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A questo link - Radicali Italiani

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“Siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù e anche di Non Credenti”<br />

B. Obama<br />

Il posto della donna nel potere<br />

RELIGIONI?<br />

Il mondo occidentale, e per esso la protestante luterana Norvegia, ha<br />

nominato tre donne, due africane e una yemenita, di cui una di 32 anni e<br />

un’altra di 35, a vincitrici del Premio Nobel per la Pace. In Italia ove non ci<br />

sono donne che dirigano grandi banche o assicurazioni o rettorati e serve<br />

una legge per le “quote rosa”, la tabella che pubblichiamo forse non genera,<br />

come dovrebbe, tutta la vergogna e il disagio per un tale divario di civiltà<br />

rispetto al resto del mondo. Essa indica i Paesi, e quante volte per ognuno,<br />

una donna è stata eletta ai più alti livelli nazionali, e cioè capo dello Stato o<br />

Primo ministro. Ciò che la nostra classe manageriale e politica maschile rifiuta,<br />

ha invece visto donne elette anche dagli uomini ai vertici politici di<br />

Paesi come il Bangladesh, il Burundi, il Centro Africa, la Guyana, Haiti,<br />

Liberia, Madagascar, Mali, Ruanda, Sao Tomè, cioè Paesi ove non ci sarebbe<br />

nulla di strano a scoprire che queste donne discendono direttamente da<br />

nonni schiavi e nonne stuprate dai colonialisti bianchi.<br />

Questo mondo italiano del potere tout-court, fatto di vecchi aggrappati ai<br />

loro privilegi, fa interrogare su che cosa al mondo nella storia, nell’antropologia,<br />

nella psicologia, nel costume nazionali possa giustificare<br />

l’abissale divario che ci separa dalla civiltà e dall’equità. Però ci viene in<br />

mente un collegamento: sono 16 secoli che il modello di riferimento del<br />

potere in Italia è stata la Curia cattolica che dal colle vaticano delibera, ordina,<br />

scomunica su popoli e monarchi. Una curia con un sovrano assoluto, un<br />

vecchio assistito da una grande corte di altrettanto vecchi, cui per tradizione<br />

tutto è permesso in ambito di potere, ricchezza e sesso; dove non si conosce<br />

la donna come essere paritario, portatore anche di amore, famiglia e maternità;<br />

ma solo suore tuttofare, o serve o quelle fatte entrare di straforo.<br />

E se <strong>questo</strong> è il modello che ha dominato sulla scena italiana da milleseicento<br />

anni, per giunta ammantato da uno specioso alone di carisma religioso,<br />

c’è poi da meravigliarsi se la donna non riesce ad essere più di una<br />

comparsa nelle nostre più alte sfere del potere nazionale così succube del<br />

Vaticano? Non a caso abbiamo grande stima per la moderatora e pastora<br />

dei cristiani protestanti valdesi, progredita comunità cristiana tanto perseguitata<br />

dai cattolici, in cui i generi sono assolutamente paritari a tutti i livelli<br />

del loro clero.<br />

Argentina 2, Australia 1, Bahamas 1, Bangladesh 4, Bolivia 1, Brasile 1, Bulgaria 1, Burundi 2,<br />

Canada 1, Cent.AfricRepublic1, Ceylon 5, Cile 1, Costa Rica 1, Croazia 1, Danimarca 1, Ecuador<br />

1, Filippine 2, Finlandia 2, Francia 1, Germania 1, Giamaica 1, Guyana 1, Haiti 3, India 2, Indonesia<br />

1, Islanda 1, Israele 1, Iugoslavia 1, Kirghizistan 1, Liberia 2, Lituania 3, Macedonia 2,<br />

Madagascar 1, Mali 1, Moldavia 1, Mongolia 1, Mozambico 1, Nicaragua 1, Norvegia 4, Nuova<br />

Zelanda 2, Pakistan 2, Panama 1, Perù 2, Polonia 1, Portogallo 1, Regno Unito 1, Rep. Domenicana<br />

1, Ruanda 1, San Marino 12, Sao Tomé 1, Senegal 1, Slovacchia 1, Sud Corea 2, Tailandia<br />

1, Trinidad 1, Turchia 1, Ucraina 2<br />

h NONCREDO h 15<br />

3


h NONCREDO h 15<br />

4<br />

SOMMARIO aÉÇVÜxwÉ ÇADH ZxÇÇt|É @ YxuuÜt|É ECDE<br />

CCG Sommario<br />

CCI Come ricevere non credo<br />

CCJ Indice dei nomi citati e colofon<br />

CCK Leere al direore<br />

CDF La collezione di NonCredo<br />

CDG Statistiche ragionate A.R.Longo<br />

CDI Librerie provviste di NonCredo<br />

TààâtÄ|àõ<br />

CCF Editoriale: Il posto della donna nel potere P.Bancale<br />

CDJ L’aualità commentata R.Carcano<br />

CLK Come una religione può distruggere l’etica P.Bancale<br />

Xà|vt @ _t|v|àõ<br />

CED Come IO vedo il mondo senza religioni V.Pegna<br />

CEE Laicità e Parlamento M.Staderini<br />

CEF La morte di Lucio Magri alla luce della civiltà V.Pocar<br />

CEI L’etica di Giuda per la causa di Cristo E.Gavaloi<br />

CEJ Disputationes Laiche R.Morelli<br />

CEJ La teologia sui campi di calcio A.Villoi<br />

CFD I doveri dell’uomo di scienza R.Potenza<br />

CFE Relativismo e assolutismo<br />

exÄ|z|ÉÇ|<br />

CFF Credere in dio è un conceo o una frase? E.L.Vallauri<br />

CFJ Materialismo e spiritualismo nelle religioni C.Tamagnone<br />

CGC Laicità o laicismo? C.Tamagnone<br />

CGD Il relativismo moderno: risposta a Rainger D.Lodi<br />

CGI Boff, l’ultimo profeta S.Marullo<br />

CGJ Sulle spalle dei giganti A.R.Longo<br />

CGL Come e perchè una religione “missionaria” si trasforma in potere J.Seregni<br />

CHC Le credenze alternative N.Tonon<br />

CHE La Chiesa e le donne W.Peruzzi


_ËhÉÅÉ<br />

SOMMARIO aÉÇVÜxwÉ ÇADH ZxÇÇt|É @ YxuuÜt|É ECDE<br />

CHH L’empatia nell’evoluzione della psiche umana B.Tadolini<br />

CHK Laico dirio di non soffrire G.Vazzoler<br />

CIC Quando l’omosessualità è anche Amore D.Giacomelli<br />

CIF Sensibilità di Leopardi<br />

CIG Bioetica e dirii V.Pocar<br />

cxÇá|xÜÉ áv|xÇà|y|vÉ<br />

CIH Il recentissimo dilemma tra neutrini e velocità della luce R.Potenza<br />

CIK La vita senza dio G.Simonati<br />

CJF La matematica tra fisica e metafisica A.Caania<br />

CJJ L’entropia: la sfida perduta della fede contro la ragione F.Primiceri<br />

CKC Due parole sull’olismo<br />

cxÇá|xÜÉ âÅtÇ|áà|vÉ<br />

CKD L’induismo e la leeratura sanscrita A.R.Longo<br />

CKF Intervista a Noncredo: come ci vedono gli altri<br />

CKI Dirii degli animali nello Stato e nella Chiesa C.Prisco<br />

CKK L’ateismo etico di Camus C.Tamagnone<br />

CLC Matrimoni combinati<br />

cxÇá|xÜÉ y|ÄÉáÉy|vÉ<br />

CLD Hume: La scepsi applicata alla religione E.Galavoi<br />

CLF Disordini a Roma<br />

CLG La morale e dio L.Corvaglia<br />

CLI Il margine al nubifragio di Genova<br />

CFL Errata corrige<br />

CGC Chi è il NonCredente<br />

CGG Blog<br />

CGH I convegni di NonCredo<br />

CHL Facebook: Identità culturale NonCredenti<br />

CIJ NonCredo apre a nuove iniziative editoriali<br />

CJI Imitatio Christi<br />

CKH Fondo di solidarietà “Lucia & Paolo”<br />

CLJ Libri consigliati<br />

CLL Chi siamo<br />

DCC La ricerca di senso<br />

h NONCREDO h 15<br />

5


h NONCREDO h 15<br />

6<br />

COME RICEVERE NONCREDO<br />

La cultura rinnova la società e la società parte dai giovani<br />

NOVITA’<br />

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della pseudo-certezze, per riportare invece la ricerca intellettuale e la forza propulsiva del<br />

dubbio al centro del nostro modo di pensare.<br />

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Fondatore e Presidente: Paolo Bancale<br />

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Segreteria generale ed abbonamenti: Alessia Villotti<br />

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Relazioni esterne:Vera Pegna<br />

v.pegna@religionsfree.org<br />

Centro studi: Carlo Tamagnone<br />

c.tamagnone@religionsfree.org<br />

Consulenza editoriale: Andrea Giannasi<br />

a.giannasi@religionsfree.org<br />

Ufficio stampa: Francesca Bellino<br />

f.bellino@religionsfree.org tel. 338/2791296<br />

Sistemi informatici:Roberto Mammoli<br />

r.mammoli@religionsfree.org<br />

Sito “religionsfree”: Antonio Arena<br />

a.arena@religionsfree.org<br />

Blog “noncredo”:Nicoletta Bernardi<br />

n.bernardi@religionsfree.org<br />

Testata e progetto editoriale: Paolo Bancale<br />

Impaginazione e iconografia: Francesca Patti<br />

f.patti@religionsfree.org<br />

Distribuzione libraria: Cristina Cipolloni<br />

c.cipolloni@religionsfree.org<br />

Stampa:<br />

Digital Team<br />

Pesaro<br />

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Codice fiscale : 91055300585<br />

Autorizzazione del Tribunale di Civitavecchia<br />

n.6/9 del 24 Marzo 2009<br />

Poste Italiane S.p.A.<br />

Spedizione in abbonamento Postale<br />

D.L.353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1<br />

comma 1, DCB Roma<br />

NONCREDO ANNO III, n° 15 volume bimestrale di cultura laica<br />

INDICE DEI NOMI CITATI<br />

Abramo, 25 – Adamo, 52 – Alberto Magno, 52 - Antonello da<br />

Messina, 20 – Aristotele, 94 - Arnaud, 94 - Bagnasco Card. Angelo,<br />

17 – Barone d’Olbach, 94 - Battaglia, 23 – Bayle, 94 - Benedetto<br />

XVI, 17 – Berkeley G., 91 - Bersani, 17 – Bertand<br />

Russel, 31 – Bogdanov Igor e Grichka, 74 – Bohme, 94 - Bohr,<br />

41 – Boff Leonardo, 46 – Bonifacio VIII, 98 - Born Max, 75 -<br />

Bossuet, 53 – Calvino, 94 - Camus, 88 - Chomsky, 42 – Cicerone,<br />

47 – Concia Paola, 60 – Copernico, 69 - Costantino, 14 –<br />

Cotta, 48 - Crisostomo Giovanni, 25 – D’Agostini Franca, 97 -<br />

Dalla Volpe, 92 - Dal Pra, 92 - Dante, 14 – Darwin, 43 – Davis<br />

Philips, 74 – De Beauvoir Simone, 88 - De Broglie Louis, 75 –<br />

De Cherbury H., 91 - Derrida, 42 – De Saussure, 42 – Diagora,<br />

48 - Diogene, 47 – Dostoevskji, 88 - Einstein, 41 – El Katawi<br />

Defani, 58 - Epicuro, 48 - Eraclito, 32 - Franco, 19 - Fisichella<br />

Mons., 17 - Folena Umberto, 18 - Forbes James Randy, 18 - Foscolo,<br />

10 – Francesco di sales, 53 - Frattini, 20 - Freud, 8 -<br />

Fromm Eric, 12 – Fuerbach, 70 - Galileo, 31 - Garelli Franco, 18<br />

- Garzon Baltazàr, 19 – Gelasio, 53 - Giacobbe, 35 – Gide<br />

André, 88 - Giosia, 9 – Giovanni XXIII, 54 – Giovanni Paolo II,<br />

54 - Girolamo, 52 - Giuda, 26 - Gheddafi, 20 – Goedel, 41 -<br />

Grayling A.C., 17 – Gregorio I, 52 - Hack Margherita, 10 –<br />

Hardy G.H., 73 – Hawking Stephen, 74 - Hegel, 41 - Heisenberg,<br />

41 – Hersh Reuben, 74 - Hjemsleves, 42 – Hobbes, 94 -<br />

Hobs T., 91 - Hume David, 91 - Husserl, 41 - Innocenzo III, 17<br />

- Ireneo, 25 – Isacco, 35 – Jakob Francis, 68 - Kant, 42 – Kasner<br />

Edward, 73 – Kelsen, 95 - Kirkegaard, 68 - Laghi Pio, 19 – Leawit<br />

David, 61 - Lecaldano, 11 – Leone I, 52 – Leone XIII, 54 -<br />

Leopardi, 63 - Levy-Strauss, 42 – Locke J., 91 - Lucrezio, 47 -<br />

Lutero, 17 - Lyotard, 42 – Malebranche, 94 - Mani, 21 – Maria<br />

Teresa di Calcutta, 59 - Marinetti Filippo Tommaso, 13 – Mario<br />

Livio, 73 - Martin Mary Ward, 53 – Merlau-Ponty Maurice, 88<br />

– Mersault, 88 - Miller Stanley, 70 – Mlodinow Leonard, 74 -<br />

Newman James, 73 - Newton, 69 – Nietzsche, 88 - Nostradamus,<br />

67 - Odifreddi Piergiorgio, 75 - Odo, 52 - Orwell, 24 -<br />

Padre Pio, 25 - Palikot Janusz, 18 - Paolo VI, 10 – Parmenide,<br />

75 - Pascal, 67 - Pascasio Radberto, 9 – Pio IX, 69 - Pio XI, 54 –<br />

Pio XII, 54 - Pitagora, 31 – Planck, 41 - Popper, 20 - Ratzinger,<br />

19 - Rees Tom, 18 – Rousseau, 94 - Sacconi, 17 – Sanaa, 58 -<br />

San Antonio, 25 - San Francesco, 25 - San Gennaro, 12 - San<br />

Paolo, 9 - San Pietro, 26 – Sant’Agostino, 53 – Sartre Jean-Paul,<br />

88 - Scheler Max, 41 – Schrodinger Erwin, 75 - Smuts Jan, 42 –<br />

Socrate, 98 - Spinoza, 8 - Stark Pete, 18 – Stirner, 94 – Swift Jonathan,<br />

96 - Taia Abdellah, 61 - Tertulliano, 52 – Toland J., 91<br />

- Tolomeo, 69 – Tolstoj, 94 - Tommaso d’Aquino, 52 - Trubeckoy,<br />

42 – Urbano VIII, 53 - Valla Lorenzo, 14 – Vattimo, 42 –<br />

Venter Craig, 71 - Verbitski Horatio, 19 – Voltaire, 96 – Weber,<br />

98 - Wittgenstein, 41 – Wohler Friedrich, 70 - Woitila, 19 –<br />

Wolpert Lewis, 97 -<br />

h NONCREDO h 15<br />

7


h NONCREDO h 15<br />

8<br />

DIALOGO CON IL DIRETTORE<br />

» REALTA’ E SPERANZA NELLE RELIGIONI<br />

j{çaÉàRyÉÜâÅ<br />

sono un abbonato a NonCredo e quindi vi leggo con continuità e condivisione, mi proclamo<br />

un “noncredente”, così come lo scrivete voi, senza altri attributi o metafisiche, ma desidero<br />

porre un quesito. Anche leggendo le lettere di molti altri vostri lettori mi sono rinforzato nell’opinione<br />

che se è vero che non credere ci lascia più autonomi e responsabili, è anche vero<br />

che ci toglie quella via di fuga che hanno i credenti e che si chiama “speranza”. Quale delle<br />

due strade conti di più per me, ovviamente è la prima, però non soltanto non sottovaluto<br />

la seconda ma anzi la considero la vera piattaforma su cui poggiano e si reggono tutte le religioni.<br />

Caro direttore, lei avrà certamente una sua risposta al mio quesito e, se non chiedo<br />

troppo, vorrei conoscerla e misurarmici.<br />

Fabio Righini<br />

Grazie per la sua lettera e per il garbo che la impronta. Sulla speranza lei ha ovviamente ragione proprio<br />

come “via di fuga”, come lei la chiama, ma purtroppo si tratta di una fuga da se stessi e dalla<br />

realtà, come un placebo, una droga, uno psicofarmaco. La speranza, al di là del valore psicologico che<br />

le si attribuisce nella stocastica e calcolo delle probabilità, è soltanto un mero pensiero visionario,<br />

una personalissima costruzione velleitaria senza alcun fondamento, lapalissiana quanto ovvia come<br />

dire che sarà sempre meglio vincere una lotteria che avere il cancro. Il suo sottofondo umano lo<br />

espresse già Spinoza dicendo “Non c’è speranza senza timore, né timore senza speranza”, ove<br />

il timore riguarda una mera soggettiva propensione affinchè un dato evento avvenga oppure non avvenga,<br />

ma come i sogni, le sbornie o i deliri è totalmente fuori da qualsiasi realtà, quella cioè che fa<br />

capo al “qui e ora”. Ha un senso affidarcisi come avviene nelle religioni? E a quanto di reale si rinuncia<br />

in cambio di <strong>questo</strong> quid surreale? Se poi psicologicamente aiuta, per carità, si faccia pure ciò<br />

che si pensa che possa giovare, basta però non ignorare di che pasta è fatto. Questo è il compito del<br />

razionalismo, cioè riportare le cose e i concetti al livello normale. Ciò mi fa ricordare una famosa frase<br />

di Freud quando disse che la psicoanalisi serve per curare il disagio umano trasformando la sofferenza<br />

nevrotica in sofferenza normale. Dove “normale”, in entrambi i casi, vuol dire realtà.<br />

» SOLIDARIETA’ E SENSIBILITA’<br />

Parlando di etica, usate spesso l’aggettivo “solidaristica” che a me piace e condivido. L’etica,<br />

lei mi insegna, fonda molto sulla sensibilità o anche “empatia” E allora, senza entrare in<br />

politica ma restando nell’etica dettata dai sentimenti verso l’altro, in un momento molto difficile<br />

economicamente per tante famiglie italiane, televisioni e giornali hanno riportato questa<br />

frase detta con vanto in pubblico dal nostro capo del governo: «Mi vogliono mandare a<br />

casa? Mi pongono il problema di scegliere quale casa, perché io ne ho venti». E sapendo di<br />

quali fastose ville tracolme di costosa servitù si tratti conoscendo il personaggio, mi chiedo<br />

e vi chiedo con quale spirito, animo o faccia il capo di un popolo che soffre se ne può uscire<br />

in <strong>questo</strong> momento con questa espressione così narcisistica, cinica nonché “solidaristicamente”<br />

squallida. Voi che esaltate l’etica solidaristica come lo commentereste?<br />

Pucci Vinci<br />

Esattamente come l’ha commentata lei


» Il do ut des delle missioni<br />

» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />

Colgo l’occasione per dire che ho veramente apprezzato l’editoriale “Missione” su Non-<br />

Credo. Sono un medico appena tornato da un lungo periodo di lavoro all’estero ed ho deciso<br />

che mai, mai più andrò a collaborare con istituzioni religiose cattoliche. Ho sempre<br />

cercato di evitare di lavorare in ambienti religiosi, ma pensavo che magari i “missionari” di<br />

oggi mettessero in primo piano l’amore del prossimo… ebbene, in una struttura dove ho lavorato<br />

e che offriva alloggio e scuola alle ragazze dei villaggi vicini, ho scoperto dopo poco<br />

che l’indottrinamento era continuo e ossessivo; a volte per penitenza le ragazze dovevano<br />

mangiare in ginocchio, con il piatto in mano! Nell’editoriale citato si è giustamente sottolineato<br />

che quella dei religiosi è una falsa filantropia; il pagamento avviene nella moneta sonante<br />

della conversione alla loro ideologia.<br />

Gianni Simonati<br />

La cosa non sorprende, ma se è arrivata a indignare lei che è un medico deve trattarsi di episodi assai<br />

spiacevoli. Parlano di amore per il prossimo, ma il più delle volte è amore per se stessi, per l’ideologia<br />

e per l’espansione dell’istituzione. Peccato che a farne le spese, che se ne accorgano o no, è della<br />

povera gente che si fida e si affida con speranza.<br />

» “<strong>Italiani</strong> vi esorto alle Storie”<br />

oggi ho rinnovato l’abbonamento alla vostra pregevole rivista NonCredo che leggo dal<br />

primo numero e che trovo stimolante e molto interessante perché è alla ricerca di verità<br />

condivise e ragionevoli. Questa ricerca, tuttavia, si basa soprattutto su teorie filosofiche, sociologiche,<br />

razionaliste e altro, che hanno carattere provvisorio e suscettibili perciò di critica<br />

demolitiva. Gradirei leggere sulla vostra rivista, invece, articoli basati su fatti storici o<br />

sulla ricerca storica, anche se so che la storia non è una scienza esatta. Mi spiego con degli<br />

esempi. La discussione su Dio è infinita, ma se si ricorre all’archeologia si viene a sapere che<br />

il popolo ebraico era politeista dai tempi preistorici al settimo secolo a.C., quando re Giosia<br />

impose il monoteismo di Javè. La conseguenza fu la scrittura della Bibbia al fine di imporre<br />

<strong>questo</strong> Dio. Perciò oggi chi crede in un unico Dio crede alla decisione di un re ebraico.<br />

Tutte le discussioni su Dio diventano pertanto giochi di fantasia religioso-filosofica. Altro<br />

esempio. Oggi il credente cattolico ha fede nella transustanziazione. Ma è S. Paolo il primo<br />

che affermò che Gesù prese del pane e del vino e lo diede ai suoi discepoli ricordando che<br />

il pane era la sua carne e il vino era il suo sangue. Ma S. Paolo mai conobbe Gesù, perciò ciò<br />

che dice è frutto di sue invenzioni, e Gesù come ebreo mai avrebbe offerto sangue che viene<br />

aborrito nell’Ebraismo (vedi animali dissanguati). S. Paolo in realtà ha copiato l’episodio di<br />

Gesù nell’ultima cena dai riti dionisiaci che S. Paolo conosceva bene. In essi si distribuiva<br />

la carne degli animali sacrificati dicendo “Questa è la carne di Dioniso salvatore”, si distribuiva<br />

vino dicendo “Questo è il sangue di Dioniso, per la vostra immortalità”. Nel nono secolo<br />

un monaco francese, Pascasio Radberto, scrisse un libro sulla transustanziazione. Un<br />

altro monaco era contrario a credere in essa e lo avversò. In seguito avvennero altri fatti<br />

come quello del cosiddetto miracolo di Bolsena che propagandavano la transustanziazione,<br />

non ancora dogma, che dava un enorme potere al papato (vedi la scomunica) fino al concilio<br />

di Trento che la impose come dogma e comminava la scomunica a chi non crede a essa.<br />

h NONCREDO h 15<br />

9


h NONCREDO h 15<br />

10<br />

» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />

Non so se tutto <strong>questo</strong> sia storicamente vero. Chiedo alla vostra rivista articoli di storici<br />

professionisti su impostazione più storica che filosofica. I papi temono di più la storia che<br />

la filosofia. Paolo VI disse “Ricerca storica sulla religione sì, storicismo demolitore della religione<br />

no”. Posizione amletica e sostanzialmente ipocrita. Inoltre nei primi numeri della vostra<br />

rivista compariva una pagina di aforismi, da me molto graditi. Ora non compare più.<br />

Sarebbe interessante il ripristino di questa pagina. Potreste aggiungere il seguente “Il buon<br />

cattolico deve essere ignorante”.<br />

Roberto Pace<br />

Grazie per la sua lettera così collaborativamente propositiva. Lei ci chiede di dare più spazio alla Storia<br />

e meno agli interventi argomentativi nel ricco ventaglio di discipline che portano alla consapevolezza<br />

di matrice illuministica, che è la piattaforma nobile e funzionale della NonCredenza, e quindi<br />

dei noncredenti che noi intendiamo aprire ad un consapevole dialogo. E la Historia magistra vitae?<br />

Non la ignoriamo, lei che ci legge dal primo numero lo sa, ma al riguardo debbo anche contrapporle<br />

tre argomenti. Il primo è che con la storia si fa presto a riempire anche mille pagine al mese, è troppo<br />

facile. Il secondo è che con la storia non si entra nel vivo della dialettica delle idee ma piuttosto in un<br />

campo giurisdizionale in cui si finisce per fare processi senza contraddittorio a interlocutori defunti.<br />

La storia è giusto citarla come testimone, ma in forma breve, qualche episodio, qualche citazione,<br />

qualche data, il tutto come supporto funzionale e probatorio a delle nostre illazioni, ma non proprio<br />

la storia per la storia come lei, che mi sembra ben preparato, vorrebbe. Il terzo argomento è che per<br />

NonCredo la religione è solo una categoria cognitiva e comportamentale, mentre noi in concreto consideriamo<br />

“le” religioni, ognuna con la sua fenomenologia. Se trattassimo la Storia, fatalmente finiremmo,<br />

come ha fatto anche lei nei suoi esempi, per restare nel cortile di casa, cioè nel provincialismo<br />

cattolico o, al massimo, marginalmente cristiano, che invece noi non vogliamo. I vari cristianesimi<br />

e i vari islam, i vari buddismi e animismi e shamanesimi, e poi ebraismo, induismo, vedanta, taoismo,<br />

shintoismo, mormoni ecc , così come i vari Geova, Allah, Manitù, Gesù, Brahaman, Mazda, Thor,<br />

Assur, Amon, Giove, Dioniso ecc sono per noi tutti epifenomeni di quell’ambito cognitivo che è l’Antropologia<br />

religiosa che ci interessa e che riesce a spiegare, fuori dal fumo dei miti, il fenomeno religioso.<br />

Non me ne voglia, questa spiegazione metodologica gliela dovevo, ma al contempo vedrà anche quanto<br />

NonCredo, ora che è un libro di cento pagine non iperafflitto dalla penuria di spazio come prima,<br />

verrà incontro a lei, sulla scia del Foscolo che abbiamo richiamato nel titolo, trattando Storia e Historie,<br />

ma a 360 gradi, trattando quindi tutte le culture di tutti i continenti.. Per quanto poi concerne<br />

gli aforismi le dico due cose: dopo vari fascicoli non sembravano essere più molto richiesti dai lettori,<br />

mentre invece era una gran fatica reperirli direttamente dai testi letti e non sbrigativamente dalle varie<br />

sillogi precostituite che si trovano in giro. Però, ci lasci tempo, e vedremo di venirle incontro.<br />

» Privacy<br />

Inviarmi un messaggio su NONCREDO è violazione di privacy. Chi vi ha autorizzato ad inviare<br />

un messaggio sulla vostra rivista? Il Signore nostro DIO è uno solo: quello cristiano.<br />

Signore perdonali perchè non sanno quello che fanno.<br />

Paolo Martucci


» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />

E’ esperienza comune che tutti riceviamo per posta, per mail, ora anche per telefono, tanta pubblicità,<br />

e visto che lei invoca la sua divinità, cosa dire di tutte le decine di messaggi o rivistine con ccp ben<br />

in vista che chiedono sempre SOLDI (NonCredo non lo ha mai fatto) inviati da monasteri, diocesi,<br />

parrocchie, santuari, enti francescani, sedicenti missionari ed ecclesiastici che noi italiani riceviamo,<br />

che non abbiamo mai richiesto, di cui non ce ne interessa niente, e che ci riempiono le cassette postali:<br />

non è altrettanto una violazione di privacy? Certo che lo è, e ce la teniamo, cestinandole in silenzio,<br />

con quello spirito di tolleranza che è il sale della democrazia e della convivenza, mentre è infantile la<br />

visione catechistica di tirare in ballo in questa circostanza un vostro dio col quale l’hanno condizionato<br />

fin da bambino come i cani di Pavlov. Si svegli, se ce la fa, e viva la realtà senza nevrosi, ami gli<br />

altri, sia etico, morale, spirituale, sereno, tollerante prescinda dal suo ego, accetti di non pretendere<br />

di essere l’ombelico del mondo e vedrà che quel “dio” ritornerà da solo nel libro delle fate con biancaneve,<br />

pinocchio e peter pan, mentre il mondo e la vita continueranno ugualmente a esistere e funzionare<br />

come sempre, senza l’ausilio del suo feticcio e di altri similari.<br />

» IL DOMINO DELLE ETICHETTE<br />

La interpello per una mia riflessione sulla vicinanza tra atei e religiosi, secondo me entrambi<br />

credenti, e sull’abissale lontananza tra questi due e gli agnostici, effettivamente ignoranti e<br />

soli non credenti. Mi dà un suo parere “competente” sulla fede atea? Spesso si rinfaccia all’agnostico<br />

di non avere il coraggio di schierarsi, arrestandosi allo scegliere di non scegliere.<br />

Che la posizione dell’agnostico sia una non posizione è pura tautologia. A-gnosco significa<br />

appunto “non scio”, non so, per cui non ho competenza a rispondere e mi astengo, non fa<br />

una grinza. L’astensione è un’opzione lecita, o no? E non è un male minore ma semmai una<br />

necessità. Sarà anche una non risposta ma è la sola razionale, le altre, quelle che optano gratuitamente<br />

sia per la religione che per l’ateismo, sono fatalmente irrazionali e fideistiche,<br />

nonchè emotive e indimostrabili. Che si possa dare creazione dal nulla, che ci siano entità<br />

incorporee (angeli, demoni, Dio) o altre “illazioni” della religione, fino a dare il teismo compatibile<br />

col pensiero critico, sono semplici credenze, estranee alla ragione (nonostante Papa<br />

Benedetto XVI) e alla scienza e che non possono essere né vere né false. Peraltro anche i<br />

loro opposti (negazione di Dio, dell’aldilà, del trascendente) sono solo altrettante, libere e<br />

“sacrosante” credenze. Affermare che la religione sia una credenza falsa è un abbaglio dialettico,<br />

così come affermare che l’ateismo sia invece una credenza vera. Un tal errore lo commettono<br />

molti atei, come il prof. Lecaldano (Etica senza Dio) che lo afferma più volte in un<br />

dibattito, che si può reperire in rete (con emule). Anche che Dio sia inaccettabile o negabile<br />

per la scienza non è corretto. Lo sarà secondo l’ateo che ha quella “credenza”. La stessa Margherita<br />

Hack, scienziata e atea, dichiara che l’ateismo è una religione e gli atei dei credenti:<br />

hanno una fede atea. “Ragionare” supponendo l’esistenza di Dio è un’ipotesi come un’altra,<br />

per esempio la sua contraria, che l’ateo tanto preferisce. Nessuna delle due è ancora<br />

vera. Pensiamoci, indaghiamo e basta. Questa è la vera posizione agnostica. Se filtrati da<br />

queste mie modeste osservazioni, è proprio questa posizione agnostica che molti pseudoatei<br />

manifestano inconsciamente e “in buona fede”. L’ateismo puro invece è una religione.<br />

Il vero ateo è e dovrebbe dichiararsi credente e non sarebbe certo un disonore ma semplice<br />

correttezza linguistica, sia chiaro.<br />

Guido Martinoli<br />

h NONCREDO h 15<br />

11


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12<br />

» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />

La tassonomia è la scienza delle classificazioni e quindi anche di quelle etichette con cui lei se la<br />

prende tanto. Ne vale la pena? ”Summum jus, summa iniuria” dicevano i Romani, e cioè spaccare<br />

un capello in quattro, otto ecc non porta gran giovamento. Ognuno è quello che è, e lo è per se stesso,<br />

spero, non certo per dimostrarlo agli altri: ”essere o avere” formulava lo psicoanalista Eric Fromm.<br />

A parte poi il ruolo che giocano le interpretazioni; per esempio ogni volta che qualcuno mi chiede se<br />

sono ateo, io ribatto che per poter rispondere innanzi tutto deve dirmi lui che cosa intende per téòs,<br />

cioè per dio. Accetto invece la sua asserzione “A-gnosco significa appunto ‘non scio’, non so, per cui<br />

non ho competenza a rispondere e mi astengo, non fa una grinza”. Però mi risulta che invece per lei<br />

fa grinze se trattasi di clonazione umana o di aldilà, per cui le ricordo un altro brocardo del diritto<br />

romano: ”electa una via, non datur recursus ad alteram”. Non so se ho risposto, ma d’altra parte<br />

l’eristica non è il mio forte.<br />

» MIRACOLI E LEGGI FISICHE<br />

Mi è capitata per le mani la rivista NonCredo, il fascicolo n.10 , nel cui articolo di apertura<br />

si irride al concetto ed all’evento di “miracolo”, chiamandolo anche monstrum, portento e<br />

prodigio, esemplificandoli con il sangue di S. Gennaro a Napoli e addirittura con il miracolo<br />

della Resurrezione di Nostro Signore. A me sembra un discorso empio che nega non<br />

soltanto l’esistenza di Dio ma ancor più il Suo amore e interesse per noi che Lo portano ad<br />

intervenire con tutta la Sua bontà negli umili eventi umani. Mi auguro che un giorno siate<br />

capaci di aprire cuore e mente alla bellezza del miracolo come reale prova dell’amore di<br />

Dio.<br />

Renato Carapezza<br />

E’ una questione di punti di vista. Il “miracolo” esprime credulità, speranza e ignoranza contro<br />

ogni evidenza della realtà, che invece ci mostra con evidenza sia le cose possibili, poco o tanto, sia<br />

quelle impossibili. Queste ultime sarebbero i miracoli se ipotizzate vere. Lei ci crede e la affascina,<br />

noi no. Un evento può essere improbabile, anche altamente improbabile, ma se avviene, non c’è dio<br />

(il suo o gli altri) che tenga, vuol dire che NON è “impossibile”. Vuol dire che, a parità di condizioni,<br />

