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AIC, 1988 - AIC Associazione Italiana Autori della Fotografia ...

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<strong>AIC</strong><br />

Si parla molto, forse troppo, del<br />

diritto da parte del direttore<br />

<strong>della</strong> fotografia a essere definito<br />

'autore' <strong>della</strong> fotografia.<br />

Se fosse solo una questione<br />

semantica, il problema sarebbe di<br />

importanza relativa. E vero,<br />

infatti, che le parole hanno un<br />

peso indiscutibile e spesso<br />

mutamenti di questo genere si<br />

traducono in o sono traduzioni<br />

di veri e propri cambiamenti di<br />

cultura, ma battersi per un mero<br />

aggiustamento verbale rischia di<br />

tradursi in una discussione sul<br />

sesso degli angeli.<br />

D'altra parte, se ciò di cui si<br />

parla fosse solo il riconoscimento<br />

economico di eventuali diritti<br />

d'autore, mi sembra che la<br />

discussione sarebbe<br />

particolarmente povera di quei<br />

contenuti culturali per me<br />

interessanti. Su questi ultimi<br />

vorrei fare brevi appunti.<br />

Chi è al servizio di che cosa? -<br />

Quale il rapporto tra operatore<br />

e regista?<br />

Quando si parla di collaborazione<br />

è implicito affermare che il<br />

direttore <strong>della</strong> fotografia è 'al<br />

servizio' dell'autore del film. Al<br />

servizio di una visione del mondo<br />

in cui le autonomie dei singoli<br />

'Ori Ciornie" di Franco Di Giacomo<br />

Coi piedi per terra<br />

collaboratori hanno uno spazio<br />

relativo alla volontà e<br />

all'intelligenza del regista. E<br />

poiché quella visione implica<br />

anche una particolare<br />

concezione <strong>della</strong> 'bella<br />

fotografia', l'operatore ha<br />

l'obbligo, avendo accettato quel<br />

determinato lavoro, di accogliere<br />

anche il senso estetico voluto<br />

dall'autore.<br />

Questo equivale, a mio parere, a<br />

essere al servizio del film. Film e<br />

regista, in questo caso, sono la<br />

stessa cosa, il che, d'altra parte,<br />

non vuol dire che l'operatore<br />

dovrebbe automaticamente<br />

abbracciare le scelte estetiche del<br />

regista.<br />

Ma in nome di che cosa<br />

l'operatore rivendicherebbe la<br />

propria autonomia di giudizio e<br />

di azione?<br />

Quando, ad esempio, un regista<br />

chiede all'operatore di girare il<br />

film facendo a meno del<br />

FRANCO DI GIACOMO<br />

controluce, non per questo il<br />

direttore <strong>della</strong> fotografia si sente<br />

privato di spazio vitale o umiliato<br />

nella sua professionalità.<br />

Eventuali disaccordi possono<br />

ovviamente essere superati con il<br />

dialogo e il reciproco rispetto.<br />

E quanto mi è accaduto in<br />

occasione del film "Ori Ciornie"<br />

quando, in seguito alla<br />

preferenza da parte di M. <strong>della</strong><br />

luce naturale rispetto a quella<br />

prodotta artificialmente, ho<br />

dovuto modificare i rapporti tra<br />

esterno e interno in modo per<br />

me inusuale. Nel caso di 'Ori<br />

Ciornie' il risultato ha dato<br />

ragione al regista perché, ed è<br />

questo l'aspetto che vorrei<br />

particolarmente sottolineare, il<br />

senso estetico delle immagini era<br />

coerente col significato<br />

complessivo del film.<br />

Ma torniamo al punto di<br />

partenza e alla domanda<br />

formulata poco prima. È chiaro<br />

che il direttore <strong>della</strong> fotografia si<br />

definisce 'autore' in base alla<br />

conoscenza e alla messa in opera<br />

di una determinata tecnica,<br />

quella dell'illuminazione. Ma<br />

quando di parla di 'autore' il<br />

termine così altisonante evoca<br />

immediatamente altri termini<br />

altrettanto altisonanti: Luce,<br />

Bellezza, Verità. Come se<br />

l'operatore potesse considerarsi<br />

sacerdote di idee astruse, astratto<br />

difensore di ancora più astratte<br />

formulazioni ideali. Noi direttori<br />

<strong>della</strong> fotografia siamo titolari di<br />

immagini che produciamo<br />

avvalendoci, oltre eh? <strong>della</strong><br />

nostra fantasia, di una tecnologia<br />

che, se usata in modo<br />

appropriato, concorre a<br />

estendere le nostre potenzialità<br />

espressive.<br />

Il pericolo è quello di<br />

considerarsi paladini di una<br />

Bellezza ormai perduta, o quello<br />

di identificare la Bellezza del<br />

proprio lavoro con il senso <strong>della</strong><br />

vita, la Verità.<br />

Simili affascinanti concetti sono,<br />

almeno da diversi secoli, prodotti<br />

dei cambiamenti che di volta in<br />

volta avvenivano nella società.<br />

In una parola: non tanto astratte<br />

produzioni di singoli, quanto

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