quando scrivere diventa una fatica - Associazione Europea Disgrafie
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QUANDO SCRIVERE DIVENTA UNA FATICA<br />
Dott.ssa Michela Rampinini<br />
michela.rampinini@gmail.com<br />
Nell’ambito degli studi dedicati all’apprendimento della lingua scritta maggior rilievo è stato<br />
tradizionalmente attribuito all’indagine sulla abilità sottostanti il compito di lettura; solo di recente<br />
l’attenzione dei ricercatori si è rivolta ai processi di scrittura (Boscolo 2006; Indrisano e Squire, 2000),<br />
come testimoniato anche dalla pubblicazione di volumi specificatamente dedicati allo studio e alla ricerca<br />
sulle competenze di scrittura (MacArthur, Graham e Fitzgerald, 2006), e di nuovi test (Bozzo, Pesenti,<br />
Siri, Usai e Zanobini, 2000), appositamente studiati per la rilevazione di tali abilità oche si aggiungono<br />
allo strumento di Tressoldi e Cornoldi (2000).<br />
MODELLI DI ACQUISIZIONE DELLA SCRITTURA<br />
I processi sottostanti l’acquisizione e lo sviluppo delle abilità di scrittura sono stati ampiamente studiati<br />
portando, all’interno di diversi orientamenti teorici, alla formulazione di diversi modelli descrittivi del<br />
normale funzionamento dei processi di lettura e scrittura (Baldi e Traficante, 2000), tutti sostanzialmente<br />
convergenti nell’individuare due distinte strategie cognitive alla base della capacità di leggere e <strong>scrivere</strong><br />
parole e testi, sistematizzate nel modello a due vie elaborato da Coltheart e collaboratori (1993; 2001).<br />
Stadi di elaborazione della parola “zebra” secondo il modello a due vie (tratto da Cubelli, 2002)<br />
Questo modello teorizza l’esistenza di due<br />
vie o processi alla base delle abilità di<br />
riconoscimento e produzione della parola<br />
scritta. Il processo (o via) fonologico o<br />
sublessicale, in cui il riconoscimento della<br />
parola, che ne permette la lettura, avviene<br />
attraverso tre operazioni conseguenti: la<br />
sua scomposizione o segmentazione nelle<br />
singole parti costituenti o grafemi,<br />
l’associazione tra ciascun grafema e il fonema corrispondente, il riassemblaggio in forma fonologica della<br />
parola, con l’ovvia inversione del processo (scomposizione in fonemi, corrispondenza fonema-grafema,<br />
riassemblaggio della forma grafemico ortografica della parola) nel caso in cui la parola debba essere<br />
prodotta, cioè scritta.
Il secondo processo (o via), detto lessicale e semantico, coinvolge invece le informazioni contenute nella<br />
memoria a lungo termine; in questo caso infatti la parola viene riconosciuta in quanto già presente nel<br />
lessico mentale e resa disponibile nella sua forma ortografica (la parola come è scritta), fonologica (la<br />
parola come suona) e nel suo valore semantico (la rappresentazione o il significato cui la parola rimanda).<br />
La via fonologica, o regolare, viene privilegiata per la lettura o scrittura di parole sconosciute o non-<br />
parole, mentre quella semantico-lessicale interviene per la lettura e scrittura di parole note, regolari e<br />
irregolari (Scalisi, Pelagaggi e Fanini, 2003).<br />
Il modello a due vie sottolinea dunque la coesistenza di tre componenti alla base dei processi di<br />
acquisizione e padroneggiamento delle abilità di letto-scrittura: <strong>una</strong> componente fonologica, <strong>una</strong><br />
componente ortografica e <strong>una</strong> componente lessicale, tra loro evolutivamente connesse (Frith, 1985). Nelle<br />
fasi iniziali della scolarizzazione predomina infatti il meccanismo di conversione grafema-fonema, mentre<br />
dopo gli 8 anni si consolida il lessico visivo ortografico e fonologico e il bambino <strong>diventa</strong> un lettore (e<br />
uno scrittore) sempre più esperto e capace via via che nuove parole arricchiscono il suo magazzino<br />
