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CARCIOFO DEL VASTESE<br />
La zona di produzione del “Carciofo del Vastese” comprende, principalmente,<br />
il comune di Cupello, dove è localizzata la maggior parte della coltivazione<br />
e i comuni limitrofi di Furci, Lentella, Monteodorisio, San Salvo e Vasto,<br />
dove il carciofo si coltiva anche in appezzamenti di modeste dimensioni e negli<br />
orti familiari. Le notizie storiche che comprovano la presenza del carciofo<br />
nel vastese risalgono al 1575, quando il padre domenicano Serafino Razzi,<br />
nel suo diario di viaggio in Abruzzo, andando da Histonium (Vasto) a Punta<br />
Penna e descrivendo i luoghi attraversati, cita la presenza dei carciofi selvatici.<br />
Già nel XVIII secolo, sul mercato di Lanciano, si potevano acquistare carciofi<br />
locali. Infatti in una nota del monastero di Santa Chiara di Lanciano, risalente<br />
al 20 maggio del 1757, viene riportato l’acquisto al mercato di alcuni<br />
carciofi utilizzati per l’alimentazione delle Clarisse. Dal Catasto Agrario del<br />
1929 si hanno notizie dell’esistenza di carciofaie in produzione nel sessennio<br />
1923-1928. Risulta inoltre che nel comune di Vasto, all’epoca, esistevano<br />
circa 19 ettari coltivati a carciofi. Con il mutare della situazione socio-economica<br />
del vastese, e in alternativa alle colture cerealicole, nell’immediato<br />
dopoguerra, verso la fine degli anni cinquanta-inizio sessanta, iniziò la razionale<br />
coltivazione del carciofo ad opera di agricoltori di Cupello, che così avviarono<br />
la produzione intensiva. La coltura si diffuse al punto tale da indurre<br />
gli agricoltori a riunirsi in cooperativa per commercializzare il prodotto. Nel<br />
1961, a Cupello, sorse la prima cooperativa di commercializzazione del carciofo<br />
locale, la Cooperativa San Rocco, alla quale si aggiunsero, negli anni<br />
successivi, altre cooperative nei paesi limitrofi. Nel 1965, a Cupello, fu organizzata<br />
la prima sagra del carciofo.<br />
Oggi, grazie al lavoro congiunto della Camera di Commercio di Chieti e delle<br />
organizzazioni di produttori, è stato registrato un marchio collettivo comunitario<br />
“Carciofo di Cupello”, ed è stato adottato un disciplinare di produzione<br />
che prevede, oltre alla varietà e alla zona di produzione sopra indicata,<br />
una produzione media di circa 9-12 capolini per piante destinate al consumo<br />
fresco e di 6-8 capolini per l’utilizzazione conserviera. Il ciclo di produzione è<br />
tardivo ed ha inizio nei mesi di marzo-aprile. Secondo il disciplinare il carciofo<br />
deve essere coltivato in terreni profondi freschi, di medio impasto, di buona<br />
struttura, ben drenati, a reazione neutra leggermente alcalina, previa preparazione<br />
del terreno, seguendo le norme per l’esecuzione, per l’epoca<br />
dell’impianto (ottobre-dicembre) e per le operazioni colturali (scardacciatura<br />
tra settembre e ottobre e tra gennaio e febbraio, dicioccatura tra luglio e agosto)<br />
compresa la difesa integrata con sistemi naturali. Sono previste anche<br />
le quantità di resa produttiva, le modalità e tempi di raccolta. Questa deve<br />
essere manuale e si effettua nel periodo che va dall’ultima decade di marzo<br />
alla fine di maggio per le mammole e i secondi, mentre per la raccolta dei<br />
carciofini si arriva fino alla prima decade di giugno. Nel regolamento sono<br />
indicate anche le caratteristiche che il Carciofo di Cupello deve possedere<br />
all’atto dell’immissione al consumo fresco: diametro dei cimaroli non inferiore<br />
a 8 centimetri; diametro dei capolini di primo e secondo ordine non inferiore<br />
a 6,5 cm; colore verde, di fondo, con sfumature, più o meno intense,<br />
di violetto; forma tondeggiante con caratteristico foro all’apice.<br />
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO<br />
Il carciofo (Cynara scolimus L. spp.) è una pianta poliennale appartenente alla famiglia<br />
delle Composite, di cui si utilizzano le infiorescenze (Capolini) quando sono immature e<br />
tenere. La parte edule del capolino è costituita dal ricettacolo carnoso e dalle tenere<br />
brattee interne.<br />
L’ecotipo locale, utilizzato nell’area interessata, è di derivazione del “Campagnano”, varietà<br />
romanesca. L’epoca di raccolta dei capolini varia da marzo ad aprile secondo l’andamento<br />
climatico. Le infiorescenze sono costituite da un centinaio di brattee ben serrate<br />
e senza spine, sono più leggere rispetto alla varietà omologa e sono di un colore<br />
violaceo; inoltre non presentano la lignifícazione dei vasi della parte inferiore del fondello<br />
e “lanugine” nel cuore del carciofo. I capolini della Categoria Extra, oltre ad avere<br />
le caratteristiche sopra descritte, si differenziano fra di loro per l’epoca di raccolta e<br />
il diametro. I Carciofini, che si ottengono a fine ciclo produttivo, presentano la tipica forma<br />
della varietà con brattee centrali ben serrate, delle dimensioni di un uovo. Sul piano<br />
alimentare e terapeutico, il carciofo riveste un’importanza notevole per alcune sue<br />
caratteristiche biochimiche, essendo infatti ricco di vitamine A e B, di acido glutammico,<br />
di cofitolo, di cinarina, di inulina, di ferro, di calcio, di potassio e di fibra.<br />
Anche i teneri germogli comunemente chiamati “carducci”, sono uno squisito alimento<br />
di sapore simile al più famoso “cardo”.<br />
Particolare importanza riveste anche la trasformazione casalinga e artigianale dei “Carciofini”,<br />
che vengono conservati in olio extravergine di oliva.<br />
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