Dalla liturgia vissuta: una testimonianza - Avvento - Undicesima Ora

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Luigi Giussani<br />

DALLA LITURGIA VISSUTA:<br />

UNA TESTIMONIANZA<br />

Appunti<br />

da conversazioni comunitarie<br />

Jaca Book


Nota di edizione<br />

Premessa<br />

INDICE<br />

PARTE PRIMA<br />

LA MESSA<br />

PARTE SECONDA<br />

TEMPI LITURGICI<br />

Capitolo primo<br />

<strong>Avvento</strong><br />

Capitolo secondo<br />

Natale<br />

Capitolo terzo<br />

Quaresima<br />

Capitolo quarto<br />

Pasqua<br />

Capitolo quinto<br />

Ascensione<br />

Capitolo sesto<br />

Pentecoste<br />

Capitolo settimo<br />

Trinità<br />

v<br />

29<br />

31<br />

39<br />

49<br />

71<br />

81<br />

89<br />

99


Premessa<br />

Il fatto che ci accom<strong>una</strong> tutti in quanto popolo di Dio è la appartenenza<br />

al mistero della Chiesa.<br />

Essa è la sorgente della nostra personalità, il determinante ultimo<br />

e completo della nostra vocazione. Perciò per realizzare un<br />

atto di vigilanza adeguato per quanto riguarda la strada che ad<br />

ognuno di noi è stata assegnata, la nostra meditazione non deve<br />

fare altro che seguire il momento tipico della vita della Chiesa:<br />

quello della parola liturgica.<br />

Nel suo senso più vasto la <strong>liturgia</strong> è l'umanità resa consapevole<br />

della adorazione a Dio come supremo suo significato, e del lavoro<br />

come gloria a. Dio. L'inizio dell'anno liturgico perciò deve<br />

essere sempre l'inizio o la ripresa di <strong>una</strong> vigilanza che dia alla nostra<br />

vita un volto vero, che manifesti in noi <strong>una</strong> creatura nuova<br />

secondo quello che Dio vuole, secondo l'obbedienza al Padre.<br />

Ognuno deve corrispondere e rispondere a Dio e al richiamo<br />

del mistero della Chiesa secondo la grazia che gli è stata data, secondo<br />

il «talento» che gli è stato affidato.<br />

Dice san Paolo: «Dum tempus habemus, operemur bonum».<br />

Finché abbiamo tempo, agiamo secondo il bene. «Tempus» indica<br />

l'ora e il contenuto dell'ora, corrisponde quindi al termine «occasione».<br />

E l'occasione è la parola che ci viene rivolta e che l'ora dopo<br />

potrebbe non esserci riofferta.


Premessa<br />

La meditazione sulla Liturgia è meditazione su un discorso<br />

educativo: quello della Chiesa. Quindi è tanto più valida, quanto<br />

più coglie la parola che la Chiesa ci vuol dire in quel particolare<br />

momento dell'anno. Perciò, se è vero che si può restare colpiti di<br />

fronte ad <strong>una</strong> frase o ad un'altra del testo liturgico, dobbiamo essere<br />

attenti a non ridurre la ricchezza di questa meditazione ad<br />

<strong>una</strong> cernita di frasi. Questo non è il centro del problema. Occorre<br />

che ci educhiamo a non meditare in quel modo la <strong>liturgia</strong> perché<br />

commetteremmo un errore. O, più che un errore, <strong>una</strong> minorazione,<br />

<strong>una</strong> riduzione dell'atteggiamento di valorizzazione della<br />

presenza di Dio. Spesso è stata operata tale riduzione: si è cioè<br />

trattata la Bibbia, che è la storia del mistero di Dio nel mondo,<br />

come fonte di belle frasi—giuste e profonde—, ma si è lasciato<br />

da parte il contesto, cioè il vero discorso di Dio. Così abbiamo ridotto<br />

la Bibbia a sostegno dei nostri ideali morali. Invece di cogliere<br />

il discorso di Dio come la lingua nuova che distrugge la<br />

nostra sapienza, abbiamo reso la parola di Dio sostegno della nostra<br />

sapienza. Quando non si è trattata la Bibbia in senso accomodatizio,<br />

cioè quando la. «frase» non si è interpretata così come<br />

suonava al nostro orecchio, all'orecchio della nostra mentalità,<br />

della nostra cultura, invece di cercare di adeguare la nostra mentalità,<br />

la nostra cultura al significato, alla comunicazione, alla <strong>testimonianza</strong><br />

