</strong>e per f<strong>in</strong>anziare la causa rivoluzionaria ma nessuno è al corrente di<br />
tutto ciò, nemmeno la sua fidanzata, Angela. I Daniel, oltre che dal nome, sono accomunati da un<br />
triste dest<strong>in</strong>o che lì condurrà ad una morte violenta nella stessa livida alba. Daniel Word e Perdon<br />
vengono uccisi dalla polizia durante una rap<strong>in</strong>a mentre Daniel Richards <strong>in</strong> un <strong>in</strong>cidente d'auto,<br />
causato dal suo dis<strong>in</strong>teresse per la vita.<br />
Al funerale dei tre poveri sventurati si <strong>in</strong>contreranno le loro madri, che f<strong>in</strong>o ad allora non si erano<br />
mai conosciute.<br />
53<br />
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Qualcosa di prezioso<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
L'ultima volta che ci siamo visti mi ha affidato alcuni libri. Due copie per ogni titolo, due titoli <strong>in</strong><br />
tutto. Quattro volumi.<br />
Alla f<strong>in</strong>e, propendevo per dischiudere quello con la copert<strong>in</strong>a azzurra, e ne osservavo assorto le<br />
pag<strong>in</strong>e.<br />
Cercavo di apparire a raccolto nella sola responsabilità di leggere.<br />
Tutta il mio corpo mi concedeva la forma di una f<strong>in</strong>ta immobilità, con le mie gambe che tremavano<br />
appena.<br />
Intanto, le parole che si susseguivano tracciate sulla carta scorrevano senza senso e senza una<br />
soluzione precisa sotto i miei occhi.<br />
Così, mi accorgevo immediatamente che non sarei mai stato <strong>in</strong> grado di leggere alcunché, seduto lì,<br />
dentro quella stanza, di fronte all'uomo che aveva passato anni a curare la nascita di quei versi.<br />
Assorto, cont<strong>in</strong>uavo a mantenere viva la mia menzogna, come preoccupato di poter <strong>in</strong>cr<strong>in</strong>are la<br />
fragilità che percepivo.<br />
- Due copie... non me ne servono così tante.<br />
Mi risponde con un gesto affrettato della mano.<br />
Un chiaro <strong>in</strong>vito a trattenere qualcosa che non si vuole e che ha perso <strong>in</strong>teresse.<br />
Lo stesso gesto che riservereste a una mano aperta ad offrire una monet<strong>in</strong>a da c<strong>in</strong>que cent.<br />
- Ne ho... tanti...tanti libri.<br />
Muove lo sguardo oltre di me e com<strong>in</strong>cia a parlare, a fatica, con mio nonno.<br />
Il suono delle parole era <strong>in</strong>descrivibile.<br />
Ti rimaneva <strong>in</strong>collato addosso.<br />
Una voce prostrata, depurata da ogni emozione.<br />
Parlava tranquillamente con mio nonno, e il suo corpo gli permetteva di tessere solo lo scheletro<br />
della conversazione.<br />
Mi rendevo conto improvvisamente della vera natura della mia tensione verso quell'essere stremato<br />
dalla malattia.<br />
Si trattava del distacco.<br />
La sua essenza cosciente era un nucleo su cui si era esteso un vuoto, una profonda lontananza dalla<br />
realtà materiale.<br />
Intorno a questa luce, che il vuoto stava lentamente sopraffacendo, si ergeva un guscio solido.<br />
La sua persona.<br />
Si era trovato ad essere estraneo al suo stesso corpo.<br />
Che non lo riconosceva più.<br />
E chiunque, <strong>in</strong> quell'istante, sarebbe stato consapevole che un giorno avrebbero def<strong>in</strong>itivamente<br />
perso ogni contatto, separati, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, dall'oblio.<br />
Pronuncio questa frase, non appena congedati dal nostro amico.<br />
- Come stava?<br />
Cioè, due semplici parole per sott<strong>in</strong>tendere tutta una serie di considerazioni e verità soggettive.<br />
Un uomo sta morendo, sconfitto dal Park<strong>in</strong>son e alle condizioni imposte dalla malattia.<br />
Una morte immobile e silenziosa.<br />
Però, io sto chiedendo se oggi sta meglio di ieri, o della settimana scorsa, o anche di un anno fa.<br />
54<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Sto chiedendo a mio nonno, ora, seduti <strong>in</strong> macch<strong>in</strong>a, se il suo amico sta v<strong>in</strong>cendo il suo scontro<br />
quotidiano.<br />
Non ottengo subito risposta.<br />
Parla solo dopo qualche m<strong>in</strong>uto, cercando di mettere <strong>in</strong>sieme le parole che ritiene opportune.<br />
Le frasi escono una alla volta, <strong>in</strong>tervallate dal silenzio.<br />
- Adesso gli hanno modificato la terapia, ora, almeno... riesce ad alzarsi, ogni tanto.<br />
La notte non ha più quei dolori atroci. Atroci. Per fortuna.<br />
No, non scrive più. Legge, ma poco.<br />
Ma con le pillole riesce a stare bene anche per due, tre ore.<br />
- L'altro giorno -, ride piano, senza tristezza, - eravamo <strong>tutti</strong> da noi. Il gruppo. C'erano Cater<strong>in</strong>a, con<br />
il marito, Gianni, la Vallì, gli amici del cantiere, Stefano, l'<strong>in</strong>gegner Bassi... Franco e anche la<br />
moglie e gli altri.<br />
- Ha riso e stava bene. Sembrava molto piccolo, stretto tra Stefano e Gianni.<br />
Silenzio.<br />
- Prova a leggerli, quei libri. Sono poesie <strong>in</strong> dialetto terrac<strong>in</strong>ese. Capisco che possono essere magari<br />
difficili... da capire. Ma sono belle. Mi farebbe una grande piacere...<br />
Annuisco.<br />
Ed è <strong>in</strong> quel preciso momento che ho la nitida e stupenda impressione di trattenere tra le mani<br />
qualcosa di prezioso.<br />
55<br />
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Quattro Novembre<br />
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Mamma,<br />
mentre dormivi<br />
un respiro sbagliato ti ha soffiato via,<br />
lasciando vuoto il tuo corpo m<strong>in</strong>uscolo.<br />
Io però cont<strong>in</strong>uo a guardarti<br />
Perché non so dove altro cercarti,<br />
perché non so come fare a trovarti<br />
e non sapevo di averne bisogno.<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Ho avuto la certezza che saresti morta quando a settembre ti ho sognato guarita, sana, giovane e<br />
bellissima.<br />
Nella realtà ti ho visto così bella e gioiosa solo nelle fotografie, quelle che <strong>in</strong> questi giorni guardo <strong>in</strong><br />
cont<strong>in</strong>uazione.<br />
Osservo con attenzione e vedo ritratta una ragazza, poi una giovane donna e poi una madre bella,<br />
bellissima e soprattutto mi colpiscono gli occhi che hanno uno sguardo <strong>in</strong>tenso, ironico, furbo.<br />
Uno sguardo che non riesco ad associare alla donna fragile, tenuta <strong>in</strong> scacco dalla vita, sempre <strong>in</strong><br />
bilico sul bordo, <strong>in</strong>decisa tra la salvezza e l‟autolesionismo, che ho conosciuto.<br />
Studio le foto con meticolosità maniacale per cercare di scoprire il momento <strong>in</strong> cui il tuo sguardo è<br />
cambiato.<br />
Riconosco il velo della mal<strong>in</strong>conia <strong>in</strong> una foto dell‟estate ottantadue. La rabbia a maggio ottantatre.<br />
A carnevale dell‟ottantaquattro ti vedo affasc<strong>in</strong>ante e serena travestita da gangster. E ancora allegria<br />
negli occhi nel settembre ottantac<strong>in</strong>que; scherzi con papà. Sullo sfondo riconosco l‟armadio dello<br />
studio del nonno.<br />
Triste o pensosa dietro agli occhiali da sole a Terrac<strong>in</strong>a nell‟ottantasei? Non si riesce a capire.<br />
Pallida, tirata, opaca nel giugno del novanta.<br />
Torni a sorridere a giugno del novantasei, è il matrimonio di Donatella, ma sorride solo il viso, gli<br />
occhi hanno com<strong>in</strong>ciato a farsi distanti.<br />
Nel febbraio novantanove non comunichi più con il mondo esterno attraverso i tuoi occhi.<br />
Le foto f<strong>in</strong>iscono e ora posso fare appello solo alla mia memoria. Ma per quanto mi sforzi, gli unici<br />
occhi che mi riesce di ricordare sono quelli dei tuoi ultimi giorni.<br />
Enormi, perché tu ti eri fatta piccolissima, ma enormi anche di paura e di confusione.<br />
Occhi spalancati come a chiedere aiuto e risposte che nessuno poteva più darti. Nemmeno io e non<br />
sai quanto avrei voluto.<br />
Hanno detto che sei morta serenamente nel sonno che la morf<strong>in</strong>a ti rendeva dolce. Prima di dormire,<br />
prima di morire eri con me e con papà. Ci siamo salutati con un bacio: “Ci vediamo domani” e hai<br />
sorriso. Se questo è quello che avevi negli occhi morendo, allora forse è vero che sei morta serena,<br />
Allora forse mi posso consolare un po‟ anche io.<br />
Negli ultimi anni ti sei ritirata <strong>in</strong> un mondo a parte, solo tuo. La malattia e i dolori hanno f<strong>in</strong>ito per<br />
isolarti ancora di più nei tuoi pensieri, sempre uguali, <strong>in</strong>sistenti, circolari, sono diventati il tuo unico<br />
punto di riferimento nella vita. Era diventato difficoltoso, stancante, a volte impossibile penetrare<br />
quel mondo o fartene uscire.<br />
Una campana di vetro trasparente ma impenetrabile avvolgeva la tua anima.<br />
So che hai vissuto tutta la vita avendo per compagna la paura di non essere importante, di non<br />
essere amata. Ogni tentativo di dimostrarti il contrario rimbalzava contro quel vetro e tornava<br />
56<br />
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<strong>in</strong>dietro distorto, <strong>in</strong>utile, amaro.<br />
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Mi manca la fede, quella che fa credere con <strong>in</strong>crollabile certezza che esista una vita dopo la morte<br />
<strong>in</strong> un luogo dal quale le anime vegliano e forse proteggono coloro che hanno lasciato sulla terra.<br />
Non ho la fede e nessuna certezza, solo un po‟ di speranza che tu, mamma, <strong>in</strong> qualche modo che<br />
completamente mi sfugge, possa sentire f<strong>in</strong>almente, forte, lampante, <strong>in</strong>tenso quell‟affetto grande<br />
