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Dispensa letteratura araba

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LA LETTERATURA ARABA DALLE ORIGINI AL NOVECENTO (POESIA E PROSA)<br />

Gebran Khalil Gebran, Najib Mahfuz , Youssef Zeidamn, Tahar Ben Jallon, Alaa Al Aswany, sono<br />

scrittori arabi moderni che il lettore occidentale e mondiale ha conosciuto attraverso le loro opere<br />

tradotte.<br />

Il Palazzo Yacobian e Chicago, due opere dello scrittore egiziano Alaa Al Aswany, hanno trovato<br />

un successo molto ambio negli ambienti culturali italiani. Ci sono tanti altri scrittori arabi<br />

conosciuti in occidente, ma in modo modesto; tali scrittori sono il prodotto di una cultura molto<br />

antica detta anche pre islamica.<br />

Il componimento poetico ( la Qasida)<br />

Tra le più antiche testimonianze alle opere preislamiche ci sono le sette appese (o Muhallakat, cioè<br />

Versi infilati), dovuta a un certo Hammad (morto nel 772). In questa Scelta o Antologia entrarono<br />

sette opere di sette poeti. Fra le altre antologie preislamiche ricordiamo Il libro dei canti di Abu el<br />

Faragià al Isfahani, morto nel 976. La poesia <strong>araba</strong> preislamica, che si può chiamare anche beduina,<br />

è originale, con scarsissime influenze esterne. Nasceva nell'ambiente dei nomadi, ma veniva accolta<br />

e anche imitata dagli Arabi seminomadi delle oasi e delle città. I poeti godevano di grande<br />

reputazione, partecipavano a feste e cerimonie, e si organizzavano spesso competizioni. Figura<br />

centrale di questa poesia è il poeta stesso, tipico beduino che odia e disprezza la vita sedentaria,<br />

forte e rozzo cacciatore, fanfarone, attaccato alla propria indipendenza. Ogni poesia incomincia di<br />

solito con un proemio in cui il poeta descrive se stesso, la sua vita. La forma tradizionale di questo<br />

periodo è la qasida, che si era già affermata da secoli. In italiano possiamo tradurre questo termine<br />

con elegia. Tutti i generi, da quello epico-descrittivo alla poesia satirica, si esprimevano in qaside.<br />

Uno dei maggiori poeti arabi preislamici, di cui si tramandano la memoria e le opere, fu Imr ul-qais<br />

(morto fra il 530 e il 540), che visse errabondo fra l'Arabia, la Siria e la Mesopotamia. Sarebbe<br />

morto a Costantinopoli, perchè giustiziato a causa della sua passione per una figlia dell'imperatore<br />

Giustiniano. Un altro poeta fu Tarafa, dell'Arabia sudorientale. Egli, come altri autori noti di questi<br />

secoli (come Antara o Zukhair e Lapid) cantò gli eroi, i condottieri e le continue guerre tra i clan e<br />

le tribù. Erano in sostanza poeti legati ai capi, agli sceicchi, mentre as-Sanfara e Taabbat furono<br />

cantori dell'individualismo, del banditismo anarchico. Si può dire, comunque, che ogni tribù o<br />

gruppo di clan aveva i suoi poeti. E ci furono anche famose poetesse, come al Hansa, mentre il<br />

poeta Umaya di Taif scrisse poesia di contenuto religioso. Tra il VII e l'VIII secolo si affermò e si<br />

diffuse una religione monoteista, l'islamismo, che si diffuse in mezzo mondo, con le conquiste<br />

arabe, e si formò un grande Stato feudale, il califfato. Alla fine del VII secolo la lingua <strong>araba</strong> viene<br />

dichiarata lingua ufficiale del califfato. Ed è in questo periodo che si afferma l'alfabeto arabo, un<br />

alfabeto consonantico, che viene usato dapprima per la trascrizione del Corano, il libro sacro<br />

dell’Islam, che contiene le prediche di Muhammad (morto nel 632), racconti tratti da soggetti<br />

biblici, e leggi fondamentali per lo Stato islamico. La forma letteraria del Corano non è nuova: esso<br />

è scritto in prosa rimata. Il Corano è il primo monumento scritto della prosa <strong>araba</strong>. Muhammad e i<br />

suoi primi seguaci si diedero a perseguitare la poesia <strong>araba</strong>, in quanto considerata espressione del<br />

paganesimo. I poeti furono costretti al silenzio o furono perseguitati. Ma questa situazione cambiò,<br />

quando alcuni poeti ebbero il coraggio di usare la poesia per cantare la nuova realtà dell'Islam e si<br />

misero al servizio di Maometto e dei suoi seguaci. La poesia <strong>araba</strong>, dopo un periodo breve di


silenzio, rinasce rigogliosa, non più tanto in Arabia, quanto negli altri Paesi conquistati. Centri della<br />

poesia diventano la Siria e l'Iraq. Si tratta di poeti panegiristi, che scrivono inni e poemi in onore dei<br />

loro signori (della dinastia Ommiade, durata fino al 750). Alla loro corte questi poeti, come al<br />

Akhtar, Giarir e altri, oltre a inneggiare ai loro sovrani, continuano a comporre qaside, con capacità<br />

artistica non inferiore a quella dei poeti preislamici. Questi poeti erano al solito poeti di guerra, e<br />

vivevano in un'atmosfera di lotte continue, fra le tribù, dei partiti religiosi contro i poteri laici. Il<br />

poeta al Akhtar era però cristano, esaltò gli Ommiadi che lo proteggevano, e cantò anche cose che<br />

andavano contro l'etica musulmana, come il vino e il piacere amoroso. La qasida era però una forma<br />

invecchiata, e nuove forme poetiche si affermarono tra i rappresentanti dell'aristocrazia cittadina del<br />

califfato. Fra i nuovi poeti si afferma Omar ibn Abi Rabiya (morto nel 718), autore di versi eleganti<br />

e gioiosi: per le sue avventure erotiche e spesso scandalose fu più volte scacciato dalla sua città che<br />

era La Mecca. Poeti noti di questo tempo furono Ibn Qais al-Ruqayat, Abu Achval (della Mecca), al<br />

Achwas, Qais ibn-Zariq, Junus al katib di Medina, al Walid di Damasco (che fu pure califfo). Si<br />

diffusero anche elegie d'amore, in cui c'erano un innamorato e una donna amata: divennero popolari<br />

coppie di amanti (in genere sempre infelici, perseguitati dalle famiglie ecc.), come Urva e Afra,<br />

Qais e Lubna, ma specialmente Medgiun e Leyla. Le vicende di questi innamorati infelici<br />

diventarono in seguito argomento di famosi poemi (come Leyla e Medgiun del poeta Nizami,<br />

vissuto nel XII secolo). Nei secoli VIII e IX si affermarono scuole poetico-religiose quasi eretiche,<br />

sette fanaticamente ostili alla dinastia regnante e alla teocrazia, considerate traditrici del vero Islam.<br />

Enorme influenza ebbe sulla <strong>letteratura</strong> in lingua <strong>araba</strong> il califfato di Baghdad (secoli VIII-XI). La<br />

<strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong> non è fatta soltanto da Arabi, ma anche da rappresentanti dei popoli sottomessi<br />

(Aramaici, Greci, Copti, Persiani, Berberi, persino Goti/Visigoti - in Spagna -, Turchi). Nei secoli<br />

