Sardegna…tracce del passato

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03.06.2013 Views

Questa misura comune d'organizzazione non può essere che l'economia del tempo di lavoro. Bisogna che la comunità stabilisca un bilancio del tempo di lavoro disponibile e lo suddivida tra i settori essenziali. Nell'economia del villaggio il principio di scambio sono le giornate di lavoro degli uomini. Ciò richiede un libro di conti per confrontare i giorni e gli uomini al lavoro, il numero di giornate di lavoro fornite. I contadini che ordinano una lancia al fabbro, (che a sua volta è contadino e fabbro), lavorano sulla terra del fabbro per il tempo in cui quest'ultimo lavora alla lancia. Lavoro e prodotti del lavoro dettano le regole di organizzazione della vita economica. Il valore d'uso di una merce dipende dall'insieme delle sue qualità fisiche, che ne determinano l'utilità. L'esistenza di questo valore d'uso è una condizione indispensabile per la comparsa del valore di scambio: nessuno, infatti, accetterebbe in cambio del suo prodotto una merce senza utilità, senza valore d'uso per nessuno. Ma il valore d'uso di due merci, espresso nelle qualità fisiche, è incommensurabile; non si può misurare con un'unità comune il peso del grano, la lunghezza della tela, il volume dei vasi, il colore dei fiori. Per consentire uno scambio reciproco tra questi prodotti, bisogna cercare una qualità comune a tutti che possa al tempo stesso essere misurata e quantitativamente espressa, e che deve essere una qualità sociale, accettabile per tutti i membri della società. Ora, l'insieme delle qualità fisiche delle merci che stabiliscono il loro valore d'uso è determinato dal lavoro specifico che le ha prodotte: il lavoro del tessitore determina le dimensioni, la finezza, il peso della tela; il lavoro del vasaio la resistenza, la forma, i colori del vaso. E’ la durata del tempo di lavoro necessario per produrre la merce che determina la misura del valore di scambio. Solo quando il commercio e la vita urbana hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, quando hanno creato un mercato sufficientemente ampio, la produzione di merci si sviluppa e a sua volta si generalizza. Questa produzione di merci effettuata da artigiani, proprietari dei loro mezzi di produzione, (strumenti di lavoro), è definita piccola produzione mercantile. Nella piccola produzione mercantile, il produttore si separa dai suoi prodotti solo per acquistare i viveri che gli assicureranno la sussistenza. Più la produzione di merci si estende e più diviene imperiosa la contabilità esatta in ore di lavoro. Non è il numero di ore di lavoro effettivamente spese per la fabbricazione di un oggetto a determinarne il valore, ma il numero di ore di lavoro necessarie per fabbricarlo nelle condizioni medie di produttività della società dell'epoca. I produttori poco capaci, lenti, che lavorano con metodi arcaici, sono penalizzati. Essi ricevono in cambio del tempo di lavoro individualmente fornito alla società solo un equivalente prodotto in un lasso di tempo inferiore. Una maggiore disciplina e una più stretta contabilità del lavoro accompagnano cosi lo sviluppo della produzione di merci. Ciascun produttore, nei limiti della sua forza fisica e della sua capacità produttiva, (strumenti di lavoro), può produrre quanto vuole. Questi produttori non producono più valori d'uso per il consumo di una comunità chiusa; ora producono merci per un mercato più o meno ampio. Se un artigiano produce più tela di quanto non possa assorbirne il mercato della sua società, una parte della sua produzione resterà invenduta, non scambiata, il che dimostrerà che ha sprecato tempo. Questo spreco, in una società coscientemente coordinata, sarebbe stato stabilito a priori dai costumi o dai commenti degli altri membri della comunità. Sul mercato, la legge del valore lo rivela 280

