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XAVIER GONZÁLEZ D'ÈGARA - Xavier Gonzalez Arnau

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Numero Trentadue | Primavera 2011 - Cahiers d’Art Cataloghi | XXXII Rivista Internazionale d’Arte e Cultura | International Review of Art and Culture<br />

<strong>XAVIER</strong><br />

<strong>GONZÁLEZ</strong><br />

D’ÈGARA<br />

Edizione diretta da Carmine Benincasa Catalogo Cahiers d’Art N. 32


Cahiers d’Art<br />

Edizione diretta da Carmine Benincasa<br />

ALEPH + ALPHA = OMEGA<br />

<strong>XAVIER</strong> <strong>GONZÁLEZ</strong> D’ÈGARA


Con la collaborazione di Associazione Culturale Polyhedra<br />

Si ringrazia:<br />

Vittorio Barale, Marilena Barale, Yves Crutzen, Luigi Alberotanza, Lucia Diglio, Piergiorgio Baroldi, Ignacio Martín Cuesta, Raül David Martínez,<br />

Queralt Vallcorba, Mercé Estela, Adrian Fernández Ibañez, Julie Wilkinson, Pia Maria Rivetti di Valcervo, Amb. Steve Elek, Chiara Rivetti di Valcervo,<br />

Piergiorgio Fabbrini, Rita Fabbrini, Alessandro Fabbrini, Evandro d’Onofrio, Stefano Bertazzoli.


Cahiers d’Art<br />

Rivista Internazionale d’Arte e Cultura<br />

Progetto<br />

di Carmine Benincasa, Carlo Caracciolo (†)<br />

Alberto Cavallari (†), Pia Rivetti di Val Cervo<br />

Direttore responsabile<br />

Carmine Benincasa<br />

Direzione e redazione<br />

Via della Marcigliana, 561, I-00138 Roma<br />

Tel. 06-87122210<br />

Comitato dei garanti<br />

Carter Brown (†), Carlo Caracciolo (†), Pierre<br />

Carniti, Gianfranco Dioguardi, Ernst H. Gombrich<br />

(†), Giuseppe Guarino, Duccio Libonati (†), Thomas<br />

Messer, Nikita Sergeevic Michalkov, Ieoh Ming Pei,<br />

Alfonso Pérez Sánchez, Goffredo Petrassi (†), Mikhail<br />

Piotrowski, Roger Taillibert, Gustavo Villapalos Salas<br />

Comitato direttivo<br />

Fernando Arrabal, Emilio Barbarani, Carmine<br />

Benincasa, Ernesto Bertani, Philippe de Montebello,<br />

Mario Fortunato, Vittorio Gigliotti, Marek Halter,<br />

Kimura Shigenobu, Alain Le Yaouane, Pietro Longo,<br />

Rosa Maria Malet, Alfio Mongelli, Lorenzo Necci (†),<br />

Al Orensanz, Giovanni Palaia, Giangiacomo Paladino,<br />

Bernardino Campello, Carlo Pedretti, Toni Porcella,<br />

Gina Severini (†), Caterina Benincasa, Rodrigo Pérez<br />

García<br />

Hanno collaborato a questo numero<br />

Raül David Martínez, Queralt Vallcorba, Patricia Fort<br />

Piza, Adrián Fernández Ibañez<br />

Traduzioni<br />

Coordinamento per la lingua catalana a cura di<br />

Raül David Martínez. Coordinamento per la lingua<br />

spagnola a cura di Rodrigo Pérez García<br />

Progetto grafico di<br />

Julie Wilkinson, Caterina Benincasa<br />

Foto<br />

Clara Boada per la serie «Lutto bianco»<br />

David Fernández per la serie «Genesi»<br />

(estudiobajoelpino@gmail.com)<br />

Aya Watada per il ritratto d’artista<br />

(ayawatada@me.com)<br />

Stampa<br />

Futura Grafica 70 srl - Roma<br />

Si ringrazia in particolar modo il Sig. Avanzini<br />

www.cahiersdart.com | www.polyhedra.co.cc<br />

Questa monografia è stata edita in occasione<br />

dell’esposizione dell’artista <strong>Xavier</strong> González d’Ègara<br />

dal titolo «Aleph + Alpha = Omega»<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA<br />