lessicale-semantico, a livello di codifica-decodifica ortografica e a livello rappresentazionale (Mazzotta,<br />
Barca, Marcolini, Stella e Burani, 2005; Pinto, 2003). Lettori e scrittori abili vengono perciò<br />
contraddistinti da livelli elevati di utilizzo e efficacia della via semantica, che permette l’automatizzazione<br />
dei processi e l’elaborazione centrale e profonda della parola, con un intervento minimo dei processi di<br />
tipo sub-lessicale, in cui sono attive soprattutto modalità periferiche e superficiali di elaborazione e<br />
costruzione della parola (Booth, Perfetti e MacWhinney, 1999; Usai e Bozzo, 1997). La competenza<br />
lessicale sembra dunque occupare un ruolo centrale nei processi di apprendimento della lingua parlata e<br />
scritta; fin dall’inizio, nella cosiddetta fase dell’alfabetizzazione emergente, l’incremento quantitativo e<br />
qualitativo del vocabolario costituisce <strong>una</strong> componente fondamentale dello sviluppo linguistico generale,<br />
che si estende poi, nella fase di alfabetizzazione formalizzata, all’apprendimento della lingua scritta<br />
(Accorti Gamanossi, 2005).<br />
La pratica della scrittura è strettamente legata allo sviluppo motorio delle componenti esecutive legate alla<br />
motricità; un bambino e un adulto che imparano a <strong>scrivere</strong> non passano attraverso le stesse tappe grafiche.<br />
J. de Ajuriaguerra si è occupato solo dei bambini e ha definito così 3 stadi di sviluppo della scrittura; l’età<br />
precalligrafica, calligrafica e postcalligrafica.<br />
La fase precalligrafica va dai 5/6 anni ai 8/9 anni durante la quale il bambino si sforza ad imparare le<br />
forme e a cercare <strong>una</strong> certa regolarità. Nella scrittura si osserva <strong>una</strong> mancanza di destrezza come un tratto<br />
esitante, interrotto, ritoccato, curve ammaccate o angolose, dimensione e inclinazione delle lettere ancora<br />
mal determinate, legamenti tra lettere ancora maldestri, rigo di base ondulante, rotto, ascendente o<br />
discendente e infine utilizzo dello spazio mal controllato con margini fluttuanti, mancanti o esagerati.<br />
La fase calligrafica si colloca tra i 10 e 11 anni durante la quale il bambino produce <strong>una</strong> scrittura più<br />
fluida, più legata, con forme ormai dominate sul piano motore. Finalmente, possiede <strong>una</strong> scrittura<br />
abbastanza regolare e conforme al modello imposto che è il testimone di un certo livello d’evoluzione<br />
generale mentale, affettiva e motoria.<br />
La fase postcalligrafica comincia verso i 12/13 anni. Nel proseguire la fase calligrafica, il bambino si trova<br />
ora davanti al problema della velocità di scrittura. Infatti, non solo il suo cervello ragiona più velocemente<br />
ma anche l’esigenza scolastica fa sì che deve assolutamente aumentare il flusso di parole scritte. E’ il<br />
momento della “crisi”: cosa fare? come conciliare leggibilità e velocità? La risposta si trova
principalmente nelle semplificazioni; gli ornamenti tendono a diminuire e/o a sparire, i legamenti tra<br />
lettere <strong>diventa</strong>no più scorrevoli e aumentano in modo da evitare troppe alzate di penna, certi tratti superflui<br />
come il trattino d’inizio parola tendono a sparire, le “l” si riducono ad un asta, certi gruppi di lettere<br />
prendono l’aspetto di nuove forme. In breve, la scrittura tende ad individuarsi e a personalizzarsi secondo<br />
il principio del risparmio dell’energia e dell’efficienza.<br />
LA DISORTOGRAFIA<br />
La disortografia (Tressoldi, 2002) è un disturbo specifico della scrittura dato da <strong>una</strong> significativa<br />
compromissione della automatizzazione delle regole ortografiche di trasformazione dei suoni in segni<br />