che non posso più dirti. E allora lo scrivo sulla carta, a nessuno, ma con la stessa <strong>in</strong>genua fiducia di<br />
un bamb<strong>in</strong>o che scrive a babbo natale, che tu possa leggerlo:<br />
ti voglio bene mamma.<br />
57<br />
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Racconto di un’emozione<br />
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Il mio bagno: due di notte. Con soli due giorni di ritardo, faccio il test di gravidanza:<br />
momento cruciale nella vita di ogni donna perché sai che nel bene o nel male la tua vita cambierà.<br />
Non è facile parlare di questo tipo di emozione a un uomo,ma voglio raccontarti,<br />
se ci riesco, cosa ho provato quando ho scoperto di avere una creatura <strong>in</strong> grembo.<br />
In bagno, sola, alle due di notte ti passa la vita davanti.<br />
In quei pochi attimi, mentre aspettavo il risultato del test, pensavo solo “ lo so, ci sei”,<br />
mi dicevo “sono <strong>in</strong>c<strong>in</strong>ta” lo sapevo. Il risultato, ovviamente positivo,<br />
Si può giurare davanti a un test di gravidanza positivo? Io l‟ho fatto: “Per questa creatura<br />
ci sarò, sarà la persona più importante della mia vita.” Non so descrivere quello che ho pensato, so<br />
solo che ho avuto la consapevolezza che la mia vita da quel giorno non sarebbe stata più la<br />
stessa:avevo la responsabilità di un‟altra vita.<br />
Un‟emozione che si sarebbe sostanziata otto mesi dopo.<br />
Non ho potuto avere la gioia di vedere nascere mia figlia, ero anestetizzata, ho subito un cesareo<br />
con anestesia totale. L‟ hanno vista gli altri, nessuno ha saputo descrivermela,<br />
è bruna dicevano, somiglia a tuo padre. Somiglia a me, dissi io.<br />
L‟ ho vista per la prima volta il giorno dopo, me l‟ha portata mia madre dalla nursery,<br />
aveva passato la notte <strong>in</strong> <strong>in</strong>cubatrice, era bella, elegante con i vestiti che io avevo comprato per lei.<br />
Appena ha sentito la mia voce ha aperto gli occhi.<br />
“ Non ti ho vista nascere figlia mia, non ho visto il mio sangue addosso a te, ma ti ho sentita mia.<br />
Sei uno specchio, uno specchio <strong>in</strong> cui mi guardo crescere.<br />
Riconosco le tue paure perché sono state le mie, riconosco l‟ansia, la gioia, la frustrazione perché<br />
sono state le mie <strong>in</strong> un‟altra vita, <strong>in</strong> un altro secolo. Ora mi accorgo che sei diventata c<strong>in</strong>ica, io non<br />
lo sono mai stata, forse perché la vita ti ha tolto tutte le persone che hai amato<br />
i quattro nonni, la migliore amica lontana, tuo padre che una domenica matt<strong>in</strong>a ti ha svegliato<br />
dicendo “andrà meglio se me ne vado”, meglio per lui, ma non per te.<br />
Accanto a te sono rimasta io, quella stessa donna che <strong>in</strong> una notte ormai lontana, ti ha promesso che<br />
non ti avrebbe mai lasciata sola. Ora quella donna a cui resti solo tu, si ritrova a parlare di te a un<br />
amico sconosciuto, perché scrivere di te mi fa bene al cuore, anche se f<strong>in</strong>isco<br />
con gli occhi pieni di lacrime.”<br />
58<br />
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Rifare il verso ai fratelli Marx<br />
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- “ Troppe virgole!”<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
- “ Virgole?<br />
Intendi questi cosi al posto dei capelli? Questione di karma. Fidati! ”<br />
- “ Cosa c‟entra il karma con la punteggiatura? ”<br />
- “ C‟entra, c‟entra…<br />
Da piccola ero soprannom<strong>in</strong>ata “ virgoletta”!<br />
- “ ^ - ^ ” .<br />
- “ Le virgole somigliano alle note musicali.”<br />
- “ Dici?<br />
Com‟era?<br />
Le virgole non sono altro che graffi su un foglio bianco…”<br />
- “ Ah… che romantico!”<br />
- “ Dimmi, qual è la tua nota preferita?”<br />
- “ Mi piace portare ad libitum il Sol Levante…”<br />
-“ Io, <strong>in</strong>vece, mi tengo sul La m<strong>in</strong>ore. Sai… è più alla mia portata”<br />
- “ Cameriere!”<br />
- “ Ord<strong>in</strong>i pure, signora!”<br />
- “ Una pizza!”<br />
- “ Tenga presente che non ci sono più le quattro stagioni e Vivaldi è morto!<br />
La pugliese l‟ho licenziata così come la bavarese che non aveva il permesso di soggiorno<br />
e con i tempi che corrono… Suvvia non faccia la capricciosa!<br />
Si prenda una margherita o, se non soffre di mal di mare, una mar<strong>in</strong>ara.”<br />
-“ Be‟, visto come corrono i tempi… tornerei volentieri un po‟ <strong>in</strong>dietro.<br />
Una PIZZA ai gamberetti!<br />
Ben saltati nel tempo, s‟<strong>in</strong>tende.”<br />
- “ Kurioso… ma ogni volta che faccio un viaggio all‟<strong>in</strong>dietro mi tremano le mani.”<br />
- “ Forse siete andato nel pallone (Signore) perciò le vostre mani tremano…<br />
Ma potrebbe anche trattarsi di un fallo clamoroso, nel caso voi aveste alzato troppo<br />
59<br />
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il gomito… Delirio Tremens?”<br />
- ( Stretta di mano )<br />
- “ Meglio una carezza <strong>in</strong> un pugno o un pugno <strong>in</strong> un occhio? ”<br />
- “ Ai nostri apPunti l‟ardua assistenza…”<br />
- “ Dopotutto la pazzia e il genio hanno entrambi un occhio viola!”<br />
<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
- “Non sai quanto mi è costato l‟occhietto!!!!<br />
Vede le belle ragazze e strizza, arriva la moglie e s‟<strong>in</strong>cazza<br />
poi me le dà con la mazza io mi sento una pezza poi scrivo alla mia amica pazza<br />
e tutto passa.”<br />
- “ Si però, pure tu…<br />
Non potevi <strong>in</strong>ventarti la scusa del moscer<strong>in</strong>o?<br />
( Zum pappà…. zum pa ppà… questo è il Valzer del Mooscer<strong>in</strong>o…)<br />
- “ Ho cercato di <strong>in</strong>ventarmi la scusa del moscer<strong>in</strong>o,<br />
ma ho gli occhi troppo piccoli e non se l‟è bevuta,<br />
anzi me l‟ha data <strong>in</strong> testa con tutto il Cynar dentro!<br />
Mi sono punto con il carciofo… ”<br />
- “ E lo dicevo io che <strong>in</strong> certi casi una stretta di mano è la cosa migliore.<br />
Chissà poi perché ne fu abolito l‟utilizzo…. mah…<br />
Dopotutto anche “l‟occhio vuole la sua parte…”<br />
(Ehy occhietto… su dai, non fare così, vai a piangere sulla cipolla dabbravo…)<br />
- “ Che traffico oggi all‟ora di punta! Dico alla moglie, dai facciamo la pace, beviamoci una fanta,<br />
almeno la bottiglietta è di plastica, ma poi dobbiamo riciclarla, dice lei,<br />
No che importa, la mandiamo <strong>in</strong> Germania, che ci pens<strong>in</strong>o loro!”<br />
- “ Mi rallegro per l‟idea fantasma goritza…<br />
Ma se la Germania di Tacito e Nietzsche dovesse rifiutare i rifiuti<br />
<strong>in</strong> nome della purezza di stirpe e della raccolta differenziata?”<br />
- “ Sarebbe impataccata di razzismo, of course!”<br />
- “Ai cassonetti il diritto di replica!<br />
Oddio! Si sono moltiplicati all‟<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito!! E mo‟?”<br />
- (El pueblo unido, hamas serà vencido… )<br />
_ “Hey, un memento!<br />
E se facessimo una Shoà della monnezza?<br />
60<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
I tedeschi sono bravi a fare le pulizie, a trovare le “Soluzioni F<strong>in</strong>ali”!<br />
Al massimo mandano tutto <strong>in</strong> cristalli!<br />
(E’ davvero un obbrobrio <strong>in</strong>tralciare i loro piani…)”<br />
- “ Se la Germania rifiuta i rifiuti, oh me<strong>in</strong> Fuhrer, guidaci tu!<br />
Con il gas russo, la monnezza italiana e i vostri forni a gas facciamo una figura di mehr da<br />
popolo globale che da popolo emancipato.<br />
Allora io sciò per ora e hasta la scrittura siempre!”<br />
-“ E se chiamassimo quel gran figlio di una Bob<strong>in</strong>a di Goebbels e girassimo gli esterni<br />
con luci spettrali e atmosfere da Istituto Luce?<br />
Che impressione!<br />
Giammai!!!<br />
Ridatemi il mio cassonettoooo!”<br />
61<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Ritratto <strong>in</strong> controluce di Augusto Ra<strong>in</strong>er<br />
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“Niente di buono mi aspetto oramai dagli uom<strong>in</strong>i”, andava ripetendo nei lunghi pomeriggi<br />
estivi sotto la magnolia dalle foglie sode e brillanti a dispetto della quasi secolarità. Lo<br />
stesso adagio o massima riproponeva sotto vesti diverse da quando lo conoscevo, pure<br />
prima del sopraggiungere delle precoci serate <strong>in</strong>vernali, <strong>in</strong>fagottato a dispetto della<br />
rotondeggiante e fiera corporatura, <strong>in</strong> una delle sue solite bluse felpate.<br />
A volte la profondità amara della sua voce soffocava nel sottaciuto la stizza, mentre alcuni<br />
toni da tenore alludevano <strong>in</strong> maniera goffa e simpatica ad una volontà di potenza mai del<br />
tutto dimenticata.<br />
Augusto Ra<strong>in</strong>er nella sua giov<strong>in</strong>ezza si era barcamenato senza conv<strong>in</strong>zione nella<br />
frequentazione di corsi di laurea umanistici e nella vaga ricerca di un riconoscimento<br />
ufficiale sancito da un regolare curriculum studi.<br />
Prima all‟Università di Camer<strong>in</strong>o poi all‟Università di Bologna, città che a suo dire<br />
avrebbero dovuto garantire la fondatezza di una formazione culturale, <strong>in</strong> quanto sede dei più<br />
antichi atenei.<br />
Comunque il suo peregr<strong>in</strong>are da una città all‟altra non fu altro che l‟estr<strong>in</strong>secazione del suo<br />
andirivieni <strong>in</strong>teriore, contrassegnato dalla <strong>in</strong>quietud<strong>in</strong>e ed <strong>in</strong>adeguatezza di un‟anima che<br />
trovava orgoglioso appagamento solamente <strong>in</strong> disord<strong>in</strong>ate ma voraci e sterm<strong>in</strong>ate letture.<br />
Con disappunto sempre mal celato, l‟esito degli studi non poté che essere fallimentare,<br />