Cahiers d’Art<br />

Edizione diretta da Carmine Benincasa<br />

<strong>XAVIER</strong> <strong>GONZÁLEZ</strong> D’ÈGARA<br />

Sommario<br />

Lo stupore negli occhi dell’uomo<br />

Matilde Flori<br />

«Vida Coetània»<br />

Rodrigo Pérez García<br />

La Genesi è l’Atto in cui la parola divina<br />

si fa creazione<br />

Andrea Barale<br />

«Solo lo stupore conosce»<br />

Carmine Benincasa<br />

Traduzioni spagnolo, catalano<br />

18<br />

3<br />

4<br />

5<br />

8<br />

12


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 4<br />

Lo stupore negli occhi dell’uomo<br />

Matilde Flori<br />

Socrate: Si addice particolarmente al filosofo questa<br />

tua sensazione: il meravigliarti. Non vi è altro inizio<br />

della filosofia se non questo [1]<br />

Nelle sue opere il nostro artista crea, ispirato<br />

dalla Genesi, rivivendo lo sguardo primordiale<br />

sull’oggettività pura della creazione dell’universo.<br />

All’inizio dell’uomo c’è sempre lo stupore: gli occhi<br />

del bambino si posano meravigliati qua e là, in loro<br />

riluce la sete di esperire il mondo, una sete innocente,<br />

incontaminata come il primo sorriso di Adamo.<br />

In questo <strong>Xavier</strong> González d’Ègara è filosofo. Lo è<br />

perché la meraviglia è un sentimento intellettuale,<br />

una “commozione viva dello spirito e del cuore, anzi<br />

una scossa religiosa” (R. Guardini): il thaumàzein, il<br />

meravigliarsi è il moto dell’anima che inaugura la<br />

filosofia, secondo Platone. Ogni domanda di senso,<br />

ogni ardito spingersi nell’ignoto, riconosce la sua<br />

sede eletta qui, nel thaumàzein, nello stupore che<br />

porta in sé un alito d’infinito. Ed è qui che convergono<br />

la Genesi e lo spirito dei Greci, ai quali non poteva<br />

sfuggire la religiosità dell’interrogarsi.<br />

Al contempo la tradizione giudaico-cristiana e quella<br />

greca divergono proprio in questo: il thàuma greco<br />

è una meraviglia piena di angoscioso sgomento: è<br />

consapevole di sé e della propria portata distruttiva,<br />

raggiunge l’autocoscienza. Il thàuma è uno stupore<br />

maturo, adulto, acuto, che ravvisa distintamente le<br />

perniciose conseguenze della ignoranza, ma scorge<br />

anche i pericoli nichilistici della conoscenza; è uno<br />

stupore denso d’angustia, che vuole al più presto<br />

liberarsi di se medesimo perché avrà in tal modo<br />

attinto alla Sapienza. È un filo teso sopra l’abisso<br />

ai cui estremi stanno Conoscenza e Ignoranza: sotto<br />

di essi troneggia minaccioso il Nulla, eterno spettro<br />

della grecità; agli Elleni era sconosciuto il Dio delle<br />

Scritture.<br />

La meraviglia veterotestamentaria prima del Peccato<br />

è invece la Primavera di Vivaldi, è una voce bianca di<br />

cherubino, pura innocenza, pura fede, pura bellezza.<br />

Lo stupore biblico dipinge la gioia dell’ignoranza,<br />

accarezza la spensieratezza del bambino, si fa ode<br />

all’ingenuità. Lo sguardo del primo uomo cade diretto<br />

sulla creazione, è non-mediato, fresco, spontaneo.<br />

Ma anche l’integrità di questa visione è ben presto<br />

infangata dal Peccato: se da un lato ci fu un uomo<br />

che ebbe il dono di guardare il mondo con gli occhi<br />

di un cieco che d’improvviso riacquista il vedere,<br />

tormentoso sogno di ogni grande artista (basti pensare<br />

a Monet), dall’altro per sua libera decisione si scrolla<br />

di dosso la condizione edenica ed accede ad uno<br />

sguardo corrotto, mediato come quello dell’adulto<br />

che pur rimane intriso di stupore, ma sarà adesso uno<br />

stupore di nuovo timbro.<br />

Uniti dalla comune sensazione di essere immersi<br />

in un grandioso progetto divino, greci e giudei si<br />

ritrovano fianco a fianco ad ammirare la bellezza e la<br />

bontà del cosmo, in cui tutto è ordine, in cui ad ogni<br />

ente è assegnato il proprio posto nella perfezione.<br />

La coscienza profonda che tutto sia bene, poiché<br />

pensato e voluto da un intelletto superiore, genera<br />

il sentimento dell’Altezza e della destinazione etica<br />

dell’uomo. Ancora una volta, che lo si chiami Dio<br />

oppure Taumaturgo (creatore di opere degne di<br />

meraviglia), quella che viene alla luce è la dimensione<br />

religiosa del comprendere antico.<br />

Trasporre in colori e forme l’ambiguità del pensiero<br />

occidentale; diventare Adamo e peccare, appropriarsi<br />

del suo puerile contemplare l’Essere, e arricchirlo<br />

di occhi greci, limpidi, fendenti ma pregni di cupa<br />

angoscia; stemperare nella dualità i dualismi<br />

infanzia/età adulta, innocenza/colpa, ignoranzameraviglia-sgomento/conoscenza;<br />

sfumare nella<br />

labilità i confini del concetto: tutto ciò è compito<br />

dell’arte. Alla filosofia non resta che cederle il passo,<br />

fare professione di umiltà di fronte a ciò che le parole<br />

non hanno forza per dire, né l’intelletto di penetrare.<br />

[1] Platone, Teeteto, 155d


[1]<br />

«Vida Coetània»<br />

Rodrigo Pérez García<br />

<strong>Xavier</strong> González d’Ègara si abbandona alle pulsioni<br />

di un mondo convulso e feroce, trasmettendo alle<br />

sue opere, tramite il fuoco e la violenza, la potenza<br />

misteriosa del profumo di una notte così fosca che non<br />

può far altro che condurci all’alba. Le sue creazioni,<br />

oscure morfologie antropiche, strazianti linee del<br />

destino, paesaggi irriconoscibilmente familiari, sono<br />

una esplosione del suo proprio essere, della lotta<br />

della e per l’esistenza, del dialogo intimo della sua<br />

anima con la verità.<br />

Il microcosmo della sua pittura comprende<br />

l’universalità della fisica, il suo linguaggio pittorico<br />

trasmette vibrazioni, cambi di stato, turbolenze<br />

interne ed una forza strutturale paragonabile alla<br />

musica di John Coltrane in ‘A Love Supreme’.<br />

González d’Ègara crea, non secondo la strutturalità<br />

di una norma, ma per l’esaltazione della sua potenza<br />

creativa; immerso nelle sue visioni espande in lucida<br />

improvvisazione i confini dell’uomo e della cultura.<br />

Primo giorno di primavera, 2011<br />

[1] «Vida coetània» è il titolo dell’autobiografia<br />

di Raimondo Lullo edito a Parigi, 1311<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 5<br />

Quando la vita usata dell’uomo va lontana<br />

dove - lontano - splende il tempo delle viti<br />

vi è anche il campo sgombro dell’estate<br />

e il bosco appare nel suo volto scuro.<br />

Se la Natura integra l’immagine dei tempi,<br />

se lei rimane e quelli sono labili,<br />

è per sua perfezione. Il cielo alto riluce<br />

per l’uomo come i fiori che incoronano l’albero. [2]<br />

[2] F. Hölderlin, «La veduta»<br />

In: Le liriche, tomo II, Adelphi, Milano,<br />

1977 a cura di Enzo Madruzzato<br />

Le prime tavole della legge<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 100x70 cm


Deserto<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 50x70 cm<br />

Semente<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 100x70 cm<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 6<br />

Vai cercando la vita, quando un fuoco<br />

divino sgorga dalla terra fonda,<br />

luminoso, e ti getti nelle fiamme<br />

dell’Etna con un brivido di voglia.<br />

Così un orgoglio di regina sciolse<br />

perle nel vino. Ma la tua ricchezza<br />

non dovevi, poeta,<br />

sacrificarla al calice rovente.<br />

Tu mi sei sacro come la potenza<br />

della terra che ti rapiva, audace vittima.<br />

Ed io vorrei seguire nell’abisso<br />

l’Eroe. Ma l’amore mi richiama. [1]<br />

[1] F. Hölderlin, «Empedocle»<br />

In: Le liriche, tomo I, Adelphi,<br />

Milano, 1977, a cura di Enzo Madruzzato


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 7<br />

Santità<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 100x100 cm<br />

Foto a fianco:<br />

Il quarto giorno<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 67x100 cm<br />

Le finestre della purificazione<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 100x100 cm<br />

Genesi del libro<br />

dalla serie «Lutto Bianco»<br />

2010 (coll. privata)<br />

olio su tavola, 100x70 cm


Pagina a fianco:<br />

Rapporto di parentela<br />

Genesi 2: 22<br />

2010<br />

olio su tavola, 168x168 cm<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA<br />

