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COLTIVAZIONI FORAGGERE - Di.Pro.Ve

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<strong>COLTIVAZIONI</strong><br />

<strong>FORAGGERE</strong>


PIANTE <strong>FORAGGERE</strong><br />

Le piante da foraggio comprendono<br />

un vastissimo raggruppamento di<br />

specie erbacee che vegetano<br />

spontaneamente o che vengono<br />

coltivate per la loro attitudine a<br />

fornire sostanza organica che, fresca<br />

o conservata, viene utilizzata nella<br />

alimentazione del bestiame.


Col il termine di “foraggere” si intendono tutte le specie vegetali il cui<br />

prodotto principale viene utilizzato nell’alimentazione del bestiame.<br />

Per “foraggio”si intende il prodotto dell’attività vegetativa della pianta e<br />

cioè l’erba o i suoi derivati, fieno o insilato.


inizialmente<br />

Tramite il pascolamento delle formazioni naturali,<br />

come è ancora prevalentemente oggi.<br />

(~ 3 miliardi di ha)


evoluzione<br />

Raccolta e stoccaggio foraggi per superare i periodi di crisi.<br />

Bestiame stabulato ► necessità di conservazione.<br />

Agronomia per migliorare le formazioni naturali.<br />

Avvicendamento delle foraggere con altre colture.


<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong> - STORIA<br />

12.000 aC OGGI<br />

pascoli naturali<br />

pascoli naturali<br />

prati naturali permanenti 1500 dC<br />

750 aC<br />

FIENO<br />

<strong>FORAGGERE</strong> AVVICENDATE IN SOSTITUZIONE<br />

DEL RIPOSO PASCOLIVO, PRIMI ELEMENTI DI BASE<br />

PER LA MODERNA INTENSIFICAZIONE AGRICOLA


Intensificazione della foraggicoltura<br />

+ concentrati al posto dei foraggi.<br />

+ insilato al posto del fieno.<br />

+ erbai al posto dei prati


SOSTANZE <strong>FORAGGERE</strong><br />

FORAGGIO<br />

PRODOTTO DELL'ATTIVITÀ VEGETATIVA<br />

DELLA PIANTA, UTILIZZATO TAL QUALE O<br />

PREVIA CONSERVAZIONE; MA ANCHE QUELLO<br />

CHE CONTIENE ELEMENTI DELL'ATTIVITÀ<br />

RIPRODUTTIVA (es. insilati)<br />

CONCENTRATI<br />

FRUTTI E SEMI, DATA LA LORO ELEVATA<br />

CONCENTRAZIONE ENERGETICA E/O<br />

PROTEICA


Intensificazione della zootecnia in Italia<br />

• pascolo permanente (oggi quasi solo ovini)<br />

• pascolo estivo più prato sfalciato (in montagna)<br />

• prato avvicendato (medicai in Emilia Romagna)<br />

• prato più erbaio (Italia centrale)<br />

• erbaio più concentrati (zone irrigue in Lombardia)<br />

• senza terra (attività industriale)


La caratteristica della quasi totalità delle foraggere, ad eccezione di<br />

quelle utilizzate come erbaio a taglio unico, è la loro vivacità, cioè il<br />

fenomeno secondo il quale sono in grado<br />

di ricacciare dopo l’utilizzazione.<br />

• Questa opportunità è presente nelle foraggere dotate di particolari<br />

strutture morfo-fisiologiche basali: la “corona” ed il “cespo”,<br />

rispettivamente per le leguminose e le graminacee, famiglie a cui<br />

appartengono le più importanti specie foraggere.


Corona in erba medica<br />

Struttura morfologica che ha origine dall’accrescimento contrattile<br />

dei primi 2-3 nodi basali, che nel primo periodo vegetativo vengono<br />

trascinati verso il basso a contatto col suolo o appena interrati. Da<br />

questa struttura si differenziano gemme avventizie basali, che si<br />

svilupperanno, dopo gli sfalci, in altrettanti steli.<br />

La corona, unitamente all’apparato radicale, svolge funzione di<br />

deposito delle sostanze di riserva dalle quali le cellule meristematiche<br />

deriveranno i nutrienti per avviare il ricaccio.


Cespo di graminacea<br />

• I primi nodi basali sono molto ravvicinati e da essi si formano nuovi culmi.<br />

• Questo fenomeno, detto accestimento, permette alla pianta di espandersi<br />

anche in larghezza, formando cespi a volte molto compatti.<br />

• Dalle cellule meristematiche del cespo si avranno nuovi ricacci che daranno<br />

origine a nuovi culmi dopo uno sfalcio o un pascolamento.