è fisicamente, meccanicisticamente, matematicamente, scientificamente possibile, e quindi ricostruibile,<br />

ripetibile, studiabile per quanto raro o rarissimo esso possa essere.<br />

» PERCHE’ PROVOCARE?<br />

ho letto vari numeri della vostra rivista che una amica mi ha passato: non nego che sia interessante<br />

e abbastanza solitaria nel suo genere. Leggo anche le critiche che in genere non<br />

condivido, ma meno ancora condivido che i termini più duri nei confronti della Chiesa o di<br />

Dio li facciate usare da noti letterati di cui citate frasi o versi. Ce ne è bisogno? Cosa è, un<br />

alibi o un nascondere la mano? O è perché preferite coinvolgerli per sentirvi più forti nelle<br />

vostre tesi?<br />

Germana Muggini


Nessuna delle sue ipotesi è valida, semplicemente incipit e citazioni sono spesso rituali e fanno tradizionalmente<br />

parte della morfologia del discorso conversativo, e servono anche, è vero, per sentirsi<br />

in valida compagnia, il che aiuta a non trovarsi soli e magari innamorati di idee peregrine non condivise.<br />

Però non abbiamo mai usato citazioni aggressive o irriverenti, e se lei considera tali quelle che<br />

ha letto su NonCredo, prenda allora atto, e la cito solo per lei, di una poesia del grande fondatore del<br />

Futurismo Filippo Tommaso Marinetti che scrisse, con stile e termini che ritengo assolutamente deplorabili,<br />

ma che avranno pur avuto per lui un loro senso, questi versi ben noti:<br />

“O Papa, carceriere della terra,<br />

o sorcio mostruoso delle fogne del cuore,<br />

vecchio scarafaggio nutrito di immondizie,<br />

battaglio di campana funerea.<br />

Tu respiri a stento,<br />

congestionato per aver mangiato tutto il divino del mondo,<br />

tutto l’allettevole azzurro dell’anima!”<br />

» Scriveteci a: noncredo@religionsfree.org<br />

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numeri STATISTICHE RAGIONATE<br />

di Anna Rita Longo, dottoressa di ricerca in filologia patristica, medievale e umanistica<br />

IL VATICANO E IL VAGO DISCRIMINE TRA DIO E MAMMONA<br />

«Non potete servire a Dio e a Mammona», si legge in Mt 6,24 e in Lc 16,13. Queste le intenzioni<br />

di Yehoshua ben Yosef – più comunemente conosciuto come Gesù di Nazareth –<br />

stando a quanto ci dicono i vangeli canonici. La contaminazione con il “vil denaro” dovrebbe,<br />

quindi, nelle intenzioni di quella che per i cattolici è la seconda persona della Ss. Trinità,<br />

essere evitata il più possibile, come non consona alle ragioni dello spirito. «A Cesare<br />

quel che è di Cesare», ossia denaro-beni-ricchezze, e «a Dio quel che è di Dio», cioè l’attenzione<br />

a tutte le nobili realtà immateriali.<br />

Ma così non è mai stato. Lo sapeva bene Dante che, nella Monarchia, aveva preso posizione<br />

contro la presunta donazione di Costantino, che garantiva, nel Medioevo, il diritto papale<br />

ai beni secolari. E lo sapeva anche Lorenzo Valla che, con acume filologico, di quella donazione<br />

dimostrò inequivocabilmente la falsità, nel 1440.<br />

Chissà che cosa penserebbe quel Gesù che scacciò con forza i mercanti dal tempio dell’enorme<br />

giro di denaro che passa ogni anno per le mani di Santa Romana Chiesa, di cui si<br />

è detto anche nella precedente puntata di Numeri, che viene testimoniato, tra l’altro, dal bilancio<br />

che viene pubblicato annualmente dalla Santa Sede. In questi duri anni di diffusa<br />

crisi economica, nei quali il disavanzo aumenta vertiginosamente persino negli stati guida<br />

dell’economia mondiale, il Vaticano ha chiuso l’anno 2010 con il bilancio in attivo, che ne testimonia<br />

il perfetto stato di salute, parlando in termini economici. Il benessere della Santa<br />

Sede si evince anche dal netto aumento dei dipendenti statali, che è un curioso contraltare<br />

della disoccupazione causata dalla crisi economica, che è oramai un problema mondiale.<br />

Tra le più sostanziose entrate del Vaticano vi sono gli utili prodotti dai Musei Vaticani, che<br />

restano, come si può vedere dai dati raccolti sito www.trivago.com, i musei più visitati nel territorio<br />

italiano, con ben 4 milioni e mezzo di visitatori l’anno.<br />

Proprio quest’ultimo dato mi suggerisce una proposta che auspicherei non rimanesse solo<br />

una provocazione. Se è vero che oggetto principale della cura del pontefice sono le anime<br />

dei peccatori e dal momento che il denaro è materia immonda, perché non cogliere al volo<br />

l’occasione di liberarsi dai vincoli terreni per poi librarsi «alla superna altezza»? Partiamo<br />

pure dai Musei Vaticani e dai loro tesori inestimabili: si potrebbero donare all’Italia, che si<br />

arricchirebbe di una meravigliosa risorsa culturale e degli introiti che annualmente essa<br />

frutta, a tutto vantaggio del disastrato bilancio nazionale. Poi potrebbe venire la graduale<br />

rinuncia a tutto ciò «che è di Cesare», dietro l’assicurazione che nessuno si opporrà alla gestione<br />

papale di «ciò che è di Dio». In questa prospettiva, all’interno di uno stato laico, il singolo<br />

credo religioso dovrebbe sostenersi solo con le libere donazioni dei propri adepti<br />

(guarda caso l’unica voce del bilancio vaticano in calo), destinando a scopo filantropico<br />

eventuali eccedenze, perché sia chiaro che il fine ultimo non è l’utile monetario, ma l’edificazione<br />

morale.<br />

Già. Peccato che, a quanto pare, la filosofia utopistica si sia da tempo esaurita.


IL BILANCIO DEL VATICANO: I CONTI DEL CONSUNTIVO 2010<br />

(FONTE: ANSA-CENTIMETRI)<br />

ENTRATE 245.195.561 €<br />

USCITE 235.347.437 €<br />

AVANZO DI ESERCIZIO + 9.848.124<br />

SALDO GOVERNATORATO<br />

DELLA CITTA’ DEL VATICANO<br />

+ 21.043.000 €<br />

L’OBOLO DI SAN PIETRO: OFFERTE CHE ARRIVANO AL PAPA DAI FEDELI E<br />

DALLE CHIESE NAZIONALI (FONTE: ANSA-CENTIMETRI)<br />

- DATI IN MILIONI DI DOLLARI -<br />

h NONCREDO h 15<br />

15


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16<br />

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wÉäx àÜÉätÜx<br />

aÉÇVÜxwÉ<br />

Alghero (SS): Libreria Lythos, Via Manzoni, 63a, tel.<br />

079-980630, info@lythos.it; www.lythos.it;<br />

Barga (LU): Edicola Poli, Via Pascoli 20c, tel. 0583-<br />

710270;<br />

Cagliari: Piazza Repubblica Libri, Piazza Repubblica<br />

23, tel. 070-308394, piazzarepubblica@tiscali.it.<br />

www.repubblicalibri.it;<br />

Catanzaro: Libreria Ubik, Via del Progresso 2, tel.<br />

0961-34213, catanzaro@ubiklibri.it;<br />

Civitavecchia (RM): Galleria del libro, Via Traiana<br />

20, tel. 0766-23336, galleriadellibro@fastwebnet.it;<br />

Firenze: Libreria Cuculia, Via dei Serragli 3r, tel. 055-<br />

2776205, info@cuculia.it, www.cuculia.it;<br />

Genova: Porto Antico Libri, Via Porto Antico, tel.<br />

010-2518422, portoa04@portoanticolibri.191.it,<br />

www.portoantico.genova.it;<br />

Livorno: La Gaia Scienza, Via Di Franco 12, tel.<br />

0586-829325, info@gaiascienza.it, www.gaiascienza.it;<br />

Lucca: Libreria Fuori Porta, Via D. Alighieri 154, tel<br />

0583-495225, info@libreriafuoriporta.com, www.libreriafuoriporta.com;<br />

Milano: Libreria Odradek, Via Principe Eugenio 28,<br />

tel. 02-314948, odradekmilano@teletu.it;<br />

Palermo: Libreria Voglia di leggere, Via Pacinotti 42,<br />

tel. 091-6827900, vogliadileggerelibri@tiscali.it;<br />

Padova: Libreria Pangea, Via Santi Martino e Solferino<br />

106, tel. 049-8764022, libreriapangea@vodafone.it,<br />

www.libreriapangea.com;<br />

Perugia: Libreria L’altra, Via Rocchi 3, tel. 075-<br />

5736104, laltralibreria@altralibreria2007.191.it;<br />

Pisa: Libreria Tra le righe, Via Corsica 8, tel. 050-<br />

830177, libreriatlr@yahoo.it;<br />

Roma: Libreria Croce, Corso Vittorio Emanuele II<br />

156, tel. 06-68802630, info@libreriacroce.it, www.libreriacroce.it;<br />

Roma: Libreria Imprevisti e probabilità, Via Clemente<br />

XII 35, tel. 06/64563460, imprevistieprobabilita@gmail.com;<br />

Santa Marinella (RM): Libreria Il filo di Sofia, Via<br />

Roma 27, tel 0766-512691;<br />

Sassari: Messaggerie sarde, Piazza Castello 11, tel.<br />

079/230028, info@messaggeriesarde.it, www.messaggeriesarde.it;<br />

Torino: Libreria Gulliver, Via Boston 30b, tel. 011-<br />

352678, www.libreriagulliver.it;<br />

Trento: Libreria Il papiro, Via G. Galilei 5, tel. 0461-<br />

1865232, viagalilei@libreriailpapiro.it, www.libreriailpapiro.it;<br />

Udine: Libreria Tarantola, Via Vittorio Veneto 20, tel.<br />

0432/502459, tarantolalibri@iol.it:<br />

Varese: Libreria del Corso di Varese, Corso Matteotti<br />

22/24, tel. 0332/283263, cristina@libreriacorsovarese.it,<br />

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Venezia: Libreria Goldoni, San Marco 4742/43, tel.<br />

041-5222384, info@libreriagoldoni.com, www.libreriagoldoni.com;<br />

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Scatenare una guerra da Assisi.<br />

Una guerra soltanto dialettica, per carità. Almeno<br />

per ora. Quel che è certo è che Benedetto<br />

XVI, dopo aver deciso di invitare<br />

quattro non credenti a un meeting interreligioso<br />

nella cittadina umbra, si è scagliato lancia<br />

in resta contro gli atei, sostenendo che<br />

“l’assenza di Dio corrompe lʼuomo, lo priva<br />

di misure, gli fa perdere lʼumanità”. Secondo<br />

il papa, dall’incredulità al nazismo e ai campi<br />

di concentramento il passo è veramente<br />

breve. Nessuna evidenza a supporto di una<br />

tesi così assurda, ovviamente: e dire che il<br />

nazismo l’adolescente Ratzinger lo conobbe<br />

da vicino, avendo servito nella Luftwaffe ed<br />

essendo stato costretto a far parte della Hitlerjugend.<br />

Il programma di sterminio del führer<br />

riprendeva del resto ideologia e metodi<br />

cristiani, da Innocenzo III a Martin Lutero:<br />

gli atei, sotto il nazismo, erano invece semplicemente<br />

fuorilegge. Il papa lo sa benissimo,<br />

ma la paura degli effetti della<br />

secolarizzazione lo ha spinto a scatenare da<br />

tempo una guerra contro l’ateismo. Bene ha<br />

fatto A.C. Grayling a dire di no alla vigilia:<br />

“Mi avevano parlato di un incontro con il<br />

papa, mi sono ritrovato a dover partecipare a<br />

un pellegrinaggio”. Spiace che gli altri quattro<br />

non credenti presenti, vista la parata, non<br />

abbiano preso e salutato. Il mondo purtroppo<br />

è pieno di utili intellettuali.<br />

Le balene bianche.<br />

Qualche chilometro più a sud, qualche<br />

giorno prima del meeting di Assisi, si era<br />

svolto a Todi un ‘forum’ delle associazioni<br />

ATTUALITA’<br />

ANNALES<br />

L’ATTUALITA’ COMMENTATA<br />

di Raffaele Carcano, scienze storico-religiose - segretario uaar<br />

cattoliche. All’ordine del giorno, come uscire<br />

dal berlusconismo senza perdere un milligrammo<br />

di potere. Si sa che il cuore dei cattolici<br />

batte al centro, ma si sa anche che gli<br />

italiani di tutto hanno voglia, tranne che di<br />

un revival della Dc. È <strong>questo</strong> il motivo per<br />

cui le gerarchie ecclesiastiche si tengono le<br />

mani libere, e si servono indistintamente da<br />

tutti i forni disponibili, trovando sempre<br />

molto da sgranocchiare. Il capo dei vescovi<br />

italiani, il card. Angelo Bagnasco, ha proclamato<br />

che “la Chiesa non cerca privilegi”:<br />

forse perché li ha già, e l’Uaar li ha quantificati<br />

in sei miliardi di euro l’anno. Il forum di<br />

Todi sembrava una riunione di tante, piccole<br />

e fameliche Dc. Ma tanto è bastato a mandare<br />

in fibrillazione il Pd, sempre alla ricerca<br />

della fusione fredda tra ex comunisti ed ex<br />

democristiani. Bersani è arrivato, di fronte a<br />

mons. Fisichella, a definirsi un “laico<br />

adulto”: espressione che, guarda caso, era<br />

già stata usata dal ministro Pdl Sacconi. Il<br />

clericalismo è sempre più bipartisan, in Italia.<br />

Avvenire mente. Spudoratamente.<br />

Se già i Vangeli, come documento storico,<br />

sono considerati dagli studiosi ben poco affidabili,<br />

le statistiche diffuse ogni anno dal<br />

Vaticano sono tutto fuorché vangelo, per<br />

chiunque le abbia anche solo adocchiate di<br />

striscio. Sono talmente inattendibili che, in<br />

Uscire dal gregge, dimostrammo che, a prenderle<br />

sul serio, i cattolici vivrebbero diverse<br />

volte più dei non cattolici. Due anni fa la<br />

Santa sede arrivò a sostenere che il numero<br />

dei fedeli era aumentato più del numero dei<br />

h NONCREDO h 15<br />

17


h NONCREDO h 15<br />

18<br />

ATTUALITA’<br />

battezzati di quell’anno: come dire, nessun<br />

cattolico morto su base planetaria, e qualche<br />

extraterrestre entrato a far parte del gregge.<br />

La scarsa dimestichezza dei cattolici con le<br />

cifre è stata confermata il due novembre<br />

quando Umberto Folena, dalle colonne del<br />

quotidiano dei vescovi Avvenire, ha commentato<br />

i risultati di un’inchiesta sociologica<br />

condotta da Franco Garelli sostenendo che<br />

gli italiani “si dichiarano, e si dimostrano, altrettanto<br />

e più credenti” rispetto agli anni<br />

passati. ‘Peccato’ che il confronto con l’analoga<br />

inchiesta condotta nel 1995 mostri esattamente<br />

il contrario: ogni indicatore<br />

conferma che la penisola si va invece sempre<br />

più secolarizzando. Anche in <strong>questo</strong> caso,<br />

come per le parole del papa sul nazismo,<br />

vien da pensare che sia la paura della crescita<br />

dell’incredulità a spingere i cattolici a mentire<br />

spudoratamente. Farlo per i lettori di Avvenire,<br />

già abituati a bersi di tutto, è tuttavia<br />

un disdicevole spreco di talento.<br />

Autismo ed ateismo.<br />

Da uno studio condotto da ricercatori dell’università<br />

di Boston e pubblicato sul sito<br />

del Cognitive Science Journal Archive è emerso<br />

che la percentuale di atei e agnostici tra i pazienti<br />

autistici in possesso di grandi capacità<br />

(alla Rain Man, per intenderci) è più alta che<br />

nel resto della popolazione. Una componente<br />

del team di ricerca ha sostenuto che<br />

tali pazienti non sono necessariamente caratterizzati<br />

da disabilità o problemi mentali,<br />

ma si distinguono piuttosto per un differente<br />

profilo sociale e cognitivo. Tom Rees, commentando<br />

la ricerca su Secular News Daily, ha<br />

ricordato che le ricerche basate sulla tecnologia<br />

di neuroimmagine mostrano come le<br />

persone che pregano utilizzano le stesse parti<br />

di cervello attivate per interagire con altre<br />

persone. Una conferma sperimentale che la<br />

religione è, tra le altre cose, soprattutto un<br />

veicolo di socializzazione. Rees si è ironicamente<br />

domandato: “Se gli autistici non sono<br />

interessati ad avere amici reali, perché mai<br />

dovrebbero essere propensi ad avere amici<br />

immaginari?”<br />

We Trust in In God We Trust.<br />

«In God We Trust» («Noi confidiamo in<br />

Dio») è il motto ufficiale degli Stati Uniti. Fu<br />

introdotto nel 1956, in piena guerra fredda.<br />

Cinquantacinque anni dopo, il giorno di<br />

Ognissanti, una risoluzione della Camera dei<br />

Rappresentanti del Congresso ha confermato<br />

il motto al suo posto, votato da 396 deputati<br />

contro solo 9 contrari. Il documento era stato<br />

promosso da un deputato repubblicano della<br />

Virginia, James Randy Forbes, con l’intento<br />

di incoraggiare le scuole e le altre istituzioni<br />

pubbliche ad affiggerlo. Forbes è anche il<br />

fondatore e il presidente del Congressional<br />

Prayer Caucus, che mira a introdurre la preghiera<br />

a scuola e a ottenere il riconoscimento<br />

ufficiale che gli USA sono una nazione giudeo-cristiana<br />

e che la Bibbia è la parola di<br />

Dio. La vicenda ci ricorda la tipologia alquanto<br />

particolare di laicità che si è imposta<br />

negli USA: separazione dello Stato dalle<br />

Chiese, ma non dal cristianesimo. Non essere<br />

cristiani (con forse la sola eccezione degli<br />

ebrei) è, negli Stati Uniti, un pesante handicap.<br />

Essere atei è ancora peggio: diverse leggi<br />

statali limitano infatti i loro diritti. Non a<br />

caso un solo deputato, Pete Stark, si dichiara<br />

pubblicamente non credente. Poiché ha già<br />

ottant’anni, presto potrebbe non essercene<br />

più nessuno: nonostante i non credenti, in<br />

America, siano ormai un settimo della popolazione.<br />

Stanno imparando a loro spese che è<br />

il caso di farsi sentire, ogni tanto.<br />

Due lezioni dalla Polonia.<br />

Alle ultime elezioni politiche polacche il partito<br />

politico fondato dall’imprenditore Janusz<br />

Palikot ha raccolto, a sorpresa, il 10%<br />

dei consensi. Durante la campagna elettorale<br />

si era beccato l’etichetta di partito “anticlericale”,<br />

perché oltre a sostenere un’estesa legalizzazione<br />

dell’aborto, il riconoscimento


dei diritti delle coppie omosessuali e la liberalizzazione<br />

delle droghe leggere, non ha lesinato<br />

critiche ai vescovi locali, giungendo a<br />

criticare anche volgarmente la presenza del<br />

crocifisso. Il risultato mostra come, persino<br />

nel paese di Wojtyla, la subordinazione della<br />

classe politica alle gerarchie ecclesiastiche<br />

stia portando all’insofferenza una buona<br />

parte della popolazione, e vi sia dunque spazio<br />

per forze politiche in grado di interpretare<br />

<strong>questo</strong> sentimento. Sempre dalla Polonia<br />

giunge però notizia che il 71% della popolazione<br />

è favorevole alla presenza del crocifisso<br />

in parlamento: nel 1995 erano solo il<br />

52%. Quasi a rimarcare come, se si vuole che<br />

la maggioranza della popolazione sia laica,<br />

le offese gratuite alla fede possono rivelarsi<br />

controproducenti. Non dimentichiamo però<br />

quanto funzionano ancora, persino nel terzo<br />

millennio, le politiche identitariste: i cattolici<br />

polacchi, da secoli stretti in mezzo agli ortodossi<br />

russi e ai protestanti prussiani, all’identità<br />

cattolica non sembrano voler<br />

rinunciare. Dovendo scegliere se buttare<br />

dalla torre il crocifisso o i loro vescovi, probabilmente<br />

lancerebbero questi ultimi.<br />

La mala adopción.<br />

Sarebbe proprio bello che qualcuno, quando<br />

Ratzinger parla delle radici atee del naziste,<br />

gli ricordasse il sostegno dato dalla Chiesa<br />

cattoliche a tante dittature: alcune delle<br />

quali, come quella croata, fecero inorridire<br />

persino gli ufficiali delle SS. Nei mesi scorsi<br />

Fandango ha pubblicato un bel libro di Horacio<br />

Verbitsky, dal titolo Doppio gioco. L’Argentina<br />

cattolica e militare. Chissà se il papa<br />

l’ha letto. Ne emerge con chiarezza la responsabilità<br />

dell’episcopato cattolico: che<br />

non disse nulla contro le sparizioni degli oppositori<br />

politici, benché ne fosse preventivamente<br />

informato. Il nunzio apostolico della<br />

Santa Sede, Pio Laghi, intratteneva cordialissimi<br />

rapporti con i gerarchi golpisti, e terminato<br />

il suo mandato faece una luminosa<br />

carriera in Vaticano. La Chiesa si rifiutava<br />

ATTUALITA’<br />

persino di ricevere i familiari dei desaparecidos,<br />

i cui figli venivano poi formalmente<br />

adottati dai generali al potere. Per essere poi<br />

cresciuti nella fede di Santa Romana Chiesa.<br />

La mala adopción / 2.<br />

Quanto accaduto in Argentina ha purtroppo<br />

dei precedenti. Per esempio i bambini ebrei<br />

durante la seconda guerra mondiale; certo,<br />

‘salvati’ nei conventi, ma anche battezzati e<br />

fatti adottare da famiglie cattoliche. E, prima<br />

ancora, i ‘bambini perduti’ nella Spagna<br />

franchista. Figli di oppositori politici sottratti<br />

ai genitori e poi adottati da famiglie vicine al<br />

regime, con il beneplacito e l’aiuto concreto<br />

di suore e preti. Per non parlare dei medici<br />

degli ospedali cattolici, che firmavano i finti<br />

certificati di morte che permettevano poi di<br />

consegnare i bambini alle loro nuove famiglie.<br />

Secondo il giudice Baltazàr Garzon, un<br />

simile modo di procedere era semplicemente<br />

“la prassi”. E non solo durante la guerra civile,<br />

ma fino all’inizio degli anni Settanta,<br />

quando Franco e il franchismo erano agli<br />

sgoccioli: si parla addirittura di trecentomila<br />

casi in totale. Spain’s Stolen Babies è stato il titolo<br />

di un’inchiesta sulla vicenda trasmessa a<br />

ottobre dalla BBC. Nulla di strano per il servizio<br />

pubblico di un paese civile. Da noi, solo<br />

qualche riga distratta sui pochi quotidiani<br />

non ancora allineati al neoclericalismo di ritorno.<br />

La bomba demografica.<br />

L’umanità ha da poco superato i sette miliardi<br />

di unità. E non sembra intenzionata a<br />

deflettere dalla ricerca di nuovi record, che<br />

sembrano peraltro a portata di mano. Per<br />

porre un freno all’esplosione demografica,<br />

nello stato indiano del Kerala si è pensato di<br />

introdurre un’ammenda di 200 dollari USA<br />

per ogni figlio successivo al secondo. Mentre<br />

gruppi induisti si sono dichiarati d’accordo,<br />

cristiani e islamici hanno immediatamente<br />

contestato il provvedimento: alcune chiese<br />

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19


h NONCREDO h 15<br />

20<br />

ATTUALITA’<br />

cristiane hanno inoltre cominciato a offrire<br />

incentivi alle famiglie numerose, nell’ordine<br />

(guarda caso) di 200 dollari: non un centesimo<br />

di più, che pur sarebbe alquanto utile<br />

quando ci sono tante bocche da sfamare. Il<br />

rinnovato impegno politico cattolico non è<br />

mai disgiunto da politiche pesantemente nataliste:<br />

anche la CEI ha pensato bene di pubblicare<br />

un libro, Il cambiamento demografico, in<br />

cui ha chiesto di affrontare “la nostra crisi<br />

demografica”, invitando ad attuare politiche<br />

che “contrastino i risvolti negativi delle tendenze<br />

in atto”. Proprio quello che ci vuole<br />

per un paese in piena crisi economica, con il<br />

30% di giovani disoccupati, con una densità<br />

di abitanti per kmq tra le più alte del pianeta,<br />

con un territorio prevalentemente montuoso,<br />

a forte rischio sismico e sottoposto a un grave<br />

dissesto idrogeologico. Satana non avrebbe<br />

saputo inventarsi di meglio.<br />

Anche in Libia sarà sharia.<br />

Senza l’intervento militare occidentale,<br />

Gheddafi sarebbe molto probabilmente ancora<br />

al suo posto. È invece andata come è andata,<br />

e l’autocrate libico è stato fatto fuori<br />

senza troppi complimenti. Come primo e<br />

principale punto del proprio programma, il<br />

nuovo governo ha annunciato l’introduzione<br />

della legge islamica: “Siamo una nazione<br />

musulmana, è dunque logico che la sharia sia<br />

la fonte delle leggi”. Verrà dunque rivisto il<br />

diritto di famiglia, con restrizione dei diritti<br />

delle donne in materia di divorzio e matrimonio,<br />

e via libera alla poligamia. Immediata<br />

la preoccupazione per i diritti umani<br />

nelle capitali occidentali, per i diritti dei cattolici<br />

a Roma: il ministro Frattini si accontenterebbe<br />

della libertà di costruire chiese. È<br />

comunque sorprendente la sorpresa con cui<br />

è stato accolto l’annuncio: era già successo in<br />

Afghanistan e in Iraq, che l’intervento mili-<br />

tare fosse seguito dal ritorno alla legge islamica.<br />

La religione, nel mondo musulmano, è<br />

l’unico riconosciuto datore di senso morale,<br />

ed è in qualche modo sentito come naturale<br />

che la legge lo riconosca, e che elezioni democratiche<br />

lo sanciscano. L’Unione Europea<br />

e gli USA potrebbero però rispondere:<br />

“Niente diritti umani? Allora niente aiuti”.<br />

Utilizzeranno l’unica arma che avrebbero<br />

dovuto usare fin dall’inizio?<br />

In Francia montano gli integralismi.<br />

La proclamazione della sharia in Tunisia e la<br />

vittoria del partito islamista in Tunisia avevano<br />

spinto il giornale satirico Charlie Hebdo<br />

a nominare Maometto “direttore speciale”<br />

di un numero particolarmente pungente nei<br />

confronti dell’islam, con in copertina il profeta<br />

intento a dichiarare “cento frustate se<br />

non morite dal ridere”. È bastato <strong>questo</strong> perché,<br />

nella notte, un attacco a suon di molotov<br />

mandasse in fiamme la sede della rivista.<br />

Nei giorni precedenti, attivisti del gruppo Institut<br />

Civitas avevano interrotto la rappresentazione<br />

dello spettacolo teatrale Sul<br />

concetto di viso del figlio di Dio, soltanto perché<br />

lo scenario presentava una gigantografia<br />

del Gesù di Antonello da Messina. Il sindaco<br />

di Parigi li ha denunciati. Il fatto che la Francia<br />

si sia stretta intorno alla redazione del<br />

Charlie Hebdo testimonia come la libertà di<br />

espressione sia ancora considerata come uno<br />

dei capisaldi della democrazia transalpina.<br />

Tuttavia, come ha scritto le Monde, sembra<br />

proprio che gli integralisti cattolici abbiano<br />

trovato nell’integralismo musulmano “un<br />

modello efficace che avevano fin qui trascurato:<br />

la fatwa culturale”. La questione della<br />

“tolleranza degli intolleranti”, di cui scriveva<br />

Popper già diversi decenni fa, si fa purtroppo<br />

di giorno in giorno più calda.


ETICA E LAICITA’<br />

RELIGIONSFREE<br />

VÉÅx \b |ÅÅtz|ÇÉ |Ä ÅÉÇwÉ áxÇét ÜxÄ|z|ÉÇ|<br />

di Vera Pegna, European Humanist Federation<br />

Ho insegnato a mia figlia a non obbedire e,<br />

quando è stata in grado di ragionare, le ho<br />

spiegato che nella vita non bisogna subire.<br />

Né prevaricare. Bisogna capire e riflettere,<br />

ascoltare la propria coscienza e cercare con<br />

gli altri rapporti di parità al di là dei giudizi e<br />

dei pregiudizi che ci fanno percepire i nostri<br />

simili attraverso specchi deformanti. Le ho<br />

raccontato del profeta Mani che, nel terzo secolo<br />

della nostra era, diceva: “La stessa scintilla<br />

divina brilla in tutti noi, non ha razza, non<br />

ha casta, non è né maschio né femmina, ciascuno<br />

deve nutrirla di bellezza e di conoscenza.<br />

È così che riesce a risplendere. È solo<br />

per la luce che ha in sé che l’uomo è grande.”<br />

La religione predicata da Mani – ma penso sia<br />

errato definirla tale – non ammetteva né<br />

dogmi né gerarchie. Invitava ciascuno a “nutrirsi<br />

di bellezza e di conoscenza”e a farsi la<br />

propria idea del mondo. Diceva: “ Mi appello<br />

a tutte le religioni e a nessuna. È stato insegnato<br />

agli uomini che devono appartenere a<br />

un credo come si appartiene a una razza o a<br />

una tribù. E io dico loro: è una menzogna. In<br />

ogni credo, in ogni idea sappiate trovare la sostanza<br />

luminosa e scartare le mondature. Rispetto<br />

tutte le credenze e, agli occhi di tutti, è<br />

appunto <strong>questo</strong> il mio delitto“. Infatti Mani fu<br />

condannato al supplizio dei ferri e furono bruciati<br />

i libri che calligrafava e ornava di sua<br />

mano e la profusione di dipinti con cui rivolgeva,<br />

al di là delle barriere del linguaggio, il<br />

suo messaggio di armonia tra gli uomini, la<br />

natura e la divinità. I suoi fedeli scrissero dappertutto<br />

il suo nome: “Mani-Hayy”, Mani vive.<br />

I greci trascrissero questa parola in “Manikhaios”,<br />

altri dissero “Manicheo” e mentre per<br />

mille anni veniva venerato dall’Egitto alla<br />

Cina, a noi furono tramandati il suo nome ridotto<br />

a un insulto e la sua memoria, sfigurata<br />

e ridicolizzata.<br />

Una fede o credenza libera da ogni tipo di<br />

clero, senza dogmi né gerarchie, come quella<br />

predicata da Mani, è ben accetta nel mio<br />

mondo senza religioni. A suo padre, Mani<br />

disse: “Mi hai mai sentito parlare del bene e<br />

del male? Sono parole perverse che non appartengono<br />

al mio linguaggio!” Eppure oggi,<br />

quasi 1800 anni dopo, le religioni parlano ancora<br />

del bene e del male, del permesso e del<br />

proibito, e il papa ci assicura “che l’inferno<br />

c’è”!<br />

Ebbene, in un mondo senza religioni, ai bambini<br />

non verrebbe inculcato che credere è giusto<br />

e bello e che l’unica fonte di valori è la<br />

religione. A scuola imparerebbero il significato<br />

profondo del dubbio e dello spirito critico<br />

che rendono capaci di mettere in<br />

questione le verità assolute dettate dal cielo e<br />

di cogliere la differenza fra una teoria scientifica<br />

come l’evoluzionismo e una favola come<br />

il creazionismo o il disegno intelligente. Ma<br />

anche di capire che questa, come altre favole<br />

e trappole diffuse dalle religioni, fa parte di<br />

un disegno ben più ampio e ben ordito, volto<br />

a ottundere l’uso della ragione e a limitare il<br />

ricorso di ognuno di noi alla propria coscienza.<br />

Capirebbero altresì che il disegno<br />

delle religioni è sovversivo in quanto limita le<br />

libertà fondamentali e erode l’ordine politico<br />

e istituzionale che ci siamo dati dopo secoli di<br />

lotte, anche contro i monoteismi.<br />

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21


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22<br />

ETICA E LAICITA’<br />

LAICITA’& PARLAMENTO<br />

Lo Stato, la CEI e il danaro pubblico<br />

di Mario Staderini, avvocato, segretario nazionale <strong>Radicali</strong> <strong>Italiani</strong><br />

Lo Stato italiano finanzia in maniera strutturale le confessioni religiose, soprattutto la Chiesa cattolica,<br />

attraverso finanziamenti diretti ed indiretti. Una scelta che la Costituzione in parte consente ma<br />

non impone. In Inghilterra, nonostante l’anglicanesimo sia religione di Stato, non è previsto alcun finanziamento:<br />

la promozione della religione non è funzione di competenza statale e quindi i suoi<br />

costi non possono essere fatti ricadere sull’intera collettività. Lo Stato italiano, dunque, tra i diversi<br />

modi con cui atteggiarsi nei confronti del bisogni religiosi dei cittadini, ha scelto di sottrarre alla fiscalità<br />

generale una considerevole somma di denaro pubblico per finanziarne la soddisfazione. E ha<br />

individuato nelle confessioni religiose i soggetti istituzionalmente preposti alla soddisfazione di tali<br />

esigenze.<br />

Questa impostazione ha determinato un’involuzione autoritaria e burocratica del momento religioso<br />

insieme alla clericalizzazione dello Stato. Il denaro dei contribuenti arriva nelle casse delle<br />

Chiese sotto forma di percentuale delle imposte sul reddito, di donazioni per cui è prevista la detrazione,<br />

di esenzioni fiscali alle attività degli enti religiosi, di sovvenzioni per le scuole e gli ospedali<br />

cattolici, di contributi per singoli eventi, di assunzione in capo alla amministrazione pubblica del<br />

costo di funzioni esercitate da personale della Chiesa cattolica. Prima del Concordato del 1984, invece,<br />

lo Stato erogava direttamente il reddito del clero attraverso il meccanismo della congrua, riconosciuto<br />

nei Patti Lateranensi e risalente allo Stato Pontificio.<br />

Oggi, al contrario, lo Stato assegna annualmente una parte delle imposte sul reddito degli italiani alla<br />