La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa creazione<br />

Andrea Barale<br />

La Genesi è l’Atto in cui la parola divina si fa<br />

creazione, la manifestazione sensibile in cui riluce<br />

nel profondo il mistero dell’essenziale dinamica<br />

dell’agire creativo. Nel rapporto ermeneutico con<br />

questo corpo si dischiude forse il luogo più radicale<br />

in cui discendere per portare a comprensione i<br />

movimenti di ogni prassi generativa: qui trova infatti<br />

espressione la nascita, il farsi medesimo dell’ordine<br />

immanente all’intero Cosmo.<br />

L’esegesi del testo sacro deve però partire dall’assunto<br />

che non è possibile né legittimo accoglierlo come un<br />

dogma impensato, ricercare in esso un’evidenza<br />

univoca di significato; e ciò perchè il suo effettivo<br />

contenuto costitutivo è proprio, come attesta la<br />

ricchissima tradizione critica giudaico-cristiana,<br />

l’infinita interpretabilità. Egualmente, la creazione<br />

che in esso si svolge non può essere ridotta alla<br />

reificazione delle potenze creatrici di un Dio<br />

legislatore, ulteriore alla sua opera, all’imposizione<br />

imperativa di un ordine esteriore che solidifichi una<br />

forma data in statica oggettivizzazione, quasi un<br />

termine, un punto d’arresto del processo creativo. La<br />

creatura, come il testo, non si risolve nell’istituzione<br />

normativa di una struttura chiusa nella ripetizione del<br />

sempre Identico, regno minerale dai percorsi stabiliti<br />

una volta per sempre, condannati a relazioni inerti fra<br />

elementi reciprocamente indifferenti, abbandonati<br />

dalla spinta creativa: un risultato finito che altro non<br />

potrebbe essere che Morte.<br />

Ecco perciò imporsi come imprescindibile un<br />

consapevole agire, un operare sul testo-creatura,<br />

eminentemente allegorico, in grado di scomporre,<br />

scompigliare la sua menzognera chiusura nel dato<br />

compiuto, il suo fissarsi in eterno ad un esistenza<br />

immobile ed immutabile. L’allegorista deve lavorare<br />

senza posa sul corpo visibile di Dio, non rinunciare<br />

ad alcun sforzo o violazione per far emergere in esso<br />

l’Invisibile, l’indicibile Nome di Dio: far emergere<br />

dall’interno del corpo della creatura la forza creatrice<br />

che ne costituisce l’autentica sostanza. Proprio<br />

questo infinito, inesauribile compito di liberazione<br />

della materia creaturale dalla sua estrinseca staticità<br />

motiva dall’interno l’ordine formale dell’azione<br />

creatrice di González d’Ègara: la composizione non<br />

riproduce l’astrattezza inorganica di uno spazio<br />

geometrico, puro calcolo algebrico di relazioni<br />

esteriori, ma con dolce violenza anatomizza la<br />

8<br />

creazione per mostrarne l’organicità, radiografando<br />

le sue interne tensioni, i suoi scorrimenti, le sue<br />

pulsioni vitali. Attraverso il suo sguardo pensante<br />

l’intero mondo si scopre inesausto movimento di<br />

nascita, essenzialmente mai compiuto, ma vivente<br />

processo di generazione, di produzione di ciò che<br />

è sempre Nuovo. L’agire vivificante del principio<br />

creatore dunque non si arresta, percorre la creatura, la<br />

sua eterea concretezza ne costituisce la reale Natura:<br />

dal profondo il puro soffio del Pneuma è l’indivisibile<br />

unità di ordini astrali e cellulari nell’esistenza dello<br />

Spirito: il farsi della Vita, che ora si rivela essere<br />

null’altro che la Libertà medesima di una continua<br />

azione creatrice.<br />

L’operare alchemico di González d’Ègara si fa<br />

carico dell’inerte datità degli elementi in vista di<br />

una trasformazione che permetta loro di tornare a<br />

sorgere dal loro più autentico principio: far scorrere<br />

la creazione nella vita, così che la vita della creatura<br />

si liberi in quella intrinseca creatività che ne<br />

costituisce l’essenza. Quest’azione manipolante non<br />

ha nulla d’esteriore, non impone un dominio, ma<br />

collabora, s’immette interiormente nel processo della<br />

creazione. E come ogni pratica alchemica non giunge<br />

esclusivamente a modificare, salvare il materiale<br />

sul quale si esercita, compie piuttosto una profonda<br />

trasformazione nell’anima stessa del praticante.<br />

L’artista tramite il suo creare partecipa del medesimo<br />

processo che sta liberando, e nelle viscere di questa<br />

tensione generativa s’istituisce una nuova comunione,<br />

un dialogo, l’armonia di un intimismo sacrale: il tutto<br />

è la mutua appartenenza allo sprigionarsi di un atto<br />

d’Amore, dolce getto d’erotismo divino in creazione<br />

in cui nulla è escluso. Ed è solo attraverso questo<br />

inarginabile fluire senza risoluzione che la Genesi,<br />

fremendo può invitare al Suo sorriso anche Noi.


Dalla serie Genesi I<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 9


1<br />

4<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 10<br />

2 3


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 11<br />

La torre di Babele<br />

Genesi 11: 3, 4, 5<br />

2010, olio su tavola<br />

168x168 cm<br />

Il lavoro<br />

Genesi 3: 23<br />

2010, olio su tavola<br />

168x168 cm<br />

Pagina a fianco:<br />

1. Il peccato originale<br />

Genesi 3: 9, 10, 11<br />

2010, olio su tavola<br />

168x168 cm<br />

2. Olocausti<br />

Genesi 8: 21<br />

2010, olio su tavola<br />

168x168 cm<br />

3. Il secondo giorno<br />

Genesi 1: 6, 7, 8, 9<br />

2010, olio su tavola<br />

168x168 cm<br />

4. Rumore dei passi<br />

Genesi 3: 8<br />

2010, olio su tavola<br />

168x168 cm


Tensione di gravidanza<br />

Genesi 3: 16<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Dolore del parto<br />

