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AIC, 1988 - AIC Associazione Italiana Autori della Fotografia ...

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<strong>AIC</strong><br />

Bordeu. "Cosa circoscrive la vostra<br />

estensione reale, la vera sfera <strong>della</strong><br />

vostra sensibilità?"<br />

Mademoiselle de l'Espinasse. "La mia<br />

vista e il mio tatto".<br />

Bordeu. "Di giorno: ma la notte, nelle<br />

tenebre, quando sognate..." (D.<br />

Diderot, "Il sogno di D'Alambert ")<br />

"Il privilegio del cinematografo consiste<br />

nel permettere a un gran numero di<br />

persone di sognare insieme lo stesso •<br />

sogno. Di mostrare inoltre con il rigore<br />

del realismo i fantasmi dell'irrealtà<br />

vera". (]. Cocteau, "Testamento di<br />

Orfeo")<br />

"Chi passeggia in una galleria di<br />

quadri si comporta, senza<br />

pensarci, come un sordo che si<br />

diverte a esaminare dei muti che<br />

si intrattengono su argomenti a<br />

lui noti". Così scriveva Diderot<br />

nel 1751 nelle Lettres sur les<br />

sourds et les muets (ediz. italiana<br />

Milano 1968 a cura di E.<br />

Franzini), aggiungendo: "questo<br />

punto di vista è uno di quelli con<br />

i quali ho sempre guardato i<br />

quadri che mi sono stati<br />

presentati. E ho notato che era<br />

un mezzo sicuro per riconoscere<br />

le azioni anfibologiche e i<br />

movimenti equivoci, per essere<br />

subito colpiti dalla freddezza o<br />

dal caos di una scena mal<br />

rappresentata o di una<br />

conversazione mal impostata e<br />

per cogliere, in una scena dipinta<br />

a colori, tutti i difetti di una<br />

rappresentazione debole o<br />

forzata". Con questa angolazione<br />

Diderot poneva il problema del<br />

linguaggio <strong>della</strong> pittura dalla<br />

parte dell'osservatore, come<br />

modo cioè di guardare lo<br />

spettacolo immobile e senza<br />

rumori dei dipinti, nell'ambito di<br />

una analisi del "discorso... dei<br />

segni" e del confronto tra sistemi<br />

di comunicazione. E<br />

considerando il termine<br />

rappresentazione come "proprio<br />

del teatro", Diderot estendeva<br />

ad esso questo suo modo di<br />

lettura; racconta infatti che<br />

quando andava a teatro si<br />

tappava le orecchie per<br />

concentrare la propria<br />

attenzione unicamente sulle<br />

sensazioni visive date dalla<br />

recitazione degli attori. Un<br />

esperimento percettivo, egli<br />

afferma, "che mi ha offerto sui<br />

movimenti e sui gesti molti più<br />

chiarimenti di tutte le letture del<br />

mondo"; infatti "se per ben<br />

giudicare dell'intonazione<br />

bisogna ascoltare il discorso senza<br />

vedere l'attore, è altrettanto<br />

naturale credere che per<br />

giudicare correttamente il gesto<br />

L'IMMAGINE DEL NOSTRO SECOLO<br />

Dalla pittura al cinema<br />

Figura in movimento (Codex Huygens, 1581 circa)<br />

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SILVIA BORDINI<br />

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L'espressione delle passioni secondo Charles Le Brun (1696)<br />

e i movimenti si debba<br />

considerare l'attore senza<br />

sentirlo parlare". Diderot<br />

guardava dunque i quadri come<br />

composizioni narrative o<br />

racconti pittorici, come messaggi<br />

figurativi essenzialmente gestuali,<br />

e con lo stesso sguardo provava a<br />

guardare il teatro, per coglierne<br />

l'essenzialità espressiva; utilizzava<br />

cioè una tecnica visiva, un<br />

occhio, educato e sensibilizzato<br />

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dall'esercizio <strong>della</strong><br />

decodificazione del muto e<br />

statico linguaggio <strong>della</strong> pittura.<br />

Nei dipinti infatti i gesti sono<br />

immobilizzati, il movimento<br />

congelato, il tempo fermato;<br />

eppure in essi si può svolgere un<br />

racconto, rappresentare<br />

un'azione, suggerire il trascorrere<br />

del tempo, comunicare un<br />

mondo di sensazioni, dare forma<br />

all'invisibile. "Se bene ...muta si<br />

19<br />

chiami altresì la pittura, sembra<br />

pure, a cotal modo, che le<br />

dipinte figure favellino, gridino,<br />

piangano, ridano e facciano così<br />

fatti effetti" (L. Dolce, Diafogo<br />

<strong>della</strong> pittura, Venezia 1558). E<br />

non a caso la pittura di storia era<br />

sempre considerata il "genere"<br />

superiore a tutti gli altri.<br />

La potenzialità espressiva e<br />

narrativa <strong>della</strong> pittura, si basava,<br />

come è noto, sulla messa a punto<br />

di un sistema di regole, tecniche<br />

e convenzioni che costituivano<br />

una parte importante <strong>della</strong><br />

cultura dei pittori e del pubblico.<br />

Mentre la rappresentazione dello<br />

spazio era governata da una<br />

teoria prospetticarconvenzionale<br />

ma scientificamente fondata, la<br />

rappresentazione del tempo e del<br />

movimento in pittura seguiva<br />

invece una serie di indicazioni<br />

empiriche e di espedienti tesi a<br />

rendere visibile, o quanto meno<br />

a suggerire, lo svolgimento delle<br />

azioni nel tempo. Vari erano i<br />

metodi adottati, nella tradizione<br />

<strong>della</strong> pittura occidentale, per<br />

strutturare il racconto pittorico<br />

e per rendere l'espressione delle<br />

emozioni e degli eventi: il<br />

continuum di immagini in<br />

successione spazio-temporale<br />

ereditato dalla tarda romanità; i<br />

cicli di avvenimenti in riquadri<br />

distinti e sequenziali, come nelle<br />

predelle o in certe pitture<br />

parietali; la rappresentazione<br />

simultanea di momenti e episodi<br />

riferibili a tempi diversi,<br />

articolati in una unica<br />

composizione spaziale ma su vari<br />

piani di profondità, con la<br />

ripetizione, a volte, delle<br />

medesime figure dei protagonisti<br />

dell'azione in diverse positure e<br />

distanze. Dal Rinascimento in<br />

poi questi modi narrativi erano<br />

stati subordinati al nucleo<br />

teorico fondamentale dell'unità<br />

di tempo, di azione e di luogo,<br />

mediata dalle teorie aristoteliche;<br />

era stata fissata la regola <strong>della</strong><br />

scelta dell'istante significativo<br />

dell'azione da raccontare, ossia la<br />

scelta di quella porzione<br />

infinitesimale di presente che più<br />

di tutti si prestava a<br />

compendiare la complessità<br />

dell'evento in una unica<br />

immagine, capace di essere<br />

completata nel passato e nel<br />

futuro attraverso<br />

l'immaginazione dell'osservatore.<br />

Questa "scelta" doveva essere<br />

sostenuta e esplicitata dalla<br />

composizione generale e dalla<br />

disposizione dei vari elementi,<br />

nello spazio prospetticamente

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