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LE LEGGI DI KEPLERO - Matematicamente.it

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Erman Di Rienzo Le leggi di Keplero<br />

F-1<br />

<strong>LE</strong> <strong>LE</strong>GGI <strong>DI</strong><br />

KEP<strong>LE</strong>RO<br />

[edr - Aprile 2001]<br />

www.matematicamente.<strong>it</strong> 1


. . .<br />

Temp' era dal principio del mattino,<br />

e 'l sol montava 'n sù con quelle stelle<br />

ch’eran con lui quando l'amor divino<br />

mosse di prima quelle cose belle;<br />

. . .<br />

[Dante – Inferno: canto I° - versi 37-40]<br />

In copertina: R<strong>it</strong>ratto di Giovanni Keplero [Joannes Kepler: Wiel (Germania) 1571 – 1630]<br />

2


3<br />

Premessa: Le tappe della cosmologia<br />

L’uomo prim<strong>it</strong>ivo ebbe per lunghissimo tempo le più strane concezioni sulla<br />

forma e sulle dimensioni della Terra, considerandola comunque come la parte<br />

principale dell’Universo, anche se non si può escludere che qualcuno nel passato<br />

abbia nutr<strong>it</strong>o dubbi su tali concezioni o abbia intu<strong>it</strong>o ipotesi più realistiche, per<br />

non incorrere nel frequente errore di r<strong>it</strong>enere la genial<strong>it</strong>à appannaggio solo della<br />

modern<strong>it</strong>à.<br />

Già nel VI secolo presso la scuola Ionica, con Talete ed altri filosofi si era<br />

affacciata l’ipotesi della sferic<strong>it</strong>à della Terra, che però restava al centro<br />

dell’Universo. L’idea fu accolta da Aristotele che nel suo De Caelo la suffragò<br />

con ineccepibili argomentazioni, riferendo anche di tentativi precedenti di<br />

misurazione senza alcun cenno ai metodi adottati e concludendo semplicemente<br />

che alla fine la Terra non era neanche poi tanto grande. All’epoca il valore più<br />

accred<strong>it</strong>ato per il meridiano terrestre era di 400'000 stadi, un valore tra i 59<br />

milioni di Km, per lo stadio delfico (148,6 m), ed oltre 73 milioni di Km per lo<br />

stadio olimpico (184,4 m). In ogni caso le dimensioni della Terra erano<br />

sopravalutate.<br />

La prima misurazione della Terra su base scientifica fu effettuata da Eratostene<br />

di Cirene intorno al 240 a.C.; vissuto tra il 280 (circa) ed il 196 a.C. fu una<br />

grande figura della cultura dell’epoca, direttore per lunghissimo tempo della<br />

Biblioteca di Alessandria.<br />

Eratostene aveva osservato (o qualcuno gli aveva fatto osservare) che a Siene,<br />

l’attuale Assuan, nel giorno del solstizio d’estate, quando il sole era allo zen<strong>it</strong>,<br />

quando cioè le ombre avevano la minima lunghezza, i suoi raggi illuminavano il<br />

fondo dei pozzi, quindi erano praticamente perpendicolari al suolo. Non era così<br />

ad Alessandria, dove nello stesso giorno allo zen<strong>it</strong> i raggi avevano una<br />

inclinazione di circa 7 gradi. Eratostene ne dedusse una ulteriore prova della<br />

sferic<strong>it</strong>à della Terra (se mai ve ne fosse ancora bisogno), forse la prova<br />

dell’obliqu<strong>it</strong>à dell’ecl<strong>it</strong>tica sull’equatore, ma sopra tutto ne intuì una possibil<strong>it</strong>à di<br />

misurazione delle dimensioni; il risultato cui pervenne ha dell’incredibile alla luce<br />

delle moderne conoscenze: la Terra aveva un diametro di 252'000 stadi, che, se<br />

per stadio si intende quello egiziano dell’epoca di 157,6 m, corrisponde a 39'700<br />

Km con un errore inferiore all’ 1%.<br />

Ma veniamo al metodo utilizzato; si partì naturalmente da alcune ipotesi:<br />

- che la Terra fosse perfettamente sferica,


- che i raggi del sole fossero paralleli tra loro in ogni punto della Terra,<br />

nell’ipotesi cioè che il Sole fosse molto distante dalla Terra e che le sue<br />

dimensioni fossero molto inferiori a detta distanza,<br />

- che le due local<strong>it</strong>à, Alessandria e Siene, fossero sullo stesso meridiano, ovvero<br />

che Alessandria fosse esattamente a Nord di Siene.<br />

In queste ipotesi la differenza di angolazione dei raggi nelle due local<strong>it</strong>à<br />

corrispondeva alla differenza delle loro lat<strong>it</strong>udini; conoscendone la distanza si<br />

poteva risalire alla lunghezza<br />

del diametro terrestre, essendo<br />

questo in proporzione a<br />

detta distanza come la<br />

differente angolazione dei<br />

raggi solari sta ad un angolo<br />

giro.<br />

Ineccepibile il metodo,<br />

anche se basato su ipotesi,<br />

due delle quali all’epoca<br />

erano solo congetture non<br />

essendovi ancora alcuna<br />

possibil<strong>it</strong>à di verifica, e sulla<br />

misura della distanza tra le<br />

Alessandria<br />

due local<strong>it</strong>à, sulla cui accuratezza sono stati avanzati molti dubbi.<br />

Da più parti quindi si sostiene che la precisione del risultato sia stato piuttosto<br />

frutto di coincidenze, con errori che si compensarono reciprocamente; in<br />

particolare gli errori principali sarebbero:<br />

- Siene (Assuan) non è sul tropico ma a circa 30’ a Nord di questo;<br />

- Alessandria non è esattamente a Nord di Siene ma di circa 4° più ad Ovest;<br />

- la distanza tra le due c<strong>it</strong>tà sarebbe stata misurata in termini di giorni di<br />

cammino.<br />

Inoltre vi sarebbe incertezza sull’un<strong>it</strong>à di misura utilizzata (lo stadio) e lo stesso<br />

risultato (252'000 stadi) appare piuttosto come un numero comodo per successive<br />

calcolazioni essendo divisibile per tutti i numeri da 1 a 10.<br />

Per un giudizio obiettivo però occorrerebbe possedere l’opera originale dello<br />

scienziato “Sulla misurazione della terra” che purtroppo è andata perduta. Si<br />

r<strong>it</strong>iene invece che la storia del pozzo di Siene sia stato piuttosto uno spunto per<br />

intraprendere un complesso sistema di rilevazioni e misurazioni che portò ad un<br />

risultato molto preciso, anche in considerazione della lunga tradizione in materia<br />

di misurazioni dei terreni dell’antico Eg<strong>it</strong>to.<br />

α<br />

α<br />

Siene<br />

4


5<br />

Ma per lungo tempo alla misura di Eratostene si preferì quella di Posidonio di<br />