solo a posteriori, per disgrazia del produttore che non riceverà equivalente per una parte del suo sforzo, dei suoi prodotti. All'inizio dell'epoca della produzione di merci, nelle corporazioni dell'antichità, regole fisse, note a tutti, stabilivano contemporaneamente il tempo di lavoro da dedicare alla fabbricazione di ogni oggetto, la durata dell'apprendistato, le sue spese e l'equivalente normale da domandare per ciascuna merce. Divisione cronologica delle ere in Europa Nell’Europa centrale e nell’Italia settentrionale, si passò all’uso del rame ottenuto per smelting di minerali tipo Fahlerz, la cui riduzione consentiva di produrre un rame con piccole percentuali di antimonio, arsenico, argento e nichel, che sommandosi davano l’effetto di una lega e quindi una maggiore durezza. Ad esempio, l’ascia a margini rialzati scoperta nella palafitta più antica del Lavagnone, la stessa in cui è venuto alla luce l’aratro, è stata fabbricata con questo tipo di rame. Verso il 1900 a.C. si osserva la comparsa e poi la rapida diffusione della lega di rame e stagno in gran parte dell’Europa. Il bronzo era già noto da molto tempo nel Vicino Oriente ma la sua produzione era sempre stata piuttosto limitata e aveva coesistito con l’uso del rame puro e della lega di rame e arsenico. A partire dagli inizi del II millennio a.C. anche nel Vicino Oriente, così come nell’Egeo e in Grecia, la diffusione della lega di rame e stagno si generalizza e soppianta le precedenti forme di metallurgia. A cosa sia dovuto questo fenomeno non sappiamo bene, specialmente perché rimane un problema irrisolto la precisa provenienza dello stagno durante il II millennio a.C. Lo stagno, infatti, è un metallo particolarmente raro. Fino a tutto il XVIII a.C. lo stagno utilizzato nelle civiltà del Vicino Oriente arrivava da est, probabilmente dall’Afghanistan, lo stesso paese da cui proveniva il lapislazzuli. Durante il I millennio a.C., cioè nel Ferro, e poi anche in età romana, lo stagno proveniva dalle regioni atlantiche, (Cornovaglia, Bretagna, Galizia), come è attestato sia da fonti antiche sia dalla documentazione archeologica. Secondo una vecchia tesi, la scoperta della lega rame-stagno in Europa è avvenuta nella regione dell’Erzgebirge, dove ci sono depositi di stannite e cassiterite. Mancano, tuttavia, prove archeologiche del loro sfruttamento in età preistorica. Al contrario dello stagno il rame era ampiamente diffuso e importanti giacimenti si trovavano in Irlanda, in Inghilterra, nella penisola iberica, in Toscana, nella Slovacchia, in Transilvania e nei Balcani. Per molte di queste regioni si hanno prove archeologiche dello sfruttamento avvenuto nel Bronzo o nel Ferro, ad esempio per le miniere di calcopirite di Cabrières presso Montpellier, di Mount Gabriel in Irlanda, delle Colline Metallifere in Toscana. Importanti erano sicuramente i giacimenti di rame dell’Erzgebirge in Sassonia, ma le miniere dell’età del Bronzo meglio conosciute sono quelle delle Alpi Orientali. Nella zona di Mühlbach Bischofshofen l’ampia documentazione archeologica della miniera del Mitterberg ha permesso di ricostruire le tecniche estrattive, i processi del trattamento del minerale per ridurre il rame e perfino di effettuare stime sulla quantità di rame prodotto in un anno (circa 20 tonnellate), il numero dei lavoratori impiegati, (180), e le dimensioni del disboscamento operato per alimentare le fornaci, (8 ettari all’anno). 281

Questa misura comune d'organizzazione non può essere che l'economia <strong>del</strong> tempo di lavoro.<br />

Bisogna che la comunità stabilisca un bilancio <strong>del</strong> tempo di lavoro disponibile e lo suddivida tra i<br />

settori essenziali. Nell'economia <strong>del</strong> villaggio il principio di scambio sono le giornate di lavoro degli<br />

uomini. Ciò richiede un libro di conti per confrontare i giorni e gli uomini al lavoro, il numero di<br />

giornate di lavoro fornite. I contadini che ordinano una lancia al fabbro, (che a sua volta è<br />

contadino e fabbro), lavorano sulla terra <strong>del</strong> fabbro per il tempo in cui quest'ultimo lavora alla<br />

lancia. Lavoro e prodotti <strong>del</strong> lavoro dettano le regole di organizzazione <strong>del</strong>la vita economica.<br />

