Sardegna…tracce del passato

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03.06.2013 Views

La cronologia di questo fenomeno di frequentazione levantina si assegna ai secoli XI-IX a.C. Gli studiosi (la Ubet e altri) concordano sul fatto che il ruolo di protagonista è portato avanti dalla città di Tiro, che poi fonderà le colonie. La frequentazione precedente comprende anche i tiri ma, insieme a loro, ci sono varie popolazioni orientali: Aramei (semitici stanziati presso Damasco), Filistei (stanziati nella Palestina meridionale nella Pentapoli filistea), Siriani (stanziati a nord del Libano), Eubei (greci dell’isola di Eubea), Ciprioti e altri. Le navi erano composte da equipaggio misto ed erano cariche di merci provenienti da zone differenti. Non c’erano regni forti che organizzavano le spedizioni e si affermò l’elemento privato, i grandi commercianti. In età coloniale la zona di insediamento dei fenici è la parte costiera da Capo Carbonara fino a Tharros, con porti o insenature naturali attrezzate: Cagliari, Nora, Bithia, Pani Loriga, Sulci, Monte Sirai, Neapolis, Othoca e Tharros. La presenza pre-coloniale interessa, invece, principalmente le zone vicine alle miniere: il Sulcis, Alghero, la costa Orientale, il Nuorese e la Valle del Tirso, per poter penetrare all’interno della Sardegna. Una teoria che mi affascina da tempo è quella di identificare la mitica Tartesso, da molti studiosi localizzata alla foce del Guadalquivir in Spagna ma mai trovata, nei territori costieri del Golfo di Oristano e lungo le sponde del Tirso, il fiume sardo che arriva fino alle cime del Gennargentu, la montagna ricca di metalli preziosi. Tharros diverrebbe il centro principale di Tartesso e la Sardegna fulcro dei traffici commerciali dei tartessi. I materiali orientali, soprattutto metallici in bronzo, ritrovati nei contesti indigeni dell’isola ci fanno ipotizzare che i levantini avessero bisogno di fondaci che agevolassero i commerci. Si tratterebbe di scali, punti d’appoggio sulla costa, attrezzati con strutture semplici ma deperibili: moli lignei, case ed edifici in cui approvvigionarsi di acqua e alimenti. Questi fondaci vengono solo ipotizzati perché nessuno studioso ha mai trovato tracce di questi luoghi. Inizialmente l’economia prevedeva lo scambio di doni, e i materiali scambiati (specchi, attacchi d’ansa, tripodi bronzei e altri oggetti orientali) hanno mantenuto stile e tipologia simile per alcuni secoli, per cui è difficile stabilire con precisione la datazione dei reperti. La difficoltà cronologica è ampliata perché spesso i rinvenimenti sono fuori contesto. I tripodi sono di tradizione egea, in particolare cipriota, e la cronologia è fra XI e IX a.C., ma c’è un dibattito fra studiosi perché molti manufatti potrebbero essere anche stati prodotti in loco ma ispirati dalla tradizione orientale. Cipro è protagonista del filo di contatti fra oriente e occidente. I tiri e le altre popolazioni egeo- levantine che arrivano nel X a.C. non sono le prime ad approdare in Sardegna. Già da secoli c’era la presenza micenea nell’isola e alcuni studiosi, ad esempio Bernardini, ritengono che questi contatti inoltrati dai micenei non si siano mai interrotti. I levantini si sarebbero inseriti nelle stesse rotte inaugurate dai micenei e, a causa del decadimento di quella grande civiltà, si sarebbero sostituiti ad essi. Cipro era un’area miceneizzata e in seguito fu controllata da qualche componente levantina, pertanto dal crollo dei micenei e fino al X a.C. i protagonisti della pre-colonizzazione furono i ciprioti. Questo spiega la somiglianza dei manufatti rinvenuti in Sardegna con quelli di tradizione cipriota. I siti dove questi materiali sono stati individuati sono: Pozzomaggiore, Barumini e, fuori contesto, nell’area del tophet di Tharros. 244

