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IL pADrE A FIrEnzE nEL QUATTroCEnTo<br />
senso invita a non tirarsi in<strong>di</strong>etro quando non c’è da mettersi troppo in gioco,<br />
ma da chi sia «richiesto <strong>di</strong> danari o <strong>di</strong> malleverie o d’alcuna obbrigagione» 81<br />
Giovanni consiglia <strong>di</strong> guardarsene «quante dal fuoco» 82 . Garantire per qualcuno<br />
è sempre atto foriero <strong>di</strong> svantaggio e porterà come conseguenza almeno tre<br />
danni: la per<strong>di</strong>ta economica, la per<strong>di</strong>ta del parente o amico, e la sua acre<strong>di</strong>ne<br />
che giungerà fino a renderlo ostile. Meglio allora patire un piccolo danno economico,<br />
rassegnarsi alla sua irreversibilità, soprassedere e imparare, in futuro, a<br />
non ripetere quell’esperienza. Ma è bene insistere nel <strong>di</strong>re no quando dall’altra<br />
parte la richiesta è insistente e pressante, e qui ci vuole astuzia e saggezza, perché<br />
«chi ha il bisogno usa le più astute vie e le più segaci del mondo» 83 . negli infiniti<br />
tranelli che «s’usano per giugnere il compagno» Giovanni teme la capacità ‘seduttiva’<br />
del bisognoso: il questuante<br />
[...] si moverà <strong>di</strong> lungie a <strong>di</strong>re <strong>di</strong> suoi avisi e suoi guadangni e suoi traffichi e suoi<br />
viluppi, e <strong>di</strong>ratti: «S’io avessi dugiento fiorini e’ mi darebbe il cuore <strong>di</strong> raddoppiagli:<br />
i’ gli dare’ volentieri la metà del guadagno...; se uno mi facesse pure la<br />
scritta, gli accattere’ io a buono pregio»; e con queste parole e con altre simili e’<br />
ti verrà a sottrarre e a richiederti.<br />
E chi non sa opporsi con fermezza e risoluzione a tali richieste è perduto:<br />
«E se tu non reggerai al primo colpo, egli enterrà più a dentro» fino a invischiare<br />
l’altro in per<strong>di</strong>te rovinose 84 .<br />
I favori vanno fatti «co’ calzari del piombo» 85 e anche nel non farli si dovrà<br />
usare prudenza. Così Giovanni non esita a suggerire una lunga teoria <strong>di</strong> scuse<br />
che potranno essere addotte per non cadere in trappola senza tuttavia opporre<br />
un palese rifiuto:<br />
Le scuse sono assai: «Io ne sono botio... I’ n’ò fatto saramento... I’ sono legato<br />
co·mio fratello <strong>di</strong> non m’obrigare sanza sua parola... I’ sono obrigato al mio<br />
compagno... perdonami: i’ mi voglio pensare... Che bisogna usare meco queste<br />
cautele? Che non me lo <strong>di</strong>cevi tu realemente? Tu mi fai dubitare dove i’ non<br />
arei... I’ mi vo’pensare»; e senpre piglia tenpo e pensavi su, e abbine consiglio sei<br />
volte prima t’arischi una meza. E sopra tutto (e questa tieni bene a mente) non<br />
t’obbrigare mai per niuno fallito, assai ti sia egli parente o amico 86 .<br />
Anche il rucellai, educatore <strong>di</strong> poco più tardo e certo più aristocratico del<br />
Morelli, <strong>di</strong>spensa ai figli pandolfo e Bernardo i medesimi consigli: tergiversare con<br />
gli amici che chiedono favori, cercando tuttavia <strong>di</strong> mantenerne stima e amicizia.<br />
Il rifiuto va lasciato intendere e non va mai espresso chiaramente se non a fronte<br />
<strong>di</strong> una richiesta esplicita: l’amicizia e il rispetto vanno preservati senza compiere<br />
gesti che suonino o<strong>di</strong>osi, ma è necessario perseguire il proprio bene piuttosto che<br />
l’altrui quando quest’ultimo <strong>di</strong>venga causa <strong>di</strong> danno e nocumento.<br />
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