Sardegna…tracce del passato
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Fig. 81 Mozia, l’isola La fase più antica presenta un muro semplice con uno zoccolo in pietrame non squadrato, cementato con malta di fango, e alzato in mattoni crudi. A distanza regolare, ogni 20 m, ci sono delle torri di guardia aggettanti rettangolari alte 12 m che comprendono 2 ambienti. Gli scavi della Ciasca, negli anni Settanta, hanno documentato i mattoni crudi protetti da un altro paramento murario. Nella seconda fase, sempre nel VI a.C. viene costruito un altro muro, addossato al precedente, che diminuisce l’aggetto delle torri. La terza fase, nel V a.C., vede paradossalmente una tecnica costruttiva militare greca, il nemico principale dei cartaginesi. I greci avevano armi d’assedio comprendenti arieti e minatori, pertanto l’aspetto militare fu quello percepito prima dai residenti: dovevano difendersi e impararono velocemente le tecniche del nemico. Costruivano con blocchi isodomi messi in opera a secco con disposizione di testa e di taglio per raddoppiare la consistenza e la resistenza allo sfondamento. Le mura inglobano la prima fase, mentre la fase centrale viene riempita. L’ultima fase, sempre nel V a.C., integra brevi tratti di fortificazioni con scheggioni messi in opera con malta di fango e ci sono grandi torri quadrangolari per rinforzare alcuni punti delle mura. La porta sud è in corrispondenza del bacino del Cothon e all’esterno dell’area furono ritrovati dei merli crollati. Questi elementi lapidei di forma centinata, che misurano circa un metro, hanno fatto ipotizzare il coronamento della struttura. Elementi di questo tipo sono rari e i ritrovamenti si limitano a 4 siti: Mozia, Tharros, Lilibeo e in Gallia. 232
L’abitato è stato scavato solo in piccola parte e non ne conosciamo l’estensione. Dopo la distruzione, avvenuta nel 397 a.C. ad opera di Dionigi, Mozia ha continuato a vivere perché i suoi abitanti, che si trasferirono sulla terraferma costruendo una rocca inespugnabile, continuarono a frequentare l’isola. Greci e romani non riuscirono mai a conquistarla e solo alla fine della II guerra punica, con la resa di Cartagine, la città passò sotto il controllo romano. Inizialmente la sistemazione dell’abitato, ipotizzata dall’archeologo inglese Taylor, era ortogonale e poi si sarebbe raccordata con l’andamento delle fortificazioni dell’isola che seguivano la forma della costa, quindi un passaggio da ortogonale a radiale. Tuttavia recenti scavi hanno dimostrato che l’impianto originale era molto frastagliato e non certo ortogonale. La porta nord è stata scavata da Withaker agli inizi del Novecento. La struttura è costituita da un lungo corridoio suddiviso in due parti e sbarrato da tre porte consecutive che costituivano una difesa dall’esterno. Gli inglesi hanno scavato la porta nord trovando due saccelli, di cui rimangono solo le fondazioni. Quello a destra, rettangolare di 5 x 7 m, aveva addossato ad uno dei muri 4 anfore infisse nel terreno legate ad una offerta o ad un culto indigeno. Fu identificata anche una grande quantità di ciotole e scodelle. L’altro saccello attualmente è di forma quadrata ma in antico era rettangolare, più piccolo. Gli scavi nell’area hanno riportato alla luce alcuni frammenti di capitelli: uno dorico e alcuni angolari fogliati. Si è ipotizzato che la struttura della prima fase avesse un aspetto greco, mentre nella seconda fase, nel V a.C., fosse stata sistemata con elementi di tipo orientale. Forse gli stessi moziesi, in occasione dell’attacco di Dionigi di Siracusa, hanno raso al suolo la struttura per evitare che fosse utilizzata dal nemico. Non conosciamo la funzione dei saccelli ma considerato che sono fuori dalle porte, in una zona di contatto con l’esterno attraverso una strada che porta verso la costa, si è pensato ad un punto in cui c’era l’incontro fra gli abitanti dell’isola e quelli della terraferma, forse una guardiola per riscuotere i dazi doganali. La parte centrale dell’abitato fu scavata da Tusa e mostra strutture arcaiche molto semplici. In una di queste, forse un magazzino, furono trovate una serie di file di anfore da trasporto vuote, (casa delle anfore). La vecchia casa padronale di Withaker è stata musealizzata e al suo interno si trovano molti materiali scavati nelle stratigrafie. In occasione del rifacimento del pavimento del capannone costruito per la produzione del vino sono state individuate tracce della frequentazione moziese. Gli ambienti e i materiali sono visibili attraverso passerelle che hanno salvaguardato l’impianto originale. 233
