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AIC, 1988 - AIC Associazione Italiana Autori della Fotografia ...

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<strong>AIC</strong><br />

Capivo che, nell'inquadratura<br />

fissa <strong>della</strong> scena teatrale, la luce<br />

operava sintesi di suggestioni<br />

diverse, stringendo e allargando<br />

lo spazio, mo<strong>della</strong>ndolo quasi,<br />

con una misteriosa capacità di<br />

inchiodare l'attenzione sopra un<br />

particolare o di imporre un<br />

orizzonte sconfinato. Le<br />

immagini trascorrono<br />

fisicamente lontano dallo<br />

spettatore: ed è sempre la luce<br />

ad intervenire con la sua forza<br />

illusiva per accorciare questa<br />

distanza.<br />

L'incontro con il cinema,<br />

improvviso e inatteso, mi<br />

sollecitava ad altre<br />

considerazioni, cambiando in<br />

parte un tracciato seguito fino a<br />

quel punto.<br />

La prima volta che mi sono<br />

trovata su di un "set" con<br />

l'incarico di assistente ai costumi<br />

fu nel film di Bernardo<br />

Bertolucci, "La Luna", dove,<br />

guarda caso, la protagonista <strong>della</strong><br />

storia era un celebre soprano.<br />

Quindi, ancora una volta,<br />

mondo dell'Opera, ma visto con<br />

gli occhi (appassionati) <strong>della</strong><br />

macchina da presa. Al di là di<br />

questo incontro fortuito e<br />

fortunato con sentimenti e segni<br />

a me familiari, scoprivo le<br />

illimitate possibilità espressive<br />

del cinema, la libertà di cui il<br />

regista dispone, complice il<br />

mezzo tecnico che supera ogni<br />

genere di barriere, e la differente<br />

utilizzazione del lavoro di<br />

scenografia, luce e costume.<br />

Ricordo le prime proiezioni cui<br />

assistevo da addetta ai lavori, e<br />

1 emozione di conoscere sullo<br />

schermo la natura investigatrice<br />

<strong>della</strong> macchina da presa che<br />

rivela tutto, anche gli angoli più<br />

segreti di un moto interiore,<br />

restituendoli ad uno spazio e ad<br />

un tempo di racconto che<br />

costringono lo spettatore a non<br />

immaginarne altri possibili.<br />

Ricordo anche la sorpresa di<br />

ritrovare dettagli dimenticati,<br />

errori invisibili ad occhio nudo,<br />

elementi di grande risalto non<br />

valorizzati oppure l'esatto<br />

contrario; insomma un<br />

"nguaggio diverso,<br />

completamente nuovo. Eppure i<br />

costumi, i colori, le forme erano<br />

"> mentre si girava, sotto<br />

controllo, costruiti<br />

artigianalmente come sempre<br />

secondo i ritmi e i tempi di un<br />

modo antico che ha ben poco da<br />

spartire con le tecnologie più<br />

avanzate.<br />

Ho cercato di capire meglio e di<br />

approfondire il rapporto con la<br />

luce, lo spazio, i colori, venendo<br />

a conclusione che stavolta ci<br />

dovevo mettere in conto il<br />

movimento e una differente<br />

impostazione <strong>della</strong> luce. Dunque,<br />

la fotografia.<br />

Nonostante l'operazione creativa<br />

venga equamente spartita tra i<br />

collaboratori del regista, la<br />

fotografia, insieme a tutto quel<br />

che ne segue (stampa e<br />

calibratura dei colori) opera un<br />

condizionamento figurativo di<br />

cui è responsabile, che resta<br />

fissato sulla pellicola. Penso di<br />

aver ritrovato nella conoscenza<br />

<strong>della</strong> luce in cinema lo stesso<br />

magico rapporto che trattengo<br />

con la musica in teatro, un<br />

rapporto cioè di ricerca di<br />

armonia, di sintesi attraverso cui<br />

i messaggi visivi vengono<br />

ordinati, organizzati e offerti allo<br />

spettatore, a volte quasi con una<br />

precedenza sulla parola.<br />

La luce nasconde e rivela, esalta<br />

un colore, evidenzia una forma,<br />

punteggia il racconto figurativo<br />

di accenti secondo un'ideologia<br />

prestabilita poiché si lavora<br />

sempre per idee e contenuti,<br />

veicoli trainanti di qualunque<br />

operazione.<br />

Così il lavoro di costume, come<br />

quello di scenografia, non può<br />

essere disgiunto ideologicamente<br />

dalla fotografia; come, per<br />

paradosso, la regia non può<br />

ignorare la storia del film.<br />

Esistono infatti, tra questi,<br />

rapporti di necessità e di<br />

supporto strutturale (oltre che<br />

formale), i quali concorrono alla<br />

costruzione di un prodotto che<br />

avrà quei precisi connotati, e<br />

non altri. Il che spiega anche il<br />

valore dei contributi individuali<br />

dei collaboratori del regista,<br />

insieme ai mille altri interventi<br />

<strong>della</strong> grande macchina<br />

cinematografica.<br />

La vita di un costume in cinema<br />

è doppia: da un lato rimane<br />

impressa su pellicola in etemo,<br />

dall'altro, inteso come tessera di<br />

un ampio mosaico, è un viaggio<br />

bello e tormentato in cui<br />

l'incidentalità di una serie di<br />

contingenze (dall'inquadratura,<br />

alla scelta del ciack da stampare,<br />

alla stampa stessa,<br />

all'eliminazione <strong>della</strong> scena in<br />

sede di montaggio) rendono<br />

totalmente precario il suo<br />

destino e il messaggio che gli era<br />

stato affidato nella<br />

progettazione. Ma questo viaggio<br />

è sempre accompagnato dalla<br />

luce che lo abbraccia, lo esalta,<br />

ì t m m a g m e g u a u t o r i 139<br />

lo cancella o lo sbiadisce. È la<br />

luce, oltre all'obiettivo <strong>della</strong><br />

macchina da presa, a captare<br />

dietro il racconto di un<br />

particolare o di un colore, le<br />

intenzioni di un mondo, piccolo<br />

o grande che sia.<br />