Caratteristiche della corona e del cespo<br />

• Queste strutture funzionano come organi di deposito delle<br />

sostanze di riserva, l’accumulo avviene in particolare verso<br />

la fine del ciclo vegetativo.<br />

• Dopo aver asportato la biomassa epigea con lo sfalcio, le<br />

sostanze di riserva accumulate nelle strutture della corona<br />

o del cespo, si mobilizzano inducendo la differenziazione<br />

delle cellule meristematiche per dare origine a culmi e steli.<br />

• Il ciclo di crescita viene interrotta dallo sfalcio o dal pascolo,<br />

per riprendere successivamente.


<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong><br />

CLASSIFICAZIONI<br />

PARAMETRI DIVERSI<br />

FAMIGLIA BOTANICA: GRAMINACEE*, LEGUMINOSE*, ETC.<br />

DURATA: ANNUALE, POLIENNALE, PERENNE<br />

SISTEMA DI FORMAZIONE: NATURALE (SPONTANEO),<br />

ARTIFICIALE (SEMINA)<br />

POSTO NELL'AVVICENDAMENTO: PRINCIPALE, INTERCALARE<br />

COMPOSIZIONE FLORISTICA: MONOFITA, OLIGOFITA, POLIFITA<br />

TIPO DI FORAGGIO: PIANTA INTERA Foraggi<br />

SEMI, RADICI, …. Concentrati (energetici,<br />

proteici, …)<br />

*CIRCA 100 GRAMINACEE E 30 LEGUMINOSE


Foraggere<br />

permanenti<br />

In funzione<br />

della durata le<br />

foraggere<br />

si distinguono<br />

in:<br />

Foraggere<br />

avvicendate<br />

Erbai


<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong><br />

TEMPORANEE<br />

PRATI* ERBAI<br />

(più anni) (1 anno)<br />

MONOFITI<br />

OLIGOFITI (2-3 specie)<br />

POLIFITI (più specie)<br />

* Erba usata, previa falciatura, fresca o conservata<br />

PERMANENTI<br />

PRATI PASCOLI<br />

- durata > 10 anni e non predefinita<br />

- composti da più specie


• Le foraggere temporanee o avvicendate<br />

rappresentano un’alternativa ad altre colture non<br />

foraggere<br />

• Le foraggere permanenti sono l’espressione di<br />

una realtà caratterizzata da fattori limitanti<br />

(ambientali, sociali, economici)<br />

• In Italia la foraggicoltura avvicendata è più<br />

importante di quella permanente (producono il<br />

76% delle UF)


<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong> - CLASSIFICAZIONI<br />

F. AVVICENDATE<br />

(TEMPORANEE)<br />

F. PERMANENTI<br />

SCHEMA ISTAT<br />

PRATI<br />

ERBAI<br />

PRATI<br />

PASCOLI<br />

MONOFITI<br />

OLIGOFITI<br />

POLIFITI<br />

MONOFITI<br />

POLIFITI O MISCUGLI


Coltura Superficie (ha)<br />

Mais ceroso 282583<br />

Orzo da erbaio-silo 62312<br />

Altri erbai 641501<br />

Erba medica 749601<br />

Lupinella 20108<br />

Sulla 92329<br />

Altre specie da prato 56007<br />

Prati avvicendati polifiti 205745<br />

Prati permanenti 891769<br />

Pascoli 3805639<br />

19


A seconda della tipologia le colture foraggere<br />

si possono distinguere in:<br />

● Pascoli, sono le cotiche foraggere più estensive, sono in<br />

genere permanenti e brucati direttamente.<br />

● Prati pascoli, sono foraggere in genere stabili, il cui ricaccio<br />

primaverile, producendo una massa abbondante, deve<br />

essere sfalciata e conservata per costituire le scorte per i<br />

periodi improduttivi del cotico. Il ricaccio successivo viene<br />

utilizzato con il pascolamento.<br />

● Prati avvicendati, sono caratterizzati da coltivazioni<br />

foraggere in avvicendamento che occupano il terreno per più<br />

annate consecutive (3-5). Sono costituiti in genere da<br />

leguminose, in purezza o in miscuglio tra esse e/o<br />

graminacee poliennali.


● Erbai, sono caratterizzati dalla brevità del ciclo colturale<br />

(inferiore ad un anno). Si dicono:<br />

- annuali, quando nell’avvicendamento occupano il posto di<br />

una coltura annuale (mais trinciato o cereali vernini);<br />

- intercalari, se la loro coltivazione viene inserita<br />

nell’avvicendamento tra due colture principali.


● Foraggere permanenti: sono i cotici a durata illimitata o comunque<br />

superiore a 10 anni. In genere sono costituiti da una vegetazione<br />

composta da specie spontanee, vivaci o autoriseminanti. Tra<br />

questa tipologia sono annoverati i prati stabili, non alternati nel<br />

tempo con altre colture.