VIII-IX grande sviluppo ha la filologia: gli studiosi lavorano intensamente, e raccolgono materiale<br />

del folklore, pubblicano testi di poeti e prosatori antichi e moderni, elaborano raffinate teorie<br />

linguistiche e poetiche. Viene organizzata la raccolta e la traduzione delle testimonianze letterarie di<br />

tutti i popoli dell'Asia anteriore. Un grande traduttore fu Abdallah ibn Mukaffah, giustiziato nel 759<br />

per motivi politico-religiosi. Egli tradusse l'opera indiana Panciatantra, un'epopea di favole, che uscì<br />

con il nome di Kalila e Dimna, e fu poi tradotta in spagnolo, in italiano (dal Firenzuola) e<br />

rappresentò un campionario eccezionale di favole con personaggi-animali (accanto alle favole di<br />

Esopo e di Fedro). Tradusse anche, forse dal persiano, le vicende del marinaio Sindbad, che<br />

entrarono poi nel famoso libro Le mille e una notte.<br />

Dalla <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong> ormai è sparito il rozzo beduino e il deserto in cui vive. Al suo posto c'è<br />

l'uomo di città, raffinato, esteta, e il paesaggio diventa urbano. I califfi di Damasco erano gli<br />

Abbassidi ed esercitarono un'enorme influenza nel progresso culturale della cultura <strong>araba</strong>. E' in<br />

questo clima spirituale e culturale che si forma un nuovo stile di poesia e prosa, assai più raffinato.<br />

Iniziatore e grande rappresentante di questo stil nuovo fu Basciar ib Burd (morto nel 753),<br />

proveniente da una famiglia di origine persiana. Ma il teorico e maggiore rappresentante ne fu il<br />

poeta Ibn al-Mutallah (morto nel 908). Alla corte degli Abbassidi fiorì anche un'intera scuola di<br />

poeti d'amore, fra cui Abu Nuwas (morto nell'815). E si devono ricordare anche la poetessa Rabiya<br />

(morta nell'801) e il poeta Al Khalladz (morto nel 922), autori di poesie mistiche. Fiorì anche la<br />

prosa, dopo il Corano, anzitutto con traduzioni. Iniziatore della prosa d'arte <strong>araba</strong> si considera al-<br />

Giakiz (767-868), autore di numerose prose di contenuto morale e accusatorio (per esempio la Lode<br />

dei mercanti e biasimo dei cortigiani). Un altro importante prosatore di questo splendido periodo<br />

culturale fu Ibn Kutaiba (morto nell'889), autore di una specie di enciclopedia letteraria in dieci<br />

volumi, organizzata in base a un criterio tematico (l'amicizia, il potere, la guerra). Al Kutaibi è


autore di scritti brevi, che sono paragonabili ai saggi dell'Europa. La fine del califfato e il sorgere di<br />

Stati indipendenti (che riconoscevano nominalmente l'autorità o il primato di Baghdad) portò con sè<br />

la frammentazione della <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>. La principale delle letterature che sorsero dal disgregarsi<br />

della <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong> unitaria fu quella della Siria, con centro Aleppo. Qui alla corte dell'emiro Saif<br />

ad-Daud (morto nel 967) visse il celebre poeta e panegirista al Mutanabbi, morto nel 965. Un altro<br />

poeta a lui contemporaneo fu Abu Firas (morto nel 968), autore di versi scritti mentre era<br />

prigioniero dei Bizantini, versi appassionati, dolenti di nostalgia per la patria.<br />

Nell'XI secolo visse in Siria un famoso, e grande, poeta e pensatore, Abu-l-Ala al Maarri (973-<br />

1057): nella sua opera, di altissimo valore letterario, vibrano il suo odio per l'ipocrisia e il suo<br />

amore per la libertà. E' in questo periodo e probabilmente in Siria che appare la traduzione di<br />

un'opera persiana, i Mille racconti, prototipo di quella che sarà una delle opere cardine della<br />

<strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>, Le mille e una notte. Un altro scrittore, Badi az-zaman al-Khamadani (morto nel<br />

1007) crea un genere originale, il makama, considerato vertice della prosa <strong>araba</strong>. I makama di al-<br />

Khamadani sono una cinquantina di racconti picareschi, vivaci, divertenti. Una <strong>letteratura</strong> originale<br />

<strong>araba</strong> in Andalusia fiorisce più tardi: sorge una poesia originale, che riflette i costumi e il colorito<br />

locale, espressa in strofe e rime di tipo nuovo. La poesia melodica sorge forse su una base di poesia<br />

popolare, è poesia d'amore, e vive poi anche nella Spagna cristiana. Forse influenza anche la poesia<br />

provenzale (e quindi quella italiana medievale). Il maggiore rappresentante di questa poesia<br />

melodica è Ibn Kuzmana (1080-1160), che ci ha lasciato alcuni divani (antologie) di liriche<br />

appassionate. Le forme strofico-liriche di queste poesie si chiamano muwassakh o zadgial(melodie),<br />

forme che non si differenziano molto. Ogni lirica può avere da quattro a dieci strofe. Un importante<br />

poeta arabo-spagnolo è stato al-Gazal (770-864) autore di versi molto sottili e di un poema epico<br />

sulla conquista della Spagna da parte degli Arabi, nonchè di una antologia di versi molto famosa e<br />

chiamata L'unica collana. Ricordiamo ancora Ibn Khazm (994-1063), autore di un noto poema<br />

d'amore, La collana della colomba. Quando lo Stato unitario arabo-andaluso si rompe e sorgono<br />

vari emirati (Siviglia, Granata, Mursia e altri) ovunque si affermano scuole poetiche i cui<br />

rappresentanti cantano temi usuali: panegirici in onore degli emiri, poesie erotiche, poesie<br />

bacchiche. Siviglia diventa un centro letterario e culturale importante: di notevole valore fu al<br />

Mutamid, morto nel 1095: morì in Marocco, perchè era stato fatto prigioniero e nelle sue poesie<br />

vibra la nota dolente della nostalgia. Suo compagno di prigionia fu il noto poeta Ibn Khamdis, nato<br />

in Sicilia nel 1055 e morto in Marocco nel 1132 (fu però liberato e protetto dall'emiro del Marocco).<br />

Di Cordova era il poeta Ibn Zajdun, morto a Siviglia nel 1071: le sue poesie hanno come argomento<br />

principale la sua complessa relazione con la figlia del califfo Wallada, pure lei notevole poetessa.<br />

Molti poeti arabo-spagnoli cantarono, e piansero, la riconquista cristiana delle città ispaniche. Ibn<br />

Khafagi, morto nel 1139, pianse la caduta di Valencia. Dalla metà dell'XI secolo la <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>,<br />

nonostante il crescente numero di poeti e prosatori dei vari Paesi in cui l'arabo era la lingua<br />

dominante della cultura, mostra segni evidenti di decadenza. Ma si sviluppa la poesia mistica,<br />

d'impronta sufi e suggestionata in particolare dalla lirica amoroso-religiosa dei Persiani.<br />

Rappresentanti di valore della poesia mistico-religiosa, che si rivestiva di immagini erotico-amorose<br />

e bacchiche, furono Ibn al-Arabi (1165-1240), cantore di una celeste Beatrice (nacque esattamente<br />

un secolo prima di Dante), as-Sciusctari (morto nel 1269) e l'egiziano Omar ibn al-Farid (1182-<br />

1235). Bisogna anche ricordare l'arabo-siciliano Ibn Zafar (morto nel 1169), autore di un'antologia<br />

in prosa di racconti di carattere storico. Uno scrittore di novelle (riprese dal persiano) fu Ibn<br />

Arabsciakh (1392-1450), che Tamerlano condusse da Bagh-dad a Samarcanda.<br />

In Egitto e in Siria c'è una ripresa dopo l'invasione mongola (XIII secolo): vi si diffondono poesie e


poemi scritti in arabo letterario ma già con elementi dialettali. Una lingua vicina a quella popolare,<br />

ormai abbastanza diversa dall'arabo letterario, viene usata da molti poeti. Ci furono addirittura gli<br />

inizi di un teatro scritto e da rappresentare: scrisse questi testi un certo Ibn Daniyal, del XIII secolo,<br />

egiziano. Erano trascrizioni di spettacoli orali popolari, farse ecc. Non ebbe continuatori: la<br />