perlomeno riguardo ai valori di riferimento di un universo borghese ambiguamente<br />
r<strong>in</strong>negato.<br />
La seriosa civetteria da erudito autodidatta affasc<strong>in</strong>ò la acerba curiosità di me poco più che<br />
adolescente e mi sp<strong>in</strong>se a frequentarlo con assiduità ossessiva per anni e anni.<br />
La benevolenza quasi paterna e la sua generosità di ospite trovarono <strong>in</strong> me un ascoltatore<br />
<strong>in</strong>stancabile e paziente e per molto tempo non all‟altezza di controbattere con sufficiente<br />
proprietà dialettica negli <strong>in</strong>evitabili frangenti di disaccordo.<br />
“Tutto ciò che diciamo e facciamo o che possiamo dire e fare già è accaduto, si è ripetuto e<br />
si ripeterà”.<br />
Anche questa laconica e astorica considerazione esistenziale, emessa dalle labbra di un<br />
conoscitore della storia quale era Augusto Ra<strong>in</strong>er, non poteva certo offrire molti marg<strong>in</strong>i di<br />
speranza al mio desiderio di conoscenza.<br />
Eppure al di là della amarezza che percepivo <strong>in</strong> maniera a volte frustrante, si <strong>in</strong>travedeva il<br />
calore umano di chi si è sentito irrimediabilmente sconfitto, ma perdendo smalto ha<br />
62<br />
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acquisito una propria dolcezza melanconica.<br />
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Pochi erano stati messi a parte del sogno che ancora lo animava e lo teneva aggrappato<br />
nascostamente a quel poco di etereo che la grettezza della quotidianità ci les<strong>in</strong>a.<br />
Io certamente ero troppo giovane ed <strong>in</strong>genuo per meritare tale dignità, ma coglievo e mi si<br />
lasciava cogliere lo spiraglio della portata del sogno.<br />
La mole di letture si era accompagnata ad una copiosa produzione letteraria attorno alla<br />
quale Augusto Ra<strong>in</strong>er, più o meno volutamente, aveva eretto un alone di mistero.<br />
Il sogno della propria riconoscibilità attraverso la scrittura lo aveva proiettato <strong>in</strong> una<br />
dimensione atemporale che oltrepassava i limiti dell‟attesa e gli conferiva un‟aura di nobiltà<br />
ed una luce che, squarciando le nebbie della disillusione di uomo maturo e consapevole,<br />
appariva ancora più preziosa.<br />
Lo persi di vista alcune estati fa, <strong>in</strong> uno degli oramai rari pomeriggi allietati dal suo soave e<br />
spumeggiante v<strong>in</strong>o bianco, di cui spesso teneva nascosta la provenienza per giocare con gli<br />
ospiti a chi la sapeva <strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are.<br />
Io ora abito lontano e anche volendo, difficilmente potrei avere sue notizie, ma amo<br />
ricordarlo come una delle figure che più hanno segnato la mia giov<strong>in</strong>ezza.<br />
63<br />
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S come uomo<br />
s come solo<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Solitud<strong>in</strong>e serpeggiante,zitelle folate spifferano storie. Sp<strong>in</strong>gono al complice uomo.<br />
Ignari,nutrono fame. Il setaccio,getta la pula, tiene il grano:la disponibilità,ritratto,ricalco di Dorian<br />
Gray <strong>in</strong>verso,dagherrotipo disegna le proprie migliori qualità.<br />
Stefano. C<strong>in</strong>quantenne deciso,conscio, bell‟aspetto. Esperto,mostra buoni f<strong>in</strong>i.<br />
Vissuto,toscano,pacato. Gentile,ama le mie idee,a cui devo fama di “tipo <strong>in</strong>teressante”. Libero e<br />
promettente <strong>in</strong>contro. Separato, onesto e chiaro con moglie e figlia.”Non mi basta”. Sanciti per<br />
sempre gli appetiti <strong>in</strong>saziabili. Stefano non si gloria, si racconta solo. Cerca e, lo sa fare, a tratti<br />
m<strong>in</strong>uti e gentili, ma maschi nei capelli corti e brizzolati, che fanno corona a spalle ben tornite e<br />
palestrate,eternamente abbronzate. Curato o privilegiato, sento ch‟è chiuso da folle d‟assatanate.<br />
Sottile per territorio, voce venata, sgargiante filo d‟arguzia. Un purosangue, felice,conscio mantello<br />
lucido,nervi guizzanti,bellezza,nobiltà. Bell‟esemplare, a presc<strong>in</strong>dere dalla razza. Mauro,luce d‟una<br />
sera,già confusa a calma densa di notte. Stregato,a cenno di muta poesia, ha baciato le mie parole<br />
contento. Silenzi fumosi e frequenti,ammantano la sua vicenda. Spirali d‟avarizia,sono grata<br />
forata,da cui filtra chiaro d‟anima,piccole cose,tasselli di affresco immenso. Mauro lavora<br />
all‟estero, climi rigidi, polari. Sparisce spesso,al ritorno sono fra i suoi primi pensieri. Gli occhi<br />
segnati,stanchi,ne fanno un gigante gravato da ignoto peso. E‟ domato da un pensiero. Serrato da<br />
nebbia, ma non celato. Confessa il proprio fardello:salute malferma. Muto,mi lasciava fuori,cosi<br />
che restassi vacanza.<br />
Le radure pensate a colori,sbiadiscono <strong>in</strong> buio,dove si caccia la disperazione. Mauro, mi fa nota<br />
atroce realtà. Giuseppe,naif,carnale,disonesto,traditore. Sistematico filosofo del carpediem.Avanza<br />
richieste estreme,logiche, senza giri di parole. E il tabù. Non si mostra,preferisce farsi ritrarre da<br />
sani, animali ist<strong>in</strong>ti,contando sull‟idea che ciò possa e debba bastare ad una donna. Non basta a me,<br />
sparirà ai miei ritorni. Antonio,un boa,serpente sonnecchiante,privo di motivi. E‟ una boa <strong>in</strong>ane,che<br />
neanche se stesso sa circumnavigare. Rassegnato guarda passivo le sventure su cui s‟appisola. Sono<br />
una buona occasione o solo una che lascia il tempo che trova? Antonio ama crogiolarsi nel proprio<br />
amma<strong>in</strong>ato. Flebili guizzi di virile sp<strong>in</strong>ta, lo <strong>in</strong>ducono ad un <strong>in</strong>contro, presto saltato,la sorella lo<br />
reclama ad ogni pasto. Un pendolare fra chi è e ciò che vorrebbe essere. Sf<strong>in</strong>ito,non ama<br />
<strong>in</strong>terferenze,sparisco. Luca docente partenopeo verace,vuole carpire,saziare mille voglie di sesso<br />
scanzonato. Mi dà del “capo”,che coniuga bene <strong>in</strong>telletto ed alcova. Alto, biondo,occhi<br />
verdi,aspetto apoll<strong>in</strong>eo,smentito subito da pancetta ,reo confesso di g<strong>in</strong>nastica da tavola e letto.<br />
Raff<strong>in</strong>ato spezza le sue lance,su matrimoni traballanti e <strong>in</strong>dissolubili,che resistono grazie a questi<br />
circuiti.”Mar<strong>in</strong>erà” la scuola per me. Le antiche marachelle da scolaro negligente, non saranno<br />
cancellate da laurea e cattedra. Lucignolo, ancora verso il Paese dei Balocchi. Maurizio è le mie<br />
memorie. Coetaneo disperato. Affamato. Ci <strong>in</strong>contriamo presto. Auto lucida,meta<br />
coll<strong>in</strong>are,tramonto <strong>in</strong> assetto. Silenzio implacabile a ogni tentativo di parola. Aleggia l‟ubbidienza<br />
di lui. Che ha appreso facile equazione. Sono salita,sono consenziente. Ma s‟alza un muro. Sono il<br />
passato,l‟<strong>in</strong>fanzia,le sensazioni, i ricordi. Non amante. Il ritorno è nostro alleato,sciolto,caldo di<br />
lampioni e confidenze,sono specchio. Non lo sentirò più, ma ho re <strong>in</strong>contrato un tempo, come<br />
comune amico.<br />
64<br />
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Sàlvati<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Se ne stava sdraiata sulla sua barca e il vuoto tra la punta del suo naso ed il cielo la <strong>in</strong>quietava<br />
terribilmente. Pensava che se fosse stata un uccello non avrebbe volato molto <strong>in</strong> alto, e se fosse stata<br />
un pesce non sarebbe mai venuta troppo a galla.<br />
Improvvisamente sentì il gelo penetrarle nelle ossa. Aveva il corpo freddo, di quel freddo gelido che<br />
taglia, e si sentiva tagliare le gambe, come se delle forbici le trapassassero la carne. Fu un istante,<br />
l‟attimo <strong>in</strong> cui si accorse che non erano tanto le sue gambe a staccarsi, ma era lei a staccarsi dalla<br />
vita. Questo non le dispiacque affatto.<br />
Era l‟attimo <strong>in</strong> cui tutto si solidifica, rimane <strong>in</strong>tatto e immutato, niente cambia, l‟attimo <strong>in</strong> cui la<br />
certezza per la prima volta si impossessò di lei, e comprese improvvisamente che la sua vita era<br />
tutta lì.<br />
Lì tutto è fermo, lì il gelo delle sue gambe martoriate trovava riposo, lì avrebbe trovato rifugio.<br />
Come quando da piccola rubava le albicocche del contad<strong>in</strong>o e si nascondeva dietro l‟aratro con suo<br />
fratello. Lui sì che era <strong>in</strong> pace adesso, sotto la terra.<br />
Così si trovò improvvisamente <strong>in</strong> quel posto, e per la prima volta nella vita si sentì a casa. Era<br />
<strong>in</strong>vestita dallo splendore, la bellezza aveva <strong>in</strong>vaso i suoi occhi e lei non aveva più domande ma solo<br />
risposte, era completa, era di nuovo <strong>in</strong>tera.<br />
Adesso era arrivata.<br />
Era così stordita ed affasc<strong>in</strong>ata che le arterie non trasportavano più sangue al cuore ma l‟<strong>in</strong>canto<br />
sublime di una dimensione nettamente superiore all‟immag<strong>in</strong>azione, perché la fantasia è <strong>in</strong> qualche<br />
modo legata alla realtà, <strong>in</strong>vece ciò che vedeva era estraneo ad ogni forma di rappresentazione<br />
terrena.<br />
Adesso sapeva dove si trovava.<br />
Non aveva più il suo corpo, o meglio non aveva più un corpo. Ma riusciva a vedere.<br />
Inaspettatamente sentì una voce.<br />
“Sàlvati.”<br />
Eva d‟un balzo riottenne la sensazione del tatto e sentì il bisogno di respirare.<br />
Aprì di scatto gli occhi, perché adesso li aveva, e aveva anche una bocca e due mani.<br />
Le scosse.<br />
“Ha le gambe spezzate, subito <strong>in</strong> sala operatoria.”<br />
