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il danno psichico alla alla persona del lavoratore - Fondazione Prof ...

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<strong>del</strong>l‟individuazione <strong>del</strong>la fattispecie astratta di mobbing <strong>il</strong> solo elemento oggettivo,<br />

ossia <strong>il</strong> comportamento mobbizzante 16 .<br />

Peraltro rientrerà tra i compiti <strong>del</strong> giudice (se necessario con l‟aus<strong>il</strong>io di<br />

specialisti in psichiatria e in problematiche di mobbing) verificare che non si<br />

confondano comportamenti molesti (vere e proprie aggressioni <strong>alla</strong> sfera <strong>persona</strong>le<br />

<strong>del</strong> <strong>lavoratore</strong>) con innocue situazioni di conflittualità inter<strong>persona</strong>li caratterizzanti<br />

qualsiasi ambiente di lavoro 17 .<br />

Alcune considerazioni possono infine farsi sull‟elemento oggettivo. Innanzitutto<br />

la condotta deve essere reiterata nel tempo (quasi seguendo un metodo sistematico<br />

ed abituale), duratura e avente la finalità (desumib<strong>il</strong>e d<strong>alla</strong> condotta stessa) di<br />

destab<strong>il</strong>izzare psicologicamente la vittima oppure di allontanarla dall‟ambiente di<br />

lavoro, inducendola alle dimissioni 18 . Nella ricostruzione <strong>del</strong>la condotta non si deve<br />

16 V., quali esponenti <strong>del</strong>la teoria oggettiva: SCOGNAMIGLIO R., A proposito <strong>del</strong> mobbing, cit., p.<br />

503 ss.; DEL PUNTA R., Diritti <strong>del</strong>la <strong>persona</strong> e contratto di lavoro, cit., n. 164, p. 220. La<br />

giurisprudenza prevalente è orientata a favore di una concezione oggettiva: ex plurimis si segnala<br />

Trib. Torino, 16 novembre 1999 e 30 dicembre 1999, cit.; Trib. Forlì, 15 marzo 2001, cit.; invece tra<br />

le isolate pronunzie <strong>del</strong>l‟orientamento adesivo <strong>alla</strong> teoria soggettiva si segnala: Trib. Trieste, 10<br />

dicembre 2003, in LG, 2005, p. 1183 ss., ivi, secondo <strong>il</strong> giudice di merito, “la coscienza e volontà<br />

<strong>del</strong> mobber si pone rispetto al fatto non solo come elemento essenziale e costitutivo <strong>del</strong>l‟<strong>il</strong>lecito, ma<br />

come elemento idoneo persino a darvi significato: in altri termini, senza <strong>il</strong> dolo specifico <strong>del</strong> mobber<br />

gli atti potrebbero tutti apparire legittimi e leciti”; diversamente, ossia sulla necessaria presenza di<br />

entrambi gli elementi e sull‟importanza <strong>del</strong>la finalità soggettiva per differenziare <strong>il</strong> mobbing da quei<br />

conflitti rientranti nella fisiologica prassi quotidiana: si rinvia a Trib. Cassino, 18 dicembre 2002, in<br />

Nlcc, 2003, I, p. 931 con nota di MOTTOLA; Trib. Como 22 maggio 2001, cit.<br />

17 Cfr. SCOGNAMIGLIO R., A proposito <strong>del</strong> mobbing, cit., p. 496 ss., che, distinguendo tra <strong>il</strong> c.d.<br />

mal d‟ufficio e gli atti molesti integranti mobbing, r<strong>il</strong>eva come trattasi di differenziazione da<br />

condursi caso per caso, nemmeno operando su un piano comparativo con gli altri colleghi, bensì <strong>alla</strong><br />

luce <strong>del</strong>la considerazione che «la chiave di volta … rimane quella <strong>del</strong>l‟oggettiva idoneità <strong>del</strong>la<br />

sequenza di atti e comportamenti »; nonché MATTO V., Il mobbing fra <strong>danno</strong> <strong>alla</strong> <strong>persona</strong> e lesione<br />

<strong>del</strong> patrimonio professionale, in DRL, 1999, p. 492 ss.; in questi termini cfr. Trib. Firenze 28<br />

gennaio 2005, in RGL, 2005, II, p. 485 ss.; Trib. M<strong>il</strong>ano, 4 gennaio 2006, in D&L, 2006, p.486 ss.<br />

18 Sulla necessità di non tipizzare rigidamente <strong>il</strong> fenomeno si veda ad esempio l‟intervento di<br />

PERA G. al X Congresso medico giuridico internazionale sul tema “Quale evoluzione nella tutela<br />

giuridica <strong>del</strong> <strong>lavoratore</strong> e <strong>del</strong> cittadino” (Forte dei Marmi, 18 – 19 maggio 2001). L‟Autore<br />

manifesta “qualche dubbio sulla tesi … giusta la quale si ritiene indispensab<strong>il</strong>e la protrazione nel<br />

tempo <strong>del</strong>la persecuzione, richiedendosi, ad esempio, un periodo minimo di osservazione di almeno<br />

sei mesi con episodi persecutori a frequenza almeno settimanale» restando «<strong>del</strong>l‟idea che ogni<br />

teorizzazione assoluta sia pericolosa. Anche in solo episodio, per la sua oggettiva gravità, tutto<br />

concedendo <strong>alla</strong> particolare emotività <strong>del</strong>la vittima, può essere scatenante come si attinge<br />

dall‟immenso archivio storico <strong>del</strong>la psichiatria” (cfr. ID., Angherie e inurbanità negli ambienti di<br />

lavoro, in RIDL, 2001, I, p. 291 ss.). Contra Cass. 6 marzo 2006, n. 4774, cit. e Cass. 25 maggio<br />

2006 n. 12445, cit., ove si pone l‟accento sulla necessità di comportamenti diversi e ripetuti nel<br />

tempo, in modo sistematico ed abituale.<br />

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