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“Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù e anche di Non Credenti”<br />
B. Obama<br />
Il posto della donna nel potere<br />
RELIGIONI?<br />
Il mondo occidentale, e per esso la protestante luterana Norvegia, ha<br />
nominato tre donne, due africane e una yemenita, di cui una di 32 anni e<br />
un’altra di 35, a vincitrici del Premio Nobel per la Pace. In Italia ove non ci<br />
sono donne che dirigano grandi banche o assicurazioni o rettorati e serve<br />
una legge per le “quote rosa”, la tabella che pubblichiamo forse non genera,<br />
come dovrebbe, tutta la vergogna e il disagio per un tale divario di civiltà<br />
rispetto al resto del mondo. Essa indica i Paesi, e quante volte per ognuno,<br />
una donna è stata eletta ai più alti livelli nazionali, e cioè capo dello Stato o<br />
Primo ministro. Ciò che la nostra classe manageriale e politica maschile rifiuta,<br />
ha invece visto donne elette anche dagli uomini ai vertici politici di<br />
Paesi come il Bangladesh, il Burundi, il Centro Africa, la Guyana, Haiti,<br />
Liberia, Madagascar, Mali, Ruanda, Sao Tomè, cioè Paesi ove non ci sarebbe<br />
nulla di strano a scoprire che queste donne discendono direttamente da<br />
nonni schiavi e nonne stuprate dai colonialisti bianchi.<br />
Questo mondo italiano del potere tout-court, fatto di vecchi aggrappati ai<br />
loro privilegi, fa interrogare su che cosa al mondo nella storia, nell’antropologia,<br />
nella psicologia, nel costume nazionali possa giustificare<br />
l’abissale divario che ci separa dalla civiltà e dall’equità. Però ci viene in<br />
mente un collegamento: sono 16 secoli che il modello di riferimento del<br />
potere in Italia è stata la Curia cattolica che dal colle vaticano delibera, ordina,<br />
scomunica su popoli e monarchi. Una curia con un sovrano assoluto, un<br />
vecchio assistito da una grande corte di altrettanto vecchi, cui per tradizione<br />
tutto è permesso in ambito di potere, ricchezza e sesso; dove non si conosce<br />
la donna come essere paritario, portatore anche di amore, famiglia e maternità;<br />
ma solo suore tuttofare, o serve o quelle fatte entrare di straforo.<br />
E se <strong>questo</strong> è il modello che ha dominato sulla scena italiana da milleseicento<br />
anni, per giunta ammantato da uno specioso alone di carisma religioso,<br />
c’è poi da meravigliarsi se la donna non riesce ad essere più di una<br />
comparsa nelle nostre più alte sfere del potere nazionale così succube del<br />
Vaticano? Non a caso abbiamo grande stima per la moderatora e pastora<br />
dei cristiani protestanti valdesi, progredita comunità cristiana tanto perseguitata<br />
dai cattolici, in cui i generi sono assolutamente paritari a tutti i livelli<br />
del loro clero.<br />
Argentina 2, Australia 1, Bahamas 1, Bangladesh 4, Bolivia 1, Brasile 1, Bulgaria 1, Burundi 2,<br />
Canada 1, Cent.AfricRepublic1, Ceylon 5, Cile 1, Costa Rica 1, Croazia 1, Danimarca 1, Ecuador<br />
1, Filippine 2, Finlandia 2, Francia 1, Germania 1, Giamaica 1, Guyana 1, Haiti 3, India 2, Indonesia<br />
1, Islanda 1, Israele 1, Iugoslavia 1, Kirghizistan 1, Liberia 2, Lituania 3, Macedonia 2,<br />
Madagascar 1, Mali 1, Moldavia 1, Mongolia 1, Mozambico 1, Nicaragua 1, Norvegia 4, Nuova<br />
Zelanda 2, Pakistan 2, Panama 1, Perù 2, Polonia 1, Portogallo 1, Regno Unito 1, Rep. Domenicana<br />
1, Ruanda 1, San Marino 12, Sao Tomé 1, Senegal 1, Slovacchia 1, Sud Corea 2, Tailandia<br />
1, Trinidad 1, Turchia 1, Ucraina 2<br />
h NONCREDO h 15<br />
3
h NONCREDO h 15<br />
4<br />
SOMMARIO aÉÇVÜxwÉ ÇADH ZxÇÇt|É @ YxuuÜt|É ECDE<br />
CCG Sommario<br />
CCI Come ricevere non credo<br />
CCJ Indice dei nomi citati e colofon<br />
CCK Leere al direore<br />
CDF La collezione di NonCredo<br />
CDG Statistiche ragionate A.R.Longo<br />
CDI Librerie provviste di NonCredo<br />
TààâtÄ|àõ<br />
CCF Editoriale: Il posto della donna nel potere P.Bancale<br />
CDJ L’aualità commentata R.Carcano<br />
CLK Come una religione può distruggere l’etica P.Bancale<br />
Xà|vt @ _t|v|àõ<br />
CED Come IO vedo il mondo senza religioni V.Pegna<br />
CEE Laicità e Parlamento M.Staderini<br />
CEF La morte di Lucio Magri alla luce della civiltà V.Pocar<br />
CEI L’etica di Giuda per la causa di Cristo E.Gavaloi<br />
CEJ Disputationes Laiche R.Morelli<br />
CEJ La teologia sui campi di calcio A.Villoi<br />
CFD I doveri dell’uomo di scienza R.Potenza<br />
CFE Relativismo e assolutismo<br />
exÄ|z|ÉÇ|<br />
CFF Credere in dio è un conceo o una frase? E.L.Vallauri<br />
CFJ Materialismo e spiritualismo nelle religioni C.Tamagnone<br />
CGC Laicità o laicismo? C.Tamagnone<br />
CGD Il relativismo moderno: risposta a Rainger D.Lodi<br />
CGI Boff, l’ultimo profeta S.Marullo<br />
CGJ Sulle spalle dei giganti A.R.Longo<br />
CGL Come e perchè una religione “missionaria” si trasforma in potere J.Seregni<br />
CHC Le credenze alternative N.Tonon<br />
CHE La Chiesa e le donne W.Peruzzi
_ËhÉÅÉ<br />
SOMMARIO aÉÇVÜxwÉ ÇADH ZxÇÇt|É @ YxuuÜt|É ECDE<br />
CHH L’empatia nell’evoluzione della psiche umana B.Tadolini<br />
CHK Laico dirio di non soffrire G.Vazzoler<br />
CIC Quando l’omosessualità è anche Amore D.Giacomelli<br />
CIF Sensibilità di Leopardi<br />
CIG Bioetica e dirii V.Pocar<br />
cxÇá|xÜÉ áv|xÇà|y|vÉ<br />
CIH Il recentissimo dilemma tra neutrini e velocità della luce R.Potenza<br />
CIK La vita senza dio G.Simonati<br />
CJF La matematica tra fisica e metafisica A.Caania<br />
CJJ L’entropia: la sfida perduta della fede contro la ragione F.Primiceri<br />
CKC Due parole sull’olismo<br />
cxÇá|xÜÉ âÅtÇ|áà|vÉ<br />
CKD L’induismo e la leeratura sanscrita A.R.Longo<br />
CKF Intervista a Noncredo: come ci vedono gli altri<br />
CKI Dirii degli animali nello Stato e nella Chiesa C.Prisco<br />
CKK L’ateismo etico di Camus C.Tamagnone<br />
CLC Matrimoni combinati<br />
cxÇá|xÜÉ y|ÄÉáÉy|vÉ<br />
CLD Hume: La scepsi applicata alla religione E.Galavoi<br />
CLF Disordini a Roma<br />
CLG La morale e dio L.Corvaglia<br />
CLI Il margine al nubifragio di Genova<br />
CFL Errata corrige<br />
CGC Chi è il NonCredente<br />
CGG Blog<br />
CGH I convegni di NonCredo<br />
CHL Facebook: Identità culturale NonCredenti<br />
CIJ NonCredo apre a nuove iniziative editoriali<br />
CJI Imitatio Christi<br />
CKH Fondo di solidarietà “Lucia & Paolo”<br />
CLJ Libri consigliati<br />
CLL Chi siamo<br />
DCC La ricerca di senso<br />
h NONCREDO h 15<br />
5
h NONCREDO h 15<br />
6<br />
COME RICEVERE NONCREDO<br />
La cultura rinnova la società e la società parte dai giovani<br />
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D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1<br />
comma 1, DCB Roma<br />
NONCREDO ANNO III, n° 15 volume bimestrale di cultura laica<br />
INDICE DEI NOMI CITATI<br />
Abramo, 25 – Adamo, 52 – Alberto Magno, 52 - Antonello da<br />
Messina, 20 – Aristotele, 94 - Arnaud, 94 - Bagnasco Card. Angelo,<br />
17 – Barone d’Olbach, 94 - Battaglia, 23 – Bayle, 94 - Benedetto<br />
XVI, 17 – Berkeley G., 91 - Bersani, 17 – Bertand<br />
Russel, 31 – Bogdanov Igor e Grichka, 74 – Bohme, 94 - Bohr,<br />
41 – Boff Leonardo, 46 – Bonifacio VIII, 98 - Born Max, 75 -<br />
Bossuet, 53 – Calvino, 94 - Camus, 88 - Chomsky, 42 – Cicerone,<br />
47 – Concia Paola, 60 – Copernico, 69 - Costantino, 14 –<br />
Cotta, 48 - Crisostomo Giovanni, 25 – D’Agostini Franca, 97 -<br />
Dalla Volpe, 92 - Dal Pra, 92 - Dante, 14 – Darwin, 43 – Davis<br />
Philips, 74 – De Beauvoir Simone, 88 - De Broglie Louis, 75 –<br />
De Cherbury H., 91 - Derrida, 42 – De Saussure, 42 – Diagora,<br />
48 - Diogene, 47 – Dostoevskji, 88 - Einstein, 41 – El Katawi<br />
Defani, 58 - Epicuro, 48 - Eraclito, 32 - Franco, 19 - Fisichella<br />
Mons., 17 - Folena Umberto, 18 - Forbes James Randy, 18 - Foscolo,<br />
10 – Francesco di sales, 53 - Frattini, 20 - Freud, 8 -<br />
Fromm Eric, 12 – Fuerbach, 70 - Galileo, 31 - Garelli Franco, 18<br />
- Garzon Baltazàr, 19 – Gelasio, 53 - Giacobbe, 35 – Gide<br />
André, 88 - Giosia, 9 – Giovanni XXIII, 54 – Giovanni Paolo II,<br />
54 - Girolamo, 52 - Giuda, 26 - Gheddafi, 20 – Goedel, 41 -<br />
Grayling A.C., 17 – Gregorio I, 52 - Hack Margherita, 10 –<br />
Hardy G.H., 73 – Hawking Stephen, 74 - Hegel, 41 - Heisenberg,<br />
41 – Hersh Reuben, 74 - Hjemsleves, 42 – Hobbes, 94 -<br />
Hobs T., 91 - Hume David, 91 - Husserl, 41 - Innocenzo III, 17<br />
- Ireneo, 25 – Isacco, 35 – Jakob Francis, 68 - Kant, 42 – Kasner<br />
Edward, 73 – Kelsen, 95 - Kirkegaard, 68 - Laghi Pio, 19 – Leawit<br />
David, 61 - Lecaldano, 11 – Leone I, 52 – Leone XIII, 54 -<br />
Leopardi, 63 - Levy-Strauss, 42 – Locke J., 91 - Lucrezio, 47 -<br />
Lutero, 17 - Lyotard, 42 – Malebranche, 94 - Mani, 21 – Maria<br />
Teresa di Calcutta, 59 - Marinetti Filippo Tommaso, 13 – Mario<br />
Livio, 73 - Martin Mary Ward, 53 – Merlau-Ponty Maurice, 88<br />
– Mersault, 88 - Miller Stanley, 70 – Mlodinow Leonard, 74 -<br />
Newman James, 73 - Newton, 69 – Nietzsche, 88 - Nostradamus,<br />
67 - Odifreddi Piergiorgio, 75 - Odo, 52 - Orwell, 24 -<br />
Padre Pio, 25 - Palikot Janusz, 18 - Paolo VI, 10 – Parmenide,<br />
75 - Pascal, 67 - Pascasio Radberto, 9 – Pio IX, 69 - Pio XI, 54 –<br />
Pio XII, 54 - Pitagora, 31 – Planck, 41 - Popper, 20 - Ratzinger,<br />
19 - Rees Tom, 18 – Rousseau, 94 - Sacconi, 17 – Sanaa, 58 -<br />
San Antonio, 25 - San Francesco, 25 - San Gennaro, 12 - San<br />
Paolo, 9 - San Pietro, 26 – Sant’Agostino, 53 – Sartre Jean-Paul,<br />
88 - Scheler Max, 41 – Schrodinger Erwin, 75 - Smuts Jan, 42 –<br />
Socrate, 98 - Spinoza, 8 - Stark Pete, 18 – Stirner, 94 – Swift Jonathan,<br />
96 - Taia Abdellah, 61 - Tertulliano, 52 – Toland J., 91<br />
- Tolomeo, 69 – Tolstoj, 94 - Tommaso d’Aquino, 52 - Trubeckoy,<br />
42 – Urbano VIII, 53 - Valla Lorenzo, 14 – Vattimo, 42 –<br />
Venter Craig, 71 - Verbitski Horatio, 19 – Voltaire, 96 – Weber,<br />
98 - Wittgenstein, 41 – Wohler Friedrich, 70 - Woitila, 19 –<br />
Wolpert Lewis, 97 -<br />
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7
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8<br />
DIALOGO CON IL DIRETTORE<br />
» REALTA’ E SPERANZA NELLE RELIGIONI<br />
j{çaÉàRyÉÜâÅ<br />
sono un abbonato a NonCredo e quindi vi leggo con continuità e condivisione, mi proclamo<br />
un “noncredente”, così come lo scrivete voi, senza altri attributi o metafisiche, ma desidero<br />
porre un quesito. Anche leggendo le lettere di molti altri vostri lettori mi sono rinforzato nell’opinione<br />
che se è vero che non credere ci lascia più autonomi e responsabili, è anche vero<br />
che ci toglie quella via di fuga che hanno i credenti e che si chiama “speranza”. Quale delle<br />
due strade conti di più per me, ovviamente è la prima, però non soltanto non sottovaluto<br />
la seconda ma anzi la considero la vera piattaforma su cui poggiano e si reggono tutte le religioni.<br />
Caro direttore, lei avrà certamente una sua risposta al mio quesito e, se non chiedo<br />
troppo, vorrei conoscerla e misurarmici.<br />
Fabio Righini<br />
Grazie per la sua lettera e per il garbo che la impronta. Sulla speranza lei ha ovviamente ragione proprio<br />
come “via di fuga”, come lei la chiama, ma purtroppo si tratta di una fuga da se stessi e dalla<br />
realtà, come un placebo, una droga, uno psicofarmaco. La speranza, al di là del valore psicologico che<br />
le si attribuisce nella stocastica e calcolo delle probabilità, è soltanto un mero pensiero visionario,<br />
una personalissima costruzione velleitaria senza alcun fondamento, lapalissiana quanto ovvia come<br />
dire che sarà sempre meglio vincere una lotteria che avere il cancro. Il suo sottofondo umano lo<br />
espresse già Spinoza dicendo “Non c’è speranza senza timore, né timore senza speranza”, ove<br />
il timore riguarda una mera soggettiva propensione affinchè un dato evento avvenga oppure non avvenga,<br />
ma come i sogni, le sbornie o i deliri è totalmente fuori da qualsiasi realtà, quella cioè che fa<br />
capo al “qui e ora”. Ha un senso affidarcisi come avviene nelle religioni? E a quanto di reale si rinuncia<br />
in cambio di <strong>questo</strong> quid surreale? Se poi psicologicamente aiuta, per carità, si faccia pure ciò<br />
che si pensa che possa giovare, basta però non ignorare di che pasta è fatto. Questo è il compito del<br />
razionalismo, cioè riportare le cose e i concetti al livello normale. Ciò mi fa ricordare una famosa frase<br />
di Freud quando disse che la psicoanalisi serve per curare il disagio umano trasformando la sofferenza<br />
nevrotica in sofferenza normale. Dove “normale”, in entrambi i casi, vuol dire realtà.<br />
» SOLIDARIETA’ E SENSIBILITA’<br />
Parlando di etica, usate spesso l’aggettivo “solidaristica” che a me piace e condivido. L’etica,<br />
lei mi insegna, fonda molto sulla sensibilità o anche “empatia” E allora, senza entrare in<br />
politica ma restando nell’etica dettata dai sentimenti verso l’altro, in un momento molto difficile<br />
economicamente per tante famiglie italiane, televisioni e giornali hanno riportato questa<br />
frase detta con vanto in pubblico dal nostro capo del governo: «Mi vogliono mandare a<br />
casa? Mi pongono il problema di scegliere quale casa, perché io ne ho venti». E sapendo di<br />
quali fastose ville tracolme di costosa servitù si tratti conoscendo il personaggio, mi chiedo<br />
e vi chiedo con quale spirito, animo o faccia il capo di un popolo che soffre se ne può uscire<br />
in <strong>questo</strong> momento con questa espressione così narcisistica, cinica nonché “solidaristicamente”<br />
squallida. Voi che esaltate l’etica solidaristica come lo commentereste?<br />
Pucci Vinci<br />
Esattamente come l’ha commentata lei
» Il do ut des delle missioni<br />
» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />
Colgo l’occasione per dire che ho veramente apprezzato l’editoriale “Missione” su Non-<br />
Credo. Sono un medico appena tornato da un lungo periodo di lavoro all’estero ed ho deciso<br />
che mai, mai più andrò a collaborare con istituzioni religiose cattoliche. Ho sempre<br />
cercato di evitare di lavorare in ambienti religiosi, ma pensavo che magari i “missionari” di<br />
oggi mettessero in primo piano l’amore del prossimo… ebbene, in una struttura dove ho lavorato<br />
e che offriva alloggio e scuola alle ragazze dei villaggi vicini, ho scoperto dopo poco<br />
che l’indottrinamento era continuo e ossessivo; a volte per penitenza le ragazze dovevano<br />
mangiare in ginocchio, con il piatto in mano! Nell’editoriale citato si è giustamente sottolineato<br />
che quella dei religiosi è una falsa filantropia; il pagamento avviene nella moneta sonante<br />
della conversione alla loro ideologia.<br />
Gianni Simonati<br />
La cosa non sorprende, ma se è arrivata a indignare lei che è un medico deve trattarsi di episodi assai<br />
spiacevoli. Parlano di amore per il prossimo, ma il più delle volte è amore per se stessi, per l’ideologia<br />
e per l’espansione dell’istituzione. Peccato che a farne le spese, che se ne accorgano o no, è della<br />
povera gente che si fida e si affida con speranza.<br />
» “<strong>Italiani</strong> vi esorto alle Storie”<br />
oggi ho rinnovato l’abbonamento alla vostra pregevole rivista NonCredo che leggo dal<br />
primo numero e che trovo stimolante e molto interessante perché è alla ricerca di verità<br />
condivise e ragionevoli. Questa ricerca, tuttavia, si basa soprattutto su teorie filosofiche, sociologiche,<br />
razionaliste e altro, che hanno carattere provvisorio e suscettibili perciò di critica<br />
demolitiva. Gradirei leggere sulla vostra rivista, invece, articoli basati su fatti storici o<br />
sulla ricerca storica, anche se so che la storia non è una scienza esatta. Mi spiego con degli<br />
esempi. La discussione su Dio è infinita, ma se si ricorre all’archeologia si viene a sapere che<br />
il popolo ebraico era politeista dai tempi preistorici al settimo secolo a.C., quando re Giosia<br />
impose il monoteismo di Javè. La conseguenza fu la scrittura della Bibbia al fine di imporre<br />
<strong>questo</strong> Dio. Perciò oggi chi crede in un unico Dio crede alla decisione di un re ebraico.<br />
Tutte le discussioni su Dio diventano pertanto giochi di fantasia religioso-filosofica. Altro<br />
esempio. Oggi il credente cattolico ha fede nella transustanziazione. Ma è S. Paolo il primo<br />
che affermò che Gesù prese del pane e del vino e lo diede ai suoi discepoli ricordando che<br />
il pane era la sua carne e il vino era il suo sangue. Ma S. Paolo mai conobbe Gesù, perciò ciò<br />
che dice è frutto di sue invenzioni, e Gesù come ebreo mai avrebbe offerto sangue che viene<br />
aborrito nell’Ebraismo (vedi animali dissanguati). S. Paolo in realtà ha copiato l’episodio di<br />
Gesù nell’ultima cena dai riti dionisiaci che S. Paolo conosceva bene. In essi si distribuiva<br />
la carne degli animali sacrificati dicendo “Questa è la carne di Dioniso salvatore”, si distribuiva<br />
vino dicendo “Questo è il sangue di Dioniso, per la vostra immortalità”. Nel nono secolo<br />
un monaco francese, Pascasio Radberto, scrisse un libro sulla transustanziazione. Un<br />
altro monaco era contrario a credere in essa e lo avversò. In seguito avvennero altri fatti<br />
come quello del cosiddetto miracolo di Bolsena che propagandavano la transustanziazione,<br />
non ancora dogma, che dava un enorme potere al papato (vedi la scomunica) fino al concilio<br />
di Trento che la impose come dogma e comminava la scomunica a chi non crede a essa.<br />
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9
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10<br />
» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />
Non so se tutto <strong>questo</strong> sia storicamente vero. Chiedo alla vostra rivista articoli di storici<br />
professionisti su impostazione più storica che filosofica. I papi temono di più la storia che<br />
la filosofia. Paolo VI disse “Ricerca storica sulla religione sì, storicismo demolitore della religione<br />
no”. Posizione amletica e sostanzialmente ipocrita. Inoltre nei primi numeri della vostra<br />
rivista compariva una pagina di aforismi, da me molto graditi. Ora non compare più.<br />
Sarebbe interessante il ripristino di questa pagina. Potreste aggiungere il seguente “Il buon<br />
cattolico deve essere ignorante”.<br />
Roberto Pace<br />
Grazie per la sua lettera così collaborativamente propositiva. Lei ci chiede di dare più spazio alla Storia<br />
e meno agli interventi argomentativi nel ricco ventaglio di discipline che portano alla consapevolezza<br />
di matrice illuministica, che è la piattaforma nobile e funzionale della NonCredenza, e quindi<br />
dei noncredenti che noi intendiamo aprire ad un consapevole dialogo. E la Historia magistra vitae?<br />
Non la ignoriamo, lei che ci legge dal primo numero lo sa, ma al riguardo debbo anche contrapporle<br />
tre argomenti. Il primo è che con la storia si fa presto a riempire anche mille pagine al mese, è troppo<br />
facile. Il secondo è che con la storia non si entra nel vivo della dialettica delle idee ma piuttosto in un<br />
campo giurisdizionale in cui si finisce per fare processi senza contraddittorio a interlocutori defunti.<br />
La storia è giusto citarla come testimone, ma in forma breve, qualche episodio, qualche citazione,<br />
qualche data, il tutto come supporto funzionale e probatorio a delle nostre illazioni, ma non proprio<br />
la storia per la storia come lei, che mi sembra ben preparato, vorrebbe. Il terzo argomento è che per<br />
NonCredo la religione è solo una categoria cognitiva e comportamentale, mentre noi in concreto consideriamo<br />
“le” religioni, ognuna con la sua fenomenologia. Se trattassimo la Storia, fatalmente finiremmo,<br />
come ha fatto anche lei nei suoi esempi, per restare nel cortile di casa, cioè nel provincialismo<br />
cattolico o, al massimo, marginalmente cristiano, che invece noi non vogliamo. I vari cristianesimi<br />
e i vari islam, i vari buddismi e animismi e shamanesimi, e poi ebraismo, induismo, vedanta, taoismo,<br />
shintoismo, mormoni ecc , così come i vari Geova, Allah, Manitù, Gesù, Brahaman, Mazda, Thor,<br />
Assur, Amon, Giove, Dioniso ecc sono per noi tutti epifenomeni di quell’ambito cognitivo che è l’Antropologia<br />
religiosa che ci interessa e che riesce a spiegare, fuori dal fumo dei miti, il fenomeno religioso.<br />
Non me ne voglia, questa spiegazione metodologica gliela dovevo, ma al contempo vedrà anche quanto<br />
NonCredo, ora che è un libro di cento pagine non iperafflitto dalla penuria di spazio come prima,<br />
verrà incontro a lei, sulla scia del Foscolo che abbiamo richiamato nel titolo, trattando Storia e Historie,<br />
ma a 360 gradi, trattando quindi tutte le culture di tutti i continenti.. Per quanto poi concerne<br />
gli aforismi le dico due cose: dopo vari fascicoli non sembravano essere più molto richiesti dai lettori,<br />
mentre invece era una gran fatica reperirli direttamente dai testi letti e non sbrigativamente dalle varie<br />
sillogi precostituite che si trovano in giro. Però, ci lasci tempo, e vedremo di venirle incontro.<br />
» Privacy<br />
Inviarmi un messaggio su NONCREDO è violazione di privacy. Chi vi ha autorizzato ad inviare<br />
un messaggio sulla vostra rivista? Il Signore nostro DIO è uno solo: quello cristiano.<br />
Signore perdonali perchè non sanno quello che fanno.<br />
Paolo Martucci
» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />
E’ esperienza comune che tutti riceviamo per posta, per mail, ora anche per telefono, tanta pubblicità,<br />
e visto che lei invoca la sua divinità, cosa dire di tutte le decine di messaggi o rivistine con ccp ben<br />
in vista che chiedono sempre SOLDI (NonCredo non lo ha mai fatto) inviati da monasteri, diocesi,<br />
parrocchie, santuari, enti francescani, sedicenti missionari ed ecclesiastici che noi italiani riceviamo,<br />
che non abbiamo mai richiesto, di cui non ce ne interessa niente, e che ci riempiono le cassette postali:<br />
non è altrettanto una violazione di privacy? Certo che lo è, e ce la teniamo, cestinandole in silenzio,<br />
con quello spirito di tolleranza che è il sale della democrazia e della convivenza, mentre è infantile la<br />
visione catechistica di tirare in ballo in questa circostanza un vostro dio col quale l’hanno condizionato<br />
fin da bambino come i cani di Pavlov. Si svegli, se ce la fa, e viva la realtà senza nevrosi, ami gli<br />
altri, sia etico, morale, spirituale, sereno, tollerante prescinda dal suo ego, accetti di non pretendere<br />
di essere l’ombelico del mondo e vedrà che quel “dio” ritornerà da solo nel libro delle fate con biancaneve,<br />
pinocchio e peter pan, mentre il mondo e la vita continueranno ugualmente a esistere e funzionare<br />
come sempre, senza l’ausilio del suo feticcio e di altri similari.<br />
» IL DOMINO DELLE ETICHETTE<br />
La interpello per una mia riflessione sulla vicinanza tra atei e religiosi, secondo me entrambi<br />
credenti, e sull’abissale lontananza tra questi due e gli agnostici, effettivamente ignoranti e<br />
soli non credenti. Mi dà un suo parere “competente” sulla fede atea? Spesso si rinfaccia all’agnostico<br />
di non avere il coraggio di schierarsi, arrestandosi allo scegliere di non scegliere.<br />
Che la posizione dell’agnostico sia una non posizione è pura tautologia. A-gnosco significa<br />
appunto “non scio”, non so, per cui non ho competenza a rispondere e mi astengo, non fa<br />
una grinza. L’astensione è un’opzione lecita, o no? E non è un male minore ma semmai una<br />
necessità. Sarà anche una non risposta ma è la sola razionale, le altre, quelle che optano gratuitamente<br />
sia per la religione che per l’ateismo, sono fatalmente irrazionali e fideistiche,<br />
nonchè emotive e indimostrabili. Che si possa dare creazione dal nulla, che ci siano entità<br />
incorporee (angeli, demoni, Dio) o altre “illazioni” della religione, fino a dare il teismo compatibile<br />
col pensiero critico, sono semplici credenze, estranee alla ragione (nonostante Papa<br />
Benedetto XVI) e alla scienza e che non possono essere né vere né false. Peraltro anche i<br />
loro opposti (negazione di Dio, dell’aldilà, del trascendente) sono solo altrettante, libere e<br />
“sacrosante” credenze. Affermare che la religione sia una credenza falsa è un abbaglio dialettico,<br />
così come affermare che l’ateismo sia invece una credenza vera. Un tal errore lo commettono<br />
molti atei, come il prof. Lecaldano (Etica senza Dio) che lo afferma più volte in un<br />
dibattito, che si può reperire in rete (con emule). Anche che Dio sia inaccettabile o negabile<br />
per la scienza non è corretto. Lo sarà secondo l’ateo che ha quella “credenza”. La stessa Margherita<br />
Hack, scienziata e atea, dichiara che l’ateismo è una religione e gli atei dei credenti:<br />
hanno una fede atea. “Ragionare” supponendo l’esistenza di Dio è un’ipotesi come un’altra,<br />
per esempio la sua contraria, che l’ateo tanto preferisce. Nessuna delle due è ancora<br />
vera. Pensiamoci, indaghiamo e basta. Questa è la vera posizione agnostica. Se filtrati da<br />
queste mie modeste osservazioni, è proprio questa posizione agnostica che molti pseudoatei<br />
manifestano inconsciamente e “in buona fede”. L’ateismo puro invece è una religione.<br />
Il vero ateo è e dovrebbe dichiararsi credente e non sarebbe certo un disonore ma semplice<br />
correttezza linguistica, sia chiaro.<br />
Guido Martinoli<br />
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» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />
La tassonomia è la scienza delle classificazioni e quindi anche di quelle etichette con cui lei se la<br />
prende tanto. Ne vale la pena? ”Summum jus, summa iniuria” dicevano i Romani, e cioè spaccare<br />
un capello in quattro, otto ecc non porta gran giovamento. Ognuno è quello che è, e lo è per se stesso,<br />
spero, non certo per dimostrarlo agli altri: ”essere o avere” formulava lo psicoanalista Eric Fromm.<br />
A parte poi il ruolo che giocano le interpretazioni; per esempio ogni volta che qualcuno mi chiede se<br />
sono ateo, io ribatto che per poter rispondere innanzi tutto deve dirmi lui che cosa intende per téòs,<br />
cioè per dio. Accetto invece la sua asserzione “A-gnosco significa appunto ‘non scio’, non so, per cui<br />
non ho competenza a rispondere e mi astengo, non fa una grinza”. Però mi risulta che invece per lei<br />
fa grinze se trattasi di clonazione umana o di aldilà, per cui le ricordo un altro brocardo del diritto<br />
romano: ”electa una via, non datur recursus ad alteram”. Non so se ho risposto, ma d’altra parte<br />
l’eristica non è il mio forte.<br />
» MIRACOLI E LEGGI FISICHE<br />
Mi è capitata per le mani la rivista NonCredo, il fascicolo n.10 , nel cui articolo di apertura<br />
si irride al concetto ed all’evento di “miracolo”, chiamandolo anche monstrum, portento e<br />
prodigio, esemplificandoli con il sangue di S. Gennaro a Napoli e addirittura con il miracolo<br />
della Resurrezione di Nostro Signore. A me sembra un discorso empio che nega non<br />
soltanto l’esistenza di Dio ma ancor più il Suo amore e interesse per noi che Lo portano ad<br />
intervenire con tutta la Sua bontà negli umili eventi umani. Mi auguro che un giorno siate<br />
capaci di aprire cuore e mente alla bellezza del miracolo come reale prova dell’amore di<br />
Dio.<br />
Renato Carapezza<br />
E’ una questione di punti di vista. Il “miracolo” esprime credulità, speranza e ignoranza contro<br />
ogni evidenza della realtà, che invece ci mostra con evidenza sia le cose possibili, poco o tanto, sia<br />
quelle impossibili. Queste ultime sarebbero i miracoli se ipotizzate vere. Lei ci crede e la affascina,<br />
noi no. Un evento può essere improbabile, anche altamente improbabile, ma se avviene, non c’è dio<br />
(il suo o gli altri) che tenga, vuol dire che NON è “impossibile”. Vuol dire che, a parità di condizioni,<br />
è fisicamente, meccanicisticamente, matematicamente, scientificamente possibile, e quindi ricostruibile,<br />
ripetibile, studiabile per quanto raro o rarissimo esso possa essere.<br />
» PERCHE’ PROVOCARE?<br />
ho letto vari numeri della vostra rivista che una amica mi ha passato: non nego che sia interessante<br />
e abbastanza solitaria nel suo genere. Leggo anche le critiche che in genere non<br />
condivido, ma meno ancora condivido che i termini più duri nei confronti della Chiesa o di<br />
Dio li facciate usare da noti letterati di cui citate frasi o versi. Ce ne è bisogno? Cosa è, un<br />
alibi o un nascondere la mano? O è perché preferite coinvolgerli per sentirvi più forti nelle<br />
vostre tesi?<br />
Germana Muggini
Nessuna delle sue ipotesi è valida, semplicemente incipit e citazioni sono spesso rituali e fanno tradizionalmente<br />
parte della morfologia del discorso conversativo, e servono anche, è vero, per sentirsi<br />
in valida compagnia, il che aiuta a non trovarsi soli e magari innamorati di idee peregrine non condivise.<br />
Però non abbiamo mai usato citazioni aggressive o irriverenti, e se lei considera tali quelle che<br />
ha letto su NonCredo, prenda allora atto, e la cito solo per lei, di una poesia del grande fondatore del<br />
Futurismo Filippo Tommaso Marinetti che scrisse, con stile e termini che ritengo assolutamente deplorabili,<br />
ma che avranno pur avuto per lui un loro senso, questi versi ben noti:<br />
“O Papa, carceriere della terra,<br />
o sorcio mostruoso delle fogne del cuore,<br />
vecchio scarafaggio nutrito di immondizie,<br />
battaglio di campana funerea.<br />
Tu respiri a stento,<br />
congestionato per aver mangiato tutto il divino del mondo,<br />
tutto l’allettevole azzurro dell’anima!”<br />
» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />
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di Anna Rita Longo, dottoressa di ricerca in filologia patristica, medievale e umanistica<br />
IL VATICANO E IL VAGO DISCRIMINE TRA DIO E MAMMONA<br />
«Non potete servire a Dio e a Mammona», si legge in Mt 6,24 e in Lc 16,13. Queste le intenzioni<br />
di Yehoshua ben Yosef – più comunemente conosciuto come Gesù di Nazareth –<br />
stando a quanto ci dicono i vangeli canonici. La contaminazione con il “vil denaro” dovrebbe,<br />
quindi, nelle intenzioni di quella che per i cattolici è la seconda persona della Ss. Trinità,<br />
essere evitata il più possibile, come non consona alle ragioni dello spirito. «A Cesare<br />
quel che è di Cesare», ossia denaro-beni-ricchezze, e «a Dio quel che è di Dio», cioè l’attenzione<br />
a tutte le nobili realtà immateriali.<br />
Ma così non è mai stato. Lo sapeva bene Dante che, nella Monarchia, aveva preso posizione<br />
contro la presunta donazione di Costantino, che garantiva, nel Medioevo, il diritto papale<br />
ai beni secolari. E lo sapeva anche Lorenzo Valla che, con acume filologico, di quella donazione<br />
dimostrò inequivocabilmente la falsità, nel 1440.<br />
Chissà che cosa penserebbe quel Gesù che scacciò con forza i mercanti dal tempio dell’enorme<br />
giro di denaro che passa ogni anno per le mani di Santa Romana Chiesa, di cui si<br />
è detto anche nella precedente puntata di Numeri, che viene testimoniato, tra l’altro, dal bilancio<br />
che viene pubblicato annualmente dalla Santa Sede. In questi duri anni di diffusa<br />
crisi economica, nei quali il disavanzo aumenta vertiginosamente persino negli stati guida<br />
dell’economia mondiale, il Vaticano ha chiuso l’anno 2010 con il bilancio in attivo, che ne testimonia<br />
il perfetto stato di salute, parlando in termini economici. Il benessere della Santa<br />
Sede si evince anche dal netto aumento dei dipendenti statali, che è un curioso contraltare<br />
della disoccupazione causata dalla crisi economica, che è oramai un problema mondiale.<br />
Tra le più sostanziose entrate del Vaticano vi sono gli utili prodotti dai Musei Vaticani, che<br />
restano, come si può vedere dai dati raccolti sito www.trivago.com, i musei più visitati nel territorio<br />
italiano, con ben 4 milioni e mezzo di visitatori l’anno.<br />
Proprio quest’ultimo dato mi suggerisce una proposta che auspicherei non rimanesse solo<br />
una provocazione. Se è vero che oggetto principale della cura del pontefice sono le anime<br />
dei peccatori e dal momento che il denaro è materia immonda, perché non cogliere al volo<br />
l’occasione di liberarsi dai vincoli terreni per poi librarsi «alla superna altezza»? Partiamo<br />
pure dai Musei Vaticani e dai loro tesori inestimabili: si potrebbero donare all’Italia, che si<br />
arricchirebbe di una meravigliosa risorsa culturale e degli introiti che annualmente essa<br />
frutta, a tutto vantaggio del disastrato bilancio nazionale. Poi potrebbe venire la graduale<br />
rinuncia a tutto ciò «che è di Cesare», dietro l’assicurazione che nessuno si opporrà alla gestione<br />
papale di «ciò che è di Dio». In questa prospettiva, all’interno di uno stato laico, il singolo<br />
credo religioso dovrebbe sostenersi solo con le libere donazioni dei propri adepti<br />
(guarda caso l’unica voce del bilancio vaticano in calo), destinando a scopo filantropico<br />
eventuali eccedenze, perché sia chiaro che il fine ultimo non è l’utile monetario, ma l’edificazione<br />
morale.<br />
Già. Peccato che, a quanto pare, la filosofia utopistica si sia da tempo esaurita.