Genesi 3: 16<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Nudità<br />

Genesi 3:11<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 12<br />

«Solo lo stupore conosce»<br />

(Gregorio di Nissa)<br />

Carmine Benincasa<br />

Stiamo per parlare di <strong>Xavier</strong> González d’Égara, un<br />

giovane pittore, la cui opera nell’ultimo decennio ha<br />

prodotto quadri tra i più alti della pittura europea<br />

degli ultimi decenni. González d’Ègara ha dato<br />

alla pittura l’ampiezza di dimensioni conoscitive e<br />

militanti che le aveva dato Picasso. Coniuga ideale<br />

e reale, Dante e Manzoni. Ha una visione unitaria e<br />

al contempo policentrica. Conosce il mondo naturale<br />

così come il mondo umano. Lega nelle sue opere, con<br />

perfetta fusione, stile narrativo e cosa narrata. Esalta<br />

l’intero universo materiale come se lo guardasse con<br />

spirito panteistico. La sua pittura ritrova le origini<br />

storiche e immanentistiche del Rinascimento con<br />

l’animo protoromantico di un Hegel o Shelling. Nella<br />

sua cultura convivono G. Galilei, T. Campanella,<br />

P. Sarpi, G.B. Vico. Con impeto e passione scruta,<br />

guarda, racconta, prende le distanze o s’immedesima<br />

in ciò che narra. Alla passione coniuga scienza e metodo,<br />

ricapitolando Cartesio, Bacone, Pascal e Locke.<br />

Insegue le qualità estetiche del racconto ma vi unisce<br />

libertà e tensioni ideali. La sua pittura è una memoria<br />

che diventa promessa di futuro. I suoi colori hanno<br />

scioltezza e teatralità formale, a cui unisce dinamismo<br />

sintattico, acutezza critica e comunicazione moderna.<br />

Trasforma la pittura in una architettura per una<br />

narrazione storica.<br />

Figlio di una Spagna oppressa dall’impotenza politica<br />

di Franco, con la serie di opere intitolate «Genesi»,<br />

narra un futuro sociale e politico da costruire. È come<br />

se in González d’Ègara vivessero G. Leopardi e A.<br />

Manzoni, illuminismo e metafisica, C.E. Gadda e E.<br />

Montale, P.P. Pasolini e I. Calvino, un antimoderno<br />

e un razionalista. Il presente della Spagna vive una<br />

Dalla serie Genesi II<br />

utopia democratica con eccesso di laicità positivista<br />

e questo dà alla sua opera una attualità inquietante<br />

e un sapore di inattualità tematica. González fa della<br />

sua pittura una nazione democratica che vigila sulla<br />

cittadella assediata da un furibondo laicismo e da<br />

una vaga scordinata assenza di religiosa moralità.<br />

Realismo, allegoria, intellettualismo, coscienza<br />

etica, narrazione polemica, aggressività, scene di<br />

teatralità pura, E. Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden,<br />

si coniugano nella sua coscienza poetica e pittorica.<br />

Energia primordiale e pura inventività formale e<br />

tematica si intrecciano nella sua opera con una<br />

coscienza fortemente personalistica. La sua pittura<br />

recupera la civiltà mitica dell’infanzia e degli ideali,<br />

antropoicizzando la civiltà. La pittura si trasforma in<br />

mitologia autobiografica.<br />

Critica la società, la menzogna, il potere ma si salva<br />

dal pessimismo con una creatività esuberante e<br />

inquieta, fino a fare della sua opera una allegoria<br />

fisico-metafisica alla E. Montale: perché procede<br />

per lampi, epifanie, rivelazioni, illuminazioni alla<br />

A. Rimbaud da fare esplodere da ogni quadro un<br />

simbolo e una metafora. Se a volte drammatizza,<br />

subito dopo sorride; alla libertà espressiva coniuga la<br />

giustizia sociale; alla pluralità regionale la globalità<br />

del messaggio.<br />

Roma, Pasqua 2011


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 13<br />

40 giorni di pioggia<br />

Genesi 8:2<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Bereshit<br />

Genesi 1:1<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm


1<br />

4<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 14<br />

2 3


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 15<br />

Sudore del volto<br />

Genesi 3: 19<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Albero della conoscenza<br />

Genesi 2: 9<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Pagina a fianco:<br />

1. Cardo<br />

Genesi 3:18<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

2. Voce<br />

Genesi 3: 8<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

3. Pane<br />

Genesi 3: 19<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

4. Svelamento<br />

Genesi 3: 7, 13<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm


Formazione della coscienza:<br />

Adamo ed il peccato<br />

Genesi 3: 12<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Formazione della coscienza:<br />

Adamo esiliato<br />

Genesi 3: 19<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Pagina a fianco:<br />

Formazione della coscienza:<br />

Adamo/Eva primordiale<br />

Genesi 2: 20<br />

2011, olio su tavola<br />

70x70 cm<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 16


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 17


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 18<br />

Traduzioni<br />

Spagnolo | Catalano<br />

El estupor en los ojos del hombre<br />

Matilde Flori<br />

Sócrates: Es propio del filósofo eso que tu experimentas: la maravilla.<br />

No hay otro inicio de la filosofía que éste [1]<br />

En sus obras nuestro artista crea, inspirado en el Génesis, reviviendo la<br />

mirada primordial sobre la objetividad pura de la creación del universo. Al<br />

principio del hombre, siempre está el estupor: los ojos del niño se posan<br />

maravillados aquí y allá, en ellos brilla su sed de experimentar el mundo, una<br />

sed inocente, incontaminada como la primera sonrisa de Adán.<br />

En esto <strong>Xavier</strong> González d’Ègara es filósofo. Lo es porque la maravilla<br />

es un sentimiento intelectual, una «conmoción profunda del espíritu<br />

y del corazón, incluso un choque religioso» (Romano Guardini): el<br />

thaumàzein, el maravillarse es el motor del alma que inaugura la filosofía,<br />

según Platón. Cada petición de sentido, cada atrevido impulso hacia lo<br />

desconocido, reconoce su sede elegida aquí, en el thaumàzein, en el<br />

estupor que trae consigo un soplo de infinito. Es aquí donde convergen<br />

el Génesis y el espíritu de los griegos, a los cuales no podía escapar la<br />

religiosidad del interrogarse.<br />

Al mismo tiempo la tradición judeo-cristiana y la tradición griega se<br />

diferencian en esto: el thàuma griego es una maravilla llena de temor<br />

ansioso, es consciente de sí misma y de su capacidad destructiva, alcanza<br />

la autoconciencia. El thàuma es un estupor maduro, adulto, agudo, que<br />

identifica claramente las consecuencias perniciosas de la ignorancia,<br />

pero también ve los peligros nihilistas del conocimiento; es un estupor<br />

lleno de angustia, que quiere liberarse de sí mismo ya que entonces<br />

habrá alcanzado la Sabiduría. Es un hilo tendido sobre el abismo en<br />

cuyos extremos están Conocimiento e Ignorancia: debajo de ellos reina<br />

amenazante la Nada, eterno espectro de Grecia; a los helenos les era<br />

desconocido el Dios de las Escrituras.<br />

La maravilla veterotestamentaria antes del Pecado es sin embargo la<br />

Primavera de Vivaldi, es una voz blanca de querubín, pura inocencia,<br />

pura fe, pura belleza. El estupor bíblico pinta la alegría de la ignorancia,<br />