<strong>letteratura</strong> ufficiale respingeva il teatro. Nei secoli XIII-XV nei Paesi arabi si diffusero quelli che<br />

con terminologia occidentale si possono chiamare romanzi cavallereschi, in arabo siri, biografie<br />

romanzate di eroi e condottieri con le loro imprese, i loro amori. Alcuni di essi avevano origine più<br />

antica. Ebbero larga diffusione, perchè costituivano il repertorio di cantori o dicitori ambulanti.<br />

Particolare successo ebbero i poemi che avevano come soggetti le guerre contro i crociati (per<br />

esempio la sira di Beibars, tutta dedicata alla lotta contro i crociati). In questo periodo si formò il<br />

famoso libro di novelle Le mille e una notte, che ebbe grande fortuna nelle traduzioni occidentali<br />

(anzitutto quella francese), e che aveva le sue fonti in narrazioni orientali, in siri. Dopo la conquista<br />

ottomana, nel XVI secolo la <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>, perde la propria vivacità, si sclerotizza. Essa si<br />

riprenderà solo verso la fine del XVIII secolo, ma come <strong>letteratura</strong> dei diversi Paesi di lingua <strong>araba</strong><br />

(egiziana, siriana, libanese, algerina, irachena ecc).All'indomani della Seconda guerra mondiale con<br />

i suoi sconvolgimenti di esperienze e idee, si produce nel Mondo arabo una maggior coscienza<br />

politica e sociale, specie fra le giovani generazioni, che inevitabilmente si riflette nella produzione<br />

letteraria. Si assiste a una vera esplosione di talenti, di giovani autori, soprattutto in Egitto e in Iràq.<br />

Poi in Siria, Libano, Tunisia, Algeria. Due fenomeni intervengono poi a influenzare decisamente i<br />

giovani scrittori: uno di carattere strettamente letterario ed è la crescente importanza acquisita dalla<br />

prosa che nei paesi arabi maggiormente influenzati dalla cultura occidentale riesce a prevalere<br />

quantitativamente sulla poesia, da sempre il genere letterario principe della <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>; il<br />

secondo fatto, traumatico per la società e la cultura <strong>araba</strong>, è la cosiddetta nakba, la catastrofe, e cioè<br />

fondazione dello stato d'Israele, con la sconfitta degli eserciti arabi e l'occupazione di Gerusalemme.<br />

Nasce la questione palestinese e di conseguenza la àdab al-muqàwama, la <strong>letteratura</strong> della<br />

resistenza, che non interessa soltanto i letterati palestinesi, ma che ha dei riscontri in tutte le<br />

letterature dei Paesi arabi.Nelle opere di questo periodo si avverte un'ansia di ricerca di una propria<br />

identità letteraria, con cambiamenti nello stile e nel linguaggio che si fa più semplice e diretto. Il<br />

letterato pone maggior cura nell'analisi e nell'esposizione delle proprie emozioni e dei sentimenti<br />

più reconditi. E se negli anni Cinquanta vediamo accentuarsi il realismo già manifestatosi fra le due<br />

Guerre mondiali, successivamente si nota una generale propensione per il simbolismo, fenomeno<br />

che si accentuerà dopo la nakba, la sconfitta nella guerra del giugno 1967 col sentimento<br />

d'impotenza e di frustrazione seguitone e che rafforzò il vincolo comune tra i palestinesi e il resto<br />

del Mondo arabo. L'"impegno" in <strong>letteratura</strong> diviene la regola generale, impegno sociale che può<br />

essere contestazione del potere dominante, ma anche dei pregiudizi sociali e culturali sedimentati<br />

nella mentalità della gente. Da qui lo stretto legame tra <strong>letteratura</strong> e politica presente nella<br />

produzione letteraria di quasi tutti i Paesi arabi, fatta eccezione per quelli della Penisola <strong>araba</strong> dove<br />

le condizioni politico-culturali non sono ancora mature per favorire un tal fenomeno.Nel contempo<br />

si rileva ovunque una presa di coscienza del valore delle tradizioni letterarie, sia scritte che orali, in<br />

un rinnovato interesse per i temi e i motivi della millenaria cultura del passato e per una sua<br />

adeguata rivalutazione, spesso in contrapposizione alla cultura occidentale.Dal punto di vista<br />

linguistico permane il problema della diglossia che concerne ormai anche la <strong>letteratura</strong>. Da decenni<br />

parecchi autori usano la loro lingua viva, almeno nei dialoghi delle loro opere, specie di carattere<br />

realistico. Ma la sacralità della lingua classica (fasìha) impedisce ai singoli dialetti di assurgere a<br />

dignità letteraria, e una rimane la lingua scritta, "dall'Oceano al Golfo", senza sostanziali differenze


morfologiche con la lingua classica, così come sono limitate le innovazioni sul piano sintattico.<br />

Tuttavia la fraseologia e la stilistica sono decisamente mutate, e se testimoniano da un lato il<br />

travagliato rinnovamento del Mondo arabo contemporaneo, dall'altro portano impressi i segni di<br />

un'innegabile influenza europea, chiaramente riconoscibile nei molti neologismi e modernissmi.<br />

L'Egitto continua a mantenere il ruolo di paese-guida sul piano culturale e a produrre il maggior<br />

volume di opere letterarie. Buona l'attività editoriale negli altri paesi, specie in Siria, in Iràq, ma<br />

anche nel Màghreb. Si muove anche la Penisola <strong>araba</strong>, grande centro della tradizione. E malgrado la<br />

grave situazione interna venutasi a creare dal 1975 pure il Libano mantiene la propria importante<br />

posizione culturale ed editoriale. La poesia, l'arte letteraria per eccellenza fra gli Arabi, che agli<br />

inizi del secolo, ispirandosi a modellioccidentali, aveva iniziato il suo rinnovamento con la scuola<br />

"siro-americana" del màhgiar(l'emigrazione siro-libanese nelle Americhe), abbandona<br />

progressivamente, dopo quindici secoli, la classica forma della qasida (poema) quantitativa e<br />

monorima, per sfociare nel verso libero (al-shi`r al-hurr, la poesia libera), a partire dall'Iràq negli<br />

anni Cinquanta con la scuola lirica guidata dalla poetessa Nàzik al-Malà'ika (1923) e da Badr Shàkir<br />

al-Sayyàb (1926-1964), influenzati dalla poesia inglese (T.S. Eliot) e proseguendo coi siro-libanesi<br />

tra cui Salàh Làbaki (1906) e Adonìs (1930)(v.v.) dove si nota l'influenza del simbolismo francese.<br />

Nel 1957 Adonìs e Yùsuf al-Khal (1917-1986) fondavano la rivista Shi`r (Poesia), che raccoglieva<br />

giovani poeti dai temperamenti e dai talenti più disparati, ma uniti dalla volontà di trasformare<br />

l'arabo poetico e di trovare, tanto nel dramma arabo che in quello personale, una fonte da cui trar<br />

colore, forma e vigore. Per una decina d'anni la rivista fu tribuna del verso libero e proscenio della<br />

poesia occidentale in traduzione, motivo d'ispirazione e di dibattito di cui si sarebbero nutriti i poeti<br />

successivi. Le tematiche sono ispirate dall'alienazione, dal disordine interiore e dall'angoscia<br />

esistenziale determinata dalla vita moderna, dalle condizioni socio-politiche, dagli infausti eventi<br />

della storia recente.Fra le personalità poetiche dell'area vicino-orientale spicca il siriano Nizàr<br />