IL BILANCIO DEL VATICANO: I CONTI DEL CONSUNTIVO 2010<br />
(FONTE: ANSA-CENTIMETRI)<br />
ENTRATE 245.195.561 €<br />
USCITE 235.347.437 €<br />
AVANZO DI ESERCIZIO + 9.848.124<br />
SALDO GOVERNATORATO<br />
DELLA CITTA’ DEL VATICANO<br />
+ 21.043.000 €<br />
L’OBOLO DI SAN PIETRO: OFFERTE CHE ARRIVANO AL PAPA DAI FEDELI E<br />
DALLE CHIESE NAZIONALI (FONTE: ANSA-CENTIMETRI)<br />
- DATI IN MILIONI DI DOLLARI -<br />
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Alghero (SS): Libreria Lythos, Via Manzoni, 63a, tel.<br />
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Scatenare una guerra da Assisi.<br />
Una guerra soltanto dialettica, per carità. Almeno<br />
per ora. Quel che è certo è che Benedetto<br />
XVI, dopo aver deciso di invitare<br />
quattro non credenti a un meeting interreligioso<br />
nella cittadina umbra, si è scagliato lancia<br />
in resta contro gli atei, sostenendo che<br />
“l’assenza di Dio corrompe lʼuomo, lo priva<br />
di misure, gli fa perdere lʼumanità”. Secondo<br />
il papa, dall’incredulità al nazismo e ai campi<br />
di concentramento il passo è veramente<br />
breve. Nessuna evidenza a supporto di una<br />
tesi così assurda, ovviamente: e dire che il<br />
nazismo l’adolescente Ratzinger lo conobbe<br />
da vicino, avendo servito nella Luftwaffe ed<br />
essendo stato costretto a far parte della Hitlerjugend.<br />
Il programma di sterminio del führer<br />
riprendeva del resto ideologia e metodi<br />
cristiani, da Innocenzo III a Martin Lutero:<br />
gli atei, sotto il nazismo, erano invece semplicemente<br />
fuorilegge. Il papa lo sa benissimo,<br />
ma la paura degli effetti della<br />
secolarizzazione lo ha spinto a scatenare da<br />
tempo una guerra contro l’ateismo. Bene ha<br />
fatto A.C. Grayling a dire di no alla vigilia:<br />
“Mi avevano parlato di un incontro con il<br />
papa, mi sono ritrovato a dover partecipare a<br />
un pellegrinaggio”. Spiace che gli altri quattro<br />
non credenti presenti, vista la parata, non<br />
abbiano preso e salutato. Il mondo purtroppo<br />
è pieno di utili intellettuali.<br />
Le balene bianche.<br />
Qualche chilometro più a sud, qualche<br />
giorno prima del meeting di Assisi, si era<br />
svolto a Todi un ‘forum’ delle associazioni<br />
ATTUALITA’<br />
ANNALES<br />
L’ATTUALITA’ COMMENTATA<br />
di Raffaele Carcano, scienze storico-religiose - segretario uaar<br />
cattoliche. All’ordine del giorno, come uscire<br />
dal berlusconismo senza perdere un milligrammo<br />
di potere. Si sa che il cuore dei cattolici<br />
batte al centro, ma si sa anche che gli<br />
italiani di tutto hanno voglia, tranne che di<br />
un revival della Dc. È <strong>questo</strong> il motivo per<br />
cui le gerarchie ecclesiastiche si tengono le<br />
mani libere, e si servono indistintamente da<br />
tutti i forni disponibili, trovando sempre<br />
molto da sgranocchiare. Il capo dei vescovi<br />
italiani, il card. Angelo Bagnasco, ha proclamato<br />
che “la Chiesa non cerca privilegi”:<br />
forse perché li ha già, e l’Uaar li ha quantificati<br />
in sei miliardi di euro l’anno. Il forum di<br />
Todi sembrava una riunione di tante, piccole<br />
e fameliche Dc. Ma tanto è bastato a mandare<br />
in fibrillazione il Pd, sempre alla ricerca<br />
della fusione fredda tra ex comunisti ed ex<br />
democristiani. Bersani è arrivato, di fronte a<br />
mons. Fisichella, a definirsi un “laico<br />
adulto”: espressione che, guarda caso, era<br />
già stata usata dal ministro Pdl Sacconi. Il<br />
clericalismo è sempre più bipartisan, in Italia.<br />
Avvenire mente. Spudoratamente.<br />
Se già i Vangeli, come documento storico,<br />
sono considerati dagli studiosi ben poco affidabili,<br />
le statistiche diffuse ogni anno dal<br />
Vaticano sono tutto fuorché vangelo, per<br />
chiunque le abbia anche solo adocchiate di<br />
striscio. Sono talmente inattendibili che, in<br />
Uscire dal gregge, dimostrammo che, a prenderle<br />
sul serio, i cattolici vivrebbero diverse<br />
volte più dei non cattolici. Due anni fa la<br />
Santa sede arrivò a sostenere che il numero<br />
dei fedeli era aumentato più del numero dei<br />
h NONCREDO h 15<br />
17
h NONCREDO h 15<br />
18<br />
ATTUALITA’<br />
battezzati di quell’anno: come dire, nessun<br />
cattolico morto su base planetaria, e qualche<br />
extraterrestre entrato a far parte del gregge.<br />
La scarsa dimestichezza dei cattolici con le<br />
cifre è stata confermata il due novembre<br />
quando Umberto Folena, dalle colonne del<br />
quotidiano dei vescovi Avvenire, ha commentato<br />
i risultati di un’inchiesta sociologica<br />
condotta da Franco Garelli sostenendo che<br />
gli italiani “si dichiarano, e si dimostrano, altrettanto<br />
e più credenti” rispetto agli anni<br />
passati. ‘Peccato’ che il confronto con l’analoga<br />
inchiesta condotta nel 1995 mostri esattamente<br />
il contrario: ogni indicatore<br />
conferma che la penisola si va invece sempre<br />
più secolarizzando. Anche in <strong>questo</strong> caso,<br />
come per le parole del papa sul nazismo,<br />
vien da pensare che sia la paura della crescita<br />
dell’incredulità a spingere i cattolici a mentire<br />
spudoratamente. Farlo per i lettori di Avvenire,<br />
già abituati a bersi di tutto, è tuttavia<br />
un disdicevole spreco di talento.<br />
Autismo ed ateismo.<br />
Da uno studio condotto da ricercatori dell’università<br />
di Boston e pubblicato sul sito<br />
del Cognitive Science Journal Archive è emerso<br />
che la percentuale di atei e agnostici tra i pazienti<br />
autistici in possesso di grandi capacità<br />
(alla Rain Man, per intenderci) è più alta che<br />
nel resto della popolazione. Una componente<br />
del team di ricerca ha sostenuto che<br />
tali pazienti non sono necessariamente caratterizzati<br />
da disabilità o problemi mentali,<br />
ma si distinguono piuttosto per un differente<br />
profilo sociale e cognitivo. Tom Rees, commentando<br />
la ricerca su Secular News Daily, ha<br />
ricordato che le ricerche basate sulla tecnologia<br />
di neuroimmagine mostrano come le<br />
persone che pregano utilizzano le stesse parti<br />
di cervello attivate per interagire con altre<br />
persone. Una conferma sperimentale che la<br />
religione è, tra le altre cose, soprattutto un<br />
veicolo di socializzazione. Rees si è ironicamente<br />
domandato: “Se gli autistici non sono<br />
interessati ad avere amici reali, perché mai<br />
dovrebbero essere propensi ad avere amici<br />
immaginari?”<br />
We Trust in In God We Trust.<br />
«In God We Trust» («Noi confidiamo in<br />
Dio») è il motto ufficiale degli Stati Uniti. Fu<br />
introdotto nel 1956, in piena guerra fredda.<br />
Cinquantacinque anni dopo, il giorno di<br />
Ognissanti, una risoluzione della Camera dei<br />
Rappresentanti del Congresso ha confermato<br />
il motto al suo posto, votato da 396 deputati<br />
contro solo 9 contrari. Il documento era stato<br />
promosso da un deputato repubblicano della<br />
Virginia, James Randy Forbes, con l’intento<br />
di incoraggiare le scuole e le altre istituzioni<br />
pubbliche ad affiggerlo. Forbes è anche il<br />
fondatore e il presidente del Congressional<br />
Prayer Caucus, che mira a introdurre la preghiera<br />
a scuola e a ottenere il riconoscimento<br />
ufficiale che gli USA sono una nazione giudeo-cristiana<br />
e che la Bibbia è la parola di<br />
Dio. La vicenda ci ricorda la tipologia alquanto<br />
particolare di laicità che si è imposta<br />
negli USA: separazione dello Stato dalle<br />
Chiese, ma non dal cristianesimo. Non essere<br />
cristiani (con forse la sola eccezione degli<br />
ebrei) è, negli Stati Uniti, un pesante handicap.<br />
Essere atei è ancora peggio: diverse leggi<br />
statali limitano infatti i loro diritti. Non a<br />
caso un solo deputato, Pete Stark, si dichiara<br />
pubblicamente non credente. Poiché ha già<br />
ottant’anni, presto potrebbe non essercene<br />
più nessuno: nonostante i non credenti, in<br />
America, siano ormai un settimo della popolazione.<br />
Stanno imparando a loro spese che è<br />
il caso di farsi sentire, ogni tanto.<br />
Due lezioni dalla Polonia.<br />
Alle ultime elezioni politiche polacche il partito<br />
politico fondato dall’imprenditore Janusz<br />
Palikot ha raccolto, a sorpresa, il 10%<br />
dei consensi. Durante la campagna elettorale<br />
si era beccato l’etichetta di partito “anticlericale”,<br />
perché oltre a sostenere un’estesa legalizzazione<br />
dell’aborto, il riconoscimento
dei diritti delle coppie omosessuali e la liberalizzazione<br />
delle droghe leggere, non ha lesinato<br />
critiche ai vescovi locali, giungendo a<br />
criticare anche volgarmente la presenza del<br />
crocifisso. Il risultato mostra come, persino<br />
nel paese di Wojtyla, la subordinazione della<br />
classe politica alle gerarchie ecclesiastiche<br />
stia portando all’insofferenza una buona<br />
parte della popolazione, e vi sia dunque spazio<br />
per forze politiche in grado di interpretare<br />
<strong>questo</strong> sentimento. Sempre dalla Polonia<br />
giunge però notizia che il 71% della popolazione<br />
è favorevole alla presenza del crocifisso<br />
in parlamento: nel 1995 erano solo il<br />
52%. Quasi a rimarcare come, se si vuole che<br />
la maggioranza della popolazione sia laica,<br />
le offese gratuite alla fede possono rivelarsi<br />
controproducenti. Non dimentichiamo però<br />
quanto funzionano ancora, persino nel terzo<br />
millennio, le politiche identitariste: i cattolici<br />
polacchi, da secoli stretti in mezzo agli ortodossi<br />
russi e ai protestanti prussiani, all’identità<br />
cattolica non sembrano voler<br />
rinunciare. Dovendo scegliere se buttare<br />
dalla torre il crocifisso o i loro vescovi, probabilmente<br />
lancerebbero questi ultimi.<br />
La mala adopción.<br />
Sarebbe proprio bello che qualcuno, quando<br />
Ratzinger parla delle radici atee del naziste,<br />
gli ricordasse il sostegno dato dalla Chiesa<br />
cattoliche a tante dittature: alcune delle<br />
quali, come quella croata, fecero inorridire<br />
persino gli ufficiali delle SS. Nei mesi scorsi<br />
Fandango ha pubblicato un bel libro di Horacio<br />
Verbitsky, dal titolo Doppio gioco. L’Argentina<br />
cattolica e militare. Chissà se il papa<br />
l’ha letto. Ne emerge con chiarezza la responsabilità<br />
dell’episcopato cattolico: che<br />
non disse nulla contro le sparizioni degli oppositori<br />
politici, benché ne fosse preventivamente<br />
informato. Il nunzio apostolico della<br />
Santa Sede, Pio Laghi, intratteneva cordialissimi<br />
rapporti con i gerarchi golpisti, e terminato<br />
il suo mandato faece una luminosa<br />
carriera in Vaticano. La Chiesa si rifiutava<br />
ATTUALITA’<br />
persino di ricevere i familiari dei desaparecidos,<br />
i cui figli venivano poi formalmente<br />
adottati dai generali al potere. Per essere poi<br />
cresciuti nella fede di Santa Romana Chiesa.<br />
La mala adopción / 2.<br />
Quanto accaduto in Argentina ha purtroppo<br />
dei precedenti. Per esempio i bambini ebrei<br />
durante la seconda guerra mondiale; certo,<br />
‘salvati’ nei conventi, ma anche battezzati e<br />
fatti adottare da famiglie cattoliche. E, prima<br />
ancora, i ‘bambini perduti’ nella Spagna<br />
franchista. Figli di oppositori politici sottratti<br />
ai genitori e poi adottati da famiglie vicine al<br />
regime, con il beneplacito e l’aiuto concreto<br />
di suore e preti. Per non parlare dei medici<br />
degli ospedali cattolici, che firmavano i finti<br />
certificati di morte che permettevano poi di<br />
consegnare i bambini alle loro nuove famiglie.<br />
Secondo il giudice Baltazàr Garzon, un<br />
simile modo di procedere era semplicemente<br />
“la prassi”. E non solo durante la guerra civile,<br />
ma fino all’inizio degli anni Settanta,<br />
quando Franco e il franchismo erano agli<br />
sgoccioli: si parla addirittura di trecentomila<br />
casi in totale. Spain’s Stolen Babies è stato il titolo<br />
di un’inchiesta sulla vicenda trasmessa a<br />
ottobre dalla BBC. Nulla di strano per il servizio<br />
pubblico di un paese civile. Da noi, solo<br />
qualche riga distratta sui pochi quotidiani<br />
non ancora allineati al neoclericalismo di ritorno.<br />
La bomba demografica.<br />
L’umanità ha da poco superato i sette miliardi<br />
di unità. E non sembra intenzionata a<br />
deflettere dalla ricerca di nuovi record, che<br />
sembrano peraltro a portata di mano. Per<br />
porre un freno all’esplosione demografica,<br />
nello stato indiano del Kerala si è pensato di<br />
introdurre un’ammenda di 200 dollari USA<br />
per ogni figlio successivo al secondo. Mentre<br />
gruppi induisti si sono dichiarati d’accordo,<br />
cristiani e islamici hanno immediatamente<br />
contestato il provvedimento: alcune chiese<br />
h NONCREDO h 15<br />
19
h NONCREDO h 15<br />
20<br />
ATTUALITA’<br />
cristiane hanno inoltre cominciato a offrire<br />
incentivi alle famiglie numerose, nell’ordine<br />
(guarda caso) di 200 dollari: non un centesimo<br />
di più, che pur sarebbe alquanto utile<br />
quando ci sono tante bocche da sfamare. Il<br />
rinnovato impegno politico cattolico non è<br />
mai disgiunto da politiche pesantemente nataliste:<br />
anche la CEI ha pensato bene di pubblicare<br />
un libro, Il cambiamento demografico, in<br />
cui ha chiesto di affrontare “la nostra crisi<br />
demografica”, invitando ad attuare politiche<br />
che “contrastino i risvolti negativi delle tendenze<br />
in atto”. Proprio quello che ci vuole<br />
per un paese in piena crisi economica, con il<br />
30% di giovani disoccupati, con una densità<br />
di abitanti per kmq tra le più alte del pianeta,<br />
con un territorio prevalentemente montuoso,<br />
a forte rischio sismico e sottoposto a un grave<br />
dissesto idrogeologico. Satana non avrebbe<br />
saputo inventarsi di meglio.<br />
Anche in Libia sarà sharia.<br />
Senza l’intervento militare occidentale,<br />
Gheddafi sarebbe molto probabilmente ancora<br />
al suo posto. È invece andata come è andata,<br />
e l’autocrate libico è stato fatto fuori<br />
senza troppi complimenti. Come primo e<br />
principale punto del proprio programma, il<br />
nuovo governo ha annunciato l’introduzione<br />
della legge islamica: “Siamo una nazione<br />
musulmana, è dunque logico che la sharia sia<br />
la fonte delle leggi”. Verrà dunque rivisto il<br />
diritto di famiglia, con restrizione dei diritti<br />
delle donne in materia di divorzio e matrimonio,<br />
e via libera alla poligamia. Immediata<br />
la preoccupazione per i diritti umani<br />
nelle capitali occidentali, per i diritti dei cattolici<br />
a Roma: il ministro Frattini si accontenterebbe<br />
della libertà di costruire chiese. È<br />
comunque sorprendente la sorpresa con cui<br />
è stato accolto l’annuncio: era già successo in<br />
Afghanistan e in Iraq, che l’intervento mili-<br />
tare fosse seguito dal ritorno alla legge islamica.<br />
La religione, nel mondo musulmano, è<br />
l’unico riconosciuto datore di senso morale,<br />
ed è in qualche modo sentito come naturale<br />
che la legge lo riconosca, e che elezioni democratiche<br />
lo sanciscano. L’Unione Europea<br />
e gli USA potrebbero però rispondere:<br />
“Niente diritti umani? Allora niente aiuti”.<br />
Utilizzeranno l’unica arma che avrebbero<br />
dovuto usare fin dall’inizio?<br />
In Francia montano gli integralismi.<br />
La proclamazione della sharia in Tunisia e la<br />
vittoria del partito islamista in Tunisia avevano<br />
spinto il giornale satirico Charlie Hebdo<br />
a nominare Maometto “direttore speciale”<br />
di un numero particolarmente pungente nei<br />
confronti dell’islam, con in copertina il profeta<br />
intento a dichiarare “cento frustate se<br />
non morite dal ridere”. È bastato <strong>questo</strong> perché,<br />
nella notte, un attacco a suon di molotov<br />
mandasse in fiamme la sede della rivista.<br />
Nei giorni precedenti, attivisti del gruppo Institut<br />
Civitas avevano interrotto la rappresentazione<br />
dello spettacolo teatrale Sul<br />
concetto di viso del figlio di Dio, soltanto perché<br />
lo scenario presentava una gigantografia<br />
del Gesù di Antonello da Messina. Il sindaco<br />
di Parigi li ha denunciati. Il fatto che la Francia<br />
si sia stretta intorno alla redazione del<br />
Charlie Hebdo testimonia come la libertà di<br />
espressione sia ancora considerata come uno<br />
dei capisaldi della democrazia transalpina.<br />
Tuttavia, come ha scritto le Monde, sembra<br />
proprio che gli integralisti cattolici abbiano<br />
trovato nell’integralismo musulmano “un<br />
modello efficace che avevano fin qui trascurato:<br />
la fatwa culturale”. La questione della<br />
“tolleranza degli intolleranti”, di cui scriveva<br />
Popper già diversi decenni fa, si fa purtroppo<br />
di giorno in giorno più calda.
ETICA E LAICITA’<br />
RELIGIONSFREE<br />
VÉÅx \b |ÅÅtz|ÇÉ |Ä ÅÉÇwÉ áxÇét ÜxÄ|z|ÉÇ|<br />
di Vera Pegna, European Humanist Federation<br />
Ho insegnato a mia figlia a non obbedire e,<br />
quando è stata in grado di ragionare, le ho<br />
spiegato che nella vita non bisogna subire.<br />
Né prevaricare. Bisogna capire e riflettere,<br />
ascoltare la propria coscienza e cercare con<br />
gli altri rapporti di parità al di là dei giudizi e<br />
dei pregiudizi che ci fanno percepire i nostri<br />
simili attraverso specchi deformanti. Le ho<br />
raccontato del profeta Mani che, nel terzo secolo<br />
della nostra era, diceva: “La stessa scintilla<br />
divina brilla in tutti noi, non ha razza, non<br />
ha casta, non è né maschio né femmina, ciascuno<br />
deve nutrirla di bellezza e di conoscenza.<br />
È così che riesce a risplendere. È solo<br />
per la luce che ha in sé che l’uomo è grande.”<br />
La religione predicata da Mani – ma penso sia<br />
errato definirla tale – non ammetteva né<br />
dogmi né gerarchie. Invitava ciascuno a “nutrirsi<br />
di bellezza e di conoscenza”e a farsi la<br />
propria idea del mondo. Diceva: “ Mi appello<br />
a tutte le religioni e a nessuna. È stato insegnato<br />
agli uomini che devono appartenere a<br />
un credo come si appartiene a una razza o a<br />
una tribù. E io dico loro: è una menzogna. In<br />
ogni credo, in ogni idea sappiate trovare la sostanza<br />
luminosa e scartare le mondature. Rispetto<br />
tutte le credenze e, agli occhi di tutti, è<br />
appunto <strong>questo</strong> il mio delitto“. Infatti Mani fu<br />
condannato al supplizio dei ferri e furono bruciati<br />
i libri che calligrafava e ornava di sua<br />
mano e la profusione di dipinti con cui rivolgeva,<br />
al di là delle barriere del linguaggio, il<br />
suo messaggio di armonia tra gli uomini, la<br />
natura e la divinità. I suoi fedeli scrissero dappertutto<br />
il suo nome: “Mani-Hayy”, Mani vive.<br />
I greci trascrissero questa parola in “Manikhaios”,<br />
altri dissero “Manicheo” e mentre per<br />
mille anni veniva venerato dall’Egitto alla<br />
Cina, a noi furono tramandati il suo nome ridotto<br />
a un insulto e la sua memoria, sfigurata<br />
e ridicolizzata.<br />
Una fede o credenza libera da ogni tipo di<br />
clero, senza dogmi né gerarchie, come quella<br />
predicata da Mani, è ben accetta nel mio<br />
mondo senza religioni. A suo padre, Mani<br />
disse: “Mi hai mai sentito parlare del bene e<br />
del male? Sono parole perverse che non appartengono<br />
al mio linguaggio!” Eppure oggi,<br />
quasi 1800 anni dopo, le religioni parlano ancora<br />
del bene e del male, del permesso e del<br />
proibito, e il papa ci assicura “che l’inferno<br />
c’è”!<br />
Ebbene, in un mondo senza religioni, ai bambini<br />
non verrebbe inculcato che credere è giusto<br />
e bello e che l’unica fonte di valori è la<br />
religione. A scuola imparerebbero il significato<br />
profondo del dubbio e dello spirito critico<br />
che rendono capaci di mettere in<br />
questione le verità assolute dettate dal cielo e<br />
di cogliere la differenza fra una teoria scientifica<br />
come l’evoluzionismo e una favola come<br />
il creazionismo o il disegno intelligente. Ma<br />
anche di capire che questa, come altre favole<br />
e trappole diffuse dalle religioni, fa parte di<br />
un disegno ben più ampio e ben ordito, volto<br />
a ottundere l’uso della ragione e a limitare il<br />
ricorso di ognuno di noi alla propria coscienza.<br />
Capirebbero altresì che il disegno<br />
delle religioni è sovversivo in quanto limita le<br />
libertà fondamentali e erode l’ordine politico<br />
e istituzionale che ci siamo dati dopo secoli di<br />
lotte, anche contro i monoteismi.<br />
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21
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22<br />
ETICA E LAICITA’<br />
LAICITA’& PARLAMENTO<br />
Lo Stato, la CEI e il danaro pubblico<br />
di Mario Staderini, avvocato, segretario nazionale <strong>Radicali</strong> <strong>Italiani</strong><br />
Lo Stato italiano finanzia in maniera strutturale le confessioni religiose, soprattutto la Chiesa cattolica,<br />
attraverso finanziamenti diretti ed indiretti. Una scelta che la Costituzione in parte consente ma<br />
non impone. In Inghilterra, nonostante l’anglicanesimo sia religione di Stato, non è previsto alcun finanziamento:<br />
la promozione della religione non è funzione di competenza statale e quindi i suoi<br />
costi non possono essere fatti ricadere sull’intera collettività. Lo Stato italiano, dunque, tra i diversi<br />
modi con cui atteggiarsi nei confronti del bisogni religiosi dei cittadini, ha scelto di sottrarre alla fiscalità<br />
generale una considerevole somma di denaro pubblico per finanziarne la soddisfazione. E ha<br />
individuato nelle confessioni religiose i soggetti istituzionalmente preposti alla soddisfazione di tali<br />
esigenze.<br />
Questa impostazione ha determinato un’involuzione autoritaria e burocratica del momento religioso<br />
insieme alla clericalizzazione dello Stato. Il denaro dei contribuenti arriva nelle casse delle<br />
Chiese sotto forma di percentuale delle imposte sul reddito, di donazioni per cui è prevista la detrazione,<br />
di esenzioni fiscali alle attività degli enti religiosi, di sovvenzioni per le scuole e gli ospedali<br />
cattolici, di contributi per singoli eventi, di assunzione in capo alla amministrazione pubblica del<br />
costo di funzioni esercitate da personale della Chiesa cattolica. Prima del Concordato del 1984, invece,<br />
lo Stato erogava direttamente il reddito del clero attraverso il meccanismo della congrua, riconosciuto<br />
nei Patti Lateranensi e risalente allo Stato Pontificio.<br />
Oggi, al contrario, lo Stato assegna annualmente una parte delle imposte sul reddito degli italiani alla<br />
Conferenza Episcopale Italiana, alla quale è riconosciuta la piena ed autonoma gestione di tali fondi,<br />
pari a 1 miliardo di euro l’anno. In pratica, l’accesso del clero – e delle comunità di fedeli di cui le parrocchie<br />
sono espressione - alle risorse economiche è gestito direttamente dalla CEI. Anche quando<br />
il finanziamento prende la forma di erogazione uno stipendio per funzioni connesse alle attività confessionali<br />
(insegnanti di religione, cappellani, assistenza religiosa a malati e detenuti), l’accesso a tali<br />
“professioni” è controllato gerarchicamente dalla CEI attraverso il meccanismo della designazione<br />
e del giudizio di gradimento.<br />
Il primo effetto del nuovo Concordato è stato quindi quello di determinare una svolta autoritaria all’interno<br />
della stessa Chiesa cattolica, con il riconoscimento di tutto il potere in mano alle gerarchie<br />
ed in particolare della CEI, titolare unica dei rapporti con lo Stato attraverso il meccanismo delle<br />
Commissioni paritetiche. Un secondo effetto corruttore è stato quello di innescare una rincorsa delle<br />
altre organizzazioni religiose al conseguimento di quei privilegi economici e giuridici garantiti dal<br />
modello realizzato per la Chiesa cattolica. Molte chiese cristiane delle Riforma (valdesi, pentecostali,<br />
battisti) hanno a lungo rifiutato finanziamenti diretti in coerenza con la loro teologia prima di capitolare<br />
di fronte allo strapotere assicurato dal modello statuale.<br />
Al tempo stesso, l’enorme potere economico assicurato alla CEI ed alle altre diramazioni del Vaticano<br />
in Italia ha indotto un progressivo cedimento clericale delle istituzioni dello Stato, estendendo a dismisura<br />
i finanziamenti pubblici ed i privilegi che le permettono di esercitare una significativa influenza<br />
in settori fondamentali quali la scuola, la sanità, il turismo, l’immobiliare. E di conseguenza<br />
sulle scelte della classe politica, con posizioni altrimenti impensabili sui temi dei diritti civili e della<br />
bioetica. Il Parlamento che verrà non potrà che dibattere di tutto ciò, pena lasciare al Vaticano la definitiva<br />
conquista dello Stato italiano.
fonte: repubblica.it<br />
Alla politica non interessa se soffri<br />
ETICA E LAICITA’<br />
La morte di Lucio Magri alla luce della civiltà<br />
di Valerio Pocar, già prof. di Bioetica e Sociologia del diritto, università Milano<br />
L’influenza della pressione clericale sulla legislazione nazionale condanna alla mortificazione dell’esilio i ciadini<br />
italiani che invocano il conforto di affei e sentimenti solidali al loro fianco nel momento irreversibile e solenne<br />
di una morte resa necessaria dalla ineluabilità di una sofferenza inguaribile.<br />
Il suicidio assistito di Lucio Magri, episodio<br />
tragico alleggerito dal vento della Libertà, non<br />
ha sollevato grande clamore, forse per lo spessore<br />
umano e intellettuale del personaggio,<br />
forse per la riservatezza e il pudore coi quale la<br />
vicenda si è svolta.<br />
Eppure, in diversi casi è bastato molto meno<br />
perché si suscitasse un polverone mediatico.<br />
Welby, Englaro, Monicelli, nomi sui quali si<br />
sono sollevate gazzarre tanto indecenti quanto<br />
infondate, all’insegna dello spauracchio dell’eutanasia.<br />
La quale, beninteso, non c’entrava<br />
niente. Viene la tentazione di fare un po’ d’ordine.<br />
La questione di fondo è una sola, semplice.<br />
Siamo o non siamo liberi, ciascuno di noi, di disporre<br />
della nostra propria vita? Noi pensiamo<br />
che il nostro corpo e la vita che in esso si vive<br />
siano l’unica nostra indiscutibile proprietà e, in<br />
quanto nostra e solo nostra, nessuno possa intromettervisi<br />
e decidere per noi o porre veti alle<br />
nostre individuali scelte.<br />
L’opzione morale<br />
GRAZIE LUCIO MAGRI!<br />
Hai saputo vincere, anche per noi, la<br />
grande partita della libertà contro<br />
oscurantismo e pregiudizio.<br />
GRAZIE!<br />
Sotto il profilo morale, ognuno può tenersi all’opinione<br />
che crede e sarebbe perfettamente<br />
contraddittorio, per noi, sostenere il contrario.<br />
Ognuno è libero di affidare le decisioni che<br />
concernono la sua vita a chi egli stesso elegge.<br />
Noi, le affidiamo a noi stessi.<br />
Tra le due opzioni morali, però, la nostra legge<br />
positiva ha fatto la sua scelta. Il suicidio, infatti,<br />
non è illecito giuridicamente e colui che sopravvive<br />
al tentativo di darsi la morte non incorre<br />
in alcuna sanzione. Non intendiamo<br />
certo, così dicendo, negare o sottovalutare il<br />
peso dei vincoli di solidarietà umana e sociale<br />
che ci debbono suggerire di prestare ogni aiuto<br />
a coloro che sono indotti a <strong>questo</strong> gesto<br />
estremo. Intendiamo, tuttavia, esprimere con<br />
fermezza l’esigenza di un profondo rispetto nei<br />
confronti della sofferenza, fisica o psichica, tale<br />
da indurre a considerare la propria vita come<br />
non più degna d’essere vissuta, rispetto che in<br />
un certo senso ci nega il diritto d’interrogarci e<br />
d’indagare sulle ragioni del gesto e, tanto<br />
meno, di sminuirne la tragicità con spiegazioni<br />
riduttive, quali la depressione, o la solitudine.<br />
h NONCREDO h 15<br />
23
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24<br />
ETICA E LAICITA’<br />
La liceità giuridica<br />
Un caso particolare, che conferma la liceità giuridica<br />
di disporre della propria vita, è rappresentato<br />
dalla libertà sancita dall’art. 32 comma<br />
2° della nostra Carta costituzionale. Come si sa,<br />
in forza di questa norma ogni individuo ha il<br />
diritto di rifiutare un qualsivoglia trattamento<br />
sanitario, in qualsiasi caso e senza necessità di<br />
motivare la propria scelta, anche se dal rifiuto<br />
del trattamento può derivare la morte. Questo<br />
è stato il caso del signor Welby, che, persuaso<br />
che la sua vita avesse cessato di meritare d’essere<br />
vissuta, ha legittimamente chiesto la cessazione<br />
delle cure che gli venivano per<br />
l’innanzi praticate, in tal modo determinando,<br />
nel pieno rispetto della legge, l’anticipazione di<br />
una morte che le cure avrebbero potuto rimandare.<br />
Un caso di rifiuto delle cure è stata anche la vicenda<br />
della signorina Englaro, rifiuto espresso<br />
non in maniera attuale e diretta, ma nella<br />
forma delle direttive anticipate o testamento<br />
biologico che dir si voglia, mediante cioè scelte<br />
dettate nella piena capacità del soggetto per il<br />
momento in cui la capacità di formare o comunicare<br />
le proprie scelte dovesse venire a<br />
mancare. Siamo ancora in attesa di una legge<br />
che regoli il testamento biologico - e c’è solo da<br />
sperare che non si tratti di una legge liberticida<br />
e incostituzionale come quella che il parlamento<br />
ha, non ancora definitivamente, per<br />
buona fortuna, approvato - ma il diritto al rifiuto<br />
dei trattamenti indesiderati è già nel nostro<br />
ordinamento e, nel caso della signorina<br />
Englaro, ha trovato un’applicazione in via giurisprudenziale.<br />
La Corte di cassazione, infatti,<br />
ha ritenuto che la volontà della persona possa<br />
essere, in assenza della previsione di forme<br />
specifiche, ricostruita mediante gli ordinari<br />
strumenti istruttori (testimonianze, documenti<br />
e così via). Accertata la volontà dell’incapace,<br />
si è potuto procedere alla sospensione della nutrizione<br />
e dell’idratazione artificiali, che rappresentano<br />
fuor d’ogni dubbio trattamenti<br />
medici, con buona pace di coloro - esistono soltanto<br />
in <strong>questo</strong> paese a sovranità morale limitata<br />
- che pretendono trattarsi di mezzi<br />
doverosi di sostegno vitale.<br />
Il mercato politico<br />
Appare sconcertante e paradossale che questi<br />
due casi di espressione di una scelta di libertà<br />
riconosciuta dal diritto, nel nome di una vita<br />
degna di essere vissuta, abbiano suscitato tanto<br />
scandalo e clamore presso i sostenitori della<br />
“sacralità” della vita. Il polverone mediatico si<br />
lega a ben riconoscibili motivazioni del mercato<br />
politico e non ci casca nessuno.<br />
Non tutti gli individui che desiderano porre<br />
fine alle proprie sofferenze e rinunciare a una<br />
vita che stimano indegna di essere vissuta, tuttavia,<br />
sono nelle condizioni di realizzare la loro<br />
libera scelta tramite il rifiuto dei trattamenti sanitari.<br />
Occorre, talora, un gesto attivo dell’individuo,<br />
vuoi perché le cure non sono in corso<br />
o, se in corso, la loro sospensione non sarebbe<br />
tale da condurre alla morte, vuoi perché le ragioni<br />
della scelta non risiedono in sofferenze di<br />
tipo organico, ma non per <strong>questo</strong> sono meno<br />
gravi. Chi è nelle condizioni di compere il<br />
gesto, può realizzare la sua scelta mediante il<br />
suicidio. Questo sembra essere stato il caso del<br />
grande regista Mario Monicelli, il quale, come<br />
si ricorderà, si è precipitato dalla finestra di un<br />
piano alto d’ospedale, sembra dopo aver ricevuto<br />
la notizia di una diagnosi infausta.<br />
Purtroppo, però, l’esercizio della libertà in questa<br />
scelta estrema non è poi così semplice. Da<br />
un lato, suicidarsi può essere complicato e non<br />
privo di rischi, anche per terze persone, dall’altro<br />
non tutti sono nella condizione di compiere<br />
materialmente il gesto.<br />
Buttarsi dalla finestra o aprire la canna del gas,<br />
non soltanto possono causare danni gravi a<br />
terzi (l’esplosione del palazzo, lo sconvolgimento<br />
di coloro che dovessero trovarsi ad assistere<br />
al fatto e via dicendo), ma possono non<br />
raggiungere l’effetto desiderato, provocando<br />
ulteriori sofferenze e l’aggravamento del problema.<br />
In ogni caso, sono modalità che sovente<br />
non garantiscono una trapasso dignitoso e per<br />
quanto possibile sereno, nella propria casa e attorniati<br />
dai propri affetti, così come auspichiamo<br />
che possa essere la fine di ciascuno.
Non possiamo averne certezza, ma possiamo<br />
pensare che il desiderio di un trapasso dignitoso<br />
sia stato alla base della richiesta, lucida e<br />
pacata, di assistenza al suicidio da parte di<br />
Lucio Magri. Assistenza che la legge italiana,<br />
come quella di molti paesi, considera un reato.<br />
Pochi giorni fa, una cittadina britannica che è<br />
ricorsa anch’essa al suicidio assistito in una clinica<br />
svizzera, per morire serenamente con la<br />
famiglia al suo capezzale, ha denunciato la “codardia”<br />
dei politici britannici che con le loro<br />
leggi le hanno impedito di morire nella sua<br />
casa e nel suo Paese. Così come le leggi italiane<br />
hanno impedito a Lucio Magri di morire in<br />
pace a casa sua.<br />
Condizioni fisiche ed economiche<br />
D’altro canto, però, non tutti sono nelle condizioni<br />
fisiche (e talora anche economiche) di<br />
poter provvedere al proprio suicidio. Coloro<br />
che, per ogni piccola necessità della loro vita<br />
quotidiana, necessitano della mani e delle<br />
gambe degli altri - ricordate il protagonista<br />
della pellicola, rude e toccante, Mare dentro? -<br />
non possono compiere il gesto in modo autonomo<br />
e, per porre fine alle proprie sofferenze e<br />
alla loro vita non degna, abbisognano dell’aiuto<br />
pietoso e solidale di altri, vuoi nella modalità<br />
del suicidio assistito vuoi nella modalità dell’eutanasia<br />
volontaria. Ed è la presenza e la partecipazione<br />
del terzo che costituisce il<br />
problema. Tra suicidio assistito ed eutanasia la<br />
distinzione, sotto il profilo etico, è davvero<br />
Lettore,<br />
la forza del messaggio di NONCREDO<br />
riposa sulla sua diffusione.<br />
ETICA E LAICITA’<br />
molto sottile. Se è vero che nel prima caso il<br />
gesto finale determinante la morte è perpetrato<br />
dal soggetto stesso e nel secondo dal terzo, è<br />
anche vero che in entrambi i casi la possibilità<br />
di determinare la morte è frutto dell’azione del<br />
terzo. Sotto il profilo giuridico, la distinzione è<br />
invece rilevante, sia perché, mentre il suicidio è<br />
lecito, non lo è l’assistenza al suicidio né l’uccisione<br />
sia pure richiesta dal soggetto. Nell’uno<br />
e nell’altro caso il comportamento del terzo<br />
viene sanzionato, assai severamente, dal nostro<br />
codice penale.<br />
L’encomiabile abnegazione e solidarietà nei<br />
momenti estremi<br />
Tuttavia. V’è da chiedersi se in <strong>questo</strong> modo -<br />
fermo restando che sia il suicidio assistito sia<br />
l’eutanasia volontaria debbono essere sottoposti<br />
a inderogabili e severe procedure di garanzia<br />
- non venga a configurarsi una<br />
discriminazione tra la sofferenza di un soggetto<br />
in grado di suicidarsi e quella di un soggetto<br />
che per farlo abbisogna dell’aiuto di un<br />
terzo, discriminazione tanto più odiosa perché<br />
penalizza, tra due soggetti deboli, proprio il<br />
più debole. V’è da chiedersi, anche, se punire e<br />
così impedire a un terzo che si renda disponibile<br />
a consentire l’esercizio di una libertà fondamentale<br />
(forse la più fondamentale?) di un<br />
soggetto che non può esercitarla direttamente<br />
non costituisca la violazione, per legge, di un<br />
diritto fondamentale. A entrambi i quesiti ci<br />
sentiamo di rispondere affermativamente.<br />
Se ci condividi, diffondi e fai conoscere NONCREDO,<br />
sii tu stesso l’araldo del suo messaggio di libertà.<br />
L’abbonamento è l’unico mezzo che qualsiasi lettore ha<br />
per leggerci, condividerci e sostenerci.<br />
NONCREDO = COSCIENZA CONOSCENZA LIBERTA’<br />
h NONCREDO h 15<br />
25
h NONCREDO h 15<br />
26<br />
ETICA E LAICITA’<br />
DIALOGHI SURREALI (e se fosse andata così?)<br />
L’etica di Giuda per la causa di Cristo<br />
di Enrico Galavotti, filosofo delle religioni<br />
- Ti rendi conto che noi non sapremo mai e poi mai che cosa volesse dire Gesù a Giuda nell’ultima cena?<br />
- Ti riferisci a quell’ordine perentorio: “Quello che devi fare fallo presto!”?<br />
- Proprio quello! Le motivazioni date nei vangeli sono semplicemente ridicole. Doveva andare a comprare<br />
qualcosa per la Pasqua, perché gestiva la cassa comune! Oppure doveva tradirlo perché <strong>questo</strong> era il disegno<br />
di dio!<br />
- Questa seconda cosa è stata confermata dal vangelo di Giuda, recentemente ritrovato<br />
- Già, Gesù doveva essere tradito, sicché Giuda è stato un eroe che ha avuto il coraggio di fare una cosa che<br />
gli altri apostoli non avrebbero mai fatto. E <strong>questo</strong> non è ridicolo, secondo te?<br />
- E perché? Non è stato forse anche Pietro che, subito dopo aver scoperto la tomba vuota, disse che Gesù<br />
era morto per volontà divina?<br />
- Ma non vedi che qui le contraddizioni si sprecano? Da un lato i vangeli condannano Giuda perché ha tradito,<br />
dall’altro dicono che dio si è servito di lui per realizzare il suo piano di salvezza. Quindi non si capisce<br />
se Gesù doveva o poteva anche non morire in maniera così cruenta.<br />
- Mi chiedo come sarebbero finiti i vangeli se non fosse stato tradito.<br />
- Ma questa domanda non ha alcun senso. I vangeli sono stati scritti proprio perché era stato tradito e giustiziato.<br />
Se il suo tentativo rivoluzionario avesse avuto successo, i cristiani avrebbero scritto dei testi ottimisti,<br />
non rassegnati.<br />
- Ma scusa, se non veniva tradito, non poteva morire di vecchiaia?<br />
- Chi? Un politico eversivo? L’avrebbero ammazzato lo stesso!<br />
- Allora secondo te il tradimento di Giuda non è servito a niente?<br />
- Non lo so. Io penso che se non ci fosse stato, forse una probabilità di successo l’insurrezione contro Roma<br />
avrebbe anche potuto averla. Non ha senso pensare, come fanno i vangeli, che Gesù era entrato a Gerusalemme<br />
per farsi ammazzare.<br />
- In effetti se voleva farsi ammazzare, Giuda poteva anche non tradirlo.<br />
- E’ pazzesco pensare a un Cristo suicida che chiede a un apostolo di compiere una sorta di eutanasia.<br />
- Eppure il vangelo di Giuda parla chiaro: lui è stato l’apostolo più “cristiano” di tutti, l’unico ad aver capito<br />
veramente le intenzioni di Gesù.<br />
- Se non fossero cose tragiche verrebbe da ridere. Gesù era entrato a Gerusalemme per vincere non per perdere,<br />
e il tradimento è stato del tutto inaspettato. Solo che l’idea insurrezionale è stata tradita anche dopo la<br />
sua morte, e questa volta da Pietro, quando cominciò a dire che il Cristo “doveva morire” e che sarebbe presto<br />
tornato in maniera trionfale.<br />
- Ma perché hanno creduto in questa idea così strana, certamente poco giudaica?<br />
- Perché la tomba l’han trovata vuota e tutti erano convinti che il cadavere non fosse stato rubato da nessuno.<br />
Quindi Pietro ha pensato ch’era “risorto”, cioè che Gesù era più di un semplice uomo e che se si era<br />
lasciato ammazzare, pur potendolo evitare, era stato per dimostrare ai giudei che da soli non si sarebbero<br />
mai potuti liberare dei Romani e che lui sicuramente sarebbe tornato molto presto, per far vedere di che<br />
pasta era fatto.<br />
- Insomma Pietro, con queste idee bislacche, è stato peggio di Giuda.<br />
- Proprio così e Paolo peggio di Pietro. Almeno Pietro aspettava il ritorno immediato di un messia politiconazionale.<br />
Paolo invece parla del ritorno di un redentore universale per la fine dei tempi.
Di continuo fatti e problemi della convivenza<br />
testimoniano la necessità di introdurre<br />
il principio della separazione Stato religioni<br />
nell’architettura istituzionale. Per aggiornare<br />
e se possibile migliorare le condizioni di effettiva<br />
libertà del cittadino.<br />
Non è un’esigenza secondaria. L’effettiva libertà<br />
del cittadino dipende in modo decisivo<br />
dal come la garantiscono le istituzioni. Ancor<br />
più quando incalza chi punta a tradurre l’impegno<br />
nel sociale della Chiesa in una politica<br />
istituzionale modellata su valori religiosi. Lo<br />
fanno più per loro interessi terreni che per<br />
ragioni religiose, però lo fanno (li chiamo i<br />
cattolici chiusi).<br />
Le Intese dello Stato<br />
L’art. 8 della Costituzione sancisce la libertà<br />
di tutte le Confessioni religiose di organizzarsi<br />
e, per quelle non cattoliche, di avere<br />
rapporti con lo Stato in base a Intese. Contrasta<br />
in punto di logica con l’art. 7 (se tutte<br />
le religioni sono libere, non si dovrebbe preferirne<br />
una). Si è cercato di sistemare il pasticcio<br />
a livello dottrinale, dicendo che lo<br />
Stato è incompetente in materia religiosa, che<br />
le Intese non sono automatiche e che si<br />
fanno quando una religione fa richiesta dei<br />
benefici civili che ne derivano. Peraltro, così,<br />
non si scioglie il nodo. Se lo Stato è incompetente<br />
in materia religiosa, l’art. 7 si motiva<br />
solo o con lo speciale riconoscimento alla religione<br />
cattolica (all’epoca religione di Stato)<br />
oppure ammettendo che certi diritti alla religione<br />
cattolica non sono desumibili dall’impianto<br />
costituzionale. Inoltre l’intrico con<br />
l’esistenza di altre norme di epoca fascista<br />
rende difficoltosa l’applicazione dell’art. 8 in<br />
ETICA E LAICITA’<br />
DISPUTATIONES laiche<br />
di Raffaele Morelli, storico della laicità<br />
piena coerenza con sé stesso.<br />
Esistono due norme (la legge 1159/1929 sui<br />
culti acattolici e il R.Decreto 289/1930) la cui<br />
logica confligge con l’art. 8 e che quindi ne<br />
ostacolano l’attuazione. Nell’inerzia del Parlamento,<br />
il nodo è stato un po’ allentato dalla<br />
Corte Costituzionale. Dichiarando incostituzionali<br />
con la sentenza 59/1958 parti del RD,<br />
sancì che per aprire luoghi di culto e per tenere<br />
cerimonie religiose non vi è bisogno di<br />
autorizzazione. Fu un passo molto significativo.<br />
Eppure non sciolse le resistenze degli<br />
apparati verso le Intese.<br />
Nell’idea che l’aiuto della Chiesa fosse indispensabile<br />
per lo Stato, le altre confessioni<br />
erano semplicemente sopportate. Non c’era<br />
fretta di mutare le cose. Per arrivare alle Intese<br />
si aspettò la stipula del nuovo Concordato<br />
nel 1984. Che tolse la religione di stato<br />
ma confermò il favore alla Chiesa Cattolica,<br />
traducendolo in particolari norme di accordo.<br />
Dopo, coeva al nuovo Concordato,<br />
venne la prima Intesa con la Tavola valdese.<br />
Nel 1986 vi fu quella con l’Assemblea di Dio<br />
e subito dopo quella con l’Unione Comunità<br />
Ebraiche. Nella primavera 1993 fu la volta<br />
dei Battisti e poi dei Luterani. Alla fine 1996<br />
degli Avventisti. Queste sono le sei Intese<br />
completate dalla relativa legge (che le fa entrare<br />
in vigore senza modificarle) e in seguito<br />
aggiornate. Poi, nel 2007, si è arrivati alla<br />
firma di altre sei Intese (Apostolici, Buddisti,<br />
Induisti, Sacra Arcidiocesi, Santi degli Ultimi<br />
giorni, Testimoni di Geova) che ad oggi non<br />
sono state ancora trasformate in legge, anche<br />
se la procedura pare stia per concludersi.<br />
L’importanza delle Intese non va sminuita.<br />
Sono un veicolo per la tutela di minoranze<br />
h NONCREDO h 15<br />
27
h NONCREDO h 15<br />
28<br />
ETICA E LAICITA’<br />
religiose e servono a concretizzare diritti e<br />
specificità di ciascun culto e di ciascun suo<br />
credente evitando discriminazioni. In pratica<br />
sono un profumo di separatismo. Hanno introdotto<br />
elementi di pluralismo confessionale<br />
nella mentalità concordataria.<br />
Trattare delle Intese è connesso con la questione<br />
otto per mille (introdotto nel 1985, nel<br />
quadro dell’Accordo con la Chiesa Cattolica)<br />
di cui beneficiano i titolari di Intese eccetto i<br />
Battisti che non vi partecipano. Il legame dipende<br />
dal meccanismo di ripartizione. La<br />
parte dei fondi (si badi, imposte sui redditi<br />
appartenenti allo Stato, non elargizioni aggiuntive<br />
del cittadino) che corrisponde alle<br />
mancate scelte viene ripartita tra i beneficiari.<br />
Siccome le scelte non fatte sono intorno<br />
al 60% e la Chiesa riceve il 90% di quelle<br />
fatte, avviene che circa il 54% per cento dei<br />
fondi non scelti si somma a quel 36% delle<br />
scelte già fatte a favore della Chiesa. Ne consegue<br />
che, meno intese ci sono, meno sono i<br />
partecipanti alla ripartizione. Anche quando<br />
le nuove intese non riguardano religioni di<br />
massa. Dato che il sistema avvantaggia<br />
molto, in termini finanziari, la confessione<br />
numericamente dominante.<br />
La cappa della impostazione concordataria è<br />
acuita dalla legge sui culti acattolici. Da metà<br />
anni ‘90, i governi di centro sinistra e di centro<br />
destra hanno tentato di diradare questa<br />
cappa con una nuova legge sulla libertà di religione.<br />
Ma in parlamento la lobby trasversale<br />
dei cattolici chiusi ha reso impossibile<br />
superare le norme sui culti ammessi. Il che<br />
conferma l’importanza di sollevare apertamente<br />
nella società il problema di introdurre<br />
il principio di separazione Stato religioni.<br />
Parlando delle Intese, non si deve omettere<br />
quella che non c’è: con i musulmani. Esiste<br />
un rilevante aspetto tecnico. La religione musulmana<br />
non ha un’organizzazione gerarchica,<br />
il rapporto è diretto tra il fedele e il<br />
Dio. L’Imam è persona esperta di Corano,<br />
non un intermediario. Siccome l’unico legame<br />
tra chi prega è la personale fede nel<br />
Corano, le comunità musulmane non hanno<br />
per tradizione struttura legale o suffragi.<br />
Così venti anni fa, l’Intesa domandata dall’UCOII<br />
(la più grande Comunità Islamica)<br />
non ebbe risposta. Oggi, l’UCOII è un’associazione,<br />
elegge i suoi rappresentanti ed ha<br />
richiesto il riconoscimento giuridico; in più<br />
sono sorte altre associazioni nazionali, una<br />
(che raccoglie un 30% di musulmani) è finanziata<br />
dal governo del Marocco (il cui ambasciatore<br />
lo ha già fatto in Francia). Queste<br />
associazioni stanno cercando di formare una<br />
federazione per avere l’Intesa. Certo, siccome<br />
nel distorto clima concordatario la convivenza<br />
con i musulmani (che sono tanti) è<br />
soggetta ad ogni genere di tensioni e preda<br />
di manovre politiche, sarebbe bene che i credenti<br />
islamici, cittadini e residenti, abbiano<br />
presto regole specifiche in analogia agli altri<br />
culti.<br />
Moschee<br />
Un problema immediato è quello delle moschee.<br />
La libertà di religione per ciascun residente<br />
è un diritto costituzionale. E molti<br />
paiono non avvertirlo. In giro serpeggiano<br />
approcci che usano la religione dell’individuo<br />
per accarezzare pulsioni illiberali nel<br />
profondo, o xenofobe nella repulsa o populiste<br />
nell’aiuto offerto.<br />
Un approccio separatista ha due cardini coerenti<br />
con l’ispirarsi ai diritti e il non pensare<br />
ai privilegi. Il primo è il diritto dei musulmani<br />
di trovare un luogo adeguato per pregare<br />
insieme. Perciò cercarlo non può<br />
incontrare difficoltà dichiarate o dissimulate<br />
da parte della proprietà immobiliare, privata<br />
o pubblica (sarebbe opportuno che le Istituzioni<br />
monitorassero <strong>questo</strong> aspetto). Il secondo<br />
è che chi vuole creare una moschea<br />
deve agire nel rispetto delle norme urbanistiche<br />
e disporre dei mezzi necessari. E’ intollerabile<br />
che le istituzioni, per accattivarsi i<br />
consensi religiosi di questa o quella confessione,<br />
neghino i diritti a chi li ha oppure offrano<br />
dei favori estranei ai loro compiti.