che scaturiva dalla frase.<br />

Dobbiamo accostarci ai singoli brani della <strong>liturgia</strong> come a sottolineature<br />

dialettiche di un'unica parola. Dobbiamo non compitare,<br />

ma consonare con la vita di Cristo nella Chiesa. La <strong>liturgia</strong> è<br />

un discorso che non ha termine e vi si è trascinati dentro dal flusso<br />

della forza della grazia di Dio, del mistero di Dio nel mondo.<br />

La <strong>liturgia</strong> <strong>vissuta</strong> costituisce molto semplicemente la strada<br />

della nostra moralità. Per moralità si intende l'atteggiamento giusto,<br />

il comportamento giusto, «giusto» cioè di fronte al destino,<br />

atteggiamento giusto sulla strada del destino.<br />

La <strong>liturgia</strong> è l'enunciazione sintetica e molto semplice di questa<br />

strada.<br />

Infatti la moralità cristiana non è altro che la conversione del<br />

cuore, il volgersi del cuore alla direzione esatta, il che indica un


Premessa<br />

«cuore» nuovo, vale a dire: percezione e giudizio, sentimento, decisione<br />

e azione nuovi.<br />

Tale moralità come conversione è definita da due grandi<br />

categorie.<br />

Prima di tutto l'ascolto. La <strong>liturgia</strong> è il libro dei poveri di spirito,<br />

di coloro che non inventano parole. La <strong>liturgia</strong> è ciò che il<br />

popolo cristiano fedele segue, ripete, risponde. Per questo è l'ambito<br />

dell'obbedienza. Non c'è ness<strong>una</strong> strada semplice per la conversione<br />

che non sia l'obbedienza del cuore.<br />

La <strong>liturgia</strong> è innanzitutto ascolto e, così come è innanzitutto<br />

ascolto, è la parola che inizia la conversione. «Lex Domini irreprehensibilis<br />

converteas animas». La parola del Signore è infallibile,<br />

è precisa e cambia l'anima. La parola del Signore storicizzata è<br />

la <strong>liturgia</strong>.<br />

Proprio perché l'inizio della conversione è l'ascolto, la <strong>liturgia</strong><br />

è il luogo dove si attende la venuta del Signore. Infatti, quando<br />

<strong>una</strong> persona prega, o legge, mangia o lavora, che cosa fa in realtà,<br />

se è cristiano, se ha il cuore convertito? Attende la venuta del Signore<br />

e basta. E nella misura in cui vive questa attesa cambia tutto<br />

ciò che ha tra le mani, e già quella venuta incomincia.<br />

Il primo fattore della moralità cristiana perciò è l'ascolto e<br />

l'attesa della Sua venuta, che è in fondo l'atteggiamento della povertà<br />

di spirito. Se uno infatti non ha niente prima, ascolta, se<br />

non ha niente prima, attende, e da questo si aspetta di diventare<br />

diverso.<br />

Il secondo fattore della moralità cristiana è la totalità del coinvolgimento<br />

nella grazia del mistero di Dio. Noi viviamo tutto<br />

dentro questa «grazia» che ci raggiunge con la vita liturgica della<br />

Chiesa e i suoi Sacramenti.<br />

Da <strong>una</strong> parte infatti la <strong>liturgia</strong> ha come fulcri i sacramenti: parole<br />

ultime del discorso, avvenimenti in cui l'azione divina si attua,<br />

presenza della comunità come mistero; e dall'altra la <strong>liturgia</strong><br />

chiarisce il senso dei sacramenti: la confessione o l'eucaristia nel<br />

periodo di Natale, per esempio, è come se avessero un significato<br />

particolare diverso da quello del tempo pasquale; in ogni momento<br />

però sono compresenti tutti i gradi del significato.