Apamea che circa 150 anni dopo aveva stabil<strong>it</strong>o in circa 30'000 Km il diametro<br />

terrestre. Sui motivi di tale preferenza ci sarebbe tanto da argomentare; ci<br />

lim<strong>it</strong>iamo a suggerire alcune ipotesi: che Posidonio apparteneva ad una cultura più<br />

aderente a quella dominante di Roma, essendo stato tra l’altro amico di Cicerone e<br />

di Pompeo. Inoltre il nuovo valore era più rassicurante in un’epoca in cui il<br />

mondo conosciuto non superava alcune migliaia di Km. Ed infine più piccolo era<br />

il mondo, maggiore era la percentuale dello stesso dominato da Roma.<br />

Più o meno negli stessi anni di Eratostene, Aristarco di Samo procedette a<br />

misurazioni più ambiziose: quella della distanza Terra-Luna e quella Terra-Sole,<br />

quindi delle dimensioni di Sole e Luna, pervenendo a risultati azzeccati solo per<br />

l’ordine di grandezza. Singolari i metodi adottati: ad esempio per determinare il<br />

rapporto tra la distanza Terra-Luna e quella Terra-Sole, partì dalla considerazione<br />

che quando la Luna ci appare illuminata esattamente a metà (primo o ultimo<br />

quarto), ciò significa che l’asse visivo,<br />

dalla Terra al centro del disco lunare, è<br />

perpendicolare all’asse di illuminazione<br />

dal centro del Sole al centro<br />

della Luna. Basta allora misurare<br />

l’angolo relativo tra i due corpi per<br />

ottenere il rapporto tra le loro distanze con la Terra. Purtroppo a causa della<br />

rifrazione dell’atmosfera (che probabilmente Aristarco non conosceva) la sua<br />

misura di 87°, contro gli effettivi 89° e 50’ circa, lo portò ad un valore di tale<br />

rapporto di 1/19, contro circa 1/400 effettivo.<br />

Erano comunque risultati notevoli per l’epoca, ma più notevolmente ne dedusse<br />

come fosse improbabile, nel caso del Sole, che un corpo molto più grande<br />

ruotasse intorno ad uno molto più piccolo. Rimaneva la difficoltà di spiegare la<br />

fiss<strong>it</strong>à delle stelle se fosse stata la Terra a girare intorno al Sole, a meno che non si<br />

ipotizzasse una distanza delle stesse tale da annullare qualunque parallasse. Ne<br />

sarebbe derivato un valore delle dimensioni dell’Universo grandissimo, nei cui<br />

confronti “…per poco il cor non si spaura”. Ed infatti la teoria non fu accettata ed<br />

anche per Aristarco scattò la sol<strong>it</strong>a accusa e condanna per empietà.<br />

Un’altra importante tappa della cosmologia fu Ipparco di Nicea (125-187 a.C.),<br />

forse il più grande astronomo dell’antich<strong>it</strong>à. Visse per la maggior parte della v<strong>it</strong>a a<br />

Rodi ma trascorse qualche tempo ad Alessandria d’Eg<strong>it</strong>to che all’epoca era un<br />

centro di attrazione per la cultura richiamando letterati, artisti, scienziati e tecnici<br />

da tutto il mondo allora conosciuto. Le sue opere non ci sono pervenute e tutto ciò<br />

che sappiamo del suo pensiero lo dobbiamo a Tolomeo suo grande ammiratore e<br />

S<br />

L<br />

T


seguace. Ipparco fu un osservatore attento e scrupoloso dei fenomeni celesti, per<br />

lo scopo inventando numerosi strumenti come l’Astrolabio e la Diottra e mettendo<br />

a punto tecniche matematiche raffinate, gettando le basi di quel ramo della<br />

geometria che più tardi si chiamerà trigonometria. Per quanto ne sappiamo<br />

compilò un catalogo delle stelle descrivendone oltre 800, determinò la durata<br />

dell’anno solare in 365 giorni e 6 ore, scoprì con la precessione degli equinozi il<br />

terzo movimento della Terra e calcolò la distanza Terra-Luna ricavandone un<br />

valore di circa 390'000 Km straordinariamente vicina a quella attualmente nota.<br />

Probabilmente pervenne a questo valore rilevando dapprima il diametro lunare<br />

confrontato con quello terrestre, misurando il tempo nel quale la Luna percorre il<br />

cono d’ombra della Terra durante una sua eclissi, quindi ricavando la distanza<br />

dall’angolo, di circa 0,5°, sotto il quale la Luna stessa è vista dalla Terra.<br />

Avrebbe però rifiutata ogni ipotesi eliocentrica, ma non sappiamo su quali basi.<br />

Quindi Claudio Tolomeo, astronomo e matematico vissuto nel II secolo d.C. (100<br />

– 178 circa), che nel suo Almagesto (il t<strong>it</strong>olo originario “Magisté Syntaxis” fu<br />

tradotto dagli arabi in Al majisti, e dall’arabo in latino in Almagestum) fece la più<br />

grande sintesi di tutte le conoscenze astronomiche fino ai suoi tempi e, un po’<br />

come in altri campi per le opere di Aristotele, cost<strong>it</strong>uì per molti secoli l’unico<br />

riferimento per l’interpretazione dei fenomeni celesti. Quando un impianto teorico<br />

è così vasto e dà spiegazioni di così tanti<br />

fenomeni, naufraga ogni tentativo di cr<strong>it</strong>ica, anche<br />

parziale.<br />

Tolomeo presenta lo schema dell’Universo<br />

mettendo la Terra al suo centro. Il Sole e la Luna si<br />

muovono in modo uniforme su orb<strong>it</strong>e circolari il<br />

cui centro però non coincide con il centro della<br />

Terra e per questo dette “eccentrici”. Con questo si<br />

spiegavano alcune irregolar<strong>it</strong>à del moto che in<br />

alcuni periodi appariva più rapido, in altri meno.<br />

I pianeti (all’epoca ne erano noti solo cinque:<br />

Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno) si<br />

muovono<br />

Pianeta<br />

Equante<br />

Deferente<br />

Terra<br />

Epiciclo Moto epiciclo con equante<br />

Sole<br />

Moto eccentrico<br />

Eccentrico<br />

Terra<br />

sempre in modo uniforme su orb<strong>it</strong>e<br />

circolari dette “epicicli” il cui centro a<br />

sua volta si muove su un’orb<strong>it</strong>a anch’essa<br />

circolare detta “deferente”, ma non in<br />

modo uniforme; il centro del deferente,<br />

come per gli eccentrici, non coincide con<br />

il centro della Terra ed uniforme è invece<br />

6


7<br />

il moto angolare della congiungente il centro dell’epiciclo con un punto<br />

simmetrico al centro del deferente rispetto alla Terra detto “equante”. Così si dava<br />

spiegazione alle varie irregolar<strong>it</strong>à osservate rispetto ai moti perfettamente circolari<br />

ed uniformi di Aristotele.<br />

Come per Aristotele l’opera di Tolomeo è talvolta indicata come il principale<br />

freno allo sviluppo della conoscenza in astronomia e, come per Aristotele, questo<br />