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L’abitato è stato scavato solo in piccola parte e non ne conosciamo l’estensione. Dopo la<br />
distruzione, avvenuta nel 397 a.C. ad opera di Dionigi, Mozia ha continuato a vivere perché i suoi<br />
abitanti, che si trasferirono sulla terraferma costruendo una rocca inespugnabile, continuarono a<br />
frequentare l’isola. Greci e romani non riuscirono mai a conquistarla e solo alla fine <strong>del</strong>la II guerra<br />
punica, con la resa di Cartagine, la città passò sotto il controllo romano. Inizialmente la<br />
sistemazione <strong>del</strong>l’abitato, ipotizzata dall’archeologo inglese Taylor, era ortogonale e poi si sarebbe<br />
raccordata con l’andamento <strong>del</strong>le fortificazioni <strong>del</strong>l’isola che seguivano la forma <strong>del</strong>la costa, quindi<br />
un passaggio da ortogonale a radiale. Tuttavia recenti scavi hanno dimostrato che l’impianto<br />
originale era molto frastagliato e non certo ortogonale.<br />
La porta nord è stata scavata da Withaker agli inizi <strong>del</strong> Novecento. La struttura è costituita da un<br />
lungo corridoio suddiviso in due parti e sbarrato da tre porte consecutive che costituivano una<br />
difesa dall’esterno. Gli inglesi hanno scavato la porta nord trovando due saccelli, di cui rimangono<br />
solo le fondazioni. Quello a destra, rettangolare di 5 x 7 m, aveva addossato ad uno dei muri 4<br />
anfore infisse nel terreno legate ad una offerta o ad un culto indigeno. Fu identificata anche una<br />
grande quantità di ciotole e sco<strong>del</strong>le. L’altro saccello attualmente è di forma quadrata ma in antico<br />
era rettangolare, più piccolo. Gli scavi nell’area hanno riportato alla luce alcuni frammenti di<br />
capitelli: uno dorico e alcuni angolari fogliati. Si è ipotizzato che la struttura <strong>del</strong>la prima fase avesse<br />
un aspetto greco, mentre nella seconda fase, nel V a.C., fosse stata sistemata con elementi di tipo<br />
orientale. Forse gli stessi moziesi, in occasione <strong>del</strong>l’attacco di Dionigi di Siracusa, hanno raso al<br />
suolo la struttura per evitare che fosse utilizzata dal nemico. Non conosciamo la funzione dei<br />
saccelli ma considerato che sono fuori dalle porte, in una zona di contatto con l’esterno attraverso<br />
una strada che porta verso la costa, si è pensato ad un punto in cui c’era l’incontro fra gli abitanti<br />
<strong>del</strong>l’isola e quelli <strong>del</strong>la terraferma, forse una guardiola per riscuotere i dazi doganali.<br />
La parte centrale <strong>del</strong>l’abitato fu scavata da Tusa e mostra strutture arcaiche molto semplici. In una<br />
di queste, forse un magazzino, furono trovate una serie di file di anfore da trasporto vuote, (casa<br />
<strong>del</strong>le anfore). La vecchia casa padronale di Withaker è stata musealizzata e al suo interno si<br />
trovano molti materiali scavati nelle stratigrafie. In occasione <strong>del</strong> rifacimento <strong>del</strong> pavimento <strong>del</strong><br />
capannone costruito per la produzione <strong>del</strong> vino sono state individuate tracce <strong>del</strong>la frequentazione<br />
moziese. Gli ambienti e i materiali sono visibili attraverso passerelle che hanno salvaguardato<br />
l’impianto originale.<br />
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