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Scarica l'estratto - Università degli Studi di Salerno

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Foglio Isola d’Ischia-Napoli<br />

Il Foglio 183-184 (Isola d’Ischia–Napoli) è doppio, onde poter raffigurare anche le isole del Golfo <strong>di</strong><br />

Napoli, senza dover ricorrere a un altro apposito foglio, nel quale la maggior parte dello spazio <strong>di</strong> rappresentazione<br />

avrebbe riguardato la superficie <strong>di</strong> questa porzione del Mar Tirreno, con grande spreco <strong>di</strong> spazio, <strong>di</strong><br />

energia e <strong>di</strong> costi. Esso, come si può osservare in alcuni stralci qui riprodotti (V. Fig. 131 rappresenta una delle<br />

aree più importanti della Campania per concentrazione <strong>di</strong> inse<strong>di</strong>amenti (innanzitutto la città <strong>di</strong> Napoli, quin<strong>di</strong><br />

tante altre città e se<strong>di</strong> sparse <strong>di</strong> parte del piano campano e <strong>di</strong> quello circumvesuviano, a partire dal mare), e<br />

pertanto <strong>di</strong> popolazione, oltre che <strong>di</strong> attività dei tre classici settori economici, attività che si desumono soprattutto<br />

dalla presenza <strong>di</strong> molte infrastrutture. È visibile infatti una porzione sia dell’ “area metropolitana” <strong>di</strong><br />

Napoli, sia della cosiddetta “conurbazione partenopea”, che a partire dal Casertano si spinge oramai, quasi<br />

senza soluzione <strong>di</strong> continuità inse<strong>di</strong>ativa e produttiva, fino a sud <strong>di</strong> Battipaglia, in provincia <strong>di</strong> <strong>Salerno</strong>: la<br />

cosiddetta “polpa” del Mezzogiorno, che però porta con sé anche tanta degradazione ambientale e sociale.<br />

Dal punto <strong>di</strong> vista fisico, il territorio è caratterizzato da una <strong>di</strong>ffusa morfologia vulcanica, esprimentesi negli<br />

apparati del Somma-Vesuvio, dei Campi Flegrei, <strong>di</strong> Procida, <strong>di</strong> Ischia e delle isole vicine, che rappresentano<br />

anche le parti più alte, montane e collinari, verso cui l’insieme territoriale, in prevalenza pianeggiante, si va<br />

gradualmente rilevando.<br />

I Campi Flegrei, detti così proprio per la loro natura vulcanica (Phlegra, termine greco riportato da Strabone,<br />

in<strong>di</strong>ca qualcosa <strong>di</strong> ardente, dalla ra<strong>di</strong>ce flos/flogos, che allude al fuoco), sono costituiti da una serie <strong>di</strong> vulcani “a<br />

recinto” <strong>di</strong>versamente ampi e alti (Agnano, Astroni, Campiglione, Lago d’Averno), alcuni dei quali, spesso<br />

<strong>di</strong>venuti laghi, sono ormai poco riconoscibili nella loro forma naturale originaria, in quanto intensamente demoliti<br />

dagli agenti esogeni o trasformati dall’azione antropica. Per fare solo un esempio, il cratere-lago <strong>di</strong><br />

Agnano, com’è del resto noto, si è prestato molto bene, per la sua forma, ad essere utilizzato come ippodromo,<br />

dopo essere stato debitamente prosciugato con un cunicolo sotterraneo (1870) ed opportune canalizzazioni.<br />

Il Vesuvio, vulcano attivo in fase fumarolica e chiaramente “a recinto”, nella forma attuale deriva dalla<br />

sovrapposizione <strong>di</strong> un cono, formatosi probabilmente durante l’eruzione del 79 d.C. ed oggi detto Vesuvio, ad<br />

un vulcano più antico, chiamato Somma. Sono i costoni esterni <strong>di</strong> quest’ultimo che fungono per larga parte da<br />

“recinzione” al cratere vesuviano, dal quale sono separati a nord attraverso un’ampia valle a paesaggio “lunare”,<br />

detta del Gigante, articolata a sua volta in Atrio del Cavallo, a nord, e in Valle dell’Inferno, a sud (si noti il<br />

carattere “emotivo” dei toponimi); sul versante esposto al mare (quello <strong>di</strong> sud-est), la saldatura tra il vecchio e<br />

il nuovo e<strong>di</strong>ficio vulcanico avviene invece in corrispondenza <strong>di</strong> alcuni ripiani (cfr. il toponimo, questa volta<br />

puramente constatativo, Le Piane).<br />

Da notare inoltre che l’apparato Vesuvio-Somma, nel suo complesso, ha sì una classica forma <strong>di</strong> cono troco in<br />

cima, ma con versanti <strong>di</strong>ssimmetrici, che cioè dal lato del Somma sono molto più ripi<strong>di</strong> (basta osservare la vicinanza<br />

delle isoipse) mentre degradano più dolcemente dal lato opposto verso una stretta fascia costiera pianeggiante<br />

(l’intervallo delle curve è qui molto maggiore). Sui fianchi della montagna vulcanica si notano alcune<br />

colate laviche (le più recenti sono quelle dell’ultima eruzione, avvenuta nel 1944, <strong>di</strong>rezionate prevalentemente<br />

verso S. Sebastiano), che in qualche punto arrivano fino al mare: si ricor<strong>di</strong> che proprio una <strong>di</strong> queste colate nel<br />

passato seppellì parzialmente Torre del Greco. Sono visibili anche alcuni “coni avventizi” (il meglio conservato è<br />

quello su cui siede l’e<strong>di</strong>fico sacro dell’or<strong>di</strong>ne dei Camaldolesi, riportato come Colle S. Alfonso) e profon<strong>di</strong> solchi<br />

<strong>di</strong> erosione pluviale, specialmente sulle spalle del Somma, che hanno un tipico andamento a raggiera.<br />

La morfologia della terraferma rappresentata è prevalentemente bassa, salvo la presenza <strong>di</strong> alcuni promontori<br />

e capi (celebre quello <strong>di</strong> Posillipo, in cui termina la relativa collina), che scendono quasi a picco sul mare in<br />

un an<strong>di</strong>rivieni <strong>di</strong> micro-frastagliature. La sezione occidentale del territorio è occupata dalla pianura più estesa e<br />

piatta, dove sopravvivono all’assalto della speculazione e<strong>di</strong>lizia alcuni cordoni dunosi, rinsaldati dal<br />

rimboschimento (Pineta <strong>di</strong> Licola) seguito alla bonifica idraulica, qui compiutasi già a cavallo tra Ottocento e<br />

Novecento e perfezionata poi nel secondo dopoguerra.<br />

La sezione nord-orientale del territorio è attraversata dai Regi Lagni e da altri meno noti alvei canalizzati o<br />

canali in essi confluenti, tutti progettati per raccogliere le acque provenienti dal Vesuvio. Il territorio appare<br />

idrograficamente più ricco nella sezione occidentale, benché si tratti <strong>di</strong> acque <strong>di</strong>scendenti da basse colline e<br />

convogliate in fossi canalizzati. Il principale <strong>di</strong> questi corsi d’acqua quasi completamente canalizzato è l’Alveo<br />

dei Camaldoli (un toponimo che si ripete e non va confuso con il cono avventizio già citato), dal regime<br />

comunque torrentizio, che origina dalle pen<strong>di</strong>ci nord-orientali delle colline e sfocia a Licola. Più ricca del<br />

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