Fig. 84 Tharros Forse quindi aramei, tiri, siriani, eubei e filistei non sono arrivati in Sardegna prima del X a.C. Oltre i tripodi di tradizione cipriota (Su Benatzu, in contesto nuragico) c’erano i torcieri, più recenti ma forse anch’essi ciprioti, come quello trovato a San Vero Milis (nel nuraghe s’Urachi), un frammento a Tadasuni in un ripostiglio, uno a Santa Vittoria di Serri e uno a Bithia, in una tomba mediterranea del VII a.C. Sui torcieri c’era un supporto per bruciare incenso e la cronologia si attesta intorno alla fine dell’VIII a.C. Proprio in queste datazioni si trova il nodo del concetto: vediamo che la pre- colonizzazione è precedente alla colonizzazione, perché è evidente che si tratta di un approccio di mercanti allogeni che intrattengono rapporti cerimoniali e commerciali con gli indigeni, ma gli scambi con l’interno, soprattutto dei bronzetti, continuano anche dopo che le colonie erano state fondate. In pratica i mercanti che andavano all’interno erano gli stessi che abitavano sulle coste. Troviamo quindi manufatti bronzei del VII a.C. all’interno, scambiati con lo stesso approccio della pre-colonizzazione. Anche schiavi, sale e pelli erano oggetti di scambio ma, per ovvi motivi, questi e altri manufatti deperibili non possono lasciare tracce. In seguito non abbiamo più traccia degli indigeni: forse si sono assimilati oppure sono andati nelle zone interne dell’isola. 245

La cronologia di questo fenomeno di frequentazione levantina si assegna ai secoli XI-IX a.C. Gli<br />

studiosi (la Ubet e altri) concordano sul fatto che il ruolo di protagonista è portato avanti dalla città<br />

di Tiro, che poi fonderà le colonie. La frequentazione precedente comprende anche i tiri ma,<br />

insieme a loro, ci sono varie popolazioni orientali: Aramei (semitici stanziati presso Damasco),<br />

Filistei (stanziati nella Palestina meridionale nella Pentapoli filistea), Siriani (stanziati a nord <strong>del</strong><br />

Libano), Eubei (greci <strong>del</strong>l’isola di Eubea), Ciprioti e altri. Le navi erano composte da equipaggio<br />

misto ed erano cariche di merci provenienti da zone differenti. Non c’erano regni forti che<br />

organizzavano le spedizioni e si affermò l’elemento privato, i grandi commercianti.<br />

In età coloniale la zona di insediamento dei fenici è la parte costiera da Capo Carbonara fino a<br />

Tharros, con porti o insenature naturali attrezzate: Cagliari, Nora, Bithia, Pani Loriga, Sulci, Monte<br />

Sirai, Neapolis, Othoca e Tharros. La presenza pre-coloniale interessa, invece, principalmente le<br />

zone vicine alle miniere: il Sulcis, Alghero, la costa Orientale, il Nuorese e la Valle <strong>del</strong> Tirso, per<br />

poter penetrare all’interno <strong>del</strong>la Sardegna.<br />

Una teoria che mi affascina da tempo è quella di identificare la mitica Tartesso, da molti studiosi<br />

localizzata alla foce <strong>del</strong> Guadalquivir in Spagna ma mai trovata, nei territori costieri <strong>del</strong> Golfo di<br />

Oristano e lungo le sponde <strong>del</strong> Tirso, il fiume sardo che arriva fino alle cime <strong>del</strong> Gennargentu, la<br />

montagna ricca di metalli preziosi. Tharros diverrebbe il centro principale di Tartesso e la Sardegna<br />

fulcro dei traffici commerciali dei tartessi.<br />

I materiali orientali, soprattutto metallici in bronzo, ritrovati nei contesti indigeni <strong>del</strong>l’isola ci fanno<br />

ipotizzare che i levantini avessero bisogno di fondaci che agevolassero i commerci. Si tratterebbe<br />

di scali, punti d’appoggio sulla costa, attrezzati con strutture semplici ma deperibili: moli lignei,<br />

case ed edifici in cui approvvigionarsi di acqua e alimenti. Questi fondaci vengono solo ipotizzati<br />

perché nessuno studioso ha mai trovato tracce di questi luoghi. Inizialmente l’economia prevedeva<br />

lo scambio di doni, e i materiali scambiati (specchi, attacchi d’ansa, tripodi bronzei e altri oggetti<br />

orientali) hanno mantenuto stile e tipologia simile per alcuni secoli, per cui è difficile stabilire con<br />

precisione la datazione dei reperti. La difficoltà cronologica è ampliata perché spesso i rinvenimenti<br />

sono fuori contesto. I tripodi sono di tradizione egea, in particolare cipriota, e la cronologia è fra XI<br />

e IX a.C., ma c’è un dibattito fra studiosi perché molti manufatti potrebbero essere anche stati<br />

prodotti in loco ma ispirati dalla tradizione orientale.<br />

Cipro è protagonista <strong>del</strong> filo di contatti fra oriente e occidente. I tiri e le altre popolazioni egeo-<br />

levantine che arrivano nel X a.C. non sono le prime ad approdare in Sardegna. Già da secoli c’era<br />

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levantina, pertanto dal crollo dei micenei e fino al X a.C. i protagonisti <strong>del</strong>la pre-colonizzazione<br />

furono i ciprioti. Questo spiega la somiglianza dei manufatti rinvenuti in Sardegna con quelli di<br />

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