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Efesto: il lavoro divino e terribile1 - Mida

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<strong>Efesto</strong>: <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>divino</strong> e terrib<strong>il</strong>e<br />

<strong>Efesto</strong>: <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>divino</strong> e terrib<strong>il</strong>e 1<br />

di Emanuele Schmidt<br />

Immaginate di volare sul Mediterraneo: <strong>il</strong> mare è calmo, <strong>il</strong> cielo azzurro, <strong>il</strong><br />

panorama offre ai vostri occhi solo immagini di una natura bella e incontaminata.<br />

Vedete un’isola. Potrebbe essere Lemno, nell’Egeo settentrionale, e invece<br />

è Lipari, nel Tirreno meridionale. Siamo nei tempi antichi: non ci sono aeroporti<br />

per gli aerei che attraversano i cieli, né traghetti che solcano <strong>il</strong> mare; non ci<br />

sono strade per le macchine o spiagge piene di bagnanti. Tutto è verde o blu.<br />

Vi avvicinate, zoom avanti con la telecamera. Scendete verso l’isola. Sentite<br />

dei rumori, che provengono da una caverna. Vedete del fumo.<br />

Entrate. Vi si presenta un’immagine affatto diversa: fuliggine, fuoco, temperatura<br />

insopportab<strong>il</strong>e, metalli roventi ricevono forma. I ciclopi obbediscono agli<br />

ordini incessanti urlati da un capo officina di nome <strong>Efesto</strong>, brutto, zoppo e irascib<strong>il</strong>e.<br />

Vi trovate di fronte a una fabbrica, e questa immagine vi porta avanti di<br />

un po’ di m<strong>il</strong>lenni, all’Ingh<strong>il</strong>terra del 1700, all’Italia del 1800, alla Cina di oggi. Vi<br />

trovate di fronte a un panorama industriale, sporco, rumoroso, inquinato. Ne<br />

avvertite la puzza.<br />

Chi è <strong>il</strong> capo officina? E che cosa si produce in quell’officina?<br />

Il capo officina, <strong>Efesto</strong>, è <strong>il</strong> dio della meccanica. Il valore che lo guida è la perfezione<br />

tecnica: ci tiene a produrre oggetti belli, perfetti in ogni dettaglio, inimitab<strong>il</strong>i<br />

e preziosi. È <strong>il</strong> capostipite degli artigiani, e dell’artigiano ha tutte le caratteristiche:<br />

produce pezzi unici, è geloso del suo sapere, non bada alla fatica<br />

pur di raggiungere <strong>il</strong> risultato, è innamorato del suo <strong>lavoro</strong>. Talmente innamorato,<br />

che gli dedica quasi tutte le ore del giorno e della notte. Ha sv<strong>il</strong>uppato una<br />

vera e propria dipendenza dal suo <strong>lavoro</strong>, quasi un tossicomane: 3000 anni<br />

dopo lo avrebbero definito un “workaholic”. A tal punto è preso dal <strong>lavoro</strong>, che<br />

non si accorge che la moglie Afrodite-Venere lo tradisce con Ares-Marte…<br />

E che cosa produce questo artigiano così esperto? Cose ut<strong>il</strong>i per <strong>il</strong> progresso<br />

dell’umanità? Valutate voi: scettri, troni, gioielli, coppe, armi, armature. Ha<br />

perfino inventato <strong>il</strong> robot: nel suo antro girano ancelle d’oro automatiche, che<br />

gli obbediscono e svolgono per lui ogni tipo di <strong>lavoro</strong>. Il suo sapere, la sua competenza<br />

tecnica è al servizio degli dei che fanno la guerra: la tecnologia di<br />

punta, allora come oggi, viene sv<strong>il</strong>uppata per scopi bellici.<br />

1 Quello che proponiamo è <strong>il</strong> testo, parzialmente rivisto, di una conferenza tenuta dall’autore a Crema<br />