Premessa<br />

<strong>Ora</strong>, se in questa grazia non mettiamo dentro tutto, dividiamo<br />

Cristo dal mondo, quasi che noi ipostatizzassimo un Cristo al cospetto<br />

di un mondo che ha dei diritti di fronte a lui.<br />

Invece la conversione del cuore, che è l'avvenimento della nostra<br />

povertà nello spirito, genera l'unità della persona. Al di fuori<br />

di essa, qualunque energia abbiamo, qualunque personalità sentiamo<br />

di possedere, siamo divisi. Divisi: Cristo-mondo, comunitàmondo,<br />

persona è attività nel mondo.<br />

Questa conversione del cuore, avvenimento della povertà nello<br />

spirito, generativa della unità della persona ha un solo alveo: la<br />

<strong>liturgia</strong>. Un solo alveo dentro il quale, nella misura in cui è vissuto,<br />

viene buttata tutta l'acqua della nostra vita: mangiare e bere,<br />

parlare e pregare, lavorare. E così, dovunque siamo, sorge l'alba<br />

del nuovo mondo, cioè inizia la Sua venuta.


Capitolo primo<br />

AVVENTO<br />

Il tempo dell'<strong>Avvento</strong> è il tempo dell'attesa, è il tempo del<br />

primo cenno di unità tra la nostra libertà e quella di Dio. È il<br />

tempo dell'Antico Testamento, di ciò che deve essere compiuto,<br />

del cammino.<br />

Nei profeti, l'attesa, che era attesa del Messia—suscitata da<br />

Dio e accettata da loro—, si formulava secondo idee, sensazioni e<br />

mentalità proprie, sia della razza, che del singolo, che del momento.<br />

L'attesa, inevitabilmente, si formulava secondo i loro sentimenti,<br />

concetti ed esplorazioni. Erano gente del deserto e Dio<br />

per loro era «la terra che fioriva»; erano schiavi, e pensavano che<br />

il Regno di Dio fosse <strong>una</strong> potenza, il loro predominio sul mondo;<br />

erano divisi e per loro il Regno di Dio era l'unità del popolo.<br />

Identificavano il mistero di Dio con il loro concetto, in fondo<br />

cioè dimenticavano che Dio è mistero. Mentre la loro fantasia sul<br />

mistero era veicolo al mistero, l'attaccarsi a questa fantasia diventava<br />

contrasto con il regno di Dio.<br />

Oggi il senso del mistero ci viene continuamente richiamato<br />

dalla vita della Chiesa.<br />

Non esiste tempo dell'anno liturgico che non richiami Dio come<br />

mistero. Questo incomincia a diventar chiaro nell'attesa. Noi<br />

siamo attesa: la nostra vita lo è. Sappiamo che questa attesa è mistero<br />

come inizio, poiché siamo stati fatti, e come termine.<br />

31


Tempi liturgici<br />

Anche per noi l'attesa si traduce nelle nostre idee, concezioni,<br />

paure nella nostra immagine di bene, di male, virtù e difetto.<br />

L'attesa si incarna in tutte queste cose. Tutta la vita è profezia di<br />

Dio per noi, cioè del Regno di Dio.<br />

Però questo Regno è sempre diverso, imprevedibile, perché<br />

ciò che è di Dio è sempre imprevedibile. Perciò guai a chi mette<br />

opposizione insormontabile tra l'avvenimento del suo peccato e<br />

Dio, a chi rifiuta il perdono. Questa è la crisi dell'attesa: il pericolo<br />

che i nostri pensieri, sentimenti, ci blocchino, ci imputridiscano.<br />

Mentre tutto è bene e coopera al bene, nulla esaurisce il<br />

mistero, ma tutto è profezia di esso, punto da cui parte uno sviluppo<br />

imprevedibile.<br />

L'equivoco di fondo nell'intendere la legge dell'attesa sta nel<br />

pericolo di attendere il Regno di Dio senza volere veramente<br />

«quel» Regno, volere che avvenga senza amare davvero il Regno<br />

di Dio. I farisei, per esempio, volevano veramente che venisse il<br />

Regno di Dio, amavano la legge, ma non riuscivano ad amare veramente<br />

quello che sarebbe avvenuto. Si può far tutto perché avvenga<br />

la volontà di Dio, senza amare con convinzione e verità le<br />

sue modalità. È l'ultimo residuo di un moralismo, l'ultimo brano<br />

di sé che non cede mai, che non è amore a ciò che accade. E il<br />

non sciogliere il proprio io, il non accettare che l'io scompaia, si<br />

perda in Suo nome. Così uno può avere <strong>una</strong> grande attività, ma<br />

