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Scarica l'estratto - Università degli Studi di Salerno

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Se da un lato vi sono ormai gli strumenti conoscitivi <strong>di</strong> base per attenuare i rischi, dall’altro mancano<br />

provve<strong>di</strong>menti e regole, anche le più elementari, <strong>di</strong> prevenzione. Sul piano scientifico infatti i progressi sono<br />

stati notevoli e, malgrado la complessità dei fenomeni, se ne ha una conoscenza piuttosto approfon<strong>di</strong>ta. È noto<br />

che proprio la preliminare conoscenza della storia e della struttura <strong>di</strong> un vulcano, o <strong>di</strong> un’area vulcanica in<br />

questo caso, consente <strong>di</strong> valutare il rischio dell’evento; <strong>di</strong> conseguenza ricerche e indagini sul terreno hanno<br />

permesso la costruzione <strong>di</strong> due mappe <strong>di</strong> pericolosità vulcanica dei Campi Flegrei, dalle quali si rilevano le<br />

zone a maggiore o minore rischio nel caso <strong>di</strong> una eruzione circoscritta (del tipo Monte Nuovo), o <strong>di</strong> più ampia<br />

portata. Per <strong>di</strong> più la rete <strong>di</strong> sorveglianza approntata già all’indomani della prima crisi bra<strong>di</strong>sismica consentirebbe<br />

interventi solleciti a salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> vite umane. Anche per i terremoti legati all’attività vulcanica è stata<br />

tracciata una mappa <strong>di</strong> pericolosità piuttosto particolareggiata e indubbiamente ci troviamo <strong>di</strong> fronte ad una<br />

delle zone vulcaniche più sorvegliate da cui dovrebbe derivare una certa “sicurezza”. Ma gli sforzi della comunità<br />

scientifica stentano a trovare chiari riscontri sul piano dei comportamenti, specie <strong>di</strong> quelli politici. Mancano<br />

ancora adesso piani <strong>di</strong> evacuazione della popolazione al rischio vulcanico e sismico e sappiamo quanto il<br />

buon esito <strong>degli</strong> interventi <strong>di</strong> urgenza sia legato alla collaborazione <strong>degli</strong> abitanti.<br />

D’altro canto l’urbanizzazione del territorio, seppure con ritmi più moderati rispetto ai decenni passati, è<br />

ancora intensa e l’abusivismo un fatto evidente. Anche se c’è stato uno spostamento della popolazione dalla<br />

fascia costiera verso aree più intere e malgrado tentativi <strong>di</strong> sfoltimento e<strong>di</strong>lizio, le densità nelle zone a maggior<br />

rischio rimangono al <strong>di</strong> sopra dei livelli <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a. Si pensi che nel comune <strong>di</strong> Pozzuoli la superficie è urbanizzata<br />

per oltre la metà e non molto <strong>di</strong>versi sono i valori per il comune <strong>di</strong> Bacoli (47%). Del resto i dati riportati non<br />

hanno bisogno <strong>di</strong> molti commenti, piuttosto va fatta un’altra considerazione.<br />

Negli ultimi anni anche nei Campi Flegrei si presta maggiore attenzione alla tutela dell’ambiente, ai rischi<br />

provenienti dall’inquinamento dei laghi o dell’aria o del suolo. Non che questa nuova sensibilità si traduca, al<br />

momento, in fatti concreti <strong>di</strong> intervento o prevenzione, comunque siamo in presenza <strong>di</strong> un atteggiamento più<br />

sensibile ai rischi che <strong>di</strong>rettamente l’uomo determina; eppure ancora non ci si pone il problema <strong>di</strong> quelli naturali.<br />

Come mai? Perché questo aspetto <strong>di</strong> pericolosità non vien preso in considerazione? Scorrendo il progetto <strong>di</strong><br />

rivalorizzazione dell’area o i piani <strong>di</strong> sviluppo dei comuni non si trovano che fugaci cenni alla natura vulcanica. È<br />

come se questo rischio fosse “implicito” nella cultura dei residenti: il timore delle conseguenze <strong>di</strong> una eruzione,<br />

per esempio, è latente ma non si esterna in atteggiamenti che possono mitigarne l’impatto. A cosa ci si affida?<br />

Anche gli abitanti <strong>di</strong> Tokio o <strong>di</strong> S. Francisco, <strong>di</strong>ce l’Alexander, vivono nell’attesa <strong>di</strong> un terremoto violento, ma ne<br />

sono pienamente consapevoli, cosa che non manca <strong>di</strong> influire sul loro comportamento e sulla loro etica.<br />

Dunque la riduzione della vulnerabilità <strong>di</strong> un territorio nasce anche dalla presa <strong>di</strong> coscienza esplicita della<br />

rischiosità del luogo. Questa coscienza non sembra essere stata acquisita nei Campi Flegrei neppure dopo le<br />

due crisi bra<strong>di</strong>sismiche e il grado <strong>di</strong> adattamento <strong>di</strong> questa comunità all’ambiente appare ancora basso. Vi sono<br />

presenti infatti due particolari tipi <strong>di</strong> “inerzia geografica” che sono in<strong>di</strong>cativi della <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> adattarsi e <strong>di</strong><br />

liberarsi delle fonti <strong>di</strong> vulnerabilità: si coabita con i danni che <strong>di</strong>rettamente o in<strong>di</strong>rettamente sono causati dagli<br />

eventi (inerzia primaria); si abbandona un’area per inse<strong>di</strong>arsi nella stessa zona <strong>di</strong> rischio (inerzia secondaria).<br />

Ci chie<strong>di</strong>amo quando si prenderà coscienza che vivere in aree a rischio naturale richiede un’etica appropriata».<br />

Riosservando il Foglio<br />

Tornando alla lettura del Foglio nel suo complesso, è evidente come ci si trovi <strong>di</strong> fronte a un’area densamente<br />

popolata, specie quella a nord-est delle colline flegree, nella quale la <strong>di</strong>stanza tra un centro e l’altro è assai<br />

ridotta e talvolta ad<strong>di</strong>rittura si annulla.<br />

La città più importante è naturalmente Napoli, sulla quale non è possibile intraprendere una descrizione, che<br />

meriterebbe molto spazio. Ci si limita a osservare, sulla scorta <strong>di</strong> D. Ruocco, che in essa «si <strong>di</strong>stinguono chiaramente<br />

il centro antico, cioè la parte compresa tra il porto e la base delle colline, dove si è <strong>di</strong>retta soprattutto<br />

l’espansione e<strong>di</strong>lizia <strong>degli</strong> ultimi anni. Il vecchio nucleo è ben visibile sulla carta per la sua struttura abbastanza<br />

regolare ed appare quasi <strong>di</strong>viso in due da una strada che ricalca il tracciato del decumanus maximus; l’abitato<br />

moderno è caratterizzato da una struttura più irregolare e si è allargato soprattutto verso nord e verso ovest,<br />

poiché nelle altre <strong>di</strong>rezioni ha trovato <strong>degli</strong> ostacoli nelle linee ferrate e nella zona industriale».<br />

“Gli altri centri – rileva sempre il Ruocco – sono allineati sulle vie che conducono da Napoli agli sbocchi<br />

delle principali valli della Campania interna e sono stati richiamati dalle zone più permeabili e salubri, perché<br />

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