Il diritto al luogo di preghiera dovrebbe essere<br />
affrontato irrobustendo in chiave di libertà<br />
i rapporti tra chi vive in Italia. Deve<br />
essere concepito come aspetto ordinario del<br />
convivere, che è sempre tra diversi e affronta<br />
sempre questioni di conflitti democratici. La<br />
funzione pubblica è organizzare la convivenza<br />
tra diversi, non occuparsi di religioni e<br />
favorire l’insediarsi dei luoghi di culto. E la<br />
funzione pubblica è carente, se si dedica a<br />
voler acquietare un gruppo etnico o l’esaltata<br />
idiosincrasia dei nativi.<br />
Viceversa, il vice presidente PD del Senato<br />
parla di evitare che “le moschee vengano autorizzate<br />
solamente attraverso le valutazioni di ordine<br />
territoriale e urbanistico“. Il che rientra<br />
nella logica concordataria, confermata dalla<br />
proposta di bilanciare la cosa sul versante<br />
cattolico e tradizionalista: per essere imam,<br />
ci vorrebbe la cittadinanza italiana e il parlare<br />
italiano. Inoltre andrebbe creata una<br />
scuola islamica con insegnamento del corano<br />
in italiano. E di più formato un nuovo cittadino<br />
modellato sul pluralismo. In pratica<br />
una serie di interventi statalisti di tipo invasivo<br />
nell’esercizio delle religioni (ed inefficaci<br />
verso i fondamentalismi). Che di fronte all’aumento<br />
della percentuale di credenti musulmani,<br />
aggira il vero problema dello<br />
svolgere correttamente la funzione pubblica.<br />
Che significa favorire oggi la convivenza<br />
pluralista tra diversi secondo regole imperniate<br />
sulla libertà dell’individuo e sul suo<br />
spirito critico, al posto del conformismo pubblico<br />
politicamente corretto.<br />
Il Convegno di Todi<br />
Anche il Convegno di Todi costituisce un<br />
episodio a favore del separatismo. La CEI vi<br />
ha raccolto tutte le organizzazioni cattoliche<br />
che non stanno nel clero e che operano nel<br />
sociale. Per lavorare ad una nuova classe dirigente<br />
e nuovi leader ed avviare un soggetto<br />
culturale e sociale capace di interloquire con<br />
la politica senza più obiettivi politici di partito.<br />
La Chiesa punta ormai alla presenza nel<br />
ETICA E LAICITA’<br />
sociale e pertanto crea occasioni per riflettere<br />
sulle relazioni interpersonali e sui valori sociali<br />
ritenuti importanti. Questa maturazione<br />
individuale non solo è legittima. Può avere<br />
un effetto positivo per il clima della convivenza<br />
fino a che si resta alle riflessioni religiose<br />
che riguardano solo i comportamenti<br />
di chi le fa e di chi ne condivide le conclusioni.<br />
I problemi cominciano quando le riflessioni<br />
aspirano a fare proseliti. Allora, con la scusa<br />
della socialità, i cattolici chiusi tendono ad<br />
imporre agli altri cittadini le conclusioni del<br />
proprio credo. Ne consegue il pericolo di debordare<br />
dal campo religioso e di toccare<br />
aspetti dell’organizzazione civile. La vera<br />
questione della convivenza tra diversi non<br />
sta sulla religione, che è un diritto di ciascuno.<br />
Sta sul come si vogliono costruire le<br />
istituzioni civili. Se si vogliono sempre adeguate<br />
al promuovere la convivenza tra diversi<br />
cittadini individui od invece se si<br />
vogliono finalizzate ad imporre il conformismo<br />
comunitario di cittadini religiosamente<br />
identici.<br />
Ciò ha trovato piena conferma a Todi. Sono<br />
emersi due atteggiamenti nettamente distinti.<br />
Il primo è quello del Presidente CEI,<br />
cardinale Bagnasco: “Il principio di laicità inteso<br />
come autonomia della sfera civile e politica<br />
da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da<br />
quella morale - è un valore acquisito e riconosciuto<br />
dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di<br />
civiltà“. Per aggiungere: “La Chiesa non cerca<br />
privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei<br />
alla sua missione, ma deve poter esercitare liberamente<br />
questa sua missione“. E precisare “Se per<br />
nessuno è possibile l’assenteismo sociale, per i cristiani<br />
è un peccato di omissione“.<br />
Questo atteggiamento non preoccupa chi<br />
non si riconosce con la cultura prevalente<br />
nelle organizzazioni cattoliche. Non li preoccupa<br />
perché esprime il legittimo magistero<br />
religioso cattolico. Ma non li deve<br />
h NONCREDO h 15<br />
29
h NONCREDO h 15<br />
30<br />
ETICA E LAICITA’<br />
lasciare indifferenti, perché è possibile che vi<br />
sia chi vuol debordare dal campo religioso<br />
per operare in quello civile. E già <strong>questo</strong> conferma<br />
la necessità che, quasi in via preventiva,<br />
i cittadini fautori del principio di<br />
separazione Stato religioni si mobilitino per<br />
introdurlo nell’architettura istituzionale.<br />
Ma è il secondo atteggiamento emerso a Todi<br />
a fornire una prova dell’urgenza di sostenere<br />
il separatismo. Dopo che il Presidente<br />
CEI ha dato la linea religiosa del documento<br />
conclusivo, una parte consistente delle associazioni<br />
ha chiarito con una successiva conferenza<br />
stampa presieduta dal Segretario<br />
CISL, quale è la loro idea dell’interloquire<br />
con la politica. Approfittare di Todi, non per<br />
parlare della sfera morale, bensì per lanciare<br />
una richiesta che è squisitamente politica di<br />
partito. Si è chiesto in nome dei cattolici un<br />
governo più forte perché quello attuale è inadeguato,<br />
per evitare le elezioni anticipate e<br />
per una riforma elettorale proporzionale con<br />
le preferenze. Cose che, comunque la si<br />
pensi, attengono alle valutazioni politiche di<br />
ciascun cittadino, non alla sua religione. L’accostare<br />
Chiesa e CEI alle formule della battaglia<br />
politica quotidiana, eccitando i mass<br />
media con la parola cattolico, è l’ennesima<br />
dimostrazione che le spinte al temporalismo<br />
vengono da coloro che utilizzano le problematiche<br />
religiose per coltivare i propri privilegi<br />
terreni ed imporre a tutti il proprio<br />
credo.<br />
Todi ha confermato una necessità civica. Costruire<br />
al meglio la convivenza tra diversi per<br />
identità e per religioni, presuppone il riequilibrio<br />
della spinta dei cattolici chiusi a modellare<br />
le istituzioni sui valori religiosi. E’<br />
indispensabile impegnarsi nel far capire che<br />
la libertà di ciascuno in quanto cittadino è<br />
più protetta dalle regole istituzionali che evitino<br />
privilegi di stampo religioso per qualcuno.<br />
Ciò vale per tutti, cittadini credenti,<br />
non credenti e coloro che fanno parte del<br />
clero.<br />
Cercare tale parità rispetto ai cattolici chiusi,<br />
significa contrastare in nome della libertà la<br />
pretesa dei cattolici chiusi di avere privilegi.<br />
Di conseguenza il mondo dei sostenitori del<br />
principio di separazione Stato religioni, deve<br />
darsi una mossa. Deve agire nella carne delle<br />
relazioni civili, a sostegno delle regole di separazione<br />
Stato religioni e per irrobustire il<br />
clima politico culturale loro favorevole superando<br />
l’anomalia italiana al riguardo.<br />
La teologia sui campi di calcio<br />
di Alessia Villoi<br />
Nello scorso novembre è accaduto che la squadra di calcio del Napoli abbia vinto una partita<br />
internazionale. I principali quotidiani italiani, al riguardo, davano il resoconto dell’incontro<br />
evidenziandolo con un titolo vistoso per contenuto e caratteri tipografici che<br />
riportava la frase pronunciata dal giocatore autore della rete vincente: “Questo goal lo dedico<br />
a Dio”. Evviva! E così anche il mondo moderno torna a partecipare alla saga dei sacrifici dedicati,<br />
come ai tempi di Isacco e Ifigenia. Lo spettacolo dei tanti superstiziosi segni di croce<br />
esibiti sui campi di calcio da parte di giocatori, il cui valore sta nei loro piedi ma certo non<br />
in un titolo di studio, è di tutta evidenza ogni domenica, ma non si era mai arrivati a tanto<br />
degrado di quel valore che gli addetti ai lavori vorrebbero riconoscere alla religione in sé ed<br />
alla relativa divinità di turno. In <strong>questo</strong> teatrino mediocre e grezzo c’è tutto il divario di valori<br />
tra il mondo riferibilie al mistico renano Eckhard e quello dell’ultrasfruttato e reclamizzato<br />
istrione noto col nome d’arte di padre Pio.
I doveri dell’uomo di scienza<br />
ETICA E LAICITA’<br />
di Renato Potenza, prof. di fisica delle particelle, univ Catania<br />
Per Pitagora la realtà è costituita da numeri, per Galileo da cerchi e triangoli, per la politica da volontà e per le<br />
religioni da miti, come il loro linguaggio. Quale è la realtà etica dello scienziato?<br />
Lo “scientist” (di cui “uomo di scienza” è la<br />
corretta traduzione) ha sostanzialmente due<br />
doveri, a mio avviso:<br />
cercare verità che aumentino la conoscenza umana<br />
e scoprire come usare queste verità per massimizzare<br />
la felicità di ogni individuo vivente nell’universo,<br />
almeno di ogni individuo umano.<br />
1) Il contributo all’aumento della conoscenza<br />
Cercare verità. Ma cos’è? Credo che non ci sia<br />
miglior definizione per la verità di quella data<br />
da Bertand Russell: “La verità non è un ente:<br />
essa è solo una proprietà degli enunciati, delle<br />
proposizioni, cioè la rispondenza dell’enunciato<br />
al fatto o ai fatti che esso descrive in<br />
modo diretto o indiretto”. Le proposizioni<br />
vere vanno costruite esaminando i singoli<br />
fatti, cercando delle correlazioni costanti tra<br />
detti fatti, se ne esistono, ed assumendo che<br />
esse ci siano sempre quando quei fatti si ripresentino.<br />
Esempi? La proposizione: “Il sole<br />
sorgerà anche domani” è vera se il sole sorge<br />
veramente il giorno successivo (come ci<br />
aspettiamo). Dai fatti e dalle loro correlazioni<br />
lo “scientist” ha il dovere di trarre conclusioni<br />
più generali (ad es. il sole sorge tutti i giorni<br />
perché la terra ruota su se stessa facendo un<br />
giro completo in un giorno, ecc.), vere se confermate<br />
dai fatti stessi. E’ interessante la parola<br />
“perché” dentro il periodo in parentesi: ci<br />
dice che la seconda proposizione dà la spiegazione<br />
di quanto affermato nella prima.<br />
Questa spiegazione si basa sulle cause del<br />
sorgere del sole, non sul fine: ad es. il sole<br />
sorge perché noi non si muoia. La mia opinione<br />
è che l’uomo di scienza debba evitare<br />
come la peste le spiegazioni basate sul fine a<br />
cui un fatto si può pensare destinato: deve ritenerle<br />
pura fantasia o peggio: malafede.<br />
Deve cercare le spiegazioni dei fatti in altri<br />
fatti naturali osservabili, indipendentemente<br />
dalle sue personali credenze. Ad es. la spiegazione<br />
del fatto che le credenze religiose<br />
siano presenti in tutte le culture fin’oggi conosciute<br />
deve essere ricercata in fatti naturali<br />
(la particolare conformazione del cervello<br />
prodotta dall’evoluzione, come la psicologia<br />
cognitiva applicata all’antropologia e le neuroscienze<br />
cominciano a tentare di spiegare<br />
dall’inizio di <strong>questo</strong> secolo).<br />
Lo “scientist” ha il dovere di assumere che<br />
tutto quanto avviene nell’universo ha cause<br />
naturali che vanno ricercate e saranno trovate<br />
con una ricerca onesta e perseverante: deve<br />
considerare fantasia o illusione ogni tentativo<br />
di negare la capacità della scienza di spiegare<br />
causalmente anche uno solo dei fatti osservabili.<br />
Non per fede nella scienza, ma per non venir<br />
meno al suo dovere di ricercatore.<br />
2) Il contributo all’etica<br />
Per quanto riguarda l’etica, la mia opinione è<br />
che non spetti allo scienziato gestire le applicazioni<br />
delle nuove conoscenze acquisite, ma<br />
che un’ampia attività di ricerca vada indirizzata<br />
anche allo studio degli effetti che le diverse<br />
possibili applicazioni possono produrre<br />
e del se tali effetti contribuiscano alla massimizzazione<br />
della felicità dell’individuo entro<br />
i limiti imposti dalla massimizzazione della<br />
felicità degli altri. L’uomo di scienza ha il dovere<br />
di promuovere tali ricerche sia per ciò<br />
che riguarda il benessere materiale che quello<br />
psicologico degli esseri viventi e di rendere i<br />
h NONCREDO h 15<br />
31
h NONCREDO h 15<br />
32<br />
ETICA E LAICITA’<br />
risultati conoscibili ad un pubblico quanto<br />
più possibile vasto affinché tutti nel mondo<br />
possano prenderne coscienza quanto prima<br />
possibile.<br />
E deve opporsi a ogni divieto di fare ricerca<br />
scientifica su particolari argomenti, quali che<br />
siano i motivi addotti per tale nefandezza o le<br />
autorità che li adducono<br />
Relazioni tra scienza e altre attività umane.<br />
Lo scienziato è un uomo tra gli altri, influen-<br />
zato, come tutti, dalle mode artistiche, le<br />
scelte politiche ed etiche e le credenze religiose<br />
del suo tempo e del suo ambiente. Ma,<br />
a differenza di molti altri, egli deve cercare la<br />
verità fattuale, unico suo concreto aiuto nel<br />
compito di suggerire i modi migliori per aumentare<br />
la felicità dei viventi. Né alla politica<br />
né alla religione, che dichiarano di possedere<br />
la “verità” attraverso l’ideologia o la fede,<br />
dovrà permettere di distoglierlo da detto<br />
compito.<br />
Il realismo di Eraclito e l’assolutismo di Parmenide<br />
IL RELATIVISMO NACQUE PRIMA DI QUALSIASI RELIGIONE<br />
La frase di Eraclito “Nello stesso fiume non è possibile entrare due volte” fa stare dalla sua parte<br />
ove nulla pretende d’essere vero in sé. Il divenire rende impossibile un’identità precostituita,<br />
fissata in una definizione astratta, univoca. Noi non riusciamo a dare una definizione<br />
chiara e distinta neppure di noi stessi, essendo il nostro pensiero soggetto ai mutamenti<br />
delle circostanze: perché mai dovremmo essere così schematici nei confronti della realtà?<br />
L’universo ci sovrasta infinitamente. Non è cosa che possa essere “interpretata” più di<br />
quanto non possa essere semplicemente “contemplata”. “Il mondo di fronte a noi - il medesimo<br />
per tutti i mondi - (diceva Eraclito) non lo fece nessuno degli dèi né degli uomini, ma fu sempre, ed<br />
è, e sarà fuoco sempre vivente, che divampa secondo misure e si spegne secondo misure“. Da <strong>questo</strong><br />
semplice aforisma si può facilmente capire che Eraclito aveva ereditato l’ateismo spontaneo,<br />
ingenuo, antecedente a qualunque speculazione filosofica e religiosa: l’ateismo e il naturalismo<br />
dell’uomo primordiale, che si sentiva integrato nel cosmo in maniera naturale,<br />
senza dover compiere “viaggi spaziali”, né con la mente né con la tecnologia.<br />
Il primo filosofo che ha reso autoritario, esclusivista e in fondo razzista tutto il pensiero europeo<br />
è stato Parmenide, il nemico n. 1 di Eraclito, quello secondo cui l’identità rende impossibile<br />
il divenire. Eraclito fu accusato d’essere indifferente alla verità, perché col suo<br />
relativismo rendeva tutto possibile. E, così dicendo, si è fatta della verità un qualcosa di<br />
fisso, di dogmatico, quando invece l’unica cosa certa che abbiamo a disposizione è proprio<br />
il divenire dell’essere umano, la formazione progressiva del suo essere.<br />
“Dato che tutto diviene, nulla è“, diceva con grandissimo acume Eraclito, ponendo in essere<br />
il compito di valorizzare la differenza, cioè quanto ci appare di diverso rispetto alla nostra<br />
identità. L’identità non è data da se stessa - come invece sostengono i credenti, i fanatici, gli<br />
ideologi - ma è data dal suo rapporto con la differenza. Per poter “essere” bisogna prima<br />
mettersi in rapporto a qualcosa, a qualcuno.<br />
La filosofia di Eraclito, che risultò sconfitta nella storia, era a favore del pluralismo, pur essendo<br />
egli un aristocratico di estrazione sociale. Quella parmenidea invece, col suo famoso<br />
principio: “l’essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere”, è la filosofia della<br />
presunzione, dell’intolleranza.
Per sapere cosa ho detto, dovrei sapere che<br />
cosa è dio, ma davve ro non lo so. Nessuno lo<br />
sa. L’idea di dio è irrappresentabile. Si intelligis,<br />
non est Deus: se ti sembra di capirlo, non<br />
è dio. E dunque nessuno, quando dice “io<br />
credo in Dio”, sa che cosa sta dicendo. In realtà,<br />
se chiedete a quelli che dicono senza imbarazzo<br />
“io credo in Dio”, loro qual che cosa<br />
su dio ve la diranno. Gli attribuiranno delle<br />
qualità: l’essere perfettissimo, onnipotente,<br />
onnisciente, infinitamente buono, ecc. Di<br />
certo questi attributi contribuiranno a distingue<br />
re dio da qualsiasi cosa o persona di cui<br />
abbiamo esperienza: niente è così. Però sapere<br />
che dio non è niente che noi conosciamo<br />
non basta per sapere che cosa potrebbe essere<br />
dio; anzi.<br />
Sappiamo che cosa significa “dio”?<br />
Non per caso, la maggior parte degli attributi<br />
di dio sono in comprensibili. Posso dire che è<br />
eterno, ma non so cosa signifi chi. Come si fa<br />
a capire che cosa significhi esistere da sempre?<br />
Meno ci si prova, e più sembra facile;<br />
ma se ci si con centra un momento, e si prova<br />
a immaginare un tempo infinito, ci si accorge<br />
che l’eternità non si lascia conce pire. E nemmeno<br />
l’esistere di qualcosa che non è mai<br />
stato causato da nulla. Niente di ciò che conosciamo<br />
si mostra eterno e incausato,<br />
quindi dire che dio lo è significa dire che dio<br />
non è come le altre cose che esistono.<br />
Posso dire che dio è onnipotente, ma se ci<br />
penso tre minuti mi accorgo che non so cosa<br />
significhi: un essere onnipotente ha potere<br />
sul passato? Può far sì che non sia mai avve-<br />
Automatismi vs consapevolezza<br />
RELIGIONI<br />
Credere in dio è un concetto o una frase?<br />
di Edoardo Lombardi Vallauri, prof. di Linguistica università Roma Tre<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Proverò a dire che credo che esiste dio: Io credo che esiste Dio.<br />
Che cosa ho detto? A ben guardare, non lo so.<br />
nuto un evento, quando è già avvenuto? E ha<br />
potere sulla logica? Può far sì che A sia non-<br />
A? E sulla matematica? Può far sì che 2 + 2<br />
non faccia 4?<br />
Posso dire che dio è uno e trino, ma non so<br />
che co sa voglia dire. Non banalmente che sia<br />
divisi bile in tre parti, ma che ciascuna parte<br />
coincide senza residui con il tutto! Questo è<br />
così assurdo da essere inconcepibile all’uomo.<br />
E’ facilissimo dirlo, cioè è facilissimo<br />
usare i polmoni, la bocca e la lingua per pronunciare<br />
i suoni: dioèunoetrino, ed è impossibile<br />
sapere che cosa signi fichi.<br />
E’ vero che sappiamo pronunciare parole<br />
come eterno, onnipotente, infinitamente buono,<br />
trinità; ma poi non sappiamo che cosa significhino.<br />
Il fatto che i meccanismi della lingua<br />
permet tano di creare queste parole non deve<br />
trarci in inganno: non è affatto detto che esse<br />
debbano avere un significato comprensibi le.<br />
Nelle lingue si possono creare parole a piacere.<br />
Il permesso di creare una parola non<br />
viene dal fatto che essa abbia davvero un<br />
senso compiuto, né dal fatto che esista davvero<br />
ciò che quella parola significa e descrive.<br />
La parola viene creata, e ba sta. E’<br />
successo con kryptonite, basilisco, Giunone,<br />
Sandokan, i marziani, le convergenze parallele, e<br />
innumerevoli altre. Rispetto ai nomi, con gli<br />
aggettivi e i verbi è più difficile accorgersi<br />
che non esiste un correlato oggettivo della<br />
paro la, ma certamente ci sono aggettivi e<br />
verbi il cui significato è misterioso. Molti di<br />
questi, appunto, esistono nella lingua solo<br />
perché sono stati coniati per parlare di dio o<br />
di cose simili.<br />
h NONCREDO h 15<br />
33
h NONCREDO h 15<br />
34<br />
RELIGIONI<br />
Sappiamo che cosa significa “credere”?<br />
Uno degli esempi migliori è proprio il verbo<br />
credere. Se u sato nel suo senso banale, significa<br />
più o meno “ritenere qualcosa probabile,<br />
verosimile, ma nient’affatto certo, di solito<br />
perché se ne hanno informazioni insufficienti”.<br />
Per esempio: credo che domani pioverà.<br />
Invece quando il verbo è usato per le “verità<br />
di fede”, la convinzione di chi lo adopera è<br />
piuttosto che credere abbia il senso di “essere<br />
certi”. Eppure queste “verità” sono cose di<br />
cui non sappiamo niente. La nostra certezza<br />
non è come quella che di solito si chiama<br />
così. Io ho certezza che se fornisco calore a<br />
un oggetto la sua temperatura salirà; ho certezza<br />
che, avendo definito i nu meri naturali<br />
e le operazioni aritmetiche, 2 più 2 fa 4; e ho<br />
cer tezza che se lascio andare un’incudine che<br />
si trova sulla verti cale del piede di Carlo,<br />
Carlo soffrirà. Su <strong>questo</strong> tipo di cer tezze, a<br />
fondamento empirico e razionale, esigiamo<br />
che si basino le decisioni più accurate che<br />
prendiamo. Per esempio, i verdetti processuali,<br />
oppure la scelta di pagare la prestazione<br />
di uno specialista o di un fornitore di<br />
servizi. Non prenderemmo mai decisioni del<br />
genere sulla base di “certezze” fondate in<br />
maniera vaga e indefinibile come quella certezza,<br />
chiamata “fede” o “credere”, che pure<br />
professiamo riguardo a dio, all’inferno, al<br />
paradiso, al diavolo, alla transustanziazio ne,<br />
e simili. Storicamente, le cose sono cambiate.<br />
Un tempo si condannavano uomini basandosi<br />
su <strong>questo</strong> genere di certezze, e i giudizi<br />
di dio avevano valore di prova. Oggi abbiamo<br />
messo a fuo co (nel senso buono) che si<br />
tratta di certezze di generi diversi, non confrontabili.<br />
Che tipo di certezza abbiamo del<br />
fatto che l’ostia durante la consacrazione diventi<br />
il corpo di Cristo? Neanche sap piamo<br />
in che senso lo diventi, perché una cosa sola<br />
è chiara: non lo diventa nel comune senso del<br />
verbo diventare. Né con corpo di Cristo si intende<br />
ciò che di solito si intende con corpo di<br />
Ti zio, o corpo di Caio. In realtà, nessuno sa che<br />
cosa si intenda in <strong>questo</strong> caso con la parola<br />
corpo.<br />
Riassumendo, benché il verbo usato sia credere,<br />
quando si dice credo in Dio, nella vita<br />
eterna, nella transustanziazione si ritiene di<br />
esprimere un qualche tipo di certezza. Ma<br />
sono cose per le quali la certezza vera e propria<br />
è fuori luo go, e che giustificano piuttosto<br />
verbi come sperare, ipotizzare, preferire, scommettere.<br />
Non si può dire con precisione che<br />
cosa il verbo credere significhi quando diciamo<br />
“credo in Dio”, anche perché il suo senso<br />
cambia da momento a momento per la stessa<br />
persona. In certi momenti sarà più vicino a<br />
una sensazione di evidenza, in altri a una speranza,<br />
in altri lambirà la sfiducia, in altri ancora<br />
uno slancio vo lenteroso, quasi un<br />
impegno, e così via.<br />
Insomma, per la parola credere quasi quanto<br />
per la parola dio, la verità è che quando la sentiamo<br />
pronunciare da qualcuno non possiamo<br />
sapere che cosa egli intenda, perché noi non<br />
sappia mo esattamente che cosa intendiamo<br />
quando la usiamo. E neanche lui.<br />
Vaghezza e retorica<br />
L’uso di termini dal senso vago o addirittura<br />
non identificabile è un procedimento retorico,<br />
che crea l’impressione di tro varsi di fronte a<br />
del significato, quando di significato in realtà<br />
ce n’è pochissimo. Di <strong>questo</strong> procedimento<br />
non bisogne rebbe abusare, se si preferisce la<br />
verità alla menzogna e alla mistificazione.<br />
Ma ammettiamo pure che ciascuno abbia una<br />
vaga idea, o per lo meno delle sensa zioni, associate<br />
alla frase io credo che esiste Dio. Data<br />
l’estrema vaghezza di queste sensazioni, in<br />
pratica non è possibile con frontarle in maniera<br />
accurata con quelle degli altri. E forse è<br />
per <strong>questo</strong> che di fatto nessuno ci tiene a confrontarle.<br />
Chissà quante volte vi hanno chiesto:<br />
tu credi in Dio?. Su tutte quelle in cui avete<br />
risposto sì, quante volte vi è stato chiesto: e che<br />
cosa intendi con Dio?. Oppure: e cosa intendi con<br />
“credere”?. Tipicamente chi ha fatto la domanda<br />
si accontenta che rispondiate sì, e non<br />
gli interessa se con Dio e credere intendete<br />
qualcosa di simile a ciò che inten de lui, o no.
Perché il contenuto non interessa<br />
Questo atteggiamento così diffuso ha una<br />
causa precisa. Che cosa è accaduto quando<br />
io ho detto credo che esiste Dio, se ciò che ho<br />
detto non ha un preciso significato? Anche io<br />
non ho nessuna garanzia che il mio prossimo<br />
quando dice credo in Dio intenda qualcosa<br />
che somiglia a ciò che intendo io. Dunque,<br />
ciò che accomuna tutti coloro che dicono<br />
credo in Dio non è tanto il contenuto di ciò che<br />
dicono, ma la forma. La forma sì. Quella sì<br />
che è simile. E ha un altro vantaggio: è perfettamente<br />
osservabile, sta sotto gli occhi e<br />
nelle orecchie di tutti.<br />
Ecco perché, quando rispondiamo di sì, vediamo<br />
l’altro completamente appagato. In realtà<br />
non vuole sapere che cosa chiamiamo<br />
“dio”, né di che natura sia realmente la nostra<br />
adesione a quell’idea: gli ba sta sapere<br />
che noi pronunciamo la frase. Appena la pronunciamo<br />
la riconosce, sa che è la stessa frase<br />
che pronuncia lui, evita di chiedersi (o di<br />
chiederci) se ha lo stesso significato, e va via<br />
contento annoverandoci fra quelli come lui. Questo<br />
è il punto. Questa è la risposta alla domanda<br />
Che cosa è accaduto quando ho detto che<br />
credo in Dio?. E’ accaduto che ho fatto una dichiara<br />
zione di appartenenza. Del tutto indipendentemente<br />
dal significa to che in quel<br />
momento possono assumere dentro di me<br />
quelle paro le, un risultato è conseguito con<br />
certezza: io mi sono collocato fra coloro che pronunciano<br />
quella frase. Non sono di quelli che<br />
dicono: “io non credo in dio”, e nemmeno di<br />
quelli che dicono “io credo in Allah e nel paradiso<br />
delle vergini Uri”, né di quelli che dicono<br />
“credo in Kalì e nella reincarnazione”.<br />
Sono an ch’io di quelli che “credono in Dio”.<br />
Sono della stessa squadra. Questo è proprio<br />
certo, nel senso vero e forte del termine, come<br />
il dolore di Carlo al cadere dell’incudine sul<br />
suo piede.<br />
Dire tutti la stessa frase<br />
E que sto interessa alla maggior parte di coloro<br />
che dicono “io credo in Dio”. E’ un modo<br />
RELIGIONI<br />
per dichiarare a che gruppo si appartiene,<br />
per sentirsi parte di un insieme numeroso e<br />
orga nizzato di persone. E consente di sentirsi<br />
giusti in maniera automatica. Più angoscioso<br />
è riconoscerci unici, e quindi soli, nella nostra<br />
irrimediabile e meravigliosa diversità da ogni<br />
altro esse re umano. Se riconoscessimo che il<br />
contenuto e il modo del no stro credere non è<br />
davvero confrontabile con ciò che dicono gli<br />
altri, saremmo costretti a riesaminarlo, a cercare<br />
incessantemen te di verificare se ciò che<br />
crediamo ha delle valide giustifica zioni, se va<br />
migliorato, se è vero o no.<br />
E’ più comodo, ma non è buono (e non è<br />
nemmeno evangelico) il sostanziale disinteresse<br />
alla verità, per quanto complessa sia. La<br />
tendenza a ripor re la propria giustificazione<br />
nell’appartenenza a un gruppo diventa un<br />
modo per non cercare dentro di sé le ragioni<br />
delle cose che crediamo e che sce gliamo. Pronunciando<br />
la scorza di frasi vuote ci si procura<br />
l’appartenenza. Sono come parole<br />
d’ordine, di cui non conta il significato, ma<br />
solo pronunciarle correttamente e al momento<br />
giusto, per circondarsi idealmente di<br />
tutti gli altri che “credono” le stesse “cose”<br />
che “cre diamo” noi. Appagati, protetti dai<br />
morsi della realtà, si può smettere di domandarci<br />
che cosa crediamo sul serio, che cosa sul<br />
serio credono gli altri, e che cosa, poi, sia<br />
vero.<br />
Il criterio corrente per identificare un cristiano<br />
E’ sorprendente quanto il pronunciare quella<br />
frase sia considerato da tutti il vero criterio<br />
per sapere se una persona è cristiana. Da<br />
quando esiste il cristianesimo, l’insieme dei<br />
cristiani è sempre stato individuato nell’insieme<br />
di quelli che dicono io credo nel dio di<br />
Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo, e<br />
non nell’insieme di quelli la cui vita somiglia<br />
alla vita di Gesù. Molti che non somigliano a<br />
Gesù sono considerati cristiani perché dicono<br />
in pubblico quella frase. E molti che somigliano<br />
a Gesù non sono cristiani perché<br />
quella frase non la pronunciano.<br />
h NONCREDO h 15<br />
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36<br />
RELIGIONI<br />
non so<br />
cosa è “Dio”<br />
non so che tipo<br />
di conoscenza<br />
della verità è<br />
“credere”<br />
mi sono<br />
posizionato fra<br />
coloro che<br />
pronunciano la<br />
frase: credo che<br />
esiste Dio<br />
so<br />
cosa è “Dio”<br />
ho deo qualcosa<br />
ma non so cosa<br />
né su cosa<br />
dico:<br />
credo che esiste Dio<br />
non so<br />
cosa è “Dio”<br />
so che tipo<br />
di conoscenza<br />
della verità è<br />
“credere”<br />
ho deo qualcosa<br />
su come secondo<br />
me è fao il mondo<br />
so<br />
cosa è “Dio”
Analisi delle componenti delle credenze<br />
RELIGIONI<br />
Materialismo e spiritualismo nelle religioni<br />
Tipi di religione.<br />
Per quanto non ci sia religione che non rivendichi<br />
consistenza spirituale al proprio divino,<br />
nel senso di immaterialità, da un punto<br />
di vista gnoseologico a leggere attentamente<br />
i vari testi sacri e le dottrine che ne derivano<br />
si costata un discrimine netto. Vi è il monoteismo<br />
che include fini materiali, sociologici<br />
e politici, vi è l’ascetismo orientale che richiede<br />
invece la rinuncia ad essi, considerati<br />
corruttivi della liberazione dalla materia. È<br />
ben vero che nella dialettica religiosa nel<br />
corso del tempo appaiono o scompaiono, si<br />
radicano o sfumano, tendenze secondarie<br />
che si oppongono alle linee dottrinarie principali;<br />
resta il fatto che è possibile suddividere<br />
le dottrine religiose in tre gruppi. 1°,<br />
religioni dove il divino crea la materia, la ordina,<br />
ne dispone e fonda un potere religioso su<br />
base umana; 2°, religioni dove il divino prescinde<br />
dalla materia; 3°, religioni che in qualche<br />
modo identificano il divino con la<br />
natura. Siccome in tutti e tre i tipi il divino è<br />
intelligenza assoluta, ciò che li distingue è l’attributo<br />
della potenza infinita, assiomatico nel<br />
1° tipo, assente nel 2° e nel 3°.<br />
Creazione.<br />
Si tratta ora di interpretare correttamente il<br />
concetto di potenza infinita o onnipotenza.<br />
L’espressione indica una capacità creativa e<br />
trasformativa che si traduce in un “fare”<br />
come attuazione fenomenica di un sapere/potere.<br />
Ma, l’esito del “fare”, il “fatto”,<br />
di Carlo Tamagnone, filosofo<br />
si qualifica come costituito di materia, non di<br />
spirito, essendo l’universo materia e materia<br />
vegetali ed animali. Anche spermatozoi e<br />
uova sono materia; di anima spirituale non<br />
c’è traccia, c’è solo soffio vivificante “alla<br />
greca”. Il fatto di creare materia e affidare<br />
alla materia stessa il compito di riprodursi significa<br />
che essa è “propria” di dio e non<br />
estranea ad esso. Il dio della Bibbia vorrebbe<br />
essere spirito, ma include la materia come<br />
“sua” espressione. Vedendo poi nel cristianesimo<br />
la materia come il regno dal male, si<br />
dimentica che il male stesso (l’angelo ribelle)<br />
è creatura di dio e ne dipende quale selettore<br />
della fede umana. Se Dio ha creato la materia,<br />
e già il paradiso terrestre era materia, ciò<br />
significa che essa deve inerirlo. Il fatto stesso<br />
che nell’escatologia monoteista l’assunzione<br />
in paradiso implichi il recupero del corpo, significa<br />
che la beatitudine divina vede l’anima<br />
del beato unita ad una materia. Dunque, siccome<br />
il paradiso deve contenere corpi, esso<br />
ha caratteri di materialità.<br />
Monoteismi materialistici.<br />
Su tale punto nasce il discrimine tra i monoteismi<br />
e i panenteismi. Ricordo che panteismo<br />
significa dio-nel-tutto e panenteismo<br />
tutto-in-dio; nel primo caso dio è nel mondo, nel<br />
secondo caso il mondo va a dio e l’uomo ha il<br />
compito di condurcelo (o riportarcelo). Perciò<br />
il panteismo stoico è materialistico mentre<br />
il panenteismo di Plotino è spiritualistico<br />
e anche quello di Spinoza (nell’Etica: dio =<br />
pensiero). Anche ad una superficiale lettura<br />
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38<br />
RELIGIONI<br />
del testo-chiave dei monoteismi, il Pentateuco,<br />
ci si accorge subito che le tre principali<br />
categorie dell’agire divino sono: a) comandi e<br />
b) investiture, a cui l’uomo risponde con l’ubbidienza,<br />
controparte attiva dell’investituraelezione.<br />
L’adempimento ai comandi concerne:<br />
1°, movimenti spaziali (trasferimenti e connessi,<br />
raggiungimento di luoghi, costruzione<br />
d’altari, sacrifici, ecc.). Il 2° tipo di adempimenti<br />
consta nella conquista e nell’assoggettamento<br />
degli adoratori di dèi-falsi. Gli eletti<br />
“devono” dunque dominare il mondo materiale<br />
e gestirlo in nome del dio-vero, impegnandosi<br />
ad assoggettare i credenti negli<br />
dèi-falsi sino alla vittoria finale. Vittoria che<br />
dio stesso favorirà con operazioni di tipo<br />
“materiale” (aprire un varco nel mare, fermare<br />
il sole, ecc.). Dominio sul mondo innome-di-dio:<br />
questa l’alleanza divino-umano.<br />
Panenteismi spiritualistici.<br />
Tra le religioni del 2° tipo possiamo citare il<br />
Vedànta indiano, nei termini posti da Gaudapàda<br />
e poi da Shankara nell’VIII sec. Il vedàntismo<br />
vede il divino come spirito assoluto<br />
avente in sé fusi il Brahman vedico (principio<br />
cosmico) e l’Àtman upanishadico (anima<br />
del mondo). La materia non esiste e solo appare<br />
ad opera della Maya, l’illusione ingannatrice.<br />
Essa fa apparire il mondo materiale da<br />
cui il fedele deve liberarsi. Nel janinismo l’obbiettivo<br />
ascetico è raggiunto mortificando le<br />
proprie esigenze materiali, sicché il digiuno<br />
e la castità sono mezzi consigliati, ma soprattutto<br />
va praticata la non-violenza<br />
(l’ahimsà) e il rispetto della vita in ogni sua<br />
forma. Anche nel buddhismo la liberazione<br />
dalla materia è il fine primario, riconoscere<br />
l’illusione mondana, mortificare il proprio io<br />
e annullarlo, significa smaterializzarsi e conseguire<br />
l’illuminazione per arrivare al nirvana.<br />
Natura-Spirito.<br />
Religione del 3° tipo è il Taoismo, che vede<br />
in una natura spiritualizzata, il Dao, una realtà<br />
primaria increata che ritorna sempre a se<br />
stessa, ma che presenta una dualizzazione<br />
tra i principi maschile (Yang) e femminile<br />
(Yin) per unione dei quali deriva la moltitudine<br />
dei suoi aspetti differenziati costituenti<br />
la natura. Tutta questa differenziazione però<br />
ritorna ciclicamente nell’unità primaria del<br />
Dao in attesa della prossima differenziazione.<br />
Siccome il dao come forza cosmica originaria<br />
e la natura come sua espressione sono<br />
armonia, il fine del fedele è sintonizzarsi con<br />
tale armonia e viverla in sé. Per conseguire<br />
ciò è fondamentale praticare il wu-wei,<br />
l’astensione dal danneggiare in alcun modo<br />
tale armonia cosmica, rispettandone ogni<br />
suo minimo aspetto. In termini etici, praticare<br />
il wu-wei significa integrarsi con la natura,<br />
stare lontani da ogni forma di potere<br />
politico, praticare la modestia, la mitezza,<br />
l’altruismo e la tolleranza.<br />
Il potere.<br />
Per quanto scarni, dagli elementi visti ciò che<br />
emerge è la violenza insita nel messaggio biblico,<br />
che concede all’uomo il dominio sul<br />
mondo e la sua gestione a piacere (Genesi, I,<br />
26-30). Non basta, dio “ordina” agli eletti di<br />
assoggettare e sterminare i nemici che credono<br />
in falsi-dèi (Deuteronomio, 20, 10-18). Il<br />
principio politico che il fine (il trionfo della<br />
volontà divina) giustifica i mezzi (la violenza)<br />
ha caratterizzato dal più al meno i monoteismi.<br />
In definitiva la volontà divina affida al<br />
fedele il potere di imporre la sua volontà non<br />
sulle anime, bensì sui corpi. In tutto il Pentateuco<br />
(opera di Mosè?) non c’è traccia del<br />
concetto di anima spirituale ma tutto è corpo,
assoggettamento di corpi, sacrificio di corpi,<br />
utilizzazione di ogni elemento materiale in<br />
nome del crescete e moltiplicatevi per dominare<br />
il mondo. Un’incitazione alla violenza sul<br />
mondo che è prodromica al suo sfruttamento<br />
al limite della distruzione. Nulla di tutto<br />
<strong>questo</strong> negli spiritualismi panenteistici orientali.<br />
Con ciò non intendo affatto sostenere<br />
che il monoteismo sia sempre materialista e<br />
violento, intendo dire che esso è costitutivamente<br />
materialista e violento.<br />
Materialismo e rozzezza.<br />
Se noi leggiamo prima la Bibbia e poi andiamo<br />
a leggere le Upanishad già noteremo<br />
un abisso nel modo in cui sono visti il mondo<br />
e l’uomo. In esse non c’è nessuna divinità che<br />
comandi azioni di sopraffazione per conseguire<br />
dominio sui corpi, ma esclusivamente<br />
ascesi personale verso il divino annullando<br />
il proprio corpo. Se poi si passa al Tao-Te-<br />
ERRATA-CORRIGE<br />
RELIGIONI<br />
Ching ci si troverà di fronte a un libro sacro<br />
pervaso di spiritualità e di principi etici opposti<br />
a quelli biblici. In questi si dà potere e<br />
si giustifica la violenza, nel Tao-Te-Ching si<br />
esalta la mitezza e il rispetto di una natura<br />
divina e perfetta, quindi da non violare. Vi è<br />
poi l’aspetto narrativo; anche gli spiritualismi<br />
panenteistici “narrano” ma in termini<br />
differenti. Non la storia di una creazione e<br />
l’investitura dell’uomo come re del creato,<br />
ma un farsi dell’armonia cosmica, dove il<br />
male sta nella violenza su di essa mentre per<br />
i monoteismi il male sta nel far peccato. La<br />
narrazione biblica è scansione temporale di<br />
fatti materiali: la creazione in sei giorni, la<br />
donna fatta con un pezzo dell’uomo, la mela<br />
e il serpente, la cacciata. Tutta la narrazione<br />
biblica è fatta di rozzezze materialistiche,<br />
mentre la letteratura dei panenteismi orientali<br />
implica la liberazione dalla materia e<br />
l’ascesa allo spirito.<br />
Ci spiace che un cambio di logistica editoriale abbia provocato involontariamente delle<br />
imprecisioni nel volume n.14. Scusandocene, preghiamo i lettori di voler tener conto delle<br />
seguenti correzioni:<br />
Pag. 223 la frase alla sommità della pagina va seguita dalla firma “B.Obama”<br />
Pag. 224 il cognome Carcano va preceduto dalla iniziale R.<br />
Pag. 232 nella qualifica dell’autore va eliminata la virgola<br />
Pag. 255 la frase tra parentesi nel titolo va letta “sinite parvulos”<br />
Pag. 314 la frase “Caro Papà...” deve essere letta “Caro Papa...”<br />
h NONCREDO h 15<br />
39
h NONCREDO h 15<br />
40<br />
RELIGIONI<br />
Equivocità delle parole<br />
Laicità o laicismo?<br />
di Carlo Tamagnone, filosofo<br />
Il linguaggio filosofico pullula di ambiguità terminologiche, non meno quello sociologico e più ancora<br />
quello corrente. Le parole assumono significato esclusivamente in riferimento a un contesto<br />
d’origine, qualche volta a una nicchia di significazioni prive di senso al di fuori. Noi anneghiamo<br />
nelle parole e nello stesso tempo senza parole non ci sono significati. Questa premessa riguarda<br />
anche una distinzione non sempre còlta tra laicità e laicismo e quindi tra laico e laicista.<br />
La laicità è religiosa.<br />
Chiariamo una volta per tutte l’origine dell’aggettivo laicus e il derivato laicitas. Il primo s’afferma<br />
nella prima metà del XIII secolo per distinguere il non-consacrato dal sacro, e nasce dal greco attico<br />
laόs (= popolo), da cui laikόs (= del popolo) e da cui laicum (= popolano) 1 . Nella messa l’officiante è<br />
consacrato, il fedele che assiste no. L’iconostasi delle basiliche protocristiane divideva “realmente” i<br />
chierici dai fedeli, il sacerdotale dal laico, il primo accessibile solo ai preti. Il laico è dunque il fedele<br />
che partecipa al rito ma (non avendo preso i voti di castità, povertà e obbedienza) non possiede la<br />
sacralità per accedere all’area sacra e deve starne aldiquà.<br />
La noncredenza è laicismo.<br />
Essendo le parole laico e laicità religiose non si devono usare per ciò che religioso non è. Qualificare<br />
laico un noncredente a qualsiasi indirizzo appartenga (ateo, agnostico, scettico, miscredente ed anche<br />
semplicemente incredulo 2 ) è grave errore semantico. Come mai si fa questa confusione a cui spesso<br />
i noncredenti stessi concorrono con l’uso improprio dei termini? Penso che la ragione principale stia<br />
nel fatto che è invalsa una certa diffidenza nei confronti degli –ismi, diffidenza nata proprio in ambito<br />
religioso per indicare l’antireligioso: Illuminismo, Comunismo, Agnosticismo, Laicismo, ecc. Subliminalmente<br />
ciò è assorbito da molti noncredenti che non amano definirsi laicisti pensando che<br />
l’aggettivo laici sia più soft, senza riflettere sul fatto che significa tutt’altra cosa. Gli –ismi sono noncristiani,<br />
infatti si dice Cristianesimo, Protestantesimo e Cattolicesimo ed invece Buddhismo, Induismo,<br />
Islamismo.<br />
Il laicismo come libertà dal divino.<br />
Laicismo è libertà metafisica. Il metafisico è oltre-il-fisico, ne è origine e fondamento, crea il fisico come<br />
propria apparenza (Platone), sua modificazione (Spinoza), impermanenza (Buddha). Il fisico è l’inconsistente,<br />
l’insostanziale, l’ingannevole. Secondo i metafisici del fisico bisogna liberarsene per ascendere<br />
al reale, al sostanziale, allo stabile (anzi eterno), al “vero”. Che <strong>questo</strong> reale-sostanziale-vero si<br />
chiami Dio, Essere, Lόgos, Assoluto, Dharma non fa differenza. L’alternativa laicità/laicismo è quella<br />
metafisico/fisico dove il laico “dipende” dal metafisico-divino e il laicista no. Ma attenzione! Anti-metafisico<br />
non significa necessariamente materialista! Gli Stoici erano materialisti, ma credevano nel<br />
Dio-Lόgos. Si può essere anti-metafisici ed ammettere l’extra-fisico, pensando per esempio che la<br />
poesia dell’ateo Leopardi non sia fatta da inchiostro e carta, ma da “qualcos’altro”.<br />