non avrà la carità. Ma proprio quando uno riconosce di sbagliare<br />

in questo modo, Dio purifica fino al midollo delle ossa: proprio<br />

in questa scoperta della nostra resistenza capiamo che cos'è l'amore,<br />

che cos'è Dio per noi.<br />

Bisogna tener presente che Dio è fedele: ha destato l'attesa<br />

per compierla. Ogni tipo di giusto verrà soddisfatto.<br />

Poi interrogato dai farisei quando sarebbe venuto il Regno di<br />

Dio, egli rispose loro: «Il Regno di Dio non viene in modo spettacolare;<br />

né si potrà dire: 'Ecco è qui', ovvero: 'È lì', perché il<br />

Regno di Dio è già in mezzo a voi». Poi rivolto ai suoi discepoli,<br />

continuò: «Verrà un tempo in cui desidererete vedere uno solo<br />

dei giorni del Figlio dell'uomo, e non lo vedrete. E vi diranno:<br />

'Ecco è qui, ecco è là'. Ma voi non muovetevi, né andatene in<br />

32


<strong>Avvento</strong><br />

cerca. Infatti come la folgore quando lampeggia, guizza da un<br />

punto all'altro del cielo, così sarà del Figlio dell'uomo nel giorno<br />

del suo ritorno. Prima però è necessario che egli soffra molto, e<br />

sia ripudiato da questa generazione. E come avvenne nei giorni di<br />

Noè, così sarà anche nei giorni del Figlio dell'uomo: mangiavano,<br />

bevevano, prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò<br />

nell'arca; allora venne il diluvio e fece perire tutti. Lo stesso avvenne<br />

nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano, compravano,<br />

vendevano, piantavano, costruivano, ma nel giorno che Lot uscì<br />

da Sodoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e fece perire tutti. Così<br />

sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà.<br />

. In quel giorno chi sarà sulla terrazza e avrà i suoi arnesi in casa,<br />

non scenda a prenderli; e chi sarà in campagna, non torni indietro.<br />

Ricordatevi della moglie di Lot. Chiunque cercherà di salvare<br />

la sua vita la perderà, e chi la perderà la salverà. Vi dico: in<br />

quella notte saranno due in un letto: uno sarà preso e l'altro sarà<br />

lasciato; saranno due donne a macinare alla stessa mola: <strong>una</strong> sarà<br />

presa e l'altra sarà lasciata. Due saranno nei campi, l'uno verrà<br />

preso e l'altro sarà lasciato» (Lc 17, 20-37).<br />

Nella nostra meditazione sull'attimo faremo emergere alcuni<br />

fattori fondamentali.<br />

La nostra vita sarà giudicata, perché nulla si salva se non attraverso<br />

il giudizio. San Paolo paragona questo giudizio ad un fuoco che<br />

delle cose fa restare la verità: se le cose sono oro ed argento, se<br />

sono legno o se sono paglia, questo apparirà attraverso il fuoco,<br />

attraverso il giudizio. Dal giudizio apparirà il disegno di Dio, come<br />

si vede nel brano di Vangelo citato, e perciò, ancora <strong>una</strong> volta<br />

apparirà la verità delle cose; attraverso il giudizio apparirà il nostro<br />

riconoscimento del disegno di Dio e, perciò, della verità con<br />

cui facciamo le cose. Apparirà la verità con cui noi guardiamo le<br />

cose e apparirà la verità con cui noi manipoliamo le cose,<br />

perché—come è detto nel Vangelo—allora tutto sarà chiaro, sarà<br />

chiaro nel senso che verrà alla luce; come aveva accennato Gesù,<br />

«nulla c'è di nascosto che non verrà alla luce»...<br />

«Dopo la tribolazione di quei giorni di improvviso il sole si<br />

oscurerà e la l<strong>una</strong> non darà più la sua luce, e le stelle cadranno dal<br />

cielo, e le potenze dei cieli saranno squassate. Allora apparirà in<br />

33


Tempi liturgici<br />

cielo il segno del Figlio dell'uomo e tutte le genti della terra<br />

piangeranno e vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del<br />

cielo con grande potenza e maestà. E manderà i suoi angeli con<br />

potente squillo di tromba a rad<strong>una</strong>re i suoi eletti dai quattro<br />

venti, da <strong>una</strong> estremità all'altra dei cieli» (Mt 24, 29-31; Mc<br />