acaricia la despreocupación del niño, se hace oda de la ingenuidad.<br />

La mirada del primer hombre cae directamente en la creación, es nomediada,<br />

fresca y espontánea. Pero también la integridad de esta visión<br />

se ve empañada en breve por el Pecado: si por un lado hubo un hombre<br />

con el don de ver el mundo a través de los ojos de un ciego, que de<br />

repente recupera la visión, atormentando sueño de todos los grandes<br />

artistas (basta pensar en Monet), del otro, y por decisión propia, éste se<br />

quita de encima la condición edénica y accede a una mirada corrupta,<br />

indirecta como la del adulto que pese a estar llena de estupor, éste<br />

estupor tiene ahora un nuevo timbre.<br />

Unidos por un sentimiento común de estar inmersos en un grandioso plan<br />

divino, los griegos y los judíos se encuentran lado a lado para admirar la<br />

belleza y la bondad del cosmos, donde todo es orden, en el que a cada<br />

ente le es asignado su lugar en la perfección. La conciencia profunda<br />

de que todo sea bueno, puesto que fue diseñado y construido por un<br />

intelecto superior, genera la sensación de Altura y del destino Ético del<br />

hombre. Una vez más, lo llamamos Dios o Taumaturgo (creador de obras<br />

dignas de admiración), lo que viene a la luz es la dimensión religiosa de<br />

la comprensión de los antiguos.<br />

Transponer en colores y formas la ambigüedad del pensamiento<br />

occidental; convertirse en Adán y pecar, apropiarse de su infantil<br />

contemplar el Ser, y enriquecerla con los ojos de los griegos, limpios,<br />

tajantes pero impregnados de oscura angustia; disolver en la dualidad los<br />

dualismos infancia/edad adulta, inocencia/culpa, ignorancia-maravilla-<br />

consternación/conocimiento; difuminar en la labilidad los límites del<br />

concepto: todo eso es la labor del arte. A la filosofía no le queda otra<br />

cosa que hacer que cederle el paso, hacer profesión de humildad frente<br />

a lo que las palabras no tienen fuerza para decir, ni la inteligencia para<br />

penetrar.<br />

[1] Platón, Teeteto, 155d<br />

L’estupor en els ulls de l’home<br />

Matilde Flori<br />

Sòcrates: S’adiu especialment al filòsof, aquesta sensació teva:<br />

meravellar-se. No hi ha altre principi de la filosofia sinó aquest [1]<br />

El nostre artista, inspirat pel Gènesi, ressuscita en les seves obres la mirada<br />

primordial sobre l’objectivitat pura de la creació de l’univers. El principi de<br />

l’home és sempre l’estupor: els ulls de l’infant miren meravellats aquí i allà,<br />

hi lluu la set d’experimentar el món, una set innocent, no contaminada,<br />

com el primer somriure d’Adam.<br />

En això, <strong>Xavier</strong> González d’Ègara és filòsof. Ho és perquè la meravella<br />

és un sentiment intel·lectual, una “commoció viva de l’esperit i del<br />

cor, gairebé una batzegada religiosa” (R. Guardini): el thaumazein,<br />

l’admiració, és l’impuls de l’ànima que inaugura la filosofia, segons Plató.<br />

Cada demanda de sentit, cada incursió agosarada en l’ignot, troba aquí el<br />

seu origen natural: en el thaumazein, en l’admiració que porta en si un alè<br />

d’infinit. I és aquí que convergeixen el Gènesi i l’esperit dels grecs, als quals<br />

no podia escapar la religiositat del fet d’interrogar-se.<br />

Però al mateix temps la tradició judeocristiana i la grega divergeixen en<br />

aquest punt: el thauma grec és un estupor ple de temor ansiós, té consciència<br />

de si i de la seva dimensió destructiva, esdevé autoconsciència. El thauma<br />

és una admiració madura, adulta, aguda, que reconeix clarament les<br />

pernicioses conseqüències de la ignorància, però que s’exposa també als<br />

perills nihilistes del coneixement; és una admiració densa d’angoixa, que<br />

vol alliberar-se ràpidament de si mateixa per arribar així a la Saviesa. És<br />

un fil estès sobre l’abisme als extrems de la qual hi ha la Coneixença i la<br />

Ignorància: a sota impera amenaçant el No-res, etern espectre dels grecs,<br />

que desconeixien el Déu de les Escriptures.<br />

L’encís veterotestamentari anterior al Pecat és, en canvi, la Primavera de<br />

Vivaldi, una veu blanca de querubí, pura innocència, pura fe, pura bellesa.<br />

L’estupor bíblic reflecteix la joia de la ignorància, acarona la irreflexió<br />

de l’infant, fa sentir la ingenuïtat. La mirada del primer home cau<br />

directament sobre la creació, no és mediada, és fresca, espontània. Però<br />

també la integritat d’aquesta visió és ràpidament corrompuda pel Pecat: si<br />

d’una banda hi hagué un home que tingué el do de mirar el món amb els<br />

ulls d’un cec que de sobte recupera la visió, somni turmentat de tot gran<br />

artista (n’hi ha prou de pensar en Monet), per l’altra s’allibera per voluntat<br />

pròpia de la condició edènica i accedeix a una mirada corrupta, mediada<br />

com la de l’adult, que roman realment impregnada d’estupor però ara d’un<br />

estupor d’una altra mena.<br />

Units per la sensació comuna de viure immersos en un grandiós projecte<br />

diví, grecs i jueus es troben colze a colze admirant la bellesa i la bondat del<br />

cosmos, on tot és ordre, on cada ent té assignat el seu lloc en la perfecció.<br />

La cosciència profunda que tot esta be ja que ho ha pensat i volgut un<br />

intel·lecte superior genera el sentiment de l’Altesa i del destí ètic de l’home.<br />

Una vegada més, ja s’anomeni Déu o Taumaturg (creador d’obres dignes<br />

de meravella), el que surt a la llum és la dimensió religiosa de l’aprehensió<br />

del coneixement en l’Antiguitat.<br />

Traduir en colors i en formes l’ambigüitat del pensament occidental;<br />

esdevenir Adam i pecar, apropriar-se la pròpia contemplació pueril de<br />

l’Ésser i enriquir-la amb una mirada grega, límpida, colpidora però<br />

carregada d’obscura angoixa; dissoldre en la dualitat els dualismes<br />

infància/edat adulta, innocència/culpa, ignorància-meravella-espant/<br />

coneixement; difuminar en la labilitat els confins del concepte: tot això és<br />

competència de l’art. A la filosofia només li resta cedir-li el pas, fer acte<br />

d’humilitat davant allò que les paraules no tenen prou força per dir, ni la<br />

intel·ligència per penetrar.<br />

[1] Plató, Teetet, 155d


«Vida coetània»<br />

Rodrigo Pérez García<br />

<strong>Xavier</strong> González d’Ègara se abandona a las pulsiones de un mundo<br />