Conferenza Episcopale Italiana, alla quale è riconosciuta la piena ed autonoma gestione di tali fondi,<br />

pari a 1 miliardo di euro l’anno. In pratica, l’accesso del clero – e delle comunità di fedeli di cui le parrocchie<br />

sono espressione - alle risorse economiche è gestito direttamente dalla CEI. Anche quando<br />

il finanziamento prende la forma di erogazione uno stipendio per funzioni connesse alle attività confessionali<br />

(insegnanti di religione, cappellani, assistenza religiosa a malati e detenuti), l’accesso a tali<br />

“professioni” è controllato gerarchicamente dalla CEI attraverso il meccanismo della designazione<br />

e del giudizio di gradimento.<br />

Il primo effetto del nuovo Concordato è stato quindi quello di determinare una svolta autoritaria all’interno<br />

della stessa Chiesa cattolica, con il riconoscimento di tutto il potere in mano alle gerarchie<br />

ed in particolare della CEI, titolare unica dei rapporti con lo Stato attraverso il meccanismo delle<br />

Commissioni paritetiche. Un secondo effetto corruttore è stato quello di innescare una rincorsa delle<br />

altre organizzazioni religiose al conseguimento di quei privilegi economici e giuridici garantiti dal<br />

modello realizzato per la Chiesa cattolica. Molte chiese cristiane delle Riforma (valdesi, pentecostali,<br />

battisti) hanno a lungo rifiutato finanziamenti diretti in coerenza con la loro teologia prima di capitolare<br />

di fronte allo strapotere assicurato dal modello statuale.<br />

Al tempo stesso, l’enorme potere economico assicurato alla CEI ed alle altre diramazioni del Vaticano<br />

in Italia ha indotto un progressivo cedimento clericale delle istituzioni dello Stato, estendendo a dismisura<br />

i finanziamenti pubblici ed i privilegi che le permettono di esercitare una significativa influenza<br />

in settori fondamentali quali la scuola, la sanità, il turismo, l’immobiliare. E di conseguenza<br />

sulle scelte della classe politica, con posizioni altrimenti impensabili sui temi dei diritti civili e della<br />

bioetica. Il Parlamento che verrà non potrà che dibattere di tutto ciò, pena lasciare al Vaticano la definitiva<br />

conquista dello Stato italiano.


fonte: repubblica.it<br />

Alla politica non interessa se soffri<br />

ETICA E LAICITA’<br />

La morte di Lucio Magri alla luce della civiltà<br />

di Valerio Pocar, già prof. di Bioetica e Sociologia del diritto, università Milano<br />

L’influenza della pressione clericale sulla legislazione nazionale condanna alla mortificazione dell’esilio i ciadini<br />

italiani che invocano il conforto di affei e sentimenti solidali al loro fianco nel momento irreversibile e solenne<br />

di una morte resa necessaria dalla ineluabilità di una sofferenza inguaribile.<br />

Il suicidio assistito di Lucio Magri, episodio<br />

tragico alleggerito dal vento della Libertà, non<br />

ha sollevato grande clamore, forse per lo spessore<br />

umano e intellettuale del personaggio,<br />

forse per la riservatezza e il pudore coi quale la<br />

vicenda si è svolta.<br />

Eppure, in diversi casi è bastato molto meno<br />

perché si suscitasse un polverone mediatico.<br />

Welby, Englaro, Monicelli, nomi sui quali si<br />

sono sollevate gazzarre tanto indecenti quanto<br />

infondate, all’insegna dello spauracchio dell’eutanasia.<br />

La quale, beninteso, non c’entrava<br />

niente. Viene la tentazione di fare un po’ d’ordine.<br />

La questione di fondo è una sola, semplice.<br />

Siamo o non siamo liberi, ciascuno di noi, di disporre<br />

della nostra propria vita? Noi pensiamo<br />

che il nostro corpo e la vita che in esso si vive<br />

siano l’unica nostra indiscutibile proprietà e, in<br />

quanto nostra e solo nostra, nessuno possa intromettervisi<br />

e decidere per noi o porre veti alle<br />

nostre individuali scelte.<br />

L’opzione morale<br />

GRAZIE LUCIO MAGRI!<br />

Hai saputo vincere, anche per noi, la<br />

grande partita della libertà contro<br />

oscurantismo e pregiudizio.<br />

GRAZIE!<br />

Sotto il profilo morale, ognuno può tenersi all’opinione<br />

che crede e sarebbe perfettamente<br />

contraddittorio, per noi, sostenere il contrario.<br />

Ognuno è libero di affidare le decisioni che<br />

concernono la sua vita a chi egli stesso elegge.<br />

Noi, le affidiamo a noi stessi.<br />

Tra le due opzioni morali, però, la nostra legge<br />

positiva ha fatto la sua scelta. Il suicidio, infatti,<br />

non è illecito giuridicamente e colui che sopravvive<br />

al tentativo di darsi la morte non incorre<br />

in alcuna sanzione. Non intendiamo<br />

certo, così dicendo, negare o sottovalutare il<br />

peso dei vincoli di solidarietà umana e sociale<br />

che ci debbono suggerire di prestare ogni aiuto<br />

a coloro che sono indotti a <strong>questo</strong> gesto<br />

estremo. Intendiamo, tuttavia, esprimere con<br />

fermezza l’esigenza di un profondo rispetto nei<br />

confronti della sofferenza, fisica o psichica, tale<br />

da indurre a considerare la propria vita come<br />

non più degna d’essere vissuta, rispetto che in<br />

un certo senso ci nega il diritto d’interrogarci e<br />

d’indagare sulle ragioni del gesto e, tanto<br />

meno, di sminuirne la tragicità con spiegazioni<br />

riduttive, quali la depressione, o la solitudine.<br />

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23


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24<br />

ETICA E LAICITA’<br />

La liceità giuridica<br />

Un caso particolare, che conferma la liceità giuridica<br />

di disporre della propria vita, è rappresentato<br />

dalla libertà sancita dall’art. 32 comma<br />

2° della nostra Carta costituzionale. Come si sa,<br />

in forza di questa norma ogni individuo ha il<br />

diritto di rifiutare un qualsivoglia trattamento<br />

sanitario, in qualsiasi caso e senza necessità di<br />

motivare la propria scelta, anche se dal rifiuto<br />

del trattamento può derivare la morte. Questo<br />

è stato il caso del signor Welby, che, persuaso<br />

che la sua vita avesse cessato di meritare d’essere<br />

vissuta, ha legittimamente chiesto la cessazione<br />

delle cure che gli venivano per<br />

l’innanzi praticate, in tal modo determinando,<br />

nel pieno rispetto della legge, l’anticipazione di<br />

una morte che le cure avrebbero potuto rimandare.<br />

Un caso di rifiuto delle cure è stata anche la vicenda<br />

della signorina Englaro, rifiuto espresso<br />

non in maniera attuale e diretta, ma nella<br />

forma delle direttive anticipate o testamento<br />

biologico che dir si voglia, mediante cioè scelte<br />

dettate nella piena capacità del soggetto per il<br />

momento in cui la capacità di formare o comunicare<br />

le proprie scelte dovesse venire a<br />

mancare. Siamo ancora in attesa di una legge<br />

che regoli il testamento biologico - e c’è solo da<br />

sperare che non si tratti di una legge liberticida<br />

e incostituzionale come quella che il parlamento<br />

ha, non ancora definitivamente, per<br />

buona fortuna, approvato - ma il diritto al rifiuto<br />

dei trattamenti indesiderati è già nel nostro<br />

ordinamento e, nel caso della signorina<br />

Englaro, ha trovato un’applicazione in via giurisprudenziale.<br />

La Corte di cassazione, infatti,<br />

ha ritenuto che la volontà della persona possa<br />

essere, in assenza della previsione di forme<br />

specifiche, ricostruita mediante gli ordinari<br />

strumenti istruttori (testimonianze, documenti<br />

e così via). Accertata la volontà dell’incapace,<br />

si è potuto procedere alla sospensione della nutrizione<br />

e dell’idratazione artificiali, che rappresentano<br />

fuor d’ogni dubbio trattamenti<br />

medici, con buona pace di coloro - esistono soltanto<br />

in <strong>questo</strong> paese a sovranità morale limitata<br />

- che pretendono trattarsi di mezzi<br />

doverosi di sostegno vitale.<br />

Il mercato politico<br />

Appare sconcertante e paradossale che questi<br />

due casi di espressione di una scelta di libertà<br />

riconosciuta dal diritto, nel nome di una vita<br />

degna di essere vissuta, abbiano suscitato tanto<br />

scandalo e clamore presso i sostenitori della<br />

“sacralità” della vita. Il polverone mediatico si<br />

lega a ben riconoscibili motivazioni del mercato<br />

politico e non ci casca nessuno.<br />

Non tutti gli individui che desiderano porre<br />

fine alle proprie sofferenze e rinunciare a una<br />

vita che stimano indegna di essere vissuta, tuttavia,<br />

sono nelle condizioni di realizzare la loro<br />

libera scelta tramite il rifiuto dei trattamenti sanitari.<br />

Occorre, talora, un gesto attivo dell’individuo,<br />

vuoi perché le cure non sono in corso<br />

o, se in corso, la loro sospensione non sarebbe<br />

tale da condurre alla morte, vuoi perché le ragioni<br />

della scelta non risiedono in sofferenze di<br />

tipo organico, ma non per <strong>questo</strong> sono meno<br />

gravi. Chi è nelle condizioni di compere il<br />

gesto, può realizzare la sua scelta mediante il<br />

suicidio. Questo sembra essere stato il caso del<br />

grande regista Mario Monicelli, il quale, come<br />

si ricorderà, si è precipitato dalla finestra di un<br />

piano alto d’ospedale, sembra dopo aver ricevuto<br />

la notizia di una diagnosi infausta.<br />

Purtroppo, però, l’esercizio della libertà in questa<br />

scelta estrema non è poi così semplice. Da<br />

un lato, suicidarsi può essere complicato e non<br />

privo di rischi, anche per terze persone, dall’altro<br />

non tutti sono nella condizione di compiere<br />

materialmente il gesto.<br />

Buttarsi dalla finestra o aprire la canna del gas,<br />

non soltanto possono causare danni gravi a<br />

terzi (l’esplosione del palazzo, lo sconvolgimento<br />

di coloro che dovessero trovarsi ad assistere<br />

al fatto e via dicendo), ma possono non<br />

raggiungere l’effetto desiderato, provocando<br />

ulteriori sofferenze e l’aggravamento del problema.<br />

In ogni caso, sono modalità che sovente<br />

non garantiscono una trapasso dignitoso e per<br />

quanto possibile sereno, nella propria casa e attorniati<br />

dai propri affetti, così come auspichiamo<br />

che possa essere la fine di ciascuno.


Non possiamo averne certezza, ma possiamo<br />

pensare che il desiderio di un trapasso dignitoso<br />

sia stato alla base della richiesta, lucida e<br />

pacata, di assistenza al suicidio da parte di<br />

Lucio Magri. Assistenza che la legge italiana,<br />

come quella di molti paesi, considera un reato.<br />

Pochi giorni fa, una cittadina britannica che è<br />

ricorsa anch’essa al suicidio assistito in una clinica<br />

svizzera, per morire serenamente con la<br />

famiglia al suo capezzale, ha denunciato la “codardia”<br />

dei politici britannici che con le loro<br />

leggi le hanno impedito di morire nella sua<br />

casa e nel suo Paese. Così come le leggi italiane<br />

hanno impedito a Lucio Magri di morire in<br />

pace a casa sua.<br />

Condizioni fisiche ed economiche<br />

D’altro canto, però, non tutti sono nelle condizioni<br />

fisiche (e talora anche economiche) di<br />

poter provvedere al proprio suicidio. Coloro<br />

che, per ogni piccola necessità della loro vita<br />

quotidiana, necessitano della mani e delle<br />

gambe degli altri - ricordate il protagonista<br />

della pellicola, rude e toccante, Mare dentro? -<br />

non possono compiere il gesto in modo autonomo<br />

e, per porre fine alle proprie sofferenze e<br />

alla loro vita non degna, abbisognano dell’aiuto<br />

pietoso e solidale di altri, vuoi nella modalità<br />

del suicidio assistito vuoi nella modalità dell’eutanasia<br />

volontaria. Ed è la presenza e la partecipazione<br />

del terzo che costituisce il<br />

problema. Tra suicidio assistito ed eutanasia la<br />

distinzione, sotto il profilo etico, è davvero<br />

Lettore,<br />

la forza del messaggio di NONCREDO<br />

riposa sulla sua diffusione.<br />

ETICA E LAICITA’<br />

molto sottile. Se è vero che nel prima caso il<br />

gesto finale determinante la morte è perpetrato<br />

dal soggetto stesso e nel secondo dal terzo, è<br />

anche vero che in entrambi i casi la possibilità<br />

di determinare la morte è frutto dell’azione del<br />

terzo. Sotto il profilo giuridico, la distinzione è<br />

invece rilevante, sia perché, mentre il suicidio è<br />

lecito, non lo è l’assistenza al suicidio né l’uccisione<br />

sia pure richiesta dal soggetto. Nell’uno<br />

e nell’altro caso il comportamento del terzo<br />

viene sanzionato, assai severamente, dal nostro<br />

codice penale.<br />

L’encomiabile abnegazione e solidarietà nei<br />

momenti estremi<br />

Tuttavia. V’è da chiedersi se in <strong>questo</strong> modo -<br />

fermo restando che sia il suicidio assistito sia<br />

l’eutanasia volontaria debbono essere sottoposti<br />

a inderogabili e severe procedure di garanzia<br />

- non venga a configurarsi una<br />

discriminazione tra la sofferenza di un soggetto<br />

in grado di suicidarsi e quella di un soggetto<br />

che per farlo abbisogna dell’aiuto di un<br />

terzo, discriminazione tanto più odiosa perché<br />

penalizza, tra due soggetti deboli, proprio il<br />

più debole. V’è da chiedersi, anche, se punire e<br />

così impedire a un terzo che si renda disponibile<br />

a consentire l’esercizio di una libertà fondamentale<br />

(forse la più fondamentale?) di un<br />

soggetto che non può esercitarla direttamente<br />

non costituisca la violazione, per legge, di un<br />

diritto fondamentale. A entrambi i quesiti ci<br />

sentiamo di rispondere affermativamente.<br />

Se ci condividi, diffondi e fai conoscere NONCREDO,<br />

sii tu stesso l’araldo del suo messaggio di libertà.<br />

L’abbonamento è l’unico mezzo che qualsiasi lettore ha<br />

per leggerci, condividerci e sostenerci.<br />

NONCREDO = COSCIENZA CONOSCENZA LIBERTA’<br />

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26<br />

ETICA E LAICITA’<br />

DIALOGHI SURREALI (e se fosse andata così?)<br />

L’etica di Giuda per la causa di Cristo<br />

di Enrico Galavotti, filosofo delle religioni<br />

- Ti rendi conto che noi non sapremo mai e poi mai che cosa volesse dire Gesù a Giuda nell’ultima cena?<br />

- Ti riferisci a quell’ordine perentorio: “Quello che devi fare fallo presto!”?<br />

- Proprio quello! Le motivazioni date nei vangeli sono semplicemente ridicole. Doveva andare a comprare<br />

qualcosa per la Pasqua, perché gestiva la cassa comune! Oppure doveva tradirlo perché <strong>questo</strong> era il disegno<br />

di dio!<br />

- Questa seconda cosa è stata confermata dal vangelo di Giuda, recentemente ritrovato<br />

- Già, Gesù doveva essere tradito, sicché Giuda è stato un eroe che ha avuto il coraggio di fare una cosa che<br />

gli altri apostoli non avrebbero mai fatto. E <strong>questo</strong> non è ridicolo, secondo te?<br />

- E perché? Non è stato forse anche Pietro che, subito dopo aver scoperto la tomba vuota, disse che Gesù<br />

era morto per volontà divina?<br />

- Ma non vedi che qui le contraddizioni si sprecano? Da un lato i vangeli condannano Giuda perché ha tradito,<br />

dall’altro dicono che dio si è servito di lui per realizzare il suo piano di salvezza. Quindi non si capisce<br />

se Gesù doveva o poteva anche non morire in maniera così cruenta.<br />

- Mi chiedo come sarebbero finiti i vangeli se non fosse stato tradito.<br />

- Ma questa domanda non ha alcun senso. I vangeli sono stati scritti proprio perché era stato tradito e giustiziato.<br />

Se il suo tentativo rivoluzionario avesse avuto successo, i cristiani avrebbero scritto dei testi ottimisti,<br />

non rassegnati.<br />

- Ma scusa, se non veniva tradito, non poteva morire di vecchiaia?<br />

- Chi? Un politico eversivo? L’avrebbero ammazzato lo stesso!<br />

- Allora secondo te il tradimento di Giuda non è servito a niente?<br />

- Non lo so. Io penso che se non ci fosse stato, forse una probabilità di successo l’insurrezione contro Roma<br />

avrebbe anche potuto averla. Non ha senso pensare, come fanno i vangeli, che Gesù era entrato a Gerusalemme<br />

per farsi ammazzare.<br />

- In effetti se voleva farsi ammazzare, Giuda poteva anche non tradirlo.<br />

- E’ pazzesco pensare a un Cristo suicida che chiede a un apostolo di compiere una sorta di eutanasia.<br />

- Eppure il vangelo di Giuda parla chiaro: lui è stato l’apostolo più “cristiano” di tutti, l’unico ad aver capito<br />

veramente le intenzioni di Gesù.<br />

- Se non fossero cose tragiche verrebbe da ridere. Gesù era entrato a Gerusalemme per vincere non per perdere,<br />

e il tradimento è stato del tutto inaspettato. Solo che l’idea insurrezionale è stata tradita anche dopo la<br />

sua morte, e questa volta da Pietro, quando cominciò a dire che il Cristo “doveva morire” e che sarebbe presto<br />

tornato in maniera trionfale.<br />

- Ma perché hanno creduto in questa idea così strana, certamente poco giudaica?<br />

- Perché la tomba l’han trovata vuota e tutti erano convinti che il cadavere non fosse stato rubato da nessuno.<br />

Quindi Pietro ha pensato ch’era “risorto”, cioè che Gesù era più di un semplice uomo e che se si era<br />

lasciato ammazzare, pur potendolo evitare, era stato per dimostrare ai giudei che da soli non si sarebbero<br />

mai potuti liberare dei Romani e che lui sicuramente sarebbe tornato molto presto, per far vedere di che<br />

pasta era fatto.<br />

- Insomma Pietro, con queste idee bislacche, è stato peggio di Giuda.<br />

- Proprio così e Paolo peggio di Pietro. Almeno Pietro aspettava il ritorno immediato di un messia politiconazionale.<br />

Paolo invece parla del ritorno di un redentore universale per la fine dei tempi.


Di continuo fatti e problemi della convivenza<br />

testimoniano la necessità di introdurre<br />

il principio della separazione Stato religioni<br />

nell’architettura istituzionale. Per aggiornare<br />

e se possibile migliorare le condizioni di effettiva<br />

libertà del cittadino.<br />

Non è un’esigenza secondaria. L’effettiva libertà<br />

del cittadino dipende in modo decisivo<br />

dal come la garantiscono le istituzioni. Ancor<br />

più quando incalza chi punta a tradurre l’impegno<br />

nel sociale della Chiesa in una politica<br />

istituzionale modellata su valori religiosi. Lo<br />

fanno più per loro interessi terreni che per<br />

ragioni religiose, però lo fanno (li chiamo i<br />

cattolici chiusi).<br />

Le Intese dello Stato<br />

L’art. 8 della Costituzione sancisce la libertà<br />

di tutte le Confessioni religiose di organizzarsi<br />

e, per quelle non cattoliche, di avere<br />

rapporti con lo Stato in base a Intese. Contrasta<br />

in punto di logica con l’art. 7 (se tutte<br />

le religioni sono libere, non si dovrebbe preferirne<br />

una). Si è cercato di sistemare il pasticcio<br />

a livello dottrinale, dicendo che lo<br />

Stato è incompetente in materia religiosa, che<br />

le Intese non sono automatiche e che si<br />

fanno quando una religione fa richiesta dei<br />

benefici civili che ne derivano. Peraltro, così,<br />

non si scioglie il nodo. Se lo Stato è incompetente<br />

in materia religiosa, l’art. 7 si motiva<br />

solo o con lo speciale riconoscimento alla religione<br />

cattolica (all’epoca religione di Stato)<br />

oppure ammettendo che certi diritti alla religione<br />

cattolica non sono desumibili dall’impianto<br />

costituzionale. Inoltre l’intrico con<br />

l’esistenza di altre norme di epoca fascista<br />

rende difficoltosa l’applicazione dell’art. 8 in<br />

ETICA E LAICITA’<br />

DISPUTATIONES laiche<br />

di Raffaele Morelli, storico della laicità<br />

piena coerenza con sé stesso.<br />

Esistono due norme (la legge 1159/1929 sui<br />

culti acattolici e il R.Decreto 289/1930) la cui<br />

logica confligge con l’art. 8 e che quindi ne<br />

ostacolano l’attuazione. Nell’inerzia del Parlamento,<br />

il nodo è stato un po’ allentato dalla<br />

Corte Costituzionale. Dichiarando incostituzionali<br />

con la sentenza 59/1958 parti del RD,<br />

sancì che per aprire luoghi di culto e per tenere<br />

cerimonie religiose non vi è bisogno di<br />

autorizzazione. Fu un passo molto significativo.<br />

Eppure non sciolse le resistenze degli<br />

apparati verso le Intese.<br />

Nell’idea che l’aiuto della Chiesa fosse indispensabile<br />

per lo Stato, le altre confessioni<br />

erano semplicemente sopportate. Non c’era<br />

fretta di mutare le cose. Per arrivare alle Intese<br />

si aspettò la stipula del nuovo Concordato<br />

nel 1984. Che tolse la religione di stato<br />

ma confermò il favore alla Chiesa Cattolica,<br />

traducendolo in particolari norme di accordo.<br />

Dopo, coeva al nuovo Concordato,<br />

venne la prima Intesa con la Tavola valdese.<br />

Nel 1986 vi fu quella con l’Assemblea di Dio<br />

e subito dopo quella con l’Unione Comunità<br />

Ebraiche. Nella primavera 1993 fu la volta<br />

dei Battisti e poi dei Luterani. Alla fine 1996<br />

degli Avventisti. Queste sono le sei Intese<br />

completate dalla relativa legge (che le fa entrare<br />

in vigore senza modificarle) e in seguito<br />

aggiornate. Poi, nel 2007, si è arrivati alla<br />

firma di altre sei Intese (Apostolici, Buddisti,<br />

Induisti, Sacra Arcidiocesi, Santi degli Ultimi<br />

giorni, Testimoni di Geova) che ad oggi non<br />

sono state ancora trasformate in legge, anche<br />

se la procedura pare stia per concludersi.<br />

L’importanza delle Intese non va sminuita.<br />

Sono un veicolo per la tutela di minoranze<br />

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27


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28<br />

ETICA E LAICITA’<br />

religiose e servono a concretizzare diritti e<br />

specificità di ciascun culto e di ciascun suo<br />

credente evitando discriminazioni. In pratica<br />

sono un profumo di separatismo. Hanno introdotto<br />

elementi di pluralismo confessionale<br />

nella mentalità concordataria.<br />

Trattare delle Intese è connesso con la questione<br />

otto per mille (introdotto nel 1985, nel<br />

quadro dell’Accordo con la Chiesa Cattolica)<br />

di cui beneficiano i titolari di Intese eccetto i<br />

Battisti che non vi partecipano. Il legame dipende<br />

dal meccanismo di ripartizione. La<br />

parte dei fondi (si badi, imposte sui redditi<br />

appartenenti allo Stato, non elargizioni aggiuntive<br />

del cittadino) che corrisponde alle<br />

mancate scelte viene ripartita tra i beneficiari.<br />

Siccome le scelte non fatte sono intorno<br />

al 60% e la Chiesa riceve il 90% di quelle<br />

fatte, avviene che circa il 54% per cento dei<br />

fondi non scelti si somma a quel 36% delle<br />

scelte già fatte a favore della Chiesa. Ne consegue<br />

che, meno intese ci sono, meno sono i<br />

partecipanti alla ripartizione. Anche quando<br />

le nuove intese non riguardano religioni di<br />

massa. Dato che il sistema avvantaggia<br />

molto, in termini finanziari, la confessione<br />

numericamente dominante.<br />

La cappa della impostazione concordataria è<br />

acuita dalla legge sui culti acattolici. Da metà<br />

anni ‘90, i governi di centro sinistra e di centro<br />

destra hanno tentato di diradare questa<br />

cappa con una nuova legge sulla libertà di religione.<br />

Ma in parlamento la lobby trasversale<br />

dei cattolici chiusi ha reso impossibile<br />

superare le norme sui culti ammessi. Il che<br />

conferma l’importanza di sollevare apertamente<br />

nella società il problema di introdurre<br />

il principio di separazione Stato religioni.<br />

Parlando delle Intese, non si deve omettere<br />

quella che non c’è: con i musulmani. Esiste<br />

un rilevante aspetto tecnico. La religione musulmana<br />

non ha un’organizzazione gerarchica,<br />

il rapporto è diretto tra il fedele e il<br />

Dio. L’Imam è persona esperta di Corano,<br />

non un intermediario. Siccome l’unico legame<br />

tra chi prega è la personale fede nel<br />

Corano, le comunità musulmane non hanno<br />

per tradizione struttura legale o suffragi.<br />

Così venti anni fa, l’Intesa domandata dall’UCOII<br />

(la più grande Comunità Islamica)<br />

non ebbe risposta. Oggi, l’UCOII è un’associazione,<br />

elegge i suoi rappresentanti ed ha<br />

richiesto il riconoscimento giuridico; in più<br />

sono sorte altre associazioni nazionali, una<br />

(che raccoglie un 30% di musulmani) è finanziata<br />

dal governo del Marocco (il cui ambasciatore<br />

lo ha già fatto in Francia). Queste<br />

associazioni stanno cercando di formare una<br />

federazione per avere l’Intesa. Certo, siccome<br />

nel distorto clima concordatario la convivenza<br />

con i musulmani (che sono tanti) è<br />

soggetta ad ogni genere di tensioni e preda<br />

di manovre politiche, sarebbe bene che i credenti<br />

islamici, cittadini e residenti, abbiano<br />

presto regole specifiche in analogia agli altri<br />

culti.<br />

Moschee<br />

Un problema immediato è quello delle moschee.<br />

La libertà di religione per ciascun residente<br />

è un diritto costituzionale. E molti<br />

paiono non avvertirlo. In giro serpeggiano<br />

approcci che usano la religione dell’individuo<br />

per accarezzare pulsioni illiberali nel<br />

profondo, o xenofobe nella repulsa o populiste<br />

nell’aiuto offerto.<br />

Un approccio separatista ha due cardini coerenti<br />

con l’ispirarsi ai diritti e il non pensare<br />

ai privilegi. Il primo è il diritto dei musulmani<br />

di trovare un luogo adeguato per pregare<br />

insieme. Perciò cercarlo non può<br />

incontrare difficoltà dichiarate o dissimulate<br />

da parte della proprietà immobiliare, privata<br />

o pubblica (sarebbe opportuno che le Istituzioni<br />

monitorassero <strong>questo</strong> aspetto). Il secondo<br />

è che chi vuole creare una moschea<br />

deve agire nel rispetto delle norme urbanistiche<br />

e disporre dei mezzi necessari. E’ intollerabile<br />

che le istituzioni, per accattivarsi i<br />

consensi religiosi di questa o quella confessione,<br />

neghino i diritti a chi li ha oppure offrano<br />

dei favori estranei ai loro compiti.


Il diritto al luogo di preghiera dovrebbe essere<br />

affrontato irrobustendo in chiave di libertà<br />

i rapporti tra chi vive in Italia. Deve<br />

essere concepito come aspetto ordinario del<br />

convivere, che è sempre tra diversi e affronta<br />

sempre questioni di conflitti democratici. La<br />

funzione pubblica è organizzare la convivenza<br />

tra diversi, non occuparsi di religioni e<br />

favorire l’insediarsi dei luoghi di culto. E la<br />

funzione pubblica è carente, se si dedica a<br />

voler acquietare un gruppo etnico o l’esaltata<br />

idiosincrasia dei nativi.<br />

Viceversa, il vice presidente PD del Senato<br />

parla di evitare che “le moschee vengano autorizzate<br />

solamente attraverso le valutazioni di ordine<br />

territoriale e urbanistico“. Il che rientra<br />

nella logica concordataria, confermata dalla<br />

proposta di bilanciare la cosa sul versante<br />

cattolico e tradizionalista: per essere imam,<br />

ci vorrebbe la cittadinanza italiana e il parlare<br />

italiano. Inoltre andrebbe creata una<br />

scuola islamica con insegnamento del corano<br />

in italiano. E di più formato un nuovo cittadino<br />

modellato sul pluralismo. In pratica<br />

una serie di interventi statalisti di tipo invasivo<br />

nell’esercizio delle religioni (ed inefficaci<br />

verso i fondamentalismi). Che di fronte all’aumento<br />

della percentuale di credenti musulmani,<br />

aggira il vero problema dello<br />

svolgere correttamente la funzione pubblica.<br />

Che significa favorire oggi la convivenza<br />

pluralista tra diversi secondo regole imperniate<br />

sulla libertà dell’individuo e sul suo<br />

spirito critico, al posto del conformismo pubblico<br />

politicamente corretto.<br />

Il Convegno di Todi<br />

Anche il Convegno di Todi costituisce un<br />

episodio a favore del separatismo. La CEI vi<br />

ha raccolto tutte le organizzazioni cattoliche<br />

che non stanno nel clero e che operano nel<br />

sociale. Per lavorare ad una nuova classe dirigente<br />

e nuovi leader ed avviare un soggetto<br />

culturale e sociale capace di interloquire con<br />

la politica senza più obiettivi politici di partito.<br />

La Chiesa punta ormai alla presenza nel<br />

ETICA E LAICITA’<br />

sociale e pertanto crea occasioni per riflettere<br />

sulle relazioni interpersonali e sui valori sociali<br />

ritenuti importanti. Questa maturazione<br />

individuale non solo è legittima. Può avere<br />

un effetto positivo per il clima della convivenza<br />

fino a che si resta alle riflessioni religiose<br />

che riguardano solo i comportamenti<br />

di chi le fa e di chi ne condivide le conclusioni.<br />

I problemi cominciano quando le riflessioni<br />

aspirano a fare proseliti. Allora, con la scusa<br />

della socialità, i cattolici chiusi tendono ad<br />

imporre agli altri cittadini le conclusioni del<br />

proprio credo. Ne consegue il pericolo di debordare<br />

dal campo religioso e di toccare<br />

aspetti dell’organizzazione civile. La vera<br />

questione della convivenza tra diversi non<br />

sta sulla religione, che è un diritto di ciascuno.<br />

Sta sul come si vogliono costruire le<br />

istituzioni civili. Se si vogliono sempre adeguate<br />

al promuovere la convivenza tra diversi<br />

cittadini individui od invece se si<br />

vogliono finalizzate ad imporre il conformismo<br />

comunitario di cittadini religiosamente<br />

identici.<br />

Ciò ha trovato piena conferma a Todi. Sono<br />

emersi due atteggiamenti nettamente distinti.<br />

Il primo è quello del Presidente CEI,<br />

cardinale Bagnasco: “Il principio di laicità inteso<br />

come autonomia della sfera civile e politica<br />

da quella religiosa ed ecclesiastica - ma non da<br />

quella morale - è un valore acquisito e riconosciuto<br />

dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di<br />

civiltà“. Per aggiungere: “La Chiesa non cerca<br />

privilegi, né vuole intervenire in ambiti estranei<br />

alla sua missione, ma deve poter esercitare liberamente<br />

questa sua missione“. E precisare “Se per<br />

nessuno è possibile l’assenteismo sociale, per i cristiani<br />

è un peccato di omissione“.<br />

Questo atteggiamento non preoccupa chi<br />

non si riconosce con la cultura prevalente<br />

nelle organizzazioni cattoliche. Non li preoccupa<br />

perché esprime il legittimo magistero<br />

religioso cattolico. Ma non li deve<br />

h NONCREDO h 15<br />

29


h NONCREDO h 15<br />

30<br />

ETICA E LAICITA’<br />

lasciare indifferenti, perché è possibile che vi<br />

sia chi vuol debordare dal campo religioso<br />

per operare in quello civile. E già <strong>questo</strong> conferma<br />

la necessità che, quasi in via preventiva,<br />

i cittadini fautori del principio di<br />

separazione Stato religioni si mobilitino per<br />

introdurlo nell’architettura istituzionale.<br />

Ma è il secondo atteggiamento emerso a Todi<br />

a fornire una prova dell’urgenza di sostenere<br />

il separatismo. Dopo che il Presidente<br />

CEI ha dato la linea religiosa del documento<br />

conclusivo, una parte consistente delle associazioni<br />

ha chiarito con una successiva conferenza<br />

stampa presieduta dal Segretario<br />

CISL, quale è la loro idea dell’interloquire<br />

con la politica. Approfittare di Todi, non per<br />

parlare della sfera morale, bensì per lanciare<br />

una richiesta che è squisitamente politica di<br />

partito. Si è chiesto in nome dei cattolici un<br />

governo più forte perché quello attuale è inadeguato,<br />

per evitare le elezioni anticipate e<br />

per una riforma elettorale proporzionale con<br />

le preferenze. Cose che, comunque la si<br />

pensi, attengono alle valutazioni politiche di<br />

ciascun cittadino, non alla sua religione. L’accostare<br />

Chiesa e CEI alle formule della battaglia<br />

politica quotidiana, eccitando i mass<br />

media con la parola cattolico, è l’ennesima<br />

dimostrazione che le spinte al temporalismo<br />

vengono da coloro che utilizzano le problematiche<br />

religiose per coltivare i propri privilegi<br />

terreni ed imporre a tutti il proprio<br />

credo.<br />

Todi ha confermato una necessità civica. Costruire<br />

al meglio la convivenza tra diversi per<br />

identità e per religioni, presuppone il riequilibrio<br />

della spinta dei cattolici chiusi a modellare<br />

le istituzioni sui valori religiosi. E’<br />

indispensabile impegnarsi nel far capire che<br />

la libertà di ciascuno in quanto cittadino è<br />

più protetta dalle regole istituzionali che evitino<br />

privilegi di stampo religioso per qualcuno.<br />

Ciò vale per tutti, cittadini credenti,<br />

non credenti e coloro che fanno parte del<br />

clero.<br />

Cercare tale parità rispetto ai cattolici chiusi,<br />

significa contrastare in nome della libertà la<br />

pretesa dei cattolici chiusi di avere privilegi.<br />

Di conseguenza il mondo dei sostenitori del<br />

principio di separazione Stato religioni, deve<br />

darsi una mossa. Deve agire nella carne delle<br />

relazioni civili, a sostegno delle regole di separazione<br />

Stato religioni e per irrobustire il<br />

clima politico culturale loro favorevole superando<br />

l’anomalia italiana al riguardo.<br />

La teologia sui campi di calcio<br />

di Alessia Villoi<br />

Nello scorso novembre è accaduto che la squadra di calcio del Napoli abbia vinto una partita<br />

internazionale. I principali quotidiani italiani, al riguardo, davano il resoconto dell’incontro<br />

evidenziandolo con un titolo vistoso per contenuto e caratteri tipografici che<br />

riportava la frase pronunciata dal giocatore autore della rete vincente: “Questo goal lo dedico<br />

a Dio”. Evviva! E così anche il mondo moderno torna a partecipare alla saga dei sacrifici dedicati,<br />

come ai tempi di Isacco e Ifigenia. Lo spettacolo dei tanti superstiziosi segni di croce<br />

esibiti sui campi di calcio da parte di giocatori, il cui valore sta nei loro piedi ma certo non<br />

in un titolo di studio, è di tutta evidenza ogni domenica, ma non si era mai arrivati a tanto<br />

degrado di quel valore che gli addetti ai lavori vorrebbero riconoscere alla religione in sé ed<br />

alla relativa divinità di turno. In <strong>questo</strong> teatrino mediocre e grezzo c’è tutto il divario di valori<br />

tra il mondo riferibilie al mistico renano Eckhard e quello dell’ultrasfruttato e reclamizzato<br />

istrione noto col nome d’arte di padre Pio.


