AIC, 1988 - AIC Associazione Italiana Autori della Fotografia ...
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<strong>AIC</strong><br />
definito e temporalmente chiuso;<br />
di fondamentale importanza era<br />
considerato l'atteggiamento e il<br />
"moto" dei corpi e dei volti.<br />
Numerosissime sono le<br />
indicazioni in merito nella<br />
letteratura sull'arte che si<br />
occupava di elaborare e<br />
trasmettere regole, tecniche e<br />
prescrizioni per la<br />
rappresentazione: dalle teorie<br />
delle proporzioni agli studi di<br />
anatomia, dalle speculazioni<br />
filosofiche ai libri di modelli,<br />
dalle idealizzazioni alle<br />
tipizzazioni e ai trucchi<br />
tecnologici per ottenere gli<br />
"effetti speciali" <strong>della</strong><br />
costruzione del moto apparente<br />
delle figure e delle scene. E non è<br />
certo senza significato che anche<br />
Diderot, nelPEncyclopédie,<br />
intervenga sul problema,<br />
all'interno <strong>della</strong> generale<br />
revisione critica <strong>della</strong> cultura e<br />
<strong>della</strong> produzione artistica<br />
promossa dagli illuministi. Nella<br />
voce Dimensione si avanza per la<br />
prima volta l'ipotesi che "si<br />
potrebbe considerare la durata<br />
come una quarta dimensione";<br />
nella voce Composizione Diderot<br />
ribadisce l'esigenza dell'unità<br />
d'azione, e sottolinea<br />
l'importanza delle passioni per la<br />
resa <strong>della</strong> "temporalità" di un<br />
dipinto. Il pittore, egli scrive,<br />
non ha a disposizione che un<br />
istante indivisibile e a questo<br />
devono riportarsi tutti i<br />
movimenti <strong>della</strong> composizione, le<br />
diverse azioni che si svolgono nel<br />
medesimo tempo, gli effetti di<br />
luce e di ombra, le movenze dei<br />
gesti e le espressioni dei volti.<br />
Proprio le passioni, che si<br />
imprimono fuggevolmente e<br />
intensamente sui visi dei<br />
personaggi, costituivano uno<br />
degli elementi fondamentali del<br />
senso del tempo che pervade un<br />
quadro, in quanto transitorie,<br />
composite, suggestive di un<br />
presente che può conservare le<br />
tracce di emozioni appena<br />
trascorse oppure incombenti: "le<br />
lacrime di dolore coprono<br />
talvolta un viso in cui la gioia<br />
comincia ad apparire. Un abile<br />
pittore coglie un volto<br />
nell'istante del passaggio<br />
dell'anima da una passione<br />
all'altra, e fa un capolavoro".<br />
L'espressione delle passioni, o<br />
moti dell'animo, era oggetto, da<br />
tempo, di una particolare<br />
attenzione formale. Nel 1696 il<br />
pittore e accademico Le Brun<br />
aveva pubblicato una Conference<br />
sur l'expression des passions, che<br />
VIMMAGWEDEL NOSTRO SECOLO<br />
Macchine da ripresa del Cinéorama Ballon (1900)<br />
ebbe vasta risonanza. Si trattava<br />
di un metodo per rappresentare<br />
l'espressione delle passioni sul<br />
volto umano: la tranquillità,<br />
l'attenzione, l'ammirazione, lo<br />
stupore, il desiderio, l'amore, la<br />
speranza, la paura, l'ardimento,<br />
la gioia, il riso, il dolore, l'orrore,<br />
il terrore, la collera, la gelosia, la<br />
disperazione, la rabbia, che,<br />
secondo i principi già enunciati<br />
da Cartesio (Traiti sur le passions<br />
de l'àme, 1649), avevano origine<br />
dalla ghiandola pineale posta al<br />
centro del cervello. Stabilendo<br />
una sistematica correlazione tra<br />
eventi psichici e eventi fisici, tra<br />
moti interni e moti esterni, Le<br />
Brun delineò una serie di volti,<br />
su cui si registravano in<br />
sucessione le possibili varianti<br />
<strong>della</strong> posizione e<br />
dell'orientamento dei tratti<br />
caratterizzanti, sopracciglia,<br />
occhi, naso, bocca, con l'intento<br />