Qabbàni (1928-2000?), uno dei più popolari poeti arabi viventi, famoso per le sue liriche d'amore.<br />

Dopo la sconfitta del 1967, colpito dal dramma palestinese, la sua diventa poesia "di lotta", pur<br />

senza rinnegare completamente i temi precedenti. Vi è l'iracheno `Abd al-Wahhàb al-Bayyàti<br />

(1926), "impegnato" e dallo stile ironico con puntate sul fantastico; il libanese Sa`ìd `Aql<br />

(1912),caposcuola del simbolismo; il vate curdo Baland Hàydari (1926), seguace dell'estetismo, poi<br />

dell'esistenzialismo e del surrealismo; e ancora i siriani Sulaymàn al-`Isà (1922), cantore del partito<br />

Ba`th e della tragedia palestinese, e `Ali al-Giundi (1928), romantico dagli accenti mistici che canta<br />

la tristezza, la solitudine, la morte. Componente fondamentale della poesia <strong>araba</strong> contemporanea è<br />

quella nata in Palestina dopo la disfatta del 1967. Prima di quel fatale spartiacque storico la<br />

<strong>letteratura</strong> palestinese non aveva superato i propri confini geografici, ma la tragedia stimola la<br />

produzione letteraria che si arricchisce di nuovi temi: l'angoscia esistenziale, la nostalgia della<br />

patria perduta, l'esilio, ma anche la speranza e il desiderio di riscossa. I poeti per primi levano la<br />

loro voce per far conoscere il dramma del loro popolo: Fadwa Tuqàn (1918), forse la più celebre<br />

poetessa <strong>araba</strong> vivente che passando dai metri quantitativi classici al verso libero canta via via la<br />

sua liberazione dalla "prigione domestica", l'amore, l'amor patrio. L'affianca la triade poetica<br />

palestinese: Darwìsh, al-Qàsim, Zayyàd. Mahmùd Darwìsh (1941)(v.v.), impegnato nella lotta<br />

politica e autore di liriche in cui sublima a mito le cose più semplici della vita del suo popolo.<br />

Samìh al-Qàsim (1939), di origine drusa, esprime il senso d'ineluttabilità del destino. Tawfìq<br />

Zayyàd, più anziano dei suoi due compagni, dallo stile semplice, popolare, ma più che mai<br />

moderno. Non manca naturalmente chi continua con la qasida metrica: Mahdi al-Giawàhiri (1903-<br />

?), vigoroso simbolista e gloria nazionale dell'Iràq, affronta argomenti politici e sociali; il siriano


`Omar Abu Risha (1910-?), autore di tragedie e di lunghe epopee storiche. Nella tradizione si<br />

mantiene la maggior parte dei poeti della Penisola <strong>araba</strong>. In Egitto la moderna poesia nata in Iràq e<br />

in Libano trova sulle prime delle resistenze. Pioniere fra i suoi difensori Salàh `Abd al-Sabbùr<br />

(1931), di raffinata cultura occidentale, dal realismo sociale influenzato da esperienze mistiche<br />

espresse anche in alcune sue opere drammatiche. `Abd al-Mu`ti Higiàzi (1935), militante socialista<br />

di origini contadine, tratta le miserie del popolo e i drammi del fellah inurbato. Muhàmmad al-<br />

Faytùri (1930), originario del Sudan e di sangue nero, canta il suo amore per l'Africa e la lotta<br />

contro il razzismo. Nel Sudan eccelle `Abdallah al-Tàyyib (1921), che dopo un'esperienza sulla scia<br />

dei movimenti poetici inglesi, scopre la sua vera natura tornando alla tradizione più antica e<br />

difficile. In Libia incontriamo `Ali Sidqi `Abd al-Qàdir (1924), capofila del rinnovamento letterario,<br />

che ha pubblicato versi di ispirazione politica, amorosa ed esistenziale, assieme a Muhàmmad al-<br />

Mahdi (1943), fautore del verso libero.<br />

Il Màghreb, esercita ancora la campagna di ta`rib arabizzazione , il recupero della lingua<br />

nazionale, specialmente in <strong>letteratura</strong>, in quanto un cospicuo numero di letterati si trova ancora a<br />

proprio agio col francese, più che con l'arabo, pur rimanendo arabi nel profondo e intrinsecamente<br />

<strong>araba</strong> sia la loro <strong>letteratura</strong>. La Tunisia deve la nascita di una tradizione letteraria scritta agli arabi.<br />

Sin dal quarto secolo essi edificarono centri culturali di notevole importanza come Tunisi e<br />

Kairouan infatti, nacque al Quaisi (966-1045) che studiò in Egitto, dimorò a La Mecca e a Cordoba,<br />

insegnò in diverse moschee e scrisse alcuni trattati sul modo migliore di leggere il Corano e su<br />

come interpretare le parole difficili in esso contenute. Di Kairouan era anche al-Husri, che ivi morì<br />

nel 1061, poetò sulla città di origine e trascrisse tre antologie letterarie. Un paio di secoli dopo ash-<br />

Shadhili, morto nel 1258, fondatore di una congregazione religiosa che da lui prese il nome, scrisse<br />

intorno ai doveri del culto divino e compose una celebre preghiera. La litania del mare, che egli<br />

avrebbe dettato lo stesso Maometto. Ma il più grande scrittore che la Tunisia abbia mai avuto è<br />

certamente lo storiografo Ibn Khaldun (1332-1406). Sua celebre opera è la Muqaddimah ( libro<br />

sugli esempi storici), in cui mostra le leggi a cui obbediscono gli eventi storici, creando una vera e<br />

propria filosofia della storia, dalle vicende degli stati arabi e berberi. Il particolare interessante di<br />

quest' opera è che l' autore racconta i fatti con atteggiamento scientifico e distaccato, privo di<br />

pregiudizi nei riguardi della storia. Nel diciassettesimo secolo non mancarono storiografi e poeti che<br />

continuarono a prediligere l' arabo classico, ma allo stesso tempo, si sviluppò una <strong>letteratura</strong><br />

popolare in dialetto tunisino, che nella lirica offre lo schema degli arobi (quartina con rime<br />

alternate). Nel secolo scorso la figura più importante è stata quella di Hasan Husni 'Abdul' Wahhab,<br />

due volte ministro, membro delle accademie di Damasco e del Cairo, autore di una serie di opere<br />

storiche, tra cui la più importante è la storia della civiltà nelle terre di Tunisia, in cinque volumi. Il<br />

più noto lirico algerino, Màlek Haddàd (1927), ha combattuto i colonialisti poetando nella loro<br />

lingua. Muhàmmad Dib (1920), altro algerino, residente in Francia, ha ricevuto numerosi<br />

riconoscimenti per la sua attività feconda e varia di poeta e di romanziere. Fra i poeti marocchini,<br />

quasi sempre bilingui con prevalenza per quelli d'espressione francese, si fa notare `Azìz Lahbàbi<br />

(1922), fondatore dell'Unione degli scrittori del Màghreb e della rivista Afàq, per le sue raccolte,<br />

oltre che per la sua attività di romanziere e saggista. Altro poeta e romanziere è `Abdellatìf Làabi<br />

[`Abd al-Latif La`abi] (1942), noto per il carattere di denuncia politica e sociale delle sue opere,<br />

fondatore della rivista letteraria Souffles (pubblicata anche in arabo: Anfàs) che ha dato alla<br />