I doveri dell’uomo di scienza<br />

ETICA E LAICITA’<br />

di Renato Potenza, prof. di fisica delle particelle, univ Catania<br />

Per Pitagora la realtà è costituita da numeri, per Galileo da cerchi e triangoli, per la politica da volontà e per le<br />

religioni da miti, come il loro linguaggio. Quale è la realtà etica dello scienziato?<br />

Lo “scientist” (di cui “uomo di scienza” è la<br />

corretta traduzione) ha sostanzialmente due<br />

doveri, a mio avviso:<br />

cercare verità che aumentino la conoscenza umana<br />

e scoprire come usare queste verità per massimizzare<br />

la felicità di ogni individuo vivente nell’universo,<br />

almeno di ogni individuo umano.<br />

1) Il contributo all’aumento della conoscenza<br />

Cercare verità. Ma cos’è? Credo che non ci sia<br />

miglior definizione per la verità di quella data<br />

da Bertand Russell: “La verità non è un ente:<br />

essa è solo una proprietà degli enunciati, delle<br />

proposizioni, cioè la rispondenza dell’enunciato<br />

al fatto o ai fatti che esso descrive in<br />

modo diretto o indiretto”. Le proposizioni<br />

vere vanno costruite esaminando i singoli<br />

fatti, cercando delle correlazioni costanti tra<br />

detti fatti, se ne esistono, ed assumendo che<br />

esse ci siano sempre quando quei fatti si ripresentino.<br />

Esempi? La proposizione: “Il sole<br />

sorgerà anche domani” è vera se il sole sorge<br />

veramente il giorno successivo (come ci<br />

aspettiamo). Dai fatti e dalle loro correlazioni<br />

lo “scientist” ha il dovere di trarre conclusioni<br />

più generali (ad es. il sole sorge tutti i giorni<br />

perché la terra ruota su se stessa facendo un<br />

giro completo in un giorno, ecc.), vere se confermate<br />

dai fatti stessi. E’ interessante la parola<br />

“perché” dentro il periodo in parentesi: ci<br />

dice che la seconda proposizione dà la spiegazione<br />

di quanto affermato nella prima.<br />

Questa spiegazione si basa sulle cause del<br />

sorgere del sole, non sul fine: ad es. il sole<br />

sorge perché noi non si muoia. La mia opinione<br />

è che l’uomo di scienza debba evitare<br />

come la peste le spiegazioni basate sul fine a<br />

cui un fatto si può pensare destinato: deve ritenerle<br />

pura fantasia o peggio: malafede.<br />

Deve cercare le spiegazioni dei fatti in altri<br />

fatti naturali osservabili, indipendentemente<br />

dalle sue personali credenze. Ad es. la spiegazione<br />

del fatto che le credenze religiose<br />

siano presenti in tutte le culture fin’oggi conosciute<br />

deve essere ricercata in fatti naturali<br />

(la particolare conformazione del cervello<br />

prodotta dall’evoluzione, come la psicologia<br />

cognitiva applicata all’antropologia e le neuroscienze<br />

cominciano a tentare di spiegare<br />

dall’inizio di <strong>questo</strong> secolo).<br />

Lo “scientist” ha il dovere di assumere che<br />

tutto quanto avviene nell’universo ha cause<br />

naturali che vanno ricercate e saranno trovate<br />

con una ricerca onesta e perseverante: deve<br />

considerare fantasia o illusione ogni tentativo<br />

di negare la capacità della scienza di spiegare<br />

causalmente anche uno solo dei fatti osservabili.<br />

Non per fede nella scienza, ma per non venir<br />

meno al suo dovere di ricercatore.<br />

2) Il contributo all’etica<br />

Per quanto riguarda l’etica, la mia opinione è<br />

che non spetti allo scienziato gestire le applicazioni<br />

delle nuove conoscenze acquisite, ma<br />

che un’ampia attività di ricerca vada indirizzata<br />

anche allo studio degli effetti che le diverse<br />

possibili applicazioni possono produrre<br />

e del se tali effetti contribuiscano alla massimizzazione<br />

della felicità dell’individuo entro<br />

i limiti imposti dalla massimizzazione della<br />

felicità degli altri. L’uomo di scienza ha il dovere<br />

di promuovere tali ricerche sia per ciò<br />

che riguarda il benessere materiale che quello<br />

psicologico degli esseri viventi e di rendere i<br />

h NONCREDO h 15<br />

31


h NONCREDO h 15<br />

32<br />

ETICA E LAICITA’<br />

risultati conoscibili ad un pubblico quanto<br />

più possibile vasto affinché tutti nel mondo<br />

possano prenderne coscienza quanto prima<br />

possibile.<br />

E deve opporsi a ogni divieto di fare ricerca<br />

scientifica su particolari argomenti, quali che<br />

siano i motivi addotti per tale nefandezza o le<br />

autorità che li adducono<br />

Relazioni tra scienza e altre attività umane.<br />

Lo scienziato è un uomo tra gli altri, influen-<br />

zato, come tutti, dalle mode artistiche, le<br />

scelte politiche ed etiche e le credenze religiose<br />

del suo tempo e del suo ambiente. Ma,<br />

a differenza di molti altri, egli deve cercare la<br />

verità fattuale, unico suo concreto aiuto nel<br />

compito di suggerire i modi migliori per aumentare<br />

la felicità dei viventi. Né alla politica<br />

né alla religione, che dichiarano di possedere<br />

la “verità” attraverso l’ideologia o la fede,<br />

dovrà permettere di distoglierlo da detto<br />

compito.<br />

Il realismo di Eraclito e l’assolutismo di Parmenide<br />

IL RELATIVISMO NACQUE PRIMA DI QUALSIASI RELIGIONE<br />

La frase di Eraclito “Nello stesso fiume non è possibile entrare due volte” fa stare dalla sua parte<br />

ove nulla pretende d’essere vero in sé. Il divenire rende impossibile un’identità precostituita,<br />

fissata in una definizione astratta, univoca. Noi non riusciamo a dare una definizione<br />

chiara e distinta neppure di noi stessi, essendo il nostro pensiero soggetto ai mutamenti<br />

delle circostanze: perché mai dovremmo essere così schematici nei confronti della realtà?<br />

L’universo ci sovrasta infinitamente. Non è cosa che possa essere “interpretata” più di<br />

quanto non possa essere semplicemente “contemplata”. “Il mondo di fronte a noi - il medesimo<br />

per tutti i mondi - (diceva Eraclito) non lo fece nessuno degli dèi né degli uomini, ma fu sempre, ed<br />

è, e sarà fuoco sempre vivente, che divampa secondo misure e si spegne secondo misure“. Da <strong>questo</strong><br />

semplice aforisma si può facilmente capire che Eraclito aveva ereditato l’ateismo spontaneo,<br />

ingenuo, antecedente a qualunque speculazione filosofica e religiosa: l’ateismo e il naturalismo<br />

dell’uomo primordiale, che si sentiva integrato nel cosmo in maniera naturale,<br />

senza dover compiere “viaggi spaziali”, né con la mente né con la tecnologia.<br />

Il primo filosofo che ha reso autoritario, esclusivista e in fondo razzista tutto il pensiero europeo<br />

è stato Parmenide, il nemico n. 1 di Eraclito, quello secondo cui l’identità rende impossibile<br />

il divenire. Eraclito fu accusato d’essere indifferente alla verità, perché col suo<br />

relativismo rendeva tutto possibile. E, così dicendo, si è fatta della verità un qualcosa di<br />

fisso, di dogmatico, quando invece l’unica cosa certa che abbiamo a disposizione è proprio<br />

il divenire dell’essere umano, la formazione progressiva del suo essere.<br />

“Dato che tutto diviene, nulla è“, diceva con grandissimo acume Eraclito, ponendo in essere<br />

il compito di valorizzare la differenza, cioè quanto ci appare di diverso rispetto alla nostra<br />

identità. L’identità non è data da se stessa - come invece sostengono i credenti, i fanatici, gli<br />

ideologi - ma è data dal suo rapporto con la differenza. Per poter “essere” bisogna prima<br />

mettersi in rapporto a qualcosa, a qualcuno.<br />

La filosofia di Eraclito, che risultò sconfitta nella storia, era a favore del pluralismo, pur essendo<br />

egli un aristocratico di estrazione sociale. Quella parmenidea invece, col suo famoso<br />

principio: “l’essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere”, è la filosofia della<br />

presunzione, dell’intolleranza.


Per sapere cosa ho detto, dovrei sapere che<br />

cosa è dio, ma davve ro non lo so. Nessuno lo<br />

sa. L’idea di dio è irrappresentabile. Si intelligis,<br />

non est Deus: se ti sembra di capirlo, non<br />

è dio. E dunque nessuno, quando dice “io<br />

credo in Dio”, sa che cosa sta dicendo. In realtà,<br />

se chiedete a quelli che dicono senza imbarazzo<br />

“io credo in Dio”, loro qual che cosa<br />

su dio ve la diranno. Gli attribuiranno delle<br />

qualità: l’essere perfettissimo, onnipotente,<br />

onnisciente, infinitamente buono, ecc. Di<br />

certo questi attributi contribuiranno a distingue<br />

re dio da qualsiasi cosa o persona di cui<br />

abbiamo esperienza: niente è così. Però sapere<br />

che dio non è niente che noi conosciamo<br />

non basta per sapere che cosa potrebbe essere<br />

dio; anzi.<br />

Sappiamo che cosa significa “dio”?<br />

Non per caso, la maggior parte degli attributi<br />

di dio sono in comprensibili. Posso dire che è<br />

eterno, ma non so cosa signifi chi. Come si fa<br />

a capire che cosa significhi esistere da sempre?<br />

Meno ci si prova, e più sembra facile;<br />

ma se ci si con centra un momento, e si prova<br />

a immaginare un tempo infinito, ci si accorge<br />

che l’eternità non si lascia conce pire. E nemmeno<br />

l’esistere di qualcosa che non è mai<br />

stato causato da nulla. Niente di ciò che conosciamo<br />

si mostra eterno e incausato,<br />

quindi dire che dio lo è significa dire che dio<br />

non è come le altre cose che esistono.<br />

Posso dire che dio è onnipotente, ma se ci<br />

penso tre minuti mi accorgo che non so cosa<br />

significhi: un essere onnipotente ha potere<br />

sul passato? Può far sì che non sia mai avve-<br />

Automatismi vs consapevolezza<br />

RELIGIONI<br />

Credere in dio è un concetto o una frase?<br />

di Edoardo Lombardi Vallauri, prof. di Linguistica università Roma Tre<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Proverò a dire che credo che esiste dio: Io credo che esiste Dio.<br />

Che cosa ho detto? A ben guardare, non lo so.<br />

nuto un evento, quando è già avvenuto? E ha<br />

potere sulla logica? Può far sì che A sia non-<br />

A? E sulla matematica? Può far sì che 2 + 2<br />

non faccia 4?<br />

Posso dire che dio è uno e trino, ma non so<br />

che co sa voglia dire. Non banalmente che sia<br />

divisi bile in tre parti, ma che ciascuna parte<br />

coincide senza residui con il tutto! Questo è<br />

così assurdo da essere inconcepibile all’uomo.<br />

E’ facilissimo dirlo, cioè è facilissimo<br />

usare i polmoni, la bocca e la lingua per pronunciare<br />

i suoni: dioèunoetrino, ed è impossibile<br />

sapere che cosa signi fichi.<br />

E’ vero che sappiamo pronunciare parole<br />

come eterno, onnipotente, infinitamente buono,<br />

trinità; ma poi non sappiamo che cosa significhino.<br />

Il fatto che i meccanismi della lingua<br />

permet tano di creare queste parole non deve<br />

trarci in inganno: non è affatto detto che esse<br />

debbano avere un significato comprensibi le.<br />

Nelle lingue si possono creare parole a piacere.<br />

Il permesso di creare una parola non<br />

viene dal fatto che essa abbia davvero un<br />

senso compiuto, né dal fatto che esista davvero<br />

ciò che quella parola significa e descrive.<br />

La parola viene creata, e ba sta. E’<br />

successo con kryptonite, basilisco, Giunone,<br />

Sandokan, i marziani, le convergenze parallele, e<br />

innumerevoli altre. Rispetto ai nomi, con gli<br />

aggettivi e i verbi è più difficile accorgersi<br />

che non esiste un correlato oggettivo della<br />

paro la, ma certamente ci sono aggettivi e<br />

verbi il cui significato è misterioso. Molti di<br />

questi, appunto, esistono nella lingua solo<br />

perché sono stati coniati per parlare di dio o<br />

di cose simili.<br />

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33


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34<br />

RELIGIONI<br />

Sappiamo che cosa significa “credere”?<br />

Uno degli esempi migliori è proprio il verbo<br />

credere. Se u sato nel suo senso banale, significa<br />

più o meno “ritenere qualcosa probabile,<br />

verosimile, ma nient’affatto certo, di solito<br />

perché se ne hanno informazioni insufficienti”.<br />

Per esempio: credo che domani pioverà.<br />

Invece quando il verbo è usato per le “verità<br />

di fede”, la convinzione di chi lo adopera è<br />

piuttosto che credere abbia il senso di “essere<br />

certi”. Eppure queste “verità” sono cose di<br />

cui non sappiamo niente. La nostra certezza<br />

non è come quella che di solito si chiama<br />

così. Io ho certezza che se fornisco calore a<br />

un oggetto la sua temperatura salirà; ho certezza<br />

che, avendo definito i nu meri naturali<br />

e le operazioni aritmetiche, 2 più 2 fa 4; e ho<br />

cer tezza che se lascio andare un’incudine che<br />

si trova sulla verti cale del piede di Carlo,<br />

Carlo soffrirà. Su <strong>questo</strong> tipo di cer tezze, a<br />

fondamento empirico e razionale, esigiamo<br />

che si basino le decisioni più accurate che<br />

prendiamo. Per esempio, i verdetti processuali,<br />

oppure la scelta di pagare la prestazione<br />

di uno specialista o di un fornitore di<br />

servizi. Non prenderemmo mai decisioni del<br />

genere sulla base di “certezze” fondate in<br />

maniera vaga e indefinibile come quella certezza,<br />

chiamata “fede” o “credere”, che pure<br />

professiamo riguardo a dio, all’inferno, al<br />

paradiso, al diavolo, alla transustanziazio ne,<br />

e simili. Storicamente, le cose sono cambiate.<br />

Un tempo si condannavano uomini basandosi<br />

su <strong>questo</strong> genere di certezze, e i giudizi<br />

di dio avevano valore di prova. Oggi abbiamo<br />

messo a fuo co (nel senso buono) che si<br />

tratta di certezze di generi diversi, non confrontabili.<br />

Che tipo di certezza abbiamo del<br />

fatto che l’ostia durante la consacrazione diventi<br />

il corpo di Cristo? Neanche sap piamo<br />

in che senso lo diventi, perché una cosa sola<br />

è chiara: non lo diventa nel comune senso del<br />

verbo diventare. Né con corpo di Cristo si intende<br />

ciò che di solito si intende con corpo di<br />

Ti zio, o corpo di Caio. In realtà, nessuno sa che<br />

cosa si intenda in <strong>questo</strong> caso con la parola<br />

corpo.<br />

Riassumendo, benché il verbo usato sia credere,<br />

quando si dice credo in Dio, nella vita<br />

eterna, nella transustanziazione si ritiene di<br />

esprimere un qualche tipo di certezza. Ma<br />

sono cose per le quali la certezza vera e propria<br />

è fuori luo go, e che giustificano piuttosto<br />

verbi come sperare, ipotizzare, preferire, scommettere.<br />

Non si può dire con precisione che<br />

cosa il verbo credere significhi quando diciamo<br />

“credo in Dio”, anche perché il suo senso<br />

cambia da momento a momento per la stessa<br />

persona. In certi momenti sarà più vicino a<br />

una sensazione di evidenza, in altri a una speranza,<br />

in altri lambirà la sfiducia, in altri ancora<br />

uno slancio vo lenteroso, quasi un<br />

impegno, e così via.<br />

Insomma, per la parola credere quasi quanto<br />

per la parola dio, la verità è che quando la sentiamo<br />

pronunciare da qualcuno non possiamo<br />

sapere che cosa egli intenda, perché noi non<br />

sappia mo esattamente che cosa intendiamo<br />

quando la usiamo. E neanche lui.<br />

Vaghezza e retorica<br />

L’uso di termini dal senso vago o addirittura<br />

non identificabile è un procedimento retorico,<br />

che crea l’impressione di tro varsi di fronte a<br />

del significato, quando di significato in realtà<br />

ce n’è pochissimo. Di <strong>questo</strong> procedimento<br />

non bisogne rebbe abusare, se si preferisce la<br />

verità alla menzogna e alla mistificazione.<br />

Ma ammettiamo pure che ciascuno abbia una<br />

vaga idea, o per lo meno delle sensa zioni, associate<br />

alla frase io credo che esiste Dio. Data<br />

l’estrema vaghezza di queste sensazioni, in<br />

pratica non è possibile con frontarle in maniera<br />

accurata con quelle degli altri. E forse è<br />

per <strong>questo</strong> che di fatto nessuno ci tiene a confrontarle.<br />

Chissà quante volte vi hanno chiesto:<br />

tu credi in Dio?. Su tutte quelle in cui avete<br />

risposto sì, quante volte vi è stato chiesto: e che<br />

cosa intendi con Dio?. Oppure: e cosa intendi con<br />

“credere”?. Tipicamente chi ha fatto la domanda<br />

si accontenta che rispondiate sì, e non<br />

gli interessa se con Dio e credere intendete<br />

qualcosa di simile a ciò che inten de lui, o no.


Perché il contenuto non interessa<br />

Questo atteggiamento così diffuso ha una<br />

causa precisa. Che cosa è accaduto quando<br />

io ho detto credo che esiste Dio, se ciò che ho<br />

detto non ha un preciso significato? Anche io<br />

non ho nessuna garanzia che il mio prossimo<br />

quando dice credo in Dio intenda qualcosa<br />

che somiglia a ciò che intendo io. Dunque,<br />

ciò che accomuna tutti coloro che dicono<br />

credo in Dio non è tanto il contenuto di ciò che<br />

dicono, ma la forma. La forma sì. Quella sì<br />

che è simile. E ha un altro vantaggio: è perfettamente<br />

osservabile, sta sotto gli occhi e<br />

nelle orecchie di tutti.<br />

Ecco perché, quando rispondiamo di sì, vediamo<br />

l’altro completamente appagato. In realtà<br />

non vuole sapere che cosa chiamiamo<br />

“dio”, né di che natura sia realmente la nostra<br />

adesione a quell’idea: gli ba sta sapere<br />

che noi pronunciamo la frase. Appena la pronunciamo<br />

la riconosce, sa che è la stessa frase<br />

che pronuncia lui, evita di chiedersi (o di<br />

chiederci) se ha lo stesso significato, e va via<br />

contento annoverandoci fra quelli come lui. Questo<br />

è il punto. Questa è la risposta alla domanda<br />

Che cosa è accaduto quando ho detto che<br />

credo in Dio?. E’ accaduto che ho fatto una dichiara<br />

zione di appartenenza. Del tutto indipendentemente<br />

dal significa to che in quel<br />

momento possono assumere dentro di me<br />

quelle paro le, un risultato è conseguito con<br />

certezza: io mi sono collocato fra coloro che pronunciano<br />

quella frase. Non sono di quelli che<br />

dicono: “io non credo in dio”, e nemmeno di<br />

quelli che dicono “io credo in Allah e nel paradiso<br />

delle vergini Uri”, né di quelli che dicono<br />

“credo in Kalì e nella reincarnazione”.<br />

Sono an ch’io di quelli che “credono in Dio”.<br />

Sono della stessa squadra. Questo è proprio<br />

certo, nel senso vero e forte del termine, come<br />

il dolore di Carlo al cadere dell’incudine sul<br />

suo piede.<br />

Dire tutti la stessa frase<br />

E que sto interessa alla maggior parte di coloro<br />

che dicono “io credo in Dio”. E’ un modo<br />

RELIGIONI<br />

per dichiarare a che gruppo si appartiene,<br />

per sentirsi parte di un insieme numeroso e<br />

orga nizzato di persone. E consente di sentirsi<br />

giusti in maniera automatica. Più angoscioso<br />

è riconoscerci unici, e quindi soli, nella nostra<br />

irrimediabile e meravigliosa diversità da ogni<br />

altro esse re umano. Se riconoscessimo che il<br />

contenuto e il modo del no stro credere non è<br />

davvero confrontabile con ciò che dicono gli<br />

altri, saremmo costretti a riesaminarlo, a cercare<br />

incessantemen te di verificare se ciò che<br />

crediamo ha delle valide giustifica zioni, se va<br />

migliorato, se è vero o no.<br />

E’ più comodo, ma non è buono (e non è<br />

nemmeno evangelico) il sostanziale disinteresse<br />

alla verità, per quanto complessa sia. La<br />

tendenza a ripor re la propria giustificazione<br />

nell’appartenenza a un gruppo diventa un<br />

modo per non cercare dentro di sé le ragioni<br />

delle cose che crediamo e che sce gliamo. Pronunciando<br />

la scorza di frasi vuote ci si procura<br />

l’appartenenza. Sono come parole<br />

d’ordine, di cui non conta il significato, ma<br />

solo pronunciarle correttamente e al momento<br />

giusto, per circondarsi idealmente di<br />

tutti gli altri che “credono” le stesse “cose”<br />

che “cre diamo” noi. Appagati, protetti dai<br />

morsi della realtà, si può smettere di domandarci<br />

che cosa crediamo sul serio, che cosa sul<br />

serio credono gli altri, e che cosa, poi, sia<br />

vero.<br />

Il criterio corrente per identificare un cristiano<br />

E’ sorprendente quanto il pronunciare quella<br />

frase sia considerato da tutti il vero criterio<br />

per sapere se una persona è cristiana. Da<br />

quando esiste il cristianesimo, l’insieme dei<br />

cristiani è sempre stato individuato nell’insieme<br />

di quelli che dicono io credo nel dio di<br />

Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo, e<br />

non nell’insieme di quelli la cui vita somiglia<br />

alla vita di Gesù. Molti che non somigliano a<br />

Gesù sono considerati cristiani perché dicono<br />

in pubblico quella frase. E molti che somigliano<br />

a Gesù non sono cristiani perché<br />

quella frase non la pronunciano.<br />

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36<br />

RELIGIONI<br />

non so<br />

cosa è “Dio”<br />

non so che tipo<br />

di conoscenza<br />

della verità è<br />

“credere”<br />

mi sono<br />

posizionato fra<br />

coloro che<br />

pronunciano la<br />

frase: credo che<br />

esiste Dio<br />

so<br />

cosa è “Dio”<br />

ho deo qualcosa<br />

ma non so cosa<br />

né su cosa<br />

dico:<br />

credo che esiste Dio<br />

non so<br />

cosa è “Dio”<br />

so che tipo<br />

di conoscenza<br />

della verità è<br />

“credere”<br />

ho deo qualcosa<br />

su come secondo<br />

me è fao il mondo<br />

so<br />

cosa è “Dio”


Analisi delle componenti delle credenze<br />

RELIGIONI<br />

Materialismo e spiritualismo nelle religioni<br />

Tipi di religione.<br />

Per quanto non ci sia religione che non rivendichi<br />

consistenza spirituale al proprio divino,<br />

nel senso di immaterialità, da un punto<br />

di vista gnoseologico a leggere attentamente<br />

i vari testi sacri e le dottrine che ne derivano<br />

si costata un discrimine netto. Vi è il monoteismo<br />

che include fini materiali, sociologici<br />

e politici, vi è l’ascetismo orientale che richiede<br />

invece la rinuncia ad essi, considerati<br />

corruttivi della liberazione dalla materia. È<br />

ben vero che nella dialettica religiosa nel<br />

corso del tempo appaiono o scompaiono, si<br />

radicano o sfumano, tendenze secondarie<br />

che si oppongono alle linee dottrinarie principali;<br />

resta il fatto che è possibile suddividere<br />

le dottrine religiose in tre gruppi. 1°,<br />

religioni dove il divino crea la materia, la ordina,<br />

ne dispone e fonda un potere religioso su<br />

base umana; 2°, religioni dove il divino prescinde<br />

dalla materia; 3°, religioni che in qualche<br />

modo identificano il divino con la<br />

natura. Siccome in tutti e tre i tipi il divino è<br />

intelligenza assoluta, ciò che li distingue è l’attributo<br />

della potenza infinita, assiomatico nel<br />

1° tipo, assente nel 2° e nel 3°.<br />

Creazione.<br />

Si tratta ora di interpretare correttamente il<br />

concetto di potenza infinita o onnipotenza.<br />

L’espressione indica una capacità creativa e<br />

trasformativa che si traduce in un “fare”<br />

come attuazione fenomenica di un sapere/potere.<br />

Ma, l’esito del “fare”, il “fatto”,<br />

di Carlo Tamagnone, filosofo<br />

si qualifica come costituito di materia, non di<br />

spirito, essendo l’universo materia e materia<br />

vegetali ed animali. Anche spermatozoi e<br />

uova sono materia; di anima spirituale non<br />

c’è traccia, c’è solo soffio vivificante “alla<br />

greca”. Il fatto di creare materia e affidare<br />

alla materia stessa il compito di riprodursi significa<br />

che essa è “propria” di dio e non<br />

estranea ad esso. Il dio della Bibbia vorrebbe<br />

essere spirito, ma include la materia come<br />

“sua” espressione. Vedendo poi nel cristianesimo<br />

la materia come il regno dal male, si<br />

dimentica che il male stesso (l’angelo ribelle)<br />

è creatura di dio e ne dipende quale selettore<br />

della fede umana. Se Dio ha creato la materia,<br />

e già il paradiso terrestre era materia, ciò<br />

significa che essa deve inerirlo. Il fatto stesso<br />

che nell’escatologia monoteista l’assunzione<br />

in paradiso implichi il recupero del corpo, significa<br />

che la beatitudine divina vede l’anima<br />

del beato unita ad una materia. Dunque, siccome<br />

il paradiso deve contenere corpi, esso<br />

ha caratteri di materialità.<br />

Monoteismi materialistici.<br />

Su tale punto nasce il discrimine tra i monoteismi<br />

e i panenteismi. Ricordo che panteismo<br />

significa dio-nel-tutto e panenteismo<br />

tutto-in-dio; nel primo caso dio è nel mondo, nel<br />

secondo caso il mondo va a dio e l’uomo ha il<br />

compito di condurcelo (o riportarcelo). Perciò<br />

il panteismo stoico è materialistico mentre<br />

il panenteismo di Plotino è spiritualistico<br />

e anche quello di Spinoza (nell’Etica: dio =<br />

pensiero). Anche ad una superficiale lettura<br />

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38<br />

RELIGIONI<br />

del testo-chiave dei monoteismi, il Pentateuco,<br />

ci si accorge subito che le tre principali<br />

categorie dell’agire divino sono: a) comandi e<br />

b) investiture, a cui l’uomo risponde con l’ubbidienza,<br />

controparte attiva dell’investituraelezione.<br />

L’adempimento ai comandi concerne:<br />

1°, movimenti spaziali (trasferimenti e connessi,<br />

raggiungimento di luoghi, costruzione<br />

d’altari, sacrifici, ecc.). Il 2° tipo di adempimenti<br />

consta nella conquista e nell’assoggettamento<br />

degli adoratori di dèi-falsi. Gli eletti<br />

“devono” dunque dominare il mondo materiale<br />

e gestirlo in nome del dio-vero, impegnandosi<br />

ad assoggettare i credenti negli<br />

dèi-falsi sino alla vittoria finale. Vittoria che<br />

dio stesso favorirà con operazioni di tipo<br />

“materiale” (aprire un varco nel mare, fermare<br />

il sole, ecc.). Dominio sul mondo innome-di-dio:<br />

questa l’alleanza divino-umano.<br />

Panenteismi spiritualistici.<br />

Tra le religioni del 2° tipo possiamo citare il<br />

Vedànta indiano, nei termini posti da Gaudapàda<br />

e poi da Shankara nell’VIII sec. Il vedàntismo<br />

vede il divino come spirito assoluto<br />

avente in sé fusi il Brahman vedico (principio<br />

cosmico) e l’Àtman upanishadico (anima<br />

del mondo). La materia non esiste e solo appare<br />

ad opera della Maya, l’illusione ingannatrice.<br />

Essa fa apparire il mondo materiale da<br />

cui il fedele deve liberarsi. Nel janinismo l’obbiettivo<br />

ascetico è raggiunto mortificando le<br />

proprie esigenze materiali, sicché il digiuno<br />

e la castità sono mezzi consigliati, ma soprattutto<br />

va praticata la non-violenza<br />

(l’ahimsà) e il rispetto della vita in ogni sua<br />

forma. Anche nel buddhismo la liberazione<br />

dalla materia è il fine primario, riconoscere<br />

l’illusione mondana, mortificare il proprio io<br />

e annullarlo, significa smaterializzarsi e conseguire<br />

l’illuminazione per arrivare al nirvana.<br />

Natura-Spirito.<br />

Religione del 3° tipo è il Taoismo, che vede<br />

in una natura spiritualizzata, il Dao, una realtà<br />

primaria increata che ritorna sempre a se<br />

stessa, ma che presenta una dualizzazione<br />

tra i principi maschile (Yang) e femminile<br />

(Yin) per unione dei quali deriva la moltitudine<br />

dei suoi aspetti differenziati costituenti<br />

la natura. Tutta questa differenziazione però<br />

ritorna ciclicamente nell’unità primaria del<br />

Dao in attesa della prossima differenziazione.<br />

Siccome il dao come forza cosmica originaria<br />

e la natura come sua espressione sono<br />

armonia, il fine del fedele è sintonizzarsi con<br />

tale armonia e viverla in sé. Per conseguire<br />

ciò è fondamentale praticare il wu-wei,<br />

l’astensione dal danneggiare in alcun modo<br />

tale armonia cosmica, rispettandone ogni<br />

suo minimo aspetto. In termini etici, praticare<br />

il wu-wei significa integrarsi con la natura,<br />

stare lontani da ogni forma di potere<br />

politico, praticare la modestia, la mitezza,<br />

l’altruismo e la tolleranza.<br />

Il potere.<br />

Per quanto scarni, dagli elementi visti ciò che<br />

emerge è la violenza insita nel messaggio biblico,<br />

che concede all’uomo il dominio sul<br />

mondo e la sua gestione a piacere (Genesi, I,<br />

26-30). Non basta, dio “ordina” agli eletti di<br />

assoggettare e sterminare i nemici che credono<br />

in falsi-dèi (Deuteronomio, 20, 10-18). Il<br />

principio politico che il fine (il trionfo della<br />

volontà divina) giustifica i mezzi (la violenza)<br />

ha caratterizzato dal più al meno i monoteismi.<br />

In definitiva la volontà divina affida al<br />

fedele il potere di imporre la sua volontà non<br />

sulle anime, bensì sui corpi. In tutto il Pentateuco<br />

(opera di Mosè?) non c’è traccia del<br />

concetto di anima spirituale ma tutto è corpo,


assoggettamento di corpi, sacrificio di corpi,<br />

utilizzazione di ogni elemento materiale in<br />

nome del crescete e moltiplicatevi per dominare<br />

il mondo. Un’incitazione alla violenza sul<br />

mondo che è prodromica al suo sfruttamento<br />

al limite della distruzione. Nulla di tutto<br />

<strong>questo</strong> negli spiritualismi panenteistici orientali.<br />

Con ciò non intendo affatto sostenere<br />

che il monoteismo sia sempre materialista e<br />

violento, intendo dire che esso è costitutivamente<br />

materialista e violento.<br />

Materialismo e rozzezza.<br />

Se noi leggiamo prima la Bibbia e poi andiamo<br />

a leggere le Upanishad già noteremo<br />

un abisso nel modo in cui sono visti il mondo<br />

e l’uomo. In esse non c’è nessuna divinità che<br />

comandi azioni di sopraffazione per conseguire<br />

dominio sui corpi, ma esclusivamente<br />

ascesi personale verso il divino annullando<br />

il proprio corpo. Se poi si passa al Tao-Te-<br />

ERRATA-CORRIGE<br />

RELIGIONI<br />

Ching ci si troverà di fronte a un libro sacro<br />

pervaso di spiritualità e di principi etici opposti<br />

a quelli biblici. In questi si dà potere e<br />

si giustifica la violenza, nel Tao-Te-Ching si<br />

esalta la mitezza e il rispetto di una natura<br />

divina e perfetta, quindi da non violare. Vi è<br />

poi l’aspetto narrativo; anche gli spiritualismi<br />

panenteistici “narrano” ma in termini<br />

differenti. Non la storia di una creazione e<br />

l’investitura dell’uomo come re del creato,<br />

ma un farsi dell’armonia cosmica, dove il<br />

male sta nella violenza su di essa mentre per<br />

i monoteismi il male sta nel far peccato. La<br />

narrazione biblica è scansione temporale di<br />

fatti materiali: la creazione in sei giorni, la<br />

donna fatta con un pezzo dell’uomo, la mela<br />

e il serpente, la cacciata. Tutta la narrazione<br />

biblica è fatta di rozzezze materialistiche,<br />

mentre la letteratura dei panenteismi orientali<br />

implica la liberazione dalla materia e<br />

l’ascesa allo spirito.<br />

Ci spiace che un cambio di logistica editoriale abbia provocato involontariamente delle<br />

imprecisioni nel volume n.14. Scusandocene, preghiamo i lettori di voler tener conto delle<br />

seguenti correzioni:<br />

Pag. 223 la frase alla sommità della pagina va seguita dalla firma “B.Obama”<br />