<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong> IN ITALIA<br />

PERMANENTI<br />

ATTIVITÀ ZOOTECNICA TECNICAMENTE POSSIBILE, MA POCO<br />

REDDITIZIA.<br />

INCONVENIENTI<br />

RIMEDI<br />

PRODUZIONE DI ERBA CONCENTRATA<br />

IN PRIMAVERA (STAGIONE PASCOLIVA<br />

UTILE DI 120-150 gg)<br />

INTEGRAZIONE CON FORAGGI CONSERVATI


<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong><br />

AVVICENDATE<br />

SONO LOCALIZZATE NEI TERRENI FERTILI AD AGRICOLTURA INTENSIVA<br />

PRATI E ERBAI<br />

PRATI: IN MAGGIOR MISURA DI LEGUMINOSE ,<br />

IN MINORE DI GRAMINACEE<br />

VANTAGGI<br />

ALLEVAMENTO DEL BESTIAME .......... LETAME<br />

ARRICCHIMENTO IN AZOTO E SOSTANZA ORGANICA<br />

MIGLIORAMENTO DELLA STRUTTURA<br />

LOTTA INDIRETTA ALLE MALERBE


● Foraggere avvicendate, sono quelle che si seminano ed entrano<br />

in rotazione, possono avere durata inferiore ad un anno (erbai) o<br />

di più anni (prati): questi a loro volta possono essere costituiti da<br />

una sola specie o da più specie consociate. Si hanno così:<br />

- prati monofiti, se l’impianto è fatto con una sola specie<br />

(leguminose (medicaio, ladinaio, etc.) o graminacee<br />

poliennali (festuca, dattile, etc.)<br />

- prati oligofiti, impianti costituiti da 2-3 specie,<br />

- prati polifiti se costituiti da numerose specie.<br />

I prati possono essere asciutti oppure irrigui. Questi ultimi possono<br />

essere ad irrigazione estiva oppure ad irrigazione invernale<br />

(prati marcitoi o marcite) con funzione termoregolatrice.


prati monofiti


Prati oligofiti


Prati<br />

Possono durare oltre un decennio e possono essere<br />

costituiti da una o più specie foraggere.<br />

Ogni anno si possono effettuare 2-3 tagli nei prati asciutti,<br />

4-5 in quelli irrigui.<br />

Tradizionalmente tali sfalci vengono detti maggengo,<br />

agostano, terzuolo, quartirolo e quinto taglio.<br />

Il primo sfalcio nella prima metà di maggio; gli altri<br />

vengono effettuati a distanza variabile dai 35-40 giorni per<br />

i prati irrigui, sino ai 50-60 giorni per quelli asciutti.<br />

Il primo e l'ultimo sfalcio forniscono un foraggio ricco<br />

di graminacee (energetico poiché zuccherino), mentre le<br />

leguminose prevalgono nei mesi estivi (proteico).<br />

Le produzioni medie annue ottenibili da un prato asciutto<br />

risultano pari a 4-5 t/ha di fieno (erba essiccata), derivanti<br />

principalmente dal primo sfalcio.<br />

Nei prati irrigui la produzione è più che doppia (12-13<br />

t/ha).


A secondo della stagione in cui svolgono il loro ciclo gli<br />

erbai si distinguono in:<br />

• erbai autunno-vernini, detti anche autunno-primaverili, sono<br />

quelli seminati in autunno e raccolti in primavera (cereali foraggeri<br />

microtermi, loiessa, crucifere, favino, pisello proteico, trifogli<br />

annuali, etc.);<br />

• erbai primaverili, seminati a fine inverno e raccolti a maggio<br />

giugno (es. avena-veccia-pisello);<br />

• erbai primaverili-estivi, sono i classici erbai annuali (mais o<br />

sorgo trinciati);<br />

• erbai estivi, sono quelli a semina estiva dopo aver raccolto la<br />

coltura principale (es. granturchino).


Tendenza della foraggicoltura italiana<br />

• Negli ultimi anni la nostra foraggicoltura ha fatto registrare una grande evoluzione, conseguente ai<br />

profondi mutamenti che hanno coinvolto il settore zootecnico e avvenuti a diversi livelli (tecnici ,<br />

economici, sociali), per cui si si sono registrati:<br />

● Aumento del consumo di alimenti concentrati. Negli animali ad alta genealogia<br />

(sia monogastrici che poligastrici), la fonte energetica principale è stata assunta dai<br />

cereali da granella, mentre come integratori proteici sono utilizzati i panelli o farine di<br />

estrazione, in particolare di soia e di girasole.<br />

● Espansione degli erbai annuali. Sono essenze foraggere facilmente conservabili<br />

tramite l’insilamento; inoltre la tecnologia ha permesso, in particolare ai cereali<br />

foraggeri, un balzo produttivo consistente.<br />

● Riduzione del consumo di fieno. Questo tipo di prodotto entra nella razione<br />

alimentare di una vacca da latte solo come alimento apportatore di fibra lunga,<br />

necessaria per un buon funzionamento del sistema di ruminazione.<br />

● Riduzione delle superfici a prati avvicendati. Gli investimenti a queste colture si<br />

sono largamente ridimensionati per la riduzione del consumo di fieno negli<br />

allevamenti specializzati da latte, anche come conseguenza al cambio del sistema di<br />

alimentazione. Il piatto unico (unifeed) ha praticamente soppiantato la foraggiata<br />

verde.