è stato solo il frutto di una errata, troppo letterale interpretazione del suo pensiero;<br />

in effetti Tolomeo era prima di tutto un matematico e quando descrive l’Universo<br />

non intende dire che questo è fatto proprio così, ma che, se si ipotizza una serie di<br />

movimenti dei corpi celesti come quella presentata, si ottiene come risultato<br />

quello che osserviamo. Per il matematico è indifferente il riferimento nel quale<br />

descrivere i movimenti, né si preoccupa di darne una giustificazione. All’epoca<br />

inoltre non erano stati ancora defin<strong>it</strong>i i riferimenti inerziali e dovendone sceglierne<br />

uno, il migliore appariva quello solidale all’osservatore cioè alla Terra.<br />

Per oltre 1500 anni null’altro, finché intorno al 1530 l’astronomo Nicolò<br />

Copernico [Nikolaus Koppernigk da Thorn (Polonia): 1473-1534] poco prima di<br />

morire pubblica la sua opera principale “De revolutionibus orbium coelestium”<br />

(Sulle rivoluzioni delle sfere celesti) in cui ipotizza che la Terra ruoti intorno ad<br />

un proprio asse con un periodo di un giorno ed intorno al Sole con un periodo di<br />

un anno e che i pianeti ruotino come la Terra intorno al Sole. Come per gli epicicli<br />

di Tolomeo le orb<strong>it</strong>e restavano rigorosamente circolari e percorse con moto<br />

uniforme. L’ipotesi spiegava le osservazioni astronomiche esattamente come la<br />

teoria Tolemaica, ma restava un’ipotesi matematica sebbene molto più semplice.<br />

E’ molto probabile che Copernico fosse convinto che l’Universo andasse come<br />

diceva Lui, ma questo non lo si evince dal testo e con una certa ambigu<strong>it</strong>à lascia<br />

libera interpretazione al lettore. Egli era conscio delle difficoltà che avrebbe<br />

incontrato la sua teoria e probabilmente fu solo il più coraggioso a pubblicare un<br />

dubbio che era venuto anche ad altri (ricordiamo Aristarco di Samo); ed infatti<br />

licenza l’opera solo in punto di morte e dedicandola al Papa.<br />

Negli anni successivi il Copernicanesimo circola liberamente come ipotesi<br />

matematica finché Giordano Bruno, prima, e Galileo poi, con approcci diversi ne<br />

danno una interpretazione fisica; e qui scattano la note condanne. Le difficoltà ad<br />

accettare l’idea di una Terra che gira intorno al Sole, primo passo verso la<br />

concezione di un Universo enorme al confronto del piccolo satell<strong>it</strong>e sul quale<br />

viviamo, sono rese magistralmente da Pirandello in un brano del suo “Il fu Mattia<br />

Pascal” riportato in appendice (vedi Appendice 1).<br />

La teoria copernicana quindi circola liberamente nel XVI secolo, ufficialmente<br />

non accettata, ma tollerata come ipotesi matematica. Intorno alla fine del secolo a


Praga un grande astronomo danese, Tycho Brahe, in parte accettando la teoria<br />

copernicana, raccoglie una quant<strong>it</strong>à impressionante di dati sulla posizione dei<br />

corpi celesti, ma non ne deduce nulla. Nel 1600 gli viene affiancato un giovane<br />

matematico tedesco Giovanni Keplero [Johannes Kepler nato a Wiel nel 1571],<br />

che alla sua morte diventerà astronomo di corte.<br />

Keplero non ha bisogno di ulteriori osservazioni, dispone di tutte le osservazioni<br />

possibili già fatte dal maestro; deve solo ordinarle. In effetti le uniche cose che<br />

all’epoca si potevano misurare erano gli angoli, con una certa precisione, ed i<br />

tempi con precisione minore. Per le distanze restavano quelle poche misure note,<br />

molte delle quali in contraddizione tra loro. Ma al matematico potevano anche<br />

non interessare le dimensioni; era sufficiente conoscerne una per ricavarne le altre<br />

con il sistema delle triangolazioni (oggi noto come teorema dei seni, probabilmente<br />

noto già dall’antich<strong>it</strong>à). E non era neanche necessario che la prima misura<br />

fosse precisa, le successive avrebbero avuto la stessa percentuale di errore. Ne<br />

derivava un Universo simile a quello reale nel senso matematico. E ciò era<br />

sufficiente per quello che ne dedusse:<br />

- i pianeti girano intorno al Sole descrivendo orb<strong>it</strong>e ell<strong>it</strong>tiche di cui il Sole<br />

occupa uno dei fuochi;<br />

- la veloc<strong>it</strong>à con la quale le ellissi vengono descr<strong>it</strong>te non è costante; costante è<br />

l’area descr<strong>it</strong>ta dal raggio vettore nell’un<strong>it</strong>à di tempo;<br />

- i tempi di rivoluzione crescono con la distanza secondo una precisa relazione:<br />

il loro quadrato è proporzionale al cubo dell’asse maggiore dell’ellissi.<br />

L’elaborazione dei dati di Brahe comportarono un lavoro immenso durato 23 anni,<br />

dei quali ben dieci trascorsi tra le enunciazioni delle prime due leggi (1609) e la<br />

terza legge, in “Harmonices mundi” del 1618, nella quale tra l’altro metteva in<br />

relazione le leggi armoniche dei suoni con i movimenti dei pianeti.<br />

Morirà a Ratisbona in misere condizioni nel 1630.<br />

L’opera di Keplero, suffragata dai dati raccolti da Brahe, fornisce la migliore<br />

giustificazione al Copernicanesimo e dà lo spunto principale ad Isaac Newton per<br />

formulare la Legge di Grav<strong>it</strong>azione Universale, che, come vedremo nel segu<strong>it</strong>o,<br />

insieme ai Suoi Princìpi della Meccanica sono oggi la base di spiegazione<br />

matematica delle tre leggi.<br />

Già dal 1666 Newton aveva intu<strong>it</strong>o che i corpi si attraggono con una forza che<br />

diminuisce con la distanza e che questa forza è responsabile tanto della caduta dei<br />

gravi sulla Terra, quanto della tenuta dei sistemi planetari; occorreva una<br />

descrizione qual<strong>it</strong>ativa e quant<strong>it</strong>ativa di questa forza. Era noto che un corpo in<br />

rotazione subisce una forza centrifuga proporzionale alla sua massa ed al raggio<br />

di curvatura ed inversamente proporzionale al quadrato del tempo di rivoluzione 1<br />