Pag. 224 il cognome Carcano va preceduto dalla iniziale R.<br />

Pag. 232 nella qualifica dell’autore va eliminata la virgola<br />

Pag. 255 la frase tra parentesi nel titolo va letta “sinite parvulos”<br />

Pag. 314 la frase “Caro Papà...” deve essere letta “Caro Papa...”<br />

h NONCREDO h 15<br />

39


h NONCREDO h 15<br />

40<br />

RELIGIONI<br />

Equivocità delle parole<br />

Laicità o laicismo?<br />

di Carlo Tamagnone, filosofo<br />

Il linguaggio filosofico pullula di ambiguità terminologiche, non meno quello sociologico e più ancora<br />

quello corrente. Le parole assumono significato esclusivamente in riferimento a un contesto<br />

d’origine, qualche volta a una nicchia di significazioni prive di senso al di fuori. Noi anneghiamo<br />

nelle parole e nello stesso tempo senza parole non ci sono significati. Questa premessa riguarda<br />

anche una distinzione non sempre còlta tra laicità e laicismo e quindi tra laico e laicista.<br />

La laicità è religiosa.<br />

Chiariamo una volta per tutte l’origine dell’aggettivo laicus e il derivato laicitas. Il primo s’afferma<br />

nella prima metà del XIII secolo per distinguere il non-consacrato dal sacro, e nasce dal greco attico<br />

laόs (= popolo), da cui laikόs (= del popolo) e da cui laicum (= popolano) 1 . Nella messa l’officiante è<br />

consacrato, il fedele che assiste no. L’iconostasi delle basiliche protocristiane divideva “realmente” i<br />

chierici dai fedeli, il sacerdotale dal laico, il primo accessibile solo ai preti. Il laico è dunque il fedele<br />

che partecipa al rito ma (non avendo preso i voti di castità, povertà e obbedienza) non possiede la<br />

sacralità per accedere all’area sacra e deve starne aldiquà.<br />

La noncredenza è laicismo.<br />

Essendo le parole laico e laicità religiose non si devono usare per ciò che religioso non è. Qualificare<br />

laico un noncredente a qualsiasi indirizzo appartenga (ateo, agnostico, scettico, miscredente ed anche<br />

semplicemente incredulo 2 ) è grave errore semantico. Come mai si fa questa confusione a cui spesso<br />

i noncredenti stessi concorrono con l’uso improprio dei termini? Penso che la ragione principale stia<br />

nel fatto che è invalsa una certa diffidenza nei confronti degli –ismi, diffidenza nata proprio in ambito<br />

religioso per indicare l’antireligioso: Illuminismo, Comunismo, Agnosticismo, Laicismo, ecc. Subliminalmente<br />

ciò è assorbito da molti noncredenti che non amano definirsi laicisti pensando che<br />

l’aggettivo laici sia più soft, senza riflettere sul fatto che significa tutt’altra cosa. Gli –ismi sono noncristiani,<br />

infatti si dice Cristianesimo, Protestantesimo e Cattolicesimo ed invece Buddhismo, Induismo,<br />

Islamismo.<br />

Il laicismo come libertà dal divino.<br />

Laicismo è libertà metafisica. Il metafisico è oltre-il-fisico, ne è origine e fondamento, crea il fisico come<br />

propria apparenza (Platone), sua modificazione (Spinoza), impermanenza (Buddha). Il fisico è l’inconsistente,<br />

l’insostanziale, l’ingannevole. Secondo i metafisici del fisico bisogna liberarsene per ascendere<br />

al reale, al sostanziale, allo stabile (anzi eterno), al “vero”. Che <strong>questo</strong> reale-sostanziale-vero si<br />

chiami Dio, Essere, Lόgos, Assoluto, Dharma non fa differenza. L’alternativa laicità/laicismo è quella<br />

metafisico/fisico dove il laico “dipende” dal metafisico-divino e il laicista no. Ma attenzione! Anti-metafisico<br />

non significa necessariamente materialista! Gli Stoici erano materialisti, ma credevano nel<br />

Dio-Lόgos. Si può essere anti-metafisici ed ammettere l’extra-fisico, pensando per esempio che la<br />

poesia dell’ateo Leopardi non sia fatta da inchiostro e carta, ma da “qualcos’altro”.<br />

1 De Mauro, Dizionario della lingua italiana, Torino, Paravia 2000, p.1332.<br />

2 Si veda: Noncredo, n° 1, settembre/ottobre 2009, pp.12-13.


RELIGIONI<br />

Un chiarimento culturale e una rispettosa risposta a Ratzinger<br />

________________________________________________________________________________________<br />

La scienza e la filosofia moderna stanno cambiando il mondo: sempre meno metafisica, sempre più concretezza<br />

e con quest’ultima sempre maggior responsabilità umana nelle cose. Questa che segue è un’escursione rapida nei<br />

cambiamenti pratici e teorici del ‘900 con attenzione verso le “punte” dell’impegno intellettuale. Lo scritto si<br />

conclude con il confronto fra relativismo moderno e chiesa romana.<br />

Il relativismo moderno<br />

non nasce<br />

da teorie, ma da<br />

fatti. La scienza,<br />

da fine ‘800, ha<br />

dimostrato che<br />

non possono esistere<br />

certezze. E’<br />

uno smacco per coloro che, a partire dagli Illuministi,<br />

hanno creduto di poter sostituire<br />

l’idolo religioso con quello scientifico, di<br />

poter eliminare la credenza metafisica con<br />

l’oggettività, ponendo la seconda sullo stesso<br />

piano psicologico della prima. Le ricerche<br />

scientifiche, sollecitate dal nuovo mondo industriale,<br />

condussero a risultati inaspettati.<br />

Sintetizzando al massimo, determinante per<br />

la visione del mondo fu la figura di Planck<br />

che, con la sua “meccanica quantistica” (ripresa<br />

da Bohr, da Einstein e da altri), dimostrò<br />

l’impossibilità di prevedere le mosse del<br />

mondo subatomico e quindi anche quello del<br />

mondo normale, dipendente dal primo. Seguirono<br />

due fenomeni sconcertanti, entro la<br />

prima metà del ‘900: quello che si riferisce al<br />

principio d’indeterminazione di Heisenberg<br />

e quello sull’incompletezza delle teorie matematiche<br />

di Goedel. Sono due fenomeni verificabili<br />

all’interno di un sistema e quindi,<br />

correttamente, non esportabili, ma la loro<br />

suggestione filosofica fu incontenibile e<br />

portò, col tempo, a demolire ogni forma di<br />

Il relativismo moderno<br />

di Dario Lodi, saggista<br />

determinismo.<br />

Una nuova accademia<br />

La ricerca coraggiosa, tesa non a contestare<br />

il passato, ma a correggerlo per migliorarlo<br />

(salvo, poi, travolgerlo), favorì il pensiero coraggioso.<br />

Entrano in gioco i filosofi. Una<br />

linea ideale, per il tentativo di chiarificazione<br />

del nostro tema, parte da Husserl che raccomanda<br />

la sospensione del giudizio, dell’opinione<br />

(epochè), suggerendo approfondimenti<br />

instancabili della realtà; continua con Heidegger,<br />

il quale tenta di nobilitare la vecchia posizione<br />

romantica consistente nella<br />

valorizzazione intera dell’uomo e non di una<br />

sua parte, così come era in atto nel mondo industriale:<br />

questa nobilitazione logicizzata<br />

consentirebbe all’uomo di andare oltre se<br />

stesso per ritrovare se stesso, quello autentico<br />

(c’è non poca fenomenologia dello spirito<br />

di Hegel in Heidegger, ma senza<br />

idealismo, bensì con intenti di concretezza);<br />

prosegue con Wittgenstein, un maestro di logica<br />

che ebbe la forza di contestarla, perché<br />

sovrastimata la sua classicità. Wittgenstein,<br />

in buona sostanza, vuole arrivare ad una logica<br />

più impegnata, più libera da qualsivoglia<br />

costrizione convenzionale. A <strong>questo</strong><br />

punto, è indispensabile recuperare un pioniere.<br />

Max Scheler.<br />

Qualche decennio prima, Scheler diceva che<br />

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41


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42<br />

RELIGIONI<br />

la conoscenza umana attuale era frutto di<br />

luoghi comuni, di pigrizia e di individualismo.<br />

Per dimostrarlo, citava una favola indiana.<br />

Eccola in due parole: Ad un gruppo di<br />

ciechi venne chiesto di descrivere l’elefante<br />

che era stato portato lì. I ciechi presero a toccarlo<br />

e in base alle sensazioni provate, ciascuno<br />

descrisse l’animale. Non ne venne una<br />

visione comune. Scheler commenta: se prima<br />

di descrivere l’animale, i ciechi si fossero consultati<br />

e avessero condiviso le loro opinioni,<br />

probabilmente la resa finale sarebbe stata più<br />

vicina alla realtà. Scheler è benemerito anche<br />

per la teoria per cui l’uomo non agisce solo<br />

con immantinenza, ma le sue azioni rispondono<br />

anche a spinte ontologiche (proprie<br />

dell’essere archetipico). Tutte queste cose sfociano,<br />

poi, nel pensiero debole del nostro<br />

Vattimo (con lieve richiamo a Kant), concepito<br />

per sollecitare il pensiero a rafforzarsi<br />

non per condannarlo alla debolezza: Vattimo,<br />

sfiduciato dalla grossolanità del<br />

mondo materialista, ben lontano dalla filosofia<br />

e pericolosamente irresponsabile, con<br />

un futuro in forte odore di decadenza, avrà,<br />

lui marxista, una notevole virata a favore<br />

della trascendenza cristiana; ma questa virata<br />

è testimonianza di una perplessità intellettuale,<br />

di sfiducia nei confronti<br />

dell’intelligenza umana è quasi un gesto rabbioso,<br />

apotropaico, non una incoerenza. Più<br />

fiduciosi nell’uomo appaiono Lyotard, Derrida,<br />

Popper, nonché Levy-Strauss ed altri<br />

campioni della dignità umana, fra cui Chomsky<br />

e Smuts.<br />

“Ismi moderni”<br />

Lo strutturalismo linguistico di De Saussure,<br />

poi di Hjemsleves, di Trubeckoy ed altri si<br />

basa su una presunta struttura mentale originale,<br />

da cui si sviluppa un protagonismo<br />

definito a priori: vale a dire, la struttura presunta<br />

risponde a schemi storicizzati caratterizzati<br />

da una certa sudditanza psicologica<br />

dell’uomo nei confronti della realtà. De Saussure,<br />

in particolare, è uno studioso che si<br />

concentra sulla dinamica linguistica, senza<br />

curarsi troppo degli effetti esterni. Tutto <strong>questo</strong><br />

risponde a regole positivistiche specifiche,<br />

sorte per sistemare la conoscenza e per<br />

ripartire eventualmente su basi nuove. D’altra<br />

parte, De Saussure è ancora imbevuto di<br />

spirito ottocentesco; quando muore, Heisenberg<br />

e Goedel sono nati da poco, mentre la<br />

teoria di Planck è ancora in discussione. Il fenomeno<br />

strutturalista troverà sviluppo con<br />

lo svilupparsi del progresso scientifico. Ad<br />

esempio, Chomsky, vivente, è andato ben<br />

oltre la visione tradizionale dello strutturalismo<br />

linguistico, puntando sulla creatività di<br />

nuovi concetti e dunque sulla necessità dell’adozione<br />

di un nuovo linguaggio, senza per<br />

<strong>questo</strong> affossare il vecchio, ma salvando<br />

dello stesso la componente naturale (innestando,<br />

insomma, l’impegno razionale sull’impeto<br />

naturale). Chomsky si avvicina, in<br />

certo qual modo, allo strutturalismo antropologico<br />

di Levy-Strauss, laddove quest’ultimo<br />

separa intelligenza da cultura tribale: la<br />

seconda, per così dire bloccata; la prima libera<br />

di spaziare per ogni dove.<br />

Sicuramente interessante la teoria postmoderna<br />

di Lyotard. Sostanzialmente, il filosofo<br />

francese raccomanda un bagno di umiltà, invita<br />

a ripensare l’intero ‘900 e a rielaborare<br />

con modestia e attenzione le idee espresse, i<br />

teoremi escogitati, gli atteggiamenti e i comportamenti<br />

assunti nei confronti della realtà.<br />

Gli fa eco il filosofo austriaco Popper, naturalizzato<br />

britannico, il quale drasticamente<br />

afferma, per quanto riguarda la scienza (ovvero<br />

la regina del ‘900): “Tutta la conoscenza<br />

rimane fallibile, noi impariamo attraverso<br />

l’eliminazione di errori”. L’intervento di Derrida<br />

e del suo decostruzionismo – detto con<br />

semplicità che rischia di sconfinare nel semplicismo<br />

– tesaurizza filosoficamente i principi<br />

della meccanica quantistica: giova<br />

ricordarla, non c’è un disegno prestabilito, la<br />

realtà è imponderabile perché a livello infinitesimale<br />

non è possibile anticipare il cammino<br />

della materia. Il teorema di Derrida è<br />

molto complicato perché il filofoso applica


prima di tutto a se stesso, al proprio linguaggio<br />

l’imponderabilità: la sua prosa è<br />

aperta ed è ricca di motivi in fase di possibile<br />

espansione, di possibile sviluppo. Quale prevarrà?<br />

Addirittura, qui si riprende Darwin<br />

(segretamente) in quanto l’autore dell’Origine<br />

della Specie, postulava l’adattamento<br />

del più forte in funzione delle variabili ambientali,<br />

non certo in funzione della forza<br />

bruta. La forza cui alludeva Darwin era una<br />

cosa estremamente composita, così come è<br />

composito il principio, in certo qual modo<br />

rivoluzionario (almeno come impeto), di<br />

Derrida. A conforto del quale, giunge la riscoperta<br />

del libro di Jan Smuts (peraltro ex<br />

uomo politico sudafricano) su una sua teoria,<br />

del 1928 riguardante l’Olismo (il tutto è<br />

solo una parte di ogni componente dello<br />

stesso, ergo potrà esserci un prossimo tutto).<br />

Relativismo e nichilismo<br />

Il relativismo non è nichilismo. Il secondo<br />

azzera tutto, il primo tende a ricostruire su<br />

basi nuove. Il nichilismo è il contraltare dell’assoluto<br />

di carattere religioso. E’ l’ateismo<br />

viscerale contro il fanatismo della fede. Il relativismo<br />

non dice affatto che ogni cosa è relativa.<br />

Quando afferma che ciò che avviene è<br />

casuale, non intende per niente la casualità<br />

così come viene intesa normalmente. Il filosofo,<br />

lo scienziato sono consapevoli, oggi,<br />

che non è possibile prevedere il futuro, mettono<br />

persino in dubbio che 1+1 faccia 2 anche<br />

domani. Ma non sono così sprovveduti da ritenere<br />

che manchi del tutto un principio – si<br />

chiami animo, si chiami slancio vitale – che<br />

spinge la materia non tanto nella giusta direzione,<br />

ma in quella più opportuna a seconda<br />

delle circostanze del momento e così<br />

via. Ammesso <strong>questo</strong> slancio vitale (molto<br />

accentuato in Bergson), che si nota concretamente<br />

nella crescita, non può non apparire<br />

anche la conseguenza ragionata che porta ad<br />

un pur sommesso concetto di evoluzione<br />

(che non è necessariamente miglioramento,<br />

ma, appunto, adattamento in certo qual<br />

RELIGIONI<br />

modo intelligente e opportuno alle circostanze,<br />

ergo evolutivo in sé, per lo meno<br />

come conoscenza delle opportunità). Questo<br />

nuovo mondo risulta, grazie al sano relativismo,<br />

sempre più aperto e sempre più affascinante<br />

per un uomo che finalmente si sta<br />

liberando di lacci e laccioli metafisici e trascendentali.<br />

Il relativismo moderno e la chiesa romana<br />

Nel ‘900 la chiesa cattolica ha perso fascino<br />

e terreno, incalzata dal mondo scientifico, peraltro<br />

sempre più attento e scrupoloso e sempre<br />

meno trionfalista. Altro discorso è il<br />

mondo sociale e civile, la cui grave zoppia<br />

(causa di lutti e orrori infiniti nel corso del<br />

secolo), ha ridato linfa vitale alla religione in<br />

senso morale. Essa è tornata ad essere un<br />

punto di riferimento, un’ancora di salvezza<br />

in una realtà di secondo piano per quanto riguarda<br />

il progresso umano. E’ il materialismo,<br />

questa realtà di secondo piano, la cui<br />

influenza è tuttora determinante – anzi è<br />

forse al culmine della determinazione -: la<br />

vita spicciola ne è avvelenata.<br />

Dignità e decoro umani vengono tutelati<br />

dalla scienza da una parte (quella non spettacolare)<br />

e dalla filosofia dall’altra. La seconda<br />

è lungi dall’essere morta, anzi alza la<br />

testa e valorizza la perspicacia dell’uomo<br />

senza ricorrere più ai cerebralismi cari all’800<br />

(non è tutto così, ma l’impegno c’è). Con serietà<br />

e applicazione, con modestia e umiltà,<br />

l’intellettuale moderno valuta le cose, non<br />

rinnega il passato e non idealizza il presente.<br />

E’ conscio del tentativo di emancipazione,<br />

sentito sia come diritto sia come dovere. E’<br />

consapevole di doverci “mettere la faccia”.<br />

Basta indossare maschere.<br />

In risposta a <strong>questo</strong> atteggiamento responsabile,<br />

l’omelia di papa Ratzinger di sei anni fa<br />

si concludeva così: “… noi diciamo che il figlio<br />

di Dio, il vero uomo, è la misura del vero<br />

umanesimo”. L’affermazione ha un vago sapore<br />

medievale. Non c’entrano questioni di<br />

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44<br />

RELIGIONI<br />

fede, argomenti spirituali: se ci sono, risultano<br />

molto defilati.<br />

Qui c’entra una difesa ad oltranza del potere<br />

irrazionale. Balza fuori dalle parole di papa<br />

Ratzinger il Cristo figlio di Dio, non il Cristo<br />

dio e uomo. Sullo sfondo, si agita sempre il<br />

Vecchio Testamento, non il Vangelo. Ratzinger<br />

non richiama l’uomo all’apprezzamento<br />

del suo dovere, ve lo costringe, avvertendolo<br />

che deve dipendere dal Padre, che lui deve<br />

essere un figlio devoto, rimettersi in mani superiori.<br />

L’uomo moderno vuole, invece, essere responsabile<br />

di sé, non dipendere da nessuno,<br />

non rendere conto a nessuno, se non alla sua<br />

coscienza, di quello che pensa e che fa.<br />

La moralità assoluta predicata dalla chiesa<br />

non è ignota alla moralità laica in quanto entrambe,<br />

ed ovviamente, sono creazioni<br />

umane. La prima è meglio storicizzata. La<br />

seconda è in cammino, quanto ad applicazione<br />

ferma e costante: e <strong>questo</strong> perché essa<br />

deve essere approvata sentimentalmente e<br />

razionalmente, mente la prima lo è solo sentimentalmente.<br />

L’uomo moderno non vuole<br />

sostituirsi all’idolo divino, vuole “semplicemente”<br />

capire la realtà, assumendola su di<br />

sé. Il relativismo moderno è un modo per<br />

smontarla e cercare di rimontarla con giudizio,<br />

non con fantasia o superficialità. Superficiali,<br />

in un contesto del genere, appaiono<br />

le parole d Ratzinger, che potrebbero risultare<br />

dettate da una profonda pigrizia mentale,<br />

da un conservatorismo ormai esangue.<br />

Il BLOG di NONCREDO<br />

LA COMUNITA’ D’IDEE CHE SI RICONOSCE NELLA “CULTURA DELLA RAGIONE”<br />

AMICO onCredente ECCO IL TUO BLOG<br />

DIALOGA CO OI E CO TUTTI GLI ALTRI LETTORI CHE CI<br />

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RELIGIONI<br />

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RELIGIONI<br />

La teologia della liberazione osteggiata dai papi<br />

Boff, l’ultimo profeta<br />

di Stefano Marullo, opinionista sito uaar<br />

Mi sono spesso domandato perché è così difficile parlare con un teologo della liberazione. In<br />

Italia per un breve saggio sull’argomento ho contattato almeno tre tra gli esponenti più rappresentativi<br />

e quando non mi hanno dato forfait mi hanno rinviato a qualche pubblicazione.<br />

In un caso sono stato io a desistere attese le gravi condizioni di salute del mio interlocutore.<br />

E’ successo lo stesso con Leonardo Boff. Prima contattato, aveva dato disponibilità a rispondere<br />

ad una serie di domande scritte e dopo avermi chiesto di inviargliele via mail ha declinato<br />

adducendo ai numerosi impegni che non gli permettevano di onorare l’impegno<br />

adducendo che le domande fossero “troppe”. Col senno di poi, penso che il motivo del diniego<br />

nascesse dal disagio di Boff di ritornare a episodi troppo personali che lo avevano ferito.<br />

C’è da capirlo. Suo malgrado, molti hanno cominciato a leggere e capire della teologia<br />

della liberazione seguendo la sua vicenda. L’enfasi data a questa dai media ha finito per ridurre<br />

la questione all’alternativa se la teologia della liberazione fosse il tradimento o il compimento<br />

del vangelo. Le ferite aperte di uno scontro violentissimo che vide protagonisti<br />

Leonardo Boff e Joseph Ratzinger quale prefetto per la Congregazione della Dottrina della<br />

Fede furono raccolta da Boff in un libro-sfogo pubblicato poco dopo l’elezione di Benedetto<br />

XVI dal titolo fortemente evocativo: “Un papa difficile da amare”. Mentre tutta la vicenda,<br />

dalla messa sotto accusa del volume “Chiesa: carisma e potere”, alle audizioni a Roma dove<br />

Boff si presentò con due cardinali brasiliani e con un plico di 50.000 firme di sostegno, fino all’imposizione<br />

del “silenzio ossequioso” e all’epilogo con l’abbandono dello stato religioso di<br />

francescano del teologo, è raccolta in un libro, “Il caso Boff”.<br />

Essenzialmente a Boff veniva contestato di proporre un modello alternativo di Chiesa, popolare<br />

e antigerarchica e di porsi in contrasto con il Magistero e la Tradizione ecclesiastica. In particolare<br />

di utilizzare categorie libertarie o apertamente marxiste che mal si conciliano con il<br />

“mandato” ricevuto dai successori degli Apostoli, ai quali è stato conferito il potere di giudicare<br />

sulla ortodossia. Nella replica Boff senza negare il ruolo del Magistero, ribadiva come una<br />

sana teologia si fondasse su quattro gambe: oltre al Magistero, la Scrittura, la Tradizione e la<br />

Ragione teologica. Quanto al linguaggio utilizzato, il teologo dichiarava di sentirsi in linea<br />

con la tradizione profetica e di vedere nel cattolicesimo – nell’originale portoghese si leggerà<br />

sistema cattolicistico – una degenerazione del messaggio evangelico originario.<br />

Ce n’era abbastanza per una rottura senza appello. Boff continuerà, libero da obblighi canonici,<br />

ad essere un punto di riferimento importante per la teologia della liberazione e negli<br />

anni successivi svilupperà una “teologia della terra” con implicazioni etiche ed ecologiche, che<br />

lo faranno divenire una delle voci più ascoltate del movimento anti-globalizzazione a livello<br />

mondiale.<br />

Inizialmente sostenitore del presidente Lula, in seguito ne prenderà le distanze criticandone<br />

l’incoerenza e le politiche neo-liberiste.<br />

Oggi Boff, che ha dovuto anche incassare la delusione di vedere il fratello Clodovis rinnegare<br />

la teologia della liberazione, rimane uno scrittore prolifico e un instancabile viaggiatore. Prossimo<br />

ai 73 anni rimane uno degli ultimi teologi controcorrente che ha pagato molto cara l’inimicizia<br />

con Joseph Ratzinger. Ma si sa, è dura la vita dei profeti.


SULLE SPALLE DEI GIGANTI<br />

– conversazione con i classici –<br />

RELIGIONI<br />

di Anna Rita Longo, dott.ssa di ricerca in filologia patristica, medioevale e umanistica.<br />

«Siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non<br />

certo per l'altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti»,<br />

frase di Bernardo di Chartres del XII secolo, erroneamente aribuita a Newton, che<br />

la ha usata.<br />

Foto: Statua di Kaa sulle spalle del gigante a Praga<br />

Lucrezio, De rerum natura, 1,62-86<br />

Quando la vita umana giaceva sulla terra<br />

turpemente prostrata sotto gli occhi di tutti<br />

dall’opprimente religione, che mostrava il<br />

suo volto dalle regioni del cielo, minacciando<br />

dall’alto i mortali col suo orribile aspetto, per<br />

la prima volta un uomo greco osò alzare contro<br />

di essa gli occhi mortali e per primo osò<br />

resisterle contro; e non lo spaventarono né le<br />

false dicerie sugli dèi, né i fulmini, né il cielo<br />

col suo minaccioso rimbombo, ma, anzi,<br />

ancor più stimolarono l’indomito valore del<br />

suo animo, tanto che egli desiderò spezzare<br />

per primo gli stretti serrami delle porte della<br />

natura. Dunque la sua vivida forza d’animo<br />

trionfò e si spinse lontano, al di là delle ardenti<br />

barriere dell’universo, e percorse il<br />

tutto infinito con la mente e l’animo, da dove<br />

ci riferisce, trionfatore, che cosa possa nascere,<br />

che cosa non possa, per quale ragione<br />

vi sia per ogni cosa un potere delimitato e un<br />

termine profondamente confitto.<br />

Perciò la religione, posta sotto i nostri piedi,<br />

è calpestata a sua volta, e questa vittoria ci<br />

uguaglia al cielo.<br />

Questo io temo riguardo a tali cose, cioè che<br />

tu (= Memmio) per caso creda di iniziarti agli<br />

empi elementi di una dottrina e di incamminarti<br />

per la strada del male. Al contrario: più<br />

spesso proprio quella famosa religione ha<br />

generato delitti ed infamie. Come quando, in<br />

Aulide, i condottieri dei Danai,<br />

Cicerone, De natura deorum 3, 88-89<br />

Per tornare al mio argomento, è parere comune<br />

di tutti i mortali che la fortuna bisogna<br />

chiederla alla divinità, ma la sapienza occorre<br />

conquistarsela da sé. Possiamo a nostro<br />

piacimento consacrare templi alla Mente, alla<br />

Virtù ed alla Fede, tuttavia constatiamo che<br />

queste doti si trovano in noi stessi: agli dèi<br />

chiederemo il dono della speranza, della salute,<br />

della ricchezza, della vittoria. La conclusione<br />

è, dunque, come affermava<br />

Diogene, che la prosperità e la fortuna dei<br />

malvagi smentiscono tutta la orza e la potenza<br />

divina.«Ma talvolta» mi si obietterà «i<br />

buoni riportano dei successi». Noi allora li<br />

cogliamo al volo e ne attribuiamo senza alcuna<br />

ragione il merito agli dèi immortali!<br />

Diagora, quello che chiamano l’ateo, si recò<br />

una volta a Samotracia e un amico gli domandò:<br />

«Tu che ritieni che gli dèi si disinteressino<br />

delle vicende umane, non ti accorgi,<br />

osservando le tavolette votive, quanti uomini<br />

in seguito alle proprie preghiere sfuggirono<br />

alla violenza della tempesta e giunsero salvi<br />

in porto?». «È proprio così» rispose Diagora<br />

«infatti quelli che hanno fatto naufragio e<br />

sono periti in mare non sono stati dipinti in<br />

nessun luogo».Lo stesso Diagora, durante un<br />

viaggio per mare, poiché i timonieri spaventati<br />

e atterriti da una tempesta, attribuivano<br />

quella loro disgrazia al fatto di averlo accolto<br />

sulla nave,<br />

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RELIGIONI<br />

La tesi – dura e chiarissima, sostenuta con argomentazioni razionali – di Lucrezio, grande<br />

divulgatore a Roma del pensiero di Epicuro, è che la religione è dannosa e foriera di immoralità<br />

e violenza. Il paragone mitologico del barbaro sacrificio di Ifigenia da parte dei<br />

Greci viene proposto come esempio della crudeltà alla quale solo la religione poté riuscire<br />

a indurre gli uomini. Non vi è, quindi, motivo per il quale l’uomo debba rinunciare a liberarsi<br />

da un vincolo pesante che non gli ha portato altro se non mali. Si tratta di un pensiero<br />

modernissimo, che addirittura anticipa gli strali di Bertrand Russell, convinto sostenitore<br />

dell’immoralità di fondo della pratica religiosa.<br />

Un discorso tutto sommato simile è ravvisabile nel passo ciceroniano, tratto dall’articolato<br />

saggio nel quale l’arpinate espone tutte le più note concezioni in merito alla natura degli dei,<br />

senza prendere esplicita posizione a favore di nessuna di esse, nonostante nel finale si appoggi<br />

formalmente la dottrina stoica. Qui, attraverso le parole di Cotta, si mette in luce, mediante<br />

una stringente procedura argomentativa, l’irrazionalità della credenza religiosa, la<br />

cui plausibilità viene facilmente confutata attraverso semplici deduzioni logiche. Sebbene<br />

sia quanto meno approssimativo affermare che il personaggio rifletta fedelmente il pensiero<br />

dell’autore, colpisce la logica del ragionamento, rafforzato da esempi concreti come<br />

quello dell’ateo Diagora.<br />

In breve, ci troviamo di fronte a due efficaci apologie dell’ateismo critico quale liberatore dell’uomo<br />

dalle catene dell’ignoranza.<br />

CARO LETTORE<br />

la storia e la politica contemporanee mostrano una continua e inarrestabile deriva verso la<br />

CLERICALIZZAZIONE della Società Italiana<br />

La Chiesa cattolica, alla quale guardiamo con laico rispetto, diventa sempre più potente, invasiva e onnipresente:<br />

non c’è quasi più organo di stampa o politico, anche dell’Opposizione, né imprenditore o manager<br />

di importanti entità economiche, industriali o finanziarie che non risulti, in modo palese o riservato,<br />

ampiamente influenzato dalla Chiesa cattolica, che non ne tema il giudizio per le relative conseguenze o<br />

non ne finanzi le iniziative.<br />

Sappi che in tale contesto<br />

NONCREDO è l’unica pubblicazione libertariamente, illuministicamente,<br />

risorgimentalmente A-CONFESSIONALE circolante in Italia<br />

è un progetto culturale che non coniuga né i pro né i contro nei confronti di alcuno, ma è nata e sarà sempre<br />

un organo culturale spavaldamente e laicamente italiano nel rispetto dell’indipendenza, della libertà,<br />

della a-confessionalità, della storia e della civiltà del nostro Paese.<br />

LETTORE<br />

tu che ci condividi e nutri speranze nella nostra azione di promozione della CULTURA della<br />

RAGIONE, in questa Italia sempre più filo-confessionale, nella misura e nel modo in cui tu credi<br />

DACCI IL TUO SOSTEGNO con un abbonamento o una donazione per la promozione e la diffusione<br />

di NONCREDO nel difficile e spesso ostile ambiente italiano E’ anche la TUA voce.