<strong>letteratura</strong> maghrebina un impulso al rinnovamento di cui sta ora raccogliendo i frutti a livello<br />

internazionale. La prosa è il genere letterario che mostra lo sviluppo maggiore, anche se forse meno


evidente e rapido della rivoluzione attuata nella poesia neo<strong>araba</strong>, mancando nel passato chiari<br />

riferimenti di confronto per quanto attiene al moderno racconto breve, al romanzo, all'opera teatrale,<br />

come invece quella ha nella poesia tradizionale. Quest'ultimo periodo vede il genere ormai maturo<br />

per competere sull'agone internazionale valicando i confini del Mondo arabo. La tecnica e lo stile<br />

sono inequivocabilmente prole dell'occidente e il processo di emancipazione dai lacci della retorica<br />

è ormai completo. Come pure l'uso della similitudine e della metafora si adegua ai canoni moderni.<br />

Ma innegabilmente arabi rimangono lo spirito, il sentimento, l'ispirazione. Gli scrittori tendono a<br />

rivolgersi alla più ampia fascia di lettori, inclusi quelli di scarsa scolarità. Si preferiscono la<br />

semplicità e la chiarezza. L'arabo letterario si avvicina al colloquiale, ma senza le idiosincrasie<br />

regionali di vocabolario e sintassi e senza urtare le regole della grammatica classica, salvo a volte<br />

nel dialogo. Come ha primeggiato nel campo della moderna poesia l'Iràq compete con l'Egitto anche<br />

sul piano della narrativa, soprattutto riguardo la qissa qasira, il racconto breve, che vede un gruppo<br />

di narratori di talento esprimere la loro inquietudine interiore e denunciare le ingiustizie sociali.<br />

`Abd al-Màlik Nuri (1921), realista e poi esistenzialista, con lingua raffinata e tecnica originale<br />

s'interessa dei diseredati e delle creature più umili. Fu'àd Tàkarli (1927), tratteggia, in un'atmosfera<br />

di violenza e angoscia, la vita disperata dei contadini iracheni. Di più recente notorietà è `Abd al-<br />

Rahmàn Magìd al-Rubày`i (1939), autore di romanzi e racconti di carattere sociale in una lingua<br />

letteraria ricca di spunti innovativi. In Siria, al realismo degli anni Cinquanta seguono nuove forme<br />

d'espressione meno esplicite. La situazione politica più restrittiva, seguita alla fondazione della<br />

Repubblica Araba Unita con l'Egitto, induce alla metafora e al simbolo che intervengono a<br />

mascherare il pensiero dello scrittore. E il malessere sociale, dopo esser stato ampiamente descritto,<br />

è come fatto oggetto di un'analisi interiore. Rispetto ai contemporanei narratori egiziani si nota un<br />

minor ricorso al dialetto nei dialoghi. L'esponente più in vista è Hànna Mina (1924), autore di<br />

numerosi romanzi e alcune raccolte di racconti di carattere sociale e autobiografico in cui denuncia<br />

la società classista, fattore di deformazione dei sentimenti e dei rapporti umani. Monumento<br />

nazionale è `Abd al-Salàm al-`Ugiàyli (1918), medico, ex-ministro, romanziere e saggista, felice<br />

combinazione di romanticismo e realismo. Nella narrativa di Fàris Zarzùr (1922-?) passiamo ad un<br />

crudele realismo dalle risonanze kafkiane, mentre nei surrealistici racconti di Zakariyya Tàmir<br />

(1931) entriamo in un universo da incubo dominato dalla violenza e dall'ingiustizia, in cui dilagano<br />

i tabù e gli appetiti di una società malata. In campo femminile, dove con diversi toni si tratta della<br />

condizione della donna e dei suoi rapporti con l'uomo e la società, fra le numerose esponenti siriane<br />

degne di nota vi è Colette Khuri (1937) e soprattutto Ghada al-Sammàn (1942), che piange la<br />

tragedia libanese e rappresenta l'uomo e la donna insieme, vittime della società. La sua opera<br />

complessiva, impregnata di sensibilità politica, sociale e di rivolta esistenziale, annuncia una nuova<br />

<strong>letteratura</strong> femminile <strong>araba</strong>. Il Libano, sconvolto dalla guerra, tarda ad accostare nomi nuovi<br />

accanto a Suhàyl Idrìs (1923), romanziere, fondatore nel 1953 della rivista letteraria al-Adab, a<br />

Layla Ba`àlbaki (1928), dai romanzi di denuncia sociale, e soprattutto al grande Mikha'ìl Nu`àyma<br />

(1889-1987)(v.v.). Se per la Giordania val la pena di citare l'opera narrativa di `Isà al-Na`ùri (1918-<br />

1985), famoso anche per la sua attività italianistica, per la Palestina il nome e l'opera di Ghassàn<br />

Kanafàni (1936-1972)(v.v.) sarebbero sufficienti a darle lustro nel genere. Esponente di primo<br />

piano della <strong>letteratura</strong> della resistenza egli ha contribuito al mantenimento dell'identità culturale tra i<br />

palestinesi della diaspora. Gli si affiancano Giabra Ibrahìm Giabra (1919), romanziere, poeta e<br />

critico, e Emile Habìbi (1922), dalla scrittura ricca e complessa vivacizzata da spunti di sottile<br />

ironia. Nella Penisola <strong>araba</strong> la notorietà dei prosatori comincia da poco a superare quell'ambito<br />

geografico. Dove invece il genere narrativo moderno arabo ha raggiunto i massimi livelli è in terra


d'Egitto. Qui, nel lontano 1914, esso aveva avuto i propri natali col romanzo Zàynab di Muhàmmad<br />

Husàyn Hàykal (1888-1956) e nel 1988 ha visto assegnare il Nobel per la <strong>letteratura</strong> al suo<br />

esponente più prestigioso: Nagìb Mahfùz (1911-2006)(v.v.). Attivo dal 1934, questo realista pittore<br />

di costumi e di caratteri, autore di autentici documenti storici - nella sua celebre Trilogia troviamo<br />

la storia dell'Egitto dalla rivoluzione del 1919 al 1942 - ha saputo tratteggiare l'angoscia dell'uomo<br />

moderno, sottoposto all'implacabile trascorrere del Tempo, forse il vero protagonista della sua<br />

opera. Un maestro del racconto egiziano è Yùsuf Idrìs (1927). Polemista, ha descritto i vizi e le tare<br />

degli individui e della società, con un uso appropriato e salace dell'arabo colloquiale, drammatico<br />

ma non privo di senso del humour. Fra i giovani novellisti un posto di riguardo spetta a Giamàl al-<br />

Ghitàni (1945), portavoce di una "generazione della rivoluzione" che si sente tradita e vuol gridare<br />

la propria sofferenza, l'amarezza e l'angoscia, ma che sa reagire e confidare i propri sogni e le<br />

proprie speranze. Gli si accosta Magìd Tùbiya (1938), incline alla descrizione realista e<br />

all'annotazione psicologica sublimate da un'intenzione simbolica. In campo femminile in primo<br />

piano troviamo Nawwàl al-Sa`dàwi (1932)(v.v.), psicologa, romanziera, femminista. Nella sua<br />

narrativa e nei suoi saggi denuncia l'atteggiamento prevaricatore dell'uomo nei confronti della<br />

donna <strong>araba</strong>. In Sudan il romanziere al-Tàyyib Sàlih (1929)(v.v.) ci presenta i fatti dolorosi e tragici<br />

del giovane arabo emigrato in occidente e i drammi del suo ritorno sulle rive del Nilo. In Tunisia<br />

uno degli autori più rappresentativi è Béchir Khraïef [Bashìr Khuràyf] (1917), romanziere e<br />

novellista, dotato d'un senso acuto dello spirito popolare è pure apprezzato per il suo uso particolare<br />

della lingua parlata nei dialoghi. Muhammad Rachad Hamzaoui [M. Rashàd Hamzàwi] (1934),<br />

romanziere e drammaturgo, con stile realistico denuncia la dura vita dei contadini. Fra le scrittrici<br />

va citata `Arusìyyia al-Nalùti (1950), di origine algerina, che con linguaggio fantasioso racconta di<br />

incomunicabilità, silenzi, solitudini, angosce, desideri frustrati. In Algeria la moderna narrativa<br />

s'impernia su due assi: quello del passato, sulla guerra di liberazione e i relativi valori, e il presente,<br />

in cui si analizza la situazione dell'uomo-individuo nella città, la sua alienazione e perplessità di<br />

fronte a una società in rapido cambiamento. Capofila degli autori d'espressione <strong>araba</strong> è Abdelhamid<br />