di fornire ai pittori un repertorio<br />
di stati d'animo e un metodo<br />
compositivo razionale. Era, in<br />
pratica, il tentativo di riportare<br />
ad una sequenza di variazioni sul<br />
tema le infinite sfumature delle<br />
espressioni, uniche e irripetibili<br />
ma strutturate secondo modelli<br />
costanti; estrema manifestazione<br />
dei vincoli accademici, ma anche<br />
una sorta di analisi <strong>della</strong> soglia<br />
delle possibilità espressive del<br />
linguaggio <strong>della</strong> pittura, <strong>della</strong><br />
capacità di incursione delle<br />
forme e dei colori nella<br />
psicologia, nel misterioso mondo<br />
<strong>della</strong> chimica delle emozioni. Al<br />
di là dell'irrigidimento didattico,<br />
infatti, il procedimento di Le<br />
Brun appariva ai contemporanei<br />
non solo come un mezzo di<br />
rappresentazione ma anche come<br />
un filo di Arianna per orientarsi<br />
nel dedalo del fluire e variare dei<br />
sentimenti.<br />
Dunque Diderot raccoglie i fili<br />
conduttori di questa tradizione<br />
<strong>della</strong> rappresentazione del<br />
movimento e del tempo in<br />
pittura, e ne esplora per così dire<br />
i limiti espressivi; l'estensione al<br />
teatro del suo modo di guardare<br />
la pittura rivelava esigenze<br />
nuove e intriganti, il desiderio<br />
forse ancora inconsapevole di<br />
una accentuazione delle<br />
percezioni e delle sensazioni<br />
emotive, di una perfezione<br />
rappresentativa negata, in<br />
termini diversi, al linguaggio<br />
<strong>della</strong> pittura come a quello del<br />
teatro, ai loro differenti livelli di<br />
finzione come riflessione sulla<br />
realtà e come stimolo<br />
all'immaginario. Il resto è storia<br />
nota, almeno per grandi linee; la<br />
storia <strong>della</strong> ricerca, nell'epoca<br />
<strong>della</strong> civiltà delle macchine, di<br />
mezzi di rappresentazione che<br />
sempre più coinvolgevano in una<br />
spirale indissolubile spazio e<br />
tempo, suoni e movimenti, arte e<br />
scienza, realtà e immaginazione,<br />
fino alla presa di coscienza delle<br />
potenzialità espressive di uno<br />
specifico nuovo, il cinema, e fino<br />
alle tecnologie più sofisticate e ai<br />
più spericolati e stroardinari<br />
effetti in cui si consuma oggi il<br />
mito <strong>della</strong> "grande illusione".<br />
Nell'arco di vari decenni, la<br />
capacità di suggestione delle<br />
immagini diventa sempre più<br />
"reale" e insieme più<br />
"fantastica", attraverso<br />
l'incessante e discontinua<br />
successione di esperienze e<br />
metodi, mediati sia dalla pittura<br />
(trasparenti, diorami panorami),<br />
sia dalla tecnica delle proiezioni<br />
luminose, con il corredo di<br />
scoperte ottiche, fisiologiche,<br />
chimiche e meccaniche (da<br />
Plateau a Uchatius, da Reynaud<br />
a Marey, da Eastman a Edison e<br />
a Lumière).<br />
Forse il tema complesso dello<br />
sviluppo del cinema come mezzo<br />
espressivo potrebbe essere<br />
esaminato ricercando i suoi<br />
rapporti con i modelli forniti per<br />
secoli dalla pitture; modelli da<br />
intendere non solo come fonti<br />
iconografiche o temi di<br />
ispirazione, ma nel senso di<br />
metolodogie per la messa a punto<br />
delle tecniche <strong>della</strong><br />
comunicazione per immagini e<br />
delle abitudini visive (modi di<br />
guardare oltre che di produrre),<br />
indotte e profondamente<br />
introiettate.<br />
Infatti nel cinema, almeno per<br />
un certo periodo, accanto agli<br />
apporti scientifici e tecnologici,<br />
ha giocato un ruolo non<br />
indifferente la tradizione formale<br />
elaborata lungamente dalla<br />
pittura e dalla scultura. Il cinema<br />
muto era caratterizzato da<br />
movenze e da espressioni