RELIGIONI<br />

Una testimonianza diretta dall’Africa più povera,<br />

terreno di conquista delle missioni “dell’uomo bianco”<br />

Come e perché una religione “missionaria”<br />

si trasforma in potere<br />

di Jerome Seregni, External Relations Officer UNHCR-RO Dar el Salaam, Tanzania<br />

Sono ormai quasi quattro anni che vivo in Tanzania, un paese che ha praticamente perso il suo<br />

antico animismo ed ha invece abbracciato Cristianesimo ed Islamismo, come molti, anzi tutti i<br />

paesi limitrofi della zona dei grandi laghi in Africa. Non voglio soffermarmi sull’Islam, presente<br />

maggiormente nell’isola di Zanzibar, perché le poche esperienze che ho avuto con i Musulmani<br />

non sono sufficienti per poter dare un giudizio più ragionato.<br />

Ho a che fare invece con locali Cristiani, sia nelle piccole comunità in villaggi dispersi nell’immensità<br />

di <strong>questo</strong> paese che nelle grandi città. Ho avuto moltissime occasioni, anche con colleghi<br />

di lavoro, di chiacchierare su Dio, Cristo, la Bibbia e così via, per cercare di capire perché<br />

solitamente i Cristiani sono così fedeli e credenti,eamiavviso così ottusi, per una religione che<br />

gli e stata ‘introdotta’ dai primi missionari bianchi, specie tedeschi ed inglesi (e oggi tantissimi<br />

americani e italiani) nel diciottesimo secolo.<br />

Il fatto che in certi posti sperduti la gente viva in piccole comunità senza elettricità o acqua e con<br />

totale mancanza di stimoli esterni - perché appunto non succede ‘mai niente’ - , va alla pari con<br />

la loro invidiabile, a mio parere, semplicità di vivere. Ed è proprio di <strong>questo</strong> che si sono sempre<br />

nutriti i predicatori cristiani, di povertà ed ignoranza per sommare anime alla loro fede. Facile è<br />

stato persuadere gente che era molto probabilmente più affascinata da questi primi ‘muzungu’<br />

(uomini bianchi, stranieri) con la loro persistenza ed il loro coraggio (concediamoglielo pure) ad<br />

addentrarsi in terre nere e vergini piene di pericoli e malattie, nonché delle loro armi e le loro ricchezze<br />

raccontando favole sul bene e il male, sull’arrivo di un messia, i miracoli e la morte in<br />

croce. Anche oggi moltissimi africani restano incuriositi dagli uomini bianchi, specialmente in<br />

zone remote o poco visitate da stranieri.<br />

Per il mio lavoro ho spesso parlato con diverse comunità e molte volte venivo visto come una persona<br />

diversissima, quasi come un essere ‘speciale’, in particolare per i bambini che mi toccavano<br />

e mi ascoltavano con devozione come se fossi venuto da un altro pianeta. Ho avuto e ho ancora<br />

la forte sensazione che molti poveri sono sottomessi psicologicamente ai bianchi, almeno in <strong>questo</strong><br />

paese.<br />

Anche se oggi i bianchi vengono più associati ai soldi che hanno che non alla religione (e ciò è un<br />

altro tipo di sottomissione), ciò non toglie che molti mi chiamino ‘father’ (padre in senso di prete,<br />

pastore) o addirittura Yesu (Gesù), per rendere l’idea che appunto un uomo bianco è ancora portatore<br />

di cristianità e di salvezza.<br />

Per quanto riguarda invece il potere della chiesa, è tutt’ora per me un fatto scandaloso. I leader<br />

religiosi, specie i vescovi, sono le persone più potenti di <strong>questo</strong> paese. Non vengono in genere associati<br />

alla politica o con i politici, e non appaiono molto spesso nemmeno nelle pagine dei giornali,<br />

ma si sa, loro hanno il ‘potere’ - quasi fossero parte di una loggia che sa e che controlla tutto<br />

- e sono rispettati da milioni di fedeli (si è mai notato ad esempio l’immensa massa di gente presente<br />

quando il papa è in visita in questi luoghi?). Questi leader non proprio poverissimi sono i<br />

figli diretti dei primi missionari/predicatori. Certo, se Livingstone lo avesse previsto…<br />

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50<br />

RELIGIONI<br />

Quando la fantasia sovrasta ragione e evidenza<br />

Le credenze alternative<br />

di Nando Tonon, saggista<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Accanto all’istintivo bisogno di trovare risposte a tante angoscianti domande confidando nell’intervento salvifico<br />

di un’entità trascendente, sono sorte numerose altre forme di fideismo consolatorio. A dispetto del progresso<br />

scientifico, nutrite falangi di maghi, guaritori, astrologi, ufologi, prosperano tuttora sull’ingenuità altrui.<br />

Un denominatore comune<br />

Questa rivista si rifà all’esigenza di vivere liberi<br />

dal condizionamento che esercita ogni religione.<br />

Ne discende che il suo titolo, “NON<br />

CREDO”, si riferisce al versante delle credenze<br />

di tipo confessionale.<br />

Tuttavia, se l’obiettivo primario resta quello di<br />

trattare le molteplici implicazioni del credere<br />

religioso, non sarà inutile osservare che il fenomeno<br />

del “credere”, nella sua accezione generica,<br />

merita di venire approfondito anche negli<br />

aspetti non espressamente attinenti al rapporto<br />

col trascendente.<br />

Esiste infatti, tra le diverse manifestazioni del<br />

credere, un evidente denominatore comune:<br />

l’atteggiamento fideistico sotteso al valore<br />

stesso del vocabolo. Nel caso dell’istanza religiosa<br />

l’approccio trova motivazioni profonde<br />

nel bisogno di capire il senso della nostra presenza<br />

nel mondo, il significato ultimo della vita<br />

(se ne ha uno), il destino dell’uomo dopo la fine<br />

della sua parentesi terrena, il rapporto con l’ipotetico<br />

artefice di tutto <strong>questo</strong>.<br />

La ricerca di soluzioni per vie traverse<br />

Nelle forme meno nobili, invece, esso risponde<br />

alla puerile speranza di risolvere per vie traverse<br />

i piccoli e grandi problemi dell’esistenza<br />

quotidiana. Qui più che altrove, allora, l’irrazionalità<br />

prende il sopravvento e l’individuo rinuncia,<br />

in modo incomprensibile, alla sua<br />

autonomia critica per abbandonarsi a suggestioni<br />

fittizie, a ingannevoli promesse. Pensare<br />

è faticoso, meglio cullarsi nell’evanescenza di<br />

un sogno.<br />

E se sul credere religioso <strong>questo</strong> periodico si intrattiene<br />

con larghezza e continuità per la indubbia<br />

rilevanza del tema, varrà la pena, ogni<br />

tanto, di gettare un’occhiata anche all’universo<br />

delle credenze alternative o minori (benché diffusissime<br />

a tutti i livelli sociali). La disponibilità<br />

ad affidarsi a mani altrui è quasi la stessa e, fatto<br />

salvo il movente – come già riconosciuto – le affinità<br />

appaiono evidenti.<br />

L’astrologia<br />

La credenza più popolare e sfacciata, vuoi nei<br />

presupposti come nelle applicazioni, è senz’altro<br />

l’astrologia, una pseudo-scienza che, approfittando<br />

delle sue lontane - e per certi versi<br />

nobili - origini, dispensa a mani basse le sue<br />

sciocchezze a un pubblico strabocchevole, sempre<br />

disposto a cibarsi del nulla assoluto. Non<br />

esiste una benché minima base logica o premessa<br />

sensata di <strong>questo</strong> autentico inganno, che<br />

pure vorrebbe ammantarsi di serietà metodologica.<br />

Nessuna. Non esiste una sola “verità” ricavabile<br />

da quei ridicoli schemini fatti di cerchi,<br />

triangoli e ideogrammi, che non possa venire<br />

demolita in pochi istanti e con elementare facilità:<br />

eppure milioni di individui sono attratti e<br />

pronti ad accettare qualunque cosa venga loro<br />

propinata.<br />

Un fenomeno non circoscritto<br />

E non si pensi che il fenomeno sia circoscritto<br />

agli strati meno acculturati della società: purtroppo<br />

l’esperienza quotidiana mostra che oro-


scopi e “influssi” zodiacali, “segni” e “profili<br />

natali” vengono considerati degni di attenzione<br />

anche da gente di elevata scolarità.<br />

I venditori di frottole prosperano con sicumera<br />

crescente, complice chi potrebbe porre un freno<br />

o un rimedio con mezzi del tutto legittimi e civili.<br />

Ma gli interessi in gioco sono talmente elevati<br />

che riuscire a scalfire la corazza di<br />

indifferenza e omertà (TV di Stato in primis) si<br />

rivela impresa insormontabile. L’astrologia,<br />

grazie all’usurpata fama di “disciplina”, appare<br />

estremamente perniciosa in quanto rafforza la<br />

tendenza dell’essere umano a credere senza riflettere.<br />

Chissà perché, ma dobbiamo sempre illuderci<br />

che qualcosa o qualcuno ci spiani la<br />

strada e sciolga in modo miracolistico i nostri<br />

affanni.<br />

Effetti della subordinazione intellettiva<br />

Accanto alla regina delle fallaci arti seduttive<br />

proliferano torme di ambigue quanto vivaci<br />

consorelle fondate su presunte facoltà paranormali<br />

e millantati poteri extrasensoriali: chiromanti,<br />

cartomanti, chiaroveggenti, sensitivi,<br />

maghi. Tutti bellamente marcianti in fitta<br />

schiera sulle debolezze di chi è sempre in difficoltà<br />

quando si tratta di utilizzare quel formidabile<br />

attrezzo di cui madre natura l’ha dotato:<br />

il discernimento.<br />

Simili forme di subordinazione intellettiva producono<br />

vistosi danni, che solo a volte emergono<br />

in modo clamoroso: truffe, plagi,<br />

intimidazioni. In generale hanno l’effetto di ottundere<br />

la mente con riflessi deleteri su molti<br />

altri aspetti dell’esistenza.<br />

Il paradosso più singolare, poi, è che dalle religioni<br />

queste fonti di credulità sono messe al<br />

bando, e ciò per evidenti “conflitti di competenza”.<br />

Nondimeno esse godono di ottima salute.<br />

Così il fedele che cede alle lusinghe di tali<br />

surrogati finisce col contravvenire ai dettami<br />

della propria stessa “chiesa”.<br />

Altre forme di “fede messianica”<br />

Altra specie di “fede messianica” - molto in<br />

RELIGIONI<br />

auge da una sessantina di anni e che attira una<br />

strabocchevole quantità di adepti - è quella che<br />

vorrebbe i cieli del nostro pianeta brulicanti di<br />

astronavi extraterrestri, di macchine volanti che<br />

appaiono e scompaiono a ritmi serrati.<br />

Qui non scatta l’ingenua speranza di vedere il<br />

destino piegato alle proprie esigenze, bensì<br />

un’innata e ardente passione per il mito, il misterioso,<br />

il fantastico a ogni costo: ieri erano ciclopi,<br />

unicorni, draghi, satiri e ninfe, creature<br />

leggendarie a cui tuttavia spesso si credeva<br />

come a entità reali, oggi sono yeti, fantasmi,<br />

zombi, presenze oscure. E, su tutti, gli extraterrestri,<br />

per la loro contiguità a ipotesi che la saggia<br />

scienza non smentisce, anzi avanza, ma<br />

confinandole a pure illazioni, plausibili sul<br />

piano teorico quanto estremamente improbabili<br />

su quello pratico di un contatto reciproco.<br />

La complicità degli organi d’informazione<br />

A nulla valgono le incessanti spiegazioni fornite<br />

per dimostrare la quasi totale impossibilità<br />

concreta che una qualsiasi ipotetica civiltà<br />

aliena possa comunque raggiungerci. I patiti di<br />

avvistamenti, rapimenti, incontri ravvicinati di<br />

tutti i tipi, cerchi nel grano, aeroscali spaziali<br />

(Nazca), ecc. indicano siti, raccontano con serietà<br />

inverosimili esperienze dirette e indirette,<br />

denunciano complotti del silenzio da parte dei<br />

governi, rei di celare scottanti segreti.<br />

Buon senso, leggi fisiche, la parola degli scienziati<br />

del settore: nulla è sufficiente a incrinare la<br />

loro fede nelle misteriosi incursioni.<br />

Va da sé che tutti questi fenomeni di fiducia<br />

cieca nei furbi detentori di verità estreme alimentano<br />

interessi colossali e consentono il massiccio<br />

sfruttamento delle debolezze dei più. E<br />

se queste, in sé, possono anche essere comprese,<br />

se non giustificate col metro del raziocinio,<br />

è tanto più doloroso (e scandaloso) che<br />

il mercato della credulità venga non solo tollerato,<br />

ma addirittura avallato dagli organi<br />

di informazione più accreditati, dalle reti televisive<br />

di Stato, da sciagurate trasmissioni<br />

pseudo-scientifiche condotte con cinismo e<br />

protervia culturale.<br />

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RELIGIONI<br />

Discriminazione della metà degli esseri umani<br />

La Chiesa e le donne<br />

di Walter Peruzzi, storico del cristianesimo<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Creata per seconda, ma prima nel peccato, volubile, tentatrice, responsabile della rovina del genere umano, intellettualmente<br />

e moralmente inferiore all’uomo, tenuta quindi a essergli sottomessa: così è stata considerata la<br />

donna dalla Chiesa, almeno fino al Vaticano II. Si può anzi dire che su nessun altro tema, salvo sulla condanna<br />

delle “sporcizie carnali”, è forse dato registrare una opinione tanto unanime di papi e teologi (tutti maschi e celibi).<br />

La dottrina degli Apostoli<br />

Tale concezione sembra il frutto di una cultura<br />

patriarcale sommata alla sessuofobia<br />

cattolica, che identifica la donna col sesso e<br />

quindi col peccato. Essa si basa su una lettura<br />

del VecchioTestamento che lascia in ombra<br />

il primo racconto del Genesi, da cui si evince<br />

l’uguaglianza dei sessi (“Diò creò l’uomo a<br />

sua immagine… maschio e femmina li creò”,<br />

1), per privilegiare i capitoli successivi (Genesi<br />

2 e 3), nei quali si narra che Eva è stata<br />

fatta “simile” all’uomo e come suo “aiuto”;<br />

che si è lasciata ingannare dal serpente e ha<br />

poi sedotto Adamo, con effetti catastrofici<br />

per la posterità.<br />

Ma l’inferiorità della donna, confinata nel<br />

ruolo di silenziosa e sottomessa “riproduttrice”,<br />

si radica anche sull’autorità di Paolo<br />

secondo cui l’uomo ”è a immagine e gloria<br />

di Dio, la donna invece è gloria dell’uomo”<br />

(Prima lettera ai Corinzi, 11); e il marito è “il<br />

capo della moglie, come anche Cristo è capo<br />

della Chiesa” (Lettera agli Efesini, 5). La<br />

donna, dice ancora Paolo, è “colpevole di trasgressione.<br />

E potrà essere salvata partorendo<br />

figli” (Prima lettera a Timoteo, 2).<br />

Inferiorità e immoralità della donna<br />

Per quasi venti secoli contro la donna si<br />

snoda un lungo rosario di insolenze: “porta<br />

del diavolo” la chiama Tertulliano, cui fa eco<br />

dieci secoli dopo l’umanista ex-libertino Pio<br />

II, per il quale “quando vedi una donna,<br />

pensa che sia un demonio, che sia una sorta<br />

di inferno”. Per Giovanni Crisostomo essa è<br />

“male di natura”, per Girolamo “insaziabile”<br />

di piacere.<br />

“Satana”, si legge nei Sermoni di Leone I, “ha<br />

sedotto il primo uomo per bocca di una<br />

donna… e ha allontanato gli esseri umani<br />

dalla beatitudine del paradiso grazie alla credulità<br />

della donna”. “Io non parlo alle femmine”,<br />

scrive Gregorio I nei Memoralia,<br />

“bensì agli uomini, perché chi è di mente instabile<br />

non è assolutamente in grado di capire<br />

le mie parole”.<br />

Odo, abate di Cluny del X sec., si spinge a<br />

dire: “se gli uomini potessero vedere ciò che<br />

è sotto la pelle, la vista delle donne darebbe<br />

loro la nausea. Mentre non sopportiamo di<br />

toccare uno sputo o un escremento nemmeno<br />

con la punta delle dita, come possiamo<br />

desiderare di abbracciare <strong>questo</strong> sacco di<br />

escrementi?” (PL 162). Alberto Magno, maestro<br />

di Tommaso d’Aquino, con lui condivide<br />

l’idea che “la donna... rispetto all’uomo<br />

ha una natura difettosa e imperfetta” ed è<br />

anche “meno consona alla moralità…<br />

Quando una donna ha un rapporto con un<br />

uomo, è molto probabile che desideri giacere<br />

al tempo stesso con un altro… La sua sensibilità<br />

spinge la donna verso ogni male, mentre<br />

la ragione muove l’uomo verso ogni<br />

bene…” (Quaestiones super de animalibus).


La donna non tocchi l’altare<br />

E’ la fragilità intellettuale e morale delle<br />

donne che giustifica, per la Chiesa, la loro<br />

esclusione dalla cultura e da ogni attività intellettuale.<br />

Già il Concilio di Elvira (IV secolo)<br />

decretava: “Le donne non possono né<br />

scrivere né ricevere lettere” e il Decretum Gratiani<br />

(XII secolo) stabiliva che la donna “non<br />

ha nessuna autorità, non può insegnare, né<br />

testimoniare… né giudicare”.<br />

Tanto meno poteva accedere al sacerdozio o<br />

anche solo accostarsi “ai sacri altari”, come<br />

scriveva nel V secolo papa Gelasio, scandalizzato<br />

che ciò potesse “essere fatto da quel<br />

sesso cui ciò non compete”. Il divieto si<br />

estendeva anche al cantare in chiesa (uno dei<br />

motivi per cui dal Cinquecento, avendo bisogno<br />

di voci bianche, si ricorse alla castrazione)<br />

e si mantenne fino al XX secolo come<br />

quello di “servire” messa, cioè la funzione<br />

del chierichetto, preclusa alla donna “a meno<br />

che manchi un uomo”. E anche in <strong>questo</strong><br />

caso la donna “per nessuna ragione si avvicini<br />

all’altare e dica le risposte da lontano”<br />

(Codice di Diritto canonico, 1917). Era invece<br />

caduto da molti secoli, se può consolare, il<br />

divieto a entrare in chiesa “se mestruata” (III<br />

sec.).<br />

ll maschio sia il suo signore<br />

L’inferiorità intellettuale e morale della<br />

donna spiega inoltre la necessità che sia<br />

l’uomo a guidarla con mano ferma. Lo chiarisce<br />

Agostino nel suo Commento al Vangelo di<br />

Giovanni paragonando la donna alla carne e<br />

il marito allo spirito: “C’è disordine in quella<br />

casa dove la carne comanda e lo spirito serve.<br />

Che c’è di peggio d’una casa in cui la donna<br />

comanda sul marito? Ordinata è quella casa<br />

in cui la donna obbedisce al marito”. “La<br />

femmina”, dice Tommaso d’Aquino, “ha bisogno<br />

del maschio non solo per la generazione,<br />

come negli altri animali, ma anche<br />

come suo signore, perché il maschio è più<br />

perfetto quanto a intelligenza e più forte<br />

quanto a coraggio” (Somma contro i gentili).<br />

Le donne nella Riforma<br />

RELIGIONI<br />

Le cose tuttavia in molte parti d’Europa cominciarono<br />

a cambiare con la Riforma, che<br />

mise in discussione il ruolo del clero, come<br />

intermediario fra uomo e Dio. Si affermò la<br />

libertà di coscienza del credente, che si accosta<br />

direttamente ai testi sacri senza dipendere<br />

dall’interpretazione della Chiesa. Ciò<br />

portò a un maggiore coinvolgimento del laicato,<br />

comprese le donne. L’esigenza di leggere<br />

le scritture stimolò inoltre<br />

l’alfabetizzazione. La donna, come era accaduto<br />

nel Medioevo limitatamente ad alcune<br />

comunità ereticali o di movimenti femminili<br />

al limite dell’ortodossia (le Beghine del XII-<br />

XIV sec.), assunse un ruolo attivo, anche dirigente,<br />

nelle comunità riformate o in molte<br />

di esse, predicando, insegnando e diventando<br />

pastora.<br />

Un osso in soprannumero<br />

In seno al cattolicesimo invece le donne seguitarono<br />

a non poter esprimersi in materia<br />

di religionee la più parte restò priva di ogni<br />

istruzione. Ancora nel Seicento la donna era<br />

definita dal predicatore francese Bossuet<br />

“prodotto di un osso in soprannumero”,<br />

mentre il Concilio provinciale di Tyrnau del<br />

1611 sentenziava: “Ogni malvagità è piccola<br />

a confronto con la malvagità della donna”.<br />

Anche per Francesco di Sales Dio “ha voluto<br />

che la donna dipendesse dall’uomo… In<br />

tutta la Scrittura si raccomanda insistentemente<br />

questa sottomissione” (Introduzione<br />

alla vita devota).<br />

Nel XVII secolo, tuttavia, si ebbero fermenti<br />

di un “femminismo” cattolico, specie in paesi<br />

riformati. Nel 1630 l’inglese Mary Ward<br />

fondò un ordine che voleva porsi sotto il<br />

controllo del papa e non subordinarsi, come<br />

era d’obbligo per gli ordini femminili, al corrispettivo<br />

ordine maschile. Ma Urbano VIII<br />

la fece arrestare come eretica. L’anno dopo la<br />

liberò ma soppresse l’ordine denunciando<br />

che “certe donne” si fossero riunite in comunità,<br />

avessero nominato una superiora e<br />

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RELIGIONI<br />

aperto scuole, tutte “attività per nulla confacenti<br />

alla debolezza del loro sesso, alla modestia<br />

femminile e alla purezza verginale”.<br />

Il principe della casa<br />

La sottomissione della donna all’uomo fu<br />

dottrina della Chiesa fino al XX sec. Leone<br />

XIII afferma: “Il marito è il principe della famiglia<br />

e il capo della moglie” (Arcanum divinae).<br />

L’agostiniano “ordine dell’amore”,<br />

ricorda Pio XI, “richiede da una parte la superiorità<br />

del marito sopra la moglie ed i figli,<br />

e dall’altra la pronta sottomissione e ubbidienza<br />

della moglie” (Casti connubii, 1930). E<br />

Pio XII, nel Discorso agli sposi del 1941 ammonisce,<br />

forse avvertendo qualche insofferenza<br />

nelle donne cattoliche: “Non siate<br />

paghe di accettare e quasi di subire questa<br />

autorità dello sposo, alla quale Iddio negli<br />

ordinamenti della natura e della grazia vi ha<br />

sottoposte; voi dovete nella vostra sincera<br />

sottomissione amarla”.<br />

Come se non esistessero<br />

D’altro lato persiste il timore della donna<br />

come fonte di tentazione e di peccato, che<br />

trapela dalle annotazione scritte del 1948 da<br />

Angelo Roncalli il quale pure, divenuto Giovanni<br />

XXIII, ispirerà importanti aperture<br />

sulla questione femminile: “Mi conservo famigliari,<br />

dopo oltre quarant’anni, le conversazioni<br />

edificanti… con il mio venerato<br />

vescovo… Di donne, o di forme o di cose<br />

muliebri, mai una parola, mai, come se<br />

donne non esistessero al mondo… e sono riconoscente,<br />

anche ora, alla insigne e benefica<br />

memoria di chi mi educò a questa disciplina”<br />

(Giornale dell’anima).<br />

La “svolta” del Vaticano II<br />

Arriviamo così agli anni del Vaticano II le cui<br />

aperture, sollecitate dall’influenza che ebbe<br />

sulla stessa base cattolica il nascente movimento<br />

femminista, si ritrovano nel Catechismo<br />

della Chiesa cattolica del 1992. Esso,<br />

rifacendosi al primo racconto del Genesi, e<br />

glissando su due millenni di misoginia, afferma:<br />

“L’uomo e la donna sono creati, cioè<br />

sono voluti da Dio: in una perfetta uguaglianza<br />

per un verso, in quanto persone<br />

umane, e, per l’altro verso, nel loro rispettivo<br />

essere di maschio e di femmina… L’uomo e<br />

la donna sono, con una identica dignità, ‘a<br />

immagine di Dio’”.<br />

Ma il sacerdozio no<br />

E tuttavia la Chiesa da un lato non ammette<br />

di avere sbagliato difendendo e rafforzando<br />

per venti secoli la società patriarcale, d’altro<br />

lato non trae le conseguenze pratiche per<br />

quanto riguarda i diritti e l’autodeterminazione<br />

della donna... E, infine, rivendica il sacerdozio<br />

come privilegio maschile.<br />

Non potendo più fondare tale privilegio sull’inferiorità<br />

della donna, Giovanni Paolo II<br />

sostiene che “non è ammissibile ordinare<br />

donne al sacerdozio, per ragioni veramente<br />

fondamentali” (in realtà risibili) come<br />

“l’esempio… di Cristo che scelse i suoi Apostoli<br />

soltanto tra gli uomini; la pratica costante<br />

della Chiesa… e il suo vivente<br />

magistero” (Ordinatio sacerdotalis, 1994); e<br />

blinda questa scelta della “casta” di maschi<br />

celibi che governano la Chiesa dichiarandola<br />

“appartenente al deposito della fede” (Congregazione<br />

della dottrina della fede, 1995), cioè<br />

infallibile…<br />

Una donazione, anche piccola, alla Fondazione senza fini di lucro ReligionsFree Onlus,<br />

editrice e ispiratrice della rivista NonCredo, è un modo per contribuire alla realizzazione di quei fini<br />

di volontariato e di assistenza (legale, medica, morale ed economica), prevista dell’art. 2 del nostro Statuto,<br />

a favore delle vittime bisognose della discriminazione religiosa in Italia.


All’origine delle credenze religiose<br />

L’UOMO<br />

L’empatia nell’evoluzione della psiche umana<br />

di Bruna Tadolini, già prof. ord. Biologia università Sassari<br />

L’empatia è la tendenza a “mettersi nei<br />

panni” altrui, a riconoscere gli altrui sentimenti<br />

ed emozioni ed a rispondere ad essi<br />

con una emozione appropriata. Questa tendenza<br />

è estremamente importante per la costruzione<br />

dei rapporti sociali poiché, ad<br />

esempio, il “mutuo soccorso”, cioè il fine<br />

della socialità, può esistere solo se si è in<br />

grado di riconoscere negli altri i segnali del<br />

disagio. La ricerca scientifica sta chiaramente<br />

dimostrando la natura dell’empatia che, a<br />

differenza di quanto credono i più, non è metafisica<br />

o spirituale ma prettamente fisica e<br />

materiale. Essa è infatti un modo di sentire<br />

“causato” dalla biochimica e dalla fisiologia<br />

di specifiche zone del cervello; è perciò soggetta<br />

ad una variabilità non solo fisiologica<br />

ma anche patologica (ad esempio nell’autismo)<br />

ascrivibile sia a fattori genetici che ambientali.<br />

Come prevede la sua natura fisica e<br />

materiale, l’empatia è influenzabile da farmaci<br />

(ad esempio l’ecstasi) che interferiscono<br />

nei processi fisiologici che la determinano.<br />

Essendo il “prodotto” del funzionamento di<br />

un organo, l’empatia che noi conosciamo è il<br />

risultato di un lungo processo evolutivo che<br />

ha modificato quell’organo rendendolo più<br />

adatto ad assicurare la sopravvivenza della<br />

specie. In particolare l’evoluzione dell’empatia<br />

è strettamente associata all’evoluzione<br />

delle strutture cerebrali e dei meccanismi genetico-biochimici<br />

che hanno portato alla<br />

lenta evoluzione del “cervello sociale”; essa è<br />

quindi, ampiamente diffusa fra i mammiferi<br />

sociali.<br />

L’evoluzione dell’empatia …<br />

La “storia” dell’empatia come strumento<br />

adattativo è molto lunga: la sua origine è sor-<br />

prendentemente legata alla comparsa di un<br />

altro organo, la placenta. Tutto cominciò<br />

circa 170 milioni di anni fa quando una linea<br />

evolutiva dei Mammiferi intraprese la via<br />

della viviparità. Anziché continuare a far sviluppare<br />

l’embrione all’interno di un uovo deposto<br />

nell’ambiente, questi animali<br />

“inventarono” la placenta, una struttura che<br />

permette di sviluppare l’embrione all’interno<br />

del corpo materno che fornisce non solo protezione<br />

ma anche nutrimento. La viviparità,<br />

però, generò un conflitto di interessi fra i<br />

sessi. Infatti al maschio, biologicamente parlando,<br />

conveniva che quell’embrione che<br />

portava i propri geni crescesse molto risucchiando<br />

più risorse possibili dalla madre,<br />

anche se ciò la debilitava. D’altra parte, alla<br />

femmina non conveniva certo che quel figlio<br />

fosse la sua unica chance di riprodursi; le<br />

conveniva limitare le risorse che investiva in<br />

quella gravidanza per potersi assicurare la<br />

possibilità di averne altre.<br />

.. ha le radici nella battaglia fra i sessi ..<br />

Questa battaglia fra i sessi venne combattuta<br />

a suon di geni, cioè cercando di far prevalere<br />

geni che favorissero o l’uno o l’altro interesse.<br />

Il primo campo di battaglia fu ovviamente<br />

lo sviluppo della placenta: i geni<br />

paterni tendevano a produrre una placenta<br />

ipertrofica per ricavare il massimo possibile<br />

di risorse dalla madre, quelli della madre ne<br />

riducevano le dimensioni per bilanciare la ripartizione<br />

di risorse fra quel figlio e quelli futuri.<br />

Un secondo campo di battaglia fu lo<br />

sviluppo del cervello: i geni del padre tendevano<br />

a produrre nel figlio dei circuiti nervosi<br />

che favorissero l’avida estrazione di risorse<br />

dalla madre anche dopo il parto, facendo del<br />

h NONCREDO h 15<br />

55


h NONCREDO h 15<br />

56<br />

L’UOMO<br />

cervello uno strumento neonatale atto a svolgere,<br />

dopo il parto, le stesse funzioni svolte<br />

prima dalla placenta. Ma non solo! I geni del<br />

padre tendevano a produrre nel figlio dei circuiti<br />

nervosi che lo rendevano “esigente” nel<br />

sollecitare cure ed attenzioni da parte della<br />

madre. La strategia dei geni materni, al contrario,<br />

favoriva lo sviluppo nel figlio di un<br />

cervello meno egoista e capriccioso.<br />

.. ed è il risultato di un armistizio<br />

Ovviamente la battaglia si è risolta con un armistizio<br />

evolutivo! Infatti la vittoria eclatante<br />

di una parte sull’altra avrebbe significato comunque<br />

la morte per tutti poiché una specie<br />

che non si riproduce è morta, evolutivamente<br />

parlando. La base su cui venne firmato<br />

l’armistizio fu l’invenzione di una<br />

nuova entità evolutiva: il gruppo sociale<br />

madre-figlio. Da allora ogni mutazione che<br />

influenzava la battaglia fra i sessi venne selezionata<br />

favorevolmente se migliorava la<br />

sopravvivenza di questa nuova entità. La<br />

maggior parte di tali mutazioni favorevoli,<br />

che divennero perciò parte del patrimonio<br />

genetico della specie, furono a carico dello<br />

sviluppo del cervello, soprattutto di quello<br />

materno. Oltre ai circuiti responsabili delle<br />

cure parentali cioè “del fare” (preparazione<br />

del nido, allattamento, leccare e strigliare i<br />

piccoli, riportarli nel nido se escono, proteggerli<br />

dai predatori…) si svilupparono ulteriormente<br />

i circuiti nervosi responsabili “del<br />

sentire” fra cui la tendenza empatica. Infatti,<br />

senza una corretta percezione dei sentimenti<br />

e delle emozioni del figlio diventa problematico<br />

per la madre fornire la corretta “prestazione<br />

d’opera”. L’empatia, nella sua<br />

forma più primitiva, si è quindi evoluta<br />

come un antichissimo strumento per gestire<br />

il primo rapporto sociale, quello fra madre e<br />

figlio. Tecnicamente l’armistizio fra i sessi fu<br />

ottenuto grazie a dei meccanismi molecolari<br />

(imprinting genomico) che permettono di<br />

controllare l’espressione di certi geni in base<br />

al fatto che siano di origine materna o paterna.<br />

Eleganti studi hanno permesso di evidenziare<br />

le parti del cervello che si<br />

sviluppano a partire da cellule a controllo<br />

materno o paterno. E’ in <strong>questo</strong> modo che i<br />

genitori non solo esercitano geneticamente<br />

un controllo sulla crescita corporea dell’embrione<br />

ma indirizzano anche in modo specifico<br />

le dimensioni, l’organizzazione ed il<br />

funzionamento del suo cervello, insomma<br />

controllano il suo futuro comportamento.<br />

L’empatia è una pietra fondante dell’evoluzione<br />

della socialità<br />

Si stanno accumulando dati sperimentali che<br />

mostrano come il cervello sociale abbia le sue<br />

radici più profonde nei circuiti “inventati”<br />

per la gestione del primo rapporto sociale:<br />

quello fra madre e figlio. Quei “vecchi” circuiti<br />

nervosi furono cooptati e sempre più<br />

ampliati per gestire i rapporti sociali che divenivano<br />

sempre più complessi in quelle<br />

specie che, per sopravvivere, avevano intrapreso<br />

la linea evolutiva della socialità. Nelle<br />

specie sociali l’unità evolutiva è il gruppo sociale<br />

al cui interno, però, esistono enormi<br />

conflitti di interessi. Il principale è fra il singolo<br />

individuo e tutti gli altri: istintivamente<br />

il singolo individuo tende ad estrarre dagli<br />

altri quante più risorse possibili per la propria<br />

sopravvivenza e gli altri tendono a limitare<br />

tale “sfruttamento”. In questa nuova<br />

battaglia vennero usati i vecchi strumenti,<br />

adattandoli alle nuove e più complesse problematiche:<br />

i geni sotto il controllo paterno<br />

che favoriscono l’estrazione di risorse dagli<br />

altri e i geni sotto il controllo materno che<br />

mettono freni a questi comportamenti egoistici.<br />

Per la gestione di <strong>questo</strong> conflitto (ad<br />

esempio per capire chi si sta approfittando<br />

degli altri e per prendere le opportune contromisure)<br />

fu ovviamente necessario rafforzare<br />

e raffinare, prima di tutto, i circuiti<br />

nervosi che permettevano di riconoscere i<br />

sentimenti e le intenzioni altrui, cioè l’empa-


tia.<br />

Anatomia e fisiologia dell’empatia<br />

L’empatia, come detto, è il risultato dell’attività<br />

di specifici circuiti nervosi. Le regioni<br />

del cervello coinvolte nel generare la tendenza<br />

empatica sono molte poiché molti<br />

sono i “tipi” di empatie: si va dalla percezione<br />

di stati interni come il dolore ed il disgusto<br />

a quella con cui si valutano false<br />

credenze o si cerca di scoprire un inganno.<br />

Per generare l’empatia è quindi al lavoro una<br />

complessa rete nervosa che percepisce i diversi<br />

aspetti del comportamento altrui ed<br />

elabora adeguati comportamenti di risposta.<br />

Partecipano alla comprensione delle emozioni<br />

“regioni” nervose sia affettive, sia motorie,<br />

sia cognitive superiori. L’accuratezza<br />

NonCredo Ergo Sum?<br />

L’UOMO<br />

della tendenza empatica dipende dall’attività<br />

dei sistemi dei neuroni specchio che sono la<br />

struttura anatomica che dà la capacità innata<br />

di internalizzare, assimilare, imitare lo stato<br />

di un’altra persona. Grazie a <strong>questo</strong> sistema,<br />

l’osservazione di un’azione eseguita da un<br />

altro induce l’automatica simulazione della<br />

stessa azione nel cervello dell’osservatore;<br />

<strong>questo</strong> meccanismo di simulazione è alla<br />

base di una forma implicita di comprensione<br />

delle azioni e comprensione/immaginazione<br />

delle intenzioni altrui. Il processo di simulazione,<br />

reso possibile dai sistemi dei neuroni<br />

specchio, inizia già a poche ore dalla nascita<br />

e le esperienze precoci di interazione con la<br />

madre sembrano importanti per il “settaggio”<br />

del sistema e quindi della capacità di interagire<br />

con gli altri.<br />

Fede o Spiritualità? Apparire o Essere?<br />

PARLIAMONE sul BLOG di NONCREDO<br />

www.noncredo.it/blog<br />

Webmaster: n.bernardi@religionsfree.org<br />

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58<br />

L’UOMO<br />

Laico diritto di non soffrire<br />

I suicidi in carcere<br />

di Gianfranco Vazzoler, primario ospedaliero - laurea in filosofia e in bioetica<br />