SOSTANZA FORAGGERA<br />

La sostanza foraggera è costituita da elementi di pregio ad<br />

alto valore nutritivo come i succhi cellulari e le pareti<br />

cellulari.<br />

Entrambi molto ricchi di carboidrati.<br />

In particolare le pareti cellulari che, nel loro complesso,<br />

rappresentano la cosiddetta fibra grezza, notoriamente<br />

eterogenea (cellulosa, lignina, emicellulosa, etc.) ed<br />

insolubile, che può essere validamente utilizzata solo dagli<br />

erbivori, tra i quali i ruminanti rivestono il maggiore interesse<br />

zootecnico (grazie ai batteri presenti nel rumine e<br />

nell’intestino).


CARBOIDRATI TOTALI<br />

CARBOIDRATI STRUTTURALI CARBOIDRATI NON STRUTTURALI<br />

= fibra (15-20% s.s.) = estr. inazotati<br />

EMICELLULOSA (LIGNINA) CELLULOSA PECTINE AMIDO ZUCCHERI


QUALITÀ DI UN FORAGGIO<br />

- COMPOSIZIONE BOTANICA<br />

- COMPOSIZIONE CHIMICA<br />

- VALORE NUTRITIVO<br />

- APPETIBILITÀ (COMPRESA PRESENZA DI SPECIE<br />

INDESIDERATE)


Qualità dei foraggi<br />

• I foraggi da sempre costituiscono la base alimentare dei ruminanti;<br />

il loro contributo non si limita all’apporto di sostanze nutritive<br />

(carboidrati, sostanze azotate, minerali e vitamine), ma anche a<br />

quello di “fibra strutturata” molto importante per garantire le<br />

funzioni motorie e fermentative del rumine.<br />

• Nella loro valutazione assume una grande importanza la<br />

determinazione del:<br />

● Valore energetico I nutrienti che apportano energia sono: amido,<br />

zuccheri, proteine e polisaccaridi non amilacei.<br />

La quantità di energia contenuta negli alimenti, dipende dalla quantità, ma<br />

soprattutto della qualità della sostanza organica di cui sono costituiti, ed in<br />

particolare dalla qualità della fibra.<br />

Glucidi 4.1 kcal/g<br />

Grassi 9.3 kcal/g<br />

<strong>Pro</strong>teine 4.1 kcal/g


CARATTERISTICHE DEI FORAGGI<br />

• Il valore energetico di un foraggio dipende<br />

dalla quantità ingerita, ma soprattutto dalla<br />

sua digeribilità che è funzione inversa del<br />

contenuto di carboidrati strutturali e del loro<br />

grado di lignificazione.<br />

• Il contenuto di proteine costituisce l’aspetto<br />

più qualificante di un foraggio (leguminose).<br />

• Data la disponibilità di altre fonti proteiche si<br />

è privilegiato il titolo energetico a scapito di<br />

quello proteico.


I cronici problemi di approvvigionamento<br />

proteico aggravati dal divieto dell’uso delle<br />

farine di origine animale a seguito della crisi<br />

della BSE hanno portato ad una<br />

riconsiderazione dei prati di leguminose (per la<br />

produzione di fieno o di foraggio disidratato), in<br />

quanto fonti proteiche ‘sicure’.


FORAGGI ENERGETICI<br />

• Per ottenere foraggi con alta energia si<br />

possono seguire due vie.<br />

- produrre erbe giovani, con raccolte<br />

anticipate, quando i tessuti sono ricchi di<br />

sostanze solubili e poco lignificate<br />

- produrre foraggio costituito anche da<br />

granella, ricca di carboidrati (peggioramento<br />

della fibra, compensato da maggiore<br />

quantità di amido)


U.F. = UNITÀ FORAGGERA<br />

ENERGIA CHE VIENE<br />

FORNITA DA 1 KG DI GRANELLA DI ORZO<br />

(1650 kcal)<br />

U.F.L. = U.F. LATTE<br />

1 U.F.L. = ENERGIA PER PRODURRE 3 KG<br />

DI LATTE CON IL 3,25-3,50% DI GRASSO<br />

(1699 kcal)<br />

U.F.C. = U.F. CARNE<br />

(1821 kcal)