<strong>il</strong> 19 apr<strong>il</strong>e 2007. La conferenza era parte di un ciclo di appuntamenti gastronomico-culturali, dall’evocativo<br />

titolo “Come ti cucino <strong>il</strong> mito”, dedicati ognuno a una divinità diversa. Ogni serata prevedeva un<br />

menù adeguato alla divinità trattata, la lettura da parte di un attore professionista di alcuni testi letterari<br />

antichi e una conferenza.<br />

La responsab<strong>il</strong>e del progetto, Patrizia De Capua, del Centro territoriale permanente per l’istruzione e<br />

la formazione in età adulta di Crema, aveva affidato a Emanuele Schmidt <strong>il</strong> compito di animare la<br />

serata su <strong>Efesto</strong>, <strong>il</strong> dio del <strong>lavoro</strong>, e di proporre alcune riflessioni sull’evoluzione del <strong>lavoro</strong> nei nostri<br />

tempi.<br />

Le letture che hanno accompagnato la conferenza erano:<br />

• Platone, Protagora XI (<strong>il</strong> mito di Prometeo)<br />

• Omero, Odissea VIII (<strong>il</strong> tradimento di Afrodite)<br />

• Omero, Iliade XVIII (le armi di Ach<strong>il</strong>le)<br />

51


Pagine <strong>Mida</strong> 13<br />

<strong>Efesto</strong> non è al servizio delle persone “normali”, non è al servizio dell’economia<br />

di pace: non produce aratri, falci, mungitrici, telai, medicine o altri oggetti<br />

che avrebbero potuto giovare all’economia dell’epoca.<br />

Per mettere a disposizione degli uomini <strong>il</strong> sapere di <strong>Efesto</strong>, è dovuto intervenire<br />

Prometeo, che glielo ha rubato: secondo questo mito, l’uomo – animale<br />

indifeso e con limitate risorse – riceve in regalo da Prometeo <strong>il</strong> segreto del<br />

fuoco e la sapienza di <strong>Efesto</strong> e su questi costruisce la sua civ<strong>il</strong>tà. La tecnica,<br />

rubata al suo inventore, si diffonde e genera ricchezza.<br />

52 diventato<br />

nato<br />

brucia le navi<br />

figlio di Zeus e di Era<br />

(o solo di Era)<br />

difesa<br />

dagli spiriti maligni<br />

folgori<br />

templi fuori città<br />

isole<br />

mulciber-quietus-mitis<br />

es<strong>il</strong>iato<br />

zoppo<br />

fuoco distruttore<br />

da Zeus<br />

regala trono<br />

si trasferisce<br />

in cielo<br />

scagliato sulla terra<br />

Giunone<br />

intrappolata<br />

Bacco<br />

lo ubriaca<br />

zoppo<br />

<strong>Efesto</strong><br />

Vulcano<br />

scettri<br />

da Era<br />

troni<br />

brutto<br />

uomo<br />

animale indifeso<br />

Prometeo ruba<br />

fuoco e sapienza<br />

cattivo carattere<br />

a Enea<br />

gioielli<br />

Ciclopi<br />

ad Ach<strong>il</strong>le<br />

armi<br />

tradimento<br />

svelato<br />

statua<br />

Birmingham<br />

Dio della meccanica<br />

perfezione<br />

sposa<br />

Afrodite-Venere<br />

gli dei<br />

ridono<br />

fabbro<br />

magiche<br />

fucine<br />

innamorata<br />

di Marte<br />

forza<br />

robot<br />

fabbrica<br />

indaffarato<br />

non si accorge<br />

rete invisib<strong>il</strong>e<br />

<strong>il</strong> dolore<br />

rumore<br />

<strong>Efesto</strong>: <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>divino</strong> e terrib<strong>il</strong>e<br />

Il mito di <strong>Efesto</strong>, Dio del <strong>lavoro</strong>, ci parla dell’intelligenza dell’uomo e di come<br />

l’uomo abbia saputo ut<strong>il</strong>izzarla per generare ricchezza. Il valore rappresentato<br />

da <strong>Efesto</strong>, la perfezione nel <strong>lavoro</strong>, è al centro della vita delle donne e degli<br />

uomini di tutte le epoche, così come è un fattore costitutivo di ogni civ<strong>il</strong>tà.<br />