1 De Mauro, Dizionario della lingua italiana, Torino, Paravia 2000, p.1332.<br />
2 Si veda: Noncredo, n° 1, settembre/ottobre 2009, pp.12-13.
RELIGIONI<br />
Un chiarimento culturale e una rispettosa risposta a Ratzinger<br />
________________________________________________________________________________________<br />
La scienza e la filosofia moderna stanno cambiando il mondo: sempre meno metafisica, sempre più concretezza<br />
e con quest’ultima sempre maggior responsabilità umana nelle cose. Questa che segue è un’escursione rapida nei<br />
cambiamenti pratici e teorici del ‘900 con attenzione verso le “punte” dell’impegno intellettuale. Lo scritto si<br />
conclude con il confronto fra relativismo moderno e chiesa romana.<br />
Il relativismo moderno<br />
non nasce<br />
da teorie, ma da<br />
fatti. La scienza,<br />
da fine ‘800, ha<br />
dimostrato che<br />
non possono esistere<br />
certezze. E’<br />
uno smacco per coloro che, a partire dagli Illuministi,<br />
hanno creduto di poter sostituire<br />
l’idolo religioso con quello scientifico, di<br />
poter eliminare la credenza metafisica con<br />
l’oggettività, ponendo la seconda sullo stesso<br />
piano psicologico della prima. Le ricerche<br />
scientifiche, sollecitate dal nuovo mondo industriale,<br />
condussero a risultati inaspettati.<br />
Sintetizzando al massimo, determinante per<br />
la visione del mondo fu la figura di Planck<br />
che, con la sua “meccanica quantistica” (ripresa<br />
da Bohr, da Einstein e da altri), dimostrò<br />
l’impossibilità di prevedere le mosse del<br />
mondo subatomico e quindi anche quello del<br />
mondo normale, dipendente dal primo. Seguirono<br />
due fenomeni sconcertanti, entro la<br />
prima metà del ‘900: quello che si riferisce al<br />
principio d’indeterminazione di Heisenberg<br />
e quello sull’incompletezza delle teorie matematiche<br />
di Goedel. Sono due fenomeni verificabili<br />
all’interno di un sistema e quindi,<br />
correttamente, non esportabili, ma la loro<br />
suggestione filosofica fu incontenibile e<br />
portò, col tempo, a demolire ogni forma di<br />
Il relativismo moderno<br />
di Dario Lodi, saggista<br />
determinismo.<br />
Una nuova accademia<br />
La ricerca coraggiosa, tesa non a contestare<br />
il passato, ma a correggerlo per migliorarlo<br />
(salvo, poi, travolgerlo), favorì il pensiero coraggioso.<br />
Entrano in gioco i filosofi. Una<br />
linea ideale, per il tentativo di chiarificazione<br />
del nostro tema, parte da Husserl che raccomanda<br />
la sospensione del giudizio, dell’opinione<br />
(epochè), suggerendo approfondimenti<br />
instancabili della realtà; continua con Heidegger,<br />
il quale tenta di nobilitare la vecchia posizione<br />
romantica consistente nella<br />
valorizzazione intera dell’uomo e non di una<br />
sua parte, così come era in atto nel mondo industriale:<br />
questa nobilitazione logicizzata<br />
consentirebbe all’uomo di andare oltre se<br />
stesso per ritrovare se stesso, quello autentico<br />
(c’è non poca fenomenologia dello spirito<br />
di Hegel in Heidegger, ma senza<br />
idealismo, bensì con intenti di concretezza);<br />
prosegue con Wittgenstein, un maestro di logica<br />
che ebbe la forza di contestarla, perché<br />
sovrastimata la sua classicità. Wittgenstein,<br />
in buona sostanza, vuole arrivare ad una logica<br />
più impegnata, più libera da qualsivoglia<br />
costrizione convenzionale. A <strong>questo</strong><br />
punto, è indispensabile recuperare un pioniere.<br />
Max Scheler.<br />
Qualche decennio prima, Scheler diceva che<br />
h NONCREDO h 15<br />
41
h NONCREDO h 15<br />
42<br />
RELIGIONI<br />
la conoscenza umana attuale era frutto di<br />
luoghi comuni, di pigrizia e di individualismo.<br />
Per dimostrarlo, citava una favola indiana.<br />
Eccola in due parole: Ad un gruppo di<br />
ciechi venne chiesto di descrivere l’elefante<br />
che era stato portato lì. I ciechi presero a toccarlo<br />
e in base alle sensazioni provate, ciascuno<br />
descrisse l’animale. Non ne venne una<br />
visione comune. Scheler commenta: se prima<br />
di descrivere l’animale, i ciechi si fossero consultati<br />
e avessero condiviso le loro opinioni,<br />
probabilmente la resa finale sarebbe stata più<br />
vicina alla realtà. Scheler è benemerito anche<br />
per la teoria per cui l’uomo non agisce solo<br />
con immantinenza, ma le sue azioni rispondono<br />
anche a spinte ontologiche (proprie<br />
dell’essere archetipico). Tutte queste cose sfociano,<br />
poi, nel pensiero debole del nostro<br />
Vattimo (con lieve richiamo a Kant), concepito<br />
per sollecitare il pensiero a rafforzarsi<br />
non per condannarlo alla debolezza: Vattimo,<br />
sfiduciato dalla grossolanità del<br />
mondo materialista, ben lontano dalla filosofia<br />
e pericolosamente irresponsabile, con<br />
un futuro in forte odore di decadenza, avrà,<br />
lui marxista, una notevole virata a favore<br />
della trascendenza cristiana; ma questa virata<br />
è testimonianza di una perplessità intellettuale,<br />
di sfiducia nei confronti<br />
dell’intelligenza umana è quasi un gesto rabbioso,<br />
apotropaico, non una incoerenza. Più<br />
fiduciosi nell’uomo appaiono Lyotard, Derrida,<br />
Popper, nonché Levy-Strauss ed altri<br />
campioni della dignità umana, fra cui Chomsky<br />
e Smuts.<br />
“Ismi moderni”<br />
Lo strutturalismo linguistico di De Saussure,<br />
poi di Hjemsleves, di Trubeckoy ed altri si<br />
basa su una presunta struttura mentale originale,<br />
da cui si sviluppa un protagonismo<br />
definito a priori: vale a dire, la struttura presunta<br />
risponde a schemi storicizzati caratterizzati<br />
da una certa sudditanza psicologica<br />
dell’uomo nei confronti della realtà. De Saussure,<br />
in particolare, è uno studioso che si<br />
concentra sulla dinamica linguistica, senza<br />
curarsi troppo degli effetti esterni. Tutto <strong>questo</strong><br />
risponde a regole positivistiche specifiche,<br />
sorte per sistemare la conoscenza e per<br />
ripartire eventualmente su basi nuove. D’altra<br />
parte, De Saussure è ancora imbevuto di<br />
spirito ottocentesco; quando muore, Heisenberg<br />
e Goedel sono nati da poco, mentre la<br />
teoria di Planck è ancora in discussione. Il fenomeno<br />
strutturalista troverà sviluppo con<br />
lo svilupparsi del progresso scientifico. Ad<br />
esempio, Chomsky, vivente, è andato ben<br />
oltre la visione tradizionale dello strutturalismo<br />
linguistico, puntando sulla creatività di<br />
nuovi concetti e dunque sulla necessità dell’adozione<br />
di un nuovo linguaggio, senza per<br />
<strong>questo</strong> affossare il vecchio, ma salvando<br />
dello stesso la componente naturale (innestando,<br />
insomma, l’impegno razionale sull’impeto<br />
naturale). Chomsky si avvicina, in<br />
certo qual modo, allo strutturalismo antropologico<br />
di Levy-Strauss, laddove quest’ultimo<br />
separa intelligenza da cultura tribale: la<br />
seconda, per così dire bloccata; la prima libera<br />
di spaziare per ogni dove.<br />
Sicuramente interessante la teoria postmoderna<br />
di Lyotard. Sostanzialmente, il filosofo<br />
francese raccomanda un bagno di umiltà, invita<br />
a ripensare l’intero ‘900 e a rielaborare<br />
con modestia e attenzione le idee espresse, i<br />
teoremi escogitati, gli atteggiamenti e i comportamenti<br />
assunti nei confronti della realtà.<br />
Gli fa eco il filosofo austriaco Popper, naturalizzato<br />
britannico, il quale drasticamente<br />
afferma, per quanto riguarda la scienza (ovvero<br />
la regina del ‘900): “Tutta la conoscenza<br />
rimane fallibile, noi impariamo attraverso<br />
l’eliminazione di errori”. L’intervento di Derrida<br />
e del suo decostruzionismo – detto con<br />
semplicità che rischia di sconfinare nel semplicismo<br />
– tesaurizza filosoficamente i principi<br />
della meccanica quantistica: giova<br />
ricordarla, non c’è un disegno prestabilito, la<br />
realtà è imponderabile perché a livello infinitesimale<br />
non è possibile anticipare il cammino<br />
della materia. Il teorema di Derrida è<br />
molto complicato perché il filofoso applica
prima di tutto a se stesso, al proprio linguaggio<br />
l’imponderabilità: la sua prosa è<br />
aperta ed è ricca di motivi in fase di possibile<br />
espansione, di possibile sviluppo. Quale prevarrà?<br />
Addirittura, qui si riprende Darwin<br />
(segretamente) in quanto l’autore dell’Origine<br />
della Specie, postulava l’adattamento<br />
del più forte in funzione delle variabili ambientali,<br />
non certo in funzione della forza<br />
bruta. La forza cui alludeva Darwin era una<br />
cosa estremamente composita, così come è<br />
composito il principio, in certo qual modo<br />
rivoluzionario (almeno come impeto), di<br />
Derrida. A conforto del quale, giunge la riscoperta<br />
del libro di Jan Smuts (peraltro ex<br />
uomo politico sudafricano) su una sua teoria,<br />
del 1928 riguardante l’Olismo (il tutto è<br />
solo una parte di ogni componente dello<br />
stesso, ergo potrà esserci un prossimo tutto).<br />
Relativismo e nichilismo<br />
Il relativismo non è nichilismo. Il secondo<br />
azzera tutto, il primo tende a ricostruire su<br />
basi nuove. Il nichilismo è il contraltare dell’assoluto<br />
di carattere religioso. E’ l’ateismo<br />
viscerale contro il fanatismo della fede. Il relativismo<br />
non dice affatto che ogni cosa è relativa.<br />
Quando afferma che ciò che avviene è<br />
casuale, non intende per niente la casualità<br />
così come viene intesa normalmente. Il filosofo,<br />
lo scienziato sono consapevoli, oggi,<br />
che non è possibile prevedere il futuro, mettono<br />
persino in dubbio che 1+1 faccia 2 anche<br />
domani. Ma non sono così sprovveduti da ritenere<br />
che manchi del tutto un principio – si<br />
chiami animo, si chiami slancio vitale – che<br />
spinge la materia non tanto nella giusta direzione,<br />
ma in quella più opportuna a seconda<br />
delle circostanze del momento e così<br />
via. Ammesso <strong>questo</strong> slancio vitale (molto<br />
accentuato in Bergson), che si nota concretamente<br />
nella crescita, non può non apparire<br />
anche la conseguenza ragionata che porta ad<br />
un pur sommesso concetto di evoluzione<br />
(che non è necessariamente miglioramento,<br />
ma, appunto, adattamento in certo qual<br />
RELIGIONI<br />
modo intelligente e opportuno alle circostanze,<br />
ergo evolutivo in sé, per lo meno<br />
come conoscenza delle opportunità). Questo<br />
nuovo mondo risulta, grazie al sano relativismo,<br />
sempre più aperto e sempre più affascinante<br />
per un uomo che finalmente si sta<br />
liberando di lacci e laccioli metafisici e trascendentali.<br />
Il relativismo moderno e la chiesa romana<br />
Nel ‘900 la chiesa cattolica ha perso fascino<br />
e terreno, incalzata dal mondo scientifico, peraltro<br />
sempre più attento e scrupoloso e sempre<br />
meno trionfalista. Altro discorso è il<br />
mondo sociale e civile, la cui grave zoppia<br />
(causa di lutti e orrori infiniti nel corso del<br />
secolo), ha ridato linfa vitale alla religione in<br />
senso morale. Essa è tornata ad essere un<br />
punto di riferimento, un’ancora di salvezza<br />
in una realtà di secondo piano per quanto riguarda<br />
il progresso umano. E’ il materialismo,<br />
questa realtà di secondo piano, la cui<br />
influenza è tuttora determinante – anzi è<br />
forse al culmine della determinazione -: la<br />
vita spicciola ne è avvelenata.<br />
Dignità e decoro umani vengono tutelati<br />
dalla scienza da una parte (quella non spettacolare)<br />
e dalla filosofia dall’altra. La seconda<br />
è lungi dall’essere morta, anzi alza la<br />
testa e valorizza la perspicacia dell’uomo<br />
senza ricorrere più ai cerebralismi cari all’800<br />
(non è tutto così, ma l’impegno c’è). Con serietà<br />
e applicazione, con modestia e umiltà,<br />
l’intellettuale moderno valuta le cose, non<br />
rinnega il passato e non idealizza il presente.<br />
E’ conscio del tentativo di emancipazione,<br />
sentito sia come diritto sia come dovere. E’<br />
consapevole di doverci “mettere la faccia”.<br />
Basta indossare maschere.<br />
In risposta a <strong>questo</strong> atteggiamento responsabile,<br />
l’omelia di papa Ratzinger di sei anni fa<br />
si concludeva così: “… noi diciamo che il figlio<br />
di Dio, il vero uomo, è la misura del vero<br />
umanesimo”. L’affermazione ha un vago sapore<br />
medievale. Non c’entrano questioni di<br />
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43
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44<br />
RELIGIONI<br />
fede, argomenti spirituali: se ci sono, risultano<br />
molto defilati.<br />
Qui c’entra una difesa ad oltranza del potere<br />
irrazionale. Balza fuori dalle parole di papa<br />
Ratzinger il Cristo figlio di Dio, non il Cristo<br />
dio e uomo. Sullo sfondo, si agita sempre il<br />
Vecchio Testamento, non il Vangelo. Ratzinger<br />
non richiama l’uomo all’apprezzamento<br />
del suo dovere, ve lo costringe, avvertendolo<br />
che deve dipendere dal Padre, che lui deve<br />
essere un figlio devoto, rimettersi in mani superiori.<br />
L’uomo moderno vuole, invece, essere responsabile<br />
di sé, non dipendere da nessuno,<br />
non rendere conto a nessuno, se non alla sua<br />
coscienza, di quello che pensa e che fa.<br />
La moralità assoluta predicata dalla chiesa<br />
non è ignota alla moralità laica in quanto entrambe,<br />
ed ovviamente, sono creazioni<br />
umane. La prima è meglio storicizzata. La<br />
seconda è in cammino, quanto ad applicazione<br />
ferma e costante: e <strong>questo</strong> perché essa<br />
deve essere approvata sentimentalmente e<br />
razionalmente, mente la prima lo è solo sentimentalmente.<br />
L’uomo moderno non vuole<br />
sostituirsi all’idolo divino, vuole “semplicemente”<br />
capire la realtà, assumendola su di<br />
sé. Il relativismo moderno è un modo per<br />
smontarla e cercare di rimontarla con giudizio,<br />
non con fantasia o superficialità. Superficiali,<br />
in un contesto del genere, appaiono<br />
le parole d Ratzinger, che potrebbero risultare<br />
dettate da una profonda pigrizia mentale,<br />
da un conservatorismo ormai esangue.<br />
Il BLOG di NONCREDO<br />
LA COMUNITA’ D’IDEE CHE SI RICONOSCE NELLA “CULTURA DELLA RAGIONE”<br />
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RELIGIONI<br />
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46<br />
RELIGIONI<br />
La teologia della liberazione osteggiata dai papi<br />
Boff, l’ultimo profeta<br />
di Stefano Marullo, opinionista sito uaar<br />
Mi sono spesso domandato perché è così difficile parlare con un teologo della liberazione. In<br />
Italia per un breve saggio sull’argomento ho contattato almeno tre tra gli esponenti più rappresentativi<br />
e quando non mi hanno dato forfait mi hanno rinviato a qualche pubblicazione.<br />
In un caso sono stato io a desistere attese le gravi condizioni di salute del mio interlocutore.<br />
E’ successo lo stesso con Leonardo Boff. Prima contattato, aveva dato disponibilità a rispondere<br />
ad una serie di domande scritte e dopo avermi chiesto di inviargliele via mail ha declinato<br />
adducendo ai numerosi impegni che non gli permettevano di onorare l’impegno<br />
adducendo che le domande fossero “troppe”. Col senno di poi, penso che il motivo del diniego<br />
nascesse dal disagio di Boff di ritornare a episodi troppo personali che lo avevano ferito.<br />
C’è da capirlo. Suo malgrado, molti hanno cominciato a leggere e capire della teologia<br />
della liberazione seguendo la sua vicenda. L’enfasi data a questa dai media ha finito per ridurre<br />
la questione all’alternativa se la teologia della liberazione fosse il tradimento o il compimento<br />
del vangelo. Le ferite aperte di uno scontro violentissimo che vide protagonisti<br />
Leonardo Boff e Joseph Ratzinger quale prefetto per la Congregazione della Dottrina della<br />
Fede furono raccolta da Boff in un libro-sfogo pubblicato poco dopo l’elezione di Benedetto<br />
XVI dal titolo fortemente evocativo: “Un papa difficile da amare”. Mentre tutta la vicenda,<br />
dalla messa sotto accusa del volume “Chiesa: carisma e potere”, alle audizioni a Roma dove<br />
Boff si presentò con due cardinali brasiliani e con un plico di 50.000 firme di sostegno, fino all’imposizione<br />
del “silenzio ossequioso” e all’epilogo con l’abbandono dello stato religioso di<br />
francescano del teologo, è raccolta in un libro, “Il caso Boff”.<br />
Essenzialmente a Boff veniva contestato di proporre un modello alternativo di Chiesa, popolare<br />
e antigerarchica e di porsi in contrasto con il Magistero e la Tradizione ecclesiastica. In particolare<br />
di utilizzare categorie libertarie o apertamente marxiste che mal si conciliano con il<br />
“mandato” ricevuto dai successori degli Apostoli, ai quali è stato conferito il potere di giudicare<br />
sulla ortodossia. Nella replica Boff senza negare il ruolo del Magistero, ribadiva come una<br />
sana teologia si fondasse su quattro gambe: oltre al Magistero, la Scrittura, la Tradizione e la<br />
Ragione teologica. Quanto al linguaggio utilizzato, il teologo dichiarava di sentirsi in linea<br />
con la tradizione profetica e di vedere nel cattolicesimo – nell’originale portoghese si leggerà<br />
sistema cattolicistico – una degenerazione del messaggio evangelico originario.<br />
Ce n’era abbastanza per una rottura senza appello. Boff continuerà, libero da obblighi canonici,<br />
ad essere un punto di riferimento importante per la teologia della liberazione e negli<br />
anni successivi svilupperà una “teologia della terra” con implicazioni etiche ed ecologiche, che<br />
lo faranno divenire una delle voci più ascoltate del movimento anti-globalizzazione a livello<br />
mondiale.<br />
Inizialmente sostenitore del presidente Lula, in seguito ne prenderà le distanze criticandone<br />
l’incoerenza e le politiche neo-liberiste.<br />
Oggi Boff, che ha dovuto anche incassare la delusione di vedere il fratello Clodovis rinnegare<br />
la teologia della liberazione, rimane uno scrittore prolifico e un instancabile viaggiatore. Prossimo<br />
ai 73 anni rimane uno degli ultimi teologi controcorrente che ha pagato molto cara l’inimicizia<br />
con Joseph Ratzinger. Ma si sa, è dura la vita dei profeti.
SULLE SPALLE DEI GIGANTI<br />
– conversazione con i classici –<br />
RELIGIONI<br />
di Anna Rita Longo, dott.ssa di ricerca in filologia patristica, medioevale e umanistica.<br />
«Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non<br />
certo per l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti»,<br />
frase di Bernardo di Chartres del XII secolo, erroneamente aribuita a Newton, che<br />
la ha usata.<br />
Foto: Statua di Kaa sulle spalle del gigante a Praga<br />
Lucrezio, De rerum natura, 1,62-86<br />
Quando la vita umana giaceva sulla terra<br />
turpemente prostrata sotto gli occhi di tutti<br />
dall’opprimente religione, che mostrava il<br />
suo volto dalle regioni del cielo, minacciando<br />
dall’alto i mortali col suo orribile aspetto, per<br />
la prima volta un uomo greco osò alzare contro<br />
di essa gli occhi mortali e per primo osò<br />
resisterle contro; e non lo spaventarono né le<br />
false dicerie sugli dèi, né i fulmini, né il cielo<br />
col suo minaccioso rimbombo, ma, anzi,<br />
ancor più stimolarono l’indomito valore del<br />
suo animo, tanto che egli desiderò spezzare<br />
per primo gli stretti serrami delle porte della<br />
natura. Dunque la sua vivida forza d’animo<br />
trionfò e si spinse lontano, al di là delle ardenti<br />
barriere dell’universo, e percorse il<br />
tutto infinito con la mente e l’animo, da dove<br />
ci riferisce, trionfatore, che cosa possa nascere,<br />
che cosa non possa, per quale ragione<br />
vi sia per ogni cosa un potere delimitato e un<br />
termine profondamente confitto.<br />
Perciò la religione, posta sotto i nostri piedi,<br />
è calpestata a sua volta, e questa vittoria ci<br />
uguaglia al cielo.<br />
Questo io temo riguardo a tali cose, cioè che<br />
tu (= Memmio) per caso creda di iniziarti agli<br />
empi elementi di una dottrina e di incamminarti<br />
per la strada del male. Al contrario: più<br />
spesso proprio quella famosa religione ha<br />
generato delitti ed infamie. Come quando, in<br />
Aulide, i condottieri dei Danai,<br />
Cicerone, De natura deorum 3, 88-89<br />
Per tornare al mio argomento, è parere comune<br />
di tutti i mortali che la fortuna bisogna<br />
chiederla alla divinità, ma la sapienza occorre<br />
conquistarsela da sé. Possiamo a nostro<br />
piacimento consacrare templi alla Mente, alla<br />
Virtù ed alla Fede, tuttavia constatiamo che<br />
queste doti si trovano in noi stessi: agli dèi<br />
chiederemo il dono della speranza, della salute,<br />
della ricchezza, della vittoria. La conclusione<br />
è, dunque, come affermava<br />
Diogene, che la prosperità e la fortuna dei<br />
malvagi smentiscono tutta la orza e la potenza<br />
divina.«Ma talvolta» mi si obietterà «i<br />
buoni riportano dei successi». Noi allora li<br />
cogliamo al volo e ne attribuiamo senza alcuna<br />
ragione il merito agli dèi immortali!<br />
Diagora, quello che chiamano l’ateo, si recò<br />
una volta a Samotracia e un amico gli domandò:<br />
«Tu che ritieni che gli dèi si disinteressino<br />
delle vicende umane, non ti accorgi,<br />
osservando le tavolette votive, quanti uomini<br />
in seguito alle proprie preghiere sfuggirono<br />
alla violenza della tempesta e giunsero salvi<br />
in porto?». «È proprio così» rispose Diagora<br />
«infatti quelli che hanno fatto naufragio e<br />
sono periti in mare non sono stati dipinti in<br />
nessun luogo».Lo stesso Diagora, durante un<br />
viaggio per mare, poiché i timonieri spaventati<br />
e atterriti da una tempesta, attribuivano<br />
quella loro disgrazia al fatto di averlo accolto<br />
sulla nave,<br />
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RELIGIONI<br />
La tesi – dura e chiarissima, sostenuta con argomentazioni razionali – di Lucrezio, grande<br />
divulgatore a Roma del pensiero di Epicuro, è che la religione è dannosa e foriera di immoralità<br />
e violenza. Il paragone mitologico del barbaro sacrificio di Ifigenia da parte dei<br />
Greci viene proposto come esempio della crudeltà alla quale solo la religione poté riuscire<br />
a indurre gli uomini. Non vi è, quindi, motivo per il quale l’uomo debba rinunciare a liberarsi<br />
da un vincolo pesante che non gli ha portato altro se non mali. Si tratta di un pensiero<br />
modernissimo, che addirittura anticipa gli strali di Bertrand Russell, convinto sostenitore<br />
dell’immoralità di fondo della pratica religiosa.<br />
Un discorso tutto sommato simile è ravvisabile nel passo ciceroniano, tratto dall’articolato<br />
saggio nel quale l’arpinate espone tutte le più note concezioni in merito alla natura degli dei,<br />
senza prendere esplicita posizione a favore di nessuna di esse, nonostante nel finale si appoggi<br />
formalmente la dottrina stoica. Qui, attraverso le parole di Cotta, si mette in luce, mediante<br />
una stringente procedura argomentativa, l’irrazionalità della credenza religiosa, la<br />
cui plausibilità viene facilmente confutata attraverso semplici deduzioni logiche. Sebbene<br />
sia quanto meno approssimativo affermare che il personaggio rifletta fedelmente il pensiero<br />
dell’autore, colpisce la logica del ragionamento, rafforzato da esempi concreti come<br />
quello dell’ateo Diagora.<br />
In breve, ci troviamo di fronte a due efficaci apologie dell’ateismo critico quale liberatore dell’uomo<br />
dalle catene dell’ignoranza.<br />
CARO LETTORE<br />
la storia e la politica contemporanee mostrano una continua e inarrestabile deriva verso la<br />
CLERICALIZZAZIONE della Società Italiana<br />
La Chiesa cattolica, alla quale guardiamo con laico rispetto, diventa sempre più potente, invasiva e onnipresente:<br />
non c’è quasi più organo di stampa o politico, anche dell’Opposizione, né imprenditore o manager<br />
di importanti entità economiche, industriali o finanziarie che non risulti, in modo palese o riservato,<br />
ampiamente influenzato dalla Chiesa cattolica, che non ne tema il giudizio per le relative conseguenze o<br />
non ne finanzi le iniziative.<br />
Sappi che in tale contesto<br />
NONCREDO è l’unica pubblicazione libertariamente, illuministicamente,<br />
risorgimentalmente A-CONFESSIONALE circolante in Italia<br />
è un progetto culturale che non coniuga né i pro né i contro nei confronti di alcuno, ma è nata e sarà sempre<br />
un organo culturale spavaldamente e laicamente italiano nel rispetto dell’indipendenza, della libertà,<br />
della a-confessionalità, della storia e della civiltà del nostro Paese.<br />
LETTORE<br />
tu che ci condividi e nutri speranze nella nostra azione di promozione della CULTURA della<br />
RAGIONE, in questa Italia sempre più filo-confessionale, nella misura e nel modo in cui tu credi<br />
DACCI IL TUO SOSTEGNO con un abbonamento o una donazione per la promozione e la diffusione<br />
di NONCREDO nel difficile e spesso ostile ambiente italiano E’ anche la TUA voce.
RELIGIONI<br />
Una testimonianza diretta dall’Africa più povera,<br />
terreno di conquista delle missioni “dell’uomo bianco”<br />
Come e perché una religione “missionaria”<br />
si trasforma in potere<br />
di Jerome Seregni, External Relations Officer UNHCR-RO Dar el Salaam, Tanzania<br />
Sono ormai quasi quattro anni che vivo in Tanzania, un paese che ha praticamente perso il suo<br />
antico animismo ed ha invece abbracciato Cristianesimo ed Islamismo, come molti, anzi tutti i<br />
paesi limitrofi della zona dei grandi laghi in Africa. Non voglio soffermarmi sull’Islam, presente<br />
maggiormente nell’isola di Zanzibar, perché le poche esperienze che ho avuto con i Musulmani<br />
non sono sufficienti per poter dare un giudizio più ragionato.<br />
Ho a che fare invece con locali Cristiani, sia nelle piccole comunità in villaggi dispersi nell’immensità<br />
di <strong>questo</strong> paese che nelle grandi città. Ho avuto moltissime occasioni, anche con colleghi<br />
di lavoro, di chiacchierare su Dio, Cristo, la Bibbia e così via, per cercare di capire perché<br />
solitamente i Cristiani sono così fedeli e credenti,eamiavviso così ottusi, per una religione che<br />
gli e stata ‘introdotta’ dai primi missionari bianchi, specie tedeschi ed inglesi (e oggi tantissimi<br />
americani e italiani) nel diciottesimo secolo.<br />
Il fatto che in certi posti sperduti la gente viva in piccole comunità senza elettricità o acqua e con<br />
totale mancanza di stimoli esterni - perché appunto non succede ‘mai niente’ - , va alla pari con<br />
la loro invidiabile, a mio parere, semplicità di vivere. Ed è proprio di <strong>questo</strong> che si sono sempre<br />
nutriti i predicatori cristiani, di povertà ed ignoranza per sommare anime alla loro fede. Facile è<br />
stato persuadere gente che era molto probabilmente più affascinata da questi primi ‘muzungu’<br />
(uomini bianchi, stranieri) con la loro persistenza ed il loro coraggio (concediamoglielo pure) ad<br />
addentrarsi in terre nere e vergini piene di pericoli e malattie, nonché delle loro armi e le loro ricchezze<br />
raccontando favole sul bene e il male, sull’arrivo di un messia, i miracoli e la morte in<br />
croce. Anche oggi moltissimi africani restano incuriositi dagli uomini bianchi, specialmente in<br />
zone remote o poco visitate da stranieri.<br />
Per il mio lavoro ho spesso parlato con diverse comunità e molte volte venivo visto come una persona<br />
diversissima, quasi come un essere ‘speciale’, in particolare per i bambini che mi toccavano<br />
e mi ascoltavano con devozione come se fossi venuto da un altro pianeta. Ho avuto e ho ancora<br />
la forte sensazione che molti poveri sono sottomessi psicologicamente ai bianchi, almeno in <strong>questo</strong><br />
paese.<br />
Anche se oggi i bianchi vengono più associati ai soldi che hanno che non alla religione (e ciò è un<br />
altro tipo di sottomissione), ciò non toglie che molti mi chiamino ‘father’ (padre in senso di prete,<br />
pastore) o addirittura Yesu (Gesù), per rendere l’idea che appunto un uomo bianco è ancora portatore<br />
di cristianità e di salvezza.<br />
Per quanto riguarda invece il potere della chiesa, è tutt’ora per me un fatto scandaloso. I leader<br />
religiosi, specie i vescovi, sono le persone più potenti di <strong>questo</strong> paese. Non vengono in genere associati<br />
alla politica o con i politici, e non appaiono molto spesso nemmeno nelle pagine dei giornali,<br />
ma si sa, loro hanno il ‘potere’ - quasi fossero parte di una loggia che sa e che controlla tutto<br />
- e sono rispettati da milioni di fedeli (si è mai notato ad esempio l’immensa massa di gente presente<br />
quando il papa è in visita in questi luoghi?). Questi leader non proprio poverissimi sono i<br />
figli diretti dei primi missionari/predicatori. Certo, se Livingstone lo avesse previsto…<br />
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50<br />
RELIGIONI<br />
Quando la fantasia sovrasta ragione e evidenza<br />
Le credenze alternative<br />
di Nando Tonon, saggista<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Accanto all’istintivo bisogno di trovare risposte a tante angoscianti domande confidando nell’intervento salvifico<br />
di un’entità trascendente, sono sorte numerose altre forme di fideismo consolatorio. A dispetto del progresso<br />
scientifico, nutrite falangi di maghi, guaritori, astrologi, ufologi, prosperano tuttora sull’ingenuità altrui.<br />
Un denominatore comune<br />
Questa rivista si rifà all’esigenza di vivere liberi<br />
dal condizionamento che esercita ogni religione.<br />
Ne discende che il suo titolo, “NON<br />
CREDO”, si riferisce al versante delle credenze<br />
di tipo confessionale.<br />
Tuttavia, se l’obiettivo primario resta quello di<br />
trattare le molteplici implicazioni del credere<br />
religioso, non sarà inutile osservare che il fenomeno<br />
del “credere”, nella sua accezione generica,<br />
merita di venire approfondito anche negli<br />
aspetti non espressamente attinenti al rapporto<br />
col trascendente.<br />
Esiste infatti, tra le diverse manifestazioni del<br />
credere, un evidente denominatore comune:<br />
l’atteggiamento fideistico sotteso al valore<br />
stesso del vocabolo. Nel caso dell’istanza religiosa<br />
l’approccio trova motivazioni profonde<br />
nel bisogno di capire il senso della nostra presenza<br />
nel mondo, il significato ultimo della vita<br />
(se ne ha uno), il destino dell’uomo dopo la fine<br />
della sua parentesi terrena, il rapporto con l’ipotetico<br />
artefice di tutto <strong>questo</strong>.<br />
La ricerca di soluzioni per vie traverse<br />
Nelle forme meno nobili, invece, esso risponde<br />
alla puerile speranza di risolvere per vie traverse<br />
i piccoli e grandi problemi dell’esistenza<br />
quotidiana. Qui più che altrove, allora, l’irrazionalità<br />
prende il sopravvento e l’individuo rinuncia,<br />
in modo incomprensibile, alla sua<br />
autonomia critica per abbandonarsi a suggestioni<br />
fittizie, a ingannevoli promesse. Pensare<br />
è faticoso, meglio cullarsi nell’evanescenza di<br />
un sogno.<br />
E se sul credere religioso <strong>questo</strong> periodico si intrattiene<br />
con larghezza e continuità per la indubbia<br />
rilevanza del tema, varrà la pena, ogni<br />
tanto, di gettare un’occhiata anche all’universo<br />
delle credenze alternative o minori (benché diffusissime<br />
a tutti i livelli sociali). La disponibilità<br />
ad affidarsi a mani altrui è quasi la stessa e, fatto<br />
salvo il movente – come già riconosciuto – le affinità<br />
appaiono evidenti.<br />
L’astrologia<br />
La credenza più popolare e sfacciata, vuoi nei<br />
presupposti come nelle applicazioni, è senz’altro<br />
l’astrologia, una pseudo-scienza che, approfittando<br />
delle sue lontane - e per certi versi<br />
nobili - origini, dispensa a mani basse le sue<br />
sciocchezze a un pubblico strabocchevole, sempre<br />
disposto a cibarsi del nulla assoluto. Non<br />
esiste una benché minima base logica o premessa<br />
sensata di <strong>questo</strong> autentico inganno, che<br />
pure vorrebbe ammantarsi di serietà metodologica.<br />
Nessuna. Non esiste una sola “verità” ricavabile<br />
da quei ridicoli schemini fatti di cerchi,<br />
triangoli e ideogrammi, che non possa venire<br />
demolita in pochi istanti e con elementare facilità:<br />
eppure milioni di individui sono attratti e<br />
pronti ad accettare qualunque cosa venga loro<br />
propinata.<br />
Un fenomeno non circoscritto<br />
E non si pensi che il fenomeno sia circoscritto<br />
agli strati meno acculturati della società: purtroppo<br />
l’esperienza quotidiana mostra che oro-
scopi e “influssi” zodiacali, “segni” e “profili<br />
natali” vengono considerati degni di attenzione<br />
anche da gente di elevata scolarità.<br />
I venditori di frottole prosperano con sicumera<br />
crescente, complice chi potrebbe porre un freno<br />
o un rimedio con mezzi del tutto legittimi e civili.<br />
Ma gli interessi in gioco sono talmente elevati<br />
che riuscire a scalfire la corazza di<br />
indifferenza e omertà (TV di Stato in primis) si<br />
rivela impresa insormontabile. L’astrologia,<br />
grazie all’usurpata fama di “disciplina”, appare<br />
estremamente perniciosa in quanto rafforza la<br />
tendenza dell’essere umano a credere senza riflettere.<br />
Chissà perché, ma dobbiamo sempre illuderci<br />
che qualcosa o qualcuno ci spiani la<br />
strada e sciolga in modo miracolistico i nostri<br />
affanni.<br />
Effetti della subordinazione intellettiva<br />
Accanto alla regina delle fallaci arti seduttive<br />
proliferano torme di ambigue quanto vivaci<br />
consorelle fondate su presunte facoltà paranormali<br />
e millantati poteri extrasensoriali: chiromanti,<br />
cartomanti, chiaroveggenti, sensitivi,<br />
maghi. Tutti bellamente marcianti in fitta<br />
schiera sulle debolezze di chi è sempre in difficoltà<br />
quando si tratta di utilizzare quel formidabile<br />
attrezzo di cui madre natura l’ha dotato:<br />
il discernimento.<br />
Simili forme di subordinazione intellettiva producono<br />
vistosi danni, che solo a volte emergono<br />
in modo clamoroso: truffe, plagi,<br />
intimidazioni. In generale hanno l’effetto di ottundere<br />
la mente con riflessi deleteri su molti<br />
altri aspetti dell’esistenza.<br />
Il paradosso più singolare, poi, è che dalle religioni<br />
queste fonti di credulità sono messe al<br />
bando, e ciò per evidenti “conflitti di competenza”.<br />
Nondimeno esse godono di ottima salute.<br />
Così il fedele che cede alle lusinghe di tali<br />
surrogati finisce col contravvenire ai dettami<br />
della propria stessa “chiesa”.<br />
Altre forme di “fede messianica”<br />
Altra specie di “fede messianica” - molto in<br />
RELIGIONI<br />
auge da una sessantina di anni e che attira una<br />
strabocchevole quantità di adepti - è quella che<br />
vorrebbe i cieli del nostro pianeta brulicanti di<br />
astronavi extraterrestri, di macchine volanti che<br />
appaiono e scompaiono a ritmi serrati.<br />
Qui non scatta l’ingenua speranza di vedere il<br />
destino piegato alle proprie esigenze, bensì<br />
un’innata e ardente passione per il mito, il misterioso,<br />
il fantastico a ogni costo: ieri erano ciclopi,<br />
unicorni, draghi, satiri e ninfe, creature<br />
leggendarie a cui tuttavia spesso si credeva<br />
come a entità reali, oggi sono yeti, fantasmi,<br />
zombi, presenze oscure. E, su tutti, gli extraterrestri,<br />
per la loro contiguità a ipotesi che la saggia<br />
scienza non smentisce, anzi avanza, ma<br />
confinandole a pure illazioni, plausibili sul<br />
piano teorico quanto estremamente improbabili<br />
su quello pratico di un contatto reciproco.<br />
La complicità degli organi d’informazione<br />
A nulla valgono le incessanti spiegazioni fornite<br />
per dimostrare la quasi totale impossibilità<br />
concreta che una qualsiasi ipotetica civiltà<br />
aliena possa comunque raggiungerci. I patiti di<br />
avvistamenti, rapimenti, incontri ravvicinati di<br />
tutti i tipi, cerchi nel grano, aeroscali spaziali<br />
(Nazca), ecc. indicano siti, raccontano con serietà<br />
inverosimili esperienze dirette e indirette,<br />
denunciano complotti del silenzio da parte dei<br />
governi, rei di celare scottanti segreti.<br />
Buon senso, leggi fisiche, la parola degli scienziati<br />
del settore: nulla è sufficiente a incrinare la<br />
loro fede nelle misteriosi incursioni.<br />
Va da sé che tutti questi fenomeni di fiducia<br />
cieca nei furbi detentori di verità estreme alimentano<br />
interessi colossali e consentono il massiccio<br />
sfruttamento delle debolezze dei più. E<br />
se queste, in sé, possono anche essere comprese,<br />
se non giustificate col metro del raziocinio,<br />
è tanto più doloroso (e scandaloso) che<br />
il mercato della credulità venga non solo tollerato,<br />
ma addirittura avallato dagli organi<br />
di informazione più accreditati, dalle reti televisive<br />
di Stato, da sciagurate trasmissioni<br />
pseudo-scientifiche condotte con cinismo e<br />
protervia culturale.<br />
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RELIGIONI<br />
Discriminazione della metà degli esseri umani<br />
La Chiesa e le donne<br />
di Walter Peruzzi, storico del cristianesimo<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Creata per seconda, ma prima nel peccato, volubile, tentatrice, responsabile della rovina del genere umano, intellettualmente<br />
e moralmente inferiore all’uomo, tenuta quindi a essergli sottomessa: così è stata considerata la<br />
donna dalla Chiesa, almeno fino al Vaticano II. Si può anzi dire che su nessun altro tema, salvo sulla condanna<br />
delle “sporcizie carnali”, è forse dato registrare una opinione tanto unanime di papi e teologi (tutti maschi e celibi).<br />
La dottrina degli Apostoli<br />
Tale concezione sembra il frutto di una cultura<br />
patriarcale sommata alla sessuofobia<br />
cattolica, che identifica la donna col sesso e<br />
quindi col peccato. Essa si basa su una lettura<br />
del VecchioTestamento che lascia in ombra<br />
il primo racconto del Genesi, da cui si evince<br />
l’uguaglianza dei sessi (“Diò creò l’uomo a<br />
sua immagine… maschio e femmina li creò”,<br />
1), per privilegiare i capitoli successivi (Genesi<br />
2 e 3), nei quali si narra che Eva è stata<br />
fatta “simile” all’uomo e come suo “aiuto”;<br />
che si è lasciata ingannare dal serpente e ha<br />
poi sedotto Adamo, con effetti catastrofici<br />
per la posterità.<br />
Ma l’inferiorità della donna, confinata nel<br />
ruolo di silenziosa e sottomessa “riproduttrice”,<br />
si radica anche sull’autorità di Paolo<br />
secondo cui l’uomo ”è a immagine e gloria<br />
di Dio, la donna invece è gloria dell’uomo”<br />
(Prima lettera ai Corinzi, 11); e il marito è “il<br />
capo della moglie, come anche Cristo è capo<br />
della Chiesa” (Lettera agli Efesini, 5). La<br />
donna, dice ancora Paolo, è “colpevole di trasgressione.<br />
E potrà essere salvata partorendo<br />
figli” (Prima lettera a Timoteo, 2).<br />
Inferiorità e immoralità della donna<br />
Per quasi venti secoli contro la donna si<br />
snoda un lungo rosario di insolenze: “porta<br />
del diavolo” la chiama Tertulliano, cui fa eco<br />
dieci secoli dopo l’umanista ex-libertino Pio<br />
II, per il quale “quando vedi una donna,<br />
pensa che sia un demonio, che sia una sorta<br />
di inferno”. Per Giovanni Crisostomo essa è<br />
“male di natura”, per Girolamo “insaziabile”<br />
di piacere.<br />
“Satana”, si legge nei Sermoni di Leone I, “ha<br />
sedotto il primo uomo per bocca di una<br />
donna… e ha allontanato gli esseri umani<br />
dalla beatitudine del paradiso grazie alla credulità<br />
della donna”. “Io non parlo alle femmine”,<br />
scrive Gregorio I nei Memoralia,<br />
“bensì agli uomini, perché chi è di mente instabile<br />
non è assolutamente in grado di capire<br />
le mie parole”.<br />
Odo, abate di Cluny del X sec., si spinge a<br />
dire: “se gli uomini potessero vedere ciò che<br />
è sotto la pelle, la vista delle donne darebbe<br />
loro la nausea. Mentre non sopportiamo di<br />
toccare uno sputo o un escremento nemmeno<br />
con la punta delle dita, come possiamo<br />
desiderare di abbracciare <strong>questo</strong> sacco di<br />
escrementi?” (PL 162). Alberto Magno, maestro<br />
di Tommaso d’Aquino, con lui condivide<br />
l’idea che “la donna... rispetto all’uomo<br />
ha una natura difettosa e imperfetta” ed è<br />
anche “meno consona alla moralità…<br />
Quando una donna ha un rapporto con un<br />
uomo, è molto probabile che desideri giacere<br />
al tempo stesso con un altro… La sua sensibilità<br />
spinge la donna verso ogni male, mentre<br />
la ragione muove l’uomo verso ogni<br />
bene…” (Quaestiones super de animalibus).