PARAMETRI DI VALUTAZIONE<br />

• U.F. = UNITÀ <strong>FORAGGERE</strong><br />

• NDF = FIBRA NEUTRO DETERSA<br />

FIBRA TOTALE<br />

• ADF = FIBRA ACIDO DETERSA<br />

FIBRA PARZ. DIGERIBILE<br />

• ADL = LIGNINA ACIDO DETERSA<br />

FIBRA NON DIGERIBILE


NDF = FIBRA NEUTRO<br />

DETERSA<br />

FIBRA TOTALE<br />

FRAZIONE CHE<br />

RAPPRESENTA LE PARETI<br />

CELLULARI DEL FORAGGIO.<br />

COMPRENDE EMICELLULOSE,<br />

CELLULOSA, LIGNINA,<br />

MINERALI (Si)<br />

ESPRIME LA VOLUMINOSITÀ DEL FORAGGIO.<br />

È INVERSAMENTE PROPORZIONALE ALLA<br />

CAPACITÀ DI INGESTIONE


ADF = FIBRA ACIDO DETERSA<br />

FIBRA PARZ. DIGERIBILE<br />

COMPRENDE CELLULOSA,<br />

LIGNINA, MINERALI (Si)<br />

È UTILIZZATA PER STIMARE L’ENERGIA E LA DIGERIBILITÀ DEL FORAGGIO.<br />

ADL = LIGNINA ACIDO DETERSA<br />

FIBRA NON DIGERIBILE<br />

FRAZIONE FIBROSA NON<br />

DIGERIBILE: LIGNINA


L’alimentazione di un ruminante deve assicurare il mantenimento<br />

di un certo equilibrio nella popolazione dei microorganismi<br />

ruminali, per garantire l’espletamento al meglio delle potenzialità<br />

produttive degli animali allevati.<br />

Per questo, soprattutto i bovini necessitano di una quota di fibra<br />

digeribile strutturata, in assenza della quale verrebbero meno gli<br />

stimoli riflessi della ruminazione.<br />

Senza fibra, i batteri cellulosolitici non si svilupperebbero più e la<br />

conseguenza sarebbe l’impossibilità di digerire le frazioni fibrose<br />

delle cellule vegetali. Se non riceve una sufficiente quantità di<br />

alimenti a fibra strutturata una bovina in lattazione può incorrere<br />

quindi in gravi disordini fisiologici e metabolici.


Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi<br />

• Fattori climatici<br />

• Condizioni del suolo<br />

• Specie vegetali<br />

• Gestione e agrotecnica


Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi<br />

Fattori climatici: nella maggior parte degli ambienti italiani la quantità e<br />

la distribuzione delle precipitazioni nel corso della fine-primavera e<br />

dell’estate sono i fattori che determinano le condizioni di produttività,<br />

fortemente limitate dalla disponibilità di acqua.<br />

Nelle regioni a clima caldo le graminacee più frequenti sono piante C4,<br />

mentre nelle regioni temperate e fredde le graminacee sono piante C3.<br />

Condizioni del suolo: la natura del suolo è importante nel determinare le<br />

produzioni di foraggio. I suoli più fertili e più profondi sono riservati alle<br />

colture arative, mentre i pascoli e prati-pascoli occupano suoli poveri,<br />

dotati di scarsa profondità, talora ricchi di scheletro e con rocce affioranti.


Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi<br />

• Specie vegetali<br />

• Le specie foraggere endemiche e native dell’ambiente sono<br />

adattate a sopravvivere alle avversità climatiche e alle<br />

caratteristiche sfavorevoli del terreno. Lo stress idrico e la<br />

scarsa fertilità dei suoli costituiscono i principali fattori che<br />

limitano la crescita dei foraggi.<br />

• Negli ambienti difficili l’introduzione di varietà di specie<br />

foraggere migliorate, ma poco adatte all’ambiente, può<br />

tradursi in un insuccesso a causa dello scarso potere<br />

competitivo di varietà selezionate in altri ambienti.


Le principali limitazioni alla produzione dei foraggi<br />

Gestione e agrotecnica di coltivazione contemplano:<br />

- l’applicazione o meno di fertilizzanti;<br />

- la frequenza e l’altezza dei tagli;<br />

- il numero ed il movimento degli animali in caso di pascolo;<br />

- la gestione in irriguo o in asciutto.


L’azoto è l’elemento che limita maggiormente la produzione delle<br />

graminacee, ed i suoli naturali o non fertilizzati ne sono sempre<br />

carenti. Le leguminose sono invece in grado di superare il<br />

problema della carenza di azoto nel suolo grazie alla fissazione<br />

simbiontica di questo elemento operata dai batteri che vivono nei<br />

tubercoli delle loro radici. Le leguminose sono per contro più<br />

sensibili delle graminacee alla concimazione fosfatica. Nelle<br />

consociazioni tra graminacee e leguminose, queste ultime<br />

rendono disponibile parte dell’azoto per le graminacee, ma questa<br />

disponibilità può non essere sufficiente per le graminacee in caso<br />

di gravi carenze di azoto.


Una elevata frequenza dei tagli può accelerare lo sfruttamento dei<br />

nutrienti del suolo e, soprattutto, determinare la scomparsa di<br />

specie non adattate morfologicamente a frequenti defogliazioni.<br />

D’altra parte, il foraggio raccolto in uno stadio precoce di sviluppo<br />

ha un più elevato contenuto di proteine ed una maggiore<br />

digeribilità rispetto al foraggio raccolto nelle fasi di sviluppo più<br />

avanzate.<br />

Il momento del taglio è sempre un compromesso tra contenuto<br />

proteico e digeribilità da un lato, e quantità di foraggio e<br />

sfruttamento non eccessivo della coltura dall’altro.