D‟un tratto Eva non era più affasc<strong>in</strong>ata, non era più completa e non era più <strong>in</strong>tera.<br />
Anzi, aveva due gambe spezzate.<br />
Ricordò la fuga <strong>in</strong> barca, la pioggia e la caduta <strong>in</strong> mare. Ricordò che sentiva un gelo improvviso che<br />
le penetrava le ossa. Ricordò di essere stata spaventata, come quella volta vic<strong>in</strong>o al letto del fratello,<br />
come quando si era resa conto di essere ormai, come quando era stata logorata dal senso di colpa.<br />
Come tutte le altre volte.<br />
La solita paura di sempre.<br />
E adesso si trovava <strong>in</strong> un ospedale a quanto pareva. Non sentiva più niente, se non un forte mal di<br />
testa. Mentre la trasportavano sulla barella i medici parlavano ma non era <strong>in</strong> grado di ascoltare. Capì<br />
di essere viva, e si stupì di esserne felice.<br />
A Eva era stata data l‟opportunità di salvarsi, o forse si era salvata da sola.<br />
Era stata 14 ore senza conoscenza, nell‟acqua gelida, ma senza annegare.<br />
Qualcosa <strong>in</strong> lei era cambiato.<br />
Adesso se ne sta sdraiata sulla sua barca e il vuoto tra la punta del suo naso ed il cielo la affasc<strong>in</strong>ava<br />
65<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
terribilmente. Pensa che se fosse un uccello volerebbe <strong>in</strong> tutte le direzioni per cercare di scoprire<br />
tutte le potenzialità del suo volo, e se fosse un pesce verrebbe spesso a galla, per vedere il mondo da<br />
una diversa prospettiva.<br />
66<br />
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Scrivere<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Aveva tra le piccole mani il foglio di quaderno strappato. I segni della penna le stavano parlando e<br />
lei ascoltava. Faceva scorrere gli occhi appoggiandoli sul tracciato d'<strong>in</strong>chiostro e muoveva le labbra<br />
<strong>in</strong> una cantilena respirata che solo lei conosceva. F<strong>in</strong>o alla f<strong>in</strong>e della riga. E poi la riga sotto.<br />
Sbatteva le ciglia e sospirava come di fatica. E ricom<strong>in</strong>ciava a parlare con suoni e segni e pensieri.<br />
Bei pensieri. Come suggeriti dagli angeli. Non si accorse della nonna che le si mise accanto.<br />
"Hai strappato il foglio dal mio quaderno... perché?" le chiese solo per curiosità, senza m<strong>in</strong>accia.<br />
"Dovevo leggere" rispose sbattendo le ciglia e sospirando per la fatica.<br />
La nonna annuì.<br />
"E' solo la lista della spesa, vedi?" e puntò il dito su di un segno panciuto per metà, quella superiore.<br />
"Che lettera è questa?"<br />
"P" rispose pronta con un sorriso di dent<strong>in</strong>i candidi.<br />
"Sì, è il pane" e poi c'era la L per il latte e la U per le uova, una sotto l'altra, tutto elencato <strong>in</strong> ord<strong>in</strong>e<br />
verso la f<strong>in</strong>e del foglio.<br />
"Nonna, scriviamo?" e sperava che lei non le dicesse "dopo" o "più tardi" perché aveva proprio<br />
tanta voglia di scrivere adesso.<br />
La nonna se la mise <strong>in</strong> braccio e prese una penna e aprì il suo quaderno.<br />
"Cosa scriviamo?" le chiese all'orecchio, guancia contro guancia, mentre lei appoggiava la man<strong>in</strong>a<br />
sopra la mano della nonna che impugnava la biro.<br />
"Una storia, nonna"<br />
"Va bene..." e la nonna sillabò piano le prime lettere, guancia a guancia lei poteva sentire i pensieri<br />
suoi e quelli della nonna unirsi e poi <strong>in</strong> un filo sottile andavano a f<strong>in</strong>ire saltellando sulla C e poi sul<br />
segnetto sopra „ e poi sulla e...<br />
"C'eeeeer... aaa... uuuu... nnn... aaaa..." la voce della nonna era soffice mentre si univa al suo<br />
sospiro di fatica.<br />
Guardava un po' la sua mano sopra quella dalle lunghe unghie <strong>in</strong>durite dalla vita, e un po' i segni<br />
riempiti dalla voce roca di sigarette senza filtro.<br />
"Nonna... " e doveva proprio chiederglielo che dentro il cuore le batteva forte forte "... Nonna... ma<br />
quando posso scrivere io?"<br />
E la nonna le disse, ancora una volta, che tra tre anni (e sembrava tanto tempo anche se tre viene<br />
subito dopo l'uno e il due e se non sei svelta non riesci a nasconderti bene e al tre rimani scoperta e<br />
ti tocca stare a te sotto e cercare poi gli altri) sarebbe andata a scuola e lì avrebbe imparato a<br />
scrivere.<br />
"Ma... tutto tutto Nonna?" doveva proprio sapere<br />
"Tutte le storie, tesoro, tutte le storie che vuoi" e poi le diede un bacio sulla tempia e ritornò alla<br />
macch<strong>in</strong>a da cucire.<br />
La piccola mano si sentì vuota d'un tratto. Aggrottò le sopracciglia e guardò la biro.<br />
"Nonna... non mi sporco lo prometto" e guardò di sottecchi verso la macch<strong>in</strong>a da cucire che faceva<br />
troppo rumore e la sua voc<strong>in</strong>a ne era sommersa.<br />
Prese la biro e la puntò sul foglio. Un segno ad arco, <strong>in</strong>certo e fragile.<br />
"C'eeeeeeeraaaa uuuunnnaaaa vooooolttttttaaa..." sillabò con le labbra a cuore.<br />
E sospirò dalla fatica.<br />
67<br />
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Sic itur ad astra<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Si dice che, una volta imparato, non si dimentichi più, ma mentre <strong>in</strong>forcavo la mia fedele Olandese<br />
bianca, nutrivo qualche dubbio <strong>in</strong> proposito. Da troppo tempo l‟avevo lasciata <strong>in</strong> garage, avvolta<br />
nella ragnatele della pigrizia.<br />
Le mie gambe, però, dopo la prima pedalata, un po‟ stentata – come quella del bimbo a cui hanno<br />
appena tolto i ruot<strong>in</strong>i – si sono arrese alla forza atavica dei pedali. A quel punto i miei occhi, due<br />
granelli di polvere, furono aspirati dal cielo che sembrava un vestito di seta blu, tempestato di<br />
swarovski.<br />
La luna, come uno spicchio di limone appoggiato sul bordo del cielo zuccherato di astri, <strong>in</strong>vitava a<br />
sorseggiare il suo chiarore che lastricava d‟argento il sentiero.<br />
In quell‟atmosfera il buio non mi faceva paura, anzi sembrava spostarsi per farmi accomodare a<br />
casa sua.<br />
Aveva organizzato tutto Luca: un‟escursione <strong>in</strong> bici lungo il Po, la notte di S. Lorenzo.<br />
La sua mano sicura si appoggiò al mio manubrio e con un cenno mi <strong>in</strong>vitò ad imitarlo nel gesto<br />
antico di ch<strong>in</strong>arsi all‟<strong>in</strong>dietro con la mano destra brancolante a sp<strong>in</strong>gere il bottonc<strong>in</strong>o.<br />
Lieta feci scattare il docile assenso della bottiglietta di latta, che si <strong>in</strong>ch<strong>in</strong>ò verso la ruota, e mi<br />
lasciai stupire da quel fascio di luce gialla di lucciola che si accese.<br />
Poi quel fru fru, familiare, rassicurante. Il rumore della d<strong>in</strong>amo, un suono che la mia memoria aveva<br />
custodito, quasi un l<strong>in</strong>guaggio con cui la mia centrale elettrica personale sembrava salutare al suo<br />
passaggio i grilli e le cicale nascosti ad esibirsi <strong>in</strong> anfiteatri di spighe e ortiche.<br />
A tratti il respiro del fiume, che come uno specchio imprigionava le stelle <strong>in</strong> fotogrammi sempre<br />
diversi, <strong>in</strong>ghiottiva ogni altro rumore.<br />
Solo il campanello della mia bici emetteva qualche gridol<strong>in</strong>o di gioia quando la ruota <strong>in</strong>cappava <strong>in</strong><br />
una buca.<br />
Nella golena le case dormivano, vecchie e stanche; di alcune era rimasto <strong>in</strong> piedi solo il cam<strong>in</strong>o,<br />
come il monumento commemorativo al valore della famiglia.<br />
Qualche falena, come un‟etualle della scala, attraversava la luce del fanale.<br />
Non dicevamo nulla, le emozioni avevano sequestrato anche il nostro vocabolario più elementare.<br />
Dall‟altra parte della sponda, un fuoco acceso e ombre <strong>in</strong>torno armate di chitarra e salsicce.<br />
L‟umidità appiccicava i capelli alla fronte e il venticello leggero cercava di riparare a questo<br />
misfatto come una mamma ricorre il suo piccolo un po‟ dispettoso.<br />
Di lontano la città chiusa nella sua aureola di luce artificiale.<br />
Nell‟aria si percepiva quello che io def<strong>in</strong>isco l‟odore di fogli caldi di copisteria, l‟odore della terra e<br />
dei sassi quando si liberano dell‟afa accumulata durante il giorno.<br />
Ecco una piccola ansa <strong>in</strong> cui fermarsi. Il cavalletto della mia Olandese si lamentò rumorosamente.<br />
Ci sedemmo sulla coperta blu. Abbracciati. Un ranocchio come una molla saltellava vic<strong>in</strong>o a noi.<br />
Quelli sulla luna non erano più crateri, ma occhi e bocca. L‟odore verde dell‟acqua saliva come<br />
l‟aroma della caffettiera quando brontola.<br />
Il Po scorreva orgoglioso sotto di noi e come un tapiroulant si portava via tutto, perf<strong>in</strong>o le<br />
preoccupazioni.<br />
Mentre Luca mi <strong>in</strong>dicava l‟Orsa Maggiore, un lapillo di stella attraversò l‟orizzonte scuotendo la<br />
sua cr<strong>in</strong>iera iridescente. Tutte le altre stelle per un istante sembrarono pulsare più <strong>in</strong>tensamente,<br />
come <strong>in</strong> un applauso <strong>in</strong> codice Morse.<br />
Esprimere un desiderio? Non potevo chiedere di più. Forse un bacio che arrivò puntuale mentre le<br />
canne <strong>in</strong>torno a noi si appoggiavano, le une alle altre, a farsi di gomito come fanno gli amici di<br />
fronte alle effusioni della coppietta del gruppo.<br />
68<br />
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Sic itur ad astra. Così si sale alle stelle (Virgilio, Eneide, IX, 641)<br />
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69<br />