Passiamo dunque ai giorni nostri per verificare se e in che modo <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong><br />

abbia oggi cambiato faccia.<br />

Vi propongo di analizzare insieme tre “miti” del <strong>lavoro</strong>, tre tipologie di lavoratore<br />

che – in successione – sono diventate egemoni e hanno caratterizzato le<br />

loro epoche:<br />

l’artigiano dell’altro ieri,<br />

l’operaio di ieri (che i sociologi definiscono “lavoratore subordinato standard”),<br />

<strong>il</strong> lavoratore “flessib<strong>il</strong>e e responsab<strong>il</strong>e” di oggi (che alcuni chiamano “intraprenditore”).<br />

Il mito dell’artigiano ci riporta a un’infanzia felice e ci parla di un paradiso perduto:<br />

l’artigiano produce pezzi unici, in ognuno dei quali immette un guizzo<br />

della propria creatività; l’artigiano lavora con ritmi umani, vive vicino alla sua<br />

famiglia, non distingue tra tempi della vita e tempi del <strong>lavoro</strong>. Il suo laboratorio<br />

è in casa o molto vicino a casa.<br />

L’artigiano conosce personalmente i suoi clienti e intrattiene con loro relazioni<br />

“calde”. Non fa scorte, non ha magazzino: produce su richiesta del cliente,<br />

progettando ciò di cui ha bisogno insieme a lui e per lui.<br />

L’artigiano è <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> che tutti vorrebbero fare: un <strong>lavoro</strong> che valorizza l’individuo<br />

e la sua creatività, in cui la noia non esiste, in cui ogni giorno è diverso<br />

dal precedente. È <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> più profondamente “umano” che si possa immaginare.<br />

Tutto bello insomma? Naturalmente quello che sto descrivendo non è <strong>il</strong> “vero”<br />

artigiano: se chiedessimo a Mastro Geppetto, che non ha da mangiare, scaldarsi<br />

e <strong>il</strong>luminare <strong>il</strong> suo laboratorio, ci direbbe che la vita dell’artigiano non è<br />

affatto rose e fiori: è una vita precaria, povera, spesso sull’orlo del precipizio.<br />

Sto proponendovi dunque una descrizione che idealizza la figura dell’artigiano<br />

allo scopo di rendere più tragico e negativo <strong>il</strong> tipo di lavoratore proposto dal<br />

mito che segue.<br />

L’operaio: che cosa caratterizza questo mito? L’operaio nasce con l’industria<br />

e con la cosiddetta “organizzazione scientifica del <strong>lavoro</strong>”. Nel mondo dell’operaio,<br />

la ricchezza viene prodotta grazie a numerose “separazioni”:<br />

la separazione tra chi progetta e chi esegue, resa possib<strong>il</strong>e dalla tecnologia;<br />

la separazione tra chi fa e chi controlla la qualità di ciò che è stato fatto,<br />

resa possib<strong>il</strong>e dalla gerarchia;<br />

la separazione tra chi produce e chi consuma, resa possib<strong>il</strong>e dai magazzini<br />

e dai mezzi di trasporto, e la conseguente separazione tra chi produce e<br />

chi vende;<br />

la separazione tra tempo di vita e tempo di <strong>lavoro</strong>, tra spazio di vita e spazio<br />

di <strong>lavoro</strong>, generata dall’invenzione della fabbrica e del <strong>lavoro</strong> dipenden-<br />

53


mito del<br />

<strong>lavoro</strong> umano<br />

Pagine <strong>Mida</strong> 13<br />

54 artigiano<br />

Per la noia<br />

chi mi paga?<br />

separazione<br />

spaziale<br />

<strong>Efesto</strong>-<br />

Vulcano<br />

parcellizzazione<br />

te.<br />

In questo mondo pieno di separazioni, l’operaio va a lavorare in un edificio<br />

lontano da casa (separazione spaziale), inizia e finisce al suono di una sirena<br />

