<strong>AIC</strong> L'ECLISSE Come se fosse estate ci siamo lasciati sorprendere dal buio: ti ringrazio lieve indolenza ciociara: grazia e pena dei tuoi nonni veneziani, <strong>della</strong> smania che ti media. Ascolti mentre ti parlo dell'eclisse e il viola <strong>della</strong> sera ricorda un altro viola. A casa tua nessuno ti ha svegliato questa mattina per l'eclisse e tu ora ascoltami: il giudizio universale ci troverà sulle terrazze volte a occidente, timidi e protetti da grandi vetri affumicati, uniti da un'imprecisa frenesia, coi golf gettati in fretta sulle spalle e l'ultima malizia del carnevale nell'orecchio, avremo da parlarne per giorni e giorni nella luce che resta per incanto nebbia viola sulle dita intrecciate ai tuoi capelli. Potrò accarezzare la tua persona senz'ombra sulla terra se t'avrò destata quel mattino un po' per tempo. Bernardo Bertolucci regista
<strong>AIC</strong> Molti, troppi sono i miti che ci ramificano accanto, o sono dentro il nostro sangue. Il cinema, che ha contribuito e contribuisce in larga misura al loro nascere e diffondersi, a sua volta è vittima di altri miti, come quello a esempio delle sue origini "plebee", intendendo l'aggettivo nel significato deteriore, per cui sarebbe stato per lungo tempo soltanto spettacolo per balie e soldati in libera uscita, attrazione da baraccone fieristico, divertimento di "iloti" (Duhamel). E invece i natali del nuovo mezzo espressivo sono anche "nobili" per chi abbia saputo vedere in esso — spesso prevedere — un avvenimento rivoluzionario, sconvolgente sul piano di una nozione d'arte originale, diversa dalle precedenti. "Questo congegno messo in movimento con l'aiuto di una manovella sconvolge qualcosa nella nostra vita di uomini e nella nostra attività di scrittori", afferma Lev Tolstoj nel 1908 (la prima proiezione pubblica dei Lumière risale, come noto, al dicembre 1895). "E una rivolta contro i vecchi metodi dell'arte letteraria, un attacco, un assalto, rende necessaria una nuova maniera di scrivere". E ancora prima, nel 1896, qualche mese dopo La sortie des ouvriers de l'usine Lumière, Maksim Gorkij parla di personaggi cinematografici "condannati all'eternità": "Non c'è niente al mondo che sia altrettanto bello, ma che nello stesso tempo si possa disonorare e rendere volgare. E immagino che persino nelle nuvole, dove una volta stavano gli ideali e i sogni, ora vorranno proiettare annunci pubblicitari per il lancio degli articoli da bagno". Aggiungeva Gyòrgy Luka.cs nel 1913: "E nato qualcosa di nuovo e di bello [con il cinema], e invece di coglierlo nel suo peculiare modo di essere, si fa di tutto per comprenderlo con l'ausilio di vecchie e inadeguate categorie, sottraendogli così il suo significato e il suo valore autentico". Anche i Lumière non pensavano che il cinematografo segnasse 1 esordio di un nuovo mezzo espressivo, e per giunta così rivoluzionario: sviluppo delle conoscenze scientifiche fondate sulla scoperta <strong>della</strong> fotografia e Le nobili origini del cineasta Operatore dell'American Biograph di fine '800 rinvenimento dei successivi accessori meccanici, esso era ai loro occhi soltanto uno strumento che fissa in modo preciso persone e oggetti nella loro forma dinamica. Come si è visto per Gorkij, Tolstoj e Luka.cs il cinema non è una riproduzione al servizio del lavoro scientifico e <strong>della</strong> vita pratica, senza alcun intento estetico; essi avvertono che la registrazione del movimento, al pari di altre scritture, può fissare anche emozioni estetiche. Non sostengono, come sostiene invece Baudelaire per la fotografia: bisogna che il cinema torni al suo vero compito, "quello di essere la serva <strong>della</strong> scienza e delle arti, ma la serva umilissima, come la stampa e la stenografia, le quali non hanno GUIDO ARISTARCO né cercato né,sostituito la letteratura". E evidente che non si trattava né si tratta di "sostituire" la letteratura, o l'arte figurativa: i linguaggi sono diversi anche se possono influenzarsi a vicenda. E rimane una compenetrazione tra arte e scienza: il film ha relazioni non marginali anche con la psicologia e la psicoanalisi, fa vedere cose che altrimenti non vedremmo: "la natura che parla alla cinepresa è diversa da quella che parla all'occhio". Per dimostrare la "cittadinanza artistica" del cinema Gorkij, Tolstoj e Lukàcs (e altri, come vedremo) non si rifanno a quegli elementi cultuali e tradizionali che esso non possiede, non lo costringono a rientrare nell'estetica classica, o romantica, o tardo borghese. Essi si posero la domanda "se attraverso la scoperta prima <strong>della</strong> fotografia e poi del film non si fosse modificato appunto il carattere complessivo dell'arte". "Il trionfo del cinematografo è garantito, poiché è la logica conclusione di tutta l'arte moderna", afferma nel 1913 Vladimir Majakovskij. "Per voi il cinema è spettacolo. Per me è quasi una concezione del mondo" aggiunge nel 1922. "Il cinema è portatore di movimento. Il cinema svecchia la letteratura. Il cinema demolisce l'estetica. Il cinema è diffusore di idee". "L'arte non ha bisogno del cinema; il cinema ha bisogno dell'arte" sostiene nel 1931 Bertold Brecht: il cinema possiede i migliori mezzi per superare cioè la vecchia concezione e diffusione dell'arte; l'arte è necessaria sì al cinema, ma non quella tradizionale — insiste —, a essa si oppone: occorre creare una nuova idea di arte. E in tale nuova concezione dell'arte che tra l'altro viene superato un problema nodale, che ha procurato non lievi difficoltà agli idealisti per riconoscere il film come arte: non solo la "questione tecnica", <strong>della</strong> tecnica ma, connessa con questa, quella dell'autore unico, individuale. "Un film deve essere opera di un collettivo. Effettivamente il cinema non dovrebbe far niente che un collettivo non possa fare. Già questa sola limitazione rappresenterebbe una norma molto feconda, essa basterebbe per eliminare l'"arte" tradizionale. Nell'epoca <strong>della</strong> riproduzione tecnica viene meno la nozione di "aurea", vale a dire il "qui e adesso", l'irripetibilità, l'unicità dell'opera d'arte, tutto quell'insieme di elementi mistici e sacrali che conferivano all'opera d'arte una posizione di privilegio, di "aristocraticità", sostiene Walter Benjamin: "il cinema, nel mettere al posto di un unico evento una serie quantitativa di eventi ripetibili" attraverso appunto la possibilità di riprodurre tecnicamente in varie copie una pellicola, "risponde in pieno al declino, alla consunzione, al contrappasso dell'aura". Se la natura che parla alla cinepresa è diversa da quella che parla all'occhio, e il cinema ci fa
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