1 Oggi diremmo: Fc = m v 2 / r ma essendo: v = 2 π r / T vale: Fc = 4 π 2 m r / T 2<br />

8


9<br />

(vedasi l’esperienza del pendolo conico di Hooke in appendice 2). Perché un<br />

corpo resti in rotazione sulla sua orb<strong>it</strong>a occorre che tale forza sia bilanciata da<br />

un’altra uguale e contraria. La terza legge di Keplero suggerisce che il quadrato<br />

del tempo di rivoluzione è a sua volta proporzionale al cubo della distanza. Ne<br />

segue che la forza di attrazione dei corpi deve essere inversamente proporzionale<br />

al quadrato della distanza. Successivamente attraverso la seconda legge dimostrò<br />

che tale forza era diretta secondo la congiungente i centri dei due corpi ed infine<br />

con l’ausilio del terzo principio della meccanica che tale forza doveva essere<br />

proporzionale al prodotto delle due masse.<br />

Per oltre 10 anni Newton abbandonò gli studi sulla grav<strong>it</strong>à dedicandosi all’ottica<br />

ed alla messa a punto di nuove tecniche matematiche tra le quali quella che<br />

chiamò calcolo delle flussioni, che poi era l’anteprima del calcolo infin<strong>it</strong>esimale.<br />

Intorno al 1679 riprese i suoi studi sulla grav<strong>it</strong>à e con l’ausilio delle nuove<br />

tecniche matematiche riuscì a dare una completa dimostrazione alle sue intuizioni.<br />

Per restare sulle loro orb<strong>it</strong>e pianeti e satell<strong>it</strong>i non avevano più bisogno di postulati<br />

o interventi divini; una sola legge fisica dava spiegazione di ogni loro moto.<br />

Tuttora, nonostante tutti i successivi sviluppi, la grav<strong>it</strong>azione universale di<br />

Newton rimane uno dei pilastri della Fisica. La sua formulazione è stata resa<br />

possibile, oltre che dal genio del suo formulatore, dall’opera dei suoi predecessori.<br />

Si comprende quindi il profondo significato dell’affermazione dello stesso<br />

Newton: “Se sono riusc<strong>it</strong>o a guardare lontano è perché stavo sulle spalle di<br />

giganti”.<br />

Come spesso accade in Fisica la sequenza temporale è opposta a quella logica: le<br />

leggi di Keplero avevano “indotto” quella della Grav<strong>it</strong>azione Universale con la<br />

quale si dà di esse dimostrazione matematica.


La prima legge<br />

La prima legge di Keplero descrive la forma delle traiettorie dei pianeti nel loro<br />

moto di rivoluzione intorno al sole.<br />

I pianeti nel loro moto di rivoluzione intorno al sole descrivono orb<strong>it</strong>e ell<strong>it</strong>tiche<br />

delle quali il sole occupa uno dei fuochi.<br />

Partiamo dalla legge di grav<strong>it</strong>azione universale: Due masse M ed m ad una<br />

distanza r si attraggono con una forza proporzionale alle due masse ed<br />

inversamente proporzionale al quadrato della distanza:<br />

dove G è la costante di grav<strong>it</strong>azione universale. Per questa legge una massa<br />

puntiforme M, fissa nello spazio, crea un campo di forze radiale centripeto, di<br />

intens<strong>it</strong>à dipendente solo dalla distanza r dal punto:<br />

F = G M<br />

r2 m M<br />

F = G<br />

r2 Si dimostra che questo campo è conservativo, cioè il lavoro esegu<strong>it</strong>o dalla forza su<br />

un punto materiale P che si sposti dal punto A al punto B , pari all’integrale di<br />

linea:<br />

B<br />

L = F × d s<br />

A<br />

dipende solo dagli estremi ed è indipendente dal percorso.<br />

Quindi è definibile a meno di una costante una funzione scalare, detta<br />

“potenziale”, che in questo caso risulta dipendere solo dalla distanza r :<br />

M<br />

V(r) = – G + cost.<br />

r<br />

la costante è arb<strong>it</strong>raria e viene scelta nulla in modo che il potenziale sia sempre<br />

negativo e nullo all’infin<strong>it</strong>o, dove quindi ha il suo massimo. Ne segue che il<br />

lavoro esegu<strong>it</strong>o su una massa m che si sposta dal punto A (alla distanza rA,<br />

quindi a potenziale VA = – GM/rA) al punto B (alla distanza rB, quindi a<br />

potenziale VB = – GM/rB), secondo qualsiasi percorso è:<br />

1 1<br />

LAB = m (VA –VA) = G m M<br />

rB<br />

rA<br />

10


11<br />

Il lavoro sarà pos<strong>it</strong>ivo, cioè la massa m avrà perso energia potenziale, se rA > rB.<br />

Nel generico punto P, alla distanza r da una massa fissa M, una massa m con<br />

veloc<strong>it</strong>à v avrà una energia potenziale U = m V(r) = – GmM/r ed una energia<br />

cinetica C = ½ mv 2 .<br />

Ora per il principio di conservazione dell’energia il corpo di massa m muovendosi<br />

nel campo grav<strong>it</strong>azionale della massa fissa M senza altre forze agenti segue una<br />

traiettoria con una legge oraria tali che in ogni istante è costante la somma delle<br />

energie cinetica e potenziale:<br />

½ mv<br />

Inoltre scegliendo un riferimento con l’origine nel punto in cui è posta la massa<br />

fissa M, per il secondo principio della dinamica resta costante il momento della<br />

quant<strong>it</strong>à di moto di m rispetto all’origine:<br />

2 – G mM/r = Cost. = E<br />

dove con ⎯q si è indicata la quant<strong>it</strong>à di moto di m. Infatti per ogni variazione<br />

della veloc<strong>it</strong>à ⎯v, il momento della quant<strong>it</strong>à di moto per una nota formula del<br />

calcolo vettoriale varia secondo:<br />

d⎯p<br />

d t<br />

⎯p =⎯r ∧ m⎯v =⎯r ∧⎯q<br />

d⎯r<br />

d⎯q<br />

= ∧⎯q +⎯r ∧ =⎯r ∧<br />

d t<br />

d t<br />

essendo d⎯r / d t =⎯v sempre parallelo a⎯q quindi sempre nullo il loro prodotto<br />

vettoriale. Siccome sulla massa m agisce una forza ⎯f con momento angolare<br />

rispetto all’origine sempre nullo, essendo⎯r ed⎯f sempre paralleli, è:⎯r ∧⎯f = 0<br />

