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LENTICCHIE di S. STEFANO DI SESSANIO<br />

La lenticchia di Santo Stefano di Sessanio è coltivata esclusivamente su terreni<br />

situati fra i 1150 e i 1600 metri s.l.m. alle pendici del Gran Sasso, facenti<br />

parte del territorio dei comuni di Santo Stefano di Sessanio, Calascio, Barisciano,<br />

Castelvecchio Calvisio e Castel del Monte, tutti in provincia di L’Aquila.<br />

Si tratta di una zona di montagna, costituita da terreni marginali, sui quali,<br />

per le particolari condizioni pedoclimatiche, non si applicano interventi chimici<br />

sulle colture: è garantita così la massima genuinità dei prodotti. Le lenticchie<br />

di Santo Stefano di Sessanio sono piccole, saporite, di colore più scuro<br />

rispetto alle altre varietà, non hanno bisogno di stare in ammollo prima di<br />

essere consumate, sono di rapida cottura e si mantengono integre una volta<br />

cotte. Sono utilizzate prevalentemente per la preparazione delle calde e gustose<br />

zuppe abruzzesi.<br />

Un tempo considerati “carne dei poveri”, i legumi negli ultimi anni sono stati<br />

oggetto di un rinnovato interesse e oggi sono apprezzati per le caratteristiche<br />

nutrizionali, fondamentali per l’alimentazione, con una conseguente rivalutazione<br />

dei piatti popolari della tradizione regionale. Allo scopo di<br />

mantenere viva la memoria storica di quest’antica coltivazione e di far conoscere<br />

il prodotto tipico, da circa trenta anni a Santo Stefano di Sessanio, la<br />

prima domenica di settembre viene organizzata la sagra delle lenticchie.<br />

Alcuni documenti storici (Chronicon Vulturnense) risalenti all’epoca medievale<br />

e aventi per riferimento il monastero di San Vincenzo al Volturno, che a quei<br />

tempi possedeva ampi territori nella zona aquilana, attestano che in quell’area<br />

venivano coltivati i legumi. Nell’ampio contratto di livello del 998 d.C. relativo<br />

alle proprietà di Tussio, Carapelle e Trita (Valle del Tirino) si fa esplicito riferimento<br />

ai legumi locali. Ciò fa desumere che a quel tempo i legumi rivestissero<br />

già il ruolo di colture di pieno campo, e quindi economicamente importanti<br />

tanto da essere sottoposti al canone livellario. Notizie più recenti delle coltivazioni<br />

nella zona aquilana di ceci, lenticchie, fagioli e altre “civaie” (legumi<br />

in genere) si hanno con R. Quaranta (1885) e T. Bonanni (1888).<br />

S. STEFANO DI SESSANIO LENTILS<br />

The Santo Stefano di Sessanio lentil is cultivated only in the municipal territories<br />

of Santo Stefano di Sessanio, Calascio, Barisciano, Castelvecchio<br />

Calvisio and Castel del Monte, all in the Province of L’Aquila, at 1150-1600m<br />

asl, on the slopes of Gran Sasso. This is a mountainous area, and thus marginal<br />

land, whose particular soil and climate conditions allow crops to be<br />

grown without chemical treatments, ensuring highly natural products. These<br />

lentils are small, aromatic and darker than other varieties, and they do not<br />

require soaking as they cook rapidly and hold their shape well. They are particularly<br />

widely used for the preparation of the warm and tasty Abruzzo soups.<br />

Once considered the “poor man’s meat”, in recent years there has been a revival<br />

of interest in legumes as an essential part of human diet, with consequent<br />

valorisation of the region’s traditional cuisine. To safeguard the past<br />

and future of this ancient crop, and to extend familiarity with the typical product,<br />

the town of Santo Stefano di Sessanio has been holding a lentil festival<br />

on the first Sunday in September for the last 30 years.<br />

Several Medieval documents (the historical Chronicon Vulturnense referring<br />

to the monastery of San Vincenzo al Volturno, which at the time possessed<br />

large territories around L’Aquila) confirm that legumes were cultivated in the<br />

area. A detailed emphyteusis lease drawn up in 998 AD for the properties of<br />

Tussio, Carapelle and Trita (Tirino Valley) makes explicit reference to the local<br />

legumes. So it can be inferred that the legumes were already cultivated<br />

as full field crops and were thus sufficiently economically important to be<br />

subject to payment of a rental fee.<br />

More recent information concerning the cultivation of chickpeas, lentils, beans<br />

and other “civaie” (legumes in general) in the area around L’Aquila is offered<br />

by R. Quaranta (1885) and T. Bonnani (1888).

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