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42 CLAUDIA TrIpoDI<br />
6. Guardarsi dagli altri…<br />
Il quinto pericolo risiede nel bieco approfittarsi della sorte dei pupilli da<br />
parte <strong>di</strong> chi ha a che fare con loro. Se il lavoro del padre in vita consente l’accumulo<br />
<strong>di</strong> ricchezze, con la sua morte questa risorsa viene meno. Questa mancanza,<br />
aggravata nella con<strong>di</strong>zione dell’orfano dall’accrescersi delle uscite, è complicata<br />
spesso da una mala condotta da parte <strong>di</strong> chi lo circonda: «E chi avea a<br />
dare <strong>di</strong>cea ch’avea ’avere, e chi cancillava e chi negava e tale minacciava e tale<br />
non se ne volea impacciare de’ manoval<strong>di</strong>» 75 . Di fronte a tanto sciacallaggio i<br />
manoval<strong>di</strong> rivelano un’autorità debole e un’indole corruttibile: «non vogliono<br />
occuparsene», <strong>di</strong>ce Giovanni, perché temono le minacce altrui o perché sono inclini<br />
ad accogliere le altrui preghiere o perché l’interesse autentico verso il bene<br />
dei pupilli scarseggia 76 . Morto il padre, chi ne attendeva la restituzione <strong>di</strong> cre<strong>di</strong>ti,<br />
chi aveva con lui affari in sospeso, chi nel complesso intuisce nel suo decesso<br />
una prospettiva <strong>di</strong> arricchimento, si accanirà sui pupilli. Ancora una volta è una<br />
metafora tratta dal mondo animale a darci la misura dell’avi<strong>di</strong>tà del contesto: i<br />
piccoli orfani sono come «istarnoncini», su cui calano parenti, vicini e estranei a<br />
«pelarli» come uccelli rapaci 77 .<br />
È un mondo pericoloso quello che Giovanni ci mostra, un mondo in cui,<br />
adocchiato il fanciullo orfano e privo <strong>di</strong> tutela, lo scopo prioritario del malintenzionato<br />
che con lui ha consuetu<strong>di</strong>ne è ingannarlo e depredarlo <strong>di</strong> ciò che<br />
ha. Giovanni consiglia <strong>di</strong> stare in guar<strong>di</strong>a in ogni occasione, senza accordare<br />
la propria fiducia a nessuno: non alla servitù, non ai lavoratori delle terre, non<br />
ai concitta<strong>di</strong>ni. È opportuno stilare un inventario <strong>di</strong> ciò che si ha, assegnare le<br />
masserizie a fanti e fantesche con attenzione e precisione così che ognuno <strong>di</strong> essi<br />
sia in grado all’occorrenza <strong>di</strong> renderne ragione. Bisogna «serrare» tutto quanto si<br />
possiede, controllare i mezzadri e i lavoratori delle proprie terre 78 , stimare il valore<br />
delle raccolte, valutarle in rapporto al ren<strong>di</strong>mento delle proprietà dei vicini,<br />
non eccedere nella confidenza coi sottoposti né compiacendoli né pretendendo<br />
da loro servizi aggiuntivi senza pagamento. Bisogna tuttavia intervenire in loro<br />
soccorso «quando fusse loro fatto torto o villania» 79 . Il rapporto deve essere all’insegna<br />
dello scambio e accuratamente valutato: anche coi mezzadri Giovanni<br />
mira a un quieto vivere, a mantenere un rapporto misurato e duraturo all’insegna<br />
del rispetto, poiché «facendo questo dovrai essere poco da loro ingannato e<br />
sarai amato più che gli altri e sarannoti riverenti, secondo loro, e arai quello bene<br />
<strong>di</strong> loro ch’è possibile avere» 80 .<br />
nei rapporti coi concitta<strong>di</strong>ni, coi parenti e con gli amici va osservata la stessa<br />
misura. Senza apparire schivo o asociale, l’uomo ideale deve frequentare tutti,<br />
rivolgersi al prossimo con cortesia, mostrare una facciata <strong>di</strong> buoni mo<strong>di</strong>, esibire<br />
amicizia e benevolenza ma senza esporsi troppo, mai acconsentire a parlare male<br />
<strong>di</strong> qualcuno, piuttosto invece avere buone parole per tutti. La strategia del con-