Per il secondo principio della dinamica sarà:<br />

Possiamo quindi lim<strong>it</strong>are lo studio al piano individuato dal vettore⎯v e dalla<br />

massa fissa puntiforme M giacché non agiscono forze fuori di questo piano. Su<br />

di esso fissiamo un sistema di<br />

coordinate polari con l’origine<br />

nella massa M. La veloc<strong>it</strong>à ha<br />

due componenti, una radiale:<br />

vr = v . cos α = dr/dt<br />

ed una trasversale:<br />

vϕ = v . sen α = r . v cos α<br />

m α<br />

r v sen α<br />

v<br />

M<br />

ϕ<br />

dϕ /dt<br />

d⎯q<br />

d t<br />

⎯f = d⎯q<br />

d⎯q d⎯p<br />

quindi: ⎯r ∧⎯f =⎯r ∧ = = 0 cioè: ⎯p = costante<br />

d t d t<br />

d t


con v 2 = vr 2 + vϕ 2 . Queste sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e nell’equazione dell’energia danno:<br />

½ m + r<br />

Abbiamo visto che il momento della quant<strong>it</strong>à di moto è costante; costante sarà<br />

quindi anche il suo modulo che vale:<br />

. dr dϕ<br />

mM<br />

= E + G<br />

dt dt<br />

r<br />

p = r . m . v . sen α = r . m . dϕ<br />

dϕ p<br />

r da cui =<br />

dt<br />

dt m r2 che sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>a nella equazione precedente fornisce:<br />

cioè:<br />

2E 2GM p<br />

= ± + –<br />

m r<br />

Questa è l’equazione differenziale che, risolta, fornisce la legge oraria di<br />

2<br />

m2 r2 dr<br />

mM<br />

½ m + = E + G<br />

dt m r<br />

dr<br />

dt<br />

2 r2 variazione del raggio r(t), quindi dell’argomento ϕ(t) integrando:<br />

Ma ora siamo piuttosto interessati all’equazione della traiettoria r(ϕ) (o ϕ(r) ).<br />

Dividendo membro a membro le due equazioni:<br />

dr<br />

dt<br />

si ottiene:<br />

cioè:<br />

2E 2GM<br />

= ± + –<br />

m r<br />

dϕ = dr<br />

r 2<br />

dϕ<br />

dr =<br />

.<br />

2<br />

2<br />

p 2<br />

p<br />

m r 2<br />

p 2<br />

m 2 r 2<br />

.<br />

± b<br />

2a<br />

–1 + –<br />

r<br />

2<br />

2E<br />

m<br />

b 2<br />

r 2<br />

dϕ<br />

dt<br />

dϕ<br />

e =<br />

dt<br />

±1<br />

2GM<br />

+ –<br />

r<br />

con<br />

p 2<br />

m 2 r 2<br />

a = –<br />

b =<br />

– p2<br />

2Em<br />

=<br />

GmM<br />

2E<br />

p<br />

m r 2<br />

p<br />

m r 2<br />

12


13<br />

Osserviamo anz<strong>it</strong>utto che affinché questa equazione abbia coefficienti reali e fin<strong>it</strong>i<br />

è necessario che sia a > 0, cioè che l’energia totale E sia negativa, cioè che<br />

l’energia cinetica iniziale ½mv2 non superi in valore assoluto l’energia<br />

potenziale iniziale GmM/r: ½mv2 < GmM/r v < 2GM/r<br />

Questa è la cosiddetta “veloc<strong>it</strong>à di fuga” cioè il valore minimo di veloc<strong>it</strong>à che<br />

qualunque massa deve possedere per sfuggire ad un campo grav<strong>it</strong>azionale. Si nota<br />

che essa è indipendente dalla massa ma dipende da r cioè dalla posizione.<br />

Supponiamo allora che la nostra massa m, inizialmente nel punto Po, abbia<br />

veloc<strong>it</strong>à iniziale vo inferiore alla veloc<strong>it</strong>à di fuga; l’equazione può scriversi:<br />

M<br />

r2<br />

r1<br />

a<br />

dϕ = dr<br />

r<br />

Questa ha campo di<br />

definizione compreso tra le<br />

due radici del radicando r1<br />

ed r2, con:<br />

r1 = a + a2 – b2 Quindi la traiettoria sarà<br />

compresa tra due cerchi<br />

centrati in M e di raggio r1<br />

ed r2 .<br />

Risolviamo ora l’equazione<br />

differenziale integrandola a<br />

membro a membro. Il primo<br />

membro vale (ϕ – ϕo); il secondo messo nella forma:<br />

dr<br />

r 2<br />

.<br />

± 1<br />

2a<br />

– + –<br />

b2 1<br />

b r<br />

2<br />

1<br />

r 2<br />

.<br />

± b<br />

– r 2 + 2ar – b 2<br />

r2 = a – a 2 – b 2<br />

con un primo cambio di variabile: s = 1/r, da cui ds = – dr/r2 , diventa:<br />

± ds<br />

2as<br />

– + – 1<br />

b2 1<br />

b2 a2 – b2 b4 ± ds<br />

– s – a<br />

b2 =<br />

2


e ponendo ancora: u = s – a/b2 , da cui du = ds , diventa:<br />

a<br />

=<br />

2 – b2 b4 ± du<br />

– u2 b2 a2 – b2 ± du<br />

1 – u2 b4<br />

a2 – b2 nella quale ponendo infine:<br />

b 2<br />

z = u . quindi: dz = du si ottiene:<br />

a2 – b2 a2 – b2 il cui integrale è arccos z. Ripercorrendo a r<strong>it</strong>roso le sost<strong>it</strong>uzioni si ha la soluzione,<br />

che è:<br />

u b<br />

arccos z = arcos = arccos =<br />

2<br />

a2 – b2 b2 a2 – b2 s – a<br />

b2 Alla fine la soluzione della nostra equazione è:<br />

che con una opportuna scelta del riferimento di coordinate polari (tale che ϕο = 0)<br />