Benhadouga [`Abd al-Hamìd Ben Haddùqa] (1925), che esamina le ripercussioni sociali e<br />

psicologiche della guerra di liberazione). Ben più nutrito è il "fronte" francese. In primo piano c'è<br />

Kateb Yacine [Kàtib Yasìn] (1929), romanziere, poeta, drammaturgo. Da notare anche Rachid<br />

Boudjedra [Rashìd Bu Giadra] (1941), narratore, poeta e saggista, che attacca la tradizione, il<br />

perbenismo borghese, il potere politico reo d'aver tradito gli ideali rivoluzionari. Assia Djebar<br />

[Asiya Giabbàr] (1936), romanziera delle questioni che travagliano il paese, è l'esponente più<br />

conosciuta fra le scrittrici. Anche in Marocco abbiamo gli "arabi" e i "francesi". Del primo gruppo<br />

fa parte tra gli altri Muhàmmad Zafzàf, fra gli innovatori del linguaggio e della struttura narrativa.<br />

Di recente notorietà anche in Europa è Muhammad Choukri [M. Shukri] (1935), romanziere che<br />

con una scrittura apparentemente fredda, documentaria, dà lo spaccato tenero e sanguinoso del<br />

Marocco alle soglie dell'indipendenza politica. In francese invece scrive l'astro della contemporanea<br />

narrativa del paese, quel Tahar Ben Jelloun [al-Tàhir Ben Giallùn, 1944](v.v.), psichiatra e<br />

romanziere, che con la laurea al Goncourt 1987 ha visto la propria notorietà diffondersi in Europa<br />

quale portavoce di tutta la cultura maghrebina. Romanziere e drammaturgo attento ai problemi delle<br />

classi povere è Driss Chraïbi [Idrìs Shuràybi] (1926), che denuncia tanto i pregiudizi della<br />

tradizione quanto la supina accettazione dei valori occidentali. Il teatro, genere nuovo nella cultura<br />

<strong>araba</strong> essendovi entrato alla fine del secolo scorso, ha visto, a partire dall'Egitto, un sempre<br />

crescente fervor d'opere. Dopo i promotori del primo movimento della drammaturgia <strong>araba</strong>: Tawfìq<br />

al-Hakìm (1898-1987) e Nu`màn `Ashùr, vi si cimenta con successo Yusùf Idrìs, citato come


omanziere. La Siria ha in Sa`d Allah Wannùs (1941-1997), il suo più rappresentativo esponente,<br />

sia per le tecniche d'avanguardia impiegate che per i contenuti volti a un'opera di demistificazione e<br />

disillusione con la rilettura della Storia alla luce di una nuova coscienza. In Tunisia si evidenzia<br />

Ezzedine Madani [`Izz al-Din al-Màdani], con opere d'ispirazione storica. L'Algeria ha nel citato<br />

romanziere Kàteb Yacìne anche un interessante drammaturgo, mentre il marocchino Driss Chraïbi,<br />

anch'egli citato, alterna l'attività di romanziere con quella di autore teatrale di successo.<br />

Il saggio nella moderna <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>, che qualcuno ha acutamente visto come una riuscita<br />

sintesi tra la tradizionale risala (l'epistola o trattatello medievale di vario contenuto) e il francese<br />

essai o inglese essay, si diffonde nella prima metà di questo secolo con Manfalùti, Taha Husàyn,<br />

Nu`àyma e al-`Aqqàd, tra gli altri. Nella seconda metà, fra i saggisti arabi di valore si ricorda il<br />

citato italianista giordano `Isà al-Na`ùri, ancora l'eclettico egiziano Yùsuf Idrìs, lo stesso Adonìs<br />

che nell'ultimo periodo ha privilegiato quest'attività rispetto alla poesia e lo storico marocchino<br />

Abdallah Laroui [`Abd Allah al-`Arwi] (1933). Fra i maggiori esponenti: ADONÌS, pseudonimo di<br />

`Ali Ahmad Sa`id Esber, poeta e critico siriano, naturalizzato libanese (Qassabìn 1930). Dopo gli<br />

studi primari e secondari a Tartùs e a Latakìa studia all'Università di Damasco dove nel 1954<br />

consegue il diploma in filosofia. Nel 1956 si trasferisce in Libano ottenendone ben presto la<br />

cittadinanza e risiedendovi fino al 1985. Pur avendo già da prima dimostrato il suo talento lirico è<br />

qui che si definisce la sua personalità poetica dalla doppia inquietudine, metafisica e sociale, dalla<br />

scrittura estremamente pura. Nel 1957, con Yusef al-Khal, fonda la rivista Shi`r (Poesia) che lascerà<br />

un segno profondo nella poesia <strong>araba</strong> contemporanea sulla strada della sua emancipazione dalle<br />

forme rigide di una tradizione che, pur bella, non corrispondeva più alle esigenze dei giovani poeti.<br />

Adonis, che s'era cimentato con successo nella poesia tradizionale, nelle nuove forme manifesta il<br />

suo genio, ispirato sia dal passato della propria lingua quanto dalle suggestioni della poesia<br />

occidentale. Nel frattempo si dedica all'insegnamento e al giornalismo. Nel 1968 fonda la rivista<br />

Mawaqif (Situazioni), vera tribuna d'espressione indipendente da qualsiasi regime, punto d'incontro<br />

privilegiato della cultura <strong>araba</strong> con le altre culture. Nel 1973 consegue il dottorato in Lettere<br />

all'università St. Joseph. Fra le sue raccolte: Agani Mihyar al-dimashqi (Canzoni di Mihyar il<br />

damasceno) del 1961, Kitab al-tahawwulat wa-al-higra fi aqalim al-layl wa-al-nahar (Libro delle<br />

trasformazioni e dell'emigrazione nelle regioni della notte e del giorno) del 1969, al-Masrah wa-almiraya<br />

(Il teatro e lo specchio) del 1970, al-Qasa'id al-khams taly-ha al-mutabaqat wa-al-awa'il (I<br />

cinque poemi seguiti dalle analogie e dai primi) del 1980. Negli ultimi anni la sua attività di teorico<br />

e critico della <strong>letteratura</strong>, assieme a quella di traduttore, han prevalso su quella di poeta.<br />

Attualmente vive in Francia "non in esilio, ma da poeta che si sente a casa propria ovunque poiché<br />

egli abita la propria lingua e la propria poesia". BEN GIALLÙN al-Tàhir, scrittore marocchino in<br />

lingua francese (Fès 1944). Emigra a Tangeri nel 1955 e vi consegue la licenza in filosofia.<br />

Esordisce come poeta nelle pagine della prestigiosa rivista Souffles, creata nel 1966 da `Abd al-<br />

Latif La`abi e sospesa nel 1972 per motivi politici. Nel 1971 va in Francia dove collabora con Le<br />