La donna non tocchi l’altare<br />
E’ la fragilità intellettuale e morale delle<br />
donne che giustifica, per la Chiesa, la loro<br />
esclusione dalla cultura e da ogni attività intellettuale.<br />
Già il Concilio di Elvira (IV secolo)<br />
decretava: “Le donne non possono né<br />
scrivere né ricevere lettere” e il Decretum Gratiani<br />
(XII secolo) stabiliva che la donna “non<br />
ha nessuna autorità, non può insegnare, né<br />
testimoniare… né giudicare”.<br />
Tanto meno poteva accedere al sacerdozio o<br />
anche solo accostarsi “ai sacri altari”, come<br />
scriveva nel V secolo papa Gelasio, scandalizzato<br />
che ciò potesse “essere fatto da quel<br />
sesso cui ciò non compete”. Il divieto si<br />
estendeva anche al cantare in chiesa (uno dei<br />
motivi per cui dal Cinquecento, avendo bisogno<br />
di voci bianche, si ricorse alla castrazione)<br />
e si mantenne fino al XX secolo come<br />
quello di “servire” messa, cioè la funzione<br />
del chierichetto, preclusa alla donna “a meno<br />
che manchi un uomo”. E anche in <strong>questo</strong><br />
caso la donna “per nessuna ragione si avvicini<br />
all’altare e dica le risposte da lontano”<br />
(Codice di Diritto canonico, 1917). Era invece<br />
caduto da molti secoli, se può consolare, il<br />
divieto a entrare in chiesa “se mestruata” (III<br />
sec.).<br />
ll maschio sia il suo signore<br />
L’inferiorità intellettuale e morale della<br />
donna spiega inoltre la necessità che sia<br />
l’uomo a guidarla con mano ferma. Lo chiarisce<br />
Agostino nel suo Commento al Vangelo di<br />
Giovanni paragonando la donna alla carne e<br />
il marito allo spirito: “C’è disordine in quella<br />
casa dove la carne comanda e lo spirito serve.<br />
Che c’è di peggio d’una casa in cui la donna<br />
comanda sul marito? Ordinata è quella casa<br />
in cui la donna obbedisce al marito”. “La<br />
femmina”, dice Tommaso d’Aquino, “ha bisogno<br />
del maschio non solo per la generazione,<br />
come negli altri animali, ma anche<br />
come suo signore, perché il maschio è più<br />
perfetto quanto a intelligenza e più forte<br />
quanto a coraggio” (Somma contro i gentili).<br />
Le donne nella Riforma<br />
RELIGIONI<br />
Le cose tuttavia in molte parti d’Europa cominciarono<br />
a cambiare con la Riforma, che<br />
mise in discussione il ruolo del clero, come<br />
intermediario fra uomo e Dio. Si affermò la<br />
libertà di coscienza del credente, che si accosta<br />
direttamente ai testi sacri senza dipendere<br />
dall’interpretazione della Chiesa. Ciò<br />
portò a un maggiore coinvolgimento del laicato,<br />
comprese le donne. L’esigenza di leggere<br />
le scritture stimolò inoltre<br />
l’alfabetizzazione. La donna, come era accaduto<br />
nel Medioevo limitatamente ad alcune<br />
comunità ereticali o di movimenti femminili<br />
al limite dell’ortodossia (le Beghine del XII-<br />
XIV sec.), assunse un ruolo attivo, anche dirigente,<br />
nelle comunità riformate o in molte<br />
di esse, predicando, insegnando e diventando<br />
pastora.<br />
Un osso in soprannumero<br />
In seno al cattolicesimo invece le donne seguitarono<br />
a non poter esprimersi in materia<br />
di religionee la più parte restò priva di ogni<br />
istruzione. Ancora nel Seicento la donna era<br />
definita dal predicatore francese Bossuet<br />
“prodotto di un osso in soprannumero”,<br />
mentre il Concilio provinciale di Tyrnau del<br />
1611 sentenziava: “Ogni malvagità è piccola<br />
a confronto con la malvagità della donna”.<br />
Anche per Francesco di Sales Dio “ha voluto<br />
che la donna dipendesse dall’uomo… In<br />
tutta la Scrittura si raccomanda insistentemente<br />
questa sottomissione” (Introduzione<br />
alla vita devota).<br />
Nel XVII secolo, tuttavia, si ebbero fermenti<br />
di un “femminismo” cattolico, specie in paesi<br />
riformati. Nel 1630 l’inglese Mary Ward<br />
fondò un ordine che voleva porsi sotto il<br />
controllo del papa e non subordinarsi, come<br />
era d’obbligo per gli ordini femminili, al corrispettivo<br />
ordine maschile. Ma Urbano VIII<br />
la fece arrestare come eretica. L’anno dopo la<br />
liberò ma soppresse l’ordine denunciando<br />
che “certe donne” si fossero riunite in comunità,<br />
avessero nominato una superiora e<br />
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53
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54<br />
RELIGIONI<br />
aperto scuole, tutte “attività per nulla confacenti<br />
alla debolezza del loro sesso, alla modestia<br />
femminile e alla purezza verginale”.<br />
Il principe della casa<br />
La sottomissione della donna all’uomo fu<br />
dottrina della Chiesa fino al XX sec. Leone<br />
XIII afferma: “Il marito è il principe della famiglia<br />
e il capo della moglie” (Arcanum divinae).<br />
L’agostiniano “ordine dell’amore”,<br />
ricorda Pio XI, “richiede da una parte la superiorità<br />
del marito sopra la moglie ed i figli,<br />
e dall’altra la pronta sottomissione e ubbidienza<br />
della moglie” (Casti connubii, 1930). E<br />
Pio XII, nel Discorso agli sposi del 1941 ammonisce,<br />
forse avvertendo qualche insofferenza<br />
nelle donne cattoliche: “Non siate<br />
paghe di accettare e quasi di subire questa<br />
autorità dello sposo, alla quale Iddio negli<br />
ordinamenti della natura e della grazia vi ha<br />
sottoposte; voi dovete nella vostra sincera<br />
sottomissione amarla”.<br />
Come se non esistessero<br />
D’altro lato persiste il timore della donna<br />
come fonte di tentazione e di peccato, che<br />
trapela dalle annotazione scritte del 1948 da<br />
Angelo Roncalli il quale pure, divenuto Giovanni<br />
XXIII, ispirerà importanti aperture<br />
sulla questione femminile: “Mi conservo famigliari,<br />
dopo oltre quarant’anni, le conversazioni<br />
edificanti… con il mio venerato<br />
vescovo… Di donne, o di forme o di cose<br />
muliebri, mai una parola, mai, come se<br />
donne non esistessero al mondo… e sono riconoscente,<br />
anche ora, alla insigne e benefica<br />
memoria di chi mi educò a questa disciplina”<br />
(Giornale dell’anima).<br />
La “svolta” del Vaticano II<br />
Arriviamo così agli anni del Vaticano II le cui<br />
aperture, sollecitate dall’influenza che ebbe<br />
sulla stessa base cattolica il nascente movimento<br />
femminista, si ritrovano nel Catechismo<br />
della Chiesa cattolica del 1992. Esso,<br />
rifacendosi al primo racconto del Genesi, e<br />
glissando su due millenni di misoginia, afferma:<br />
“L’uomo e la donna sono creati, cioè<br />
sono voluti da Dio: in una perfetta uguaglianza<br />
per un verso, in quanto persone<br />
umane, e, per l’altro verso, nel loro rispettivo<br />
essere di maschio e di femmina… L’uomo e<br />
la donna sono, con una identica dignità, ‘a<br />
immagine di Dio’”.<br />
Ma il sacerdozio no<br />
E tuttavia la Chiesa da un lato non ammette<br />
di avere sbagliato difendendo e rafforzando<br />
per venti secoli la società patriarcale, d’altro<br />
lato non trae le conseguenze pratiche per<br />
quanto riguarda i diritti e l’autodeterminazione<br />
della donna... E, infine, rivendica il sacerdozio<br />
come privilegio maschile.<br />
Non potendo più fondare tale privilegio sull’inferiorità<br />
della donna, Giovanni Paolo II<br />
sostiene che “non è ammissibile ordinare<br />
donne al sacerdozio, per ragioni veramente<br />
fondamentali” (in realtà risibili) come<br />
“l’esempio… di Cristo che scelse i suoi Apostoli<br />
soltanto tra gli uomini; la pratica costante<br />
della Chiesa… e il suo vivente<br />
magistero” (Ordinatio sacerdotalis, 1994); e<br />
blinda questa scelta della “casta” di maschi<br />
celibi che governano la Chiesa dichiarandola<br />
“appartenente al deposito della fede” (Congregazione<br />
della dottrina della fede, 1995), cioè<br />
infallibile…<br />
Una donazione, anche piccola, alla Fondazione senza fini di lucro ReligionsFree Onlus,<br />
editrice e ispiratrice della rivista NonCredo, è un modo per contribuire alla realizzazione di quei fini<br />
di volontariato e di assistenza (legale, medica, morale ed economica), prevista dell’art. 2 del nostro Statuto,<br />
a favore delle vittime bisognose della discriminazione religiosa in Italia.
All’origine delle credenze religiose<br />
L’UOMO<br />
L’empatia nell’evoluzione della psiche umana<br />
di Bruna Tadolini, già prof. ord. Biologia università Sassari<br />
L’empatia è la tendenza a “mettersi nei<br />
panni” altrui, a riconoscere gli altrui sentimenti<br />
ed emozioni ed a rispondere ad essi<br />
con una emozione appropriata. Questa tendenza<br />
è estremamente importante per la costruzione<br />
dei rapporti sociali poiché, ad<br />
esempio, il “mutuo soccorso”, cioè il fine<br />
della socialità, può esistere solo se si è in<br />
grado di riconoscere negli altri i segnali del<br />
disagio. La ricerca scientifica sta chiaramente<br />
dimostrando la natura dell’empatia che, a<br />
differenza di quanto credono i più, non è metafisica<br />
o spirituale ma prettamente fisica e<br />
materiale. Essa è infatti un modo di sentire<br />
“causato” dalla biochimica e dalla fisiologia<br />
di specifiche zone del cervello; è perciò soggetta<br />
ad una variabilità non solo fisiologica<br />
ma anche patologica (ad esempio nell’autismo)<br />
ascrivibile sia a fattori genetici che ambientali.<br />
Come prevede la sua natura fisica e<br />
materiale, l’empatia è influenzabile da farmaci<br />
(ad esempio l’ecstasi) che interferiscono<br />
nei processi fisiologici che la determinano.<br />
Essendo il “prodotto” del funzionamento di<br />
un organo, l’empatia che noi conosciamo è il<br />
risultato di un lungo processo evolutivo che<br />
ha modificato quell’organo rendendolo più<br />
adatto ad assicurare la sopravvivenza della<br />
specie. In particolare l’evoluzione dell’empatia<br />
è strettamente associata all’evoluzione<br />
delle strutture cerebrali e dei meccanismi genetico-biochimici<br />
che hanno portato alla<br />
lenta evoluzione del “cervello sociale”; essa è<br />
quindi, ampiamente diffusa fra i mammiferi<br />
sociali.<br />
L’evoluzione dell’empatia …<br />
La “storia” dell’empatia come strumento<br />
adattativo è molto lunga: la sua origine è sor-<br />
prendentemente legata alla comparsa di un<br />
altro organo, la placenta. Tutto cominciò<br />
circa 170 milioni di anni fa quando una linea<br />
evolutiva dei Mammiferi intraprese la via<br />
della viviparità. Anziché continuare a far sviluppare<br />
l’embrione all’interno di un uovo deposto<br />
nell’ambiente, questi animali<br />
“inventarono” la placenta, una struttura che<br />
permette di sviluppare l’embrione all’interno<br />
del corpo materno che fornisce non solo protezione<br />
ma anche nutrimento. La viviparità,<br />
però, generò un conflitto di interessi fra i<br />
sessi. Infatti al maschio, biologicamente parlando,<br />
conveniva che quell’embrione che<br />
portava i propri geni crescesse molto risucchiando<br />
più risorse possibili dalla madre,<br />
anche se ciò la debilitava. D’altra parte, alla<br />
femmina non conveniva certo che quel figlio<br />
fosse la sua unica chance di riprodursi; le<br />
conveniva limitare le risorse che investiva in<br />
quella gravidanza per potersi assicurare la<br />
possibilità di averne altre.<br />
.. ha le radici nella battaglia fra i sessi ..<br />
Questa battaglia fra i sessi venne combattuta<br />
a suon di geni, cioè cercando di far prevalere<br />
geni che favorissero o l’uno o l’altro interesse.<br />
Il primo campo di battaglia fu ovviamente<br />
lo sviluppo della placenta: i geni<br />
paterni tendevano a produrre una placenta<br />
ipertrofica per ricavare il massimo possibile<br />
di risorse dalla madre, quelli della madre ne<br />
riducevano le dimensioni per bilanciare la ripartizione<br />
di risorse fra quel figlio e quelli futuri.<br />
Un secondo campo di battaglia fu lo<br />
sviluppo del cervello: i geni del padre tendevano<br />
a produrre nel figlio dei circuiti nervosi<br />
che favorissero l’avida estrazione di risorse<br />
dalla madre anche dopo il parto, facendo del<br />
h NONCREDO h 15<br />
55
h NONCREDO h 15<br />
56<br />
L’UOMO<br />
cervello uno strumento neonatale atto a svolgere,<br />
dopo il parto, le stesse funzioni svolte<br />
prima dalla placenta. Ma non solo! I geni del<br />
padre tendevano a produrre nel figlio dei circuiti<br />
nervosi che lo rendevano “esigente” nel<br />
sollecitare cure ed attenzioni da parte della<br />
madre. La strategia dei geni materni, al contrario,<br />
favoriva lo sviluppo nel figlio di un<br />
cervello meno egoista e capriccioso.<br />
.. ed è il risultato di un armistizio<br />
Ovviamente la battaglia si è risolta con un armistizio<br />
evolutivo! Infatti la vittoria eclatante<br />
di una parte sull’altra avrebbe significato comunque<br />
la morte per tutti poiché una specie<br />
che non si riproduce è morta, evolutivamente<br />
parlando. La base su cui venne firmato<br />
l’armistizio fu l’invenzione di una<br />
nuova entità evolutiva: il gruppo sociale<br />
madre-figlio. Da allora ogni mutazione che<br />
influenzava la battaglia fra i sessi venne selezionata<br />
favorevolmente se migliorava la<br />
sopravvivenza di questa nuova entità. La<br />
maggior parte di tali mutazioni favorevoli,<br />
che divennero perciò parte del patrimonio<br />
genetico della specie, furono a carico dello<br />
sviluppo del cervello, soprattutto di quello<br />
materno. Oltre ai circuiti responsabili delle<br />
cure parentali cioè “del fare” (preparazione<br />
del nido, allattamento, leccare e strigliare i<br />
piccoli, riportarli nel nido se escono, proteggerli<br />
dai predatori…) si svilupparono ulteriormente<br />
i circuiti nervosi responsabili “del<br />
sentire” fra cui la tendenza empatica. Infatti,<br />
senza una corretta percezione dei sentimenti<br />
e delle emozioni del figlio diventa problematico<br />
per la madre fornire la corretta “prestazione<br />
d’opera”. L’empatia, nella sua<br />
forma più primitiva, si è quindi evoluta<br />
come un antichissimo strumento per gestire<br />
il primo rapporto sociale, quello fra madre e<br />
figlio. Tecnicamente l’armistizio fra i sessi fu<br />
ottenuto grazie a dei meccanismi molecolari<br />
(imprinting genomico) che permettono di<br />
controllare l’espressione di certi geni in base<br />
al fatto che siano di origine materna o paterna.<br />
Eleganti studi hanno permesso di evidenziare<br />
le parti del cervello che si<br />
sviluppano a partire da cellule a controllo<br />
materno o paterno. E’ in <strong>questo</strong> modo che i<br />
genitori non solo esercitano geneticamente<br />
un controllo sulla crescita corporea dell’embrione<br />
ma indirizzano anche in modo specifico<br />
le dimensioni, l’organizzazione ed il<br />
funzionamento del suo cervello, insomma<br />
controllano il suo futuro comportamento.<br />
L’empatia è una pietra fondante dell’evoluzione<br />
della socialità<br />
Si stanno accumulando dati sperimentali che<br />
mostrano come il cervello sociale abbia le sue<br />
radici più profonde nei circuiti “inventati”<br />
per la gestione del primo rapporto sociale:<br />
quello fra madre e figlio. Quei “vecchi” circuiti<br />
nervosi furono cooptati e sempre più<br />
ampliati per gestire i rapporti sociali che divenivano<br />
sempre più complessi in quelle<br />
specie che, per sopravvivere, avevano intrapreso<br />
la linea evolutiva della socialità. Nelle<br />
specie sociali l’unità evolutiva è il gruppo sociale<br />
al cui interno, però, esistono enormi<br />
conflitti di interessi. Il principale è fra il singolo<br />
individuo e tutti gli altri: istintivamente<br />
il singolo individuo tende ad estrarre dagli<br />
altri quante più risorse possibili per la propria<br />
sopravvivenza e gli altri tendono a limitare<br />
tale “sfruttamento”. In questa nuova<br />
battaglia vennero usati i vecchi strumenti,<br />
adattandoli alle nuove e più complesse problematiche:<br />
i geni sotto il controllo paterno<br />
che favoriscono l’estrazione di risorse dagli<br />
altri e i geni sotto il controllo materno che<br />
mettono freni a questi comportamenti egoistici.<br />
Per la gestione di <strong>questo</strong> conflitto (ad<br />
esempio per capire chi si sta approfittando<br />
degli altri e per prendere le opportune contromisure)<br />
fu ovviamente necessario rafforzare<br />
e raffinare, prima di tutto, i circuiti<br />
nervosi che permettevano di riconoscere i<br />
sentimenti e le intenzioni altrui, cioè l’empa-
tia.<br />
Anatomia e fisiologia dell’empatia<br />
L’empatia, come detto, è il risultato dell’attività<br />
di specifici circuiti nervosi. Le regioni<br />
del cervello coinvolte nel generare la tendenza<br />
empatica sono molte poiché molti<br />
sono i “tipi” di empatie: si va dalla percezione<br />
di stati interni come il dolore ed il disgusto<br />
a quella con cui si valutano false<br />
credenze o si cerca di scoprire un inganno.<br />
Per generare l’empatia è quindi al lavoro una<br />
complessa rete nervosa che percepisce i diversi<br />
aspetti del comportamento altrui ed<br />
elabora adeguati comportamenti di risposta.<br />
Partecipano alla comprensione delle emozioni<br />
“regioni” nervose sia affettive, sia motorie,<br />
sia cognitive superiori. L’accuratezza<br />
NonCredo Ergo Sum?<br />
L’UOMO<br />
della tendenza empatica dipende dall’attività<br />
dei sistemi dei neuroni specchio che sono la<br />
struttura anatomica che dà la capacità innata<br />
di internalizzare, assimilare, imitare lo stato<br />
di un’altra persona. Grazie a <strong>questo</strong> sistema,<br />
l’osservazione di un’azione eseguita da un<br />
altro induce l’automatica simulazione della<br />
stessa azione nel cervello dell’osservatore;<br />
<strong>questo</strong> meccanismo di simulazione è alla<br />
base di una forma implicita di comprensione<br />
delle azioni e comprensione/immaginazione<br />
delle intenzioni altrui. Il processo di simulazione,<br />
reso possibile dai sistemi dei neuroni<br />
specchio, inizia già a poche ore dalla nascita<br />
e le esperienze precoci di interazione con la<br />
madre sembrano importanti per il “settaggio”<br />
del sistema e quindi della capacità di interagire<br />
con gli altri.<br />
Fede o Spiritualità? Apparire o Essere?<br />
PARLIAMONE sul BLOG di NONCREDO<br />
www.noncredo.it/blog<br />
Webmaster: n.bernardi@religionsfree.org<br />
h NONCREDO h 15<br />
57
h NONCREDO h 15<br />
58<br />
L’UOMO<br />
Laico diritto di non soffrire<br />
I suicidi in carcere<br />
di Gianfranco Vazzoler, primario ospedaliero - laurea in filosofia e in bioetica<br />
Pordenone, 14 giugno 2010, sentenza di I°<br />
grado: ergastolo.<br />
Ergastolo per El Katawi Defani, marocchino,<br />
che il 15 settembre scorso ha ucciso la figlia<br />
Sanaa di 18 anni perché viveva con un italiano.<br />
Un altro ergastolano!<br />
Quel che colpisce nella società carceraria è il<br />
numero in continuo aumento dei suicidi.<br />
L’ultimo il 6 giugno scorso.<br />
Quanti sono i suicidi in carcere in Italia?<br />
Nel 2005 sono stati 57;<br />
nel 2009 sono stati 72 su 60.000 carcerati di<br />
cui il 27 % sono tossicodipendenti e il 2.5 %<br />
sono malati di AIDS pari a 1.525 persone; ma<br />
è un dato non corrispondente a realtà perché<br />
il test su HIV è facoltativo e almeno due terzi<br />
dei detenuti tossicodipendenti rifiutano di<br />
sottoporsi all’analisi specifica. 1<br />
Al 14 maggio scorso c’erano 67.593 detenuti<br />
a fronte di 44.218 posti; ben oltre al limite di<br />
tollerabilità. 2<br />
Il dramma dei carcerati va visto non solo e<br />
principalmente nella libertà negata ma anche<br />
nelle condizioni ambientali; all’interno della<br />
cella adibita all’accoglienza di 1 sola persona<br />
ne vivono mediamente 3. 3<br />
129 suicidi in 2 anni significano un’immensa<br />
sofferenza!<br />
La sofferenza, condizione di dolore che riguarda<br />
il corpo ma anche il vissuto della persona<br />
e può, nel caso specifico, essere<br />
espressione di una afflizione interiore profonda<br />
e prolungata nel tempo. Può provocare<br />
quindi un disturbo psicologico con il<br />
risultato di una grave depressione causa di<br />
azioni condannabili in fase non depressiva.<br />
La sofferenza può contrarre la personalità<br />
fino alla perdita di ogni dignità; la sofferenza<br />
è “per sé” (anche per coloro che credono di<br />
trovare un senso) un male.<br />
Vi è un diritto cioè il diritto di ognuno di tentare<br />
di non soffrire.<br />
Ma quando la sofferenza, che è un atteggiamento<br />
individuale di accettazione o di non<br />
accettazione essendo legata alla propria<br />
espressione di libertà e autonomia, risulta insostenibile<br />
allora nasce il desiderio profondo<br />
di annullarla mediante il suicidio. Ecco i 129<br />
suicidi.<br />
Ma da questa sentenza di Pordenone si<br />
evince una indifferenza non solo per il processo<br />
ma anche per le conseguenze del processo,<br />
cioè l’immissione “a vita” di una<br />
persona nella “bolgia” carceraria assieme<br />
agli altri “sofferenti”.<br />
Questi fatti ci appaiono estranei; si può dire:<br />
“in fondo sono fatti loro”.<br />
Se non sono fatti loro, allora bisogna provocare<br />
un ripensamento capace di ridurre questa<br />
sofferenza e modificare la situazione.<br />
Se lo Stato non è capace di assumersi <strong>questo</strong><br />
problema e risolverlo allora sia la Chiesa a<br />
“gridare” che la sofferenza non è “un diritto<br />
della persona”. Non si limiti come ha fatto il<br />
papa, Benedetto XVI, il 2 maggio 2010 a Torino,<br />
a dire “il conforto di Maria in particolare<br />
per… i malati, i carcerati …”. “Così, nel<br />
cuore di Maria, è custodito il mistero del<br />
volto di Cristo, mistero di morte e di gloria<br />
… e riconoscere in quel volto umano (la sindone)<br />
il volto di Dio con sguardo d’amore e<br />
di fede”. 4<br />
Ma intanto ci sono 129 suicidi in carcere in 2<br />
anni e 29 detenuti morti suicidi fino a oggi<br />
(18/06 /2010) e 45 tentativi di suicidio.<br />
Non possiamo invocare l’affermazione di
Maria Teresa di Calcutta che dice: “…stai<br />
soffrendo come Cristo sulla croce…” 5<br />
La sofferenza purifica fino in fondo il nostro<br />
cuore tanto da renderlo caro a dio oppure al<br />
contrario lo intorpidisce, lo annebbia, lo<br />
rende cattivo?<br />
Questo dovremmo riflettere di fronte ai suicidi<br />
in carcere e provvedere oppure il suicidio<br />
in carcere è un atto accettato e<br />
giustificato?<br />
***<br />
1 Italy.indymedia.org<br />
2 Corriere Sera- Sette,n.24,17 giugno 2010,p.71<br />
3<br />
http://www.caffenews.it/?p.6887<br />
4<br />
Radio Vaticana , 2 maggio 2010<br />
5<br />
C.Hitchens,La posizione della missionaria,Ed.Minimum<br />
fax,Ponte Milvio 28,Roma,2003,p.7<br />
Gruppo autonomo<br />
di Facebook<br />
L’UOMO<br />
Una persona per essere un ciadino onesto, morale, giusto NON ha bisogno di isciversi<br />
ad un partito politico e tantomeno di appartenere ad una qualsiasi religione<br />
facendosene condizionare: bastano l’Etica e il senso di libertà con il solo limite della<br />
libertà altrui.<br />
Rivalutiamo la figura del NonCredente, e per <strong>questo</strong> la Fondazione ReligionsFree<br />
ed il bimestrale NonCredo hanno costituito su Facebook il Gruppo aperto “Identità<br />
Culturale NonCredenti” di cui chiunque può liberamente e autonomamente far<br />
parte.<br />
Il NonCredente è chi non si riconosce in nessuna religione, né in riti, nè in un pensiero<br />
altrui che non sente come proprio, egli è pertanto: una persona intelleualmente<br />
libera, comportamentalmente responsabile ed eticamente autonoma.<br />
Costruiamo insieme la concreta Realtà Sociologica dei NonCredenti<br />
h NONCREDO h 15<br />
59
h NONCREDO h 15<br />
60<br />
L’UOMO<br />
Una disamina umana contro pregiudizi anti-umani<br />
Quando l’omosessualità è anche Amore<br />
di David Giacanelli, giornalista<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Il cinque per cento della popolazione mondiale e di quella italiana risulterebbero essere omosessuale, cittadini come<br />
gli altri, come i mancini o gli albini, i vegetariani o gl invalidi. Cittadini che aspirano al diritto alla serenità nel rispetto<br />
delle leggi che un Parlamento, in cui gli omosessuali si guardano bene dal venire onestamente e democraticamente<br />
allo scoperto, si guarda bene dall’adottare, come ha già fatto ovunque il mondo civile, a protezione dei diritti<br />
personali e familiari di questa minoranza cui sono appartenuti nella storia grandissimi artisti, scienziati e uomini<br />
di potere.<br />
Non è passato il disegno di legge contro<br />
l’omofobia.<br />
L’argomento più dibattuto nel nostro paese<br />
rispetto ai generi e alla loro tutela, proprio<br />
negli ultimi mesi, è stata la proposta di legge<br />
presentata dal deputato del partito democratico<br />
Paola Concia contro l’omofobia. La<br />
Concia, attraverso un lavoro faticoso e certosino,<br />
ha cercato di fare approvare un testo di<br />
legge che stigmatizzasse ogni atteggiamento<br />
omofobo. Dal Governo ci sono stati solo voti<br />
contro o astensioni. Questo fa male. Prima di<br />
tutto perché siamo rimasti tra gli ultimi<br />
paesi, in Europa, a non avere una legge che<br />
tuteli gli omosessuali da una qualsiasi forma<br />
di violenza. Soli assieme alla Grecia, Cipro,<br />
Malta e poche retrograde lande ancora. L’argomentazione<br />
più diffusa, a suffragare<br />
quella mancata approvazione del disegno di<br />
legge, è che in realtà nel nostro Paese non si<br />
può creare una norma ad hoc per le discriminazioni<br />
verso gli omosessuali, poiché altrimenti<br />
bisognerebbe farlo nei confronti di<br />
ogni “minoranza”. “Ché la Costituzione -<br />
sempre secondo <strong>questo</strong> Governo - conterrebbe<br />
già quanto sufficiente alla tutela dell’individuo”.<br />
Questo significa asserire che se<br />
qualche omosessuale è stato vittima di stalking,<br />
mobbing, aggressione verbale e fisica, si<br />
è trattato di un caso isolato, non riconducibile<br />
ad una discriminazione di genere ma,<br />
ancora, significa che l’omosessuale è una<br />
“minoranza” numerica e, pertanto, non determinante<br />
ai fini di un disegno di legge. Eppure,<br />
da qualche parte, si dovrà pur<br />
cominciare. Se un gruppo di parlamentari<br />
solleva la questione sull’omosessualità reiterate<br />
volte negli ultimi anni, questa non può<br />
più essere disattesa.<br />
Omosessualità e pregiudizio.<br />
Abbiamo rappresentanti dell’attuale Governo<br />
che si rifiutano di pensare che la percentuale<br />
di omosessuali nel nostro Paese stia<br />
diventando consistente e preferisce immaginarla<br />
una nota naif e riottosa dei tempi<br />
d’oggi. La concepisce come fenomeno di libertà<br />
sessuale ostentata, torbido gorgo dove<br />
finiscono istinti primitivi e incontrollati, sempre<br />
“contro natura”. All’omosessuale continua<br />
ad essere associato un percorso<br />
esperienziale anticonvenzionale, ammesso<br />
che esista una convenzione insindacabile, e<br />
perciò surrogato di libido e promiscuità: una<br />
dimensione indefinita o, peggio, indefinibile.<br />
Non esiste, ancora, alcuna consapevolezza<br />
dell’omosessualità, della sua estensione territoriale,<br />
della necessità di accettarla come<br />
ogni altra realtà. Esiste invece: trattasi, almeno,<br />
del 5% della popolazione mondiale.<br />
Pervicace resiste, invece, una sua strumentale<br />
e grottesca rappresentazione. All’Amore<br />
omosessuale viene associato un mondo teso<br />
al semplice soddisfacimento del piacere fi-
sico, alla soddisfazione dei sensi. Sicuramente<br />
c’è anche <strong>questo</strong>, come nella rappresentazione<br />
di tutti gli amori esistenti, ma ci<br />
sono tutte le altre componenti, non meno importanti,<br />
di una qualsiasi relazione. Una relazione<br />
di significato, che abbia una minima<br />
riconoscibilità temporale, una forma che è<br />
pure sostanza. Quando ci troviamo a parlare<br />
di Amore e omosessualità, abbondano le rappresentazioni<br />
rozze e svilenti di questa complessità.<br />
L’Amore, quello vero, che abita la<br />
mitologia come la letteratura di ogni tempo,<br />
non può escludere alcun genere. E’ presente,<br />
occupa il suo spazio in ogni contesto e dimensione<br />
relazionale per riempirli di ulteriore<br />
significato.<br />
Globalizzazione e amore omosessuale.<br />
Amore: puro e reale sentimento di due persone<br />
che si scelgono, degno di essere considerato,<br />
rispettato e tutelato. La<br />
globalizzazione ha sicuramente condizionato<br />
anche le storie legate all’omosessualità. L’<br />
amore ai tempi delle chat, di internet, della<br />
comunicazione veloce, della frantumazione<br />
delle barriere temporali, dell’edonismo sfrenato,<br />
del consumo immediato e del collezionismo<br />
di partner differenti, esiste e<br />
sopravvive. Per alcuni omosessuali anche<br />
l’esperienza in se può essere interpretata<br />
come Amore. Soprattutto se parliamo di persone<br />
anaffettive, che mostrano certa difficoltà<br />
a costruire un rapporto duraturo.<br />
Queste stesse persone, però, esaurita la fase<br />
esplorativa ed appagante, generalmente cominciano<br />
a trarre delle considerazioni spiacevoli,<br />
a porsi domande sulla propria<br />
solitudine. Vorrebbero un rapporto differente<br />
ma non sono capaci di costruirlo o, più<br />
semplicemente, non avendolo mai vissuto, lo<br />
temono. Per <strong>questo</strong> motivo continuano ad essere<br />
bloccate, sospese nel limbo irrisolto del<br />
sesso continuo, veloce e sempre diverso. Nel<br />
Parlamento del nostro Paese si chiedono<br />
delle norme che tutelino l’omosessuale in generale,<br />
come l’Amore presente nelle sue sto-<br />
L’UOMO<br />
rie, inerme creatura rispetto al pregiudizio di<br />
chi non ha capacità culturale per comprenderlo<br />
e accettarlo. Norme che garantiscano<br />
tutti i diritti alle persone che lo provano.<br />
Dell’Amore continuiamo a dibattere. Del<br />
fatto che in Italia la popolazione omosessuale<br />
dovrebbe rappresentare più del 5% di quella<br />
nazionale, riproducendo approssimativamente<br />
lo stesso campione mondiale come<br />
poc’anzi descrivevo. Da quest’anno è intervenuto<br />
anche l’Istat a fare luce sui numeri<br />
con una nuova voce nella quale si è invitati a<br />
specificare se si è conviventi in coppia ed è<br />
possibile, finalmente, menzionare se con<br />
compagno dello stesso o differente sesso. La<br />
popolazione cambia, così la statistica sente<br />
l’esigenza di utilizzare criteri più precisi per<br />
identificarne la compagine, certa Politica, invece,<br />
non sembra cambiare. Sarà interessante<br />
aspettare i risultati di quest’ultimo censimento<br />
per capire quante sono, realmente, le<br />
coppie di fatto in Italia. E da quest’ultimo<br />
dato sviscerare quante quelle omosessuali e<br />
quelle eterosessuali. Uno stimolo in più, si<br />
spera, perché la politica torni ad interrogarsi<br />
e a legiferare su nuove forme di tutela di<br />
questa coppia di fatto, di sesso e Amore. ‘Ché<br />
non è solo libido, voglia di disimpegno etico<br />
e morale, come è piaciuto per anni raccontarsi<br />
a certo clero e alla maggioranza della<br />
popolazione allevata in un format precostituito<br />
e insindacabile, con regole ataviche, impossibili<br />
da ridiscutere.<br />
Omosessualità e narrativa contemporanea.<br />
Se penso a David Leawit ma, ancora, oltrepassando<br />
l’oceano allo scrittore marocchino<br />
Abdellah Taia, solo per fare due esempi di<br />
vecchia e giovane generazione, due stranieri,<br />
uno appartenente al mondo occidentale più<br />
disinibito e aperto, l’altro talento emergente<br />
con maggiori difficoltà di coming out poiché<br />
nato in uno paese islamico, mi rendo conto<br />
che se l’Amore nella coppia omosessuale è<br />
concepito ancora in modo grottesco è per via,<br />
anche, di chi lo tratta. Romanzi sul mondo<br />
h NONCREDO h 15<br />
61
h NONCREDO h 15<br />
62<br />
L’UOMO<br />
omosessuale ce ne sono, ma quanti hanno<br />
scritto di una storia d’amore esaltandone<br />
proprio l’elemento affettivo, passionale, del<br />
sentimento allo stato puro? Più spesso nella<br />
letteratura e narrativa, l’amore omosessuale è<br />
ridotto alla ossessiva e meticolosa descrizione<br />
della soddisfazione di impulsi, alla<br />
promiscuità più o meno tacita della coppia,<br />
alla condivisione delle proprie esperienze<br />
parallele. Per lo meno, <strong>questo</strong> avviene sovente<br />
per la letteratura contemporanea sul<br />
genere. Si parla di “esercito della salvezza”,<br />
nel romanzo omonimo di Abdellah Taia, sviscerando<br />
la necessità di affidarsi ad una<br />
struttura reale e personale, fatta di esperienza<br />
maturata, del sostegno di amici, di<br />
enti, di una cultura pronta ad accogliere<br />
qualsiasi difficoltà le bussi alla porta per sopravvivere<br />
alle discriminazioni, ma poco si<br />
approfondisce il legame d’amore nella coppia<br />
omosessuale. E basterebbe scriverne, cominciare<br />
a farlo in modo sistematico:<br />
spiegare la coppia, raccontare le esperienze<br />
felici e durature, descrivere l’amore e tutte le<br />
sue componenti: le dipendenze, la necessità<br />
di ritrovarsi continuamente, di appoggiarsi<br />
e costruire baluardi, il proteggersi.<br />
Questi sono solo esempi immediati che mi<br />
vengono in mente. In <strong>questo</strong> modo, forse, le<br />
storie perderebbero di tensione narrativa, sarebbero<br />
un po’ piatte e, per alcuni, potrebbero<br />
risultare sdolcinate e poco<br />
rappresentative. La capacità di interessare<br />
spetta, però, a chi tratta il tema. Uscire fuori<br />
dai più comuni cliché che accompagnano<br />
ogni manifestazione del mondo omosessuale<br />
per rendergli giustizia e restituirgli la dignità<br />
e considerazione che merita: <strong>questo</strong> il traguardo<br />
principale che possiamo declinare in<br />
ogni ambito, non solo narrativo, della nostra<br />
società. Questo è il punto da tenere a mente,<br />
che non contrasta con la componente squisitamente<br />
sessuale di ogni rapporto, bensì ne<br />
completa la consistenza. A <strong>questo</strong> punto mi<br />
chiedo, però, se la scelta sempre parziale<br />
nella rappresentazione dell’omosessualità<br />
sia consapevole e studiata, perché rispon-<br />
dente ad esigenze di mercato e rassicurante<br />
per tutti quei palati pronti alla discriminazione.<br />
Amore e omosessualità continua ad<br />
essere, ai giorni nostri, un binomio appena<br />
accennato e indagato, collocato nell’angolo<br />
buio dell’enorme attenzione riposta sull’aspetto<br />
prettamente sessuale. Il sesso fa<br />
sempre notizia: solletica e soddisfa i pruriti<br />
di chi vive prigioniero di convenzioni e ha<br />
necessità di spiare con ingordigia gli aspetti<br />
materiali di ogni relazione.<br />
Le reti trasversali che si battono per il riconoscimento<br />
dei diritti degli omosessuali.<br />
Proprio negli ultimi mesi si è tenuto a Roma<br />
il congresso fondativo della onlus “Equality<br />
Italia”, che si occupa, tra le differenti tematiche,<br />
anche del riconoscimento dei diritti per<br />
le persone lgbt. E’ interessante constatare<br />
quanto ci si debba battere con tutte le energie<br />
possibili, ancora oggi, per il riconoscimento<br />
di una identità e dei suoi diritti. Proposte e<br />
dibattiti ce ne sono tanti: sono emersi anche<br />
in <strong>questo</strong> ultimo convegno, dove sono stati<br />
ribaditi tutti gli amori possibili, l’intenzione<br />
di combattere ogni forma di discriminazione,<br />
di fare di queste istanze i punti programmatici<br />
di un’agenda politica con la quale presentarsi<br />
alle prossime elezioni. I buoni<br />
propositi dimostrati da parlamentari di eterogenee<br />
aree politiche incredibilmente convergono<br />
anche sull’amore omosessuale, ma<br />
non si capisce il motivo per il quale, al momento<br />
di legiferare, almeno in passato, ci si è<br />
sempre impaludati. E non può essere esclusivamente<br />
perché viviamo in un paese fortemente<br />
cattolico e per il condizionamento<br />
politico che provvedimenti seri ma impopolari<br />
comporterebbero, per il timore cioè di<br />
vedere frantumarsi alleanze politiche proprio<br />
sul superamento dei pregiudizi legati a<br />
questi temi. Molti parlamentari si dichiarano<br />
laici, a destra come a sinistra, molti sono credenti<br />
non osservanti, eppure impedimenti e<br />
incomprensioni non terminano mai.