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Solo formiche<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Carlo era <strong>in</strong> camera sua a giocare con le costruzioni. Costruiva ponti, <strong>in</strong>castrando parallelepipedi di<br />
plastica colorata.<br />
Due camere più <strong>in</strong> là, un uomo e una donna. In mezzo, una tensione da cartone animato giapponese,<br />
con la corrente che viene fuori dagli occhi e sfrigola a mezz'aria. “Sei l'uomo peggiore che abbia<br />
mai <strong>in</strong>contrato”. “Tu la più cogliona, visto che 'sto stronzo te lo sei sposato”. A lei bruciava la<br />
faccia. A me la gola e l'esofago, la mano. Come se <strong>in</strong>vece di averla sbattuta contro la sua faccia,<br />
l'avessi <strong>in</strong>filata <strong>in</strong> un secchiello pieno di cocci di vetro.<br />
F<strong>in</strong>ita l'era delle sceneggiate e dei vic<strong>in</strong>i che bussano per chiedere se va tutto bene, avevamo<br />
imparato a dosare l'odio, a dirci cattiverie a bassa voce. Tutti i rapporti evolvono. Il nostro era<br />
evoluto verso l'odio reciproco. Col Primitivo di Manduria <strong>in</strong> circolo, a r<strong>in</strong>correre molecole di<br />
metanfetam<strong>in</strong>a, c'era poco da ragionare.<br />
“Mi fai schifo, non mi piace niente di te”.<br />
Sorrisi, soffiai fuori un po' d'aria: “Non m‟<strong>in</strong>teressa piacerti. Me ne vado”.<br />
“Provaci e ti uccido”. Saltò dal divano, chiuse la porta di casa con tre mandate, s‟<strong>in</strong>filò le chiavi<br />
nella tasca posteriore dei jeans, guastando il profilo morbido del suo sedere.<br />
Mi avviai verso la f<strong>in</strong>estra, sfidandola con lo sguardo. Guardai di sotto, sul prato c‟era un tappeto di<br />
formiche. Un metro e mezzo potevo pure saltarlo. Mi afferrò per un braccio, lo str<strong>in</strong>se con tutta la<br />
forza.<br />
“Lasciami il braccio o ti meno”. Scandivo male le parole, cercavo di darmi un contegno. Eravamo<br />
<strong>in</strong> onda, protagonisti del reality show di prima serata. Dovevo fare le mosse giuste, o il pubblico mi<br />
avrebbe punito col televoto.<br />
“Non fare piazzate, dammi le chiavi e fammi uscire”.<br />
“Te le scordi”.<br />
La sp<strong>in</strong>si contro il muro, le <strong>in</strong>filai la l<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> bocca, premevo il mio corpo contro il suo, mi lasciò<br />
fare. Con una mano le tenevo i polsi dietro la schiena, li aveva sottili come quelli di una bamb<strong>in</strong>a.<br />
Con l'altra le accarezzai la gamba e il sedere. Era bello sentire la stoffa aderente dei suoi jeans sotto<br />
il palmo. Quello che pochi m<strong>in</strong>uti prima era arrivato al suo viso con un rumore di elastico che sbatte<br />
contro la carta. Provai a sfilarle le chiavi dalla tasca, se lo aspettava, mi assestò una g<strong>in</strong>occhiata tra<br />
le gambe. Un movimento secco, preciso. L'amai mentre cadevo. E anche dopo, mentre mi<br />
contorcevo per il dolore sul tappeto, cercando di respirare profondamente.<br />
Pensa Zen. Sei <strong>in</strong> onda. Non fare facce che non piacciono al pubblico. Ricordati del televoto. Se<br />
vogliono ti cacciano via.<br />
Laura si è seduta su di me, impugnando Sergio per le gambe. Me lo aveva regalato lei per il mio<br />
compleanno. Una statua tribale, pesante e brutta come la malaria, ribattezzata con quel nome da<br />
impiegato postale dal nostro bamb<strong>in</strong>o.<br />
“Se mi uccidi andrai <strong>in</strong> nom<strong>in</strong>ation. Il tele voto non perdona”.<br />
La osservo scoprire i denti mentre solleva Sergio f<strong>in</strong> dietro la sua testa, poi la luce blu.<br />
Dodici milioni di formiche che assalgono il mio corpo, un ponte dai colori vividi di bamb<strong>in</strong>o, che<br />
unisce Napoli alla Sardegna. Carlo con un elmetto giallo <strong>in</strong> testa. Le paste di mandorla, lo<br />
spumante, le strette di mano.<br />
F<strong>in</strong>almente il taglio del nastro. Il pubblico <strong>in</strong> studio che aspetta <strong>in</strong> silenzio. Una voce di donna che<br />
chiede il collegamento: “Sono arrivati i risultati del televoto: sei stato nom<strong>in</strong>ato”.<br />
“Bella giornata del cazzo”, sussurro.<br />
Carlo è sulla porta, ci guarda.<br />
Poi più niente. Solo formiche.<br />
70<br />
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Solo tre m<strong>in</strong>uti<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
Vieni? – aveva chiesto, timidamente – Solo tre m<strong>in</strong>uti - aveva risposto con voce ammantata di<br />
palpabile fastidio. Lei com<strong>in</strong>ciò ad attendere quietamente, mentre il profumo di melanzane<br />
<strong>in</strong>ondava la cuc<strong>in</strong>a.<br />
Il tempo scorreva puntuale. Albe lum<strong>in</strong>ose <strong>in</strong>seguivano fantasmi di temporali notturni.<br />
I figli chiedevano: - Dov‟è papà? – Verrà tra tre m<strong>in</strong>uti – disse loro dolcemente.<br />
La maggiore, impaziente, comprò uno sfarzoso abito da sposa e volle subito celebrare le nozze. -<br />
Tanto papà viene tra tre m<strong>in</strong>uti – esclamò spumeggiante.<br />
Venne l‟<strong>in</strong>verno. Lei non sentì freddo, avvolta com‟era nell‟ampia trapunta di sogni e speranze.<br />
Tangente di 0 è 0, tutte le corde valgono 2 r seno di X… I valori annullano la derivata – sentenziava<br />
il Figlio matematico – Questo papà lo sa bene - cont<strong>in</strong>uava – Ma tu non capisci niente – Lei annuiva<br />
sorridendo e gli chiedeva di ripeterlo a papà, tra tre m<strong>in</strong>uti appena.<br />
- Si – borbottava il Signore delle Formule – 4/3 di ∏ r3… Come fai a vivere senza capire che la<br />
derivata è, <strong>in</strong> un punto, la tangente alla funzione, tu che sei per metà ignorante e per metà<br />
deficiente…- Lei gli rivolse uno dei suoi ampi sorrisi e lo rassicurò: papà, tra tre m<strong>in</strong>uti, avrebbe<br />
capito tutto.<br />
Tornò ancora la primavera. Annunciata dalle fogliol<strong>in</strong>e tenere dei pioppi.<br />
Poi venne anche l‟autunno. Il vento discuteva animatamente coi rami dei platani e faceva<br />
s<strong>in</strong>ghiozzare i piccoli ibiscus.<br />
Sui suoi capelli si era posata una polvere bianca; il volto un ricamo di mille rugh<strong>in</strong>e <strong>in</strong>trecciate.<br />
Intanto l‟altro figlio divenne un Pr<strong>in</strong>cipe tenebroso, con una spada fatata capace di sciogliere i nodi<br />
impossibili e di uccidere <strong>tutti</strong> i draghi malvagi. La ospitò per lunghissimo tempo nel suo castello,<br />
colmo di fiori e di cuccioli.<br />
Lei aveva viaggiato, stirato, narrato, bevuto, arato, dormito. Aveva amato, d‟amore diverso, diversi<br />
amori. Un uomo la chiese <strong>in</strong> sposa. – Ma ho già un marito, che verrà tra tre m<strong>in</strong>uti – obiettò<br />
gentilmente. – Vuol dire che le nostre nozze dureranno solo due m<strong>in</strong>uti – <strong>in</strong>sistette con voce ferma e<br />
gentile il signore d‟altri tempi – aspettavo da sempre una dama dagli occhi di cerbiatto…<br />
Fecero <strong>in</strong> tempo a partorire 21 m<strong>in</strong>utissime creature, e poi ancora quattro che parlavano l<strong>in</strong>gue<br />
straniere. Lei le allevò, le curò, le vegliò: f<strong>in</strong>chè divennero vigorose e ciarliere e vissero senza<br />
l‟acqua del suo amore, forti delle proprie radici, girovagando sicure per il vasto mondo.<br />
Allo scadere dei due m<strong>in</strong>uti, il gentiluomo prese delicatamente commiato: - Grazie – le disse con<br />
occhi premurosi – Non c‟è di che – ricambiò lei con l‟ombra di un sorriso.<br />
Inf<strong>in</strong>e divenne uno specchio: <strong>in</strong> lei si specchiavano amanti, uccell<strong>in</strong>i dalle ali ancora tenere, gocce<br />
di acqua stanche del viaggio, passanti che mormoravano piano, panettieri nerboruti.<br />
F<strong>in</strong>chè una sera, mentre avvolgeva altri gomitoli di soffice lana e imbastiva costumi per un nuovo<br />
saggio di danza, lui tornò. Serenamente distratto<br />
“Però… mi sembri un po‟ diversa” – esclamò guardandola fugacemente, mentre già si preparava a<br />
uscire di nuovo. Precisando che sarebbe tornato fra tre m<strong>in</strong>uti appena.<br />
Lei <strong>in</strong>dossò uno dei migliori volti possibili e gli donò il più lum<strong>in</strong>oso dei sorrisi. E via per le scale:<br />
“Dove vai, a quest‟ora … - le chiese svogliato – “Solo due passi”, rispose chiudendo pian piano la<br />
porta. Tornava a casa, nella sua nuova luccicante dimora: <strong>in</strong> via Lattea, n.∞.<br />
71<br />
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Tempesta<br />
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Quando alla f<strong>in</strong>e giunsi <strong>in</strong> città, mi recai a vedere il porto, barcollando per la via cosparsa di sabbia<br />
e d‟alghe e di chiazze volanti di spuma. Era una tenebrosa confusione, qua e là chiazzata di un<br />
colore come il fumo di un combustibile umido, di nubi sosp<strong>in</strong>te e sbattute nei cumuli più strani, e<br />
tra queste nuvole la luna pareva tuffarsi a capofitto, come se avesse smarrito la via e fosse atterrita.<br />
Tutto il giorno c‟era stato vento, e si r<strong>in</strong>forzava con un frastuono assordante. Un‟ora dopo, era<br />
molto aumentato nel cielo più coperto, e spirava gagliardo. Ma, avanzando la notte e addensandosi<br />
le nubi per tutto il cielo, allora nerissimo, il vento si mise a soffiare sempre più forte. Rapidi rovesci<br />
di pioggia scrosciavano davanti alla burrasca come turb<strong>in</strong>i d‟acciaio.<br />
Via via che lottando mi avvic<strong>in</strong>avo al mare, da cui questo vento gagliardo soffiava dritto sulla<br />
spiaggia, la sua forza si faceva sempre più tremenda. Molto tempo prima che vedessi la distesa<br />
d‟acqua, avevo i suoi spruzzi sulle labbra e mi avvolgeva una pioggerella salsa. Le onde erano <strong>in</strong><br />