(separazione temporale), fa una o poche operazioni (parcellizzazione, ovvero<br />

separazione tra la persona e <strong>il</strong> risultato), viene pagato per <strong>il</strong> tempo in cui lavora<br />

(ancora la separazione dal risultato), ottiene garanzie crescenti (separazione<br />

dal rischio imprenditoriale). In sintesi: compra sicurezza pagandola con le<br />

monete della monotonia e dell’obbedienza.<br />

separazione<br />

temporale<br />

bellezza<br />

a magazzino<br />

<strong>lavoro</strong> subordinato standard<br />

garanzie<br />

sindacati<br />

industria<br />

ad hoc<br />

marziano<br />

intraprenditore<br />

centralità del cliente<br />

retribuzione<br />

a tempo<br />

just in time<br />

immateriale<br />

responsab<strong>il</strong>ità<br />

retribuzione<br />

sui risultati<br />

individuo<br />

spazio<br />

flessib<strong>il</strong>ità<br />

tempo<br />

porosità<br />

vita-<strong>lavoro</strong><br />

scolarizzato<br />

corsi di vita<br />

contratti<br />

<strong>Efesto</strong>: <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>divino</strong> e terrib<strong>il</strong>e<br />

Non sono solo gli operai a fare questa vita: con la terziarizzazione dell’economia<br />

e con lo sv<strong>il</strong>uppo dei servizi, privati e pubblici, appaiono sulla scena gli<br />

“impiegati”, che vivono secondo questo stesso modello. Il “lavoratore subordinato<br />

standard” è <strong>il</strong> protagonista assoluto della prima industrializzazione, del<br />

primo dopoguerra (in cui tra l’altro viene venerato dalle dittature di tutti i colori)<br />

e del miracolo economico successivo alla seconda guerra mondiale: tre periodi<br />

in cui la ricchezza si è diffusa e che hanno portato, almeno in Occidente, a<br />

una temporanea diminuzione delle differenze tra ricchi e poveri.<br />

Questo modello di lavoratore ha rappresentato l’ideale di <strong>lavoro</strong> che m<strong>il</strong>ioni di<br />

persone hanno perseguito negli anni (<strong>il</strong> “posto fisso”). È però un modello che<br />

oggi non sembra essere più attuale.<br />

Che cosa ha fatto entrare in crisi negli ultimi anni questo modello?<br />

Certamente l’aumento della competizione connessa ai processi di globalizzazione.<br />

Parallelamente, possiamo identificare altri quattro fenomeni:<br />

<strong>il</strong> riavvicinamento tra <strong>il</strong> produttore e <strong>il</strong> cliente, reso possib<strong>il</strong>e dalle tecnologie<br />

informatiche, ha messo un numero crescente di persone in contatto con<br />

la responsab<strong>il</strong>ità di “fare bene” individualmente, riducendo la parcellizzazione<br />

del <strong>lavoro</strong> che era così importante nel periodo precedente;<br />

l’aumento della scolarità e della ricchezza media ha favorito l’emergere dell’individualità,<br />

intesa come irrinunciab<strong>il</strong>e desiderio di esprimere se stessi<br />

(talvolta a scapito della compatib<strong>il</strong>ità economica delle scelte professionali);<br />

la riduzione delle garanzie del <strong>lavoro</strong> (la cosiddetta flessib<strong>il</strong>ità) ha spinto le<br />

persone a gestire con maggiore oculatezza le proprie carriere e ha reso<br />

meno interessante, se non addirittura un disvalore, la ricerca di una soluzione<br />

“definitiva”;<br />

l’aumento della quota di retribuzione variab<strong>il</strong>e, collegata ai risultati e quindi<br />

al merito individuale, ha riavvicinato le persone alla qualità del loro prodotto.<br />

A questi quattro fenomeni se ne aggiunge un quinto, che rende molto diverso<br />