connessi a formare parole; questo disturbo dà luogo ad <strong>una</strong> minore correttezza ortografica rispetto ai<br />
coetanei con pari opportunità educative e pari caratteristiche cognitive (Tressoldi, 1991). Per quanto<br />
riguarda i criteri diagnostici nel DSM-IV, si parla di Disturbo dell’Espressione Scritta come “<strong>una</strong> capacità<br />
di scrittura (misurata con un test standardizzato somministrato individualmente con <strong>una</strong> valutazione<br />
funzionale della capacità di scrittura) che si situa sostanzialmente al di sotto di quanto previsto in base<br />
all’età cronologica del soggetto, alla valutazione psicometria dell’intelligenza e a un’istruzione adeguata<br />
all’età”. La difficoltà nell’espressione scritta incide negativamente ai fini dell’apprendimento scolastico e<br />
delle attività quotidiane che richiedono capacità di scrittura (DSM-IV, 1996).<br />
Nel disturbo specifico di apprendimento dell’ortografia gli aspetti ortografici (compitazione e spelling)<br />
sono centrali e non sono coinvolte, se non indirettamente, le componenti di ideazione e programmazione<br />
dei contenuti scritti (Vio e Gruppo di lavoro AIRIPA, 2005).<br />
TRATTAMENTO E VALUTAZIONE<br />
Il disturbo di scrittura è comunemente associato al disturbo di lettura, in <strong>una</strong> buona percentuale di casi i<br />
bambini dislessici mostrano problemi di disgrafia (difficoltà nell’esecuzione dei pattern motori), nonché<br />
difficoltà nel calcolo e nel sistema dei numeri. Si preferisce parlare di competenza ortografica, piuttosto<br />
che di ortografia, in senso tradizionale. Questa espressione è infatti legata solitamente alla conoscenza di<br />
regole e di eccezioni ortografiche (apostrofo, accento, uso dell’h, ecc.). Vi sono bambini che mostrano<br />
alcune difficoltà nell’acquisizione delle regole, mentre con le parole normali non hanno nessun problema.<br />
Alcuni errori caratteristici nella produzione scritta esprimono un’incapacità del bambino di analizzare<br />
adeguatamente i suoni della lingua e di scomporli nei singoli fonemi (si pensi ai termini omofoni non<br />
omografi). Si tratta in questo caso di difficoltà che non riguardano l’analisi fonologica, ma l’acquisizione<br />
delle regole di scrittura di determinate parole, per questo motivo si parla di errori non-fonologici e sono<br />
associati all’utilizzo della via diretta non-fonologica. La scarsa conoscenza delle regole ortografiche, la<br />
mancata conoscenza di come si scrivono le parole, un’analisi fonologica deficitaria, sono elementi che<br />
spesso si fondono e determinano l’insorgenza di difficoltà nel processo di scrittura. La capacità di <strong>scrivere</strong><br />
in maniera corretta non è per forza di cose associata alla capacità di esprimersi per iscritto, nonostante sia<br />
fondamentale non commettere errori durante l’espressione scritta. Per questo motivo, in sede di
valutazione e trattamento delle abilità di scrittura, è fondamentale approfondire l’analisi in maniera distinta<br />
per l’ortografia, la grafia, la velocità di scrittura e l’espressione scritta. Si ritiene che la qualità della<br />
competenza ortografica può essere valutata in ogni produzione scritta, ma è più opportuno osservarla per<br />
sè stessa e non nel momento in cui il bambino è impegnato nell’elaborazione di un testo originale o nello<br />
<strong>scrivere</strong> il più velocemente possibile. La produzione sotto dettatura è estremamente variabile ed è in<br />
funzione delle modalità con cui si detta, per questo motivo, per effettuare <strong>una</strong> valutazione, è consigliabile<br />
utilizzare brani registrati o addirittura far copiare un testo scritto, è sorprendente infatti come i bambini<br />
disortografici riescano a commettere errori anche <strong>quando</strong> copiano.<br />
Il tema dei disturbi della scrittura è molto complesso da affrontare, da <strong>una</strong> parte per la grande varietà<br />