La Chiesa.<br />
Non dimentichiamo che l’attuale pontefice,<br />
nei mesi scorsi, ha parlato di necessità di purificare<br />
l’aria, che le Istituzioni debbono dare<br />
Sensibilità di Leopardi<br />
L’UOMO<br />
per prime il “buon esempio”. Ecco. Facciamo<br />
ripartire il “buon esempio” anche dal riconoscimento<br />
di nuove forme relazionali, che<br />
sono già realtà, e tracimano Amore.<br />
Nello “Zibaldone”, Leopardi confessa se stesso con estrema sincerità. In particolare si sofferma<br />
sulla propria capacità di “tenuta” dell’esistenza. Altrove, il grande poeta afferma che<br />
la denuncia di cedimenti non si deve alle sue condizioni di salute, notoriamente precarie da<br />
sempre, ma a profonde riflessioni, allo scavo in se stesso, che lo hanno portato puntualmente<br />
a sconsolazioni problematiche e drammatiche.<br />
Pochi hanno centrato come lui il male di vivere. Pochi sono riusciti a rappresentare con<br />
tanto effetto la nostalgia per la vita che se ne va, il mondo che scompare (mentre, è chiaro,<br />
a scomparire siamo soltanto noi). Ma in Leopardi non c’è disperazione, c’è dolore, c’è delusione,<br />
prontamente riscattate da “colpi d’ala” che rendono preziosi questi sentimenti, che li<br />
trasformano e li sublimano.<br />
Scetticamente, il poeta raccomanda di non pensare troppo: ne parla come di un antidoto sicuro<br />
contro la depressione. Raccomanda anche di non genuflettersi. Implora di agire, di<br />
non stare con le mani in mano a compiangersi, ma di distrarsi con l’azione e nell’azione: e<br />
pazienza se poi non si fa granché.<br />
Ma non è questa la parte interessante del pensiero leopardiano. Molto più interessanti sono<br />
i sottintesi. Grazie ai quali, appare evidente che Leopardi si riferisce ad un mondo ideale che<br />
effettivamente esiste. Un mondo nel quale, per lo meno, l’opinione umana conta, anzi è determinante<br />
ed è in sintonia con le leggi della Natura. “La Natura è grande, la ragione è piccola”,<br />
ripete il poeta all’infinito. Ma nella frase appare implicita la possibilità della ragione<br />
di arrivare a capire la Natura: intanto celebriamola, esaltiamola romanticamente senza<br />
smancerie.<br />
Senza darlo a vedere, il poeta sostiene una tesi per cui non siamo ancora in grado di apprezzare<br />
interamente la Natura perché la nostra ragione è ancora in fasce, si perde in piccole<br />
cose (se non la si usa, è peggio, si cade nella religione, nel fanatismo). Allora agire sì,<br />
ma con la speranza e quindi certezza di capire cosa si sta facendo. In fondo, ci crede anche<br />
il poeta di Recanati, lo sente possibile e legittimo.<br />
h NONCREDO h 15<br />
63
h NONCREDO h 15<br />
64<br />
L’UOMO<br />
BIOETICA & DIRITTI<br />
di Valerio Pocar, già prof. Bioetica e Sociologia del diritto, università Milano<br />
Le riviste hanno i loro tempi. Scrivo all’inizio di novembre 2011 e può darsi che, quando voi,<br />
cari lettori e lettrici, prenderete visione di <strong>questo</strong> numero di NonCredo, la situazione sia<br />
cambiata..<br />
La discussione al Senato per la definitiva approvazione del famigerato testo di legge sul testamento<br />
biologico era “calendarizzata” (orribile! ma così si dice) per metà settembre. Non<br />
se ne è più parlato. Poco male, per un verso, perché la probabilità che quel testo sciagurato,<br />
irragionevole, costituzionalmente illegittimo e irrispettoso dei diritti fondamentali dell’individuo<br />
diventasse definitivamente legge erano (sono) molto elevate. Ma la questione è di<br />
metodo.<br />
E’ semplicistico spiegare il silenzio col fatto che le vicende economiche e sociali di <strong>questo</strong><br />
infelice Paese impongono - maiora premunt - di occuparsi d’altro. La regolazione delle direttive<br />
anticipate, infatti, ha poco a che fare con l’economia e rappresenta una riforma a<br />
costo zero. Il rinvio sine die non può scusarsi con imprescindibili ragioni di bilancio. Il caso<br />
è piuttosto un esempio di ciò che non dovrebbe succedere in uno stato laico e democratico.<br />
E’ chiaro il balletto. Il governo vorrebbe ancora l’appoggio della Chiesa, ma sa che quest’ultima<br />
sembra ormai aver cambiato cavallo, quello vecchio essendo ormai del tutto impresentabile<br />
alla comunità dei fedeli. La Chiesa, a sua volta, non può insistere per<br />
l’approvazione di un provvedimento che rappresenterebbe sì una sua vittoria, ma la coinvolgerebbe<br />
in una scelta politica ormai rifiutata. Dal canto suo anche l’opposizione è ben<br />
lieta che non si affronti un tema di contrasto e di divisione, infarcita com’è di personalità che<br />
si permettono di dichiarare che, poste di fronte all’alternativa, non esiterebbero a favorire<br />
le pretese vaticane a scàpito delle scelte della politica dello stato (si potrebbero fare nomi e<br />
cognomi) e al tempo stesso protesa a trovare (fors’anche con qualche ragione, ma il punto<br />
non è <strong>questo</strong>) convergenze per maggioranze alternative con formazioni politiche che del<br />
riferimento ai dettami delle gerarchie cattoliche fanno la loro bandiera e anzi la loro stessa<br />
ragion d’essere.<br />
Questo è il teatro della bassa politica nostrana., condizionata, su questi temi, ma non solo,<br />
dall’ipoteca clericale e dal desiderio di lisciare il pelo alla Chiesa per catturarne il favore.<br />
Sono però in gioco - piccolo particolare - diritti fondamentali degli individui. Che alla politica<br />
per come è oggi - ma non è sempre stato così - e alle gerarchie ecclesiastiche cattoliche<br />
poco importi dei diritti fondamentali delle persone non è cosa esattamente nuova e non<br />
sorprende. Almeno quando non costa, però, e non vi sono rischi per le scelte economiche e<br />
finanziarie, giuste o sbagliate che siano (sbagliate), non sarebbe più decente e preferibile<br />
sotto il profilo morale e giuridico prendere sul serio le esigenze degli individui, come quelle<br />
che concernono le scelte cruciali della loro salute, della loro vita e della loro morte?
E invece dio gioca ai dadi<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
Il recentissimo dilemma tra neutrini<br />
e velocità della luce<br />
di Renato Potenza, prof. Fisica dei neutrini univ. Catania, ricerc. CERN<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Siamo alle soglie di una nuova rivoluzione nel pensiero scientifico? L’annuncio che alcune misure, effettuate da<br />
un gruppo che sta conducendo un grosso esperimento sui neutrini presso il nostro laboratorio italiano del Gran<br />
Sasso, hanno probabilmente messo in luce che queste particelle si muovono, nel nostro universo, con una velocità<br />
superiore a quella della luce nel vuoto, ha messo letteralmente in subbuglio il mondo scientifico, e non solo<br />
quello dei fisici<br />
Da più di un secolo, dal lontano 1905,<br />
quando Einstein pubblicò i suoi famosi articoli<br />
sulla teoria della relatività, nessuno metteva<br />
in dubbio che la velocità della luce nel<br />
vuoto, 299.796 km/sec, fosse la massima velocità<br />
per qualsiasi oggetto mobile nel nostro<br />
universo e tutti gli esperimenti finora effettuati<br />
avevano confermato le affermazioni di<br />
Einstein. Ipse dixit, dunque? Come tanti secoli<br />
fa? Beh, sì! Nonostante si viva in un’era<br />
pervasa dalla mentalità scientifica, le vecchie<br />
abitudini son dure a morire. Nessun ricercatore,<br />
per quanto bravo e stimato avrebbe mai<br />
ricevuto una lira di finanziamento pubblico<br />
o privato se avesse confessato di voler provare<br />
con ulteriori misure il principio che fa<br />
della velocità della luce nel vuoto la velocità<br />
limite per tutti i corpi esistenti nel nostro universo.<br />
E infatti lo scopo dichiarato dell’esperimento<br />
in seno al quale le misure di velocità<br />
dei neutrini sono state effettuate è quello si<br />
studiare i neutrini stessi e le loro proprietà<br />
(tra cui appunto le loro velocità quando si<br />
spostano da un punto all’altro dell’universo,<br />
velocità che tuttavia mai si sarebbero potute<br />
a priori immaginare superiori a quella della<br />
luce!).<br />
La falsificabilità popperiana delle proposizioni<br />
scientifiche<br />
Eppure Karl Popper, nel lontano 1934 aveva<br />
affermato, e <strong>questo</strong> è oggi accettato universalmente,<br />
che qualsiasi proposizione nel discorso<br />
umano si può dire scientifica solo se è<br />
formulata in modo da poter essere falsificata.<br />
E si badi che per dichiarare superata una teoria<br />
scientifica, anche gloriosa come quelle di<br />
Newton (moto dei corpi e gravitazione) o<br />
quelle parallele di Einstein (relatività del<br />
moto detta relatività speciale e teoria relativistica<br />
della gravitazione detta relatività generale)<br />
basta un solo esperimento che la<br />
contraddica, mentre occorrerebbero infiniti<br />
esperimenti di conferma per dichiararla assolutamente<br />
vera.<br />
Per ciò che riguarda la teoria della relatività<br />
di Albert Einstein per la verità, come ormai<br />
succede per tutte le teorie scientifiche, tentativi<br />
di falsificazione sono già in corso da diversi<br />
anni, ma si tratta di difficili esperimenti<br />
indiretti, che avrebbero falsificato la teoria<br />
mostrando false, se avessero avuto successo,<br />
certe lontane e nascoste conseguenze, tipico<br />
cibo degli esperti, che comunque si sarebbero<br />
dovute controllare, se non altro per<br />
completezza.<br />
Nessuno pensava di poter giungere alla falsificazione<br />
diretta del secondo postulato fondante<br />
della teoria: la velocità della luce come<br />
velocità limite nell’universo in cui viviamo.<br />
h NONCREDO h 15<br />
65
h NONCREDO h 15<br />
66<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
I neutrini, i piccoli discoli dello zoo delle<br />
particelle elementari<br />
Ma, se c’era da pensare minimamente a<br />
quale delle particelle conosciute ci si sarebbe<br />
dovuti rivolgere per un simile sconvolgente<br />
risultato, ebbene, solo i neutrini si sarebbero<br />
potuti prestare al gioco.<br />
Conosciamo tre diversi neutrini. Sono le particelle<br />
più leggere tra i cosiddetti “mattoni”<br />
della materia, che sono 12, 6 chiamati quark<br />
e 6 chiamati leptoni. I neutrini sono leptoni e<br />
sono veramente i piccoli discoli dello zoo.<br />
Dalla loro scoperta hanno dato sempre grattacapi:<br />
non conosciamo la loro massa, cioè di<br />
quanta materia son fatti, cosa che non succede<br />
per alcuna delle particelle di cui abbiamo<br />
potuto dimostrare l’esistenza;<br />
sappiamo che almeno di due neutrini la<br />
massa non è nulla: ma allora perché, essendo<br />
trottoline come tutti gli altri 9 “mattoni”, solo<br />
per loro accade che se li guardiamo allontanarsi<br />
da noi li vediamo ruotare solo in senso<br />
antiorario, mentre le altre possiamo vederle<br />
ruotare in entrambi i sensi? E ora, se la cosa<br />
sarà confermata da nuovi esperimenti indipendenti<br />
(che saranno certamente finanziati<br />
e non ritenuti insensati), che significa che essi<br />
viaggino a velocità superiore a quella della<br />
luce, ma solamente di pochissimo?<br />
Il significato anche filosofico di <strong>questo</strong> annuncio<br />
Sappiamo già, per averlo sperimentato tra la<br />
seconda metà dell’’800 e i primi due decenni<br />
del ’900 quanto tempo porterà via l’assestamento<br />
delle teorie fisiche su nuove basi (allora<br />
prese circa 60 anni e ci son voluti 37 anni<br />
nella seconda metà del ’900 e nei primi anni<br />
2000 per riconoscere che i neutrini o almeno<br />
due di essi avevano massa non nulla) e sappiamo<br />
anche che nell’ambito di fenomeni nei<br />
quali le teorie relativistiche sono state provate<br />
corrette esse rimarranno corrette. Il superamento<br />
avrà conseguenze in due grandi<br />
campi: i viaggi spaziali e il funzionamento<br />
della gravità nell’universo sulle grandi distanze.<br />
Non è poco, ma non è tutto. La rivoluzione,<br />
se ci sarà, toccherà certamente le<br />
teorie sull’origine dell’universo, rinfocolando<br />
le polemiche tra credenti e non credenti,<br />
probabilmente a favore di questi<br />
ultimi, che potranno forse valersi, per illustrare<br />
la nascita naturale e non creata dell’universo,<br />
di una più agevole comprensione<br />
della forza di gravità, in parte liberata dai legami<br />
formidabili imposti dalla relatività generale<br />
tra spazio, tempo e gravitazione.<br />
Un’ultima considerazione<br />
E adesso consentite ad un uomo di scienza<br />
una considerazione che in fondo ha un precedente<br />
illustre nella frase di Einstein: “Dio<br />
non gioca a dadi con l’universo” (frase in cui<br />
si sbagliava: il gioco probabilistico è il fondamento<br />
del nostro universo che è regolato<br />
dalla meccanica quantistica, intrinsecamente<br />
probabilistica e non da quella classica, intrinsecamente<br />
deterministica). Perché dio,<br />
<strong>questo</strong> creatore intelligentissimo nell’idea<br />
del credente e grande mago, se visto con gli<br />
occhi dello scienziato, avrebbe dovuto formare<br />
un universo così complicato in cui non<br />
solo i fondamenti sono incerti e probabilistici,<br />
non solo per la quasi totalità degli oggetti<br />
conosciuti la velocità della luce è un<br />
limite invalicabile, ma debbano nel tutto intrufolarsi<br />
piccoli discoli indisciplinati, capaci<br />
di inficiare le più radicate credenze scientifiche?<br />
E’ forse per confermare l’immagine di<br />
alleato esigente e capriccioso che la bibbia<br />
fantasiosamente ci descrive? O non è forse<br />
più semplice ritenere semplicemente che<br />
l’universo in cui viviamo sia nato naturalmente<br />
da un semplice grumo di particelle<br />
elementari, piccolissimo, prodotto dal vuoto<br />
in cui siamo immersi con un meccanismo regolato<br />
anche nell’atto della nascita dalle leggi<br />
probabilistiche che regolano il moto di tutte<br />
le particelle, come suggerisce la recente teoria<br />
dell’inflazione per dar conto della storia<br />
dell’universo prima del big bang? In tal caso
non potremmo parlare che di capricci del<br />
caso e la cosa non ci meraviglierebbe, tanto<br />
più che potremmo seguire l’evoluzione dell’universo<br />
con la semplice applicazione delle<br />
leggi fisiche, continuamente soggette a falsificazione<br />
per permetterci una loro sempre<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
migliore comprensione. E, tanto per restare<br />
in tema, come si può notare dalle mie ultime<br />
frasi anche la teoria del big bang oggi è soggetta<br />
a falsificazione e ha già richiesto un<br />
primo completamento.<br />
NONCREDO apre a nuove iniziative editoriali ed al futuro tecnologico<br />
NonCredo amplia la propria offerta editoriale inaugurando un 2012 ricco di importanti novità.<br />
La cultura della ragione schiude nuove porte e illumina antri abbandonati da anni.<br />
NonCredo e la Fondazione ReligionsFree hanno sul tavolo di lavoro il varo di un marchio<br />
editoriale che editerà quattro libri ogni anno, affrontando, in saggi distribuiti nelle librerie<br />
di NonCredo, tutti i grandi temi della NonCredenza, libri che raccoglieranno interventi dei<br />
tanti collaboratori che hanno fatto diventare la rivista un punto di riferimento italiano su<br />
questa tematica illuministica.<br />
Nei primi mesi del nuovo anno lanceremo le versioni elettroniche della rivista ovvero collana<br />
bimestrale di volumi (dal primo numero fino a quello che state leggendo) e dei nuovi<br />
libri, per i nuovi lettori come i Tablet, Iphone, fino al Kindle di Amazon. Dopo il file .pdf che<br />
da anni accompagna la versione digitale della rivista, entrano nel vocabolario dei tanti nostri<br />
lettori anche termini come .mobi, .epub e .app<br />
A maggio 2012 poi avverrà il lancio pubblico dei nuovi progetti partecipando al salone Internazionale<br />
del Libro di Torino, che si terrà dal 10 al 14 presso il Lingotto Fiere. NonCredo<br />
e la Fondazione ReligionsFree condivideranno lo stand con Prospettiva Editrice presso il<br />
Padiglione 1, pronte a soddisfare le tante richieste di informazioni, libri, fascicoli e letture.<br />
Durante la kermesse letteraria NonCredo salirà alla ribalta sul palco con un autorevole convegno<br />
dove si parlerà di “NonCredenza ed etica senza religioni” in Italia nel nuovo millennio.<br />
A moderare l’evento il direttore Paolo Bancale, che in quella occasione avrà modo di inaugurare<br />
nuove e importanti iniziative legate alla Fondazione.<br />
La forza di un giornale è proporzionale alla sua diffusione: se vi riconoscete in tutto in<br />
parte nei nostri ideali e nel nostro messagio culturale, condivideteli con qualcuno che<br />
conoscete, parenti, amici, colleghi, ed allargate la diffusione di NonCredo.<br />
LETTORE, SII NOSTRO AMICO: ABBONA UN TUO AMICO!!! GRAZIE<br />
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PENSIERO SCIENTIFICO<br />
Dai miti di tutte le religioni alla nuda realtà<br />
La vita senza dio<br />
di Gianni Simonati, psichiatra, laurea in filosofia<br />
________________________________________________________________________________________<br />
La chiesa dopo Copernico, Darwin e Freud non può insegnare nulla sull’universo e sul mondo; si è rifugiata<br />
nella difesa della vita che viene da dio. La genetica le sta inferendo un colpo mortale. Secondo la dottrina cattolica<br />
la vita non può essersi formata da se stessa, e la fonte della vita non può essere che dio, come si legge nei<br />
Salmi: "O Eterno, … in te è la fonte della vita, e per la tua luce noi vediamo la luce" (Salmo 36:5,9).<br />
Il dogma della chiesa cattolica e delle filosofie<br />
vitaliste (Bergson, Driesch, Tellard de<br />
Chardin, filosofie della natura di moda oggi<br />
nelle pseudo medicine alternative) è che la<br />
materia vivente possieda un qualcosa di più<br />
e di diverso rispetto alla materia inorganica<br />
non vivente; qualcosa come la “anima<br />
mundi” di cui parlavano i neoplatonici nel<br />
rinascimento, che pervade la natura e le dà<br />
la vita. Le filosofie vitaliste hanno sostenuto<br />
per secoli la “generazione spontanea” della<br />
vita sulla terra ad opera di energie celesti (in<br />
cielo invece si formava l’etere luminifero, che<br />
permetteva la vita celeste). A tale entità le filosofie<br />
vitaliste hanno attribuito tanti nomi:<br />
anima mundi, entelechia, vis vitalis, èlan<br />
vital, principio intelligente.<br />
Il concetto di vita è generico, indefinito, e<br />
viene volta a volta identificato con quello di<br />
anima, di spirito, che poi viene poi ancora assimilato<br />
a ciò che è immateriale, come il pensiero,<br />
l’amore, i sentimenti, la spiritualità,<br />
cioè quel qualcosa che distingue gli esseri<br />
umani dagli esseri inferiori.<br />
A questa conclusione è invece arrivata oggi<br />
la ricerca scientifica:<br />
“Non esiste una materia vivente. Esiste una<br />
materia che costituisce gli esseri viventi e<br />
questa materia non ha alcuna proprietà particolare<br />
che non si trovi in quella che costituisce<br />
i corpi inerti”. (Francis Jakob, premio<br />
Nobel per la medicina nel 1965 per le scoperte<br />
sul controllo genetico della sintesi di<br />
virus).<br />
L’ideologia cattolica dalla spiegazione dell’universo<br />
alla spiegazione di nulla<br />
La chiesa dopo aver raccontato per secoli<br />
quale è la struttura del cosmo secondo la narrazione<br />
biblica ha dovuto ammettere che la<br />
storia della creazione è un racconto mitico;<br />
non potendo contestare i dati della astrofisica,<br />
della paleontologia e della biochimica<br />
ora deve tacere sulla struttura dell’universo,<br />
sul posto dell’uomo nel mondo e sul rapporto<br />
con le altre forme di vita sulla terra.<br />
Nell’universo illimitato dei miliardi di galassie<br />
la illusione antropocentrica di essere al<br />
centro dell’universo è indifendibile. Il cristianesimo<br />
dopo aver fatto della narrazione<br />
della creazione il centro della sua dottrina,<br />
ed essersi così ridotto ai margini di ogni sapere,<br />
ha tagliato fuori dal suo interesse il<br />
“creato”: mentre Agostino e Tommaso consideravano<br />
la natura una creazione meravigliosa<br />
in funzione dell’uomo, Kirkegaard<br />
non considera l’universo astronomico e della<br />
natura, ma solo il rapporto solitario del singolo<br />
con dio.<br />
Marginalizzata dalle scienze, la chiesa si è ricreata<br />
un ruolo come paladina della difesa<br />
della vita, affermando che la vita inizia dal<br />
momento della fecondazione e che va sem-
pre difesa perché deriva da dio.<br />
Tommaso D’Aquino sosteneva invece che<br />
l’anima viene introdotta da dio in modo graduale;<br />
il feto acquisisce prima l’anima vegetativa,<br />
poi quella sensitiva e infine la<br />
razionale, ed è solo da <strong>questo</strong> momento che<br />
il feto può essere considerato un essere<br />
umano.<br />
Ma con l’avanzare delle scienze vacilla il predominio<br />
ideologico della chiesa che elabora<br />
allora una nuova dottrina “di battaglia” su<br />
un tema allora non sfiorato dai nuovi saperi<br />
scientifici. E così nel 1869 Pio IX stabilisce<br />
che l’aborto dal momento del concepimento<br />
equivale all’omicidio.<br />
Le quattro tappe della parabola discendente<br />
della ideologia cattolica.<br />
La sintesi della vita in laboratorio resa possibile<br />
dalla scoperta del codice della vita rappresenta<br />
un potente all’ultimo baluardo<br />
ideologico sopravvissuto alle scoperte scientifiche<br />
degli ultimi due secoli, e cioè della<br />
vita come opera di dio.<br />
Prima della genetica, tre grandi rivoluzioni<br />
del pensiero e della scienza negli ultimi due<br />
secoli hanno scardinato tutta la costruzione<br />
dottrinaria cattolica che ha dominato il pensiero<br />
occidentale per quasi due millenni.<br />
Oggi nessun aspetto della realtà che conosciamo<br />
trova una spiegazione nella visione<br />
del mondo tramandata dai testi sacri.<br />
La rivoluzione copernicana sovverte l’autorità<br />
della bibbia<br />
Prima di Copernico la chiesa poteva offrire<br />
una visione dell’universo che spiegava tutto,<br />
il cielo e la terra, la natura e l’uomo. La chiesa<br />
descriveva l’universo sul modello di Tolomeo,<br />
un insieme finito costituito da nove<br />
sfere concentriche di cristallo (la sfera è la<br />
forma perfetta) al cui centro si collocava la<br />
terra; al centro della terra vi era l’uomo dotato<br />
di una doppia natura, un corpo mortale<br />
e una anima eterna partecipe della natura divina.<br />
La dottrina dell’anima permetteva di<br />
affermare la diversità e superiorità del<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
mondo organico animato rispetto al mondo<br />
inorganico senza vita. Secondo la dottrina<br />
cattolica anche gli animali possedevano una<br />
anima, mortale invece che immortale.<br />
Nel momento in cui Copernico scoperse che<br />
la terra non era al centro dell’universo e che<br />
era un pianeta come tanti altri, questa costruzione<br />
crollò. La rivoluzione astronomica<br />
di Copernico e Galileo dimostrò che l’universo<br />
è illimitato, che la terra non era il centro<br />
di nulla, ma era un punto infinitesimo<br />
sperduto fra miliardi di galassie ciascuna<br />
delle quali è composta da centinaia di miliardi<br />
di soli. Spiegare questa realtà in funzione<br />
dell’uomo era impossibile. Newton<br />
completò l’opera di desacralizzazione di Copernico<br />
e Galilei. La luna la terra e il sole dovettero<br />
essere considerati un corpo fisico<br />
come tanti altri, soggetti alle leggi della gravitazione<br />
universale e al principio di inerzia.<br />
La chiesa, dopo secoli di insegnamenti fantastici<br />
sulla struttura dell’universo, rimase<br />
ammutolita. Oggi è difficile immaginare il<br />
terribile impatto della rivoluzione copernicana<br />
sul principio di autorità della bibbia e<br />
della tradizione. La tesi eliocentrica metteva<br />
in discussione il principio dell’autorità minando<br />
la tradizione plurisecolare delle gerarchie<br />
ecclesiastiche. Era una teoria<br />
sovversiva, che dimostrava come avevano<br />
sbagliato la bibbia, Aristotele, Tommaso, e le<br />
auctorictates della tradizione.<br />
La rivoluzione darwiniana e il crollo del fissismo.<br />
I mostri.<br />
Colpita dal tremendo colpo inferto dal crollo<br />
del sistema tolemaico, la chiesa si arroccò in<br />
difesa della centralità dell’uomo per il quale<br />
dio stesso si era fatto uomo. L’uomo non era<br />
più al centro dell’universo astronomico ma<br />
rimaneva sempre al centro della creazione,<br />
in una posizione privilegiata rispetto alle<br />
altre parti del creato; erano suoi strumenti<br />
gli animali, le piante, il mondo inanimato.<br />
Per quasi due millenni la chiesa ha sostenuto<br />
la tesi già aristotelica del “fissismo” per la<br />
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70<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
quale le specie sono fisse, perfette in quanto<br />
create da dio e quindi non soggette ad evoluzione.<br />
Il fissismo ha costituito la dottrina<br />
di più lunga durata della storia della scienza<br />
occidentale, anche perché si adattava perfettamente<br />
al racconto della creazione della Bibbia.<br />
C’era qualche problema in verità. Le malformazioni<br />
organiche alla nascita rappresentavano<br />
un problema per il fissismo; per <strong>questo</strong>,<br />
sia nell’epoca antica sia nel medioevo, dopo<br />
essere stato “interpretato” da un sacerdote,<br />
il mostro (animale o uomo) veniva sempre<br />
ucciso.<br />
Darwin dimostrò invece che tra animali e<br />
uomo vi era una assoluta continuità, che<br />
l’uomo condivideva con gli animali inferiori<br />
origine e sviluppo. La genetica oggi conferma<br />
che i geni del DNA umano sono gli<br />
stessi delle scimmie, dei topi, dei vermi, dei<br />
celenterati. La teoria della evoluzione ha<br />
scardinato le tesi secolari della chiesa che ha<br />
perso anche qui ogni primato dottrinario. Il<br />
fissismo è oggi un reperto archeologico sostenuto<br />
solo da alcuni gruppi antievoluzionisti<br />
americani.<br />
La rivoluzione freudiana e il demonio dentro<br />
di noi<br />
Colpita al cuore da Darwin la chiesa si rinchiude<br />
nella difesa del rapporto personale di<br />
dio con l’uomo nella interiorità della sua<br />
anima.<br />
Anche qui la ideologia della chiesa riceve un<br />
colpo terribile. Freud fa conoscere la parte<br />
oscura, sconosciuta dell’uomo e sovverte<br />
l’immagine dell’uomo al centro della attenzione<br />
di dio e di satana. Freud fa comprendere<br />
che dio e satana non sono entità<br />
trascendenti, ma sono delle forze attive all’interno<br />
della psiche umana, che si chiamano<br />
Super Io e Es. Non esiste un diavolo<br />
fuori, c’è un nostro mondo inconscio a noi<br />
sconosciuto che neghiamo e proiettiamo<br />
fuori di noi; nel demonio proiettiamo le nostre<br />
pulsioni aggressive e distruttive e il principio<br />
del piacere, in dio proiettiamo il nostro<br />
super io, il nostro padre interiore che ci impedisce<br />
la realizzazione del principio del piacere.<br />
Freud dà conferma e dignità psicologica<br />
alla affermazione di Fuerbach che non è dio<br />
che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza,<br />
ma che è l’uomo che crea i suoi dei<br />
a sua immagine e somiglianza.<br />
Il crollo delle filosofie vitaliste e la genetica<br />
La sintesi dei composti organici.<br />
Uno dei dogmi del vitalismo era che la materia<br />
organica fosse diversa dalla materia<br />
inorganica.<br />
Fino all’inizio dell’ 800 si distinguevano tutti<br />
i composti in due classi ben distinte: composti<br />
inorganici, provenienti dal mondo minerale,<br />
e composti organici, provenienti dagli<br />
organismi viventi animali e vegetali. Vi era<br />
la convinzione assoluta che fosse impossibile<br />
conferire ai composti chimici inanimati la<br />
forza vitale propria degli organismi viventi.<br />
Questo assunto crollò quando nel 1828 in<br />
Germania il chimico Friedrich Wohler riuscì<br />
a ottenere l’urea dal cianato di ammonio,<br />
una sostanza inorganica, dimostrando che le<br />
sostanze organiche, abbiano o no un principio<br />
vitale divino, seguono le normali leggi<br />
della chimica.<br />
Le successive ricerche hanno dimostrato che<br />
tutte le sostanze organiche, anche le più<br />
complesse come le proteine, gli ormoni e lo<br />
stesso DNA si possono ottenere per sintesi in<br />
laboratorio senza l’intervento di organismi<br />
vivi.<br />
La sintesi di amminoacidi dal “brodo primordiale”<br />
C’è stata una seconda tappa fondamentale<br />
negli studi sulle origini della vita che è stata<br />
dimenticata.<br />
Come sappiamo, i costituenti essenziali dell’organismo<br />
dell’uomo e degli animali sono<br />
le proteine. Le proteine sono molecole complesse<br />
formate da catene di amminoacidi<br />
(polimeri). Già oltre 50 anni fa uno scienziato<br />
ha dimostrato che gli aminoacidi (e quindi le
proteine) si possono formare in modo del<br />
tutto casuale creando un ambiente simile a<br />
quello che si suppone vi fosse nei primordi<br />
della vita del nostro pianeta.<br />
Questo scienziato è il chimico statunitense<br />
Stanley Miller. Nel 1953 Miller creò in laboratorio<br />
una atmosfera simile a quella che doveva<br />
esserci sulla terra primordiale, formata<br />
da acqua, idrogeno, metano e ammoniaca<br />
con alte temperature, scariche elettriche simulanti<br />
i fulmini e iniezione di gas a simulare<br />
le eruzioni vulcaniche. Ebbene Miller, e<br />
dopo di lui altri chimici, ottenne la formazione<br />
spontanea di amminoacidi da <strong>questo</strong><br />
miscuglio di sostanze chimiche, senza l’intervento<br />
di forze vitali sconosciute, di interventi<br />
divini o altre cose del genere. Miller<br />
dimostrò così, mezzo secolo fa, che i costituenti<br />
fondamentali dell’organismo umano<br />
si sono formati dal famoso “brodo primordiale”<br />
senza interventi di forze sconosciute<br />
insite nella materia organica.<br />
La genetica e la sintesi della vita in laboratorio.<br />
Le rivoluzione della genetica sta distruggendo<br />
alla radice le filosofie vitaliste religiose<br />
e laiche che hanno dominato il<br />
pensiero per secoli, con la stessa radicalità<br />
con cui Copernico e Galilei hanno distrutto<br />
il sistema tolemaico e la sua pretesa che la<br />
terra fosse al centro dell’universo.<br />
La rivoluzione della genetica dimostra come<br />
tutte le affermazioni della chiesa sulla vita<br />
hanno la stessa validità di quelle che affermavano<br />
essere la terra al centro dell’universo.<br />
Le dottrine ecclesiastiche sulla vita sono<br />
scientificamente improponibili ma sono la<br />
giustificazione per intervenire nella politica<br />
e nella legislazione degli stati appoggiando i<br />
movimenti politici più retrogradi ed incivili<br />
che si schierano per convenienze in difesa di<br />
questi principi.<br />
La sintesi del codice della vita<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
Il passo decisivo per la creazione della vita<br />
in laboratorio è stato compiuto da Craig Venter.<br />
Venter è colui che ha decrittato con la<br />
sua Celera Genomics il DNA umano, a pari<br />
con il National Institutes of Healt degli USA.<br />
Nel maggio dell’anno scorso Venter ha creato<br />
il primo DNA artificiale, utilizzando le informazioni<br />
immagazzinate in un computer,<br />
un sintetizzatore di DNA e alcuni composti<br />
chimici disponibili in libera vendita. Ha cioè<br />
creato un nuovo codice genetico di un nuovo<br />
essere vivente, lo ha messo in una cellula batterica<br />
privata del suo DNA e ha creato così<br />
un nuovo batterio prima inesistente.<br />
Perché la produzione di un essere vivente sia<br />
completa, manca solo la membrana cellulare<br />
e la membrana nucleare. Poi la vita sarà stata<br />
prodotta integralmente in laboratorio a partire<br />
dai suoi costituenti elementari e da codici<br />
creati da programmatori.<br />
Venter ha sintetizzato in laboratorio il codice<br />
di una nuova vita e ha così dimostrato che<br />
quella vita, e insufflata da dio nella materia<br />
organica, di cui parlano la chiesa e le filosofie<br />
vitaliste, non esiste e non è necessaria per<br />
spiegare la vita e la replicazione. Occam la<br />
taglierebbe col suo rasoio, come ente inutile<br />
ai fini della spiegazione della realtà. Gli organismi<br />
viventi non possiedono alcuna qualità<br />
spirituale sconosciuta rispetto al mondo<br />
minerale inanimato.<br />
Infiniti codici della vita e infiniti tipi di vita.<br />
Già si può comprendere che sarà possibile<br />
creare forme di vita oggi inimmaginabili, che<br />
utilizzano anche costituenti non presenti<br />
negli organismi viventi che conosciamo, e<br />
che utilizzano anche codici genetici diversi<br />
da quello del DNA. Sono già stati scoperti<br />
(nel Mono lake nel parco nazionale dello Yosemite)<br />
dei batteri che utilizzano l’arsenico<br />
al posto del fosforo nel DNA; <strong>questo</strong> significa<br />
che il codice della vita si può scrivere<br />
anche con altre lettere.<br />
Altri ricercatori (Applied Molecular Evolution<br />
in Florida) stanno sperimentando forme<br />
di DNA che utilizzano alfabeti di codifica<br />
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72<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
con più di quattro lettere.<br />
E se così sarà si scriveranno e sintetizzeranno<br />
altre forme di vita oggi inimmaginabili.<br />
Sono possibili altri codici di vita e quindi di<br />
altre forme di vita, e se sono possibili verranno<br />
creati e probabilmente sono già operanti<br />
in qualcheduno dei miliardi di miliardi<br />
di corpi celesti dell’universo.<br />
Sembrano prospettive lontane, solo se non si<br />
conosce la velocità alla quale sta avanzando<br />
la genetica.<br />
Basta pensare che nel 1985 un biochimico<br />
riusciva a sequenziare 1000 coppie di basi del<br />
DNA all’anno. (il DNA ne contiene oltre 3<br />
miliardi). Oggi il sequenziatore HiSeq 2000<br />
prodotto dalla Illumina decodifica 30 miliardi<br />
di paia di basi al giorno; la codifica del<br />
genoma di una persona costa circa 5000 dol-<br />
lari e tra non molto arriverà a costare 1000<br />
dollari.<br />
La vita non è stata creata da un dio.<br />
La vita può essere creata in laboratorio e già<br />
lo è stata per la parte fondamentale, cioè la<br />
sintesi dei costituenti (proteine) e la sintesi<br />
del DNA.<br />
Il codice della vita può essere scritto con altri<br />
alfabeti e può codificare forme di vita impensabili.<br />
Tra qualche anno tutte le affermazioni della<br />
chiesa riguardo alla vita appariranno essere<br />
prive di valore, ed apparirà chiaro che la affermazione<br />
che la vita è creata da dio vale<br />
quanto quella che i fulmini sono creati da<br />
Giove.<br />
L’ATEO<br />
Bimestrale dell’UAAR<br />
Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti<br />
www.uaar.it
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
Alla ricerca di un senso profondo e intrinseco della realtà<br />
La matematica tra fisica e metafisica<br />
di Andrea Cattania, ingegnere e epistemologo<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Come è possibile che un prodotto<br />
della mente umana indipendente<br />
dall’esperienza sia in completo<br />
accordo con gli oggetti della realtà fisica?<br />
(A. Einstein)<br />
Secondo Galileo, la natura è scritta nel linguaggio della matematica. Ma per alcuni autori moderni la matematica<br />
è la struttura stessa dell’Universo.<br />
Perché esistono migliaia di lingue differenti e una sola matematica? Si potrebbe rispondere: perché le lingue<br />
sono frutto della storia e di una cultura, mentre la matematica è innata in noi. Questa seconda affermazione non<br />
è, evidentemente, condivisa da tutti, sebbene sembri avvalorata da uno studio condotto nel 2006 dal neurologo<br />
francese Stanislas Dehaene sulla tribù amazzonica dei Munduruku<br />
Oltre i limiti della fantasia umana<br />
Dehaene sottopose questa tribù, che si trovava<br />
nel più assoluto isolamento, a un test<br />
consistente nell’identificare alcune figure<br />
geometriche, come una curva tra linee rette,<br />
un rettangolo fra alcuni quadrati, un ellisse<br />
in un gruppo di cerchi. Il successo dell’esperimento<br />
lo convinse che la conoscenza geometrica<br />
di base e i concetti essenziali<br />
dell’artimetica sono un elemento costitutivo<br />
universale della mente umana. Ma non tutti<br />
gli scienziati si sono dichiarati d’accordo con<br />
queste conclusioni.<br />
La matematica ha una propria esistenza indipendente<br />
dalla mente umana? Sebbene su<br />
<strong>questo</strong> tema gli studiosi siano divisi, nessuno<br />
tuttavia mette in dubbio una sua caratteristica,<br />
che ritengo fondamentale per il tema<br />
che sto per trattare in <strong>questo</strong> articolo: il fatto<br />
che i suoi concetti si applicano ben oltre l’ambito<br />
in cui sono stati inizialmente concepiti<br />
dall’uomo. Un esempio? Prendiamo la funzione<br />
“potenza”, definita come il prodotto di<br />
un numero per se stesso tante volte quanto<br />
indicato dall’esponente. Dire “quattro al<br />
cubo” equivale a indicare il prodotto di quattro<br />
per se stesso tre volte. Quando però<br />
l’esponente non è un numero intero, la definizione<br />
sembrerebbe venir meno: che senso<br />
ha elevare un numero a un esponente decimale?<br />
Che cosa significa moltiplicare quattro<br />
per se stesso tre volte e mezza? Eppure ogni<br />
studente sa che, una volta definita la funzione<br />
“elevamento a potenza”, la matematica<br />
le conferisce un significato ben preciso anche<br />
se la base e/o l’esponente sono numeri decimali,<br />
o addirittura irrazionali, o perfino immaginari<br />
o complessi.<br />
Questo è indubbiamente uno degli aspetti<br />
che più ci fanno amare la matematica, almeno<br />
per quelli fra noi che l’amano (perché<br />
esistono molti detrattori che la ignorano o la<br />
odiano): la matematica opera come un moltiplicatore<br />
delle attitudini creative dell’uomo.<br />
Dio è un matematico?<br />
Il problema di definire la natura della matematica<br />
viene affrontato nel bellissimo saggio<br />
“Dio è un matematico” da Mario Livio, che ci<br />
ricorda il punto di vista platonico espresso<br />
da G. H. Hardy e quello, opposto, di Edward<br />
Kasner e James Newman.<br />
Secondo Hardy, la realtà matematica sta<br />
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73
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74<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
fuori di noi e il nostro compito è scoprirla.<br />
L’opinione di Kasner e Newman è invece che<br />
la geometria non euclidea sia la migliore dimostrazione<br />
che la matematica è opera dell’uomo,<br />
soggetta solamente ai limiti imposti<br />
dalle leggi del pensiero.<br />
Di passata, due osservazioni “volanti”.<br />
Primo, lo stesso Mario Livio riporta la brillante<br />
battuta dei matematici Philips Davis e<br />
Reuben Hersh, secondo i quali i professionisti<br />
di questa disciplina sono platonisti nei<br />
giorni feriali e formalisti la domenica. Dove<br />
per “platonisti” si intendono coloro che considerano<br />
la matematica una scoperta, mentre<br />
per i “formalisti” essa è un’invenzione. In<br />
altri termini, il tipico matematico di professione<br />
“quando fa matematica è convinto di<br />
avere a che fare con una realtà oggettiva. Ma<br />
poi, quando viene sfidato a fare un resoconto<br />
filosofico di questa realtà, trova più facile fingere<br />
che dopotutto non ci crede”.<br />
In secondo luogo vorrei citare una frase di<br />
Hardy, che si adatta perfettamente al tema<br />
qui trattato: “Un uomo che fosse in grado di<br />
descrivere in modo convincente la realtà matematica<br />
avrebbe risolto moltissimi dei problemi<br />
più difficili della metafisica. Se poi<br />
riuscisse a includere la realtà fisica nella sua<br />
descrizione, li avrebbe risolti tutti”.<br />
Chi soffia il fuoco nelle equazioni?<br />
In realtà, l’aspetto più interessante per chi<br />
tratta <strong>questo</strong> argomento non credo sia quello<br />
di dirimere una disputa filosofica, ma piuttosto<br />
la possibilità di analizzare la convinzione<br />
di alcuni scienziati, secondo i quali la<br />
matematica non è solo il linguaggio in cui si<br />
esprime la natura, come sosteneva già Galileo,<br />
ma è addirittura la struttura stessa dell’Universo.<br />
Nel loro recente libro “Il grande disegno”,<br />
Stephen Hawking e Leonard Mlodinow affermano<br />
che la relatività generale ha trasformato<br />
la fisica in geometria. Ma forse chi si è<br />
spinto più avanti su questa strada sono i gemelli<br />
Igor e Grichka Bogdanov, i quali hanno<br />
tentato di superare gli interrogativi che ancora<br />
non trovano una risposta convincente,<br />
avanzando un’ipotesi matematica sul mistero<br />
dell’origine. Curiosamente essi dicono in<br />
“Prima del big bang” che solo la matematica<br />
è in grado di darci un principio di soluzione<br />
a <strong>questo</strong> enigma: “la risposta ci sarà fornita<br />
dalla teoria dei numeri e dai suoi legami insospettati<br />
con la fisica. Sono loro, i numeri<br />
(reali e immaginari) a racchiudere il segreto”.<br />
Partendo dalla sfera di Riemann, essi arrivano<br />
alla sorprendente conclusione che alla<br />
scala zero l’universo non ha più un contenuto<br />
fisico, ma solo un contenuto matematico.<br />
Tutto nasce dallo zero<br />
I Bogdanov ragionano così: partendo da un<br />
insieme vuoto e dal numero corrispondente,<br />
lo zero, è possibile mettere lo zero nell’insieme<br />
vuoto: ora <strong>questo</strong> conterrà un elemento,<br />
quindi lo zero ha generato l’uno. Così<br />
proseguendo, si può concludere che lo zero<br />
dà origine a tutti i numeri e all’infinito.<br />
Alla scala zero dello spazio-tempo esistono<br />
le quattro dimensioni spaziali che corrispondono<br />
ad altrettanti insiemi dei numeri reali.<br />
Il Punto Zero non è un oggetto fisico, ma un<br />
ente matematico, un’informazione che può<br />
essere descritta da un’algebra. La nascita del<br />
tempo viene spiegata sulla base di concetti<br />
di non immediata comprensione, come la<br />
bolla dei numeri, l’oscillazione della metrica,<br />
la conversione dell’energia immaginaria in<br />
energia reale. Con il loro caratteristico linguaggio<br />
tra scientifico e poetico, i Bogdanov<br />
annunciano il “fantastico potere dello zero”,<br />
che dispiega tutta l’informazione numerica<br />
che contiene allo stato potenziale. Fino a formulare<br />
l’ipotesi che possa esistere all’origine<br />
