Sardegna…tracce del passato
Sardegna…tracce del passato Sardegna…tracce del passato
A Monte Sirai ci sono anche 3 facce maschili demoniache, ricavate nella parte alta della parete di una camera tombale. Una di queste è ancora sul posto. In un’altra area ci sono anche delle tombe infantili ad enkitrismos. Il tophet non è stato impiantato insieme alla città, si data infatti al 370 a.C. quando ci fu lo sviluppo urbanistico e demografico dell’insediamento. Si trova 200 m a nord dell’abitato e ha restituito circa 300 urne e 140 stele. Si divide in tre fasi sovrapposte: la prima vede le urne appoggiate direttamente sulla roccia, talvolta all’interno di casse scavate e conta poche stele. C’è un passaggio funzionale alla deposizione delle urne. Alla fine del IV a.C. viene fatta una gettata di terra e argilla, sostenuta con muretti laterali, e quasi la metà delle urne si riferisce a questa fase. Intorno al 250 a.C. abbiamo la terza fase: viene fatto un interramento con terra e argilla, vengono posti dei lastroni di trachite per contenere la colmata e viene costruito un edificio di culto. É un fatto raro, infatti solo a Cartagine c’è la cappella Cintas, e a Mozia e Tharros ci sono tracce di strutture di culto in tophet, ma questo è l’edificio meglio conservato. Recentemente è stato restaurato malamente con una gradinata inventata ma prima sorgeva su una piattaforma alla quale si accedeva attraverso una rampa, ora coperta dalla gradinata. Al di sopra c’era un saccello di 8 x 6 m datato alla fine del III a.C. costituito da un ampio vestibolo affiancato da vari ambienti. La parte più sacra vedeva un penetrale caratterizzato nello spigolo da un doppio altare. Tracce di fuoco e di resti ossei animali sono stati scavati vicino all’altare. Le stele documentate nel Tophet mostrano una stretta correlazione con Sulci. Gli artigiani però non raggiungono l'abilità dei sulcitani. Nelle edicole troviamo personaggi con stola (sacerdote) e altri con fiore di loto (divinità) in commistione. In alcune stele c'è anche la tecnica ad incisione che rivedremo nelle stele funerarie del periodo finale punico e in età romana primo-imperiale. San Giorgio di Portoscuso Uno scavo degli anni Novanta della soprintendenza di Cagliari ha documentato una necropoli mediterranea arcaica costituita da dieci tombe e un insediamento databile al 750 a.C. È forse il più antico della Sardegna. Lo scavo è stato determinato dalla costruzione del depuratore e un mezzo meccanico aveva distrutto parte del sito. La tipologia tombale è a cista litica con incinerazione e deposizione secondaria. Il corredo era di materiali ceramici e ci sono armi in ferro. Fuori contesto ci sono delle anse di vasi nuragici e si è ipotizzato facessero parte del corredo, anche perché non è documentata la presenza di insediamenti nuragici nelle vicinanze. Bartoloni ha proposto che si trattasse di un fondaco pre-coloniale levantino. Nei manufatti abbiamo una brocca arcaica con orlo cilindrico a fungo, corpo sferico e non ovoide, rivestimento a red slip che si associa sempre ad una brocca bi-conica. La coppia di brocche serviva per versare un liquido e un fluido profumato per la preparazione del cadavere. 258
Nora Fig. 90 Stele tophet Monte Sirai Dal 1990 le ricerche hanno evidenziato una ricostruzione storica che ha rivoluzionato le concezioni precedenti. Nora si trova a sud-ovest di Cagliari, nel territorio di Pula. Si tratta di una tipica sistemazione costiera su un promontorio, come piaceva ai levantini. Fino agli anni Novanta non avevamo notizie della città arcaica. Nel 1793 fu rinvenuta la “grande norense”, una stele monumentale con iscrizione ancora al vaglio degli studiosi. A questo manufatto abbiamo dedicato un apposito paragrafo per aiutare chi volesse cimentarsi con l’interpretazione. L’iscrizione è dell’inizio del IX a.C. ed è importante perché dimostra una frequentazione della città fin da questo periodo. Potrebbe riferirsi ad un luogo di culto o alla fondazione della città. I materiali della Nora più antica si limitano a 4 cocci del VII a.C. rinvenuti da Pesce nel quartiere sud-occidentale della città, al di sotto delle strutture di età romana che si trovano al livello del piano delle strade attuali della città. L’Università di Padova ha indagato il Foro Romano e fino ad allora si pensava, accogliendo l’ipotesi di Barreca, che i romani costruirono a Nora mantenendo la destinazione