Pordenone, 14 giugno 2010, sentenza di I°<br />

grado: ergastolo.<br />

Ergastolo per El Katawi Defani, marocchino,<br />

che il 15 settembre scorso ha ucciso la figlia<br />

Sanaa di 18 anni perché viveva con un italiano.<br />

Un altro ergastolano!<br />

Quel che colpisce nella società carceraria è il<br />

numero in continuo aumento dei suicidi.<br />

L’ultimo il 6 giugno scorso.<br />

Quanti sono i suicidi in carcere in Italia?<br />

Nel 2005 sono stati 57;<br />

nel 2009 sono stati 72 su 60.000 carcerati di<br />

cui il 27 % sono tossicodipendenti e il 2.5 %<br />

sono malati di AIDS pari a 1.525 persone; ma<br />

è un dato non corrispondente a realtà perché<br />

il test su HIV è facoltativo e almeno due terzi<br />

dei detenuti tossicodipendenti rifiutano di<br />

sottoporsi all’analisi specifica. 1<br />

Al 14 maggio scorso c’erano 67.593 detenuti<br />

a fronte di 44.218 posti; ben oltre al limite di<br />

tollerabilità. 2<br />

Il dramma dei carcerati va visto non solo e<br />

principalmente nella libertà negata ma anche<br />

nelle condizioni ambientali; all’interno della<br />

cella adibita all’accoglienza di 1 sola persona<br />

ne vivono mediamente 3. 3<br />

129 suicidi in 2 anni significano un’immensa<br />

sofferenza!<br />

La sofferenza, condizione di dolore che riguarda<br />

il corpo ma anche il vissuto della persona<br />

e può, nel caso specifico, essere<br />

espressione di una afflizione interiore profonda<br />

e prolungata nel tempo. Può provocare<br />

quindi un disturbo psicologico con il<br />

risultato di una grave depressione causa di<br />

azioni condannabili in fase non depressiva.<br />

La sofferenza può contrarre la personalità<br />

fino alla perdita di ogni dignità; la sofferenza<br />

è “per sé” (anche per coloro che credono di<br />

trovare un senso) un male.<br />

Vi è un diritto cioè il diritto di ognuno di tentare<br />

di non soffrire.<br />

Ma quando la sofferenza, che è un atteggiamento<br />

individuale di accettazione o di non<br />

accettazione essendo legata alla propria<br />

espressione di libertà e autonomia, risulta insostenibile<br />

allora nasce il desiderio profondo<br />

di annullarla mediante il suicidio. Ecco i 129<br />

suicidi.<br />

Ma da questa sentenza di Pordenone si<br />

evince una indifferenza non solo per il processo<br />

ma anche per le conseguenze del processo,<br />

cioè l’immissione “a vita” di una<br />

persona nella “bolgia” carceraria assieme<br />

agli altri “sofferenti”.<br />

Questi fatti ci appaiono estranei; si può dire:<br />

“in fondo sono fatti loro”.<br />

Se non sono fatti loro, allora bisogna provocare<br />

un ripensamento capace di ridurre questa<br />

sofferenza e modificare la situazione.<br />

Se lo Stato non è capace di assumersi <strong>questo</strong><br />

problema e risolverlo allora sia la Chiesa a<br />

“gridare” che la sofferenza non è “un diritto<br />

della persona”. Non si limiti come ha fatto il<br />

papa, Benedetto XVI, il 2 maggio 2010 a Torino,<br />

a dire “il conforto di Maria in particolare<br />

per… i malati, i carcerati …”. “Così, nel<br />

cuore di Maria, è custodito il mistero del<br />

volto di Cristo, mistero di morte e di gloria<br />

… e riconoscere in quel volto umano (la sindone)<br />

il volto di Dio con sguardo d’amore e<br />

di fede”. 4<br />

Ma intanto ci sono 129 suicidi in carcere in 2<br />

anni e 29 detenuti morti suicidi fino a oggi<br />

(18/06 /2010) e 45 tentativi di suicidio.<br />

Non possiamo invocare l’affermazione di


Maria Teresa di Calcutta che dice: “…stai<br />

soffrendo come Cristo sulla croce…” 5<br />

La sofferenza purifica fino in fondo il nostro<br />

cuore tanto da renderlo caro a dio oppure al<br />

contrario lo intorpidisce, lo annebbia, lo<br />

rende cattivo?<br />

Questo dovremmo riflettere di fronte ai suicidi<br />

in carcere e provvedere oppure il suicidio<br />

in carcere è un atto accettato e<br />

giustificato?<br />

***<br />

1 Italy.indymedia.org<br />

2 Corriere Sera- Sette,n.24,17 giugno 2010,p.71<br />

3<br />

http://www.caffenews.it/?p.6887<br />

4<br />

Radio Vaticana , 2 maggio 2010<br />

5<br />

C.Hitchens,La posizione della missionaria,Ed.Minimum<br />

fax,Ponte Milvio 28,Roma,2003,p.7<br />

Gruppo autonomo<br />

di Facebook<br />

L’UOMO<br />

Una persona per essere un ciadino onesto, morale, giusto NON ha bisogno di isciversi<br />

ad un partito politico e tantomeno di appartenere ad una qualsiasi religione<br />

facendosene condizionare: bastano l’Etica e il senso di libertà con il solo limite della<br />

libertà altrui.<br />

Rivalutiamo la figura del NonCredente, e per <strong>questo</strong> la Fondazione ReligionsFree<br />

ed il bimestrale NonCredo hanno costituito su Facebook il Gruppo aperto “Identità<br />

Culturale NonCredenti” di cui chiunque può liberamente e autonomamente far<br />

parte.<br />

Il NonCredente è chi non si riconosce in nessuna religione, né in riti, nè in un pensiero<br />

altrui che non sente come proprio, egli è pertanto: una persona intelleualmente<br />

libera, comportamentalmente responsabile ed eticamente autonoma.<br />

Costruiamo insieme la concreta Realtà Sociologica dei NonCredenti<br />

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60<br />

L’UOMO<br />

Una disamina umana contro pregiudizi anti-umani<br />

Quando l’omosessualità è anche Amore<br />

di David Giacanelli, giornalista<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Il cinque per cento della popolazione mondiale e di quella italiana risulterebbero essere omosessuale, cittadini come<br />

gli altri, come i mancini o gli albini, i vegetariani o gl invalidi. Cittadini che aspirano al diritto alla serenità nel rispetto<br />

delle leggi che un Parlamento, in cui gli omosessuali si guardano bene dal venire onestamente e democraticamente<br />

allo scoperto, si guarda bene dall’adottare, come ha già fatto ovunque il mondo civile, a protezione dei diritti<br />

personali e familiari di questa minoranza cui sono appartenuti nella storia grandissimi artisti, scienziati e uomini<br />

di potere.<br />

Non è passato il disegno di legge contro<br />

l’omofobia.<br />

L’argomento più dibattuto nel nostro paese<br />

rispetto ai generi e alla loro tutela, proprio<br />

negli ultimi mesi, è stata la proposta di legge<br />

presentata dal deputato del partito democratico<br />

Paola Concia contro l’omofobia. La<br />

Concia, attraverso un lavoro faticoso e certosino,<br />

ha cercato di fare approvare un testo di<br />

legge che stigmatizzasse ogni atteggiamento<br />

omofobo. Dal Governo ci sono stati solo voti<br />

contro o astensioni. Questo fa male. Prima di<br />

tutto perché siamo rimasti tra gli ultimi<br />

paesi, in Europa, a non avere una legge che<br />

tuteli gli omosessuali da una qualsiasi forma<br />

di violenza. Soli assieme alla Grecia, Cipro,<br />

Malta e poche retrograde lande ancora. L’argomentazione<br />

più diffusa, a suffragare<br />

quella mancata approvazione del disegno di<br />

legge, è che in realtà nel nostro Paese non si<br />

può creare una norma ad hoc per le discriminazioni<br />

verso gli omosessuali, poiché altrimenti<br />

bisognerebbe farlo nei confronti di<br />

ogni “minoranza”. “Ché la Costituzione -<br />

sempre secondo <strong>questo</strong> Governo - conterrebbe<br />

già quanto sufficiente alla tutela dell’individuo”.<br />

Questo significa asserire che se<br />

qualche omosessuale è stato vittima di stalking,<br />

mobbing, aggressione verbale e fisica, si<br />

è trattato di un caso isolato, non riconducibile<br />

ad una discriminazione di genere ma,<br />

ancora, significa che l’omosessuale è una<br />

“minoranza” numerica e, pertanto, non determinante<br />

ai fini di un disegno di legge. Eppure,<br />

da qualche parte, si dovrà pur<br />

cominciare. Se un gruppo di parlamentari<br />

solleva la questione sull’omosessualità reiterate<br />

volte negli ultimi anni, questa non può<br />

più essere disattesa.<br />

Omosessualità e pregiudizio.<br />

Abbiamo rappresentanti dell’attuale Governo<br />

che si rifiutano di pensare che la percentuale<br />

di omosessuali nel nostro Paese stia<br />

diventando consistente e preferisce immaginarla<br />

una nota naif e riottosa dei tempi<br />

d’oggi. La concepisce come fenomeno di libertà<br />

sessuale ostentata, torbido gorgo dove<br />

finiscono istinti primitivi e incontrollati, sempre<br />

“contro natura”. All’omosessuale continua<br />

ad essere associato un percorso<br />

esperienziale anticonvenzionale, ammesso<br />

che esista una convenzione insindacabile, e<br />

perciò surrogato di libido e promiscuità: una<br />

dimensione indefinita o, peggio, indefinibile.<br />

Non esiste, ancora, alcuna consapevolezza<br />

dell’omosessualità, della sua estensione territoriale,<br />

della necessità di accettarla come<br />

ogni altra realtà. Esiste invece: trattasi, almeno,<br />

del 5% della popolazione mondiale.<br />

Pervicace resiste, invece, una sua strumentale<br />

e grottesca rappresentazione. All’Amore<br />

omosessuale viene associato un mondo teso<br />

al semplice soddisfacimento del piacere fi-


sico, alla soddisfazione dei sensi. Sicuramente<br />

c’è anche <strong>questo</strong>, come nella rappresentazione<br />

di tutti gli amori esistenti, ma ci<br />

sono tutte le altre componenti, non meno importanti,<br />

di una qualsiasi relazione. Una relazione<br />

di significato, che abbia una minima<br />

riconoscibilità temporale, una forma che è<br />

pure sostanza. Quando ci troviamo a parlare<br />

di Amore e omosessualità, abbondano le rappresentazioni<br />

rozze e svilenti di questa complessità.<br />

L’Amore, quello vero, che abita la<br />

mitologia come la letteratura di ogni tempo,<br />

non può escludere alcun genere. E’ presente,<br />

occupa il suo spazio in ogni contesto e dimensione<br />

relazionale per riempirli di ulteriore<br />

significato.<br />

Globalizzazione e amore omosessuale.<br />

Amore: puro e reale sentimento di due persone<br />

che si scelgono, degno di essere considerato,<br />

rispettato e tutelato. La<br />

globalizzazione ha sicuramente condizionato<br />

anche le storie legate all’omosessualità. L’<br />

amore ai tempi delle chat, di internet, della<br />

comunicazione veloce, della frantumazione<br />

delle barriere temporali, dell’edonismo sfrenato,<br />

del consumo immediato e del collezionismo<br />

di partner differenti, esiste e<br />

sopravvive. Per alcuni omosessuali anche<br />

l’esperienza in se può essere interpretata<br />

come Amore. Soprattutto se parliamo di persone<br />

anaffettive, che mostrano certa difficoltà<br />

a costruire un rapporto duraturo.<br />

Queste stesse persone, però, esaurita la fase<br />

esplorativa ed appagante, generalmente cominciano<br />

a trarre delle considerazioni spiacevoli,<br />

a porsi domande sulla propria<br />

solitudine. Vorrebbero un rapporto differente<br />

ma non sono capaci di costruirlo o, più<br />

semplicemente, non avendolo mai vissuto, lo<br />

temono. Per <strong>questo</strong> motivo continuano ad essere<br />

bloccate, sospese nel limbo irrisolto del<br />

sesso continuo, veloce e sempre diverso. Nel<br />

Parlamento del nostro Paese si chiedono<br />

delle norme che tutelino l’omosessuale in generale,<br />

come l’Amore presente nelle sue sto-<br />

L’UOMO<br />

rie, inerme creatura rispetto al pregiudizio di<br />

chi non ha capacità culturale per comprenderlo<br />

e accettarlo. Norme che garantiscano<br />

tutti i diritti alle persone che lo provano.<br />

Dell’Amore continuiamo a dibattere. Del<br />

fatto che in Italia la popolazione omosessuale<br />

dovrebbe rappresentare più del 5% di quella<br />

nazionale, riproducendo approssimativamente<br />

lo stesso campione mondiale come<br />

poc’anzi descrivevo. Da quest’anno è intervenuto<br />

anche l’Istat a fare luce sui numeri<br />

con una nuova voce nella quale si è invitati a<br />

specificare se si è conviventi in coppia ed è<br />

possibile, finalmente, menzionare se con<br />

compagno dello stesso o differente sesso. La<br />

popolazione cambia, così la statistica sente<br />

l’esigenza di utilizzare criteri più precisi per<br />

identificarne la compagine, certa Politica, invece,<br />

non sembra cambiare. Sarà interessante<br />

aspettare i risultati di quest’ultimo censimento<br />

per capire quante sono, realmente, le<br />

coppie di fatto in Italia. E da quest’ultimo<br />

dato sviscerare quante quelle omosessuali e<br />

quelle eterosessuali. Uno stimolo in più, si<br />

spera, perché la politica torni ad interrogarsi<br />

e a legiferare su nuove forme di tutela di<br />

questa coppia di fatto, di sesso e Amore. ‘Ché<br />

non è solo libido, voglia di disimpegno etico<br />

e morale, come è piaciuto per anni raccontarsi<br />

a certo clero e alla maggioranza della<br />

popolazione allevata in un format precostituito<br />

e insindacabile, con regole ataviche, impossibili<br />

da ridiscutere.<br />

Omosessualità e narrativa contemporanea.<br />

Se penso a David Leawit ma, ancora, oltrepassando<br />

l’oceano allo scrittore marocchino<br />

Abdellah Taia, solo per fare due esempi di<br />

vecchia e giovane generazione, due stranieri,<br />

uno appartenente al mondo occidentale più<br />

disinibito e aperto, l’altro talento emergente<br />

con maggiori difficoltà di coming out poiché<br />

nato in uno paese islamico, mi rendo conto<br />

che se l’Amore nella coppia omosessuale è<br />

concepito ancora in modo grottesco è per via,<br />

anche, di chi lo tratta. Romanzi sul mondo<br />

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62<br />

L’UOMO<br />

omosessuale ce ne sono, ma quanti hanno<br />

scritto di una storia d’amore esaltandone<br />

proprio l’elemento affettivo, passionale, del<br />

sentimento allo stato puro? Più spesso nella<br />

letteratura e narrativa, l’amore omosessuale è<br />

ridotto alla ossessiva e meticolosa descrizione<br />

della soddisfazione di impulsi, alla<br />

promiscuità più o meno tacita della coppia,<br />

alla condivisione delle proprie esperienze<br />

parallele. Per lo meno, <strong>questo</strong> avviene sovente<br />

per la letteratura contemporanea sul<br />

genere. Si parla di “esercito della salvezza”,<br />

nel romanzo omonimo di Abdellah Taia, sviscerando<br />

la necessità di affidarsi ad una<br />

struttura reale e personale, fatta di esperienza<br />

maturata, del sostegno di amici, di<br />

enti, di una cultura pronta ad accogliere<br />

qualsiasi difficoltà le bussi alla porta per sopravvivere<br />

alle discriminazioni, ma poco si<br />

approfondisce il legame d’amore nella coppia<br />

omosessuale. E basterebbe scriverne, cominciare<br />

a farlo in modo sistematico:<br />

spiegare la coppia, raccontare le esperienze<br />

felici e durature, descrivere l’amore e tutte le<br />

sue componenti: le dipendenze, la necessità<br />

di ritrovarsi continuamente, di appoggiarsi<br />

e costruire baluardi, il proteggersi.<br />

Questi sono solo esempi immediati che mi<br />

vengono in mente. In <strong>questo</strong> modo, forse, le<br />

storie perderebbero di tensione narrativa, sarebbero<br />

un po’ piatte e, per alcuni, potrebbero<br />

risultare sdolcinate e poco<br />

rappresentative. La capacità di interessare<br />

spetta, però, a chi tratta il tema. Uscire fuori<br />

dai più comuni cliché che accompagnano<br />

ogni manifestazione del mondo omosessuale<br />

per rendergli giustizia e restituirgli la dignità<br />

e considerazione che merita: <strong>questo</strong> il traguardo<br />

principale che possiamo declinare in<br />

ogni ambito, non solo narrativo, della nostra<br />

società. Questo è il punto da tenere a mente,<br />

che non contrasta con la componente squisitamente<br />

sessuale di ogni rapporto, bensì ne<br />

completa la consistenza. A <strong>questo</strong> punto mi<br />

chiedo, però, se la scelta sempre parziale<br />

nella rappresentazione dell’omosessualità<br />

sia consapevole e studiata, perché rispon-<br />

dente ad esigenze di mercato e rassicurante<br />

per tutti quei palati pronti alla discriminazione.<br />

Amore e omosessualità continua ad<br />

essere, ai giorni nostri, un binomio appena<br />

accennato e indagato, collocato nell’angolo<br />

buio dell’enorme attenzione riposta sull’aspetto<br />

prettamente sessuale. Il sesso fa<br />

sempre notizia: solletica e soddisfa i pruriti<br />

di chi vive prigioniero di convenzioni e ha<br />

necessità di spiare con ingordigia gli aspetti<br />

materiali di ogni relazione.<br />

Le reti trasversali che si battono per il riconoscimento<br />

dei diritti degli omosessuali.<br />

Proprio negli ultimi mesi si è tenuto a Roma<br />

il congresso fondativo della onlus “Equality<br />

Italia”, che si occupa, tra le differenti tematiche,<br />

anche del riconoscimento dei diritti per<br />

le persone lgbt. E’ interessante constatare<br />

quanto ci si debba battere con tutte le energie<br />

possibili, ancora oggi, per il riconoscimento<br />

di una identità e dei suoi diritti. Proposte e<br />

dibattiti ce ne sono tanti: sono emersi anche<br />

in <strong>questo</strong> ultimo convegno, dove sono stati<br />

ribaditi tutti gli amori possibili, l’intenzione<br />

di combattere ogni forma di discriminazione,<br />

di fare di queste istanze i punti programmatici<br />

di un’agenda politica con la quale presentarsi<br />

alle prossime elezioni. I buoni<br />

propositi dimostrati da parlamentari di eterogenee<br />

aree politiche incredibilmente convergono<br />

anche sull’amore omosessuale, ma<br />

non si capisce il motivo per il quale, al momento<br />

di legiferare, almeno in passato, ci si è<br />

sempre impaludati. E non può essere esclusivamente<br />

perché viviamo in un paese fortemente<br />

cattolico e per il condizionamento<br />

politico che provvedimenti seri ma impopolari<br />

comporterebbero, per il timore cioè di<br />

vedere frantumarsi alleanze politiche proprio<br />

sul superamento dei pregiudizi legati a<br />

questi temi. Molti parlamentari si dichiarano<br />

laici, a destra come a sinistra, molti sono credenti<br />

non osservanti, eppure impedimenti e<br />

incomprensioni non terminano mai.


La Chiesa.<br />

Non dimentichiamo che l’attuale pontefice,<br />

nei mesi scorsi, ha parlato di necessità di purificare<br />

l’aria, che le Istituzioni debbono dare<br />

Sensibilità di Leopardi<br />

L’UOMO<br />

per prime il “buon esempio”. Ecco. Facciamo<br />

ripartire il “buon esempio” anche dal riconoscimento<br />

di nuove forme relazionali, che<br />

sono già realtà, e tracimano Amore.<br />

Nello “Zibaldone”, Leopardi confessa se stesso con estrema sincerità. In particolare si sofferma<br />

sulla propria capacità di “tenuta” dell’esistenza. Altrove, il grande poeta afferma che<br />

la denuncia di cedimenti non si deve alle sue condizioni di salute, notoriamente precarie da<br />

sempre, ma a profonde riflessioni, allo scavo in se stesso, che lo hanno portato puntualmente<br />

a sconsolazioni problematiche e drammatiche.<br />

Pochi hanno centrato come lui il male di vivere. Pochi sono riusciti a rappresentare con<br />

tanto effetto la nostalgia per la vita che se ne va, il mondo che scompare (mentre, è chiaro,<br />

a scomparire siamo soltanto noi). Ma in Leopardi non c’è disperazione, c’è dolore, c’è delusione,<br />

prontamente riscattate da “colpi d’ala” che rendono preziosi questi sentimenti, che li<br />

trasformano e li sublimano.<br />

Scetticamente, il poeta raccomanda di non pensare troppo: ne parla come di un antidoto sicuro<br />

contro la depressione. Raccomanda anche di non genuflettersi. Implora di agire, di<br />

non stare con le mani in mano a compiangersi, ma di distrarsi con l’azione e nell’azione: e<br />

pazienza se poi non si fa granché.<br />

Ma non è questa la parte interessante del pensiero leopardiano. Molto più interessanti sono<br />

i sottintesi. Grazie ai quali, appare evidente che Leopardi si riferisce ad un mondo ideale che<br />

effettivamente esiste. Un mondo nel quale, per lo meno, l’opinione umana conta, anzi è determinante<br />

ed è in sintonia con le leggi della Natura. “La Natura è grande, la ragione è piccola”,<br />

ripete il poeta all’infinito. Ma nella frase appare implicita la possibilità della ragione<br />

di arrivare a capire la Natura: intanto celebriamola, esaltiamola romanticamente senza<br />

smancerie.<br />

Senza darlo a vedere, il poeta sostiene una tesi per cui non siamo ancora in grado di apprezzare<br />

interamente la Natura perché la nostra ragione è ancora in fasce, si perde in piccole<br />

cose (se non la si usa, è peggio, si cade nella religione, nel fanatismo). Allora agire sì,<br />

ma con la speranza e quindi certezza di capire cosa si sta facendo. In fondo, ci crede anche<br />

il poeta di Recanati, lo sente possibile e legittimo.<br />

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L’UOMO<br />

BIOETICA & DIRITTI<br />

di Valerio Pocar, già prof. Bioetica e Sociologia del diritto, università Milano<br />

Le riviste hanno i loro tempi. Scrivo all’inizio di novembre 2011 e può darsi che, quando voi,<br />

cari lettori e lettrici, prenderete visione di <strong>questo</strong> numero di NonCredo, la situazione sia<br />

cambiata..<br />

La discussione al Senato per la definitiva approvazione del famigerato testo di legge sul testamento<br />

biologico era “calendarizzata” (orribile! ma così si dice) per metà settembre. Non<br />

se ne è più parlato. Poco male, per un verso, perché la probabilità che quel testo sciagurato,<br />

irragionevole, costituzionalmente illegittimo e irrispettoso dei diritti fondamentali dell’individuo<br />

diventasse definitivamente legge erano (sono) molto elevate. Ma la questione è di<br />

metodo.<br />

E’ semplicistico spiegare il silenzio col fatto che le vicende economiche e sociali di <strong>questo</strong><br />

infelice Paese impongono - maiora premunt - di occuparsi d’altro. La regolazione delle direttive<br />

anticipate, infatti, ha poco a che fare con l’economia e rappresenta una riforma a<br />

costo zero. Il rinvio sine die non può scusarsi con imprescindibili ragioni di bilancio. Il caso<br />

è piuttosto un esempio di ciò che non dovrebbe succedere in uno stato laico e democratico.<br />

E’ chiaro il balletto. Il governo vorrebbe ancora l’appoggio della Chiesa, ma sa che quest’ultima<br />

sembra ormai aver cambiato cavallo, quello vecchio essendo ormai del tutto impresentabile<br />

alla comunità dei fedeli. La Chiesa, a sua volta, non può insistere per<br />

l’approvazione di un provvedimento che rappresenterebbe sì una sua vittoria, ma la coinvolgerebbe<br />

in una scelta politica ormai rifiutata. Dal canto suo anche l’opposizione è ben<br />

lieta che non si affronti un tema di contrasto e di divisione, infarcita com’è di personalità che<br />

si permettono di dichiarare che, poste di fronte all’alternativa, non esiterebbero a favorire<br />

le pretese vaticane a scàpito delle scelte della politica dello stato (si potrebbero fare nomi e<br />

cognomi) e al tempo stesso protesa a trovare (fors’anche con qualche ragione, ma il punto<br />

non è <strong>questo</strong>) convergenze per maggioranze alternative con formazioni politiche che del<br />

riferimento ai dettami delle gerarchie cattoliche fanno la loro bandiera e anzi la loro stessa<br />

ragion d’essere.<br />

Questo è il teatro della bassa politica nostrana., condizionata, su questi temi, ma non solo,<br />

dall’ipoteca clericale e dal desiderio di lisciare il pelo alla Chiesa per catturarne il favore.<br />

Sono però in gioco - piccolo particolare - diritti fondamentali degli individui. Che alla politica<br />

per come è oggi - ma non è sempre stato così - e alle gerarchie ecclesiastiche cattoliche<br />

poco importi dei diritti fondamentali delle persone non è cosa esattamente nuova e non<br />

sorprende. Almeno quando non costa, però, e non vi sono rischi per le scelte economiche e<br />

finanziarie, giuste o sbagliate che siano (sbagliate), non sarebbe più decente e preferibile<br />

sotto il profilo morale e giuridico prendere sul serio le esigenze degli individui, come quelle<br />

che concernono le scelte cruciali della loro salute, della loro vita e della loro morte?


E invece dio gioca ai dadi<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

Il recentissimo dilemma tra neutrini<br />

e velocità della luce<br />

di Renato Potenza, prof. Fisica dei neutrini univ. Catania, ricerc. CERN<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Siamo alle soglie di una nuova rivoluzione nel pensiero scientifico? L’annuncio che alcune misure, effettuate da<br />

un gruppo che sta conducendo un grosso esperimento sui neutrini presso il nostro laboratorio italiano del Gran<br />

Sasso, hanno probabilmente messo in luce che queste particelle si muovono, nel nostro universo, con una velocità<br />

superiore a quella della luce nel vuoto, ha messo letteralmente in subbuglio il mondo scientifico, e non solo<br />

quello dei fisici<br />

Da più di un secolo, dal lontano 1905,<br />

quando Einstein pubblicò i suoi famosi articoli<br />

sulla teoria della relatività, nessuno metteva<br />

in dubbio che la velocità della luce nel<br />

vuoto, 299.796 km/sec, fosse la massima velocità<br />

per qualsiasi oggetto mobile nel nostro<br />

universo e tutti gli esperimenti finora effettuati<br />

avevano confermato le affermazioni di<br />

Einstein. Ipse dixit, dunque? Come tanti secoli<br />

fa? Beh, sì! Nonostante si viva in un’era<br />

pervasa dalla mentalità scientifica, le vecchie<br />

abitudini son dure a morire. Nessun ricercatore,<br />

per quanto bravo e stimato avrebbe mai<br />

ricevuto una lira di finanziamento pubblico<br />

o privato se avesse confessato di voler provare<br />

con ulteriori misure il principio che fa<br />

della velocità della luce nel vuoto la velocità<br />

limite per tutti i corpi esistenti nel nostro universo.<br />

E infatti lo scopo dichiarato dell’esperimento<br />

in seno al quale le misure di velocità<br />

dei neutrini sono state effettuate è quello si<br />

studiare i neutrini stessi e le loro proprietà<br />

(tra cui appunto le loro velocità quando si<br />

spostano da un punto all’altro dell’universo,<br />

velocità che tuttavia mai si sarebbero potute<br />

a priori immaginare superiori a quella della<br />

luce!).<br />

La falsificabilità popperiana delle proposizioni<br />

scientifiche<br />

Eppure Karl Popper, nel lontano 1934 aveva<br />

affermato, e <strong>questo</strong> è oggi accettato universalmente,<br />

che qualsiasi proposizione nel discorso<br />

umano si può dire scientifica solo se è<br />

formulata in modo da poter essere falsificata.<br />

E si badi che per dichiarare superata una teoria<br />

scientifica, anche gloriosa come quelle di<br />

Newton (moto dei corpi e gravitazione) o<br />

quelle parallele di Einstein (relatività del<br />

moto detta relatività speciale e teoria relativistica<br />

della gravitazione detta relatività generale)<br />

basta un solo esperimento che la<br />

contraddica, mentre occorrerebbero infiniti<br />

esperimenti di conferma per dichiararla assolutamente<br />

vera.<br />

Per ciò che riguarda la teoria della relatività<br />

di Albert Einstein per la verità, come ormai<br />

succede per tutte le teorie scientifiche, tentativi<br />

di falsificazione sono già in corso da diversi<br />

anni, ma si tratta di difficili esperimenti<br />

indiretti, che avrebbero falsificato la teoria<br />

mostrando false, se avessero avuto successo,<br />

certe lontane e nascoste conseguenze, tipico<br />

cibo degli esperti, che comunque si sarebbero<br />

dovute controllare, se non altro per<br />

completezza.<br />

Nessuno pensava di poter giungere alla falsificazione<br />

diretta del secondo postulato fondante<br />

della teoria: la velocità della luce come<br />

velocità limite nell’universo in cui viviamo.<br />

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66<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