può diventare:<br />

Basta ora solo dimostrare che questa è l’equazione in coordinate polari di una<br />

ellisse che ha asse maggiore a ed asse minore b . Allo scopo ci riferiamo alla<br />

definizione di ellisse come luogo dei punti per i quali è costante la somma delle<br />

distanze da due punti fissi detti fuochi.<br />

Sia 2a tale distanza e 2c la distanza tra i fuochi (tale che c 2 = a 2 – b 2 );<br />

fissiamo un sistema di coordinate polari con l’origine in un fuoco ed asse nella<br />

congiungente i due fuochi. Il generico punto P della curva avrà la somma delle<br />

distanze dai due fuochi: PO + PO’ = 2a, quindi:<br />

b 2<br />

s b<br />

= arccos = arccos<br />

2 – a<br />

a2 – b2 cos (ϕ – ϕo) =<br />

b 2 –ar<br />

r a 2 – b 2<br />

r (a + a 2 – b 2 cos ϕ) = b 2<br />

b 2 – ar<br />

r a 2 – b 2<br />

dz<br />

1 – z 2<br />

14


15<br />

b<br />

Come volevasi dimostrare; quindi: Una massa in un campo grav<strong>it</strong>azionale con<br />

veloc<strong>it</strong>à iniziale inferiore alla veloc<strong>it</strong>à di fuga percorre un orb<strong>it</strong>a ell<strong>it</strong>tica, della<br />

quale l’asse maggiore a dipende dall’energia E (a = – GmM/2E) e l’asse<br />

minore b dal momento della quant<strong>it</strong>à di moto p (b2 = – p2 /2Em).<br />

La seconda e la terza legge<br />

Le altre due leggi di Keplero si riferiscono al modo nel tempo in cui l’ell<strong>it</strong>tica<br />

viene percorsa; la seconda rec<strong>it</strong>a:<br />

I raggi vettore “spazzano” aree uguali in tempi uguali.<br />

La terza:<br />

PO+PO’=2a<br />

O’ O<br />

r + (2c + r cos ϕ) 2 + r 2 sen 2 ϕ = 2a<br />

r 2 + 4 c r cos ϕ + 4c 2 = 2a – r<br />

r 2 + 4 c r cos ϕ + 4c 2 = (2a – r) 2 = 4a 2 – 4ar + r 2<br />

c r cos ϕ + c 2 = a 2 – ar<br />

r (a + c cos ϕ ) = a 2 – c 2<br />

r (a + a 2 – b 2 cos ϕ ) = b 2<br />

I quadrati degli assi maggiore sono proporzionali ai cubi dei periodi di<br />

rivoluzione.<br />

r<br />

a<br />

P<br />

ϕ


Anz<strong>it</strong>utto il significato di alcuni termini: per “raggio vettore” si intende la<br />

congiungente le masse M ed m, che abbiamo indicato con⎯r. Il raggio vettore<br />

si muove quindi insieme alla massa m; per “area spazzata” si intende l’area<br />

coperta dal raggio vettore nel suo moto.<br />

r(t+dt)<br />

M<br />

dA<br />

r(t)<br />

dr(t)<br />

Ora le due leggi possono essere dimostrate sulla base<br />

della costanza del momento della quant<strong>it</strong>à di moto⎯p.<br />

Consideriamo un intervallo di tempo elementare dt ;<br />

geometricamente l’area spazzata dA sarà la metà del<br />

parallelogramma che ha per lati⎯r (t) e d⎯r =⎯v dt ;<br />

quindi:<br />

Nella versione integrale (A = p/2m . t) questa è appunto la seconda legge di<br />

Keplero: l’area spazzata dal raggio vettore è proporzionale al tempo.<br />

Se integriamo su un intero periodo di rivoluzione T :<br />

T<br />

T<br />

dA p<br />

dt = dt<br />

dt<br />

l’integrale a primo membro è evidentemente l’area dell’ellissi: a . b . π (vedasi<br />

appendice 3); allora:<br />

a<br />

e ricordando i valori di a e b : cioè<br />

. b . π = T da cui a2 . b2 . π2 = T 2<br />

p<br />

p<br />

2m<br />

2<br />

4m2 GmM<br />

a = – 2E = –<br />

2E<br />

GmM<br />

a<br />

sost<strong>it</strong>uendoli nell’uguaglianza si ha:<br />

0<br />

p2 4m2 b =<br />

a2 . = T 2<br />

a p2 π2 GMm 2<br />

⎯p<br />

dA = ½⎯r ∧⎯v dt = dt<br />

dA p<br />

da cui: =<br />

2m<br />

dt<br />

2m<br />

2m 0<br />

– p 2<br />

2Em<br />

E questa è la terza legge di Keplero: ogni satell<strong>it</strong>e rivoluziona con periodi il cui<br />

quadrato è proporzionale al cubo dell’asse maggiore dell’orb<strong>it</strong>a ed il coefficiente<br />

di proporzional<strong>it</strong>à dipende dalla massa del corpo maggiore.<br />

cioè<br />

b2 – p<br />

= =<br />

2<br />

2Em<br />

a3 = T 2 GM<br />

4 π2 a p 2<br />

GMm 2<br />

16


17<br />

Applicazioni<br />

La più straordinaria applicazione delle Leggi di Keplero, la terza in particolare, è<br />

la possibil<strong>it</strong>à che offre di valutare per ogni sistema planetario la massa M del<br />

corpo centrale, noti che siano gli assi maggiori delle orb<strong>it</strong>e ed i tempi di<br />

rivoluzione dei suoi pianeti/satell<strong>it</strong>i. Manca però un tassello al mosaico: Newton<br />

non era riusc<strong>it</strong>o a valutare il valore della costante di grav<strong>it</strong>azione universale G a<br />

causa del valore molto piccolo della forza di grav<strong>it</strong>azione per le masse con le quali<br />

si ha normalmente esperienza. Solo nel 1798, più di 100 anni dopo, Cavendish<br />

con la sua bilancia a torsione la misurò in: G = 6,67 * 10 -11 [m 3 s 2 Kg -1 ].<br />