Il valore d'uso di una merce dipende dall'insieme <strong>del</strong>le sue qualità fisiche, che ne determinano<br />

l'utilità. L'esistenza di questo valore d'uso è una condizione indispensabile per la comparsa <strong>del</strong><br />

valore di scambio: nessuno, infatti, accetterebbe in cambio <strong>del</strong> suo prodotto una merce senza<br />

utilità, senza valore d'uso per nessuno. Ma il valore d'uso di due merci, espresso nelle qualità<br />

fisiche, è incommensurabile; non si può misurare con un'unità comune il peso <strong>del</strong> grano, la<br />

lunghezza <strong>del</strong>la tela, il volume dei vasi, il colore dei fiori. Per consentire uno scambio reciproco tra<br />

questi prodotti, bisogna cercare una qualità comune a tutti che possa al tempo stesso essere<br />

misurata e quantitativamente espressa, e che deve essere una qualità sociale, accettabile per tutti<br />

i membri <strong>del</strong>la società.<br />

Ora, l'insieme <strong>del</strong>le qualità fisiche <strong>del</strong>le merci che stabiliscono il loro valore d'uso è determinato dal<br />

lavoro specifico che le ha prodotte: il lavoro <strong>del</strong> tessitore determina le dimensioni, la finezza, il<br />

peso <strong>del</strong>la tela; il lavoro <strong>del</strong> vasaio la resistenza, la forma, i colori <strong>del</strong> vaso. E’ la durata <strong>del</strong> tempo<br />

di lavoro necessario per produrre la merce che determina la misura <strong>del</strong> valore di scambio.<br />

Solo quando il commercio e la vita urbana hanno raggiunto un certo grado di sviluppo, quando<br />

hanno creato un mercato sufficientemente ampio, la produzione di merci si sviluppa e a sua volta<br />

si generalizza. Questa produzione di merci effettuata da artigiani, proprietari dei loro mezzi di<br />

produzione, (strumenti di lavoro), è definita piccola produzione mercantile. Nella piccola<br />

produzione mercantile, il produttore si separa dai suoi prodotti solo per acquistare i viveri che gli<br />

assicureranno la sussistenza.<br />

Più la produzione di merci si estende e più diviene imperiosa la contabilità esatta in ore di lavoro.<br />

Non è il numero di ore di lavoro effettivamente spese per la fabbricazione di un oggetto a<br />

determinarne il valore, ma il numero di ore di lavoro necessarie per fabbricarlo nelle condizioni<br />

medie di produttività <strong>del</strong>la società <strong>del</strong>l'epoca. I produttori poco capaci, lenti, che lavorano con<br />

metodi arcaici, sono penalizzati. Essi ricevono in cambio <strong>del</strong> tempo di lavoro individualmente<br />

fornito alla società solo un equivalente prodotto in un lasso di tempo inferiore. Una maggiore<br />

disciplina e una più stretta contabilità <strong>del</strong> lavoro accompagnano cosi lo sviluppo <strong>del</strong>la produzione di<br />

merci. Ciascun produttore, nei limiti <strong>del</strong>la sua forza fisica e <strong>del</strong>la sua capacità produttiva, (strumenti<br />

di lavoro), può produrre quanto vuole. Questi produttori non producono più valori d'uso per il<br />

consumo di una comunità chiusa; ora producono merci per un mercato più o meno ampio. Se un<br />

artigiano produce più tela di quanto non possa assorbirne il mercato <strong>del</strong>la sua società, una parte<br />

<strong>del</strong>la sua produzione resterà invenduta, non scambiata, il che dimostrerà che ha sprecato tempo.<br />

Questo spreco, in una società coscientemente coordinata, sarebbe stato stabilito a priori dai<br />

costumi o dai commenti degli altri membri <strong>del</strong>la comunità. Sul mercato, la legge <strong>del</strong> valore lo rivela<br />

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