<strong>il</strong> panorama attuale da quello delle epoche precedenti: l’immaterialità di un<br />

numero crescente di occupazioni.<br />

Vi propongo un esercizio mentale: immaginate di essere un marziano, o semplicemente<br />

<strong>Efesto</strong> resuscitato, e di essere catapultato in una delle nostre città.<br />

Arrivati, vi chiedete come fanno a vivere le persone che incontrate. Girate per<br />

la città e vedete lavorare tranvieri, baristi, vig<strong>il</strong>i urbani: nessuno di questi produce<br />

qualcosa. Allora vi accorgete che altre persone vanno in giro e le seguite<br />

per scoprire dove lavorano. Entrate in un ufficio sperando di trovarvi delle<br />

macchine, o per lo meno un campo da coltivare, e invece cosa trovate?<br />

Persone vestite bene, in un posto asciutto, caldo, pulito, che parlano al telefono,<br />

scrivono ma<strong>il</strong>, fanno riunioni in cui parlano ancora tra di loro, stampano<br />

fogli, archiviano f<strong>il</strong>e, bevono caffè… e alla fine del mese ricevono sul computer<br />

dei soldi virtuali con i quali comprare beni veri.<br />

Insomma, <strong>Efesto</strong> si chiederebbe sicuramente: ma dove sono finiti quelli che<br />

lavorano?<br />

Quelli che “lavorano veramente”, quelli che producono beni materiali, sono<br />

quasi tutti altrove, nei paesi in via di sv<strong>il</strong>uppo. Nella nostra società occidentale<br />

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Pagine <strong>Mida</strong> 13<br />

è come se fosse tornato in auge <strong>il</strong> modello originario dell’artigiano, un artigiano<br />

che però produce per lo più beni immateriali. E con questo modello è tornata<br />

attuale, per molti, la stessa precarietà, la stessa battaglia quotidiana per trovare<br />

un cliente o un’occupazione, per avere qualcosa da fare anche oggi, per<br />

mantenere <strong>il</strong> proprio posto.<br />

Era meglio prima, quando esisteva <strong>il</strong> “posto fisso”? Dobbiamo rivalutare <strong>il</strong><br />

“<strong>lavoro</strong> subordinato standard”? Di fronte alla difficoltà a trovare un <strong>lavoro</strong> che<br />

sperimentano i nostri figli, dobbiamo rimpiangere gli anni in cui un’assunzione<br />

era per la vita?<br />

Personalmente ritengo che l’epoca attuale, insieme alle minacce, offra delle<br />

opportunità da cogliere: maggiore varietà, più occasioni, minore probab<strong>il</strong>ità di<br />

annoiarsi. In sintesi, un’aumentata capacità di determinare <strong>il</strong> proprio futuro.<br />

Perché questo accada, per avere successo, <strong>il</strong> nuovo “artigiano precarizzato”<br />

ha bisogno di “spalle larghe”: deve saper progettare e “gestire” <strong>il</strong> suo sv<strong>il</strong>uppo<br />

personale e professionale come se fosse un imprenditore. Si tratta dunque di<br />

aiutarlo a sv<strong>il</strong>uppare questi muscoli metaforici, le sue competenze, piuttosto<br />

che consolarlo per <strong>il</strong> paradiso perduto.<br />

Un commento 1<br />

di Paola Cinti<br />

Una frase all'interno del testo, lasciata scivolare lì quasi per caso: "A tal punto<br />

è preso dal <strong>lavoro</strong>, che non si accorge che la moglie Afrodite-Venere lo tradisce<br />

con Ares-Marte" ed un breve segnale distonico interrompe un piacevole<br />

assetto di studio. Il fatto che l'autore non attenda la fine della sua ricerca per<br />

attirare i miei sensi su questa breve informazione mi induce a mantenere<br />

memoria del suono di queste parole fino al punto finale che fa tornare <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio<br />

nella mente.<br />

<strong>Efesto</strong>, Afrodite, Ares... la Grecia di oltre 2000 anni fa e la nascita del Logos<br />