Monde e nel 1973 pubblica il romanzo Harrouda, forte denuncia dell'arroganza del potere, della<br />

lacerazione prodotta dal colonialismo e dalla susseguente acculturazione post-coloniale. Nel 1975<br />

ottiene a Parigi il dottorato in psichiatria sociale. Da questi studi pubblica nel 1977 un saggio sugli<br />

emigrati maghrebini e il loro squilibrio affettivo e culturale, linguistico e sessuale: La plus haute des<br />

solitudes, in cui manifesta la sua solida esperienza di ricercatore sociale e una meticolosità<br />

scientifica mai fredda né distaccata. Seguono Moha le fou, Moha le sage (1978), La prière de<br />

l'absent (1981), L'enfant de sable (1985) e La nuit sacrée (1987) per cui gli viene assegnato il<br />

Premio Goncourt. Tutti momenti di una polemica che mette in discussione l'organizzazione della


società musulmana, ma anche di quella occidentale. Pur essendo di madrelingua <strong>araba</strong>, ma<br />

dialettale, s'è sempre rifiutato di scrivere in arabo letterario, ammettendo di non saperlo dominare<br />

come il francese. Ma ribadisce con decisione la sua identità <strong>araba</strong> e maghrebina pur in una<br />

personalità "incrociata", plurietnica e pluriculturale. Buona parte della sua produzione narrativa è<br />

stata pubblicata in italiano. DARWÌSH Mahmùd, poeta palestinese (al-Birwa - Galilea 1941). Fin<br />

dall'infanzia la sua personalità è segnata dalla fuga, dall'esilio in un campo profughi libanese, dal<br />

ritorno nella propria terra occupata. Da ragazzo milita tra le forze progressiste e più tardi diviene<br />

caporedattore della rivista al-Giadid, organo dell'ala <strong>araba</strong> del partito comunista israeliano (Raqah)<br />

di cui è membro. La sua lotta politica, volta alla difesa dell'identità del popolo palestinese e dei suoi<br />

diritti nazionali e culturali gli fa conoscere a più riprese la prigione. Nel 1964 pubblica a Haifa<br />

Awraq al-zaytun (Foglie d'ulivo), considerato il primo tentativo poetico concreto che segna "il<br />

passaggio dalla fase delle lacrime a quello della rivolta e della sfida". Gli schemi formali sono<br />

spezzati, i versi si riducono all'essenziale, talvolta a una sola parola. Nel 1965, in carcere, compone<br />

la sua raccolta più famosa `Ashiq min Filastin (Un innamorato della Palestina) in cui abbandona<br />

definitivamente lo stile romantico e ricorre al simbolo, senza ancora pregiudicare la chiarezza<br />

dell'espressione come invece accadrà in Akhir al-layl (La fine della notte) del 1967, dall'ermetismo<br />

eccessivo e dal simbolismo troppo oscuro. La sua capacità di mantenere la tensione nell'immagine e<br />

di mitizzare le cose più familiari della vita del suo popolo ne fanno uno dei poeti più rappresentativi<br />

della Palestina. Fino ad allora quasi sconosciuto, dopo la guerra di giugno 1967 la sua fama si<br />

diffonde nel Mondo arabo. Nel 1971 lascia il suo paese per l'Egitto e poi il Libano che abbandonerà<br />

a sua volta con l'invasione israeliana del 1982 per vivere tra Tunisi e Parigi. Il suo divano<br />

attualmente supera la decina di raccolte. KANAFÀNI Ghassàn, scrittore palestinese (Acri 1936-<br />

Beirut 1972). Inizia a studiare presso una scuola cristiana, ma nel 1948 è costretto a fuggire in<br />

Libano con la famiglia. Nel 1953 insegna a Damasco in una scuola dell'UNRWA, l'agenzia<br />

dell'ONU che si occupa dei palestinesi. Nel contempo comincia a scrivere pubblicando i suoi primi<br />

racconti nella rivista al-Ra'i (L'Opinione). Nel 1956 è nel Kuwayt dove, continuando a insegnare, si<br />

avvicina alla resistenza palestinese e in particolare a Georges Habash, che fonderà in seguito il<br />

Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Nel 1960 torna a Beirut dove comincia una<br />

proficua collaborazione con vari giornali nazionalisti e progressisti, alternata alla sua opera di<br />

scrittore militante, che dura fino al 1972 quando, nel pieno della sua attività artistica, cade vittima di<br />

un attentato. Esponente di primo piano della adab al-muqawama (<strong>letteratura</strong> della resistenza)<br />

affronta nei racconti e nei romanzi la problematica degli esuli e della lotta contro l'occupazione<br />

israeliana, mettendo in luce la crisi di fiducia dei palestinesi nei confronti dei paesi arabi. La sua<br />

opera, riunita in due volumi, è costituita da cinque raccolte di racconti Mawt sarir raqm 12 (La<br />

morte del letto numero 12), 1961; Ard al-burtuqal al-hazin (La terra delle arance amare), 1963;<br />

`Alam laysa lana (Un mondo non nostro), 1965; `An al-rigial wa-l-banadiq (Sugli uomini e i fucili),<br />

1968; Umm Sa`d (La madre di Sa`d), 1969, e da tre romanzi brevi: Rigial fi l-shams (Uomini sotto<br />

il sole), 1963; Ma tabaqqà lakum (Ciò che vi è rimasto), 1966; `A'id ila Hayfa (Ritorno a Haifa),<br />

1969. Ha scritto inoltre tre lavori teatrali e ha raccolto e presentato dei testi antologici sulla<br />

<strong>letteratura</strong> della resistenza. Nagìb MAHFUZ, romanziere egiziano (Il Cairo 1911-2006). Di famiglia<br />

piccolo borghese si laurea in filosofia all'Università del Cairo nel 1934 e viene assunto nella<br />

pubblica amministrazione. Dopo un esordio nel romanzo storico, egli inizia nel 1945 con al-Qahira<br />

al-giadida (Cairo nuova) quel filone narrativo, detto del "realismo sociale", ambientato nei luoghi<br />

più tradizionali del Cairo che vedrà poi Khan al-khalili, nome del'antico bazar, del 1946, Zuqaq almidaqq<br />

(Vicolo del mortaio) del 1947 e che sfocerà nell'opera che gli darà fama anche al di fuori


del mondo arabo: la ponderosa Trilogia, uscita tra il 1956 e il 1957, costituita da Bayn al-qasrayn<br />

(Fra i due palazzi), Qasr al-shawq (Il palazzo del desiderio), al-Sukkariyya, nome di una strada del<br />

Cairo, dove si manifesta una costante che dominerà la sua opera complessiva: la proustiana<br />

ossessione del tempo che sfugge. In Bidaya wa-nihaya (L'inizio e la fine), del 1949, si comincia a<br />

notare un attenuarsi del suo realismo e l'esplorazione di più sofisticate tecniche narrative che si<br />

estrinseca nelle opere degli anni Sessanta dove viene approfondito l'interesse psicologico per i<br />

personaggi e un frequente ricorso al simbolo. Son di questo periodo Awlad haratina (I figli del<br />

nostro quartiere, 1959) in cui prevalgono i temi esistenziali con al centro l'uomo all'eterna ricerca<br />

dei valori spirituali. Il romanzo sarà bandito in tutti i paesi arabi, salvo il Libano, per la malvista<br />

commistione di temi sacri in un contesto sociale. Poi al-Liss wa-l-kilab (Il ladro e i cani, 1961), al-<br />

Summan wa-l-kharif (La quaglia e l'autunno, 1962), la raccolta di racconti Dunya Allah (Il mondo<br />

di Dio, 1963) e Tharthara fawq al-Nil (Chiacchierata sul Nilo, 1966), in cui si sviluppano<br />

conversazioni metafisiche al limite fra realtà e fantasia, accanto a commenti critici sullo stato<br />

intellettuale dell'Egitto. E' del 1967 Miramar, dove viene descritto il disgregato clima politico e<br />

sociale che precede la sconfitta della 1967. Seguono Khammarat al-qitt al-aswad (La taverna del<br />

gatto nero) e Taht al-mizalla (Sotto la pensilina) del 1969, dal simbolismo esasperato, e al-Maraya<br />