un codice cosmologico, come per gli esseri<br />
viventi esiste un codice genetico.<br />
Un confronto con il papa<br />
La dialettica tra fisica e metafisica viene ri
presa anche da Piergiorgio Odifreddi, il matematico<br />
ateo che cerca il confronto con il<br />
papa teologo.<br />
Partiamo dalla ricerca di Parmenide, che si<br />
trova a un bivio: la verità che si raggiunge attraverso<br />
il pensiero o l’opinione che si ottiene<br />
mediante i sensi. Fortunatamente, sostiene<br />
Odifreddi, Kant e la scienza “hanno dimostrato<br />
che le due vie non sono affatto alternative,<br />
bensì complementari. E che il<br />
pensiero e i sensi possono, e devono, collaborare<br />
nel fornire un’immagine realistica del<br />
mondo”. La nostra scelta, prosegue quindi<br />
Odifreddi, non è fra pensiero e sensi, bensì<br />
fra fisica e metafisica, tra la natura e ciò che<br />
va oltre la natura; fra l’ordine impersonale e<br />
astratto che si manifesta nella struttura matematica<br />
dell’universo e l’Ordine personificato<br />
e ipostatizzato che papa Ratzinger<br />
postula introducendo il tema della libertà,<br />
per affermare che il mondo non potrà mai<br />
venire ridotto a pura logica matematica, essendo<br />
“caratterizzato dalla struttura della libertà”.<br />
Poche pagine più avanti, Odifreddi richiama<br />
le interpretazioni scientifiche dell’attuale<br />
pontefice a proposito di Trinità cristiana:<br />
come quella sulla struttura della materia, definita<br />
da Erwin Schrödinger in termini di<br />
pacchetti d’onda, che il papa definisce una<br />
“stimolante metafora dell’assoluta attualità<br />
di Dio”. Ma anche in <strong>questo</strong> caso non vorrei<br />
soffermarmi sul “confronto”, bensì sul ruolo<br />
della matematica, sottolineato dalle parole<br />
dello stesso Odifreddi: “Il problema nell’equazione<br />
d’onda trovata nel 1925 da<br />
Schrödinger, che descrive il comportamento<br />
del microcosmo quantistico, sta altrove. Nel<br />
fatto, cioè, che risultò impossibile interpretarla,<br />
secondo la proposta originale di Louis<br />
de Broglie e dello stesso Schrödinger, come<br />
la descrizione di onde materiali: analoghe,<br />
ad esempio, a quelle acustiche che si propagano<br />
nell’aria, o a quelle marine che si propagano<br />
nell’acqua. Fu Max Born a trovare<br />
l’interpretazione corretta: si tratta di onde di<br />
probabilità, in cui a propagarsi non è la materia,<br />
ma sono… dei numeri!”.<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
La sinfonia dell’Universo<br />
L’arte e la religione esistono da circa ottomila<br />
anni, la scienza da trecento. Eppure in pochi<br />
secoli la scienza ha generato nella nostra visione<br />
dell’universo più cambiamenti di<br />
quelli avvenuti dall’inizio della cultura ai<br />
giorni nostri. Oggi siamo arrivati alle soglie<br />
della possibilità di conoscere la realtà, anche<br />
se non possiamo ancora avere questa certezza.<br />
Neppure l’intuizione che la chiave<br />
della conoscenza sia da ricercare nella matematica<br />
può considerarsi scontata. Ma non<br />
possiamo permetterci il lusso di rinunciare a<br />
un punto di vista razionale e scientifico.<br />
Siamo affascinati dalla splendida sinfonia<br />
dell’Universo, ma c’è purtroppo qualche orchestrale<br />
che stona. Non dovremmo mai dimenticare<br />
che dopo la pubblicazione delle<br />
idee di Galileo, secondo cui la natura si<br />
esprime nel linguaggio della matematica, i<br />
teologi del Concilio di Trento avevano dichiarato<br />
testualmente nel 1546: “Nessuno,<br />
basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti<br />
di fede e di costumi che riguardano<br />
la dottrina cristiana, piegando la Sacra Scrittura<br />
secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla<br />
contro il senso che ha ritenuto e<br />
ritiene la santa madre Chiesa, alla quale<br />
spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione<br />
delle sacre scritture”. Né che<br />
sette decenni dopo gli stessi teologi, o i loro<br />
successori, affermavano che la cosmologia<br />
eliocentrica copernicana era formalmente<br />
eretica, per essere espressamente contraria<br />
alla Sacra Scrittura.<br />
Nel 1981, agli scienziati presenti in Vaticano<br />
per un convegno organizzato dai gesuiti, il<br />
papa ebbe a dire: voi non dovete indagare su<br />
quello che è accaduto prima del big bang,<br />
perché <strong>questo</strong> è dominio esclusivo della religione.<br />
Se pensiamo a simili affermazioni o<br />
alle posizioni dell’attuale pontefice sui rapporti<br />
fra scienza e religione, dovremmo concludere<br />
che per qualcuno quattro secoli e<br />
mezzo sono passati invano.<br />
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76
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
L’uomo ha inventato “dio” ma è la realtà che lo nega<br />
L'entropia: la sfida perduta della fede<br />
contro la ragione<br />
di Francesco Primiceri, astrofisico<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Gli argomenti a favore e contro l'esistenza di dio che si sono susseguiti nel corso della storia sono stati per lo<br />
più oggetto della filosofia e della teologia. La scienza è stata solo a guardare, osservando con distacco l'andamento<br />
dello scontro, nonostante essa abbia rivoluzionato tutti gli aspetti della vita umana ed abbia reso più comprensibile<br />
la realtà. E'giunto perciò il momento anche per la scienza di elaborare un'affermazione definitiva, attraverso<br />
l'esame dei dati e dei modelli elaborati, riguardo alla validità dell'ipotesi dell'esistenza di un dio. In<br />
particolar modo la nostra attenzione cadrà sul dio abramitico, sempre visto come un essere supremo e trascendente,<br />
al di là della sostanza, dello spazio e del tempo, ed in più visto anche come fondamento di tutto ciò che i<br />
nostri sensi incontrano in termini di sostanza, spazio e tempo. Il II principio della termodinamica, l'entropia, è<br />
uno dei pilastri della fisica che ben si presta ai fini della nostra discussione.<br />
Può la scienza occuparsi di dio?<br />
Alcuni interrogativi plausibili: fino a che<br />
punto è possibile asserire che la religione è<br />
immune dallo scetticismo scientifico? In base<br />
a quale principio le ‘credenze’ devono godere<br />
di questa particolare immunità? Veramente,<br />
finché ci si occupa del mondo<br />
naturale, l’ipotesi dio è esclusa dal dominio<br />
della scienza? In sostanza, regge ancora la distinzione<br />
tra scienza e fede intese come ‘magisteri’<br />
non sovrapponibili?<br />
Conosciamo bene la tesi di Galileo, quando<br />
egli separava nettamente le due vie maestre<br />
della conoscenza: “come vanno i cieli” e<br />
“come si vadia in cielo”; tesi che ancora oggi<br />
gode di un largo consenso tra gli scienziati.<br />
Essa prevede una demarcazione, di fatto e di<br />
principio, tra scienza che si occupa del ‘perché’<br />
e del ‘come’ funziona il mondo naturale<br />
e la teologia e la filosofia che si occupano dei<br />
significati ultimi e dei valori morali ed estetici.<br />
Sembra esserci una separazione fra ‘magisteri’<br />
di pari dignità che sottende una<br />
forma di armistizio tra le parti, che a volte si<br />
traduce in un proficuo dialogo intorno ai<br />
‘problemi di confine’.<br />
I fatti però ci dicono che la non sovrapponibilità<br />
fra i due ‘magisteri’ è puntualmente<br />
violata. Gli argomenti di fede vengono sempre<br />
più spesso trattati non come filosofie<br />
confessionali, ma come argomenti razionali<br />
e di ‘etica naturale’, perciò trattati con gli<br />
strumenti della ragione. Infatti non mancano<br />
le interferenze della teologia nel campo della<br />
fisica quando si parla di miracoli, di pallottole<br />
deviate, di esorcismi, di ‘salti ontologici’,<br />
o, nel campo della biologia, quando si parla,<br />
a proposito, delle cellule staminali, di riproduzione,<br />
di identità genetica o di fine vita.<br />
Non mancano neanche le convinzioni di<br />
principio sulla superiorità della ragione teologica<br />
su quella scientifica. Significativo è il<br />
discorso papale del 12 settembre del 2006 a<br />
Ratisbona. Esistono due tipi di ragione, una<br />
‘ristretta’ tipica delle scienze, ed una ‘ampia’<br />
racchiudente la precedente che spetta alla<br />
teologia e alla filosofia. Solo queste ultime<br />
possono cogliere la struttura razionale, ordinata<br />
della materia e la logica sottesa che è insita<br />
nell’Universo e che la ‘ragione creatrice’<br />
inscrive in un principio teleologico. Ogni diversa<br />
descrizione della natura viene bollata<br />
come ‘irrazionale’.<br />
Nonostante i risultati decisivi delle scienze<br />
naturali contro ogni presupposto a favore<br />
della razionalità della fede, non mancano<br />
teologi e scienziati teisti che usano la scienza<br />
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78<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
come strumento argomentativo per giustificare<br />
l’esistenza di un essere supremo. Se nel<br />
dibattito culturale sono considerate legittime<br />
le argomentazioni scientifiche a favore dell’esistenza<br />
di dio, la stessa legittimità devono<br />
godere quelle contrarie. E’ una sfida che non<br />
possiamo non cogliere<br />
.<br />
Dio come modello scientifico.<br />
Avere dio come modello significa che la sua<br />
esistenza sarà considerata come un’ipotesi<br />
scientifica. Le conseguenze della sua esistenza<br />
andrebbero perciò ricercate nel<br />
mondo che ci circonda attraverso il metodo<br />
osservativo. Vale a dire che se esistesse un<br />
dio con determinati attributi, questi si riscontrerebbero<br />
nell’osservazione di certi fenomeni.<br />
Se nulla si dovesse osservare ciò<br />
significherebbe il fallimento di quel particolare<br />
modello.<br />
In presenza di un fallimento, qualcuno potrebbe<br />
obiettare, adducendo l’ipotesi dell’esistenza<br />
di un ‘dio nascosto’. Sebbene<br />
questa discutibile ipotesi possa essere considerata<br />
da molti corretta, l’esperienza ci dimostra<br />
comunque che l’assenza di prove è<br />
una prova dell’assenza. Come la mancanza<br />
di prove o di altre ragioni escludono la presenza<br />
di una ‘teiera celeste’ che gira intorno<br />
al Sole, inducendoci a non credere alla sua<br />
esistenza, così le stesse ragioni debbono indurci<br />
ad escludere l’esistenza di ogni altra<br />
cosa, compreso dio.<br />
Un’altra obiezione si presenta nei seguenti<br />
termini: come possiamo noi, semplici mortali,<br />
conoscere la vera natura di un dio che<br />
trascende i nostri sensi? La risposta a questa<br />
apparente insidiosissima domanda è in realtà<br />
semplice: non c’è alcuna necessità di conoscerla,<br />
così come, ad esempio, in fisica non<br />
sempre è necessario conoscere la realtà definitiva<br />
delle cose. Ad un fisico non necessita<br />
conoscere la realtà definitiva sottesa ai quark.<br />
Ciò che è importante per lui è avere un modello<br />
dei quark che abbia fondamenti empirici.<br />
E <strong>questo</strong> è precisamente ciò che si<br />
verifica. Questo modello rappresenta, infatti,<br />
il meglio che la scienza è in grado di produrre<br />
per descrivere la realtà oggettiva che è<br />
alla base delle osservazioni nucleari e subnucleari.<br />
L’esistenza o meno dei quark non<br />
cambia questa realtà dei fatti. Allo stesso<br />
modo, se un modello relativo ad un particolare<br />
dio profetizzasse risultati empirici che<br />
non potrebbero essere spiegati con altri<br />
mezzi conosciuti, allora sarebbe razionale<br />
concludere che il modello descriverebbe alcuni<br />
aspetti della realtà oggettiva, senza per<br />
<strong>questo</strong> dimostrare che dio sia davvero come<br />
viene descritto nei dettagli del modello. Nel<br />
momento in cui però dovessimo dimostrare<br />
che un particolare modello di dio non concorda<br />
con i dati della realtà sperimentabile e<br />
con la coerenza teorica, allora dovremmo decretare<br />
l’irrazionalità del modello.<br />
Prove cosmiche: l’entropia.<br />
Quali sono le implicazioni empiriche e teoretiche<br />
che ipotizzano una creazione soprannaturale<br />
tale da giustificare dio come<br />
modello scientifico? In breve sono:<br />
- l’universo ha un’origine,<br />
- questa origine non può essersi verificata in<br />
maniera naturale,<br />
- l’universo al momento della creazione doveva<br />
possedere un certo ordine.<br />
Se riscontriamo una traccia di tutto ciò, <strong>questo</strong><br />
potrebbe essere la conferma empirica di<br />
un intervento soprannaturale e di conseguenza<br />
la giustificazione di un modello<br />
scientifico che prevede dio tra i suoi paradigmi.<br />
Prima del XX secolo l’esistenza stessa della<br />
materia sembrava essere una violazione<br />
della legge di conservazione della massa verificatasi<br />
al momento della creazione. Nella<br />
teoria della relatività Einstein mostrava,<br />
però, che la materia può essere creata per<br />
mezzo dell’energia e può disperdersi in essa.<br />
Ma l’energia da dove trae origine? In linea di<br />
principio, l’ipotesi di una creazione può essere<br />
ancora confermata e sostenuta dalla ne-
cessità teorica che la conservazione dell’energia<br />
possa essere stata violata circa 14<br />
miliardi di anni fa all’inizio del Big Bang. A<br />
partire dalla teoria gravitazionale elaborata<br />
da Einstein, si sono avuti cambiamenti decisivi<br />
riguardo alla fisicità dell’universo. In<br />
quanto sistema isolato esso è sottoposto al<br />
principio di conservazione dell’energia ed<br />
oggi sappiamo che l’energia totale dell’universo<br />
è zero. Infatti, l’estensione moderna<br />
della teoria del Big Bang, chiamata ‘dell’universo<br />
inflazionistico’, teoria ben consolidata<br />
dopo essere stata sottoposta ad una serie di<br />
test rigorosi per verificarne la validità, prevede<br />
un equilibrio tra l’energia gravitazionale<br />
negativa e l’energia positiva<br />
rappresentata dalla materia. Ciò vuol dire<br />
non solo che non è stato violato il principio<br />
di conservazione dell’energia al momento<br />
della presunta creazione, ma che anche<br />
l’energia totale dell’universo è rimasta sempre<br />
uguale a zero. Questi risultati respingono<br />
con forza l’ipotesi di un dio creatore. Supponiamo<br />
ora che le misure della densità della<br />
massa dell’universo non ci avessero fornito<br />
il valore richiesto per un universo che ha iniziato<br />
la propria vita in uno stato di energia<br />
zero: noi avremmo allora avuto legittime ragioni<br />
scientifiche per concludere che un ‘miracolo’,<br />
la violazione della legge di<br />
conservazione dell’energia, sarebbe stato necessario<br />
per porre in essere l’universo.<br />
C’è un’altra previsione insita nell’ipotesi del<br />
creatore che non trova conferma nei dati. Se<br />
l’universo fosse stato creato, avrebbe dovuto<br />
possedere un certo grado di ordine al momento<br />
della creazione, condizione necessaria<br />
per l’attuazione del ‘progetto’. Tale<br />
aspettativa si esprime nei termini della ‘seconda<br />
legge della termodinamica’, che afferma<br />
che l’entropia totale, cioè il disordine<br />
di un sistema chiuso, deve rimanere tale o<br />
crescere nel tempo. Perciò, se vogliamo confermare<br />
la tesi di dio come modello scientifico,<br />
in un qualche momento del passato,<br />
l’ordine sarebbe stato impartito dall’esterno.<br />
La seconda legge della termodinamica prevede<br />
anche la formazione di un ordine loca-<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
lizzato, a scapito di un ulteriore disordine nel<br />
sistema; <strong>questo</strong> vuol dire che parti dell’universo<br />
possono divenire più ordinate. E’ bene<br />
chiarire che l’ordine che si registra in natura<br />
non è il risultato di un evento miracolistico,<br />
come qualcuno può pensare, ma semplicemente<br />
l’espressione coerente della legge fisica.<br />
Sebbene con il passare del tempo l’universo<br />
in espansione divenga più disordinato, la sua<br />
entropia rimane comunque minore dell’entropia<br />
massima raggiungibile. Ma un tempo,<br />
quando le dimensioni dell’universo erano<br />
paragonabili a quelle di un buco nero, l’entropia<br />
dell’universo era massima, anche se<br />
inferiore rispetto ad oggi. In sostanza, si sta<br />
affermando, anche se ciò richiede ulteriori<br />
elaborazioni, che l’entropia era al massimo livello<br />
quando l’universo è nato e <strong>questo</strong> a<br />
causa delle sue dimensioni iniziali paragonabili<br />
ad un buco nero. Questo risultato ci<br />
dice che in quel momento il disordine nell’universo<br />
era completo e non poteva esserci<br />
alcuna struttura; se oggi ha una struttura<br />
<strong>questo</strong> è dovuto al fatto che la sua entropia<br />
non è più massima.<br />
Le attuali conoscenze cosmologiche ci informano,<br />
dunque, che l’universo ha avuto inizio<br />
senza una struttura o un’organizzazione<br />
progettata. Insomma, era in condizione di<br />
caos e per questa ragione non conserva alcuna<br />
testimonianza di quanto accadde prima<br />
del Big Bang. Il creatore, se è esistito, non ha<br />
lasciato tracce di sé. Pertanto potrebbe benissimo<br />
non essere esistito.<br />
Il colpo di grazia all’ipotesi di un dio creatore,<br />
e quindi di dio come modello scientifico,<br />
viene assestato dalle attuali conoscenze<br />
fisiche e cosmologiche, le quali non escludono<br />
la possibilità che il Big Bang sia il risultato<br />
di un universo precedente. Non<br />
mancano modelli teorici che suggeriscono<br />
meccanismi secondo i quali l’attuale universo<br />
sarebbe derivato da uno preesistente<br />
attraverso fenomeni chiamati “tunnel quantico”,<br />
“fluttuazioni quantiche”. Illuminanti<br />
sono le parole riportate da Hawking in Dal<br />
Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo:<br />
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80<br />
PENSIERO SCIENTIFICO<br />
«... finché l’universo aveva un inizio, potevamo<br />
supporre che avesse un creatore. Ma<br />
se l’universo è completamente autosufficiente,<br />
privo di confini o margini, non ha né<br />
un principio né una fine; semplicemente c’é.<br />
C’é ancora posto, in tal caso, per un creatore?».<br />
L’universo osservato, le leggi e i parametri<br />
della fisica hanno esattamente le caratteristiche<br />
che ci si aspetterebbe se non ci fosse<br />
alcun dio. Pensare a dio come modello scientifico<br />
per descrivere i fenomeni attualmente<br />
osservabili è veramente inutile ed irrazio-<br />
nale. La sfida per ora è vinta dalla ragione, la<br />
fede ne esce sconfitta. Offriamole pure, con<br />
generosità, l’onore delle armi, dandole la<br />
possibilità di una rivincita e la speranza che<br />
un giorno un dio possa rivelarsi in una qualche<br />
futura spedizione spaziale o in un qualche<br />
esperimento in un gigantesco<br />
acceleratore di particelle. Se mai ci sarà quel<br />
giorno, sarà per la fede un giorno funesto,<br />
perché prenderà consapevolezza che quel<br />
dio non sarà un dio che ha giocato un ruolo<br />
rilevante nella vita dell’umanità. Non sarebbe<br />
dio.<br />
Due parole sull’OLISMO<br />
L’olismo moderno (holon=tutto) si presta a considerazioni che vanno in aiuto alle ipotesi riguardanti<br />
l’importanza di risorse intellettuali e sentimentali che non vengono molto usate:<br />
lo impediscono le risorse tradizionali, impegnate a risolvere problemi elementari.<br />
L’olismo classico, indiano, poi greco, quindi medievale, umanistico e rinascimentale soprattutto,<br />
era, umanamente parlando, per una fusione fra terra e cielo, inevitabile al termine<br />
di un certo percorso virtuoso definito da regole ecclesiastiche o esoteriche (su tutte, il<br />
famoso ermetismo, molto in voga fino all’avvento della scienza). Mente e corpo, secondo<br />
questa visione, erano in piena sintonia, si condizionavano a vicenda nella tensione verso lo<br />
scopo prefissato. Aristotele, in particolare, autorità per secoli, aveva avanzato questa tesi.<br />
Tutto si muoveva in armonia, era la convinzione olistica classica.<br />
Che questa armonia fosse un’invenzione, lo si scopre più tardi con l’esuberanza di <strong>questo</strong><br />
o quell’elemento che agisce all’interno del fenomeno. Qualsiasi fenomeno ha, per così dire,<br />
sprechi di energia. Questa maggior energia va perduta. E’ una realtà scoperta in laboratorio<br />
attraverso scrupolose speculazioni biogenetiche.<br />
E’ soprattutto il sudafricano Jan Smuts (1870-1950), che fu anche uomo di governo, ad<br />
“usare” questi studi per avanzare una nuova teoria olistica che, applicata all’uomo, fa recuperare,<br />
idealizzandole, quelle risorse sacrificate (che spesso ritornano sottoforma di frustrazioni<br />
e di cedimenti religiosi sino al fanatismo).<br />
Che le risorse effettivamente esistano sarebbe dimostrato anche dagli studi di Freud sul mistero<br />
delle rappresentazioni oniriche: il sogno libererebbe energie compresse e represse, nel<br />
corso della normale esistenza, sottoforma di criptiche, irresistibili, fantasie.<br />
Non è difficile credere, riferendoci a tutto ciò, quanto sia importante il recupero di queste<br />
risorse ai fini di un protagonismo davvero significativo, verso cui siamo giustamente e responsabilmente<br />
lanciati.
VIAGGIO NEI TESTI DELLE RELIGIONI<br />
L’INDUISMO E LA LETTERATURA SANSCRITA<br />
di Anna Rita Longo, dott.ssa di ricerca in filologia patristica, medioevale e umanistica<br />
«La liberazione è la distruzione della schiavitù,<br />
che consiste nella sensazione di possedere personalmente<br />
gli oggetti, concepiti come fonte di piacere<br />
o dolore. Questa distruzione si ottiene<br />
distinguendo tra ciò che è imperituro e ciò che è<br />
transeunte in <strong>questo</strong> universo effimero» (Niralambopanisad<br />
31).<br />
Il piccolo frammento sopra citato è solo un<br />
esempio della profondità speculativa che è<br />
possibile trovare nei testi nati nell’ambito<br />
della religiosità induista e che è, quindi, un<br />
vero peccato sottrarre alla conoscenza di chi<br />
non aspira a convertirsi a un credo religioso,<br />
ma è, comunque, desideroso di costruirsi<br />
una solida formazione. La nostra cultura rimane,<br />
infatti, per lo più occidentocentrica e<br />
di <strong>questo</strong> non può fare a meno di rammaricarsi<br />
chi abbia avuto la fortuna di entrare in<br />
contatto con i capolavori letterari che l’antica<br />
India ci ha lasciato in eredità. Impossibile<br />
riassumerne le caratteristiche nello spazio<br />
esiguo che la nostra rubrica ci ha messo a disposizione;<br />
rinunciando, quindi, a impelagarmi<br />
in approssimativi quanto inutili<br />
elenchi di titoli e categorie, proseguirò per<br />
spizzichi e bocconi guidata dal mio gusto<br />
personale, al solo scopo di lasciare alcune<br />
suggestioni che possano – mi auguro – servire<br />
da stimolo per un ulteriore personale<br />
approfondimento. Mi soffermerò, dunque,<br />
su quei testi che mi sembrano particolarmente<br />
importanti e rappresentativi della cultura<br />
indiana.<br />
I Veda<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
Nel variegato panorama della letteratura sanscrita si possono distinguere alcuni aspetti che risultano particolarmente<br />
interessanti per l’uomo di cultura, a prescindere dalla sua posizione riguardo alla religione. Tra questi<br />
spiccano quello filosofico e quello più squisitamente narrativo-epico.<br />
L’etimologia del nome “Veda” rimanda alla<br />
medesima radice del latino video (= “io<br />
vedo”) e del greco òida (“io ho visto” e quindi<br />
“io so”) e racchiude, quindi, in sé l’idea della<br />
visione, della conoscenza, della saggezza. Si<br />
tratta delle più antiche testimonianze della<br />
letteratura indoeuropea (e già <strong>questo</strong>, di per<br />
sé, ne giustifica lo studio), quale prodotto<br />
della cultura “ariana” – ossia degli Arii – nel<br />
senso originario del termine, prima che le<br />
storture del nazismo ne offuscassero il significato<br />
con il delirante mito della purezza<br />
della razza.<br />
All’interno di <strong>questo</strong> corpus di testi si distingue<br />
per valore letterario ed importanza<br />
storico-filologica il cosiddetto Rgveda, la più<br />
antica opera della letteratura indoeuropea,<br />
che raccoglie gli inni del popolo ariano, cronologicamente<br />
collocabili addirittura tra il<br />
2000 e il 1700 a. C.<br />
Dal Rgveda traggono origine molti dei mantra<br />
induisti, tra cui il celebre Gayatri Mantra,<br />
che esalta la potenza del sole, in quanto simbolo<br />
della conoscenza: «Om Bhur Bhuva<br />
Svaha / Tat Savithur Varenyam / Bhargo Devasya<br />
Dheemahi / Dhiyo Yonah Prachodayat» (vale<br />
a dire: «Meditiamo sulla gloria del creatore,<br />
che ha creato l’universo, che è degno di adorazione,<br />
che è l’incarnazione della conoscenza<br />
e della luce, che rimuove il peccato e<br />
l’ignoranza. Possa egli illuminare il nostro<br />
intelletto»).<br />
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82<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
Le Upanishad<br />
Tra i più celebri testi della tradizione letteraria<br />
e religiosa indiana, le Upanishad sono particolarmente<br />
interessanti per il lettore<br />
occidentale perché sfuggono ad ogni definizione,<br />
riunendo i caratteri della prosa e quelli<br />
della poesia, del saggio filosofico, del testo<br />
gnomico e della letteratura esoterica. Il nome<br />
della raccolta può essere interpretato come<br />
“sedersi vicino”, a significare la presenza di<br />
un insegnamento, in parte anche iniziatico,<br />
impartito dal maestro spirituale al proprio<br />
discepolo che gli siede accanto in posizione<br />
sottomessa.<br />
Il lettore inesperto che si accosti a tali testi<br />
può fruirne come di una raccolta di aforismi,<br />
ma non tarderà a intuirne lo spessore culturale,<br />
sviluppando interesse per le dottrine filosofiche<br />
che vi sono affrontate. Non vi è<br />
miglior testo delle Upanishad per iniziare il<br />
proprio viaggio nella cultura induista, perché,<br />
in ultima analisi, tutta la speculazione filosofica<br />
indiana non è che un commento ad<br />
esse.<br />
La dimensione epica<br />
Aspetto affascinante di alcuni testi religiosi<br />
indiani, condiviso con una parte della Bibbia<br />
ebraica, è il loro carattere epico-narrativo,<br />
che li rende interessanti dal punto di vista<br />
letterario prima che religioso. Proprio questa<br />
specifica caratteristica ci permette di vederli<br />
anche come testi “divulgativi”, perché pos-<br />
sono avvincere il lettore con il proprio intreccio<br />
romanzesco. Impossibile fare a meno<br />
di citare il maestoso Mahābhārata, con i suoi<br />
18 libri e i circa 100.000 versi che narrano la<br />
storia del saggio Vyasa e della sua stirpe in<br />
guerra, insieme a una quantità di altre trame<br />
e vicende secondarie, nella piena tradizione<br />
dell’epica antica, tra le quali spicca il cosiddetto<br />
Bhagavadgītā («canto del Divino»), un<br />
vero condensato della spiritualità indiana.<br />
Accanto al Mahābhārata è d’obbligo ricordare<br />
il Rāmāyana, altra opera monumentale che si<br />
sofferma sulle vicende di Rama, avatar –<br />
ossia incarnazione – del dio Vishnu, e di Sita,<br />
sua sposa.<br />
In entrambe le opere confluisce uno sterminato<br />
patrimonio culturale, poetico, religioso<br />
e letterario, che le rende documenti sensazionali<br />
per lo studioso e utile stimolo alla ricerca<br />
per il semplice curioso che, mentre si<br />
lascia trasportare dalle ramificazioni delle<br />
varie trame, viene anche indotto ad approfondirne<br />
i retroscena.<br />
In ultima analisi, anche dai brevissimi accenni<br />
che sono stati qui dati è possibile intuire<br />
come la pluralità di stimoli culturali che<br />
provengono dalla tradizione letteraria sanscrita<br />
costituisca un patrimonio irrinunciabile,<br />
il cui valore prescinde dalla loro natura<br />
di testi religiosi. La profondità della riflessione<br />
filosofica, l’affascinante intreccio epico<br />
e romanzesco, la raffinata poesia inducono<br />
senza dubbio anche il lettore ateo ad accostarvisi<br />
con rispetto e ammirazione.<br />
NonCredo è un laboratorio etico per sostituire l’ipocrisia di miti e devozioni<br />
°°°<br />
NonCredo è un progetto culturale per uscire da quella “minorità” di cui parlava Kant<br />
°°°<br />
NonCredo è la voce e il cuore dell’ideale della Laicità così<br />
come ce l’ha trasmessa la civiltà dell’Illuminismo.
Com’è nata l’idea di “NONCREDO” che lei<br />
dirige?<br />
Lo ho visto come un problema di cultura identitaria:<br />
ogni categoria professionale, politica, sportiva,<br />
ludica, religiosa, ha i suoi, anche necessari,<br />
mezzi di comunicazione, di informazione, di documentazione.<br />
La categoria dei NonCredenti, che<br />
in Italia dice l’ISTAT essere il 18% ovvero 11 milioni<br />
di cittadini, non ne ha nessuna. Ho voluto<br />
colmare <strong>questo</strong> vuoto cognitivo.<br />
Quando?<br />
Tre anni fa, come volume periodico, cioè bimestrale,<br />
edito dalla mia Fondazione ReligionsFree<br />
Bancale.<br />
Ho avuto modo, leggendovi, di cercare di<br />
costruirmi un’idea a proposito. Dietro una<br />
rivista c’è un pensiero e, nel suo caso, a mio<br />
avviso la volontà di creare un movimento<br />
sulla laicità. Quanto crede che <strong>questo</strong> luogo<br />
di discussione e confronto, la rivista, possa<br />
contribuire alla causa dello stato laico?<br />
Un chiarimento è doveroso: laico è il tollerante,<br />
relativista, che rispetta tutte le credenze e che può<br />
appartenere a qualsiasi religione o a nessuna.<br />
NonCredo si rivolge soltanto a questi ultimi: certamente<br />
tolleranti, relativisti ma anche illuministi<br />
che non si riconoscono in nessuna religione<br />
dogmatica, strutturata, rivelata ecc ma nell’Etica<br />
empatica e solidaristica del “non fare ad altri ciò<br />
che non vorresti fosse fatto a te”, nella Libertà che<br />
abbia come limite soltanto la libertà altrui e nel<br />
Rispetto delle leggi che democraticamente si è<br />
data la loro comunità nazionale organizzata a<br />
Stato.<br />
Come ci vedono gli altri<br />
Intervista al direttore di NonCredo<br />
apparsa su varie testate on line<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
Non si fa che parlare di eutanasia, testamento<br />
biologico, dico, pacs, legge contro<br />
l’omofobia, riconoscimento a tutti gli effetti<br />
delle nuove tipologie di unioni sociali. Eppure,<br />
in Parlamento, viene sempre affossata<br />
ogni nuova proposta di disegno di legge<br />
che va in direzione della laicità. Come mai<br />
secondo lei?<br />
E’ sotto gli occhi di tutti la deriva filo-clericale<br />
(cattolica) della nostra politica: che c’è da aspettarsi?<br />
Pedofilia sottotraccia, quella sì; il valore dei<br />
sentimenti al di là dei problemi puramente convenzionali<br />
di genere e sesso, quelli no. Per non<br />
parlare della immondizia spirituale dell’ostracismo<br />
al dolore crudele quando è senza speranza di<br />
chi invoca per sé o per chi ama, l’eutanasia.<br />
Parlamentari illuminati non mancano, eppure<br />
lo scollamento tra rappresentati e rappresentanti<br />
continua, soprattutto su questi<br />
temi, a fare la differenza. Come valuta <strong>questo</strong><br />
dato?<br />
Ogni parlamentare ama essere rieletto, però sa<br />
bene che un veto occulto vaticano o CEI può troncare<br />
la “agognata” carriera.Nemo tenetur se detegere”,<br />
nessuno è tenuto ad autodanneggiarsi, a<br />
meno di riconoscersi in Valori quali onore, dignità,<br />
non compromissorietà (ricordiamo Muzio<br />
Scevola o Attilio Regolo o Salvo D’Acquisto) ma<br />
<strong>questo</strong> non fa parte, a mio parere, del retaggio e<br />
del patrimonio del Paese di Machiavelli.<br />
Quali strumenti nuovi ritiene, possano essere<br />
adottati per scalfire il muro di ipocrisia<br />
per superare consuetudini medioevali e<br />
rozze quali le dichiarazioni di chi rimanda<br />
alla nostra Costituzione l’unico margine<br />
h NONCREDO h 15<br />
83
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84<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
possibile di discussione su eventuali<br />
unioni tra omosessuali o, più semplicemente,<br />
il riconoscimento dei basilari diritti<br />
già garantiti alle coppie unite negli unici<br />
matrimoni ammessi dalla Chiesa e dallo<br />
Stato?<br />
Si ricorda quel “per fare l’Italia bisogna prima<br />
fare gli <strong>Italiani</strong>”? E dove stanno? a differenza dei<br />
Paesi protestanti, tanto per restare nel Cristianesimo,nei<br />
quali è molto alto il senso dello Stato,<br />
quello comunitario, il senso dell’onore e il civismo.<br />
Lei pensa che ove c’è il top del compromesso<br />
con la propria coscienza e con quella collettiva<br />
come gli istituti cattolici della “Confessione” o<br />
dell’indulgenza plenaria letta dietro un santino,<br />
entrambe istituti coi quali un furto, uno stupro,<br />
un omicidio commessi si cancellano d’incanto,<br />
tranne che per le vittime ,ci si possa aspettare<br />
qualcosa di diverso?<br />
Qui si inserisce il ruolo culturale di NonCredo:<br />
contribuire a creare una cultura, una corrente di<br />
opinione, una presa di coscienza che compensi la<br />
clericizzazione invadente, che ci ricordi il pensiero<br />
di uomini che vanno dalla Costituzione americana<br />
come Jefferson, Madison e Franklin, alla rivoluzione<br />
francese, l’illuminismo di Voltaire,<br />
Diderot e Kant, il liberalismo inglese, la rivoluzione<br />
scientifica ostracizzata dal papato cattolico<br />
di Darwin, Marx, Freud, Einstein e Popper, il superamento<br />
dell’Io del Buddha e la mistica empatica<br />
di Gandhi e Krishnamurti. Sono convinto che<br />
pur nel generale disinteresse degli <strong>Italiani</strong>, chi<br />
legge NonCredo nel tempo non resti lo stesso ma<br />
diventa cittadino della civile mittel-Europa senza<br />
saperlo.<br />
Alcuni esponenti della sinistra attuale rispetto<br />
a questi temi invocano sempre la libertà<br />
di coscienza. Io credo che oggi sia<br />
arrivato il punto di adottare, invece, sistemi<br />
più drastici. Che la protesta e la sensibilizzazione<br />
sulla laicità debbano passare attraverso<br />
gesti eclatanti, simboli,<br />
dimostrazioni, scioperi della fame, sit in,<br />
abbandono dell’aula parlamentare in massa<br />
occupare tutte le piazze di <strong>questo</strong> Paese,<br />
uno sciopero bianco collettivo, ogni qual<br />
volta passi una legge iniqua, che lede la laicità<br />
Il discorso sarebbe troppo lungo: uno Stato si<br />
fonda sulla legalità, <strong>questo</strong> è il portato del juspositivismo<br />
in cui mi riconosco. La legge va rispettata<br />
e semmai si lotta politicamente per cambiarla.<br />
Le rivoluzioni sono momenti stupendi nella storia<br />
del progresso dell’Uomo, ma sono tali proprio<br />
per la loro episodicità. Non si può, a mio avviso,<br />
andare oltre il lecito solo perché si ritiene qualcosa<br />
iniquo, anche perché l’iniquità dipende anche<br />
dai punti di vista. Credo che ci vorrebbe una<br />
molto maggiore qualità della politica intesa non<br />
secondo Platone ma semmai Aristotele e Montesquieu.<br />
Ma questa purtroppo non è l’Italia.<br />
Rispetto ad esempio all’outing, ha fato<br />
molto scalpore l’idea di alcuni anonimi internauti<br />
che minacciano la pubblicazione di<br />
una lista dettagliata con tutti i nominativi<br />
dei parlamentari di destra, omofobi, che<br />
pertanto hanno votato contro la “legge sull’omofobia”,<br />
e che conducono di fatto una<br />
seconda vita o sono gay non dichiarati.<br />
Cosa ne pensa a proposito?<br />
Ritengo che tutto e tutti in politica debbono essere<br />
trasparenti, altrimenti si tradisce la politica<br />
stessa e con essa il Paese e il popolo che dovrebbero<br />
esserne i destinatari. Smascherare gli ipocriti che<br />
hanno voluto liberamente fare politica mi sembra<br />
un atto dovuto, civile e utile.<br />
Alcune Associazioni americane delle vittime<br />
dei preti pedofili hanno depositato,<br />
preso la Corte dell’Aja, un fascicolo dettagliato<br />
ed esaustivo con il quale condannerebbero<br />
l’attuale pontefice per crimini<br />
contro l’umanità, per omissione di intervento,<br />
per non avere adottato sempre provvedimenti<br />
seri contro preti dalla dubbia<br />
condotta che sarebbero stati solo allontanati<br />
di diocesi in diocesi senza pagare, di<br />
fatto, per gli abusi commessi. Cosa pensa di<br />
questa denuncia?<br />
La denuncia, se corretta e provata, è un diritto e
anche eticamente un dovere in uno Stato di diritto.<br />
Poi il giudice naturale valuterà.<br />
“Noncredo” dove vuole arrivare? Il movimento<br />
per la Laicità di <strong>questo</strong> paese che<br />
evoluzione avrà? Ci sono speranze che intacchi<br />
davvero la coscienza della gente o lo<br />
ritiene uno strumento prevalentemente di<br />
informazione e basta?<br />
La laicità è una assoluta necessità, vitale per ogni<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
democrazia nonché per noi, però il “core business”,<br />
il fondamento di NonCredo è la NonCredenza,<br />
cioè la giustezza e la razionalità di una<br />
società possibilmente senza le religioni così come<br />
le conosciamo, ma dove il Bene Comune, la pace,<br />
la libertà, l’armonia possano essere risolte dall’Etica,<br />
che non ha bisogno di dèi, di miracoli, di<br />
cleri e di aldilà. Questa è la ”cultura della ragione”,<br />
sottotitolo di Noncredo, che noi portiamo<br />
avanti.<br />
Nell’ambito della nostra Fondazione ReligionsFree Bancale, editrice di NonCredo,<br />
è stato istituito il<br />
FONDO di solidarietà “LUCIA&PAOLO”<br />
nello spirito dello Statuto della Fondazione stessa che è orientato all’assistenza,<br />
soccorso e volontariato a favore dei diseredati più deboli, in particolare bambini<br />
e anziani delle fasce etnico-sociali a noi più vicine che noi vediamo come “il nostro<br />
prossimo” più sofferente.<br />
Detto Fondo di solidarietà concentrerà pertanto la sua attenzione e i suoi interventi<br />
a favore dei bambini e degli anziani extra-comunitari presenti in Italia che<br />
si trovassero senza assistenza o in stato di necessità.<br />
La Fondazione ReligionsFree Bancale e il suo Fondo di solidarietà “Lucia&Paolo”<br />
invitano chiunque ne fosse a conoscenza a segnalare alla Fondazione stessa o alla<br />
pubblicazione NonCredo tutti quei casi di bambini e anziani extracomunitari in<br />
Italia che necessitino di solidarietà morale e di assistenza materiale.<br />
Grazie a nome di chi soffre.<br />
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85
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86<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
Sensibilità umana ed effetti giuridici<br />
Diritti degli animali nello Stato e nella Chiesa<br />
Con l’Illuminismo e alcuni dei suoi più celebri<br />
esponenti, a partire da Voltaire a Rousseau,<br />
si affermò in Europa una filosofia dei<br />
diritti animali o, perlomeno, un codice di<br />
condotta e di doveri umani nei loro confronti:<br />
da questa riflessione in Italia scaturirono<br />
le prime leggi a protezione degli<br />
animali. Già nel Granducato di Toscana e nel<br />
Regno di Sardegna, negli anni 1856 e 1859,<br />
erano state emanate leggi che vietavano di<br />
incrudelire su animali domestici in luoghi<br />
pubblici: esse sancivano i c.d. “doveri indiretti”,<br />
tutelando il sentimento umano, benchè<br />
oggetto della condotta riprovata fosse<br />
l’animale. Con l’art. 491 del codice Zanardelli<br />
entrò in vigore nel 1890 la prima legge italiana<br />
a tutela dei diritti animali, che espungeva<br />
dal testo le restrizioni del la tutela ai soli<br />
maltrattamenti di animali domestici perpetrati<br />
in pubblico e recitava: “Chiunque incrudelisce<br />
verso animali o, senza necessità li<br />
maltratta ovvero li costringe a fatiche manifestamente<br />
eccessive, è punito con ammenda”. Il codice<br />
Rocco del 1930 riprese la norma all’art.<br />
727 e, più tardi, alcune modifiche estesero la<br />
tutela degli animali, includendo fra i maltrattamenti<br />
anche le condotte incompatibili<br />
con le caratteristiche etologiche. La Legge<br />
189/04 ha inasprito le sanzioni comminate, in<br />
particolare introducendo la reclusione in<br />
luogo della semplice ammenda. Il codice<br />
della strada 2011, il reato di omissione di soccorso<br />
è stato esteso anche a favore degli animali.<br />
Il passaggio dai doveri indiretti ai doveri diretti<br />
presuppone l’evoluzione del dovere di<br />
astenersi dalla lesione di diritti umani estrinsecantisi<br />
attraverso gli animali in dovere fon-<br />
di Carlo Prisco, avvocato<br />
dato sul riconoscimento in capo a tali creature<br />
di veri e propri diritti autonomi: tale<br />
principio nel diritto italiano non è ancora<br />
stato affermato e, verosimilmente, rappresenterà<br />
la tappa cruciale nell’affermazione<br />
giuridica delle specie non umane. Ma come<br />
si pone la Chiesa rispetto a <strong>questo</strong> percorso<br />
di codificazione dei diritti animali? Il suo<br />
cammino è certo molto più articolato e risalente<br />
di quello della (al paragone) neonata<br />
nazione italiana e finora è stato tutt’altro che<br />
lineare: il cristianesimo delle origini, ispirandosi<br />
direttamente alla Bibbia e alle fonti allora<br />
disponibili sulla vita di Gesù, sosteneva<br />
largamente il rispetto degli animali e molti<br />
padri fondatori e dottori della Chiesa praticavano<br />
il vegetarismo (S. Pietro, gli apostoli<br />
Giacomo e Matteo, S. Girolamo, S. Ambrogio,<br />
S. Agostino, S. Gregorio Magno).<br />
Con il Concilio di Nicea del 325, non soltanto<br />
venne bandito il vegetarismo dalla dottrina,<br />
ma tutto il Creato venne decretato appannaggio<br />
dell’uomo, rendendo contrario a dio<br />
perfino il semplice astenersi dallo sfruttare<br />
ciò che questi avrebbe messo a disposizione.<br />
Dietro alle scelte di Nicea si celava l’obbiettivo<br />
di far assurgere la religione cristiana a<br />
culto di stato e, dunque, renderla compatibile<br />
in primo luogo con le abitudini e le idee<br />
dell’imperatore Costantino ed, altresì, con i<br />
costumi della tradizione romana, compresi i<br />
sacrifici animali. Dopo il 325 l’affermazione<br />
del rispetto per gli animali equivalse a sospetto<br />
di eresia, che diveniva certezza nei<br />
confronti di chi praticava la scelta alimentare<br />
pitagorica (vegetariana): tale condotta veniva<br />
punita perfino mediante la colata di piombo<br />
fuso nella gola del malcapitato.