convulso y feróz, transmitiendo a sus obras, mediante el fuego y la<br />

violencia, la potencialidad misteriosa del perfume de una noche tan<br />

oscura que no puede sino invitar al alba. Sus creaciones, con oscuras<br />

morfologías antrópicas, desgarradoras líneas del destino, paisajes<br />

irreconociblemente familiares, se presentan como una explosión de su<br />

propio ser, de la lucha de y por la existencia, del diálogo intimo de su<br />

alma con la verdad.<br />

El microcosmos de su pintura abarca la universalidad de la física, en<br />

cuanto su lenguaje pictórico transmite vibraciones, cambios de estado,<br />

turbulencias internas y una fuerza estructural comparable a la música de<br />

Jonh Coltrane en A Love Supreme. <strong>Xavier</strong> González d’Ègara crea inmerso<br />

por sus propias visiones en la exaltación de su potencia creativa, más<br />

que por la estructuralidad de una norma, expandiendo en una lúcida<br />

improvisación los confines del hombre y de la cultura.<br />

Primer día de primavera, 2011<br />

La Génesis es la Acción en la cual la palabra divina se hace creación<br />

Andrea Barale<br />

La Génesis es la Acción en la cual la palabra divina se hace creación, la<br />

manifestación sensible en la cual reluce, en el profundo, el misterio de la<br />

dinámica esencial del actuar creativo. En la relación hermenéutica con<br />

este cuerpo se desvela, quizás, el lugar más radical en el cual adentrarse<br />

para entender los movimientos de cada praxis generativa: aquí encuentra<br />

de hecho la expresión el nacimiento, el hacerse uno con el orden<br />

inmanente al completo Cosmos.<br />

La exégesis del texto sagrado debe entonces comenzar desde el hecho<br />

de que no es posible ni legítimo afrontarlo como dogma in-pensado,<br />

ni buscar en él una evidencia unívoca de significado; y eso porque su<br />

contenido efectivo constitutivo es, como atestigua la rica tradición<br />

crítica Judeo-Cristiana, la infinita interpretabilidad. Igualmente, la<br />

creación que se desarrolla en él, no se puede reducir a la reificación<br />

de la capacidades creadoras de un Dios legislador, ulterior a su obra, a<br />

la imposición imprescindible de un orden externo que solidifique una<br />

forma dada en estática objetivación, casi un término, un punto final<br />

del proceso creativo. La criatura, como el texto, no se resuelve en la<br />

institución normativa de una estructura cerrada en la repetición de lo<br />

siempre Idéntico, reino mineral de caminos establecidos de una vez por<br />

todas, condenado a relaciones inertes entre los elementos mutuamente<br />

indiferentes, abandonados por el empuje creativo: un resultado final que<br />

no podría ser otro que Muerte.<br />

Eso es por lo que imponerse como inevitable un actuar consciente, un<br />

laborar sobre el texto-criatura, eminentemente alegórico, en posición<br />

de descomponer, mezclar su detestable encierro en el dato cumplido,<br />

su fijarse eternamente a una existencia inmóvil e inmutable. El<br />

alegorista debe trabajar sin parar sobre el cuerpo visible de Dios, no<br />

renunciar a un cierto esfuerzo o violación para hacer emerger en ello<br />

el Invisible, el inexpresable nombre de Dios: hacer emerger del interior<br />

del cuerpo de la criatura la fuerza creadora que constituye la auténtica<br />

sustancia. Esta tarea infinita, inagotable, de liberación de la materia<br />

criatural de su extrínseca estáticidad motiva desde el interior el orden<br />

formal de la acción creadora de González d’Egara: la composición no<br />

reproduce la abstractividad inorgánica de un espacio geométrico, puro<br />

cálculo algebraico de relaciones externas, sino que con dulce violencia<br />

anatomiza la creación para demostrar su organicidad, radiografiando<br />

sus tensiones internas, sus deslizamientos, su pulsiones vitales. Con su<br />

mirada pensante el mundo entero se descubre movimiento inexhausto<br />

del nacimiento, esencialmente nunca terminado, sino vivo proceso de<br />

generación, de producción de eso que es siempre Nuevo. El vivificante<br />

actuar del principio creador no cesa, sino que recorre la criatura; su etérea<br />

concretización constituye su verdadera Naturaleza: desde lo profundo el<br />

Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 19<br />

«Vida coetània»<br />

Rodrigo Pérez García<br />

<strong>Xavier</strong> González d’Ègara s’abandona a les pulsions d’un món convuls i<br />

feroç transmetent a les seves obres, mitjançant el foc i la violència, la<br />

potencialitat misteriosa del perfum d’una nit tan fosca que no pot sinó<br />

convidar a l’alba. Les seves creacions, amb fosques morfologies antròpiques,<br />

esquinçadores línies del destí, paisatges irrecognosciblement familiars, es<br />

presenten com una explosió del seu propi ser, de la lluita de l’existència, i<br />

per l’existència, del diàleg intim de la seva ànima amb la veritat.<br />

El microcosmos de la seva pintura comprèn la universalitat de la física en<br />

la mesura que el seu llenguatge pictòric transmet vibracions, canvis d’estat,<br />

turbulències internes i una força estructural comparable a la música de<br />

John Coltrane a ‘A Love Supreme’. González d’Ègara crea immers en<br />

l’exaltació de la seva potència creativa per les seves pròpies visions, més que<br />

per l’estructuració d’una norma, expandint en una lúcida improvisació els<br />

confins de l’home i de la cultura.<br />

Primer dia de primavera, 2011<br />

La gènesi és l’acte pel qual la paraula divina es fa creació<br />

Andrea Barale<br />

La gènesi és l’acte pel qual la paraula divina es fa creació, la manifestació<br />

sensible per què brilla en les profunditats el misteri de la dinàmica<br />

essencial de l’acció creativa. En la relació hermenèutica amb aquest cos<br />

es desclou potser el lloc més radical on es pot davallar per fer comprensius<br />

els moviments de cada praxi generativa: de fet, és aquí que s’expressa el<br />

naixement, el fet mateix d’integrar-se en l’ordre immanent del cosmos<br />

sencer.<br />

L’exegesi del text sagrat, tanmateix, ha de partir de la premissa que no és<br />

possible ni legítim rebre’l com un dogma impensat, buscar-hi una evidència<br />

unívoca de significat; i això perquè el seu contingut constitutiu efectiu és,<br />

com mostra la rica tradició crítica judeocristiana, d’una interpretació<br />

infinita. De la mateixa manera, la creació que s’hi desenvolupa no pot<br />

ser reduïda a la reïficació de la capacitat creadora d’un Déu legislador,<br />

ulterior a la seva obra, a la imposició imprescindible d’un ordre extern que<br />

solidifiqui una forma donada en objectivació estàtica, gairebé un terme,<br />

un punt final del procés creatiu. La creació, com el text, no es resol en la<br />

institució normativa d’una estructura tancada en la repetició d’allò sempre<br />