La massa terrestre può quindi essere valutata semplicemente dalla misura dell’<br />

accelerazione di grav<strong>it</strong>à (g = 9,81 m/s 2 ) al livello del mare, dove la distanza dal<br />

centro della Terra è pari al raggio terrestre, oggi valutato in 6,37 * 10 6 m. La<br />

forza F che imprime l’accelerazione di grav<strong>it</strong>à g ad ogni massa m è la forza<br />

di grav<strong>it</strong>azione. Quindi: m g = G M m / r 2<br />

da cui: M = g r 2 / G = (9.81 * 6,37 2 / 6.67) * 10 12+11 = 5.97 10 24 Kg<br />

Si comprende così il senso dell’affermazione per la quale Cavendish nel suo<br />

laboratorio, con la sua bilancia “pesava la Terra”.<br />

Per la valutazione della massa solare riportiamo tabellati i rapporti tra i cubi degli<br />

assi maggiori ed i quadrati dei tempi di rivoluzione per alcuni pianeti:<br />

Pianeta Asse Maggiore (a) Tempo di rivoluzione (T) Coefficiente (K=a 3 /T 2 )<br />

Mercurio 0,579 10 9 m 0,760 10 7 s K = 3,36 10 18 m 3 /s 2<br />

Venere 1,082 10 9 m 1.941 10 7 s K = 3,36 10 18 m 3 /s 2<br />

Terra 1,496 10 9 m 3,156 10 7 s K = 3,36 10 18 m 3 /s 2<br />

Marte 2,280 10 9 m 5,935 10 7 s K = 3,36 10 18 m 3 /s 2<br />

Giove 7,783 10 9 m 37,23 10 7 s K = 3,39 10 18 m 3 /s 2<br />

Saturno 14,27 10 9 m 92,80 10 7 s K = 3,37 10 18 m 3 /s 2<br />

Sono confermate quindi le ipotesi teoriche della costanza di tale rapporto. Dalla<br />

terza legge di Keplero la massa solare può quindi essere valutata in:<br />

M = (2 π) 2 K / G = (39.5 * 3.36 / 6.67) * 10 18+11 = 1.99 * 10 30 Kg<br />

Per la valutazione della massa lunare occorre procedere diversamente. Dalle<br />

misure delle distanze e dei tempi di rivoluzione del sistema planetario Terra-Luna<br />

risulta: a = 3.84 * 10 8 m e T = 2.358 * 10 6 s. Ne deriverebbe un valore del


apporto: K = a 3 / T 2 = 1.02 * 10 13 , al quale corrisponderebbe un valore per la<br />

massa terrestre di M = (2 π) 2 K / G = 6.04 * 10 24 Kg , un valore un po’ più<br />

alto di quello valutato in precedenza. In effetti occorre qualche correttivo; in detto<br />

sistema infatti non può trascurarsi la massa minore (Luna) rispetto alla maggiore<br />

(Terra). Questa è la ragione di alcune variazioni del coefficiente per Giove e<br />

Saturno che si possono notare nella tabella sopra riportata. Quando in un sistema<br />

planetario la massa dei corpi minori non è trascurabile rispetto al corpo maggiore,<br />

questo non può essere considerato fisso; anch’esso orb<strong>it</strong>a rispetto al centro di<br />

massa (baricentro) dell’intero sistema. Nel caso Terra-Luna ciò significa che<br />

entrambe orb<strong>it</strong>ano intorno al centro di massa del sistema dei due corpi che è posto<br />

sulla congiungente i centri delle due sfere a distanze dai centri (dT e dL risp.,<br />

con dT + dL = a) inversamente proporzionali alle loro masse:<br />

dL<br />

dT<br />

= M<br />

m<br />

Orb<strong>it</strong>a terrestre Orb<strong>it</strong>a lunare<br />

Centro di massa<br />

Che la Terra ruotasse intorno ad un centro di massa diverso dal suo centro era<br />

stato notato fin dall’antich<strong>it</strong>à osservando alcune fluttuazioni della long<strong>it</strong>udine<br />

solare con lo stesso periodo di rivoluzione della Luna. Accurate misurazioni<br />

hanno stimato in 4670 Km il raggio di questa piccola orb<strong>it</strong>a terrestre, minore dello<br />

stesso raggio terrestre, quindi con il centro interno alla Terra. Ne discende un<br />

valore di dL pari a circa 3.79 * 10 8 m e quindi della massa lunare m di:<br />

m = dT M / dL = (4.67 * 5.97 / 3.79) * 10 6+24-8 = 7.36 * 10 22<br />

In Appendice 4 è riporto un prospetto con il valore delle principali misure del<br />

sistema solare.<br />

18


19<br />

Straordinarie coincidenze<br />

Una straordinaria coincidenza vi è tra i periodi di rotazione e rivoluzione della<br />

Luna che consente al nostro satell<strong>it</strong>e di rivolgerci sempre la stessa faccia; ma<br />

questo si può spiegare se si ipotizza che la Luna non sia stata sempre solida come<br />

adesso. Supponiamo allora che un tempo la Luna fosse liquida, ad esempio perché<br />

molto calda di tal che le sue rocce fossero fuse, e che ruotasse intorno al proprio<br />

asse più velocemente di quanto ruoti oggi. Inev<strong>it</strong>abilmente allora nella roccia fusa<br />

si formavano maree per effetto grav<strong>it</strong>azionale; per milioni di anni quindi la<br />

rotazione della Luna sarebbe stata rallentata della resistenza di queste maree cioè<br />

dalla dissipazione di energia conseguente al continuo rimodellamento della<br />

superficie lunare. Il rallentamento sarebbe continuato fino a che la Luna non ha<br />

assunto una veloc<strong>it</strong>à di rotazione che non comportasse il suo rimodellamento, cioè<br />

un periodo di rotazione pari a quello di rivoluzione. A prova di questa teoria vi è<br />

la forma leggermente ad ellissoide con l’asse principale orientato verso la Terra<br />

nella quale il nostro satell<strong>it</strong>e raffreddandosi si è solidificato.<br />

Se questa ipotesi corrisponde alla realtà, essa comporta che un tempo la Luna era<br />

più vicina alla Terra; rallentando nella rotazione, per conservare la quant<strong>it</strong>à di<br />

moto angolare, il raggio dell’orb<strong>it</strong>a deve essere aumentato.<br />

Restano da spiegare, oltre la semplice casual<strong>it</strong>à, altre due straordinarie<br />

coincidenze:<br />

- la distanza Terra - Luna è in proporzione con quella Terra - Sole come il<br />

diametro lunare sta a quello solare, con ottima approssimazione, per la qual<br />

cosa durante le eclissi solari la Luna copre quasi esattamente il Sole.<br />

- il prodotto dell’accelerazione di grav<strong>it</strong>à sulla Terra (g = 9,8 m/s 2 ) per la durata<br />

della rivoluzione intorno al sole (365 giorni pari a 31.5 10 6 secondi) è con<br />

ottima approssimazione pari alla veloc<strong>it</strong>à della luce 299 10 6 m/s.<br />

Ai posteri la spiegazione di questi misteri (if any).