subbuglio per miglia e miglia nella piatta campagna adiacente la spiaggia, e ogni stagno e<br />
pozzanghera assaliva le proprie sponde e aveva la forza di piccoli frangenti che mi venivano<br />
<strong>in</strong>contro m<strong>in</strong>acciosi.<br />
Quando fui <strong>in</strong> vista della spiaggia, le onde all‟orizzonte, apparse a <strong>in</strong>tervalli sullo sconvolgimento<br />
dell‟abisso, erano come barlumi di un‟altra sponda. Il mare terrificante poi, nella confusione del<br />
vento accecante, dei sassi e della sabbia volanti, e del tremendo frastuono, mi sbalordì. Le alte<br />
muraglie d‟acqua, giungendo rotolanti e, al punto culm<strong>in</strong>ante, rovesciandosi a risacca, avevano<br />
l‟aria che la più piccola volesse <strong>in</strong>ghiottire la città. Quando l‟onda di deflusso scorreva via con un<br />
rauco muggito, pareva scavasse profonde caverne nella spiaggia. Coll<strong>in</strong>e ondeggianti diventavano<br />
vallate, vallate ondeggianti s‟<strong>in</strong>nalzavano a formare coll<strong>in</strong>e; ammassi d‟acqua s‟<strong>in</strong>frangevano e<br />
facevano tremare la spiaggia con un rimbombo tonante; ogni forma veniva avanti tumultuosamente<br />
non appena apparsa, per poi cambiare forma e posizione e scacciare le altre; la sponda immag<strong>in</strong>aria<br />
all‟orizzonte, con le sue torri e le sue case, s‟alzava e ricadeva; le nubi volavano rapide e dense. Mi<br />
pareva di assistere a un lacerarsi e a un erompere di tutta la natura.<br />
72<br />
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Trediciezerotre<br />
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13.03<br />
la matt<strong>in</strong>a scorreva lenta. nel dormiveglia erano passate mille immag<strong>in</strong>i, pensieri.<br />
era ancora sotto al piumone quando sentiva le sue parole. scorrevano nella testa piano, come un<br />
film. immag<strong>in</strong>i a rallentatore.<br />
poi aveva aperto gli occhi. la radio, l'odore del caffé. connessione con la realtà.<br />
era sempre <strong>in</strong> quei momenti che lo immag<strong>in</strong>ava. quando era abbastanza sveglia da elaborare<br />
pensieri ma non abbastanza per permettere alla sua coscienza di censurarli.<br />
vedeva i suoi occhi che non la guardavano, raccontava di una ragazza che lo desiderava. ma lui non<br />
corrispondeva. sentiva il ghiaccio dentro al suo cuore.<br />
perchè era vic<strong>in</strong>o ora. paradossalmente si era avvic<strong>in</strong>ato perchè era riuscito veramente a prendere le<br />
distanze. la distanza emotiva. che permette di amare, avvic<strong>in</strong>arsi poi allontanarsi. senza sentire il<br />
desiderio opprimente e costante di un nuovo contatto, un nuovo riavvic<strong>in</strong>amento.<br />
Mi tocchi con le tue parole. Mi prendi i fianchi e mi avvic<strong>in</strong>i. Ridi. Vic<strong>in</strong>o alla mia pelle. È lì che<br />
sento il tuo respiro. il profumo, forse è il v<strong>in</strong>o, il fumo, si mischiano queste sensazioni. Perché<br />
un‟odore e una carezza, una flebile nota vocale quando mi sei così vic<strong>in</strong>o sembrano tutt‟uno. come<br />
il vento caldo d‟agosto che soffia sul mare. Increspa l‟acqua, e la schiuma bianca contrasta l‟azzurro<br />
profondo.<br />
Ti str<strong>in</strong>gerei le mani, ti accarezzerei la pelle. Vorrei sentire il profumo dei tuoi capelli. Vorrei essere<br />
quella schiuma bianca, impercettibile, che si poggia delicata sul mare salato.<br />
ma le tue onde mi gettano a riva. E non rimane più niente.<br />
capita. il passare delle ore. si mangia, si parla, una doccia bollente.<br />
ma quella sensazione nel cuore non se ne va.<br />
ti opprime. questa angoscia. senso di solitud<strong>in</strong>e, gelosia.<br />
vorrei essere un piccolo granello di polvere trasportato dal vento, sentire la leggerezza del vuoto,<br />
l'<strong>in</strong>capacità del controllo, l'irresponsabilità che ti fa fluttuare nell'aria senza pensieri. e non provi<br />
gioia. e non provi dolore. il silenzio è sollievo dell'anima.<br />
Prendo il computer, leggo le mail. È arrivata l‟ora. Devo studiare. Prendo il libro <strong>in</strong> mano e<br />
sottol<strong>in</strong>eo.<br />
Leggo ogni parola, conto le lettere della seconda frase. Terzo paragrafo. Tabella 2B.<br />
Fisso il foglio, l‟immag<strong>in</strong>e rappresentata diventa sempre più sfuocata…<br />
…desiderare con ogni forza l'amore che ti porta via, che ti sconnette dal mondo perchè ti trasc<strong>in</strong>a<br />
nel sentimento. sentire la debolezza dell'essere umano.<br />
sapere che la nostra debolezza più grande è la dipendenza. cercare di elim<strong>in</strong>arla, estirparla come se<br />
fosse erbaccia <strong>in</strong> un giard<strong>in</strong>o fiorito. ma non riuscirci.<br />
ho bisogno dell'amore, del pensiero ossessivo, dell'emozione del contatto, di abbandonarmi senza<br />
controllo. e tu sei solo l'oggetto di questi bisogni.<br />
non c'è poesia, non c'è amore.<br />
sei solo la mia debolezza.<br />
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Un bravo ragazzo<br />
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Il solito convegno, per di più alle otto di sera, dopo un pan<strong>in</strong>o mangiato al volo e una lunga giornata<br />
di lavoro.<br />
Mi presento con un quarto d‟ora di ritardo ma tanto so di essere <strong>in</strong> anticipo di almeno un altro<br />
quarto d‟ora sull‟<strong>in</strong>izio.<br />
Mi siedo nella prima fila del secondo settore, così da poter allungare almeno le gambe anche se le<br />
poltrone sono veramente molto comode!<br />
Intanto che aspetto leggiucchio distrattamente il giornale e di tanto <strong>in</strong> tanto lascio vagare lo sguardo<br />
per l‟ampia sala.<br />
Lungo la mia stessa fila, appena due posti alla mia s<strong>in</strong>istra sono due lunghe gambe avvolte <strong>in</strong><br />
collant scuri a fermare il mio sguardo… due belle gambe che una gonna marrone due dita sopra il<br />
g<strong>in</strong>occhio lascia godere quanto basta.<br />
Risalgo con lo sguardo lungo la persona che <strong>in</strong>dossa un golf<strong>in</strong>o di lana con una discreta scollatura<br />
non sufficiente a <strong>in</strong>travedere nulla ma che lascia <strong>in</strong>tendere due seni che a occhio e croce potrebbero<br />
essere di una terza misura.<br />
Non riesco a darle un‟età perché il volto, brutt<strong>in</strong>o, è <strong>in</strong>gannevole, ha delle borse sotto gli occhi e le<br />
guance un po‟ scese come certi cani, peccato davvero! Due gambe come quelle meritavano<br />
certamente qualcosa di più – penso – mentre torno al mio giornale.<br />
Il convegno com<strong>in</strong>cia ma mi accorgo di non riuscire a togliere lo sguardo da quelle gambe che si<br />
muovono, si allungano, si <strong>in</strong>crociano… mi eccitano.<br />
Le guardo di sottecchi, poi cerco il suo volto, ma non mi piace, provo a tornare a seguire l‟oratore.<br />
Penso che mi piacerebbe scoparla ma sorrido dentro di me a questa fantasia, eppure mi sono accorto<br />
che ogni tanto si gira dalla mia parte.<br />
Improvvisamente prendo un foglio dal notes appoggiato sulle mie gambe, temporeggio un attimo<br />
con la penna e poi di getto scrivo HO VOGLIA DI SCOPARTI, strappo il foglio e lo appoggio sulla<br />
sedia vuota tra di noi.<br />
Lascio trascorrere circa mezzo m<strong>in</strong>uto e poi mi alzo prendo la mia roba e mi avvio all‟uscita; non<br />
mi giro nemmeno una volta, nemmeno un istante eppure ho la certezza che anche lei si è alzata e mi<br />
sta seguendo.<br />
Mi sento stranamente euforico mi dirigo <strong>in</strong> metropolitana, aspetto il treno e salgo, non mi volto mai<br />
a guardarla ma so che c‟è, è sulla stessa carrozza.<br />
La mia mente lavora febbrilmente, mi sembra di essere sotto l‟effetto di una droga, a casa c‟è mia<br />
moglie, hotel, alberghi, no! troppo squallido…<br />
Arrivo alla fermata dello Studio e d‟ist<strong>in</strong>to scendo, percorro la via apro il portone e lo lascio aperto,<br />
com<strong>in</strong>cio a salire le scale, apro la porta, entro e f<strong>in</strong>almente mi volto.<br />
Sorride debolmente, sembra fragilissima eppure mi prende per mano, e si fa portare nella grande<br />
sala riunioni, ancora non abbiamo detto nulla.<br />
Sto per parlare ma lei mi appoggia un dito sulle labbra, ha uno splendido profumo; sale <strong>in</strong> piedi<br />
sulla grande scrivania e <strong>in</strong>com<strong>in</strong>cia lentamente a spogliarsi.<br />
E‟ dolce e sensuale nei movimenti, sembra che abbia fatto sempre e solo quello, <strong>in</strong> men che non si<br />
dica è completamente nuda, i seni piccoli ma <strong>in</strong>credibilmente sodi, il ventre completamente depilato<br />
mi guarda con occhi febbricitanti, capisco che sta impazzendo dalla voglia…<br />
Sento arrivare un sms, guardo il telefon<strong>in</strong>o, mia moglie “vado a nanna, non ce la faccio ad<br />
aspettarti, ti amo tanto!”<br />
E‟ come se mi svegliassi di colpo, guardo quel corpo nudo che mi aspetta e sussurro “scusa, non<br />
posso” poi torno nella stanza d‟<strong>in</strong>gresso e aspetto; dopo un paio di m<strong>in</strong>uti arriva anche lei, si è<br />
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<strong>VolanZ<strong>in</strong>e</strong> <strong>n°10</strong>: <strong>tutti</strong> i <strong>racconti</strong> <strong>in</strong> <strong>concorso</strong><br />
rivestita, ha gli occhi umidi, “sei un bravo ragazzo” mi dice prima di uscire dalla porta e dalla mia<br />
vita.<br />
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Un treno di penna<br />
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Il faro puntava la sua luce ambarica sulla piazzola. Non volava una mosca a quell‟ora, di tanto <strong>in</strong><br />
