Sardegna…tracce del passato

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Due sarcofagi che si distinguono fra gli altri, pur essendo anch’essi a cassone monolitico, presentano sul coperchio un personaggio maschile e uno femminile, forse due sacerdoti. Quello maschile ha la mano alzata in segno di saluto, o di benedizione, come quelli di Ahiram di Biblo. Il personaggio femminile presenta una veste particolare con tracce di policromia blu, nera, gialla e arancio. Come la rappresentazione della divinità nella Cueva d’es Cuyeram, mostra ali ripiegate sul corpo che nel mondo punico distinguono l’iconografia di Iside. Si è ipotizzato che la tomba sia di una sacerdotessa di una divinità femminile, raffigurata nei suoi abiti cerimoniali. In superficie le tombe erano segnalate da stele funerarie che presentano una nicchia, un’edicola, nella quale è rappresentato un personaggio, una divinità. Si nota spesso l’influenza greca con colonne ioniche e altri elementi iconografici caratteristici. Essendo i pozzi riempiti, quindi invisibili dalla superficie, in molti casi ci sono cippi o stele funerarie che indicano la presenza delle tombe. Fig. 74 Tophet Cartagine Uno dei contesti più importanti di Cartagine è il tophet. Fu scoperto casualmente nel 1921, è stato sottoposto a numerosi interventi di scavo mai pubblicati in modo esaustivo. A Cartagine, diversamente al consueto posizionamento a nord degli abitati, il tophet è ubicato a sud, a Salammbò, vicino ai porti. I tophet sono un fenomeno della zona centrale mediterranea: li troviamo in Tunisia (Cartagine e Suss), in Sicilia (Mozia, Lilibeo e Solunto) e in Sardegna (Cagliari, Nora, Sant’Antioco, Monte Sirai, Tharros). Sono completamente sconosciuti in Oriente, a Cipro, a Ibiza e in Spagna. Si pensa quindi ad una influenza culturale antica di matrice cartaginese, precedente alla conquista armata. Quello di Cartagine fu scoperto nel 1921 da un cercatore di pietre che vendeva le stele agli antiquari. Due appassionati (Icard e Gielly) lo seguirono negli spostamenti e scoprirono i luoghi dai quali il cercatore prelevava i materiali. Nella zona si succedettero numerosi studiosi che indagarono la parte dell’area compresa tra le strade. Ancora oggi ignoriamo l’esatta estensione del tophet perché l’area è fortemente urbanizzata e non è stata ancora completamente 220

scavata. La stratigrafia si presenta complessa. Vi è una successione, alta vari metri, di strati che contengono migliaia di stele e urne ma non c’è una separazione netta fra le fasi in quanto il tophet è stato frequentato senza soluzione di continuità, con continui scavi per collocare altre urne. Ciò costituisce un problema perché un sito rimaneggiato determina l’incomprensione degli strati. Il primo scavo fu di Icard e Gielly nel 1922, successivamente l’indagine fu svolta da Lapeyre 1934- 36 e Carton, poi Cintas 1944-47 e infine, negli anni Settanta, fu il turno di Stager, 1975-79. Lo scavo del 1922 fu fatto con delle lunghe trincee che scoprivano la distesa di urne e stele. Migliaia di manufatti furono portati alla luce ma non si riuscì ad abbinare le stele alle varie urne. Alcuni articoli pubblicati in quegli anni cercarono di spiegare la stratigrafia ma i contrasti fra i due appassionati e le autorità tunisine causarono l’interruzione degli scavi. Quando non c’era più spazio si ricopriva con terra lo strato esistente e si sovrapponevano altre stele e altre urne. La datazione accettata dagli studiosi è quella dell’americano Kelsey che scavò, pochi anni dopo Icard e Gielly, con l’inglese Harden, esperto nella datazione delle ceramiche. La datazione delle stratigrafie antiche segue un metodo che si basa sulle ceramiche, poiché le monete sono utilizzate solo in tempi più recenti (dopo il V a.C.), il vetro fu introdotto in età romana e il metallo poteva essere rifuso. La maggior parte dei contenitori domestici e funerari era in ceramica, e si rompeva facilmente, soprattutto se doveva essere riscaldata col fuoco. L’argilla è un materiale che riscaldato a certe temperature diventa indistruttibile nel tempo ed era alla portata di molte famiglie dell’epoca. La datazione dei cocci avviene su base comparativa, nel senso che negli ultimi 200 anni l’archeologia ha documentato delle sequenza cronologiche relative che hanno portato ad individuare delle successioni temporali e dei luoghi di origine della produzione e delle decorazioni. Il confronto fra contesti indica la cronologia. Comparando i materiali del contesto si può dedurre quando si è formato lo strato perché i materiali più recenti sono l’indizio della datazione. I materiali antichi si definiscono “residuali”. La cronologia relativa è quella che dice che uno strato viene prima di un altro, la cronologia assoluta determina la datazione dello strato, il periodo. I vari studiosi che si alternarono a Cartagine hanno proposto datazioni leggermente differenti. Harden nel 1925 distingue tre strati principali: Tanìt I, Tanìt II e Tanìt III. Il primo strato, Tanìt I, presenta le più antiche urne, quelle del VII a.C., che si trovano scavate nella roccia o entro ciste litiche, nello strato più basso. Non ci sono stele, solo poche urne protette da cumuli di pietre o in cavità della roccia. Datato intorno al VII a.C. si caratterizza per l’assenza di monumenti lapidei. Lo strato Tanìt II, VI-IV a.C., vede tante stele e cippi. L’ultimo strato si data al 150 a.C., data della distruzione di Cartagine da parte dei romani, e vede la presenza di un numero enorme di urne e stele, ma di diverso tipo. Negli anni Trenta un sacerdote, Lepeyre, scavò un terreno di proprietà di Carton che morì poco dopo l’acquisto della proprietà e non poté pubblicare gli scavi. 221