Appendice 1<br />

Brano dal romanzo “Il fu Mattia Pascal”, cap<strong>it</strong>olo II, di Luigi Pirandello, del<br />

1904:<br />

- … io debbo ripetere il mio sol<strong>it</strong>o r<strong>it</strong>ornello: Maledetto sia Copernico!<br />

- Oh oh oh, che c’entra Copernico! – esclama don Eligio, levandosi su la v<strong>it</strong>a,<br />

col volto infocato sotto il cappellaccio di paglia.<br />

- C’entra, don Eligio. Perché quando la Terra non girava …<br />

- E dalli! Ma se ha sempre girato!<br />

- Non è vero. L’uomo non lo sapeva, e dunque era come se non girasse. Per<br />

tanti, anche adesso, non gira. L’ho detto l’altro giorno ad un contadino, e<br />

sapete come m’ha risposto? ch’era una buona scusa per gli ubriachi. Del resto,<br />

anche voi, scusate, non potete mettere in dubbio che Giosuè fermò il Sole. Ma<br />

lasciamo star questo. Io dico che quando la Terra non girava, e l’uomo, vest<strong>it</strong>o<br />

da greco o da romano, vi faceva così bella figura e così altamente sentiva di sé<br />

e tanto si compiaceva della propria dign<strong>it</strong>à,… [omissis] … Siamo o non siamo<br />

su un’invisibile trottolina, cui fa da ferza un fil di Sole, su un granellino di<br />

sabbia impazz<strong>it</strong>o che gira e gira e gira, senza saper perché, senza pervenir mai<br />

a destino? Come se ci provasse gusto a girar così, per farci sentire ora un po’<br />

caldo, ora un po’ freddo, e per farci morire – spesso con la coscienza d’aver<br />

commesso una sequela di piccole sciocchezze – dopo cinquanta o sessanta<br />

giri? Copernico, Copernico, don Eligio mio, ha rovinato l’uman<strong>it</strong>à,<br />

irrimediabilmente. Ormai noi tutti ci siamo a poco a poco adattati alla nuova<br />

concezione dell’infin<strong>it</strong>a nostra piccolezza, a considerarci anzi men che niente<br />

nell’Universo, con tutte le nostre belle scoperte ed invenzioni …<br />

20


21<br />

Appendice 2: Esperienza del pendolo conico di Hooke<br />

Hooke aveva osservato che in un pendolo conico (un peso puntiforme p, legato<br />

con un filo inestendibile ad un punto fisso, non vincolato ad un piano, che<br />

descrive un cerchio), fissata la lunghezza del<br />

filo l, il periodo di rotazione T non dipende<br />

dal raggio della traiettoria, quantomeno, con<br />

riferimento alla figura, per piccoli valori<br />

dell’angolo α, per i quali seno e tangente si<br />

confondono. Imprimendo maggiore veloc<strong>it</strong>à<br />

alla massa aumenta il raggio del cerchio<br />

descr<strong>it</strong>to ma resta costante il periodo di<br />

rotazione.<br />

Se invece si varia la lunghezza del filo, a<br />

par<strong>it</strong>à del raggio del cerchio descr<strong>it</strong>to, varia<br />

il periodo, essendo il suo quadrato proporzionale<br />

a l:<br />

T2 = K . α<br />

l<br />

r<br />

Fc<br />

l<br />

p<br />

Peraltro era noto che la forza con la quale il<br />

peso è attratto verso il centro è (sempre per<br />

piccoli valori dell’angolo α) proporzionale al raggio r:<br />

Fc = p . tg α p . r / l = K’ . r / T 2<br />

Una forza uguale e contraria deve consentire al peso di mantenersi sulla traiettoria<br />

senza raggiungere il centro: la forza centrifuga Ff, che, per quanto osservato, deve<br />

essere proporzionale al raggio ed inversamente proporzionale al quadrato del<br />

tempo di rivoluzione.<br />

Ff


Appendice 3<br />

Una ellissi di asse maggiore a ed asse minore b ha equazione canonica:<br />

x<br />

+ = 1<br />

2<br />

a2 y2 b2 y<br />

-a<br />

essere calcolata con l’integrale :<br />

A = 2 y dx = 2 a b 1 – t 2 dt<br />

-a<br />

+a<br />

da cui:<br />

L’area dell’intera ellissi<br />

per la simmetria della<br />

figura è il doppio della<br />

parte superiore che può<br />

avendo posto t = x/a, da cui dx = a dt. Ponendo ancora: t = sen u, da cui<br />

1 – t2 = cos u quindi dt = cos u du, l’integrale diventa :<br />

-1<br />

+1<br />

+π/2<br />

1 – t2 dt = cos2 u du =<br />

1 + cos 2u<br />

du =<br />

2<br />

-π/2<br />

essendo nullo il secondo integrale perché esteso ad un intero periodo di una<br />

funzione periodica. In defin<strong>it</strong>iva:<br />

A = a b π<br />

-1<br />

-π/2<br />

+a<br />

+1<br />

+π/2<br />

1 1<br />

= du + cos 2u du =<br />

2 2<br />

-π/2<br />

+π/2<br />

-π/2<br />

+π/2<br />

x<br />

π<br />

2<br />

y = b . 1 – x2<br />

a 2<br />

22


23<br />

Appendice 4: Prospetto riassuntivo del SISTEMA SOLARE<br />

Piano dell’orb<strong>it</strong>a terrestre<br />

Distanze (medie)<br />

D = 149 . 10 9 m<br />

d = 384 . 10 6 m<br />

Masse<br />

Sole: 2 . 10 30 Kg<br />

Terra: 5,97 10 24 Kg<br />

Luna: 7,34 10 22 Kg<br />

D<br />

R<br />

Sole<br />

Angoli<br />

α = 23° 26’ 32”<br />

β = 5° 8’ 30”<br />

Dimensioni (medie)<br />

R = 695 . 10 6 m<br />

r = 6,37 . 10 6 m<br />

ρ = 1,74 . 10 6 m<br />

Piano dell’<br />

orb<strong>it</strong>a lunare<br />

β<br />

Tempi della Terra<br />

TR = 3.156 . 10 7 s<br />

Tr = 8.64 . 10 4 s<br />

Tempi della Luna<br />

TR = Tr = 2.36 . 10 4 s<br />

Terra<br />

r<br />

α<br />

d<br />

Kepler.doc<br />

Luna<br />

Asse di rotazione terrestre

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