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Scarica l'estratto - Università degli Studi di Salerno

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vo), la non elevata intensità dei terremoti e gli effetti “<strong>di</strong> lungo periodo” del bra<strong>di</strong>sismo non hanno fatto e non<br />

fanno percepire con eccessivo timore il rischio agli abitanti (e relativi poteri pubblici), che non hanno approntato<br />

una reazione adeguata, trascurando ogni tipo <strong>di</strong> pianificazione che potesse attenuare gli effetti <strong>di</strong>sastrosi<br />

dopo gli eventi traumatici.<br />

Anche alla base <strong>di</strong> una simile mancata reazione c’è, a mio modesto parere, il già citato atteggiamento psicologico<br />

<strong>di</strong> “<strong>di</strong>ssonanza cognitiva”, tipico – secondo una teoria formulata più compiutamente da Leon Festinger<br />

– delle collettività inse<strong>di</strong>ate in aree a rischio (<strong>di</strong> frane, <strong>di</strong> valanghe, <strong>di</strong> alluvioni, ecc.), che in buona sostanza<br />

sottovalutano con un “ottimismo emotivo” quei pericoli che un più cosciente e freddo ragionamento vorrebbe<br />

invece assai temuti: si può nuovamente ricordare in proposito il caso dei citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> Sarno e Quin<strong>di</strong>ci, in<br />

occasione della trage<strong>di</strong>a verificatasi nel 1998.<br />

Ciò posto, ve<strong>di</strong>amo più nel dettaglio – cedendo <strong>di</strong>rettamente la parola all’autrice sopra citata – «gli avvenimenti<br />

delle due ultime crisi del bra<strong>di</strong>sismo (1970-72 e 1982-84), focalizzando l’attenzione sui tre elementi che<br />

ci interessano: gli eventi naturali, il modo <strong>di</strong> gestirli, gli effetti conseguiti».<br />

“Sebbene la natura dei Campi Flegrei fosse più che nota (non solo il paesaggio ne ricorda i caratteri, ma le<br />

manifestazioni secondarie del vulcanesimo accompagnano la vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>degli</strong> abitanti con intensi odori sulfurei<br />

e fumarole un po’ dovunque, per esempio) i segnali che caratterizzano la ripresa del bra<strong>di</strong>sismo nei primi mesi del<br />

1970 colsero completamente impreparati gli amministratori locali, la popolazione e la stessa comunità scientifica.<br />

Il sollevamento del suolo segnalato nell’area del porto <strong>di</strong> Pozzuoli ed alcuni sciami sismici fecero temere il<br />

riacutizzarsi dell’attività vulcanica che avrebbe potuto evolversi in una eruzione, dal momento che gli stessi eventi<br />

erano stati osservati dagli stu<strong>di</strong>osi del tempo prima dell’eruzione del Monte Nuovo. In realtà l’evoluzione del<br />

fenomeno non fu così catastrofica e si esaurì nel giro <strong>di</strong> due anni senza creare eccessivi problemi. Più dannosa,<br />

invece, fu la risposta, dettata appunto dall’impreparazione, nelle iniziali fasi <strong>di</strong> questa crisi. Nella confusione che<br />

seguì alle prime manifestazioni del bra<strong>di</strong>sismo, infatti, fu adottato fra molte polemiche il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> allontanare<br />

circa 3.000 persone dall’antico Rione Terra, caratterizzato da e<strong>di</strong>fici più vulnerabili <strong>di</strong> altri alle scosse<br />

sismiche e <strong>di</strong> reinse<strong>di</strong>arla poi in un nuovo quartiere alla periferia della città. L’abbandono dell’acropoli ha condannato<br />

al degrado la parte più antica <strong>di</strong> Pozzuoli perché da allora nulla è stato fatto per recuperarla; per cui le<br />

con<strong>di</strong>zioni attuali del borgo sono più il prodotto dell’incapacità dell’uomo che dell’evento naturale.<br />

La crisi <strong>degli</strong> anni Settanta però avrebbe potuto causare significativi cambiamenti nei rapporti fra uomo e<br />

ambiente se avesse stimolato risposte adatte a fronteggiare questi fenomeni. Purtroppo soltanto la comunità<br />

scientifica raccolse la sfida perché fu sollecitata ad intensificare gli stu<strong>di</strong> sulle aree vulcaniche attive ed il fatto<br />

maggiormente positivo è risultato la creazione <strong>di</strong> una fitta rete <strong>di</strong> sorveglianza in tutta l’area flegrea. Sotto<br />

questo aspetto i Campi Flegrei si possono ritenere una delle aree più sicure perché sottoposta a serrati controlli,<br />

anche se questi da soli non bastano ad attenuare i rischi.<br />

Passata dunque l’emergenza la comunità locale tornò alla sua normale vita. Non si approntò alcun provve<strong>di</strong>mento,<br />

neppure sul piano dell’informazione, per fronteggiare nuove emergenze; per <strong>di</strong> più l’annunciata eruzione<br />

fu considerata da molti solo una manovra speculativa ai danni del Rione Terra.<br />

Sicché, dopo un intervallo <strong>di</strong> circa <strong>di</strong>eci anni, la seconda crisi bra<strong>di</strong>sismica riportò alla luce tutti i problemi<br />

non affrontati. Questa volta gli eventi furono anche più intensi: il sollevamento del suolo nel giro <strong>di</strong> due anni<br />

(1982-1984) raggiunse nell’area del porto <strong>di</strong> Pozzuoli (area <strong>di</strong> massimo sollevamento) un valore <strong>di</strong> 180 centimetri,<br />

che, sommati all’innalzamento precedente, portarono al collasso l’organizzazione portuale con le banchine<br />

<strong>di</strong> attracco ad oltre 3 metri sul livello del mare. Si segnalarono migliaia <strong>di</strong> eventi sismici, in sciami o a<br />

coppie, ed alcuni <strong>di</strong> intensità piuttosto elevata (magnitudo 4.0), mai registrati nell’area. A ciò si aggiungeva il<br />

timore <strong>di</strong> una possibile eruzione, evento da non escludere, visto che ci si trovava in presenza <strong>di</strong> terremoti intensi<br />

e <strong>di</strong> un sollevamento sempre più pronunciato.<br />

La gestione <strong>degli</strong> eventi non fu – né poteva esserlo in mancanza <strong>di</strong> misure preventive – neppure questa volta<br />

esemplare, perché l’inerzia <strong>degli</strong> amministratori locali, più che l’evento in sé, gettò nel panico la popolazione,<br />

in balia <strong>di</strong> voci incontrollate, scarsamente informata e soprattutto non educata ai rischi <strong>di</strong> vivere in un’area<br />

simile. Ancora una volta l’emergenza spinse ad allontanare dal centro <strong>di</strong> Pozzuoli circa 30.000 persone per le<br />

quali è stato creato l’ormai noto e chiacchierato megaquartiere Monteruscello (5.000 alloggi) entro gli stessi<br />

limiti amministrativi del comune.<br />

Appare evidente che la cattiva gestione dei rischi è <strong>di</strong>retta conseguenza della cattiva gestione del territorio e<br />

in ultima analisi dello scarso adattamento della comunità a questo tipo <strong>di</strong> ambiente fisico. Sono passati <strong>di</strong>eci<br />

anni dagli eventi ricordati ma non ci sembra che siano intervenuti sostanziali miglioramenti nell’organizzare il<br />

territorio specie in funzione <strong>degli</strong> eventi naturali attesi.<br />

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