Un numero di capi elevato rispetto all’area pascolata, ed una<br />

permanenza eccessiva nella stessa area, possono determinare la<br />

scomparsa di specie palatabili (appetite dal bestiame) e la<br />

progressiva diffusione di specie non appetite dal bestiame (es.<br />

cardi). Un pascolo eccessivo, quindi, riduce o compromette la<br />

produttività dei cotici.


Ruolo ambientale dei prati avvicendati di leguminose<br />

• Azione rinettante nei confronti delle erbe infestanti;<br />

• diminuzione del quantitativo di erbicidi applicato per ettaro<br />

per anno;<br />

• incremento della sostanza organica del suolo dovuto alla<br />

assenza di lavorazioni e agli abbondanti residui radicali;<br />

• quest’ultimo aspetto assume una importanza particolare<br />

alla luce di un altro servizio offerto dai terreni agricoli,<br />

l’azione di “deposito” della CO 2 atmosferica.


Incremento della sostanza organica nel suolo<br />

g kg -1<br />

26.0<br />

24.0<br />

22.0<br />

20.0<br />

18.0<br />

16.0<br />

14.0<br />

12.0<br />

10.0<br />

SOSTANZA ORGANICA (S.O.)<br />

MDS (0.05)=<br />

R1 MM PP R6 R3


Vantaggi della consociazione polifita<br />

Consociazione = coltivazione contemporanea di 2 o più<br />

specie sullo stesso terreno.<br />

migliore sfruttamento delle risorse del terreno assicurato da<br />

specie con apparati radicali complementari (fascicolato e<br />

superficiale per le graminacee, fittonante e profondo per le<br />

leguminose);<br />

le colture graminacee traggono vantaggio dalle escrezioni<br />

radicali delle leguminose, che sono ricche di azoto;<br />

migliore assorbimento della energia radiante (PAR)<br />

consentito dalla combinazione di specie di piante che hanno forma<br />

e disposizione delle foglie diverse tra loro, che si traduce in<br />

maggiore produzione complessiva;


Vantaggi della consociazione<br />

maggiore facilità di conservazione del foraggio: le<br />

graminacee agevolano la fienagione e riducono la perdita di<br />

foglie delle leguminose; l’insilamento delle leguminose<br />

diventa più facile se consociate con le graminacee;<br />

composizione più equilibrata del foraggio da un punto<br />

di vista nutrizionale (leguminose ricche di proteine,<br />

graminacee ricche di carboidrati);<br />

migliore distribuzione annuale delle produzioni di<br />

foraggio dovuta a ritmi di crescita diversi nel corso della<br />

stagione (le graminacee hanno una maggiore crescita in<br />

primavera, le leguminose crescono di più nel corso<br />

dell’estate;<br />

minore presenza di infestanti dovuta al maggiore potere<br />

competitivo della consociazione.


DIRETTA<br />

PASCOLO<br />

FIENO<br />

<strong>COLTIVAZIONI</strong> <strong>FORAGGERE</strong><br />

UTILIZZAZIONE<br />

DISIDRATATO<br />

INDIRETTA<br />

SECCA UMIDA FRESCA<br />

INSILATO


La falciatura<br />

Consiste nel taglio della pianta effettuato manualmente (falce)<br />

o meccanicamente (falciatrice).<br />

L'epoca di esecuzione della falciatura è fondamentale.<br />

Deve corrispondere al momento in cui la pianta foraggera<br />

presenta la massima quantità di sostanze nutritive digeribili.<br />

Periodi precedenti determinano un prodotto tenero e ricco,<br />

ma la quantità è minore, l'essiccazione più difficile, inoltre si<br />

compromette l’eventuale ricaccio.<br />

Il ritardo dello sfalcio, al contrario, determina una maggiore<br />

produzione ed una minore digeribilità del foraggio.<br />

Primo sfalcio:<br />

Utilizzazione precoce Utilizzazione tempestiva Utilizzazione tardiva<br />

(inizio spigatura/fioritura)<br />

> cont. UF e prot/t/s.s. buon cont. UF e prot/t/s.s. < cont UF e prot/t/s.s.<br />