tanto passava soltanto qualche auto di qualche <strong>in</strong>guaribile nottambulo di paese, una di quelle povere<br />
anime <strong>in</strong> pena che ululano alla luna la voglia di una vita che la piccola realtà rurale non può offrire.<br />
Michael scriveva, scriveva senza sosta sul suo vecchio quaderno, seduto sull‟unica panch<strong>in</strong>a che era<br />
presente nella piazzola, proprio sotto al fascio di luce ambarica del faro. Erano anni che imbrattava<br />
quel quaderno coi suoi lunatici tratti di penna. Le righe e i fogli che si susseguivano, bianchi come<br />
la nebbia di f<strong>in</strong>e Novembre, per lui erano come un percorso, una strada, un‟area da esplorare a<br />
tentoni <strong>in</strong> cerca di qualche cosa che neanche lui sapeva bene cosa potesse essere. Un racconto forse,<br />
o un‟<strong>in</strong>aspettata verità. Un‟illum<strong>in</strong>azione probabilmente, che gli facesse capire l‟<strong>in</strong>comprensibile<br />
motivo di così tanta attesa. L‟attesa. Perché, per Michael, scrivere su quel vecchio quaderno era<br />
come un‟attesa <strong>in</strong> una grande Stazione. Una stazione dove passano treni che non esistono. Scrivere,<br />
scrivere, scrivere, per lui era come aspettare che tra i suoi tratti di penna passasse una tanto attesa<br />
illum<strong>in</strong>azione. Non sapeva cosa avrebbe dovuto essere, sentiva solamente che prima o poi,<br />
quell‟illum<strong>in</strong>azione, sarebbe passata, e si era giurato che lui sarebbe stato lì per coglierla. Michael<br />
era un ragazzo un po‟ al di fuori del coro. Amava starsene per i fatti suoi, amava l‟arte e la musica.<br />
Adorava scrivere nel silenzio dei notturni durante i quali, citando Kafka, diceva che “riusciva a<br />
scrivere meglio, perché le sue paure non lo lasciavano dormire”. E di paure Michael ne aveva tante.<br />
Aveva paura del presente, aveva paura della tecnologia. Michael odiava la tecnologia. Diceva<br />
sempre che “Internet ha diseducato la gente a ricercare”. Lui pensava che per raggiungere il<br />
Nirvana, e cioè la massima coscienza del proprio spirito, era fondamentale l‟elemento della ricerca,<br />
e per questo diceva che grazie all‟Internet l‟umanità aveva fatto due passi <strong>in</strong>dietro nella propria<br />
evoluzione. Diceva sempre che non c‟è mestiere nel nostro mondo, e che <strong>tutti</strong> puntano a fare le star<br />
perché la televisione ha fatto scordare a <strong>tutti</strong> quanto sia <strong>in</strong>dispensabile un ottimo carpentiere.<br />
Michael diceva sempre che la gente dovrebbe <strong>in</strong>vestire più tempo per farsi una passeggiata fuori e<br />
spegnere quel maledetto computer. Michael diceva sempre che film come Matrix e Blade Runner<br />
non sarebbero stati per sempre fantascienza. Non trovava mai riscontro nella gente, Michael,<br />
quando provava a condividere questi suoi pensieri, e così scriveva.<br />
Scriveva e scriveva e scriveva, <strong>in</strong> cerca di un Io forse, o di se stesso, ma la cosa che mi ha sempre<br />
fatto sorridere di Michael è che, nonostante pensasse tutte quelle cose, era l‟unico che scriveva e<br />
scriveva e scriveva. La luce ambarica del faro tornò ad essere una realtà <strong>in</strong>torno a Michael, che<br />
ridiscese dalla penna ai piedi per terra. Un‟altra notte ad aspettare quel treno che per un‟altra notte<br />
non era passato.<br />
C‟è sempre stata un‟altra cosa di Michael che mi ha sempre fatto divertire: e cioè il fatto che rimase<br />
tutte le notti ad attendere con un tratto di penna un treno sul quale era già salito da tempo.<br />
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Una scelta fatale<br />
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Aveva scelto di andare ad abitare <strong>in</strong> un paese sperduto dell‟Umbria, dopo il divorzio dal marito. Un<br />
paese <strong>in</strong> cui nessuno la conosceva: aveva comperato una casa isolata, ma non troppo, frequentava<br />
poco la gente del paese; giusto il tempo di andare a comprare il suo quotidiano preferito, verso le<br />
otto di matt<strong>in</strong>a, e di andarlo a sfogliare seduta ad un tavol<strong>in</strong>o dell‟unico Bar del paese. Non le<br />
sfuggivano le occhiate curiose che la scrutavano come fosse un animale strano: e sentiva gli occhi<br />
degli uom<strong>in</strong>i posarsi sui suoi maglioni dal collo alto, quasi sempre scuri, che non riuscivano a celare<br />
più che tanto la pienezza del seno. Restava poco nel Bar, il tempo di sorbire il cappucc<strong>in</strong>o; poi<br />
salutava la cassiera, faceva un gesto qualunque agli avventori, ed usciva a passi rapidi, con la<br />
falcata della donna abituata alle vie di città. Poi la vedevano salire sulla sua utilitaria, e sparire<br />
dietro la prima curva: forse verso il lago, forse verso la città vic<strong>in</strong>a. Tornava soltanto quando faceva<br />
sera, parcheggiava l‟auto proprio d<strong>in</strong>anzi al portone di casa. Una luce restava accesa per qualche<br />
ora, poi il buio <strong>in</strong>ghiottiva la casa ed il sonno di lei. Le voci si r<strong>in</strong>correvano, ovviamente, sul suo<br />
conto: la più accreditata voleva che lei fosse la vedova di un magistrato ucciso dalle BR, e si faceva<br />
anche il nome del giudice, un giudice milanese. Poi, non trovando conferma alcuna quella voce, si<br />
disse che era una professoressa universitaria <strong>in</strong> pensione: e la donna che andava a rassettarle la casa,<br />
tre volte alla settimana, sembrava confermare questa voce; diceva di molti libri, spesso accatastati<br />
su qualche divano, sicuramente letti con una certa assiduità. Quando la donna che frequentava la<br />
casa per motivi di lavoro, ed era la sola persona ammessa <strong>in</strong> quella casa, ne uscì urlando che la<br />
signora- così la chiamavano <strong>tutti</strong> <strong>in</strong> paese, <strong>in</strong> una sorta di ironico rispetto- era morta, la notizia non<br />
fece, almeno all‟<strong>in</strong>izio, molto scalpore. La logica di paese voleva che una donna che vive da sola,<br />
da sola debba morire. Poi si seppe che la donna era stata uccisa con un colpo di martello alla fronte,<br />
e la questione si complicò. I carab<strong>in</strong>ieri del paese, non abituati a tali accadimenti, avvertirono subito<br />
i carab<strong>in</strong>ieri della città, e questi il pubblico m<strong>in</strong>istero. Alle nove di matt<strong>in</strong>a fu tutto un sibilare di<br />
sirene: e le auto di servizio frenarono fischiando d<strong>in</strong>anzi alla porta<br />
della donna venuta a morire <strong>in</strong> quel piccolo paese, quasi a volerne turbare la pace. Inutilmente<br />
qualcuno del paese provò a chiedere qualche notizia ai carab<strong>in</strong>ieri, e meno che meno al giudice, che<br />
uscì di casa con aria accigliata, consapevole del proprio ruolo. Un‟ambulanza portò via il cadavere<br />
della donna, il giudice ed i carab<strong>in</strong>ieri azionarono di nuovo le sirene: e dopo qualche m<strong>in</strong>uto<br />
sembrava che nulla fosse successo. La donna era venuta <strong>in</strong> silenzio, e se ne era andata per sempre<br />
r<strong>in</strong>chiusa <strong>in</strong> un silenzio spaventoso ed assurdo.<br />
77<br />
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Vetro<br />
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“Non facciamo che ci <strong>in</strong>namoriamo!” lui le aveva detto – perché le parole spesso servono per<br />
confondere e confondersi – e così era <strong>in</strong>iziato quel rapporto, strano e assai comune, da due<br />
matrimoni che si trasc<strong>in</strong>avano, già pesanti e <strong>in</strong>steriliti, con figli ancora troppo piccoli.<br />
Sapevano benissimo che quello poteva essere solo un gioco, e così era nato, e sapevano benissimo<br />
che avrebbe potuto andare oltre, e così era stato; ma avevano posto un limite a quell‟oltre. Perché<br />
era ovvio che non era una soluzione, nè c‟era futuro.<br />
Ma non diceva questo il loro cuore. Se ciascun giorno <strong>in</strong> più era “sbagliato”, eppure l‟uno dopo<br />
l‟altro cont<strong>in</strong>uavano a cercarsi, <strong>in</strong> <strong>tutti</strong> i modi; e questo faceva sì che vivessero ogni giorno come<br />
un‟aggiunta <strong>in</strong>sperata, dono <strong>in</strong> più <strong>in</strong>atteso e gratuito: ogni altro giorno era un miracolo che<br />
<strong>in</strong>credibilmente seguitava a ripetersi.<br />
Perché erano drogati. Delle loro parole, con le quali avevano svelato e donato all‟altro ogni angolo<br />
del proprio malandato cuore, e ancor di più del suono delle loro risate, leggere, limpide, e però<br />
concrete tanto da trasformare tutto <strong>in</strong> un tempo allegro; e così i loro <strong>in</strong>contri erano soprattutto<br />
esultanza di risate: spesso si scambiavano sguardi d‟amore dicendosi, con voce calda, “Non<br />
<strong>in</strong>sistere: non si fa credito a nessuno” o “Non puoi sbagliare: è qui la pizza più buona”, parole lette<br />
su qualche cartello lungo la strada: solo per colmare di risate le loro ore rubate.<br />
Ma c‟era quel velo <strong>in</strong>visibile che <strong>in</strong> silenzio avevano dispiegato fra loro. Così a volte si<br />
avvic<strong>in</strong>avano occhi negli occhi ma si fermavano appena ne avvertivano chiara la presenza: giusto<br />
pochi attimi, solo per sfiorare impalpabilmente le labbra, immobili. Quasi un vetro trasparente che li<br />
univa e separava, come per quei mimi che giocano a farsi specchio l‟uno dell‟altro.<br />
Credevano <strong>in</strong> tal modo di proteggersi dal troppo, ma quel muro fatto di nulla <strong>in</strong> realtà amplificava<br />
ogni giorno desiderio e amore.<br />
Poi accadde qualcosa. In casa di lei venne chiesto cosa stesse succedendo, e la domanda fu<br />