interindividuale nelle modalità e tempi di apprendimento, dall’altra perché la competenza relativa alla<br />
produzione scritta è diversificata e non unitaria. Acquisire la scrittura significa integrare in maniera<br />
complessa più funzioni sottostanti, di tipo sensomotorio, neurocognitivo e socioemozionale. La carenza in<br />
<strong>una</strong> o più di queste funzioni determina conseguenze importanti e differenziate nel processo di acquisizione<br />
della scrittura. In fase diagnostica e riabilitativa assume <strong>una</strong> grande importanza un approccio che consideri<br />
la scrittura come un processo derivante dal funzionamento di più componenti, il modello neuropsicologico<br />
(Tressoldi e Sartori, 1995) propone l’analisi di due attività fondamentali nello <strong>scrivere</strong>: scrittura sotto<br />
dettatura e scrittura spontanea.<br />
Durante l’attività di scrittura sotto dettatura, la componente essenziale che interviene nel processo, è la<br />
capacità di percepire e riconoscere i fonemi costitutivi delle parole (discriminazione fonetica) e<br />
successivamente di trasformarli nei segni (fonemi) corrispondenti. Tale processo si sviluppa attraverso tre<br />
funzioni essenziali: analisi fonetica, l’associazione fonema-grafema e recupero della forma ortografica.<br />
Durante l’apprendimento della scrittura, le prime due fasi consentono di sviluppare il processo alfabetico<br />
e, grazie all’altissima regolarità tra grafemi e fonemi, rendono il compito progressivamente più semplice.<br />
La forma ortografica invece è essenziale per lo sviluppo della componente lessicale che permette di<br />
distinguere le parole omofone non omografe, ossia le parole che hanno lo stesso suono, ma che si scrivono<br />
diversamente. Disturbi a carico della componente fonologica determinano errori di omissione o scambio di<br />
fonemi all’interno della parola (foglio per voglio) e sono quelli che caratterizzano la cosiddetta disgrafia<br />
fonologica (terminologia decisamente impropria, vista la confusione che crea tra disgrafia e disortografia).<br />
La disgrafia superficiale è invece quella dovuta ad un disturbo della componente ortografica, caratterizzata<br />
da errori a carico delle parole omofone, è chiamata superficiale per l’influenza sulla forma ortografica<br />
della parola e non quella fonologica. Spesso i disturbi caratterizzanti i due tipi di disortografia sono<br />
associati, per tale motivo è fondamentale <strong>una</strong> diagnosi precisa della tipologia di difficoltà ed un controllo<br />
sistematico della frequenza di errori ed il loro andamento nel tempo. Gli errori relativi ai raddoppiamenti o<br />
agli accenti non vengono considerati né di tipo fonologico né di tipo ortografico, sono infatti definiti altri<br />
errori da Tressoldi e Cornoldi (1991). Gli autori ipotizzano che “le componenti che permettono un uso<br />
corretto degli accenti e delle doppie siano di tipo fonetico (non fonologico), in quanto fanno riferimento a<br />
variazioni di intensità sonora (accenti) o di durata (doppie).”<br />
Relativamente alla scrittura spontanea va detto innanzitutto che è molto più complessa rispetto a quella<br />
sotto dettatura, in quanto coinvolge un numero maggiore di componenti. Oltre a tutte le attività già<br />
implicate nel processo di dettatura, nella scrittura spontanea è necessario attivare processi strettamente<br />
legati a competenze di tipo espositivo, al recupero lessicale, all’utilizzo di regole ortografiche
convenzionalmente riconosciute. Disturbi specifici nell’ambito della scrittura spontanea non sono<br />
esclusivamente di tipo ortografico o fonologico, ma interessano anche il piano delle elaborazioni cognitive<br />
del testo scritto. Ciò non significa che tali disturbi abbiano uno sviluppo gerarchico, non sempre infatti<br />