Idèntic, regne mineral dels camins establerts d’una vegada per sempre,<br />

condemnat a relacions inertes entre uls elements mútuament indiferents,<br />

abandonats per l’impuls creador: un resultat final que només produiria<br />

Mort.<br />

Per això s’imposa de forma imprescindible una actuació conscient,<br />

una intervenció en el text-creació eminentment al·legòrica, susceptible<br />

de descompondre, de desestabilitzar el seu fals tancament en la dada<br />

acomplerta, la seva fixació eterna a una existència immòbil i immutable.<br />

L’al·legorista ha de treballar sense descans sobre el cos visible de Déu, no<br />

renunciar a cap esforç ni violació per fer-hi sorgir l’invisibile, l’inexpressable<br />

nom de Déu: fer sorgir de l’interior del cos de la creació la força creadora<br />

que en constitueix l’autèntica substància. Justament aquesta tasca infinita,<br />

inesgotable, d’alliberament de la matèria creacional del seu extrínsec<br />

estaticisme motiva des de l’interior l’ordre formal de l’acció creadora de<br />

González d’Égara: la composició no reprodueix l’abstracció inorgànica<br />

d’un espai geomètric, pur càlcul algebraic de relacions externes, sinó que<br />

amb dolça violència anatomitza la creació per mostrar-ne l’organicitat,<br />

radiografiant les seves tensions internes, les seves derives, les seves pulsions<br />

vitals. A través de la seva mirada reflexiva, el món sencer es descobreix com<br />

un moviment inexhaust de naixement, mai acomplert per essència car és<br />

un procés viu de generació, de producció del que és sempre Nou. L’actuació<br />

vivificant del principi creador no s’atura,doncs, recorre la creació, la seva<br />

etèria concreció en constitueix la seva veritable Naturalesa: des de les<br />

profunditats, el pur alè del Pneuma és la unitat indivisible d’ordres astrals<br />

i cel·lulars en l’existència de l’Espirit, la Vida fent-se, que es revela ara<br />

com la Llibertat mateixa d’una acció creadora contínua.


Cahiers d’Art International TRENTADUE PAGINA 20<br />

puro soplo del Pneuma es la unidad indivisible de órdenes astrales y<br />

celulares en la existencia del Espíritu: el hacerse de la Vida se revela ser<br />

nada más que la Libertad misma de una acción creadora continua.<br />

El obrar alquímico de González d’Ègara se hace cargo de la inerte<br />

realidad de los elementos, en vista de una transformación que permita<br />

que vuelvan a resurgir de su principio más auténtico: hacer para discurrir<br />

la creación en la vida, de tal manera que la vida de la criatura se libere<br />

en esa creatividad intrínseca que constituye su esencia. Esta acción<br />

manipulante no tiene nada de externo, no impone un dominio, sino que<br />

colabora, se introduce internamente en el curso de la creación. Y como<br />

cada práctica alquímica no alcanza exclusivamente a modificar o salvar<br />

el material en el cual uno labora, sino que conlleva una transformación<br />

profunda en el alma misma del laborante. El artista transmite su crear,<br />

participa del mismo proceso que está liberando, y en las vísceras de<br />

esta tensión generativa instaura una nueva comunión, un diálogo, la<br />

armonía de un intimismo sacro: el todo es la mutua pertenencia al<br />

desprisionamiento de un acto de amor, dulce gesto del erotismo divino en<br />

la creación en la cual nada se excluye. Y es sólo con éste insondable fluir<br />

sin resolución, que la Génesis, vibrante, puede invitarnos a Su sonrisa<br />

también a Nosotros.<br />

“Sólo el estupor conoce” (Gregorio de Niza)<br />

Carmine Benincasa<br />

Nos complace hablar de <strong>Xavier</strong> González d’Égara, un joven pintor, cuya<br />

obra en el último decenio comprende piezas que pueden ser consideradas<br />

entre las más elevadas de la pintura europea de las últimas décadas.<br />

González d’Ègara ha dado a la pintura la amplitud de dimensiones<br />

cognoscitivas y militantes como ya hizo Picasso. Conjuga ideal y<br />

real, Dante y Manzoni. Tiene una visión unitaria y al mismo tiempo<br />

policéntrica. Conoce el mundo real así como el humano.<br />

Con perfecta fusión úne en sus obras el estilo narrativo y la cosa narrada.<br />

Exalta el entero universo material como si lo mirase con un espíritu<br />

panteístico. En su pintura se reencuentran los orígenes históricos e<br />

inmanentisticos del Renacimiento con el ánimo protoromántico de un<br />

Hegel o Shelling. En su cultura conviven Gailei, T.Campanella, P. Scarpi,<br />

Giambattista Vico. Con ímpetu y pasión escruta, observa, cuenta, toma<br />

distancia o se identifica con lo que narra. A la pasión une ciencia y<br />

método, recapitulando a Descartes, Bacon, Pascal y Locke. Persigue<br />

las calidades estéticas del relato, a las cuales sin embargo une libertad,<br />

tensiones ideales. Su pintura es una memoria que se convierte en promesa<br />

de futuro. Sus colores tienen soltura y teatralidad formal, a las cuales<br />

une dinamismo sintáctico, agudeza crítica y comunicación moderna.<br />

Transforma la pintura en una arquitectura para una narración histórica.<br />

Hijo de una España oprimida por la impotencia política de Franco,<br />

González narra con la serie de obras titulada “Génesis” un futuro social<br />

y político para construir. Es como si en él viviesen Leopardi y Manzoni,<br />

Ilustración y metafísica, Gadda y Montale, Pasolini y Calvino, un<br />

antimoderno y un racionalista. La España de hoy vive una utopía<br />

democrática con un exceso de laicismo positivista y eso da a su obra una<br />

actualidad inquietante y un sabor de in-actualidad temática. González hace<br />

de su pintura una nación democrática que vigila una ci udadela sitiada por<br />

un furioso laicismo y por una vaga ausencia de religiosa moralidad.<br />

Realismo, alegoría, intelectualismo, conciencia ética, narración polémica,<br />

agresividad, escenas de teatralidad pura, E. Auerbach, T.S. Eliot, W.H.<br />

Auden, se conjugan en su conciencia poética y pictórica. Energía<br />

primordial y pura inventiva formal y temática se entrelazan en su obra<br />

con una conciencia profundamente personalista. Su pintura recupera la<br />

cultura mítica de la infancia y de los ideales, antropizando la cultura. La<br />

pintura se transforma en mitología autobiográfica.<br />

Critica la sociedad, la mentira, el poder pero se salva del pesimismo con<br />

una creatividad exorbitante e inquieta, hasta el punto en el cual hace de<br />

su obra una alegoría físico-metafísica a la E. Montale: porque procede<br />

por relámpagos, epifanías, revelaciones, iluminaciones a la Rimbaud,<br />

para hacer explotar en cada cuadro un símbolo y una metáfora. Si a<br />

veces dramatiza, inmediatamente después sonríe; a la libertad expresiva<br />

conjuga la justicia social, a la pluralidad regional la globalidad del<br />

mensaje.<br />

Roma, Pascua 2011<br />

La intervenció alquímica de <strong>Gonzalez</strong> d’Égara es fa càrrec de la<br />