(Gli specchi), del 1970, con continui riferimenti alla guerra del 1967. Nel 1975 pubblica Hikayat<br />

haratina (Storie del nostro quartiere), il suo romanzo più autobiografico. E' rimasto sempre fedele<br />

alla lingua classica. Nel 1957 gli era stato conferito il premio di Stato per la <strong>letteratura</strong>. Giunto a<br />

superare i quaranta titoli, con la motivazione "attraverso le sue opere ricche di sfumature - talora<br />

intensamente realistiche, talora ambiguamente evocative - ha dato forma a una narrativa <strong>araba</strong> di<br />

portata universale" gli viene assegnato, primo autore d'espressione <strong>araba</strong>, il Nobel per la <strong>letteratura</strong><br />

1988. NU`ÀYMA Mikha'ìl, letterato libanese (Biskinta 1889-1987). Di genitori cristiani, dopo gli<br />

studi elementari nel 1902 si trasferisce alla scuola magistrale russo-ortodossa di Nazareth<br />

(Palestina). Dal 1906 studia come borsista nel seminario di Poltava (Ucraina) e si familiarizza con<br />

la <strong>letteratura</strong> russa. Torna in Libano nel 1911 e alla fine di quell'anno parte per gli U.S.A. dove nel<br />

1916 si diploma in Diritto e in Letteratura alla Washington University. Dopo aver servito<br />

nell'esercito statunitense, torna a New York e si dà al giornalismo legandosi agli scrittori e ai poeti<br />

dell'Emigrazione siro-libanese e in particolare a Gibran Khalil Gibran di cui curò una biografia. Dal<br />

sodalizio nasce al-Rabita al-qalamiyya (La lega degli scrittori) e la rivista al-Funun (Le Arti) che,<br />

diffusa nel mondo arabo, avrà un ruolo fondamentale nel processo di modernizzazione di quella<br />

<strong>letteratura</strong>. Colpito dalla morte all'estero di Gibran (1931), l'anno dopo decide di tornarsene a<br />

Biskinta. Nel 1961 consegue il premio del ministero libanese dell'Educazione nazionale per l'opera<br />

letteraria svolta. Lascia una trentina di opere fra poesia, narrativa e critica. Ponte fondamentale di<br />

collegamento fra varie civiltà egli sviluppa uno spirito aperto a ogni rinnovamento, contro la fissità<br />

della tradizione imperante nella <strong>letteratura</strong> <strong>araba</strong>. Fin dai suoi primi articoli di critica egli invita gli<br />

uomini di lettere a recepire la continua evoluzione del mondo di cui la <strong>letteratura</strong> deve prendere<br />

atto. L'opera al-Ghirbal (Il crivello, 1923) sancisce definitivamente il suo valore di critico. Il<br />

periodo americano vede fiorire una sua interessante produzione poetica, tanto nello stile tradizionale<br />

quanto in versi liberi, in cui enuncia le sue meditazioni sugli uomini, gli avvenimenti e le cose,<br />

tradendo sovente le sue tendenze mistiche. Tornato in Libano egli si volge fondamentalmente alla<br />

prosa e in particolare al racconto in cui si manifesta netta l'influenza dei narratori russi.<br />

Fondamentale, fra la sua ricca messe letteraria, la ponderosa autobiografia Sab`un (Settant'anni,<br />

1959-60) che in un arabo semplice eppur elegante dispiega le esperienze della sua triplice vita e<br />

cultura. SA`DÀWI Nawwàl, scrittrice egiziana (Il Cairo 1932). Compie gli studi primari e secondari


in varie località egiziane seguendo il padre insegnante nei suoi trasferimenti. Si laurea in psicologia<br />

esercitandone la professione e dedicandosi nel contempo alla narrativa. Esordisce col romanzo<br />

Mudhakkirat tabiba (Ricordi di una dottoressa), in cui narra la rivolta di una ragazzina messa<br />

sempre in secondo piano rispetto al fratello, e la raccolta di racconti Ta`allamt al-hubb (Ho appreso<br />

l'amore), entrambi del 1961. Fra i vari titoli successivi, nel 1975 esce Imra'a `inda nuqtat al-sifr<br />

(Una donna al punto zero), sul tema della donna sfruttata dall'uomo. Precedentemente, nel 1972,<br />

aveva esordito nel saggio con al-Mar'a wa-l-gins (La donna e il sesso), di aspro spirito femminista.<br />

Nel 1981 viene imprigionata per tre mesi con l'accusa di reati politici. La traumatizzante esperienza<br />

viene trattata in Mudhakkirati fi sign al-nisa' (Ricordi del carcere femminile), del 1986, in cui tra<br />

l'altro critica il crescente integralismo islamico così penalizzante per la donna. Fra gli ultimi suoi<br />

lavori ricordiamo Suqut al-Imam (La caduta dell'Imàm) del 1987, altro esempio di romanzo<br />

politico, dalla trama complessa, con continui salti tra il reale e il fantastico e di spiccato contenuto<br />

simbolico con la morale che l'ingiustizia e l'oppressione continueranno a trionfare. Nel 1974 vince il<br />

Premio egiziano per il racconto e nel 1982 quello per l'amicizia franco-<strong>araba</strong>. SÀLEH al-Tàyyib,<br />

romanziere sudanese (Merowe 1929). Dopo aver completato gli studi primari e aver appreso il<br />

Corano nel natio paese rurale, si trasferisce presso l'istituto secondario di Wad Sayyidna a nord di<br />

Omdurman. Ottenutone brillantemente il diploma si iscrive alla facoltà di Scienze dell'Università di<br />

Khartùm. Dopo due anni, non potendo attuare la sua intenzione di trasferirsi a Lettere, abbandona<br />

gli studi e passa all'insegnamento. Viene assunto dalla B.B.C. quale responsabile della rubrica<br />

teatrale della sezione <strong>araba</strong> e si stabilisce permanentemente a Londra tornando di tanto in tanto per<br />

vacanza o lavoro alla sua terra natale. Questi frequenti ritorni rivelano nello scrittore cosmopolita,<br />

che ha vissuto a Londra e a Parigi, la sua seconda natura di uomo profondamente radicato alle<br />

proprie origini, al Nilo sulle cui rive ha trascorso la prima parte della vita. Questo tema vien reso<br />

magistralmente nel romanzo che l'ha reso famoso dentro e fuori il Mondo arabo: Mawsim al-higra<br />

ilà al-shamal (La stagione della migrazione al nord), pubblicato a Beirut nel 1969, in cui il<br />

protagonista, un giovane sudanese emigrato in Inghilterra, dopo una prolungata e alienante<br />

esposizione ai modi di vita occidentali, sente il bisogno di ritornare a rifugiarsi nel calore della sua<br />

tribù per ritrovare la serenità dello spirito. L'opera, rappresentazione di un drammatico e tragico<br />

episodio dell'eterno incontro-scontro tra Oriente e Occidente, mostra una costante nella produzione<br />

letteraria di S.: la presenza dell'Islam popolare, combinazione di ortodossia e animismo che,<br />

contrapponendosi ai valori dell'Occidente, riesce a mediare tra tradizione e modernità, tra il<br />

villaggio e la città, tra musulmani osservanti e non. Anche nelle altre opere, due romanzi brevi e<br />

vari racconti, egli dà prova, in una lingua piana dal colore vernacolare, della sua tecnica raffinata<br />

applicata al bagaglio tradizionale delle storie locali.

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