difficoltà ortografiche e fonologiche si associano a difficoltà di elaborazione, vi sono bambini<br />
disortografici che possono effettuare tranquillamente attività di pianificazione e di revisione. Una<br />
strutturazione così articolata del processo di scrittura, che implica componenti specifiche ed altre comuni<br />
ad altri processi cognitivi, <strong>diventa</strong> fondamentale a livello diagnostico, per un’analisi differenziale del<br />
disturbo di scrittura e conseguentemente per l’elaborazione di programmi di intervento efficaci.<br />
Per il trattamento della condizione di disortografia, purtroppo a tutt'oggi non ci sono dati raccolti in modo<br />
sistematico in Italia, e pochi sono anche gli studi condotti all'estero. Per quanto riguarda la lingua inglese,<br />
Wanzek e colleghi (2006) hanno condotto <strong>una</strong> metanalisi degli studi condotti dal 1995 al 2003 che<br />
avevano come obiettivo quello di migliorare lo spelling in soggetti con learning disability. Anche se í<br />
risultati sono incoraggianti in quanto evidenziano evidenti miglioramenti, le procedure efficaci non<br />
sembrano molto diverse da quelle che un buon insegnante potrebbe adottare, come l'istruzione esplicita<br />
sulle regole da apprendere, molte occasioni per metterle in pratica, feedback immediato.<br />
In attesa di ulteriori studi sistematici sugli esiti di trattamenti condotti in Italia, il suggerimento è di<br />
migliorare i processi sottostanti la corretta produzione di parole regolari e irregolari. Nel caso di parole<br />
regolari, i processi sono quelli dell'analisi fonologica e dell'associazione con i corrispondenti grafemi e,<br />
più avanti nel percorso di apprendimento del bambino, quelli relativi a gruppi ortografici particolari (ch,<br />
gh, gn. gl, se) e quelli relativi alla padronanza nella scrittura di raggruppamenti di lettere. Nel caso di<br />
parole irregolari, per esempio quelle che richiedono l'uso della «q» invece che della «c» o l'uso dell’ h nel<br />
verbo avere, può funzionare un misto di memorizzazione delle eccezioni associato all'apprendimento di<br />
regole. Ad esempio, per distinguere <strong>quando</strong> usare può essere funzionale riconoscere il verbo avere dalla<br />
preposizione. Infine, per l’uso corretto delle cosiddette «doppie», sembrerebbe più utile un training sulla<br />
discriminazione uditiva, magari associato al cambio di significato che ne consegue (per esempio<br />
pala/palla), piuttosto che un training di memorizzazione lessicale che risulterebbe troppo impegnativo a<br />
causa dell'elevato numero di parole con queste caratteristiche presenti nella nostra lingua. Il lavoro a<br />
questi livelli sarà aiutato dall'analisi degli errori di scritti prevalenti nel bambino. Infine, come nel caso<br />
della dislessia, vi sono molte modalità aspecifiche che possono aiutare il bambino disortografico. Attività<br />
che specificamente riguardano la scrittura sono basate sull'uso di programmi di videoscrittura che<br />
includano il correttore (non automatico) e di software in cui il bambino può sentire pronunciare quello che<br />
ha scritto (Santori e De Lorenzo 2000).<br />
DIGRAFIA E DISORTOGRAFIA: IL PROBLEMA DELLA COMORBILITA’<br />
Spesso si tende a sottovalutare le problematiche che si innescano <strong>quando</strong> un bambino non ce la fa ad<br />
acquisire gradualmente <strong>una</strong> corretta coordinazione grafo-motoria e <strong>una</strong> funzionale esecuzione dei grafemi.<br />
Si tende spesso a interpretare queste difficoltà come peculiarità individuali del bambino, dovute a<br />
svogliatezza e/o negligenza, oppure come indici di <strong>una</strong> disgrafia con alla base cause neurologiche, più<br />
raramente come segnali di mancati apprendimenti iniziali che richiedono insegnamenti specifici.