< prod. s.s./ha buona prod. s.s./ha < digeribilità foraggio<br />

< durata coltura


SFALCI FREQUENTI


UTILIZZAZIONE DEL FORAGGIO<br />

FORAGGIAMENTO VERDE<br />

• Alti costi ed impegno organizzativo<br />

• Impossibilità di mantenere la dieta<br />

costante


FORAGGI CONSERVATI<br />

• 80-85% delle U.F. prodotte<br />

• Sono forniti all’animale dopo un processo di conservazione e in un<br />

ambiente confinato<br />

• I metodi di conservazione sono riconducibili a due fenomeni<br />

biologici:<br />

- ESSICCAMENTO (fienagione e disidratazione)<br />

- ANAEROBIOSI + ACIDIFICAZIONE (insilamento)<br />

• L’obiettivo è:<br />

a) ridurre al minimo PERDITE e COSTI<br />

b) mantenere il più possibile il VALORE NUTRITIVO


La fienagione<br />

Consiste nell'essiccazione del foraggio che passa dal 75-80% di umidità al<br />

momento dello sfalcio al 16-18% (ottimale) al momento della<br />

conservazione.<br />

L'essiccazione è eseguita esponendo in campo l'erba al sole e all'aria per un<br />

periodo di 3-4 giorni. Può essere favorita e velocizzata schiacciando il<br />

foraggio al momento del taglio con le falcia-condizionatrici.<br />

Il fieno viene quindi raccolto sciolto oppure compresso e legato in balle da<br />

apposite macchine imballatrici.<br />

L'essiccazione risulta artificiale quando l'erba falciata, dopo un preappassimento<br />

in campo, che la porta ad una umidità inferiore al 45%, viene<br />

posta in fienili, attrezzati con appositi sistemi di ventilazione. L'aria viene<br />

fatta passare attraverso la massa di foraggio fino a farle raggiungere una<br />

umidità inferiore al 20%.<br />

Con la fienagione (soprattutto quella tradizionale) si hanno elevate perdite<br />

di prodotto.


Fasi della fienagione


Perdite nella fienagione


<strong>Di</strong>sidratazione


L'insilamento<br />

In tale processo di conservazione, il foraggio inacidisce a causa delle fermentazioni<br />

che si instaurano nella massa verde.<br />

Le perdite legate a queste trasformazioni sono meno elevate di quelle dovute<br />

alla fienagione ed il foraggio rimane verde e succulento per lungo tempo.<br />

La fermentazione fondamentale nell'insilamento è la fermentazione lattica.<br />

Tale fermentazione inizia subito dopo l'immissione del foraggio trinciato nel silo. In<br />

assenza di ossigeno (ambiente anaerobico), ad una temperatura ottimale di<br />

20-30°C ed in presenza di una sufficiente quantità di zuccheri, si sviluppano i<br />

batteri lattici che trasformano gli zuccheri fermentescibili in acido lattico.<br />

L'acidità della massa del foraggio si abbassa fino ad un pH di 3,5-4.<br />

In tale ambiente acido si evita l'instaurarsi di fermentazioni putride e si arresta<br />

parimenti l'azione dei batteri lattici. Oltre all'acido lattico si osserva la produzione di<br />

una certa quantità di acido acetico che contribuisce all'acidificazione della massa<br />

insilata.<br />

Durante la conservazione dei foraggi insilati si verificano delle perdite di sostanze<br />

nutritive comprese fra il 10 ed il 30%.


Fasi dell’insilamento


Gestione del processo


PASCOLO<br />

I pascoli sono formazioni vegetali, generalmente naturali, costituite da<br />

molte specie erbacee appartenenti a diverse famiglie botaniche.<br />

I pascoli si distinguono in pascoli permanenti quando presentano una<br />

durata illimitata e pascoli temporanei quando la loro durata è limitata,<br />

come quelli che si costituiscono per inerbimento del maggese o<br />

nell'intervallo fra due colture.<br />

• Ottimale per l’animale (benessere animale)<br />

• Minori rese (consumo piante giovani). La produzione dei pascoli è<br />

variabilissima, attestandosi su una media pari a 0,5-0,6 t/ha di s.s.<br />

• Perdite per calpestio e spreco<br />

Il pascolo può essere competitivo nelle aree in cui la meccanizzazione è<br />

ostacolata dalla conformazione geografica, o in cui le condizioni pedoclimatiche<br />

determinano un limite per le rese


Motivazioni e prospettive per il<br />

pascolo


Una serie di fattori stanno suggerendo la<br />

necessità di passare (o di tornare) al<br />

pascolamento come forma di attività<br />

compatibile con la crescente domanda di<br />

un’agricoltura sostenibile sotto il profilo<br />

agronomico, economico ed ambientale.


Nelle aree in cui la meccanizzazione è<br />

ostacolata dalla conformazione geografica, o<br />

in cui le condizioni pedo-climatiche<br />

determinano un limite per le rese, la<br />

competitività delle aziende zootecniche può<br />

essere perseguita soltanto, prescindendo da<br />

interventi di sostegno, riducendo i costi di<br />

produzione.


La necessità di produrre a costi minori e con<br />

minore manodopera è spesso il maggiore<br />

ostacolo ai sistemi zootecnici di tali ambienti.<br />

Si manifesta allora la potenzialità<br />

dell’allevamento in forme prevalentemente<br />

pascolive, per motivi di carattere<br />

organizzativo, sociale ed economico,<br />

accresciuti dall’interesse di poter disporre di<br />

praterie in abbandono o non più<br />

convenientemente utilizzabili con lo sfalcio.