Benchè numerosi esponenti della Chiesa, nel<br />
corso dei millenni, abbiano manifestato sensibilità<br />
a vario titolo nei confronti delle specie<br />
non umane, giungendo perfino a<br />
teorizzare un sistema di valori consequenziale<br />
(i.e. San Francesco), ciò non ha scalfito<br />
la posizione ufficiale che imponeva all’uomo<br />
il titolo e il potere di dominatore della natura<br />
e di tutte le sue creature. L’affermazione di<br />
principio alla base della dottrina ecclesiastica<br />
dei (non) diritti animali è stata chiaramente<br />
esposta da S. Tommaso D’Aquino mediante<br />
l’assioma: “Le anime degli animali non avendo la<br />
capacità di agire indipendentemente non sono<br />
sussistenti”. Neppure l’avvento dell’Illuminismo<br />
ha influenzato la visione della Chiesa<br />
circa i diritti degli animali: mentre lo Stato<br />
italiano emanava le prime leggi in proposito,<br />
i gesuiti autori della rivista Civiltà Cattolica,<br />
nel 1907, giunsero alla conclusione che essi<br />
erano insussistenti e indegni di qualsivoglia<br />
forma di tutela: “Come dovremmo avere dei doveri<br />
verso creature che possiamo a nostro capriccio<br />
fare a pezzi, arrostire e mangiare? Il motivo<br />
intrinseco è che l’animale non è persona ossia non<br />
è creatura ragionevole, sussistente per sé,<br />
ma semplice mezzo per il nostro fine”.<br />
Nel corso degli anni la posizione della<br />
Chiesa ha dovuto dar voce anche alle molte<br />
istanze a difesa degli animali e così, nel 1990,<br />
lo stesso Papa Giovanni Paolo II affermò che<br />
anche gli animali hanno un soffio divino; tuttavia<br />
tali parole non hanno dato seguito ad<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
alcuna azione concreta e l’attuale catechismo<br />
ufficiale sancisce che: “Gli animali, come anche<br />
le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente<br />
destinati al bene comune dell’umanità passata,<br />
presente e futura.<br />
[…] È dunque legittimo servirsi degli animali per<br />
provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti.<br />
Possono essere addomesticati, perché<br />
aiutino l’uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi<br />
negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche<br />
sugli animali sono pratiche moralmente accettabili<br />
[…].”<br />
Molti, come i cattolici vegetariani, ispirandosi<br />
al cristianesimo delle origini e al messaggio<br />
autentico dei testi sacri prima delle<br />
numerose manipolazioni, anche in seno alla<br />
Chiesa continuano a sostenere l’esistenza dei<br />
diritti animali. La Chiesa non ha omesso di<br />
pronunciarsi neppure nei confronti della legislazione<br />
sui diritti animali dello Stato,<br />
quando in occasione dell’approvazione della<br />
L 189/04, ha manifestato contrarietà a tale riconoscimento,<br />
appellandosi allo Stato anche<br />
dalle pagine della rivista gesuita Civiltà Cattolica.<br />
Insomma, anche nei confronti dei diritti<br />
e doveri di “cittadini” italiani non umani<br />
la Chiesa non ha rinunciato ad esercitare la<br />
propria influenza e ciò benchè al suo stesso<br />
interno, fra i suoi componenti e perfino nelle<br />
proprie scritture sacre, non si possa cogliere<br />
alcuna continuità o coerenza, ma soltanto<br />
una moltitudine di idee, spesso opposte tra<br />
loro.<br />
_xzzxÜx NONCREDO può essere un momento arricchente di argomenti nuovi,<br />
di cultura e di autostima. Fateci caso dopo averlo letto.<br />
fÉáàxÇxÜx NONCREDO significa potenziarlo, consentirgli di affrontare i notevoli oneri<br />
connessi all’aumento della sua diffusione sul territorio nazionale e dell’aumento di pagine.<br />
Per chi condivide e crede negli ideali di NonCredo, l’abbonamento sostenitore, con<br />
importo assolutamente libero, è un mezzo per esserci più vicini.<br />
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88<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
La parola alla grande letteratura<br />
L’ateismo etico di Camus<br />
di Carlo Tamagnone, filosofo<br />
Camus e Dostoevskji.<br />
In Camus il<br />
tema del male e<br />
del dolore ricordaDostoievskji,<br />
ma con esiti<br />
filosofici opposti.<br />
Per il russo<br />
l’itinerario esistenziale si conclude nelle accoglienti<br />
braccia di dio; per il franco-algerino<br />
nella sua negazione. Differenti anche le atmosfere<br />
letterarie, tenebrose e fredde quelle<br />
dostoevskiane, assolate e soffocanti quelle<br />
camusiane. Come già sosteneva André Gide<br />
all’inizio degli anni ’20 in Dostoevskji il male<br />
porta a dio superando la “morte di Dio” di<br />
Nietzsche. La volontà di potenza si capovolge<br />
in volontà di patimento, d’espiazione, d’autoannullamento<br />
nel sacro. In Camus dio è negato<br />
perché permette il male, dunque non<br />
esiste: se esistesse sarebbe malvagio. Egli,<br />
profondamente mediterraneo, evoca il<br />
trionfo della vita sul dolore e la morte.<br />
Camus e la Parigi del ’40-’45.<br />
Nato in una famiglia operaia algerina, dopo<br />
la morte del padre sulla Marna nel 1914 la famiglia<br />
si trasferisce ad Algeri dove uno zio<br />
lo aiuta a studiare, però deve concorrere al<br />
bilancio famigliare con lavori saltuari fino al<br />
faticoso raggiungimento della laurea nel<br />
1936. Ricorderà quegli anni come una<br />
“scuola della povertà” preziosa, che ne farà<br />
un “diverso” rispetto agli alto-borghesi parigini<br />
Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir,<br />
Maurice Merlau-Ponty. Arriva a Parigi nel<br />
1940 dopo aver aderito a un movimento antifascista<br />
nel ’33 e al partito comunista nel<br />
’34. Scrive per Paris-Soir ma contemporaneamente<br />
per il clandestino Combat. Nel ’42 esce<br />
per Gallimard il suo Lo straniero, che lo consacra<br />
romanziere di livello internazionale.<br />
Camus e Sartre.<br />
Il proletario Camus fa amicizia con l’alto-borghese<br />
Sartre, entrambi partecipanti alla lotta<br />
di liberazione e comunisti. Nel ’47 Camus<br />
denuncia i gulag sovietici e con l’allora stalinista<br />
Sartre c’è la rottura. Su Les temps modernes<br />
Camus è stigmatizzato come un<br />
“reazionario borghese”. Sartre si ricrederà<br />
dopo Budapest, ma non si vedranno mai più.<br />
Resta l’assonanza esistenzialista espressa da<br />
Sartre in La nausea e da Camus in Lo straniero.<br />
Per il Roquentin del La nausea la natura è un<br />
mondo brutale che si oppone alla realizzazione<br />
della sua libertà e lo fa sentire estraneo<br />
ad esso. Il Mersault de Lo straniero si sente invece<br />
sintonico con quel mondo, vi vegeta indifferente<br />
perché è senza-senso come si sente<br />
egli stesso.<br />
Il non-senso dell’esistere e l’indifferenza.<br />
Unici a poter dar senso all’esistere, i sentimenti,<br />
Mersault non li prova. Al funerale<br />
della madre sente solo caldo e sudore.<br />
L’aveva messa in ospizio ma «piangeva<br />
spesso» e non c’è più andato perché «perdevo<br />
tutta la domenica, a parte la fatica di<br />
prendere l’autobus, comprare i biglietti e fare<br />
due ore di viaggio.» Prima del funerale fuma
una sigaretta e lo segue pensando ad altro. Il<br />
rientro: «… il rombo incessante del motore e<br />
la mia gioia quando l’autobus è entrato nel<br />
nido di luci di Algeri e ho pensato che sarei<br />
andato a letto e avrei dormito dodici ore.»<br />
Alla ragazza con cui fa l’amore dice che<br />
l’amore non significa nulla. Ameba umana<br />
che va dove il caso porta va al mare con due<br />
amici e aggrediscono due algerini perché<br />
non gli vanno a genio, uno tira fuori un coltello<br />
ma poi scappano. Vanno a cercarli per<br />
dargli una lezione e li scovano, l’amico dà<br />
una pistola a Mersault da usare al caso («In<br />
quel momento ho pensato che si poteva sparare<br />
oppure non sparare e che una cosa valeva<br />
l’altra.») Luccica il coltello e Mersault<br />
spara un primo colpo, poi senza perché altri<br />
quattro «su un corpo inerte dove i proiettili si<br />
insaccavano senza lasciar traccia.» Condannato<br />
a morte si augura «che ci siano molti<br />
spettatori il giorno della mia esecuzione e<br />
che mi accolgano con grida di odio.»<br />
Dal non-senso all’assurdo.<br />
Il non-senso si evolve nell’assurdo de Il mito di<br />
Sisifo e l’ignavia di Mersault in Sisifo si fa<br />
sfida alla punizione divina. Perché non ci si<br />
suicida di fronte all’assurdo? Il corpo vale<br />
quanto lo spirito e si vive prima che pensare,<br />
dunque vivere a dispetto dell’assurdo è vincere<br />
la partita dell’esistenza. L’assurdo è coesistenza<br />
di uomo e mondo, che ne sono legati<br />
e lo creano. Sisifo è condannato dal dio ma si<br />
sente libero perché il vero problema non è lui<br />
ma l’esistenza del male: «O non siamo liberi<br />
e Dio onnipotente è responsabile del male; o<br />
siamo liberi e responsabili, ma Dio non è onnipotente.»<br />
Sisifo mente spinge il masso in<br />
cima alla montagna non pensa, ma arrivato<br />
in cima il masso riprecipita ed egli mentre<br />
scende per ricominciare può pensare a sé e<br />
al masso.<br />
La consapevolezza e l’orgoglio.<br />
Il “ritorno” lo fa cosciente: «Sisifo, proletario<br />
degli dèi, impotente e ribelle, conosce tutta<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
l’estensione della sua miserevole condizione.»<br />
e tuttavia «Non esiste destino che<br />
non possa essere superato dal disprezzo [del<br />
dio].», la divinità è spregevole perché produce<br />
male. E tuttavia il male chiama il bene<br />
e il dolore la felicità: «La felicità e l’assurdo<br />
sono figli della stessa terra e inseparabili.» Il<br />
masso dà sofferenza a Sisifo, ma «è cosa sua»<br />
e «Se l’uomo assurdo dice di sì [all’assurdo]<br />
… sa di esser padrone dei propri giorni.» e<br />
«insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei<br />
e solleva i macigni.» L’universo non ha creatori<br />
né padroni e sceglier l’assurdo è realizzarsi;<br />
quindi «Bisogna immaginare Sisifo<br />
felice.» In altre parole, siccome chi mi infligge<br />
male è maligno io che lo disprezzo mi<br />
“approprio” della condanna.<br />
La rivolta.<br />
Sisifo può assurdamente sentirsi felice, ma il<br />
male rimane e domina la realtà con l’oppressione<br />
e l’assassinio. Rivoltarsi «contro la propria<br />
condizione e contro l’intera creazione»<br />
è qualcosa che Camus vede come “metafisico”<br />
poiché dio è «padre della morte e supremo<br />
scandalo.» Oltre alla rivolta metafisica<br />
c’è quella storica, nichilistica e terroristica, e<br />
poi c’è un terrorismo di stato col regno dei fini<br />
della ragione storica. Rompe con Sartre, perché<br />
il regime sovietico è «impero e schiavitù»<br />
che ha eliminato dio ma non il male. La religione<br />
prevede la consapevolezza del peccato<br />
e “rinvia” il castigo, il totalitarismo prevede<br />
la colpevolezza d’ogni suddito: ha eliminato<br />
dio per farsi super-dio. Contro il male l’unica<br />
chance etica è rivoltarsi, specialmente quando<br />
si maschera da bene superiore: «la sola regola<br />
che sia oggi originale: imparare a vivere,<br />
a morire e, per esser uomo, rifiutare d’esser<br />
dio.»<br />
La solidarietà umana.<br />
L’iter etico di Camus, iniziato col non-senso,<br />
passato per l’assurdo, sfociato nella rivolta al<br />
male, si conclude nel solidarismo. Siccome il<br />
non-senso del rapporto uomo-mondo porta<br />
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90<br />
PENSIERO UMANISTICO<br />
il male e <strong>questo</strong> è irrimediabile, ognuno è<br />
chiamato a fare il massimo possibile per ridurlo.<br />
L’uomo etico di Camus s’incarna nel<br />
dottor Rieux, il protagonista de La peste, che<br />
lotta con tutte le sue forze per cercare di ridurre<br />
le sofferenze dei morenti. Al prete che<br />
cerca di convincerlo che malgrado il male dio<br />
è amore e che la sua creazione è buona, egli,<br />
pensando ai piccoli appestati: «No, Padre, io<br />
mi faccio un’altra idea dell’amore e mi rifiuterò<br />
fino alla morte di amare questa creazione<br />
dove i bambini sono torturati». Se il<br />
non-senso, l’assurdo e il male trionfano,<br />
l’unico modo d’agire è ridurne gli effetti attraverso<br />
la generosità e il sacrificio; non già<br />
in nome di dio, ma in nome dell’uomo.<br />
MATRIMONI COMBINATI<br />
Nei cosiddetti “matrimoni combinati”, un tempo quasi la regola e oggi molto diffusi ancora<br />
in tante parti del globo, gli sposi sono scelti dalle rispettive famiglie secondo vari criteri<br />
fra cui primeggiano religione, etnia e interesse. Molto spesso la ferrea tradizione vuole<br />
che lo sposo veda il viso della sposa soltanto dopo la funzione matrimoniale. Ora, se uno<br />
di questi promessi sposi dice, per esempio ai suoi amici, che la sua promessa sposa è molto<br />
bella e che lui ne è innamorato, c’è da credergli? Lui non ha visto, né scelto né valutato alcunché.<br />
Mutatis mutandis, che differenza intercorre tra quello sposo e un qualsiasi “fedele o credente”<br />
di qualsiasi religione che lui ha passivamente ereditato dai genitori come il DNA o<br />
il gruppo sanguigno? Per cui quando lui decanta la sua religione, la considera l’unica vera,<br />
critica le altre, si batte per la sua credenza c’è differenza sostanziale con il predestinato promesso<br />
sposo o sposa?<br />
L’accanimento fideistico-dogmatico del credente per una fede che non ha scelto, di cui si<br />
professa seguace anche se nella dottrina la ignora, in cui non ha messo nulla di suo né in termini<br />
cognitivi né creativi, è da considerarsi sul piano dell’antropologia (= studio dell’Uomo),<br />
della psicologia (= studio della mente) e dell’etologia (= studio dei comportamenti), ripetiamo:<br />
è da considerarsi più patetico o deterministico o irrazionale o condizionato ovvero<br />
non degno dell’Homo Sapiens Sapiens?<br />
P.S. I matrimoni combinati accettano l’istituto del divorzio, e i credenti dopo che ci hanno riflettuto<br />
un po’, se la sentono di rimettere in discussione i fondamenti della loro fede “ereditata e non scelta”?
Lo scetticismo vincente e la laicità<br />
PENSIERO FILOSOFICO<br />
Hume: la scepsi applicata alla religione<br />
di Enrico Gavalotti, filosofo delle religioni<br />
________________________________________________________________________________________<br />
Si è soliti dire che gli inglesi siano poco avvezzi alla speculazione filosofica, essendo empiristi di natura. Ebbene<br />
se si leggesse David Hume (1711-76), che per di più era scozzese, si scoprirebbe che l’intera sua filosofia sembra<br />
essere fatta apposta non solo per confermare questa universale opinione che si ha degli inglesi, ma anche per<br />
dimostrare, in maniera molto articolata, che tale atteggiamento nei confronti della vita è l’unico a essere veramente<br />
fondato. Hume ambiva a porsi come una sorta di “Newton della psicologia”. Se poi si pensa che per la mentalità<br />
del suo tempo non era certo facile dichiararsi agnostici o addirittura atei senza subire gravi conseguenze,<br />
forse si può addirittura sostenere che Hume sia stato uno degli intellettuali più straordinari che gli inglesi abbiano<br />
mai avuto.<br />
L’opposizione clericale<br />
Di <strong>questo</strong> invero se n’era subito accorta la<br />
stessa chiesa presbiteriana scozzese, che pur<br />
essendo di origine calvinista avrebbe avuto<br />
un motivo in più per discutere con lui le tesi<br />
razionaliste in materia di fede religiosa. Invece,<br />
avendo già intuito che un qualunque<br />
discorso di filosofia naturale o deistica, pur<br />
con tutti i distinguo di <strong>questo</strong> mondo, rischiava<br />
prima o poi di portare all’ateismo e<br />
quindi alla fine di quella casta di intellettuali<br />
chiamati “teologi”, essa fece di tutto, sin<br />
dalla pubblicazione del Trattato sulla natura<br />
umana (1739-40), per impedire a <strong>questo</strong> promettente<br />
filosofo d’intraprendere una qualsivoglia<br />
carriera universitaria, che avrebbe<br />
ampiamente meritato, per quanto il testo non<br />
ebbe molto successo tra il pubblico.Allorché<br />
decise di dare alle stampe, in forma anonima,<br />
quella sua prima opera, scritta peraltro durante<br />
il suo soggiorno in Francia, a Reims e<br />
La Flèche, presso i gesuiti (1734-37), Hume<br />
sapeva benissimo a quali rischi sarebbe andato<br />
incontro, tant’è che s’era premurato di<br />
togliere proprio le parti relative alla religione<br />
(idea di provvidenza, di miracolo, di profezia<br />
ecc.). Ciò ovviamente non bastò a risparmiargli<br />
l’accusa di ateismo e a nulla valsero i<br />
suoi tentativi, un po’ goffi, di sostenere, nella<br />
Lettera ad un amico (1745), che le tesi scettiche<br />
del Trattato avevano lo scopo recondito di dimostrare<br />
che un qualunque discorso razionalista<br />
intorno alla fede non faceva che<br />
sminuirne il valore esistenziale. Questo per<br />
dire ch’egli non voleva apparire come un fulmine<br />
a ciel sereno, ma come un anello fondamentale<br />
di quella progressiva demolizione<br />
delle radici cristiane che nel suo paese era<br />
iniziata, in maniera soft, con la formazione<br />
del deismo, che non a caso trovava le proprie<br />
origini in Inghilterra.<br />
Il background filosofico inglese<br />
I primi a porre una netta distinzione tra religione<br />
naturale (basata sulla ragione) e religione<br />
rivelata (basata sulla fede) erano stati<br />
H. de Cherbury (1583-1648) e T. Hobbes<br />
(1588-1679). I successivi deisti (il conte di<br />
Shaftesbury, G. Berkeley, J. Locke, J. Toland),<br />
quando difendevano la religione naturale ritenendola<br />
utile sul piano etico-politico, finivano<br />
per portare il credente su posizioni<br />
sempre più scettiche nei confronti dei dogmi<br />
cristiani, cattolici o riformati che fossero,<br />
anche contro le loro migliori intenzioni. Bastano<br />
pochissime frasi per rendersi conto di<br />
quanto la sua filosofia s’innesti perfettamente<br />
in quella corrente deistico-illumini-<br />
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91
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92<br />
PENSIERO FILOSOFICO<br />
stica anglo-francese ch’egli s’accingeva a<br />
svolgere in maniera consequenziale. La conoscenza<br />
ha origine dai sensi e si fonda sulle<br />
percezioni, di cui le maggiori sono le impressioni<br />
e le minori le idee. Quest’ultime si collegano<br />
tra loro per somiglianza, contiguità<br />
spazio-temporale e causa/effetto. L’unica conoscenza<br />
certa, cioè logica e necessaria, è<br />
quella astratta della matematica, mentre<br />
quella riferita alla realtà concreta può basarsi<br />
unicamente sul nesso di causa ed effetto, che<br />
viene ritenuto fondato per esperienza, cioè<br />
per abitudine psicologica, traducibile anche<br />
in un feeling della coscienza o addirittura in<br />
una fede (belief), a condizione che resti qualcosa<br />
di “sentito” o “percepito”, non di “concepito”.<br />
In questa nostra vita terrena (si<br />
potrebbe chiosare così l’intero corpus humiano),<br />
le cui contraddizioni spesso ce la<br />
rendono incomprensibile, non può in alcun<br />
modo esserci spazio “razionale” per la trascendenza,<br />
ovvero per un mondo che nel migliore<br />
dei casi appartiene soltanto ai morti:<br />
qualunque “dimostrazione” dell’esistenza<br />
divina va considerata un nonsense. Persino in<br />
geometria sarebbe assurdo concepire un<br />
triangolo in generale, prescindendo dalle caratteristiche<br />
dei suoi lati e angoli.<br />
Si badi però che per Hume la critica della religione<br />
non è mai arrivata a sostenere che la<br />
fede non potesse servire sul piano pratico,<br />
come forma di moralità personale. Una religione<br />
che si mantiene nei limiti della ragionevolezza<br />
umana e rinuncia a imporre<br />
astratte speculazioni e soprattutto biechi fanatismi,<br />
può tranquillamente continuare a<br />
sussistere sotto il principio della tolleranza<br />
lockiana.E’ noto che, nonostante i successi<br />
editoriali posteriori al Trattato, Hume si sentiva<br />
costantemente minacciato dal conservatorismo<br />
clericale del suo paese, tanto che non<br />
ebbe mai il coraggio di pubblicare la sua<br />
opera antireligiosa più significativa, Dialoghi<br />
sulla religione naturale.<br />
Critica della filosofia humiana<br />
La filosofia humiana non aveva alcunché di<br />
“militante”, come invece quella degli illuministi<br />
francesi: era soltanto improntata a un<br />
“laico buon senso”, mediante cui si poteva<br />
rinunciare alla fede senza per <strong>questo</strong> pregiudicare<br />
alcunché della propria facoltà di giudizio.<br />
Hume aveva chiaramente anticipato<br />
Kant, come già dissero i nostri Dal Pra e<br />
Della Volpe, nella critica dell’ontologia e<br />
della metafisica religiosa: cosa che d’altra<br />
parte lo stesso Kant ammise quando nei Prolegomeni<br />
scrisse: “è stato l’avvertimento di<br />
Hume che molti anni fa primamente ruppe<br />
in me il sonno dogmatico e diede alle mie ricerche<br />
nel campo della filosofia speculativa<br />
un tutt’altro indirizzo”. Tuttavia il limite fondamentale<br />
della sua filosofia, nella critica antireligiosa,<br />
stava proprio nel fatto che ci si<br />
appellava ai sensi, di cui il migliore era il buon<br />
senso, quando la stessa cosa avrebbero potuto<br />
farla i clericali, in pieno Medioevo, per sostenere<br />
che non aveva alcun senso non credere<br />
nella religione. Questo per dire che una<br />
qualunque critica della religione non porta a<br />
risultati demolitori se ci si limita a un’operazione<br />
meramente filosofica, in cui a un’idea<br />
teistica se ne contrappone un’altra di tipo<br />
ateistico o anche solo agnostico, senza cioè<br />
una contestuale strategia che investa anche<br />
il livello del conflitto sociale e della gestione<br />
del potere. Ci vorrà il socialismo inglese di<br />
un secolo dopo prima di collegare in maniera<br />
organica lo sviluppo sociale di un paese con<br />
quello culturale, arrivando alla conclusione<br />
che il capitalismo, a causa delle proprie insolute<br />
contraddizioni, non ha alcuna possibilità,<br />
se non negando se stesso, di sostenere<br />
posizioni radicalmente antimetafisiche.<br />
Hume, non senza coraggio, aveva portato il<br />
deismo a conseguenze più radicali, opponendo<br />
la scepsi, cioè il nuovo “buon senso”<br />
dell’intellettuale razionalista, a un altro<br />
“senso”, che fino a ieri era “comune” e che la<br />
potente rivoluzione industriale inglese rendeva<br />
sempre più velocemente obsoleto. E<br />
chi, negli ambiti clericali, lo criticava, non si<br />
rendeva conto che proprio la natura “protestante”<br />
della nuova religione cristiana aveva<br />
enormemente favorito il decollo di quello
stesso sviluppo industriale e quindi, indirettamente,<br />
lo sviluppo del laicismo che gli era<br />
correlato. Lo dimostra il fatto che pur essendo<br />
stato minacciato di scomunica, nessuno<br />
ebbe il coraggio di comminargliela.<br />
L’Inghilterra aveva sofferto già abbastanza<br />
per le guerre di religione e Hume sapeva<br />
bene che se un libero pensatore avesse avuto<br />
il buon gusto di tenere le proprie considera-<br />
DISORDINI A ROMA<br />
PENSIERO FILOSOFICO<br />
zioni laiciste nei limiti del pacato confronto<br />
teoretico, nessuno avrebbe avuto da ridire<br />
più di tanto, specie in una nazione così<br />
aperta alla modernità come quella inglese.<br />
Tutto sommato ebbe ragione. Ma quanto in<br />
<strong>questo</strong> suo atteggiamento accorto abbiano<br />
influito i gesuiti frequentati in gioventù, è facile<br />
immaginarlo.<br />
Il 15 di ottobre abbiamo visto in tv tante auto bruciate, anche di povera gente, incendi provocati<br />
in abitazioni private col conseguente dramma di quelle famiglie, abbiamo visto mettere<br />
a fuoco mezzi delle forze dell’ordine e anche strappare in pezzi con oltraggio il tricolore<br />
nazionale sulla pensilina dell’hotel Massimo d’Azeglio in via Cavour, abbiamo visto delinquenti<br />
lanciare sampietrini da due chili con spigoli netti che nessuno scudo o elmetto<br />
delle forze di polizia avrebbe potuto neutralizzare, abbiamo visto devastazioni di strade, negozi,<br />
banche. Ebbene dopo tutto <strong>questo</strong> scempio il Vaticano, al sicuro e ben protetto sull’altra<br />
sponda del Tevere, ha emesso un comunicato per denunciare, secondo loro, la<br />
“minaccia alla fede” (!) per il casuale danneggiamento anche di qualche statua di gesso o<br />
cartapesta e di emblemi o icone della stantia mitologia cattolica. Insomma un pupazzo contro<br />
esseri umani minacciati dai sovversivi. Ma non era più decente che stessero zitti?<br />
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94<br />
PENSIERO FILOSOFICO<br />
Un luogo comune da sfatare<br />
La morale e dio<br />
di Luigi Corvaglia, psichiatra, dirigente ASL di Bari<br />
“Se Dio non esiste, tutto è possibile” faceva<br />
dire Dostoveskji a un personaggio de I demoni.<br />
Il concetto, semplice quanto diffuso, è<br />
che se non esistesse dio, non esisterebbe neppure<br />
una differenza fra il giusto e l’ingiusto.<br />
Un dio-necessità, quindi, che si offre a considerazioni<br />
che investono molteplici ambiti e<br />
attraversano differenti piani di riflessione.<br />
Quello dei rapporti fra dio e il male, del<br />
resto, è tema antico. Epicuro, in contrasto con<br />
l’affermazione del grande russo, diceva che<br />
la presenza del male nel mondo era la prova<br />
che gli dei se ne disinteressavano, perché,<br />
nell’eventualità che avessero voluto eliminarlo<br />
e non avessero potuto, sarebbero stati<br />
impotenti, mentre, se avessero potuto e non<br />
voluto, sarebbero stati malvagi. Agostino, al<br />
contrario, riprendendo i sofisti, affermava<br />
che ciò che appare come male, in realtà, contribuisce<br />
alla perfezione totale. La questione<br />
ha attraversato i secoli interessando Bayle,<br />
Bohme, Arnaud, Malebranche, Hegel, ecc.,<br />
ma è ancora, ovviamente, aperta. Ai fini del<br />
discorso che ci si appresta a fare, affermaremo<br />
l’esistenza di qualcosa identificabile<br />
come Bene e qualcos’altro identificabile come<br />
Male e identificheremo il primo con ciò che è<br />
gradito a dio e il secondo con ciò che, essendogli<br />
sgradito, merita la sua giusta punizione.<br />
Ciò fatto, un primo livello di<br />
considerazione riguarda la questione di<br />
quale sia la reale natura dell’uomo. E’ questi<br />
naturalmente “buono” o “cattivo”? Se è vera<br />
la prima opzione, come immaginato da Aristotele,<br />
Rousseau e Tolstoj, i traviamenti che<br />
possono portare alla dannazione eterna sarebbero<br />
opera del potente maligno che agisce<br />
su individui costituzionalmente deboli.<br />
Come disse il barone d’Olbach, immagi-<br />
nando per un attimo che dio esistesse: “I miei<br />
traviamenti sono stati l’effetto del temperamento<br />
che tu mi hai dato, delle circostanze nelle quali tu<br />
mi hai posto senza interrogarmi, delle idee le<br />
quali, senz’alcuna mia cooperazione, sono penetrate<br />
nel mio spirito. Se tu sei, come si assicura,<br />
buono e giusto, non puoi allora punirmi per gli<br />
errori della mia immaginazione, per gli errori<br />
causati dalle mie passioni, conseguenze necessarie<br />
della struttura del corpo che tu mi hai dato... La<br />
tua bontà non potrebbe permettere che io incorra<br />
in una pena per i traviamenti inevitabili.”<br />
Ciò è ancora più vero nel caso in cui avesse<br />
ragione chi, come Nietzsche, Stirner, Hobbes,<br />
Freud o Calvino, ritiene che l’uomo sia naturalmente<br />
malvagio. In tal caso, i peccati per<br />
cui si incorre nella pena divina sono, non<br />
solo, come dice D’Olbach, inevitabili, ma non<br />
si configurerebbero neppure come “traviamenti”.<br />
Scrive, ad esempio, Max Stirner che<br />
sarebbe un errore credere che il cristianesimo<br />
inculchi la simpatia e l’amore per il prossimo,<br />
in quanto l’uomo che il cristiano dice di<br />
amare è l’uomo astratto, ideale, santo, non<br />
già l’uomo qual è, con le sue passioni, i suoi<br />
slanci, le sue miserie, il quale anzi va schernito,<br />
odiato, disprezzato, a meno che non rinunci<br />
alla sua umanità, si mutili dei suoi<br />
aspetti più tipici, divenendo esempio di santità.<br />
Dio appare quindi nella veste di una<br />
sorta di istitutore di collegio con l’unica differenza<br />
che quest’ultimo non è il responsabile<br />
della natura che si pone la missione di<br />
rettificare. In un modo o nell’altro, opzione<br />
positiva o negativa che sia, se si dovessero<br />
usare le categorie morali classiche, non si<br />
avrebbe difficoltà a bollare la logica della punizione<br />
divina come immorale.
Il problema dell’attribuzione delle qualità<br />
morali diventa però ben più evidente<br />
quando si passa ad un livello di logica superiore.<br />
A <strong>questo</strong> livello possiamo chiederci:<br />
“E’ dio che ha decretato cos’è il bene e cos’è<br />
il male?”, allora per dio non esiste qualcosa<br />
che a priori sia giusta o ingiusta. Ciò comporta<br />
un problema irrisolvibile. Infatti, innanzitutto,<br />
nulla ci autorizza a dichiarare che<br />
Dio è buono, visto che la bontà è stata stabilita<br />
da dio a posteriori. Ma è proprio questa<br />
“norma” stabilita ad aprire una questione<br />
enorme ed imprescindibile, quella relativa al<br />
perché l’Onnipotente avrebbe stabilito che<br />
proprio ciò che consideriamo giusto sia il<br />
bene e ciò che consideriamo ingiusto sia il<br />
male. Se la risposta è che esiste un “motivo”,<br />
si cade in una impasse. Ciò, infatti, vuol dire<br />
che il motivo viene prima di dio, in termini<br />
temporali (prima il motivo, poi la realizzazione<br />
sulla scorta del motivo) e di ordinamento<br />
gerarchico (dio soggiace al motivo). Il<br />
motivo pre-esiste, allora non è frutto di dio.<br />
dio non è il creatore di ogni cosa. Soprattutto,<br />
se c’è un motivo, dio è dovuto scendervi a<br />
patti. Quindi dio non è onnipotente. dio appare<br />
allora solo strumento di una ragione.<br />
Allora la ragione è dio! Sembra una sterile<br />
elucubrazione ma la questione non è affatto<br />
secondaria, perché quello della perfezione<br />
del Creato, in cui ogni cosa ha un suo “motivo”,<br />
è un luogo comune del ragionare del<br />
credente. Ogni qual volta si discetta sulla<br />
“perfezione” della fisiologia e dell’anatomia<br />
dell’uomo, ad esempio, si ammira la grandezza<br />
del progettista. Tutto è “previsto”. Similmente,<br />
c’è un motivo ben preciso per cui<br />
il Creatore ha stabilito ogni legge ed ogni caratteristica<br />
umana e del resto della natura.<br />
Questo è quello di creare il miglior universo<br />
possibile. L’Essere perfettissimo ed onnipotente<br />
viene descritto, dalle stesse persone che<br />
tale lo considerano, con limitatissime caratteristiche<br />
antropomorfiche, umane. Si tratta<br />
di un dio che pensa, ragiona, prevede e sceglie,<br />
che valuta le infinite possibilità e decide<br />
di conseguenza. I miseri processi della mente<br />
umana vengono proiettati sul Creatore. Ma<br />
PENSIERO FILOSOFICO<br />
questi è Essere Supremo! Non può essere costretto<br />
ad effettuare delle scelte; sarebbe un<br />
dover scendere a patti con qualcosa (ad<br />
esempio un mondo dotato di date qualità fisiche<br />
piuttosto che altre), un motivo che<br />
preesiste al mondo; ma ciò, in qualche modo,<br />
significa che dio stesso è soggetto ad una<br />
legge (il motivo), un vincolo ad un fine qualitativo.<br />
Ciò è impossibile, in quanto si prevede<br />
qualcosa prima e/o al di sopra di dio, la<br />
qual cosa rende inutile immaginare dio come<br />
“intermediario”. Questo ragionamento vale<br />
per ogni aspetto e qualità del mondo, a maggior<br />
ragione, quindi, per i concetti immateriali<br />
come il Bene e il Male. Così, se è una<br />
contraddizione logica un dio che “sceglie” le<br />
qualità morali più adatte, un dio che è<br />
buono indipendentemente dalla sua “scelta”<br />
di ciò che è bene o è male, agirebbe in un universo<br />
in cui il giusto e l’ingiusto sono indipendenti<br />
dal suo volere, anteriori, superiori,<br />
preesistenti. E’ la solita impasse.<br />
Ad ogni modo, anche lasciando i quesiti irrisolvibili<br />
della teologia, a confutare l’idea secondo<br />
la quale, in mancanza di dio, si<br />
avrebbe solo la barbarie dell’immoralità,<br />
basta la storia che dimostra, dall’editto di Costantino<br />
all’attuale scontro fra civiltà - passando<br />
per crociate e inquisizione -<br />
esattamente il contrario. Eppure non c’è religione<br />
che non predichi il bene e l’amore. La<br />
ragione, disse Kelsen, è che se si possiede la<br />
Verità, si è obbligati ad imporla agli altri che<br />
sono nell’errore. Ma se una verità è dimostrabile<br />
ed inconfutabile, non c’è bisogno di<br />
imporla, imponendosi già da sé. Voltaire ci<br />
ricordava che “non esistono sette in geometria”.<br />
Il fanatismo è naturalmente crudele<br />
perché presuppone due elementi fondamentali:<br />
la certezza di essere nel giusto e l’impossibilità<br />
di utilizzare mezzi razionali, da<br />
cui discende l’imposizione cruenta senza<br />
scrupoli, grazie all’alto valore morale della<br />
missione di portare la Verità. E’ l’“infalsificabilità”,<br />
per usare il termine di Popper, ad<br />
essere motivo della virulenta aggressione<br />
delle chiese nei confronti di chi pretende non<br />
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PENSIERO FILOSOFICO<br />
essere accolto dal fraterno abbraccio religioso,<br />
sempre pronto a trasformarsi in tagliola.<br />
E’ grazie a ciò che nei secoli passati il<br />
“bene” sono stati i roghi degli eretici. Jonathan<br />
Swift, ha detto che ci sono già abbastanza<br />
religioni da permetterci di odiarci e<br />
Bakunin, parafrasando Voltaire, ghignava<br />
che, se dio esistesse, bisognerebbe abolirlo.<br />
Si sarebbe quasi tentati, alla luce di tutto<br />
quanto esposto, di affermare, con buona<br />
pace di Dostoveskji, che, se dio esiste, tutto è<br />
possibile.<br />
DA UN COMUNICATO UAAR DOPO IL NUBIFRAGIO<br />
E LE VITTIME DI GENOVA<br />
Quanto è accaduto di drammatico e di luttuoso nel capoluogo ligure nello scorso autunno<br />
( sotto un diverso governo nazionale ) ha toccato il cuore di tanti cittadini italiani. In tale occasione<br />
la Cei ha annunciato di aver stanziato un milione di euro. La notizia è stata enfatizzata<br />
come al solito oltre misura dai mezzi di informazione, che hanno però omesso di<br />
dire che quella cifra è meno dell’1 per mille di quanto la Chiesa italiana ha ottenuto nel 2010<br />
dallo Stato grazie al meccanismo dell’Otto per Mille. Hanno omesso di dire che la sola Regione<br />
Liguria ha erogato nel solo 2010 a organizzazioni del mondo cattolico oltre tre milioni<br />
e mezzo di contributi (e nel computo mancano le erogazioni relative ai finanziamenti per<br />
le scuole cattoliche e per gli oratori).<br />
In occasione del terremoto in Abruzzo l’UAAR propose che il gettito di competenza statale<br />
dell’Otto per Mille fosse destinato a far fronte alla calamità naturale, come peraltro previsto<br />
dalla legge istitutiva dello stesso meccanismo. Il governo ha invece preferito destinare<br />
oltre 66 milioni provenienti da quel gettito a edifici religiosi. Mentre il centro dell’Aquila<br />
giace in uno stato di totale abbandono, si moltiplicano le inchieste sui coinvolgimenti della<br />
locale diocesi negli appalti della ricostruzione.<br />
L’Italia dei privilegi e dell’anti-laicità però è già all’opera anche a Genova: il blocco del traffico<br />
impedisce purtroppo a tanti cittadini di visitare, assistere e confortare i loro cari che si<br />
trovano isolati in gravi difficoltà, mentre, con tutt’altro che neutrale e responsabile decisione,<br />
ai cosiddetti ministri dei culti è stato consentito di circolare liberamente nelle zone<br />
devastate, intralciando tra l’altro il fitto movimento di mezzi sanitari, tecnici e logistici,<br />
neanche fossero interventi di urgenza come le ambulanze, i vigili del fuoco o i mezzi della<br />
protezione civile! Come dire un bel salto di civiltà, da Esculapio a Lazzaro sorgi e cammina!
_|uÜ|<br />
vÉÇá|zÄ|tà|<br />
Introduzione alla verità<br />
di Franca D’Agostini, Bollati Boringhieri, pag. 359<br />
L’analisi approfondita e completa della D’Agostini si propone di “offrire un chiarimento preliminare<br />
sul concetto di verità”. Questo concetto chiave viene affrontato da quattro punti di vista: il significato<br />
del predicato “è vero”, l’aspetto logico, quello epistemologico e la “pratica della verità”, intesa come<br />
il suo uso e ruolo nella sfera pubblica e nella vita individuale.Il tema della verità investe il dibattito<br />
economico e politico, la riflessione nelle scienze storico-sociali, le dichiarazioni dei vescovi cattolici e<br />
del papa soprattutto dopo l’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II. Perciò questa “Introduzione<br />
alla verità” si propone, dichiara l’Autrice, come un nuovo inizio relativo a <strong>questo</strong> concetto.<br />
Sei cose impossibili prima di colazione.<br />
di Lewis Wolpert, Codice, pp. 209<br />
"Da bambino ero molto religioso, pregavo tutte le sere e di tanto in tanto chiedevo aiuto a Dio. Non sembrava<br />
di alcuna utilità..."<br />
L'idea centrale del libro è già a fuoco nella bella introduzione che ne fa l'autore: analizzare il meccanismo<br />
che rende possibile il ragionamento causale, ovvero il credere che dietro ogni fenomeno ci sia<br />
una causa e, nell'incapacità di trovarne una, inventarla di sana pianta. Il messaggio, nelle mani di un<br />
biologo evoluzionista, che "confessa" da subito di essere un "ateo materialista riduzionista", si dispiega<br />
con chiarezza sotto gli occhi del lettore, adagiandosi comodamente sulla teoria darwiniana: crediamo<br />
poiché, avendo conquistato la capacità di costruire degli utensili efficaci, abbiamo appreso il processo<br />
che dalla causa conduce all'effetto. Sono quindi inferenze causali, spesso errate ma sempre adattive,<br />
quelle che hanno portato l'Homo Sapiens a costruire un mondo dove c'è molto di più di quello che incontra<br />
i suoi occhi.<br />
Dio è un matematico<br />
di Mario Livio, Rizzoli, pag. 397<br />
“La matematica esiste indipendentemente dalla mente umana?” si chiede Mario Livio. Prima di lui si<br />
erano posti questa domanda i più profondi pensatori di ogni tempo. Ma il suo merito è quello di inquadrare<br />
in modo rigoroso, e nello stesso tempo di piacevole lettura, un punto cruciale: come è possibile<br />
che un piccolo numero di equazioni sia sufficiente per spiegare l’armonia musicale e il<br />
patrimonio genetico, la luce delle stelle e il comportamento del mercato azionario?<br />
La natura parla il linguaggio della matematica. Oggi questa affermazione appare scontata ma, quando<br />
venne formulata da Galileo, i teologi del Concilio di Trento ammonivano, nel 1546 (come ci ricorda<br />
Mario Livio) che nessuno ha il diritto di piegare la Sacra Scrittura “secondo i propri modi di vedere”.<br />
Oggi potremmo rispondere: “nessuno ha il diritto di dimenticare i delitti compiuti in nome di dio ,<br />
allora e oggi, contro la ragione.”<br />
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98<br />
MINIMA MORALIA di ctÉÄÉ UtÇvtÄx<br />
Come una religione può distruggere l’etica<br />
L’Etica consiste in quello stato interiore che ci fa vedere il discrimine tra Bene e il Male; il<br />
Comportamento etico è quello che oltre a farci “vedere” ci fa anche scegliere il Bene ed evitare<br />
il Male nelle nostre azioni volontarie. Socrate poteva fuggire dal carcere e alla condanna<br />
capitale ma NON lo fece e bevendo il veleno rispettò la legge di Atene e si comportò da<br />
Giusto. Sulla Legge Morale ci ha detto molto il grande Kant, e il sociologo Weber vi ha aggiunto<br />
che le nostre azioni non debbono mai prescindere dalla responsabilità delle loro conseguenze.<br />
L’Etica è spontanea e responsabilissima libertà non soggetta a condizionamenti<br />
utilitaristici di premi o castighi.<br />
Detto <strong>questo</strong>, recentemente l’attuale papa ha inneggiato agli “angeli custodi”, di cui ognuno<br />
di noi ne avrebbe uno in dotazione, e che ci farebbero agire bene con i loro consigli. Ma<br />
oltre agli angeli il cattolico beneficia anche (fonte Wikipedia) di oltre 4.500 (quattromilacinquecento!)<br />
“santi protettori” che influenzano e indirizzano i comportamenti dei loro protetti:<br />
E qui c’è di tutto: dalle prostitute (che di protettori se ne intendono) protette da<br />
s.Margherita da Cortona festeggiata dalle “protette” il 22 febbraio, agli alabardieri, ai ballerini,<br />
ai cardatori, e poi fanalisti, guardarobieri, conciatori, maniscalchi, piumaroli ecc. Domanda:<br />
ma gli angeli e i protettori con i loro interventi non tolgono merito sul piano<br />
dell’etica alle intenzioni ed ai comportamenti dei loro protetti?<br />
E poi la “confessione”, che non è proprio come espiare la pena irrogata dalla giustizia: lì da<br />
quel rito astutissimo che non si riscontra in nessun’altra religione, col semplice racconto dei<br />
fatti chiunque abbia rubato, stuprato, ucciso, se ne esce mondato, leggero e rinato. E le indulgenze<br />
“plenarie”, istituite da Bonifacio VIII in cambio del solito danaro? (la risposta la<br />
dette Lutero): oggi sono invece generosamente elargite gratuitamente, per cui se qualcuno<br />
si legge il retro di un santino il suo furto, stupro o omicidio scompaiono, come non fossero<br />
mai stati commessi, ignorando il dolore inferto alle vittime ed il loro diritto ad un indennizzo<br />
da parte del colpevole.<br />
Orbene tutte queste utilitaristiche bizzarrie sul piano morale sono veramente indecenti, uccidono<br />
il senso etico e deresponsabilizzano totalmente i beneficiati, i cosiddetti “fedeli”che<br />
potranno ripetere indefinitamente i loro delitti ripetendo i suddetti riti, con la giustificazione<br />
che “la carne è debole”. Siano alzate lodi al protestantesimo ed al buddhismo ove del<br />
proprio comportamento è depositaria SOLTANTO la propria coscienza, si è soli davanti ad<br />
essa e, nel protestantesimo, anche di fronte al proprio dio; nessun artificio o sotterfugio<br />
astuto o fraudolento potrà mai intervenire per alleviare o peggio annullare quel senso morale<br />
che DEVE provenire dai nostri atti liberamente compiuti.<br />
Questa è spiritualità, etica, legge morale e civiltà giuridica. Azzimatissimi vertici di Oltretevere,<br />
anche per il vostro buon nome, prendetene nota.