CILIEGE DI RAIANO E DI GIULIANO TEATINO La ciliegia è un prodotto ortofrutticolo fresco ottenuto dalla coltivazione di diverse varietà di ciliegio dolce. L’area di coltivazione interessa parte del territorio delle province di Chieti (Giuliano Teatino, Canosa Sannita, Ari, Torrrevecchia Teatina) e di L’Aquila (Raiano, Corfinio, Prezza). San Girolamo sosteneva che il ciliegio fu importato in Italia dall’Asia Minore ad opera di L. Licinio Lucullo, maestro di grande raffinatezza culinaria, dopo la terza guerra mitridatica. Questa pianta sarebbe originaria della città di Kerasunte (l’attuale Giresun), dal cui toponimo i romani ricavarono il nome del frutto e dell’albero, cerasum e cerasus. La fonte è senza dubbio autorevole, ma probabilmente le ciliege in Italia esistevano ancor prima dell’età classica come dimostrato da alcuni resti fossili rinvenuti in diversi scavi. Le fonti storiche che riguardano la ciliegia non sono numerose e si trovano principalmente nelle cronache cittadine, in quelle dei monasteri o in documenti testamentari. Sono comunque informazioni puntiformi e disorganiche. L’importanza economica della ciliegia, come del resto della frutta in genere, è comunque assai modesta fino alla fine dell’Ottocento e il consumo è riservato alle classi particolarmente abbienti o alla gente di campagna. Le colture portanti dell’economia agricola della zona erano i cereali e gli allevamenti zootecnici; ad esse si affiancavano, tra le colture arboree, la vite e il gelso. Il gelso fungeva spesso da tutore della vite e allo stesso tempo le sue foglie servivano come nutrimento per i bachi da seta, allevamento, come molti riportano, assai redditizio. Nei primi anni del Novecento la situazione mutò: la bachicoltura andò in crisi per il crollo dei prezzi della seta, il gelso, non più utile come tutore vivo della pianta, venne rapidamente sostituito da specie frutticole, per le quali si cominciava a manifestare una discreta richiesta. Un ruolo da protagonista, in questo rinnovamento, ebbero le cattedre ambulanti per l’agricoltura che, tra le colture arboree, promossero anche la coltura del ciliegio. L’Annuario Statistico dell’Agricoltura Italiana del 1952 riporta la produzione di ciliege in Abruzzo, e con una cartina geografica ne evidenzia le zone di coltivazione che corrispondono a quelle attuali. Nella zona di Giuliano Teatino le ciliegie venivano coltivate, fino alla fine degli anni ‘60, e destinate soprattutto all’industria dolciaria, come dimostra tuttora la presenza nella zona di alcune strutture per la trasformazione. In seguito la coltura è stata riconvertita con varietà da destinare al consumo fresco. Nella zona di Raiano, invece, la coltura è stata destinata al consumo del fresco fin dal pri- mo periodo pre-bellico. Le sagre paesane che si svolgono nei comuni di Raiano e Giuliano Teatino, confermano l’esistenza di una tradizione della coltura del ciliegio. RAIANO AND GIULIANO TEATINO CHERRIES Cherries are a fresh fruit product obtained by cultivation of various varieties of sweet cherry trees. They are grown in part of the territory of the provinces of Chieti (Giuliano Teatino, Canosa Sannita, Ari, Torrrevecchia Teatina) and L’Aquila (Raiano, Corfinio, Prezza). St Jerome said the cherry was brought to Italy from Asia Minore by L. Licinius Lucullus, a master of great culinary skills, after the Third Mithridatic War. The tree is said to have originated in the town of Kerasunt (modern-day Giresun), from which the Romans derived its Latin name cerasus (cerasum for the fruit). However, cherries probably existed in Italy before the Romans, as demonstrated by several fossilised remains found during excavations. Cherries are mentioned in many local historical sources, particularly in the
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO Prodotto ortofrutticolo fresco ottenuto dalla coltivazione delle seguenti varietà di ciliegio dolce (Prunus cerasus var. avium L.): Durone locale, Catagnana, Bigarreau, Durone Nero I, Durone Nero II, Durone neroIII, Ferrovia, Anellone. La ciliegia è una drupa piuttosto piccola a forma sferoidale o variamente cordiforme, provvista di un peduncolo più o meno lungo, esile e flessibile, e cresce isolata o più spesso riunita in grappoli di 2-3 frutti. L’epicarpo è sottile, non pruinoso e aderente alla polpa. Il mesocarpo è aderente al nocciolo e ha una consistenza assai diversa a seconda della cultivar, variando dal medio-molle al compatto. L’endocarpo, legnoso, incide per circa il 6% sul volume totale dei frutti. La buccia e la polpa possono essere giallo-rosate, rosse, molto rosse o quasi nere, per la presenza di flavonoidi e antociani. Normalmente la buccia è più scura della polpa. Dal punto di vista biochimico le ciliege mature hanno un residuo secco che oscilla fra il 12 e il 23%, a seconda delle cultivar, ed è costituito, per il 70-80%, da zuccheri riduttori (principalmente glucosio e fruttosio). L’acidità totale, quasi esclusivamente dovuta all’acido malico, si aggira intorno all’1%. Il contenuto in acido ascorbico varia dai 15 ai 55 mg per ogni 100 g di polpa ed è quindi maggiore che nelle altre drupacee. L’aroma, peraltro poco accentuato, delle ciliege mature è dovuto a un complesso di sostanze volatili, fra le quali sono stati identificati l’etanolo, il metanolo, il geraniolo, l’acetato di etile, l’acido isovalerico, ecc. METODICHE