Sardegna…tracce del passato

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03.06.2013 Views

Villasimius Fig. 88 Neapolis Uno dei primi luoghi sardi interessati dalla presenza levantina è Cuccureddu di Villasimius, ubicato presso il Capo Carbonara. Gli scavi hanno portato alla luce una struttura che si trova sulla sommità di una delle tre colline che si affacciano sulla costa di Villasimius. Alla base delle colline ci sono tracce di insediamento tardo punico del IV-III a.C. Alle pendici del colle ci sono alcuni muri, forse difensivi (mai scavati) e due scalinate che conducono alla sommità. Nella struttura principale dell’edificio sono stati svuotati 5 ambienti arcaici che si sono conservati perché erano stati ricoperti di terra in età romano-repubblicana per costruire un tempio in mattoni crudi, poi crollato sigillando tutto. Sono 4 piccoli ambienti contigui e uno sfalsato, delimitati da muri rettilinei, intonacati con argilla, con alla base uno zoccolo in pietrame squadrato e cementato con malta di fango. L’alzato in mattoni crudi si è sciolto con le intemperie e ha riempito gli ambienti. I pavimenti sono in terra battuta e le coperture sono in travi lignee ricoperte da canne e rivestite in argilla cruda pressata che si è cotta durante un incendio. Tutti i materiali sono esposti al museo di Villasimius. La frequentazione è dal 650 a.C. al 540 a.C. anno della distruzione della struttura, non più reinsediata fino al II a.C. Il sito è stato interpretato come tempio dedicato ad Astarte perché nei vani ci sono molti unguentari e portaprofumi, del tipo di quelli utilizzati nei templi dove si svolgeva la prostituzione sacra, un’attività che riconduce a questa Dea cipriota. Nel mito di fondazione di Cartagine abbiamo scritto della leggendaria Elissa che a Cipro imbarcò le sacerdotesse per portarle a Cartagine. C’è anche un procione configurato a “fallo”, esposto al museo di Villasimius. Vicino all’edificio ci sarebbero state le abitazioni dei sacerdoti ma non vi sono tracce visibili. Altra testimonianza sulla sacralità del 250

luogo sarebbe offerta da alcune cretule in terracotta, bruciate anch’esse nell’incendio, che denoterebbero la presenza di documenti. Bartoloni e altri studiosi ipotizzano che l’incendio sarebbe stato provocato da Cartagine che da quella data cercò in tutti i modi di conquistare l’isola sbarcando in armi, così come in Sicilia. Cuccureddu era forse un fondaco, un punto d’incontro fra gli indigeni e le genti che arrivavano per mare, e il tempio sarebbe stato fondato per garantire gli scambi. Un porto franco dove la divinità garantiva i commerci e le transazioni. Nel II a.C. al di sopra di questo sito fu edificato, in piena età repubblicana, un altro tempio che ha restituito molti materiali ceramici. Era dedicato alla divinità femminile Era-Giunone (Astarte per i classici) e venne ristrutturato da Caracalla e rimasto in uso fino al IV d.C. Sant’Antioco Le fonti romane ci parlano di Sulci mentre in lingua semitica, in fenicio, era Sulki. Si trova sull’omonima isola, sul versante orientale e il reimpianto moderno del paese ha determinato lo spoglio sistematico delle strutture antiche. Le fortificazioni chiudevano la città e il tophet era al di fuori delle mura. Nell’area del cronicario, in corrispondenza dell’ospedale, sono stati individuati negli anni Ottanta degli ambienti abitativi che si riferiscono all’VIII a.C. É un rinvenimento importante perché in tutta la Sardegna abbiamo solo pochissime tracce degli insediamenti arcaici: qualche muro e una striscia di fondazione a Cagliari, un battuto a Nora, pochissimo a Tharros. Non c’è nessuna monumentalità, solo due isolati con una serie di vani che presentano pavimenti in terra battuta, muri con zoccolo in pietrame bruto cementato con malta di fango e alzato, oggi scomparso, in mattoni crudi. I materiali frammentari rinvenuti sono sia di importazione (euboici di Pitecusa e corinzi), sia di produzione mediterranea, e mostrano che la città fu fondata intorno al 750 a.C. Alcuni materiali levantini sono di ispirazione varia, come la coppa con forma greca, decorata alla maniera mediterranea, con un volatile ripreso chiaramente dal repertorio euboico di Ischia, primo emporio greco in occidente. Le fortificazioni si trovano nella zona del fortino sabaudo, nell’area chiamata Acropoli. Gli scavi furono condotti inizialmente da Pesce, poi da Barreca negli anni Settanta e recentemente da Tronchetti e hanno portato alla luce delle strutture che iniziano dietro il fortino e arrivano ad una torre. Bartoloni sostiene che le fondazioni del fortino utilizzano una base della precedente torre punica perché la forma a zig-zag e i blocchi sono tipicamente punici. Le mura corrono fino ad una torre elicoidale addossata ad una roccia e poi piegano verso il mare chiudendo la città. In questo ultimo tratto si trova la necropoli punica. Dietro la chiesa di Sant’Antioco si trova un breve tratto realizzato in blocchi squadrati, in parte bugnati e messi in opera a secco. Barreca ha individuato un camminamento di ronda, ma non lo ha mai pubblicato. Nell’area alta dell’acropoli, vicino al deposito della Soprintendenza, ci sono delle strutture bugnate in calcare chiaro e tufo scuro. Vicino a questa zona c’è un edificio con otto colonne di età repubblicana, di incerta interpretazione, che racchiude due ambienti. La datazione delle fortificazioni comporta dei problemi fra studiosi. Per Barreca, che le individua nella parte alta del Monte de Cresia e nell'Acropoli vicino al fortino sabaudo, sono di età fenicia 251