Occidentale. L'uomo ha vinto molte delle sue battaglie con la natura e molte<br />

altre lo attendono. La letteratura ci regala <strong>il</strong> viaggio di Ulisse attraverso un<br />

mondo popolato di esseri fantastici a rappresentare una ricerca sull'ir-razionale,<br />

a cui si affianca la ricerca f<strong>il</strong>osofica sul pensiero razionale come caratteristica<br />

peculiare dell'uomo. A dividere questi due mondi <strong>il</strong> dittongo "ir"... I F<strong>il</strong>osofi e<br />

la razionalità, gli Artisti e l'irrazionalità... una separazione che attraverserà la<br />

storia fino ai giorni nostri. I primi scelgono la terra come terreno di studio e più<br />

precisamente la "polis" come luogo di espressione dell'uomo razionale e<br />

decretano - senza alcun dubbio - <strong>il</strong> pensiero irrazionale come “bestiale”, con<br />

conseguente espulsione dalla città degli animali, degli schiavi, delle donne e<br />

1 “Il presente commento è un contributo che mi è stato sollecitato dall'autore dell'articolo dopo un<br />

breve incontro durante <strong>il</strong> quale ci siamo confrontati sui temi trattati”.<br />

<strong>Efesto</strong>: <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> <strong>divino</strong> e terrib<strong>il</strong>e<br />

dei bambini in quanto privi di Logos alla nascita (fatta eccezione che per i bambini-maschi<br />

esclusi da questo mondo solo per i primi anni di vita).<br />

Che sta succedendo? Il pensiero razionale, indispensab<strong>il</strong>e all'uomo per capire<br />

<strong>il</strong> mondo, non riesce a pensare altro da se stesso. Non può pensare l'irrazionale,<br />

non può comprenderlo se non a prezzo di "perdere la testa", tradendo<br />

di fatto se stesso. Il pensiero occidentale nasce da una frattura con l'immagine<br />

femmin<strong>il</strong>e in quanto rappresentante del pensiero irrazionale.<br />

Un veloce balzo in avanti nella storia fino ad una grande rivoluzione: quella<br />

francese. La borghesia irrompe come portavoce di una nuova potenzialità: l'uomo,<br />

che ha compreso molto del mondo circostante, cerca di appropriarsi del<br />

proprio destino opponendosi di fatto al pensiero di una differenza tra gli uomini<br />

basata su fattori dinastici, per decretarne un’uguaglianza di fondo...<br />

L'<strong>il</strong>luminismo ha dominato tutto <strong>il</strong> secolo. Hanno preso via via corpo esami<br />

sempre più critici delle tradizionali autorità religiose e una esaltazione sempre<br />

più viva di principi razionali e scientifici.<br />

L'<strong>il</strong>luminismo ha <strong>il</strong> suo canto del cigno con l'Assemblea Nazionale Francese,<br />

che approva <strong>il</strong> 26 agosto 1789 "La dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino".<br />

Il primo articolo cita: "Gli uomini nascono e vivono liberi e uguali nei<br />

diritti". L'uomo recupera un concetto di nascita come inizio della vita e dichiara<br />

questo momento come uguale per tutti gli uomini... gli uomini, non gli esseri<br />

umani. Le donne e i bambini attendono ancora di entrare in città e con essi <strong>il</strong><br />

pensiero irrazionale.<br />

Ma siamo alla fine di un secolo e subito un altro, con tutta la sua carica di<br />

aspettative, si apre alla storia: l’ottocento.<br />

“I am by birth a Genevese, and my fam<strong>il</strong>y is one of the most distinguished of<br />

that republic. My ancestors had been for many years counsellors and syndics,<br />

and my father had f<strong>il</strong>led several public situations with honour and reputation.<br />