DI LAVORAZIONE E CONSERVAZIONE L’ottenimento del prodotto passa attraverso diverse fasi: Impianto del ceraseto: tra le operazioni iniziali la scelta del materiale vivaistico è di fondamentale importanza in quanto dalla sua bontà sanitaria e agronomica dipenderà gran parte della riuscita del frutteto. Pertanto sia che si tratti di portinnesti che di astoni innestati il materiale va acquistato presso vivaisti in regola con le disposizioni fitosanitarie vigenti. La preparazione del terreno comprende una serie di interventi agronomici (scasso del terreno, concimazione di fondo, ripasso del terreno) effettuati per migliorare le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche del suolo, creando le migliori condizioni possibili per lo sviluppo e l’attività delle radici degli alberi. Allevamento: questa fase, compresa tra la messa a dimora delle piantine e la loro entrata in produzione, prevede tutta una serie di operazioni (potatura, lavorazioni, difesa: fitosanitaria, concimazioni) atte a favorire uno sviluppo equilibrato degli alberi e a conferire loro la forma di allevamento prescelta, che nella zona di coltivazione è, in linea ge- chronicles of towns and monasteries and in testamentary documents. However, the information is erratic and haphazard. Nevertheless, the economic importance of cherries, and indeed fruit in general, was fairly limited until the end of the 1800s and consumption was confined to the particularly wealthy classes or country folk. The mainstays of the area’s agricultural economy were cereals and livestock, along with tree crops, grapes and mulberries. Mulberry trees were often used as supports for the vines, while their leaves were used in silkworm farming, which is widely documented as a highly profitable activity. However, the situation changed during the early 1900s. Silkworm farming collapsed due to the fall in silk prices and the mulberry trees, which were no longer profitable as supports for vines, were rapidly replaced by the fruit-bearing species that were starting to become popular. PRODUCT DESCRIPTION A fruit product from cultivation of the following varieties of sweet cherry (Prunus cerasus var. avium L.): local Durone, Catagnana, Bigarreau, Durone Nero I, II and III, Ferrovia, Anellone. The cherry is a rather small, spherical or heart-shaped drupe, with a fine, flexible stalk of varying length, and it grows alone or in bunches of 2-3 fruit. The epicarp is thin, not pruinose and is attached to the pulp. The mesocarp is attached to the stone and its texture changes radically from one cultivar to the next, varying from medium-soft to compact. The endocarp is woody and accounts for about 6% of the total volume of the fruit. The skin and the pulp may be yellowish-pink, red, very red or almost black, due to the presence of flavonoid and anthocyanins. Usually the skin is darker than the pulp. From a biochemical standpoint, the ripe cherry has a dry residue of 12- 23%, depending on the cultivar, and comprises 70-80% of reducing sugars (mainly glucose and fructose). Overall acidity is due almost completely to malic acid, for about 1%. Ascorbic acid content varies from 15 to 55mg for every 100g of pulp and is therefore higher than in other drupe fruits. The aroma of ripe cherries, in any case not very strong, is due to a complex of volatile substances, including ethanol, methanol, geranial, ethyl acetate, isovaleric acid, etc. PROCESSING AND CONSERVATION METHODS The cultivation of the cherry requires several stages: Installation of the fruit grove. The first operations include choice of the plants, for the success of the orchard will depend extensively on trees being healthy and agriculturally sound. Consequently, whether dealing with root stock or with grafted items, the material purchased must come from a market garden that is in order with regard to current phytosanitary legislation. The terrain must be prepared with a series of farming operations (ploughing, in-depth fertilization, digging over of the soil) to improve the physical, chemical and microbiological characteristics of the land, and to create the best possible conditions for tree root development and activity. Cultivation. This phase, which goes from the planting of the saplings to when they begin to produce, includes a whole series of operations (pruning, processing, phytosanitary protection, fertilization) that will foster the balanced development of the trees and give nerale, più o meno libera. Produzione: vengono assicurati tutti gli interventi di tecnica colturale necessari a mantenere le piante nel migliore stato di equilibrio vegeto-produttivo. La polatura di produzione viene effettuata annualmente al fine di eliminare le parti esaurite e invecchiate, mantenere una buona illuminazione all’interno della chioma, evitare lo spostamento della fruttificazione verso l’alto, rinnovare le formazioni fruttifere, regolare la carica fruttifera in favore di una più elevata qualità dei frutti. Gli interventi sono regolati in base al portamento, alla vigoria e alle caratteristiche di fruttificazione delle cultivar. Gli interventi vengono eseguiti a tardo inverno (a gemme ingrossate) e durante il periodo vegetativo. Fertilizzazione: per l’azoto ha grande importanza, forse ancor più della quantità apportata, l’epoca di distribuzione. Nei terreni sciolti, che