13, 24-27 Lc 21, 25-28).<br />

«Quanto poi a quel giorno e all'ora, nessuno li conosce, neppure<br />

gli angeli del cielo, ma il Padre soltanto. Come avvenne al<br />

tempo di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti,<br />

nei giorni avanti il diluvio si mangiava e si beveva, si prendeva<br />

moglie e si dava a marito, sino a quando Noè entrò nell'arca, e la<br />

gente non si accorse di nulla finché non venne il diluvio e travolse<br />

tutti; così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due<br />

saranno nel campo: uno sarà preso e uno lasciato: due donne saranno<br />

a macinare al mulino; <strong>una</strong> sarà presa e <strong>una</strong> lasciata. Vigilate<br />

dunque, perché voi non sapete in che giorno verrà il vostro Signore!»<br />

(Mt 24, 36-42; Mc 13, 32).<br />

Un'altra cosa occorrerà sottolineare, oltre che la parola del<br />

giudizio incombente: Il senso della precarietà della vita, «non è questo<br />

il volto vero dei rapporti e delle cose» (1 Cor 7).<br />

«Badate bene a voi stessi, che non s'aggravino i vostri cuori<br />

nei bagordi, nell'ubriachezza e nelle cure della vita, perché quel<br />

giorno non venga sopra di voi all'improvviso come un laccio:<br />

perché esso s'abbatterà su tutti gli abitanti della terra. Perciò vegliate<br />

in continua preghiera perché possiate essere degni di sfuggire<br />

a tutte queste cose che stanno per accadere, e di comparire<br />

sicuri davanti al Figlio dell'uomo» (Lc 21, 34-36).<br />

«Siano cinti i vostri fianchi e accese le vostre lucerne e voi siate<br />

simili a uomini che attendono il loro signore quando torni dalle<br />

nozze, per essere pronti ad aprirgli quando egli venga e bussi<br />

alla porta. Beati quei servi che il signore al suo arrivo, troverà vigilanti.<br />

In verità vi dico che si cingerà e li farà sedere a mensa e<br />

passerà a servirli. E se viene alla seconda o alla terza vigilia e li<br />

trova così, beati loro!<br />

<strong>Ora</strong> questo sappiate: che se il padrone di casa conoscesse a che<br />

ora il ladro viene, veglierebbe tutta la notte e non si lascerebbe<br />

sfondare la casa. Anche voi dunque state preparati perché non sapete<br />

a quale ora il Figlio dell'uomo verrà» (Lc 12, 35-40).<br />

34


<strong>Avvento</strong><br />

Ma paradossalmente c'è nelle cose per noi un richiamo alla responsabilità<br />

che non si può schivare, come non ci si può sottrarre<br />

allo sguardo di Dio (Salmo 139). Il giudizio finale è infatti reso<br />

attuale, letteralmente, dalle prove della vita. Le prove anticipano<br />

il giudizio finale: le prove di qualunque natura, fisica e morale,<br />

ma soprattutto le prove come crisi della nostra fedeltà a Dio. Esse<br />

sono l'esame della nostra verità, sono obiezione a noi, non a<br />

Dio.<br />

Il giudizio finale, del resto, è la proiezione di questi giudizi<br />

storici che, nella prova, Iddio dà su di noi. La prova ci obbliga a<br />

capire che la categoria finale mette in luce la verità di tutte le altre<br />

categorie del nostro vivere.<br />

La <strong>liturgia</strong> dell'<strong>Avvento</strong>, all'inizio del cammino della nuova<br />

annata, richiama giustamente la fine del cammino stesso, il termine<br />

della strada e lo scopo del tempo. Il termine della strada e lo<br />

scopo del tempo sono quella fine in cui Cristo ritornerà e le cose<br />

saranno, veramente e finalmente, quelle che debbono essere.<br />

Tutto sarà veramente se stesso perché la luce di Dio non sarà<br />

frenata più da nulla e Cristo avrà compiuto la sua opera, così che<br />

veramente tutto sarà di Cristo, come Cristo è di Dio. Noi non<br />

possiamo accedere al santuario di Dio, se non per un giudizio, un<br />

giudizio di valore sull'esistenza e sulla storia, un giudizio di riconoscimento<br />