funzionale d’uso precedente, impostando il foro sull’area del mercato, l’abitato sulle case precedenti, i templi nell’area dei vecchi templi, e così via. In pratica si ipotizzava che i romani costruirono sulla città punica che, a sua volta, era costruita su quella mediterranea. Gli scavi hanno invece evidenziato che non c’è stata una continuità d’uso: il foro dei romani fu costruito nel I a.C. in un’area libera. Sotto le strutture del foro gli scavi hanno individuato una frequentazione precedente al primo impianto delle strutture che avvenne nel VII a.C. In questa prima fase l’area fu sistemata, spianata e infine ampliata con l’aggiunta di terra e ciottoli. Poi fu impiantata una struttura muraria in grossi 259
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A Monte Sirai ci sono anche 3 facce maschili demoniache, ricavate nella parte alta <strong>del</strong>la parete di<br />
una camera tombale. Una di queste è ancora sul posto. In un’altra area ci sono anche <strong>del</strong>le tombe<br />
infantili ad enkitrismos.<br />
Il tophet non è stato impiantato insieme alla città, si data infatti al 370 a.C. quando ci fu lo sviluppo<br />
urbanistico e demografico <strong>del</strong>l’insediamento. Si trova 200 m a nord <strong>del</strong>l’abitato e ha restituito circa<br />
300 urne e 140 stele. Si divide in tre fasi sovrapposte: la prima vede le urne appoggiate<br />
direttamente sulla roccia, talvolta all’interno di casse scavate e conta poche stele. C’è un<br />
passaggio funzionale alla deposizione <strong>del</strong>le urne. Alla fine <strong>del</strong> IV a.C. viene fatta una gettata di<br />
terra e argilla, sostenuta con muretti laterali, e quasi la metà <strong>del</strong>le urne si riferisce a questa fase.<br />
Intorno al 250 a.C. abbiamo la terza fase: viene fatto un interramento con terra e argilla, vengono<br />
posti dei lastroni di trachite per contenere la colmata e viene costruito un edificio di culto. É un fatto<br />
raro, infatti solo a Cartagine c’è la cappella Cintas, e a Mozia e Tharros ci sono tracce di strutture<br />
di culto in tophet, ma questo è l’edificio meglio conservato. Recentemente è stato restaurato<br />
malamente con una gradinata inventata ma prima sorgeva su una piattaforma alla quale si<br />
accedeva attraverso una rampa, ora coperta dalla gradinata. Al di sopra c’era un saccello di 8 x 6<br />
m datato alla fine <strong>del</strong> III a.C. costituito da un ampio vestibolo affiancato da vari ambienti. La parte<br />
più sacra vedeva un penetrale caratterizzato nello spigolo da un doppio altare. Tracce di fuoco e di<br />
resti ossei animali sono stati scavati vicino all’altare. Le stele documentate nel Tophet mostrano<br />
una stretta correlazione con Sulci. Gli artigiani però non raggiungono l'abilità dei sulcitani. Nelle<br />
edicole troviamo personaggi con stola (sacerdote) e altri con fiore di loto (divinità) in commistione.<br />
In alcune stele c'è anche la tecnica ad incisione che rivedremo nelle stele funerarie <strong>del</strong> periodo<br />
finale punico e in età romana primo-imperiale.<br />
San Giorgio di Portoscuso<br />
Uno scavo degli anni Novanta <strong>del</strong>la soprintendenza di Cagliari ha documentato una necropoli<br />
mediterranea arcaica costituita da dieci tombe e un insediamento databile al 750 a.C. È forse il più<br />
antico <strong>del</strong>la Sardegna. Lo scavo è stato determinato dalla costruzione <strong>del</strong> depuratore e un mezzo<br />
meccanico aveva distrutto parte <strong>del</strong> sito. La tipologia tombale è a cista litica con incinerazione e<br />
deposizione secondaria. Il corredo era di materiali ceramici e ci sono armi in ferro. Fuori contesto<br />
ci sono <strong>del</strong>le anse di vasi nuragici e si è ipotizzato facessero parte <strong>del</strong> corredo, anche perché non<br />
è documentata la presenza di insediamenti nuragici nelle vicinanze. Bartoloni ha proposto che si<br />
trattasse di un fondaco pre-coloniale levantino. Nei manufatti abbiamo una brocca arcaica con orlo<br />
cilindrico a fungo, corpo sferico e non ovoide, rivestimento a red slip che si associa sempre ad una<br />
brocca bi-conica. La coppia di brocche serviva per versare un liquido e un fluido profumato per la<br />
preparazione <strong>del</strong> cadavere.<br />
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