caratterizzano la zona di coltivazione, la distribuzione deve avvenire in due volte: la prima distribuzione, con circa il 60% della dose totale, va fatta molto presto (entro febbraio); la seconda distribuzione, da commisurarsi in base alla entità della produzione, va effettuata dopo la raccolta. La concimazione fosfatica può essere praticata ad anni alterni, considerate le scarse esigenze presentate dalla coltura. Il potassio esercita invece una azione molto importante nel miglioramento della qualità dei frutti (colorazione, consistenza, conservabilità, ecc.) e viene asportato in notevole quantità. Pertanto va fatta annualmente in autunno. Gestione del suolo: si può optare, a seconda del tipo di terreno e della disponibilità idrica, per le tradizionali lavorazioni o per l’inerbimento controllato. Difesa fitosanitaria: viene effettuata con un numero limitato di interventi in quanto i patogeni (corineo, monilia) che lo aggrediscono non richiedono trattamenti ripetuti, e i fitofagi (afidi, cocciniglia, mosca) sono poco numerosi e di facile contenimento. Raccolta: nelle nostre aziende è esclusivamente manuale, eseguita prevalentemente con manodopera familiare, avviene in più riprese in quanto, nella maggior parte delle varietà, la maturazione è scalare. Le ciliege destinate al consumo diretto sono asportate con il peduncolo, avendo cura di non danneggiare le formazioni fruttifere dell’anno successivo. Una volta raccolte vengono confezionate direttamente in azienda in cesti a pareti rigide, cestini aperti con manico o cestini chiusi in polipropilene, contenuti a loro volta in plateau. Oltre ai cestini vengono utilizzati platoncini di grandezza variabile, le cui misure sono in genere sottomultiple del bancale in legno sul quale verranno poste una volta conferite. Le misure più frequentemente utilizzate sono: 30x20 cm, 30x40 cm, 30x50 cm. I materiali sono il legno, il cartone ondulato e la plastica. The itinerant agricultural professorships played an important role in this process, for they also promoted cherry growing. The 1952 Italian Agricultural Statistical Yearbook indicates the production of cherries in Abruzzo with a map showing the same cultivation areas as today. Cherries have been grown in the Giuliano Teatino area since the late 1960s, particularly for use by the confectionery industry, as shown by the continuing presence of several transformation structures on the territory. Subsequently the crop was replaced with varieties destined for fresh consumption. However, in the Raiano area, cherries for fresh consumption have been produced since before the First World War. The village festivals held in Raiano and Giuliano Teatino, confirm the existence of a cherry-growing tradition. them the desired cultivation form. In the area of cultivation the trees are planted freely. Production. All cultivation technique operations required will be performed to keep the trees in the best state of vegetative and production equilibrium. Each year pruning is performed to eliminate the old or spent parts, to ensure that light penetrates in the foliage, to avoid the upward shifting of fructification, to renew the formation of fruit, to adjust the fruit yield so the quality is enhanced. Pruning is performed on the basis of the cultivar’s bearing, vigour and fructification characteristics. The operations are performed in late winter (when shoots have swollen) and during the vegetation period. Fertilization. The period of nitrogen application is possibly more important even than the amount applied. In open terrains, typical of the area of cultivation, nitrogen must be applied twice: the first application requires 60% of the total dose to be applied very early (by the end of February); the second application, to be measured on the basis of the size of the crop, is undertaken after the harvest. Phosphate fertilization can be performed every other year, considering the crop has scant requirements. On the other hand, potassium plays a crucial role in improving the quality of fruit (colour, texture, shelf life, etc) and is absorbed in significant amounts. So it should be applied every autumn. Soil management. Depending on the sort of terrain and availability of water, traditional processing can be used, or controlled weed-killing, as preferred. Phytosanitary protection. A small number of interventions are implemented since the pathogens (cryneum, monilia) that attack the cherry do not require repeated treatments and there are few insects (aphids, cochineals, flies), which are easy to deal with. Harvest. The fruit in these areas is exclusively handpicked, mainly by the farming families, and the harvest is carried out in several stages, because most of the varieties ripen in phases and not all at the same time. The cherries destined for direct consumption are picked with the stalks, taking care not to damage the fruit-bearing buds of the following year. Once picked, they are packaged directly by the grower in stiff-sided baskets or open or closed punnets. In addition to punnets, trays of varying sizes are also used, whose measurements are usually submultiples of the wooden pallets on which they are loaded after packaging. The most popular sizes are: 30x20cm, 30x40cm, 30x50 cm. Materials are wood, corrugated cardboard and plastic. 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