L’introduzione (o la re-introduzione) del<br />

pascolamento contribuirebbe al recupero di<br />

aree marginali o dismesse dove non esistono,<br />

di fatto, ipotesi di gestione agricola<br />

economicamente alternative all’allevamento<br />

estensivo.<br />

Tale recupero sarebbe ulteriormente favorito<br />

laddove il sistema zootecnico fosse associato<br />

alla valorizzazione di produzioni di filiera di<br />

qualità, quali le linee vacca-vitello di razze<br />

autoctone di pregio o i prodotti caseari a<br />

denominazione di origine.


Un ulteriore incremento dell’impiego del<br />

pascolamento potrebbe derivare dall’applicazione<br />

dei regolamenti europei sui metodi di produzione<br />

biologica per i prodotti di origine animale, il quale<br />

prescrive un largo ricorso al pascolamento per<br />

poter qualificare un allevamento come biologico.


L’uso del pascolamento risponde anche ai<br />

requisiti posti dai regolamenti per<br />

l’estensificazione dell’agricoltura e la<br />

salvaguardia dell’ambiente.<br />

L’introduzione (o la re-introduzione) del<br />

pascolamento nelle aree più ‘fragili’<br />

renderebbe possibile la gestione territoriale di<br />

ampie superfici e promuoverebbe la cura di<br />

molti terreni abbandonati, favorendo la<br />

prevenzione dei rischi ambientali (erosione,<br />

frane, alluvioni, etc.) associati allo<br />

spopolamento di tali zone.


PASCOLO RAZIONATO<br />

È consigliabile: in pianura; in collina su terreni<br />

produttivi e poco frazionati<br />

È ideale per vacche e pecore da latte in produzione<br />

Ogni giorno mettere a disposizione del bestiame<br />

un’area di pascolo tale da garantire la copertura del<br />

fabbisogno giornaliero. Appena il foraggio è stato<br />

consumato, gli animali vengono spostati in un altro<br />

appezzamento.<br />

Occorrono recinti fissi lungo il perimetro<br />

dell’azienda e recinti mobili elettrificati per la<br />

suddivisione in settori


Vantaggi:<br />

Buona produttività, con erba che cresce<br />

indisturbata fino al turno successivo<br />

Sprechi molto ridotti (10-15%), perché il bestiame<br />

si muove poco e trova tutto il foraggio al giusto<br />

stadio di sviluppo<br />

Ridotti danni da calpestamento, specialmente nei<br />

periodi piovosi e terreni argillosi<br />

Possibilità di formazione di scorte su parcelle non<br />

sfruttate con il pascolamento primaverile


PASCOLO A ROTAZIONE<br />

È consigliabile: in montagna e collina su terreni<br />

dissestati, boschi, cotiche naturali; per vacche da<br />

carne con vitello, manze, equini<br />

Suddividere il pascolo in appezzamenti<br />

sufficientemente grandi da consentire alla mandria<br />

di rimanere 7-15 gg. (rotazione stretta o rotazione<br />

larga), e ritornare sulla stessa superficie quando<br />

l’erba ha raggiunto il giusto stadio di sviluppo (35<br />

gg. circa)


Vantaggi:<br />

Minore richiesta di manodopera per spostamenti<br />

Recinti elettrici mobili non necessari<br />

Possibilità di inserire negli appezzamenti aree a<br />

bosco, utili per riserve di alimenti nei periodi meno<br />

produttivi e per il riparo degli animali<br />

Svantaggi:<br />

Sprechi più elevati (mediamente 25%), con punte fino<br />

al 60% con carico inadeguato o foraggio troppo<br />

maturo (riduzione dell’appetibilità)<br />

Maggiori danni da calpestamento


PASCOLO BRADO E SEMIBRADO<br />

Accettabile solo: in alta montagna per recuperare<br />

ampie superfici prive di recinti; in montagna e<br />

collina su notevoli superfici poco produttive e molto<br />

dissestate; con razze molto rustiche<br />

Lasciare a disposizione del bestiame tutto il<br />

pascolo (brado), o suddividerlo in 2-3 grossi settori<br />

in cui la mandria permane per 30-40 gg.<br />

(semibrado).<br />

Utilizzare un carico di bestiame molto basso per<br />

unità di superficie (difficile stima della produzione<br />

foraggera)


Vantaggi:<br />

Semplificazione estrema dell’allevamento<br />

Minima richiesta di manodopera<br />

Possibilità di recuperare ampie superfici che<br />

rimarrebbero altrimenti inutilizzate<br />

Svantaggi:<br />

Bassissima produttività delle cotiche e<br />

peggioramento delle stesse con proliferazione di<br />

infestanti<br />

Sprechi elevati (fino all’80%)<br />

<strong>Pro</strong>blemi di cattura del bestiame al rientro autunnale

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