della forza che fa il nostro tempo e il tempo della<br />

storia. Tutti i nostri mali, le incertezze, le ritrosie e tutte le nostre<br />

fughe nascono dalla assenza, dalla debolezza in noi del giudizio.<br />

Ed è la Parola di Dio a stabilire il giudizio in noi. Come la<br />

Parola di Dio stabilirà il giudizio alla fine della vita, così la parola<br />

di Dio stabilisce il giudizio su quel che ci accade: nella Parola di<br />

Dio ogni crisi viene vinta, la prova viene superata, ci si libera<br />

del male.<br />

«Quando poi verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti<br />

gli angeli con lui, allora siederà sul trono della sua gloria. E<br />

si raduneranno davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli<br />

uni dagli altri come il pastore separa le pecore dai capri, e col-<br />

35


Tempi liturgici<br />

locherà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.<br />

Allora il re dirà a quelli alla sua destra: «Venite, benedetti dal<br />

Padre mio, possedete il regno preparato per voi dalla creazione<br />

del mondo. Perché io ebbi fame e voi mi deste da mangiare, ebbi<br />

sete e mi deste da bere, ero pellegrino e mi accoglieste, nudo e<br />

mi ricopriste, ammalato e mi visitaste; ero in prigione e veniste<br />

da me. Allora gli risponderanno i giusti: «Signore, quando ti vedemmo<br />

aver fame e ti nutrimmo, aver sete e ti demmo da bere?<br />

E quando ti vedemmo ammalato o in prigione e venimmo da te?»<br />

E risponderà loro il Re: «In verità di dico: quanto avete fatto a<br />

uno di questi fratelli miei, i più piccoli, a me lo faceste».<br />

Dirà poi a quelli di sinistra: «Partitevi da me, maledetti, nel<br />

fuoco eterno, che è stato preparato per il diavolo e gli angeli<br />

suoi. Perché io ebbi fame e voi non mi deste da mangiare, ebbi<br />

sete e non mi deste da bere, fui pellegrino e non mi accoglieste,<br />

nudo e non mi ricopriste, ammalato e in prigione e non mi visitaste.<br />

Allora risponderanno anch'essi: «Signore, quando ti vedemmo<br />

aver fame o aver sete, o pellegrino, o nudo, o ammalato, o in<br />

prigione e non ti assistemmo?». Ed egli risponderà loro: «In verità<br />

vi dico: quante volte non l'avete fatto a uno solo di questi, i<br />

più piccoli, neppure a me lo faceste». E andranno questi nel supplizio<br />

eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25, 31-46). -<br />

«La carità è paziente, benigna, la carità non si vanta, non invidia,<br />

non si gonfia, non è indiscreta, non va in cerca del suo, non<br />

si adira, non pensa male, gode della verità, tutto comprènde, tutto<br />

crede, tutto spera, tutto soffre, la carità non tramonta mai» (I<br />

Cor 13, 4-8).<br />

Il brano di san Paolo e il Vangelo di san Matteo, sommariamente,<br />

ma anche ultimamente, descrivono il criterio del giudizio<br />

finale, ma anche il criterio dei giudizi che sono le prove della vita.<br />

La prova schiaccia chi non vive secondo la dimensione citata.<br />

Santa Teresa dice: «alla fine della vostra vita sarete giudicati sull'amore».<br />