luogo sarebbe offerta da alcune cretule in terracotta, bruciate anch’esse nell’incendio, che<br />

denoterebbero la presenza di documenti. Bartoloni e altri studiosi ipotizzano che l’incendio sarebbe<br />

stato provocato da Cartagine che da quella data cercò in tutti i modi di conquistare l’isola<br />

sbarcando in armi, così come in Sicilia. Cuccureddu era forse un fondaco, un punto d’incontro fra<br />

gli indigeni e le genti che arrivavano per mare, e il tempio sarebbe stato fondato per garantire gli<br />

scambi. Un porto franco dove la divinità garantiva i commerci e le transazioni.<br />

Nel II a.C. al di sopra di questo sito fu edificato, in piena età repubblicana, un altro tempio che ha<br />

restituito molti materiali ceramici. Era dedicato alla divinità femminile Era-Giunone (Astarte per i<br />

classici) e venne ristrutturato da Caracalla e rimasto in uso fino al IV d.C.<br />

Sant’Antioco<br />

Le fonti romane ci parlano di Sulci mentre in lingua semitica, in fenicio, era Sulki. Si trova<br />

sull’omonima isola, sul versante orientale e il reimpianto moderno <strong>del</strong> paese ha determinato lo<br />

spoglio sistematico <strong>del</strong>le strutture antiche. Le fortificazioni chiudevano la città e il tophet era al di<br />

fuori <strong>del</strong>le mura.<br />

Nell’area <strong>del</strong> cronicario, in corrispondenza <strong>del</strong>l’ospedale, sono stati individuati negli anni Ottanta<br />

degli ambienti abitativi che si riferiscono all’VIII a.C. É un rinvenimento importante perché in tutta la<br />

Sardegna abbiamo solo pochissime tracce degli insediamenti arcaici: qualche muro e una striscia<br />

di fondazione a Cagliari, un battuto a Nora, pochissimo a Tharros. Non c’è nessuna<br />

monumentalità, solo due isolati con una serie di vani che presentano pavimenti in terra battuta,<br />

muri con zoccolo in pietrame bruto cementato con malta di fango e alzato, oggi scomparso, in<br />

mattoni crudi. I materiali frammentari rinvenuti sono sia di importazione (euboici di Pitecusa e<br />

corinzi), sia di produzione mediterranea, e mostrano che la città fu fondata intorno al 750 a.C.<br />

Alcuni materiali levantini sono di ispirazione varia, come la coppa con forma greca, decorata alla<br />

maniera mediterranea, con un volatile ripreso chiaramente dal repertorio euboico di Ischia, primo<br />

emporio greco in occidente.<br />

Le fortificazioni si trovano nella zona <strong>del</strong> fortino sabaudo, nell’area chiamata Acropoli. Gli scavi<br />

furono condotti inizialmente da Pesce, poi da Barreca negli anni Settanta e recentemente da<br />

Tronchetti e hanno portato alla luce <strong>del</strong>le strutture che iniziano dietro il fortino e arrivano ad una<br />

torre. Bartoloni sostiene che le fondazioni <strong>del</strong> fortino utilizzano una base <strong>del</strong>la precedente torre<br />

punica perché la forma a zig-zag e i blocchi sono tipicamente punici. Le mura corrono fino ad una<br />

torre elicoidale addossata ad una roccia e poi piegano verso il mare chiudendo la città. In questo<br />

ultimo tratto si trova la necropoli punica. Dietro la chiesa di Sant’Antioco si trova un breve tratto<br />

realizzato in blocchi squadrati, in parte bugnati e messi in opera a secco. Barreca ha individuato un<br />

camminamento di ronda, ma non lo ha mai pubblicato. Nell’area alta <strong>del</strong>l’acropoli, vicino al<br />

deposito <strong>del</strong>la Soprintendenza, ci sono <strong>del</strong>le strutture bugnate in calcare chiaro e tufo scuro. Vicino<br />

a questa zona c’è un edificio con otto colonne di età repubblicana, di incerta interpretazione, che<br />

racchiude due ambienti.<br />

La datazione <strong>del</strong>le fortificazioni comporta dei problemi fra studiosi. Per Barreca, che le individua<br />

nella parte alta <strong>del</strong> Monte de Cresia e nell'Acropoli vicino al fortino sabaudo, sono di età fenicia<br />

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