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SOLINA<br />
Il territorio interessato alla coltivazione della Solina comprende tutta la provincia<br />
dell’Aquila e alcuni comuni montani delle province di Pescara e Chieti.<br />
La Solina è una varietà di frumento conservata in molte zone ad agricoltura<br />
marginale della regione Abruzzo, dove trova la sua collocazione ottimale. La<br />
sua frugalità la rende inoltre adatta alla coltivazione con i metodi dell’agricoltura<br />
biologica, in quanto non richiede elevati apporti di azoto e, grazie alla<br />
sua taglia ed alla sua capacità di accestimento, riesce a competere con le<br />
erbe infestanti, non rendendo così necessario il ricorso al diserbo chimico.<br />
In tutto l’Abruzzo interno quando si parla di grano (le rène, lo rano) s’intende<br />
la Solina. Diversi proverbi testimoniano la stretta connessione tra questa varietà<br />
e la vita del popolo abruzzese. In particolare la caratteristica più apprezzata<br />
è la sua costanza produttiva, che in passato, garantiva l’alimentazione<br />
e quindi la sopravvivenza delle famiglie. In alcuni detti popolari si esaltano<br />
le elevate caratteristiche organolettiche di questo frumento; infatti, si sostiene,<br />
a ragione, che “quella di Solina aggiusta tutte le farine”. Ancora oggi la<br />
bontà e la genuinità della Solina sono riconosciute da numerosi agricoltori<br />
che, a dispetto delle varietà moderne e delle loro caratteristiche produttive,<br />
ritengono di non potersi privare del sapore e del profumo del pane e della pasta<br />
ammassati con questo tipo di cereale. Persino quelli che invece ne conservano<br />
solo il ricordo d’infanzia, sono pronti a testimoniare questa unicità,<br />
e a evocare le sensazioni generate dal solo parlarne.<br />
La sua ancestralità è testimoniata oltre che dai detti popolari (“ogni grano torna<br />
a Solina” e “la Solina è la mamma di tutti i grani”), anche da documenti<br />
storici, quali alcuni atti di compravendita del 1500 stipulati presso la Fiera di<br />
Lanciano e in un testo di fine ‘700, il saggio di Michele Torcia Pel paese de’<br />
Peligni che così recita “Non dimenticheremo il pane di Popoli che non la cede<br />
se non al solo di Teramo in tutta la Monarchia… Il pane a Popoli esce dal grano<br />
solino…”. Si tratta di un rarissimo e documentato esempio di legame tra<br />
una varietà di prodotto e il territorio. Per ulteriori informazioni sulla storia e le<br />
tradizioni legate alla Solina si può consultare la pubblicazione della ricerca di<br />
Porfiri O., Silveri D.D., Torricelli R., Veronesi F., Le risorse genetiche autoctone<br />
della regione Abruzzo: un patrimonio da valorizzare ARSSA, Avezzano (Aq)<br />
2004; inoltre Origine e storia delle piante coltivate in Abruzzo di A. Manzi,<br />
Casa editrice Rocco Barabba, Lanciano (Ch) 2006, e infine il Saggio itinerario<br />
nazionale pel paese de’ Peligni fatto nel 1792 di M. Torcia (Napoli 1793) e ristampato<br />
nel 1986 a cura di Adelmo Polla Editore, Cerchio (Aq).<br />
DESCRIZIONE DEL PRODOTTO<br />
La Solina è un frumento tenero (Triticum aestivum) ad habitus nettamente invernale (non<br />
può essere seminata in primavera) con portamento a fine accestimento prostrato o semiprostrato.<br />
È caratterizzato da taglia elevata (110-135 cm), spiga aristata di dimensioni<br />
medio- lunghe (8,0-9,5 cm) e di colorazione bianca (si ritrovano anche alcune spighe rossastre),<br />
le ariste sono dello stesso colore della spiga. È una varietà locale tardiva nella<br />
spigatura e nella maturazione. Produce cariossidi grandi (42-46 mg, lunghe da 2,85 a<br />
2,95 mm), discretamente provvisti di proteine (13,5-15,5%).<br />
Molto rustica, ben adattata a terreni poveri, molto resistente al freddo, di produttività<br />
limitata (al massimo 20 q/ha), ma dalle produzioni costanti.<br />
Dal grano di Solina si ricava una farina classificabile tra quelle direttamente panificabili<br />
e poco tenace, adatta alla lavorazione manuale.<br />
METODICHE DI LAVORAZIONE E CONSERVAZIONE<br />
FASI DELLA COLTIVAZIONE<br />
1. Avvicendamento: la Solina dà le sue migliori produzioni dopo una coltura sarchiata<br />
(mais, patata) o dopo leguminose da granella (cece, lenticchia), ottimi riscontri si ottengono<br />
dopo prato avvicendato di trifoglio annuale o di lupinella, mentre dopo erba<br />
medica potrebbe crearsi qualche problema, per l’eccesso di forza residua del terreno,<br />
causa di un esagerato sviluppo in altezza e del conseguente allettamento della coltura<br />
con perdite di produzione. È assolutamente sconsigliabile farla seguire ad altri cereali,<br />
soprattutto per la sua sensibilità ad alcune malattie fungine quali la “carie” (Tilletia carie,<br />
detta popolarmente “carbonella”).<br />
2. Semina: la semina è esclusivamente autunnale e va dalla metà di settembre, per i<br />
terreni a quote più elevate (ad esempio sull’Altipiano delle Cinquemiglia), alla seconda<br />
decade di ottobre, per i terreni delle vallate interne. Al di fuori di questi periodi non si<br />
ottengono buoni risultati produttivi. Si semina in ragione di circa 200-220 kg di seme<br />
per ettaro, corrispondenti a circa 450-500 semi a mq. Ancora oggi i terreni sono misurati<br />
con le unità di misura locali, e per seminare una coppa di terreno (520 mq) è necessaria<br />
una coppa (circa 11 kg) di grano.<br />
3. Raccolta: a seconda della quota di coltivazione la raccolta può oscillare dalla metà<br />
di luglio alla terza decade di agosto; in alcune annate è successo che semina e raccolta<br />
si siano praticamente sovrapposte. Quando la mietitura si effettuava a mano e quindi<br />
era separata dalla trebbiatura, si iniziava a fine giugno, come testimoniato da un proverbio<br />
raccolto in Valle Subequana che recita: “San Pietro (29 giugno) verde e secco<br />
mieti”. In questo caso il grano proseguiva la maturazione nel covone prima di essere<br />
portato sull’aia e trebbiato.<br />
TECNICHE DI CONSERVAZIONE E TRASFORMAZIONE<br />
La conservazione avviene in magazzini freschi e asciutti, generalmente in sacchi o sfuso.<br />
In alcune zone (Valle Subequana) era uso nascondere fascetti di alcune erbe odorose<br />
(non meglio identificate) tra i sacchi in magazzino per tenere lontani i topi.<br />
Dalla Solina si ricava la farina che trova il suo impiego nella preparazione casalinga del<br />
pane e della pasta.