accompagnata da sguardi silenziosi dei bamb<strong>in</strong>i, rigidi e duri più delle parole che li precedettero; lei<br />
rispose “Niente” – perché le parole spesso servono per mentire e mentirsi – e così venne il giorno<br />
della f<strong>in</strong>e, perché viene sempre il giorno della f<strong>in</strong>e.<br />
Allora concedettero un‟ultima volta alle mani di superare la diafana cort<strong>in</strong>a immag<strong>in</strong>aria, per un<br />
<strong>in</strong>contro d‟amore, l‟ultimo, l‟unico possibile. Quasi fosse figura di lei, lui le prese una mano e<br />
l‟appoggiò su una delle sue, e con l‟altra <strong>in</strong>iziò a carezzare ogni dito: lo alzava, lo solleticava, ne<br />
palpava la consistenza, lo piegava e lo apriva – lei, abbandonata, lasciava fare – e strisciò, appena<br />
percettibile, il polpastrello dell‟<strong>in</strong>dice per tutta la lunghezza d‟ogni dito di lei. Poi <strong>in</strong>seguì il filo<br />
d‟ogni curva, d‟ogni prom<strong>in</strong>enza e <strong>in</strong>senatura, d‟ogni rilievo e anfratto, sul dorso e sul palmo,<br />
fremente, e, giunto al centro, osò una lieve pressione così da <strong>in</strong>durre la mano di lei a chiudersi su<br />
quella di lui, a fondersi <strong>in</strong> un <strong>in</strong>treccio di dita, per str<strong>in</strong>gersi <strong>in</strong> un m<strong>in</strong>uto smisurato abbraccio che<br />
sembrò esprimere tutta la forza segreta della loro passione senza domani.<br />
Si dissero “In fondo non è stato nulla, <strong>in</strong> fondo nulla c’è stato: niente più d’un gioco” – perché le<br />
parole spesso servono per <strong>in</strong>gannare e <strong>in</strong>gannarsi – ma il loro cuore era straziato e sapevano<br />
benissimo che non era così.<br />
Quel che ignoravano è che le loro anime – a loro <strong>in</strong>saputa – si amarono, impetuosamente,<br />
appassionatamente, perché così era già da tempo, e così sarebbe cont<strong>in</strong>uato per tutto il resto della<br />
loro pallida vita<br />
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Vita numero tre: parla che ti passa<br />
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Sto vivendo una delle tante vite che compongono la mia unica vita e che si chiama « Parla che ti<br />
passa ». Credo sia la numero tre ed ho la sensazione che sia una bella vita non foss‟altro perchè non<br />
mi mancano l‟amore e i soldi. Già, anche i soldi. E l‟ho specificato perchè hai voglia a parlare di<br />
due cuori e una capanna (nel mio caso, due cuori e un sottotetto di 35 metri quadri <strong>in</strong> centro, che<br />
d‟affitto costa come un attico a montelupo) che dopo, se non ci sono due soldi per andare a<br />
mangiare una pizza fuori, ti « mangi » l‟uno con l‟altra. O forse, è la numero quattro. Di vita,<br />
<strong>in</strong>tendo. Ma comunque poco importa, perchè ne dovrei vivere sette come i gatti, perciò ne passerà<br />
di acqua sotto ai ponti prima di emettere l‟ultimo miao. Oggi viaggio per detti. Per vivere questa<br />
vita, oltre all‟amore e ai soldi, mi occorrono : un computer, un telefono, un sorriso smaliante,<br />
qualche buon vestito e una certa dose di <strong>in</strong>telligenza. Quest‟ultimo elemento non fa testo, perchè mi<br />
è occorso <strong>in</strong> passato e mi occorrerà <strong>in</strong> futuro. Senza falsa modestia, non è che mi debba sforzare<br />
troppo per essere <strong>in</strong>telligente. Il problema (altrui) è che <strong>in</strong> tutte le vite mi manca un <strong>in</strong>grediente : la<br />
furbizia. Io non sono furba, non me ne frega niente di essere furba, non prendo esempio da nessuno<br />
per imparare ad essere furba. E da oggi <strong>in</strong> poi, gradirei che le persone evitassero di <strong>in</strong>vitarmi ad<br />
essere furba. La volpe nelle favole è furba. Io, nella realtà, no. L‟<strong>in</strong>grediente che non è servito nelle<br />
vite precedenti, che spero serva <strong>in</strong> questa e che, <strong>in</strong> ogni caso, servirà per certo nelle vite future :<br />
l‟onestà. Frenate gli eccessi di assenso o di dissenso. Non sono <strong>in</strong>teressata a sorbirmi commenti<br />
idioti (che via sms immancabilmente mi arrivano) della serie « fai bene, prima o poi l‟onestà paga »<br />
oppure « lascia stare che gli onesti se la prendono sempre <strong>in</strong> quel posto ». La mia onestà me la vivo<br />
da me. Con diplomazia. A presc<strong>in</strong>dere dalle fregate che f<strong>in</strong>o ad ora ho preso. Dai furbi. Che per me<br />
corrispondono ad animaletti simpatici e pelosi simili a topi. Qualcuno ne fece dei pupazzetti<br />
programmati con alcune parole standard. Dai, <strong>in</strong>somma, i furby. Ve li ricorderete senz‟altro. Allora<br />
io ho <strong>in</strong>contrato questi furby programmati che, siccome sono car<strong>in</strong>i <strong>in</strong> maniera esasperante, ti viene<br />
anche da fidarti e volergli bene e poi, strac, ti stroncano all‟improvviso e si trovano un altro padrone<br />
lasciando te, come si suole elegantemente dire, nella merda. Perchè è così che succede ai furby, che<br />
hanno sempre bisogno di un nuovo padrone. Se fossero liberi, non sarebbero degli autentici furby.<br />
Ma torniamo alla mia terza vita per vivere la quale mi servono : un telefono, un sorriso smaliante,<br />
qualche buon vestito e una certa dose di <strong>in</strong>telligenza. Ingrediente jolly : tenacia. La tenacia ci vuole<br />
<strong>in</strong> tutte le vite e non è da confondersi con l‟accanimento terapeutico. L‟<strong>in</strong>sistenza ha un limite che<br />
consiste nell‟arrestarsi quando anche ad un bamb<strong>in</strong>o di dieci anni risulta evidente che la cosa che<br />
stai facendo non ha senso. Devo reclutare al più presto un bamb<strong>in</strong>o di dieci anni da portarmi<br />
appresso come consigliere. Questa cosa, forse, non ha senso. Aurevoir.<br />
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Wolf<br />
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Vedo l‟auto che corre lungo il pendio della coll<strong>in</strong>a, e so perfettamente chi c‟è dentro. Ma non mi<br />
impensierisco, questa boscaglia è il mio regno, non riusciranno a trovarmi, qui. Forse <strong>in</strong> città<br />
potrebbero preparare una trappola che sia capace di contenermi, ma tra questi alberi io sono<br />
<strong>in</strong>v<strong>in</strong>cibile. Almeno, lo sono f<strong>in</strong>o a che resto <strong>in</strong> questo stato.<br />
In città circolano voci. Si sussurra che ci siano persone alla ricerca di un lupo mannaro, che viene<br />
considerato l‟autore della lunga fila di delitti che hanno <strong>in</strong>sangu<strong>in</strong>ato queste montagne. I frutti della<br />
mia caccia. Secondo alcuni, i licantropi sono uom<strong>in</strong>i al rovescio. Uom<strong>in</strong>i completamente glabri che<br />
conservano la peluria all‟<strong>in</strong>terno del corpo, per poi cacciarla fuori nelle notti di luna piena. Questo<br />
mi protegge: agli occhi di <strong>tutti</strong> io sono un uomo normale, con la peluria nei posti giusti. Se<br />
cont<strong>in</strong>uano a cercare una pelle d‟uovo io posso stare tranquillo.<br />
Però devo trovare il modo di smaltire questa tensione, tutto questo clamore mi fa sentire braccato.<br />
Non preoccuparti.<br />
Non parlarmi così, so io quando devo preoccuparmi.<br />
Senti come sono rigide le gambe, c’è bisogno di una corsa.<br />
Sì. Vuoi prendere tu il controllo?<br />
Sì.<br />
Mi piace lasciar fare a lui, quando si tratta di certe cose. L‟energia che sento scorrere dentro, non<br />
riesco proprio a capire dove vada a pescarla. Ma è forte. Mi piace la staffilata del vento sul viso,<br />
nelle folli corse a schivare gli alberi, quando sono così sicuro di non poter cadere e che niente al<br />
mondo possa farmi del male, o ferirmi. Quando lui si fa avanti, io posso sedermi tranquillo <strong>in</strong> un<br />
angolo e restare a guardare; e mi piace.<br />
Lo so, che ti piace.<br />
Sì, e piace anche a te.<br />
Sì.<br />
Lui è bravissimo a scovare le prede, sia che si tratti di un coniglio o di un uomo (oppure una<br />
donna!), è formidabile nel braccare. Ha un suo modo di muoversi, come se eseguisse una danza<br />
antica e sensuale. La preda non ha mai sentore di niente, lui è un maestro nel braccare.<br />
Ogni sensazione si moltiplica, quando lui prende il controllo.<br />
Nella notte c‟è una luce che altri non vedono, ma noi, sì.<br />
Sì.<br />
L‟aria vibra di energia latente, pronta ad esplodere; il respiro si assottiglia ma per contro si fa più<br />
profondo. Una sensazione difficile da spiegare.<br />
Non hai niente da spiegare, devi soltanto sentire.<br />
Sì.<br />
E poi parte la caccia. Gli odori sono una traccia, fili sottili che a seguirli portano senza errore dove<br />
c‟è il sangue. E‟ tutto qui, è questo il senso di ogni cosa: il sangue.<br />
E‟ strano non provare orrore, quando il sangue irrompe dappertutto, schizzando dagli squarci che lui<br />
apre nel corpo della preda. Ma prima, c‟è il momento nel quale la preda sente che qualcosa non va e<br />
voltandosi, scopre che gli siamo alle spalle.<br />
Noi.<br />
Sì.<br />
Ha un suo profumo, il terrore. Un aroma <strong>in</strong>ebriante, nel quale la preda sembra distillare l‟<strong>in</strong>tera<br />
consapevolezza della morte imm<strong>in</strong>ente. E sente il proprio odore, sente l‟impatto con la paura, come<br />
una lama che gli penetra nel corpo, prima ancora delle unghie e dei denti. E nel momento <strong>in</strong> cui<br />
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spalanca gli occhi, guardandoci e capendo cosa sta per accadere, lui è lesto a balzare avanti, per<br />
impedirgli di gridare.<br />
E poi <strong>in</strong>izia.<br />
Sì.<br />
Sì.<br />
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