Per il costume sopravvivere a<br />

tutte queste prove non è facile:<br />

testimone <strong>della</strong> interpretazione<br />

che offre al racconto e alla<br />

psicologia del personaggio che<br />

rappresenta, vivrà a volte una<br />

partecipazione parziale, forse<br />

carente rispetto al modo<br />

desiderato, ma sarà ricompensato<br />

dal rapporto con il movimento,<br />

con ritmi diversi, a vantaggio di<br />

una fruizione totale. Dal cinema<br />

la staticità è bandita, la luce<br />

stessa è dinamica, poiché energia<br />

attiva: dunque si tratta di<br />

movimento scritto dalla luce.<br />

Nel lavoro di fotografia mi piace<br />

-vedere un ponte tra il mondo<br />

antico, artigianale, di<br />

fabbricazione e il mondo <strong>della</strong><br />

tecnica.<br />

Accostandomi in questi ultimi<br />

anni sempre più frequentemente<br />

al cinema non posso non tener<br />

conto <strong>della</strong> crescente qualità<br />

dell'immagine, dell'uso di<br />

pellicole sensibili, di macchine da<br />

presa sofisticate, per non parlare<br />

dell'alta definizione, che<br />

impongono una lettura più<br />

penetrante e scandita.<br />

Ma alla fine ciò che resta è il<br />

contenuto, le scelte, il pensiero<br />

dell'uomo, la sua storia umana.<br />

In un'epoca di inarrestabile<br />

avanzamento tecnologico, di<br />

inflazione di immagini che non<br />

fanno più pensare, mi auguro,<br />

proprio perché lavoro dalla parte<br />

delle immagini, che i mezzi siano<br />

al servizio delle idee, che non<br />

venga mai meno la volontà di<br />

ricerca dell'anima e <strong>della</strong> poesia.<br />

Solo così può avere ancora un<br />

senso parlare di forma, di spazio,<br />

di colore, di luce.<br />

I have tried to remember, as 1 am<br />

writing about my career, when it<br />

actually was that I was "blinded on<br />

the road to Damascus", which resulted<br />

in my taking up Costume Design: but<br />

to no avail. If I go back in my mind,<br />

trying to remember any significant<br />

event that might have influenced my<br />

choice (I don't know if one can<br />

actually say one was "called"), all I<br />

can recall is a distinct flair for drawing<br />

and an incredible passion for Opera,<br />

cultivated since I was young child,<br />

from the day my parents came home<br />

from work to find me with my head in the<br />

record player in ecstasies over "II<br />

Trovatore", and later at school when I<br />

used to recount the stories of the<br />

different librettos to my classmates,<br />

illustrating my favourite ones for them.<br />

Following this, I developed an avid<br />

interest in the theatre where, even as<br />

an adult, I have never ceased to be<br />

enchanted by the magical world on<br />

stage, the lights and atmosphere, or to<br />

be enthralled by the voices and the<br />

music. When 1 finally realized that<br />

what happened on the stage was<br />

actually going to be my career, even if<br />

I didn't know quite how, 1 directed my<br />

university studies towards the .<br />

figurative arts — another passion of<br />

mine — seeking to explore more deeply<br />

the relationship between colour, form<br />

and light on the one hand, and music<br />

(and also drama) on the other.<br />

After a serie of fortunate coincidences,<br />

1 suceeded in entering the theatre, no<br />

longer a mere spectator!<br />

It was while I was learning set and<br />

costume design in the theatre that,<br />

thanks to the music and themes of<br />

Opera, 1 found 1 was greatly inclined<br />

to use colour symbolically, and<br />

intensely interested expressing both the<br />

music and drama with form.<br />

At the same time, I became<br />

increasingly more aware of the light: I<br />

began to realize how important it was,<br />

hew fundamental it was to what was<br />

happening on stage. It was when I was<br />

trying to put my theories into practice,<br />

that the history of the figurative arts<br />

also revealed itself to be an increasing<br />

knowledge of colour, form, space and<br />

light; in that, in order to create the<br />

different "worlds" on stage, I had<br />

constantly to study, analyse and invent<br />

— which, to put it briefly, is the great<br />

thing about this profession!<br />

When 1 was given my first real<br />

assigment (the costumes for "Emani",<br />

at the Rome Opera House in 1978) I<br />

was able to develop the concepts I had<br />

evolved while gaining all my experience<br />

and trying to realize my aspirations —<br />

colour which communicates an<br />

emotion, form which expands it, space<br />

which liberates it and light which<br />

reveals it — more concretely. I felt that<br />

the light brought the visual and the<br />

music together, at the same time<br />

"telling" the story, according to a<br />

precise interpretation, in the same way<br />

that it is "told" by a gesture, colour or<br />

sound. I understood that, on stage, it<br />

was the light that united the different<br />

expressions, reducing or enlarging the<br />

space, moulding it almost, with a<br />

mysterious capacity to rivet the<br />

audience's attention on a particular<br />

detail, or make an horizon infinite. The<br />

action takes place quite some distance<br />

from the audience, but it is the light<br />

that creates the illusion of their being<br />

no distance at all.<br />

My sudden and unexpected encounter<br />

with the cinema, necessitated my<br />

swiftly taking other elements into<br />

consideration, and modifying the<br />

guide-lines I had followed up until that<br />

point.

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