Il problema è che il bambino con difficoltà grafo-motorie legate alla scrittura matura prima di tutto un<br />
senso di inadeguatezza e di frustrazione, ma poi può strutturare altre carenze legate ad altri apprendimenti.<br />
Infatti, quanto più aumenta la richiesta di rapidità e di quantità di produzione grafica, tanto meno egli<br />
riesce a restare al passo con i ritmi dell’insegnante, soprattutto nel dettato o <strong>quando</strong> deve <strong>scrivere</strong> di<br />
seguito più pagine, peggiorando sempre più la qualità esecutiva, ma soprattutto riuscendo a prestare<br />
minore attenzione ad altri aspetti del testo scritto, come ad esempio all’ortografia. Come recenti ricerche in<br />
ambito anglosassone dimostrano chiaramente, infatti, difficoltà e inefficienze nei processi di sviluppo<br />
neurologico di basso livello nella prima acquisizione della scrittura manuale possono contribuire a creare<br />
future disabilità di scrittura di alto livello sia in modo diretto sia in modo indiretto. Non avendo ben<br />
costruito le fondamenta dell’apprendimento, tutti gli apprendimenti successivi, dall'ortografia alla sintassi<br />
sino ai livelli più alti di produzione libera e creativa di testi, è come se fossero in qualche modo<br />
compromessi.<br />
Non bisogna poi sottovalutare la componente emotiva: il bambino con questa difficoltà <strong>fatica</strong> sempre di<br />
più, vive un profondo senso di sfiducia e di frustrazione, perdendo motivazione per le attività scolastiche.<br />
Oltre a questo il bambino avverte il fatto che i genitori e gli insegnanti sono profondamente scontenti della<br />
sua prestazione e sente di deludere le aspettative.<br />
La situazione spesso non migliora nel momento in cui si attivano attenzione e programmi di recupero<br />
didattico sul bambino, poiché ad oggi rimangono poche le conoscenze circa la disgrafia e quindi spesso le<br />
insegnanti non sanno bene come agire. Nel momento in cui il bambino arriva all’osservazione clinica,<br />
molto raramente la richiesta giunge ad un professionista specializzato nel recupero e nella rieducazione<br />
grafo-motoria. Tendenzialmente, anche in linea con la legge vigente in materia di DSA, le indicazioni si<br />
strutturano in un programma di intervento basato su misure compensative e dispensative. In questo modo<br />
le difficoltà non si risolvono, ma si allarga sempre di più il divario tra lo sviluppo normale dei compagni e<br />
quello del bambino che si sentirà sempre più inadeguato. Il mancato apprendimento, o, come direbbe P.<br />
Crispiani, il mancato esercizio della funzione della scrittura, quindi, genera a catena tutta <strong>una</strong> serie di<br />
difficoltà scolastiche, minando progressivamente la motivazione allo studio.<br />
Partendo da queste considerazioni e dopo aver analizzato la peculiarità funzionale (la specificità, appunto)<br />
dei processi di apprendimento della scrittura nei suoi aspetti grafo-motori e ortografici, l’ipotesi<br />
maggiormente plausibile potrebbe essere quella che la disgrafia potrebbe talvolta penalizzare gli aspetti<br />
ortografici.<br />
Quando ho deciso di lavorare su questa mia trattazione, il mio obiettivo era quello di avere delle<br />
indicazioni per il trattamento riabilitativo per bambini con difficoltà grafo-motorie con associate carenze<br />
ortografiche. Lo studio in questa direzione e la mia formazione mi hanno portato a scoprire <strong>una</strong> letteratura<br />