L'amore non è un discorso, ma è mettere la propria vita<br />

nel Discorso. In nome di esso cambiano i modi della vita, i quali<br />

cambiano veramente solo se cambiano alla radice. Altrimenti non<br />

fanno altro che accentuare quella maschera che già erano, e quando<br />

la maschera si porta in nome dello Spirito Santo, essa è infinitamente<br />

peggiore.<br />

Non abbiamo nessun altro programma eccetto quello della ca-<br />

36


<strong>Avvento</strong><br />

rità e la carità non è un sentimento o <strong>una</strong> inclinazione particolare<br />

a fare il bene, o <strong>una</strong> compassione, o <strong>una</strong> commiserazione, o <strong>una</strong><br />

onda di affezione, ma l'attuarsi del giudizio che è avvenuto tra<br />

noi.<br />

In <strong>Avvento</strong> il tema unico è: «... Lui che viene»; e non c'è alcun<br />

risvolto visibile e sensibile di questo «Lui che viene», se non la<br />

promessa di rapporti nuovi fra noi.<br />

La conversione portata da Cristo è un fatto concreto; l'amore<br />

di Dio agli uomini è <strong>una</strong> realtà nel seno di <strong>una</strong> donna, un feto, un<br />

bambino che nasce, un uomo, perciò è <strong>una</strong> realtà tangibile, sensibile,<br />

fisica. Il riconoscere questo fatto tra noi si traduce, allo stesso<br />

modo, in <strong>una</strong> realtà fisica, sperimentabile, sensibile, nuova.<br />

La coscienza dell'imminenza della sua venuta, dunque, la vigilanza,<br />

la vita <strong>vissuta</strong> nella coscienza di sé come attesa, fa emergere<br />

rapporti nuovi.<br />

E questo avviene in proporzione della memoria di Cristo che<br />

viviamo, in proporzione alla preghiera che siamo, in proporzione<br />

al silenzio che teniamo come fondo di tutte le nostre azioni.<br />

La sua venuta è il Suo giudizio, perciò le nostre azioni devono<br />

convertirsi, in carità, in comunione.<br />

Ma perché le nostre azioni diventino giudizio e anticipino la<br />

Sua venuta, perché la chiesa si costruisca, e il lavoro diventi causa<br />

di Dio e il luogo per gli oppressi, i ciechi, i forestieri, le vedove,<br />

gli orfani, occorre Impazienza.<br />

«Siate pazienti, fratelli, sino alla venuta del Signore».<br />

«Ecco, l'agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra, pazientando<br />

sinché abbia ricevuto la prima e l'ultima pioggia. Abbiate<br />

pazienza anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta<br />

del Signore è vicina». È <strong>una</strong> imminenza anche se dovesse farci<br />

camminare per duemila anni.<br />

«Prendete, fratelli, a modello di costanza e di pazienza i profeti<br />

che hanno parlato nel nome del Signore».<br />

E quando la nostra.pazienza, che è povera cosa, sta per cedere,<br />

come in Acaz nel libro di Isaia, allora il Signore verrà: «Ih quei<br />

giorni il Signore parlò ad Acaz: 'chiedi un segno del Signore tuo<br />

Dio, dal profondo della dimora dei morti dove tu sei, oppure<br />

37


Tempi liturgici<br />

nell'eccelso dove i tuoi ideali spaziano!' Ma Acaz rispose: 'Non lo<br />

chiedo, non voglio tentare il Signore'. Allora Isaia disse: 'Ascoltate,<br />

casa di Davide! Forse è poco per voi stancare la pazienza degli<br />

uomini, che ora volete stancare anche quella del mio Dio? Pertanto<br />

il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la Vergine concepirà<br />

e partorirà un figlio e tu lo chiamerai Emmanuele, Dio con<br />

noi'» (Is 7, 10-14).<br />

Agli estremi confini della nostra pazienza il suo segno apparirà<br />

tra noi.<br />

Così la storia di Israele è andata avanti senza logica apparente,<br />

sempre con qualcosa di nuovo e, spesso, di contradditorio con lo<br />

slancio iniziale, fino all'idolo, fino all'esilio e alla corruzione,—<br />

durante la quale è venuto l'Emmanuele, il Dio tra noi. Per questo<br />

davanti ad ognuno di noi c'è la libertà di Dio.<br />

L'imminenza della Sua venuta, la carità nell'azione che anticipa<br />

il giudizio finale, significa costruire rapporti nuovi. E questo è<br />

responsabilità e iniziativa nostra, personale: che gli altri li riconoscano<br />

è compito di Dio—«non è ancora venuta la mia ora» disse<br />

Gesù alla Madonna nelle nozze di Cana.<br />

La pazienza e la dignità ci rendono in ogni azione liberi da<br />

tutto e, nello stesso tempo, presenti in tutto.<br />

38

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