Due sarcofagi che si distinguono fra gli altri, pur essendo anch’essi a cassone monolitico,<br />

presentano sul coperchio un personaggio maschile e uno femminile, forse due sacerdoti. Quello<br />

maschile ha la mano alzata in segno di saluto, o di benedizione, come quelli di Ahiram di Biblo. Il<br />

personaggio femminile presenta una veste particolare con tracce di policromia blu, nera, gialla e<br />

arancio. Come la rappresentazione <strong>del</strong>la divinità nella Cueva d’es Cuyeram, mostra ali ripiegate<br />

sul corpo che nel mondo punico distinguono l’iconografia di Iside. Si è ipotizzato che la tomba sia<br />

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In superficie le tombe erano segnalate da stele funerarie che presentano una nicchia, un’edicola,<br />

nella quale è rappresentato un personaggio, una divinità. Si nota spesso l’influenza greca con<br />

colonne ioniche e altri elementi iconografici caratteristici. Essendo i pozzi riempiti, quindi invisibili<br />

dalla superficie, in molti casi ci sono cippi o stele funerarie che indicano la presenza <strong>del</strong>le tombe.<br />

Fig. 74 Tophet Cartagine<br />

Uno dei contesti più importanti di Cartagine è il tophet. Fu scoperto casualmente nel 1921, è stato<br />

sottoposto a numerosi interventi di scavo mai pubblicati in modo esaustivo. A Cartagine,<br />

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Salammbò, vicino ai porti. I tophet sono un fenomeno <strong>del</strong>la zona centrale mediterranea: li troviamo<br />

in Tunisia (Cartagine e Suss), in Sicilia (Mozia, Lilibeo e Solunto) e in Sardegna (Cagliari, Nora,<br />

Sant’Antioco, Monte Sirai, Tharros). Sono completamente sconosciuti in Oriente, a Cipro, a Ibiza e<br />

in Spagna. Si pensa quindi ad una influenza culturale antica di matrice cartaginese, precedente<br />

alla conquista armata. Quello di Cartagine fu scoperto nel 1921 da un cercatore di pietre che<br />

vendeva le stele agli antiquari. Due appassionati (Icard e Gielly) lo seguirono negli spostamenti e<br />

scoprirono i luoghi dai quali il cercatore prelevava i materiali. Nella zona si succedettero numerosi<br />

studiosi che indagarono la parte <strong>del</strong>l’area compresa tra le strade. Ancora oggi ignoriamo l’esatta<br />

estensione <strong>del</strong> tophet perché l’area è fortemente urbanizzata e non è stata ancora completamente<br />

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