scientifica italiana molto ricca di lavori e di sperimentazioni di training legati alla dislessia e alla<br />
discalculia; per <strong>quando</strong> riguarda la disgrafia c’è <strong>una</strong> profonda carenza di studi (sul manuale sui DSA del<br />
2009, Cornoldi e coll. hanno dedicato alla disgrafia solo mezza pagina); sulla disortografia, come ho<br />
evidenziato prima, si stanno sperimentando alcuni protocolli per il recupero. Cercando evidenze<br />
scientifiche italiane sul trattamento della disortografia in comorbilità con la disgrafia, nonostante il fatto<br />
che nella pratica clinica è <strong>una</strong> situazione molto frequente, non si trovano spunti metodologici in merito.<br />
Ogni trattamento va regolato sulla base dell’effettiva efficacia dimostrabile. Deve essere erogato quanto<br />
più precocemente possibile tenendo conto del profilo scaturito dalla diagnosi o dal profilo delle abilità. Il
trattamento va interrotto <strong>quando</strong> il suo effetto non sposta la prognosi naturale del disturbo (CC 2007).<br />
All’interno del progetto riabilitativo, il programma riabilitativo definisce le aree di intervento specifiche,<br />
gli obiettivi, i tempi e le modalità di erogazione degli interventi, gli operatori coinvolti e la verifica degli<br />
interventi. Partendo da questo presupposto, ad oggi, risulta particolarmente difficile parlare di trattamento<br />
e/o di progetto riabilitativo a fronte di <strong>una</strong> comorbilità tra disgrafia e disortografia non essendoci protocolli<br />
riabilitativi fondati scientificamente. Tuttavia, partendo dal presupposto che lo specialista deve<br />
condividere con la famiglia le modalità di prese in carico e le strategie utilizzate in un’ottica di alleanza e<br />
cooperazione, si possono comunque pensare dei percorsi di potenziamento ragionando sui modelli di<br />
acquisizione della scrittura. Proprio a partire dai modelli evolutivi e dalla variabilità individuale delle<br />
difficoltà, si può strutturare un percorso specifico che vada a rieducare entrambe le carenze. Un futuro<br />
lavoro di ricerca dovrebbe a mio parere muoversi verso questo obiettivo: sperimentare un percorso di<br />
rieducazione in associazione a un trattamento metacogntivo e/o fonologico sugli aspetti ortografici. Sulla<br />
base della gravità delle carenze, della motivazione e della specifica situazione psicologica, cognitiva ed<br />
emotiva del bambino si dovrà valutare la priorità di un trattamento sull’altro. Lo studio di variabili precise<br />
su come operare tale scelta saranno un obiettivo importante per la ricerca.<br />
Ancora, credo che la formazione e un adeguamento della didattica dei primi anni della scuola elementare,<br />
(ma anche nella scuola materna e nel nido) sia la chiave per <strong>una</strong> prevenzione efficace: se si presta<br />
attenzione alle prime acquisizioni grafo-motorie della scrittura e si predispone un insegnamento adeguato<br />
del corsivo, le difficoltà disgrafiche potranno essere ridotte e i bambini saranno maggiormente disponibili<br />
all’acquisizione dell’ortografia.<br />
In ultimo, un bilancio grafo motorio che evidenzia le difficoltà alla base della disgrafia e un<br />
approfondimento degli errori alla base della disortografia, sono fondamentali per un lavoro di trattamento<br />
e rieducazione. Una valutazione superficiale delle difficoltà non permette la strutturazione di un recupero<br />
mirato.<br />
3° Consensus Conference DSA / P.A.A.R.C. 2011<br />
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