documentalitat inert dels elements amb vista a una transformació que els<br />

permeti ressorgir del seu principi més autèntic: insuflar la creació en la vida,<br />

de tal manera que la vida de la criatura s’alliberi en aquesta creativitat<br />

intrínseca que en constitueix l’essència. Aquesta acció manipuladora no<br />

té res d’extern, no imposa un domini, sinó que col·labora, s’introdueix<br />

internament en el procés de la creació. I com tota pràctica alquímica<br />

no aconsegueix únicament modificar o salvar el material sobre el qual<br />

s’exercita, sinó que acompleix més aviat una transformació profunda en<br />

l’ànima mateixa de l’exercitant. L’artista transmet el seu crear, és partícep<br />

del mateix procés que està alliberant, i en les vísceres d’aquesta tensió<br />

generativa s’instaura una nova comunió, un diàleg, l’harmonia d’una<br />

intimitat sagrada: tot pertany mútuament a l’efusió d’un acte d’amor, dolç<br />

gest de l’erotisme diví en plena creació del qual res no és exclòs. I és només<br />

per aquest insondable fluir sense solució de continuïtat que la Gènesi,<br />

vibrant, pot convidar-nos fins i tot a Nosaltres al seu somriure.<br />

«Només l’estupor coneix» (Gregori de Nissa)<br />

Carmine Benincasa<br />

Hem de parlar aquí de <strong>Xavier</strong> <strong>Gonzalez</strong> d’Égara, un jove pintor l’obra del<br />

qual ha donat en els últims anys alguns dels quadres més interessants de<br />

la pintura europea dels darrers decennis. González d’Ègara ha donat a la<br />

pintura l’amplitud de les dimensions cognoscitiva i militant que li havia<br />

donat Picasso. Conjuga l’ideal i el real, Dante i Manzoni. Té una visió<br />

unitària i alhora policèntrica. Coneix tant el món natural com el món<br />

humà. Uneix en les seves obres, amb una fusió perfecta, estil narratiu i<br />

cosa narrada. Exalta l’univers material sencer com si el mirés amb esperit<br />

panteista. La seva pintura retroba els orígens històrics i immanents del<br />

Renaixement amb l’ànim protoromàntic d’un Hegel o d’un Schelling. En<br />

la seva cultura conviuen Galilei, Campanella, Sarpi, Vico. Indaga, mira,<br />

conta, es manté a distància o s’endinsa en allò que narra amb ímpetu<br />

i passió. Conjuga la passió amb la ciència i el mètode tot recapitulant<br />

Descartes, Bacon, Pascal i Locke. Persegueix les qualitats estètiques de<br />

la narració però hi afegeix la llibertat, tensions ideals. La seva pintura és<br />

una memòria que esdevé promesa de futur. Els seus colors són fluids i plens<br />

de teatralitat formal, i hi uneix dinamisme sintàctic, agudesa crítica i<br />

comunicació moderna. Transforma la pintura en una forma d’arquitectura<br />

per a una narració històrica.<br />

Fill d’una Espanya oprimida per la impotència política de Franco, narra un<br />

futur social i polític en construcció amb una sèrie d’obres titulades “Gènesi”.<br />

És com si en González d’Ègara visquessin Leopardi i Manzoni, il·lustració<br />

i metafísica, Gadda i Montale, Pasolini i Calvino, un antimodern i un<br />

racionalista. Espanya viu avui una utopia democràtica amb un excés de<br />

laïcisme positivista i això dóna a la seva obra una actualitat inquietant i<br />

un regust de temàtica ultrapassada. González fa de la seva pintura una<br />

nació democràtica que vetlla per la ciutadella assetjada per un laïcisme<br />

furibund i una vaga absència de religiosa moralitat.<br />

Realisme, al·legoria, intel·lectualisme, cosciència ètica, narració polèmica,<br />

agressivitat, escenes de teatralitat pura, Auerbach, T.S. Eliot, W.H. Auden,<br />

es conjuguen en la seva consciència poètica i pictòrica. Energia primordial<br />

i pura invenció formal i temàtica s’entrellacen en la seva obra amb una<br />

consciència profundament personalista. La seva pintura recupera la<br />

civilitat mítica de la infantesa i dels ideals, antropitzant la cultura. La<br />

pintura es trasforma en mitologia autobiogràfica.<br />

Critica la societat, la mentida, el poder, però se salva del pessimisme amb<br />

una creativitat exuberant i inquieta fins a fer de la seva obra una al·legoria<br />

fisicometafísica a la Montale: perquè són llamps, epifanies, revelacions,<br />

il·luminacions a la Rimbaud que fan explotar en cada quadre un símbol i<br />

una metàfora. Si de vegades dramatitza, somriu de seguida a continuació;<br />

conjuga la llibertat d’expressió amb la justícia social, la pluralitat regional<br />

i la globalitat del missatge.<br />

Roma, Pasqua 2011


L’artista <strong>Xavier</strong> González d’Ègara<br />

In occasione della pubblicazione di questo catalogo<br />

voglio qui manifestare la mia profonda gratitudine<br />

a tutti coloro che mi sono stati accanto lungo il mio<br />

cammino di pittore, in modo particolare ringrazio gli<br />

amici che hanno reso meno triste la mia solitudine<br />

concedendo alla mia anima di poter esprimere<br />

sempre il mio affetto. Alcuni mi sono stati accanto<br />

economicamente, altri con i loro preziosi consigli,<br />

accogliendo con comprensione il mio difficile<br />

carattere. Ringrazio soprattutto coloro che mi sono<br />

stati vicino con la certezza di avermi dato poco a<br />

livello personale. La pittura è libertà, e nessuno può<br />

riconoscere in essa se non ciò che gli appartiene.<br />

Devo dire che più mi dedico alla pittura più sento che<br />

questo spirito di sacrificio verso di essa mi fa sentire<br />

che tutte le cose mi appartengono. Parlo della luce.<br />

Non ho nemici, ed è per questo che non trascrivo i<br />

nomi di coloro che mi sono stati particolarmente<br />

accanto. Sono consapevole che la pittura è sempre<br />

incompiuta e mai la potremmo possedere. Nel mondo<br />

dell’arte non si sta ma si è. L’arte è vita. Una cosa è<br />

vivere dell’arte, altro è vivere nell’arte.<br />

<strong>Xavier</strong> González <strong>Arnau</strong><br />

«A dins dels punys,<br />

les mans obertes»<br />

«Dentro ai pugni,<br />

le mani aperte»<br />

poesia di Ramon Bosch Boada

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