DA BRUNO AD EINSTEIN enrico giannetto enrico.giannetto@unibg ...
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chiamammo un blasfemo... Che il mondo non è un mondo rettilineo; è un mondo curvo. I corpi<br />
celesti si muovono lungo curve perché quello è per loro il modo naturale di procedere, e così<br />
l’intero universo Newtoniano crollò e fu sostituito dall’universo di Einstein...”: così si era espresso<br />
lo scrittore irlandese George Bernard Shaw, in un pranzo in onore di Einstein, il 27 Ottobre 1930 a<br />
Londra, e questo discorso fu pubblicato come introduzione ad un libro di Einstein del 1931,<br />
intitolato Cosmic Religion. 38<br />
L’ironia di Bernard Shaw nei confronti degli Inglesi colpisce ancora ed aveva certamente<br />
individuato una connessione cruciale nella metafora della ‘rettitudine’ dal campo dell’etica a quello<br />
della fisica.<br />
Ma Shaw non sapeva che Newton nell'enunciare la legge d'inerzia - della quiete e del moto<br />
rettilineo uniforme come stati in cui ogni corpo persevera a meno dell'azione di una forza impressa<br />
dall'esterno, come anche altre leggi fondamentali nel suo trattato del 1687, aveva ripreso e<br />
matematizzato, senza citarlo, quanto già enunciato ne Le Monde (testo scritto intorno al 1630 e<br />
pubblicato nel 1664) e nei Principia Philosophiae del 1644, da un altro grande scienziato e filosofo<br />
francese: René Descartes (Cartesio). 39 Questi nell'enunciare tale legge ne aveva subito svelato, a<br />
commento, il corrispondente fondamento o comunque corrispettivo teologico, facendo un gioco<br />
lingustico con la parola francese droit: 'Secondo questa regola, si deve dunque dire che solo Dio è<br />
l'autore di tutti i movimenti che sono al mondo in quanto sono, e in quanto sono retti; ma che sono<br />
le diverse disposizioni della materia a renderli irregolari e curvi; proprio come i teologi ci insegnano<br />
che Dio è l'autore di tutte le nostre azioni, in quanto esse sono e in quanto sono buone; ma che sono<br />
le diverse disposizioni della nostra volontà che possono renderle viziose'.<br />
Nel 1619 nella città di Ulm (dove per ironia della storia 260 anni dopo sarebbe nato Albert<br />
Einstein) Descartes, in un singolare sogno, aveva avuto l'illuminazione decisiva per la scienza e<br />
invero per l'intera modernità. Egli condivideva certe elaborazioni della teologia calvinista che<br />
esaltavano l'onnipotenza di Dio e consideravano la natura come mero specchio passivo di essa,<br />
ovvero come una macchina inerte, senza vita e senza anima: in natura non potevano essere agenti<br />
delle potenze attive che la animassero, in quanto avrebbero costituito una limitazione<br />
dell'onnipotenza di Dio. Anche il Dio dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac<br />
Newton, il 'pantocrator' o 'colui che tutto governa' dell'Apocalisse di Giovanni, era modellato su tale<br />
concezione. Per entrambi, le forze, che determinano il moto dei corpi in natura, non potevano che<br />
essere forze di Dio, anche se agenti attraverso occasionali cause secondarie. 40<br />
L'immutabilità di Dio per Descartes aveva come conseguenza che i moti fossero conservati<br />
nella stessa direzione e quindi fossero rettilinei. Newton pensava invece che tali forze inerziali di<br />
Dio, insite nel singolo corpo, non fossero sufficienti per spiegare i moti del mondo o anche che<br />
lasciavano troppo 'potere' al caso o al caos della materia; introdusse così anche delle forze impresse<br />
‘centripete’, agenti a distanza anche nel vuoto fra due generici corpi, anche queste di Dio e<br />
concepibili, fra corpi appunto non a contatto, solo per l'onnipresenza di Dio. Erano queste le forze<br />
centripete di gravità introdotte per determinare il moto curvilineo, come quello ellittico dei pianeti<br />
intorno al sole.<br />
Certo, le metafore della rettitudine nella cultura occidentale erano antiche quanto la<br />
geometria euclidea, dato il rilievo in essa del concetto di retta considerata sempre però come finita e<br />
limitata, e risalivano comunque a miti arcaici di derivazione orientale e di natura astronomica che le<br />
legavano complementarmente alle metafore della circolarità. 41<br />
Ma la retta, in quanto illimitata, era considerata imperfetta, e la metafora fondamentale della<br />
perfezione celeste e del divino era il cerchio. Il sogno per secoli inseguito da scienziati e alchimisti<br />
era stato quello della “quadratura del cerchio”: per Dante, alla fine del Paradiso, Canto XXXIII,<br />
38<br />
G. B. Shaw, An Appreciation, in A. Einstein, Cosmic Religion, Covici-Friede, New York 1931, pp. 31-39.<br />
39<br />
R. Descartes, I principi della filosofia, Bollati Boringhieri, Torino 1967.<br />
40<br />
A. Koyré (1957), Dal mondo chiuso all'universo infinito, tr. it. di L. Cafiero, Feltrinelli, Milano 1974, pp. 178-208.<br />
41<br />
E. A. R. Giannetto, Saggi di storie del pensiero scientifico, Bergamo University Press, Sestante, Bergamo 2005, pp.<br />
23-36.