He was respected by all who knew him for his integrity and indefatigable attention<br />

to public business. He passed his younger days perpetually occupied by<br />

the affairs of his country; a variety of circumstances had prevented his marrying<br />

early, nor was it unt<strong>il</strong> the decline of life that he became a husband and the<br />

father of a fam<strong>il</strong>y,”<br />

Questo l’incipit di un romanzo decisamente affascinante: Frankestein di Mary<br />

Shelley, i cui piani interpretativi non si sono ancora esauriti, come dimostra l’attuale<br />

interesse che suscita nei lettori e nei numerosi tentativi di trasposizione<br />

cinematografica.<br />

La letteratura dell’ottocento si popola a partire da questo romanzo di mondi<br />

fantastici e ci traghetta come in un interminab<strong>il</strong>e sogno fino al 1900.<br />

Ad attenderci troviamo un’altra grande rivoluzione, quella Russa. La f<strong>il</strong>osofia<br />

di Marx e la nascita del mondo operaio: <strong>il</strong> <strong>lavoro</strong> e più precisamente <strong>il</strong> rapporto<br />

tra l’uomo, le risorse e gli strumenti del <strong>lavoro</strong> diventano idea di realizzazione<br />

per l’uomo, ingenuamente sperata come definitiva. Una rivoluzione che, nel<br />

suo confermato rapporto con la realtà materiale, decreta un’uguaglianza con <strong>il</strong><br />

mondo femmin<strong>il</strong>e solo apparente… e Marx tradisce un’intuizione giovan<strong>il</strong>e che<br />

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58<br />

Pagine <strong>Mida</strong> 13<br />

gli aveva fatto confessare, alla sola età di 19 anni in una lettera al padre, <strong>il</strong> fallimento<br />

nella ricerca “della perla delle perle”.<br />

La città si popola di donne in cerca di un’uguaglianza che restituisce loro una<br />

libertà di movimento ed una sempre crescente autosufficienza da padri e mariti…<br />

La realtà materiale e con essa <strong>il</strong> pensiero razionale diventano terreno di<br />

incontro tra uomini e donne, ma <strong>il</strong> prezzo rimane la ricerca sull’ir-razionale, che<br />

passa dalle mani del pensiero religioso, che parla di “anima”, alle mani della<br />

psicanalisi che lo chiama “in-conscio”… e un altro dittongo “in” ne decreta l’inconoscib<strong>il</strong>ità…<br />

e Freud scrive migliaia di pagine su qualcosa che dichiara nonconoscib<strong>il</strong>e<br />

(Das Unbewusste).<br />

La realtà materiale del corpo femmin<strong>il</strong>e esiste di fatto nella storia e continuerà<br />

<strong>il</strong> suo percorso fino ai giorni nostri attraverso un lento processo di ricerca di<br />

un’uguaglianza tra i sessi.<br />

Ma ricordate? Il pensiero razionale non può pensare altro da se stesso… non<br />

può pensare la diversità da se stesso. Non riesce ad immaginare come <strong>il</strong> pensiero,<br />

una volta liberato dalla sua origine divina, realizza la propria derivazione<br />

biologica ed in quanto tale non può essere uguale in uomini e donne, perché i<br />

loro corpi sono diversi.<br />

Gli artisti del novecento lo hanno capito al posto dei f<strong>il</strong>osofi e dei padri della<br />

psicoanalisi: Picasso destruttura la figura per obbligare <strong>il</strong> nostro sguardo a cercare<br />

qualcosa di diverso, Matisse libera <strong>il</strong> colore dalle linee di contorno che<br />

delimitano la fantasia e infine Modigliani che “fa sparire” gli occhi delle sue<br />

donne, per trasformarli in luoghi scuri dove tutto può essere immaginato.<br />

Ora siamo all’inizio di un nuovo secolo e mi piace pensare che la ricerca sugli<br />

esseri umani possa continuare <strong>il</strong> suo percorso con una speranza/certezza che<br />

sapere si può anche di ciò che non si vede e che realizzazione esclusivamente<br />

umana è la capacità di immaginare 1.<br />

1 “M.Fagioli, Il bisogno di idee nuove, Left, n.22, 30 maggio 2008”.

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