I neutrini, i piccoli discoli dello zoo delle<br />

particelle elementari<br />

Ma, se c’era da pensare minimamente a<br />

quale delle particelle conosciute ci si sarebbe<br />

dovuti rivolgere per un simile sconvolgente<br />

risultato, ebbene, solo i neutrini si sarebbero<br />

potuti prestare al gioco.<br />

Conosciamo tre diversi neutrini. Sono le particelle<br />

più leggere tra i cosiddetti “mattoni”<br />

della materia, che sono 12, 6 chiamati quark<br />

e 6 chiamati leptoni. I neutrini sono leptoni e<br />

sono veramente i piccoli discoli dello zoo.<br />

Dalla loro scoperta hanno dato sempre grattacapi:<br />

non conosciamo la loro massa, cioè di<br />

quanta materia son fatti, cosa che non succede<br />

per alcuna delle particelle di cui abbiamo<br />

potuto dimostrare l’esistenza;<br />

sappiamo che almeno di due neutrini la<br />

massa non è nulla: ma allora perché, essendo<br />

trottoline come tutti gli altri 9 “mattoni”, solo<br />

per loro accade che se li guardiamo allontanarsi<br />

da noi li vediamo ruotare solo in senso<br />

antiorario, mentre le altre possiamo vederle<br />

ruotare in entrambi i sensi? E ora, se la cosa<br />

sarà confermata da nuovi esperimenti indipendenti<br />

(che saranno certamente finanziati<br />

e non ritenuti insensati), che significa che essi<br />

viaggino a velocità superiore a quella della<br />

luce, ma solamente di pochissimo?<br />

Il significato anche filosofico di <strong>questo</strong> annuncio<br />

Sappiamo già, per averlo sperimentato tra la<br />

seconda metà dell’’800 e i primi due decenni<br />

del ’900 quanto tempo porterà via l’assestamento<br />

delle teorie fisiche su nuove basi (allora<br />

prese circa 60 anni e ci son voluti 37 anni<br />

nella seconda metà del ’900 e nei primi anni<br />

2000 per riconoscere che i neutrini o almeno<br />

due di essi avevano massa non nulla) e sappiamo<br />

anche che nell’ambito di fenomeni nei<br />

quali le teorie relativistiche sono state provate<br />

corrette esse rimarranno corrette. Il superamento<br />

avrà conseguenze in due grandi<br />

campi: i viaggi spaziali e il funzionamento<br />

della gravità nell’universo sulle grandi distanze.<br />

Non è poco, ma non è tutto. La rivoluzione,<br />

se ci sarà, toccherà certamente le<br />

teorie sull’origine dell’universo, rinfocolando<br />

le polemiche tra credenti e non credenti,<br />

probabilmente a favore di questi<br />

ultimi, che potranno forse valersi, per illustrare<br />

la nascita naturale e non creata dell’universo,<br />

di una più agevole comprensione<br />

della forza di gravità, in parte liberata dai legami<br />

formidabili imposti dalla relatività generale<br />

tra spazio, tempo e gravitazione.<br />

Un’ultima considerazione<br />

E adesso consentite ad un uomo di scienza<br />

una considerazione che in fondo ha un precedente<br />

illustre nella frase di Einstein: “Dio<br />

non gioca a dadi con l’universo” (frase in cui<br />

si sbagliava: il gioco probabilistico è il fondamento<br />

del nostro universo che è regolato<br />

dalla meccanica quantistica, intrinsecamente<br />

probabilistica e non da quella classica, intrinsecamente<br />

deterministica). Perché dio,<br />

<strong>questo</strong> creatore intelligentissimo nell’idea<br />

del credente e grande mago, se visto con gli<br />

occhi dello scienziato, avrebbe dovuto formare<br />

un universo così complicato in cui non<br />

solo i fondamenti sono incerti e probabilistici,<br />

non solo per la quasi totalità degli oggetti<br />

conosciuti la velocità della luce è un<br />

limite invalicabile, ma debbano nel tutto intrufolarsi<br />

piccoli discoli indisciplinati, capaci<br />

di inficiare le più radicate credenze scientifiche?<br />

E’ forse per confermare l’immagine di<br />

alleato esigente e capriccioso che la bibbia<br />

fantasiosamente ci descrive? O non è forse<br />

più semplice ritenere semplicemente che<br />

l’universo in cui viviamo sia nato naturalmente<br />

da un semplice grumo di particelle<br />

elementari, piccolissimo, prodotto dal vuoto<br />

in cui siamo immersi con un meccanismo regolato<br />

anche nell’atto della nascita dalle leggi<br />

probabilistiche che regolano il moto di tutte<br />

le particelle, come suggerisce la recente teoria<br />

dell’inflazione per dar conto della storia<br />

dell’universo prima del big bang? In tal caso


non potremmo parlare che di capricci del<br />

caso e la cosa non ci meraviglierebbe, tanto<br />

più che potremmo seguire l’evoluzione dell’universo<br />

con la semplice applicazione delle<br />

leggi fisiche, continuamente soggette a falsificazione<br />

per permetterci una loro sempre<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

migliore comprensione. E, tanto per restare<br />

in tema, come si può notare dalle mie ultime<br />

frasi anche la teoria del big bang oggi è soggetta<br />

a falsificazione e ha già richiesto un<br />

primo completamento.<br />

NONCREDO apre a nuove iniziative editoriali ed al futuro tecnologico<br />

NonCredo amplia la propria offerta editoriale inaugurando un 2012 ricco di importanti novità.<br />

La cultura della ragione schiude nuove porte e illumina antri abbandonati da anni.<br />

NonCredo e la Fondazione ReligionsFree hanno sul tavolo di lavoro il varo di un marchio<br />

editoriale che editerà quattro libri ogni anno, affrontando, in saggi distribuiti nelle librerie<br />

di NonCredo, tutti i grandi temi della NonCredenza, libri che raccoglieranno interventi dei<br />

tanti collaboratori che hanno fatto diventare la rivista un punto di riferimento italiano su<br />

questa tematica illuministica.<br />

Nei primi mesi del nuovo anno lanceremo le versioni elettroniche della rivista ovvero collana<br />

bimestrale di volumi (dal primo numero fino a quello che state leggendo) e dei nuovi<br />

libri, per i nuovi lettori come i Tablet, Iphone, fino al Kindle di Amazon. Dopo il file .pdf che<br />

da anni accompagna la versione digitale della rivista, entrano nel vocabolario dei tanti nostri<br />

lettori anche termini come .mobi, .epub e .app<br />

A maggio 2012 poi avverrà il lancio pubblico dei nuovi progetti partecipando al salone Internazionale<br />

del Libro di Torino, che si terrà dal 10 al 14 presso il Lingotto Fiere. NonCredo<br />

e la Fondazione ReligionsFree condivideranno lo stand con Prospettiva Editrice presso il<br />

Padiglione 1, pronte a soddisfare le tante richieste di informazioni, libri, fascicoli e letture.<br />

Durante la kermesse letteraria NonCredo salirà alla ribalta sul palco con un autorevole convegno<br />

dove si parlerà di “NonCredenza ed etica senza religioni” in Italia nel nuovo millennio.<br />

A moderare l’evento il direttore Paolo Bancale, che in quella occasione avrà modo di inaugurare<br />

nuove e importanti iniziative legate alla Fondazione.<br />

La forza di un giornale è proporzionale alla sua diffusione: se vi riconoscete in tutto in<br />

parte nei nostri ideali e nel nostro messagio culturale, condivideteli con qualcuno che<br />

conoscete, parenti, amici, colleghi, ed allargate la diffusione di NonCredo.<br />

LETTORE, SII NOSTRO AMICO: ABBONA UN TUO AMICO!!! GRAZIE<br />

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PENSIERO SCIENTIFICO<br />

Dai miti di tutte le religioni alla nuda realtà<br />

La vita senza dio<br />

di Gianni Simonati, psichiatra, laurea in filosofia<br />

________________________________________________________________________________________<br />

La chiesa dopo Copernico, Darwin e Freud non può insegnare nulla sull’universo e sul mondo; si è rifugiata<br />

nella difesa della vita che viene da dio. La genetica le sta inferendo un colpo mortale. Secondo la dottrina cattolica<br />

la vita non può essersi formata da se stessa, e la fonte della vita non può essere che dio, come si legge nei<br />

Salmi: "O Eterno, … in te è la fonte della vita, e per la tua luce noi vediamo la luce" (Salmo 36:5,9).<br />

Il dogma della chiesa cattolica e delle filosofie<br />

vitaliste (Bergson, Driesch, Tellard de<br />

Chardin, filosofie della natura di moda oggi<br />

nelle pseudo medicine alternative) è che la<br />

materia vivente possieda un qualcosa di più<br />

e di diverso rispetto alla materia inorganica<br />

non vivente; qualcosa come la “anima<br />

mundi” di cui parlavano i neoplatonici nel<br />

rinascimento, che pervade la natura e le dà<br />

la vita. Le filosofie vitaliste hanno sostenuto<br />

per secoli la “generazione spontanea” della<br />

vita sulla terra ad opera di energie celesti (in<br />

cielo invece si formava l’etere luminifero, che<br />

permetteva la vita celeste). A tale entità le filosofie<br />

vitaliste hanno attribuito tanti nomi:<br />

anima mundi, entelechia, vis vitalis, èlan<br />

vital, principio intelligente.<br />

Il concetto di vita è generico, indefinito, e<br />

viene volta a volta identificato con quello di<br />

anima, di spirito, che poi viene poi ancora assimilato<br />

a ciò che è immateriale, come il pensiero,<br />

l’amore, i sentimenti, la spiritualità,<br />

cioè quel qualcosa che distingue gli esseri<br />

umani dagli esseri inferiori.<br />

A questa conclusione è invece arrivata oggi<br />

la ricerca scientifica:<br />

“Non esiste una materia vivente. Esiste una<br />

materia che costituisce gli esseri viventi e<br />

questa materia non ha alcuna proprietà particolare<br />

che non si trovi in quella che costituisce<br />

i corpi inerti”. (Francis Jakob, premio<br />

Nobel per la medicina nel 1965 per le scoperte<br />

sul controllo genetico della sintesi di<br />

virus).<br />

L’ideologia cattolica dalla spiegazione dell’universo<br />

alla spiegazione di nulla<br />

La chiesa dopo aver raccontato per secoli<br />

quale è la struttura del cosmo secondo la narrazione<br />

biblica ha dovuto ammettere che la<br />

storia della creazione è un racconto mitico;<br />

non potendo contestare i dati della astrofisica,<br />

della paleontologia e della biochimica<br />

ora deve tacere sulla struttura dell’universo,<br />

sul posto dell’uomo nel mondo e sul rapporto<br />

con le altre forme di vita sulla terra.<br />

Nell’universo illimitato dei miliardi di galassie<br />

la illusione antropocentrica di essere al<br />

centro dell’universo è indifendibile. Il cristianesimo<br />

dopo aver fatto della narrazione<br />

della creazione il centro della sua dottrina,<br />

ed essersi così ridotto ai margini di ogni sapere,<br />

ha tagliato fuori dal suo interesse il<br />

“creato”: mentre Agostino e Tommaso consideravano<br />

la natura una creazione meravigliosa<br />

in funzione dell’uomo, Kirkegaard<br />

non considera l’universo astronomico e della<br />

natura, ma solo il rapporto solitario del singolo<br />

con dio.<br />

Marginalizzata dalle scienze, la chiesa si è ricreata<br />

un ruolo come paladina della difesa<br />

della vita, affermando che la vita inizia dal<br />

momento della fecondazione e che va sem-


pre difesa perché deriva da dio.<br />

Tommaso D’Aquino sosteneva invece che<br />

l’anima viene introdotta da dio in modo graduale;<br />

il feto acquisisce prima l’anima vegetativa,<br />

poi quella sensitiva e infine la<br />

razionale, ed è solo da <strong>questo</strong> momento che<br />

il feto può essere considerato un essere<br />

umano.<br />

Ma con l’avanzare delle scienze vacilla il predominio<br />

ideologico della chiesa che elabora<br />

allora una nuova dottrina “di battaglia” su<br />

un tema allora non sfiorato dai nuovi saperi<br />

scientifici. E così nel 1869 Pio IX stabilisce<br />

che l’aborto dal momento del concepimento<br />

equivale all’omicidio.<br />

Le quattro tappe della parabola discendente<br />

della ideologia cattolica.<br />

La sintesi della vita in laboratorio resa possibile<br />

dalla scoperta del codice della vita rappresenta<br />

un potente all’ultimo baluardo<br />

ideologico sopravvissuto alle scoperte scientifiche<br />

degli ultimi due secoli, e cioè della<br />

vita come opera di dio.<br />

Prima della genetica, tre grandi rivoluzioni<br />

del pensiero e della scienza negli ultimi due<br />

secoli hanno scardinato tutta la costruzione<br />

dottrinaria cattolica che ha dominato il pensiero<br />

occidentale per quasi due millenni.<br />

Oggi nessun aspetto della realtà che conosciamo<br />

trova una spiegazione nella visione<br />

del mondo tramandata dai testi sacri.<br />

La rivoluzione copernicana sovverte l’autorità<br />

della bibbia<br />

Prima di Copernico la chiesa poteva offrire<br />

una visione dell’universo che spiegava tutto,<br />

il cielo e la terra, la natura e l’uomo. La chiesa<br />

descriveva l’universo sul modello di Tolomeo,<br />

un insieme finito costituito da nove<br />

sfere concentriche di cristallo (la sfera è la<br />

forma perfetta) al cui centro si collocava la<br />

terra; al centro della terra vi era l’uomo dotato<br />

di una doppia natura, un corpo mortale<br />

e una anima eterna partecipe della natura divina.<br />

La dottrina dell’anima permetteva di<br />

affermare la diversità e superiorità del<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

mondo organico animato rispetto al mondo<br />

inorganico senza vita. Secondo la dottrina<br />

cattolica anche gli animali possedevano una<br />

anima, mortale invece che immortale.<br />

Nel momento in cui Copernico scoperse che<br />

la terra non era al centro dell’universo e che<br />

era un pianeta come tanti altri, questa costruzione<br />

crollò. La rivoluzione astronomica<br />

di Copernico e Galileo dimostrò che l’universo<br />

è illimitato, che la terra non era il centro<br />

di nulla, ma era un punto infinitesimo<br />

sperduto fra miliardi di galassie ciascuna<br />

delle quali è composta da centinaia di miliardi<br />

di soli. Spiegare questa realtà in funzione<br />

dell’uomo era impossibile. Newton<br />

completò l’opera di desacralizzazione di Copernico<br />

e Galilei. La luna la terra e il sole dovettero<br />

essere considerati un corpo fisico<br />

come tanti altri, soggetti alle leggi della gravitazione<br />

universale e al principio di inerzia.<br />

La chiesa, dopo secoli di insegnamenti fantastici<br />

sulla struttura dell’universo, rimase<br />

ammutolita. Oggi è difficile immaginare il<br />

terribile impatto della rivoluzione copernicana<br />

sul principio di autorità della bibbia e<br />

della tradizione. La tesi eliocentrica metteva<br />

in discussione il principio dell’autorità minando<br />

la tradizione plurisecolare delle gerarchie<br />

ecclesiastiche. Era una teoria<br />

sovversiva, che dimostrava come avevano<br />

sbagliato la bibbia, Aristotele, Tommaso, e le<br />

auctorictates della tradizione.<br />

La rivoluzione darwiniana e il crollo del fissismo.<br />

I mostri.<br />

Colpita dal tremendo colpo inferto dal crollo<br />

del sistema tolemaico, la chiesa si arroccò in<br />

difesa della centralità dell’uomo per il quale<br />

dio stesso si era fatto uomo. L’uomo non era<br />

più al centro dell’universo astronomico ma<br />

rimaneva sempre al centro della creazione,<br />

in una posizione privilegiata rispetto alle<br />

altre parti del creato; erano suoi strumenti<br />

gli animali, le piante, il mondo inanimato.<br />

Per quasi due millenni la chiesa ha sostenuto<br />

la tesi già aristotelica del “fissismo” per la<br />

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PENSIERO SCIENTIFICO<br />

quale le specie sono fisse, perfette in quanto<br />

create da dio e quindi non soggette ad evoluzione.<br />

Il fissismo ha costituito la dottrina<br />

di più lunga durata della storia della scienza<br />

occidentale, anche perché si adattava perfettamente<br />

al racconto della creazione della Bibbia.<br />

C’era qualche problema in verità. Le malformazioni<br />

organiche alla nascita rappresentavano<br />

un problema per il fissismo; per <strong>questo</strong>,<br />

sia nell’epoca antica sia nel medioevo, dopo<br />

essere stato “interpretato” da un sacerdote,<br />

il mostro (animale o uomo) veniva sempre<br />

ucciso.<br />

Darwin dimostrò invece che tra animali e<br />

uomo vi era una assoluta continuità, che<br />

l’uomo condivideva con gli animali inferiori<br />

origine e sviluppo. La genetica oggi conferma<br />

che i geni del DNA umano sono gli<br />

stessi delle scimmie, dei topi, dei vermi, dei<br />

celenterati. La teoria della evoluzione ha<br />

scardinato le tesi secolari della chiesa che ha<br />

perso anche qui ogni primato dottrinario. Il<br />

fissismo è oggi un reperto archeologico sostenuto<br />

solo da alcuni gruppi antievoluzionisti<br />

americani.<br />

La rivoluzione freudiana e il demonio dentro<br />

di noi<br />

Colpita al cuore da Darwin la chiesa si rinchiude<br />

nella difesa del rapporto personale di<br />

dio con l’uomo nella interiorità della sua<br />

anima.<br />

Anche qui la ideologia della chiesa riceve un<br />

colpo terribile. Freud fa conoscere la parte<br />

oscura, sconosciuta dell’uomo e sovverte<br />

l’immagine dell’uomo al centro della attenzione<br />

di dio e di satana. Freud fa comprendere<br />

che dio e satana non sono entità<br />

trascendenti, ma sono delle forze attive all’interno<br />

della psiche umana, che si chiamano<br />

Super Io e Es. Non esiste un diavolo<br />

fuori, c’è un nostro mondo inconscio a noi<br />

sconosciuto che neghiamo e proiettiamo<br />

fuori di noi; nel demonio proiettiamo le nostre<br />

pulsioni aggressive e distruttive e il principio<br />

del piacere, in dio proiettiamo il nostro<br />

super io, il nostro padre interiore che ci impedisce<br />

la realizzazione del principio del piacere.<br />

Freud dà conferma e dignità psicologica<br />

alla affermazione di Fuerbach che non è dio<br />

che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza,<br />

ma che è l’uomo che crea i suoi dei<br />

a sua immagine e somiglianza.<br />

Il crollo delle filosofie vitaliste e la genetica<br />

La sintesi dei composti organici.<br />

Uno dei dogmi del vitalismo era che la materia<br />

organica fosse diversa dalla materia<br />

inorganica.<br />

Fino all’inizio dell’ 800 si distinguevano tutti<br />

i composti in due classi ben distinte: composti<br />

inorganici, provenienti dal mondo minerale,<br />

e composti organici, provenienti dagli<br />

organismi viventi animali e vegetali. Vi era<br />

la convinzione assoluta che fosse impossibile<br />

conferire ai composti chimici inanimati la<br />

forza vitale propria degli organismi viventi.<br />

Questo assunto crollò quando nel 1828 in<br />

Germania il chimico Friedrich Wohler riuscì<br />

a ottenere l’urea dal cianato di ammonio,<br />

una sostanza inorganica, dimostrando che le<br />

sostanze organiche, abbiano o no un principio<br />

vitale divino, seguono le normali leggi<br />

della chimica.<br />

Le successive ricerche hanno dimostrato che<br />

tutte le sostanze organiche, anche le più<br />

complesse come le proteine, gli ormoni e lo<br />

stesso DNA si possono ottenere per sintesi in<br />

laboratorio senza l’intervento di organismi<br />

vivi.<br />

La sintesi di amminoacidi dal “brodo primordiale”<br />

C’è stata una seconda tappa fondamentale<br />

negli studi sulle origini della vita che è stata<br />

dimenticata.<br />

Come sappiamo, i costituenti essenziali dell’organismo<br />

dell’uomo e degli animali sono<br />

le proteine. Le proteine sono molecole complesse<br />

formate da catene di amminoacidi<br />

(polimeri). Già oltre 50 anni fa uno scienziato<br />

ha dimostrato che gli aminoacidi (e quindi le


proteine) si possono formare in modo del<br />

tutto casuale creando un ambiente simile a<br />

quello che si suppone vi fosse nei primordi<br />

della vita del nostro pianeta.<br />

Questo scienziato è il chimico statunitense<br />

Stanley Miller. Nel 1953 Miller creò in laboratorio<br />

una atmosfera simile a quella che doveva<br />

esserci sulla terra primordiale, formata<br />

da acqua, idrogeno, metano e ammoniaca<br />

con alte temperature, scariche elettriche simulanti<br />

i fulmini e iniezione di gas a simulare<br />

le eruzioni vulcaniche. Ebbene Miller, e<br />

dopo di lui altri chimici, ottenne la formazione<br />

spontanea di amminoacidi da <strong>questo</strong><br />

miscuglio di sostanze chimiche, senza l’intervento<br />

di forze vitali sconosciute, di interventi<br />

divini o altre cose del genere. Miller<br />

dimostrò così, mezzo secolo fa, che i costituenti<br />

fondamentali dell’organismo umano<br />

si sono formati dal famoso “brodo primordiale”<br />

senza interventi di forze sconosciute<br />

insite nella materia organica.<br />

La genetica e la sintesi della vita in laboratorio.<br />

Le rivoluzione della genetica sta distruggendo<br />

alla radice le filosofie vitaliste religiose<br />

e laiche che hanno dominato il<br />

pensiero per secoli, con la stessa radicalità<br />

con cui Copernico e Galilei hanno distrutto<br />

il sistema tolemaico e la sua pretesa che la<br />

terra fosse al centro dell’universo.<br />

La rivoluzione della genetica dimostra come<br />

tutte le affermazioni della chiesa sulla vita<br />

hanno la stessa validità di quelle che affermavano<br />

essere la terra al centro dell’universo.<br />

Le dottrine ecclesiastiche sulla vita sono<br />

scientificamente improponibili ma sono la<br />

giustificazione per intervenire nella politica<br />

e nella legislazione degli stati appoggiando i<br />

movimenti politici più retrogradi ed incivili<br />

che si schierano per convenienze in difesa di<br />

questi principi.<br />

La sintesi del codice della vita<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

Il passo decisivo per la creazione della vita<br />

in laboratorio è stato compiuto da Craig Venter.<br />

Venter è colui che ha decrittato con la<br />

sua Celera Genomics il DNA umano, a pari<br />

con il National Institutes of Healt degli USA.<br />

Nel maggio dell’anno scorso Venter ha creato<br />

il primo DNA artificiale, utilizzando le informazioni<br />

immagazzinate in un computer,<br />

un sintetizzatore di DNA e alcuni composti<br />

chimici disponibili in libera vendita. Ha cioè<br />

creato un nuovo codice genetico di un nuovo<br />

essere vivente, lo ha messo in una cellula batterica<br />

privata del suo DNA e ha creato così<br />

un nuovo batterio prima inesistente.<br />

Perché la produzione di un essere vivente sia<br />

completa, manca solo la membrana cellulare<br />

e la membrana nucleare. Poi la vita sarà stata<br />

prodotta integralmente in laboratorio a partire<br />

dai suoi costituenti elementari e da codici<br />

creati da programmatori.<br />

Venter ha sintetizzato in laboratorio il codice<br />

di una nuova vita e ha così dimostrato che<br />

quella vita, e insufflata da dio nella materia<br />

organica, di cui parlano la chiesa e le filosofie<br />

vitaliste, non esiste e non è necessaria per<br />

spiegare la vita e la replicazione. Occam la<br />

taglierebbe col suo rasoio, come ente inutile<br />

ai fini della spiegazione della realtà. Gli organismi<br />

viventi non possiedono alcuna qualità<br />

spirituale sconosciuta rispetto al mondo<br />

minerale inanimato.<br />

Infiniti codici della vita e infiniti tipi di vita.<br />

Già si può comprendere che sarà possibile<br />

creare forme di vita oggi inimmaginabili, che<br />

utilizzano anche costituenti non presenti<br />

negli organismi viventi che conosciamo, e<br />

che utilizzano anche codici genetici diversi<br />

da quello del DNA. Sono già stati scoperti<br />

(nel Mono lake nel parco nazionale dello Yosemite)<br />

dei batteri che utilizzano l’arsenico<br />

al posto del fosforo nel DNA; <strong>questo</strong> significa<br />

che il codice della vita si può scrivere<br />

anche con altre lettere.<br />

Altri ricercatori (Applied Molecular Evolution<br />

in Florida) stanno sperimentando forme<br />

di DNA che utilizzano alfabeti di codifica<br />

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PENSIERO SCIENTIFICO<br />

con più di quattro lettere.<br />

E se così sarà si scriveranno e sintetizzeranno<br />

altre forme di vita oggi inimmaginabili.<br />

Sono possibili altri codici di vita e quindi di<br />

altre forme di vita, e se sono possibili verranno<br />

creati e probabilmente sono già operanti<br />

in qualcheduno dei miliardi di miliardi<br />

di corpi celesti dell’universo.<br />

Sembrano prospettive lontane, solo se non si<br />

conosce la velocità alla quale sta avanzando<br />

la genetica.<br />

Basta pensare che nel 1985 un biochimico<br />

riusciva a sequenziare 1000 coppie di basi del<br />

DNA all’anno. (il DNA ne contiene oltre 3<br />

miliardi). Oggi il sequenziatore HiSeq 2000<br />

prodotto dalla Illumina decodifica 30 miliardi<br />

di paia di basi al giorno; la codifica del<br />

genoma di una persona costa circa 5000 dol-<br />

lari e tra non molto arriverà a costare 1000<br />

dollari.<br />

La vita non è stata creata da un dio.<br />

La vita può essere creata in laboratorio e già<br />

lo è stata per la parte fondamentale, cioè la<br />

sintesi dei costituenti (proteine) e la sintesi<br />

del DNA.<br />

Il codice della vita può essere scritto con altri<br />

alfabeti e può codificare forme di vita impensabili.<br />

Tra qualche anno tutte le affermazioni della<br />

chiesa riguardo alla vita appariranno essere<br />

prive di valore, ed apparirà chiaro che la affermazione<br />

che la vita è creata da dio vale<br />

quanto quella che i fulmini sono creati da<br />

Giove.<br />

L’ATEO<br />

Bimestrale dell’UAAR<br />

Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti<br />

www.uaar.it


PENSIERO SCIENTIFICO<br />

Alla ricerca di un senso profondo e intrinseco della realtà<br />

La matematica tra fisica e metafisica<br />

di Andrea Cattania, ingegnere e epistemologo<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Come è possibile che un prodotto<br />

della mente umana indipendente<br />

dall’esperienza sia in completo<br />

accordo con gli oggetti della realtà fisica?<br />

(A. Einstein)<br />

Secondo Galileo, la natura è scritta nel linguaggio della matematica. Ma per alcuni autori moderni la matematica<br />

è la struttura stessa dell’Universo.<br />

Perché esistono migliaia di lingue differenti e una sola matematica? Si potrebbe rispondere: perché le lingue<br />

sono frutto della storia e di una cultura, mentre la matematica è innata in noi. Questa seconda affermazione non<br />

è, evidentemente, condivisa da tutti, sebbene sembri avvalorata da uno studio condotto nel 2006 dal neurologo<br />

francese Stanislas Dehaene sulla tribù amazzonica dei Munduruku<br />

Oltre i limiti della fantasia umana<br />

Dehaene sottopose questa tribù, che si trovava<br />

nel più assoluto isolamento, a un test<br />

consistente nell’identificare alcune figure<br />

geometriche, come una curva tra linee rette,<br />

un rettangolo fra alcuni quadrati, un ellisse<br />

in un gruppo di cerchi. Il successo dell’esperimento<br />

lo convinse che la conoscenza geometrica<br />

di base e i concetti essenziali<br />

dell’artimetica sono un elemento costitutivo<br />

universale della mente umana. Ma non tutti<br />

gli scienziati si sono dichiarati d’accordo con<br />

queste conclusioni.<br />

La matematica ha una propria esistenza indipendente<br />

dalla mente umana? Sebbene su<br />

<strong>questo</strong> tema gli studiosi siano divisi, nessuno<br />

tuttavia mette in dubbio una sua caratteristica,<br />

che ritengo fondamentale per il tema<br />

che sto per trattare in <strong>questo</strong> articolo: il fatto<br />

che i suoi concetti si applicano ben oltre l’ambito<br />

in cui sono stati inizialmente concepiti<br />

dall’uomo. Un esempio? Prendiamo la funzione<br />

“potenza”, definita come il prodotto di<br />

un numero per se stesso tante volte quanto<br />

indicato dall’esponente. Dire “quattro al<br />

cubo” equivale a indicare il prodotto di quattro<br />

per se stesso tre volte. Quando però<br />

l’esponente non è un numero intero, la definizione<br />

sembrerebbe venir meno: che senso<br />

ha elevare un numero a un esponente decimale?<br />

Che cosa significa moltiplicare quattro<br />

per se stesso tre volte e mezza? Eppure ogni<br />

studente sa che, una volta definita la funzione<br />

“elevamento a potenza”, la matematica<br />

le conferisce un significato ben preciso anche<br />

se la base e/o l’esponente sono numeri decimali,<br />

o addirittura irrazionali, o perfino immaginari<br />

o complessi.<br />

Questo è indubbiamente uno degli aspetti<br />

che più ci fanno amare la matematica, almeno<br />

per quelli fra noi che l’amano (perché<br />

esistono molti detrattori che la ignorano o la<br />

odiano): la matematica opera come un moltiplicatore<br />

delle attitudini creative dell’uomo.<br />

Dio è un matematico?<br />

Il problema di definire la natura della matematica<br />

viene affrontato nel bellissimo saggio<br />

“Dio è un matematico” da Mario Livio, che ci<br />

ricorda il punto di vista platonico espresso<br />

da G. H. Hardy e quello, opposto, di Edward<br />

Kasner e James Newman.<br />

Secondo Hardy, la realtà matematica sta<br />

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74<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

fuori di noi e il nostro compito è scoprirla.<br />

L’opinione di Kasner e Newman è invece che<br />

la geometria non euclidea sia la migliore dimostrazione<br />

che la matematica è opera dell’uomo,<br />

soggetta solamente ai limiti imposti<br />

dalle leggi del pensiero.<br />

Di passata, due osservazioni “volanti”.<br />

Primo, lo stesso Mario Livio riporta la brillante<br />

battuta dei matematici Philips Davis e<br />

Reuben Hersh, secondo i quali i professionisti<br />

di questa disciplina sono platonisti nei<br />

giorni feriali e formalisti la domenica. Dove<br />

per “platonisti” si intendono coloro che considerano<br />

la matematica una scoperta, mentre<br />

per i “formalisti” essa è un’invenzione. In<br />

altri termini, il tipico matematico di professione<br />

“quando fa matematica è convinto di<br />

avere a che fare con una realtà oggettiva. Ma<br />

poi, quando viene sfidato a fare un resoconto<br />

filosofico di questa realtà, trova più facile fingere<br />

che dopotutto non ci crede”.<br />

In secondo luogo vorrei citare una frase di<br />

Hardy, che si adatta perfettamente al tema<br />

qui trattato: “Un uomo che fosse in grado di<br />

descrivere in modo convincente la realtà matematica<br />

avrebbe risolto moltissimi dei problemi<br />

più difficili della metafisica. Se poi<br />

riuscisse a includere la realtà fisica nella sua<br />

descrizione, li avrebbe risolti tutti”.<br />

Chi soffia il fuoco nelle equazioni?<br />

In realtà, l’aspetto più interessante per chi<br />

tratta <strong>questo</strong> argomento non credo sia quello<br />

di dirimere una disputa filosofica, ma piuttosto<br />

la possibilità di analizzare la convinzione<br />

di alcuni scienziati, secondo i quali la<br />

matematica non è solo il linguaggio in cui si<br />

esprime la natura, come sosteneva già Galileo,<br />

ma è addirittura la struttura stessa dell’Universo.<br />

Nel loro recente libro “Il grande disegno”,<br />

Stephen Hawking e Leonard Mlodinow affermano<br />

che la relatività generale ha trasformato<br />

la fisica in geometria. Ma forse chi si è<br />

spinto più avanti su questa strada sono i gemelli<br />

Igor e Grichka Bogdanov, i quali hanno<br />

tentato di superare gli interrogativi che ancora<br />

non trovano una risposta convincente,<br />

avanzando un’ipotesi matematica sul mistero<br />

dell’origine. Curiosamente essi dicono in<br />

“Prima del big bang” che solo la matematica<br />

è in grado di darci un principio di soluzione<br />

a <strong>questo</strong> enigma: “la risposta ci sarà fornita<br />

dalla teoria dei numeri e dai suoi legami insospettati<br />

con la fisica. Sono loro, i numeri<br />

(reali e immaginari) a racchiudere il segreto”.<br />

Partendo dalla sfera di Riemann, essi arrivano<br />

alla sorprendente conclusione che alla<br />

scala zero l’universo non ha più un contenuto<br />

fisico, ma solo un contenuto matematico.<br />

Tutto nasce dallo zero<br />

I Bogdanov ragionano così: partendo da un<br />

insieme vuoto e dal numero corrispondente,<br />

lo zero, è possibile mettere lo zero nell’insieme<br />

vuoto: ora <strong>questo</strong> conterrà un elemento,<br />

quindi lo zero ha generato l’uno. Così<br />

proseguendo, si può concludere che lo zero<br />

dà origine a tutti i numeri e all’infinito.<br />

Alla scala zero dello spazio-tempo esistono<br />

le quattro dimensioni spaziali che corrispondono<br />

ad altrettanti insiemi dei numeri reali.<br />

Il Punto Zero non è un oggetto fisico, ma un<br />

ente matematico, un’informazione che può<br />

essere descritta da un’algebra. La nascita del<br />

tempo viene spiegata sulla base di concetti<br />

di non immediata comprensione, come la<br />

bolla dei numeri, l’oscillazione della metrica,<br />

la conversione dell’energia immaginaria in<br />

energia reale. Con il loro caratteristico linguaggio<br />

tra scientifico e poetico, i Bogdanov<br />

annunciano il “fantastico potere dello zero”,<br />

che dispiega tutta l’informazione numerica<br />

che contiene allo stato potenziale. Fino a formulare<br />

l’ipotesi che possa esistere all’origine<br />

un codice cosmologico, come per gli esseri<br />

viventi esiste un codice genetico.<br />

Un confronto con il papa<br />

La dialettica tra fisica e metafisica viene ri


presa anche da Piergiorgio Odifreddi, il matematico<br />

ateo che cerca il confronto con il<br />

papa teologo.<br />

Partiamo dalla ricerca di Parmenide, che si<br />

trova a un bivio: la verità che si raggiunge attraverso<br />

il pensiero o l’opinione che si ottiene<br />

mediante i sensi. Fortunatamente, sostiene<br />

Odifreddi, Kant e la scienza “hanno dimostrato<br />

che le due vie non sono affatto alternative,<br />

bensì complementari. E che il<br />

pensiero e i sensi possono, e devono, collaborare<br />

nel fornire un’immagine realistica del<br />

mondo”. La nostra scelta, prosegue quindi<br />

Odifreddi, non è fra pensiero e sensi, bensì<br />

fra fisica e metafisica, tra la natura e ciò che<br />

va oltre la natura; fra l’ordine impersonale e<br />

astratto che si manifesta nella struttura matematica<br />

dell’universo e l’Ordine personificato<br />

e ipostatizzato che papa Ratzinger<br />

postula introducendo il tema della libertà,<br />

per affermare che il mondo non potrà mai<br />

venire ridotto a pura logica matematica, essendo<br />

“caratterizzato dalla struttura della libertà”.<br />

Poche pagine più avanti, Odifreddi richiama<br />

le interpretazioni scientifiche dell’attuale<br />

pontefice a proposito di Trinità cristiana:<br />

come quella sulla struttura della materia, definita<br />

da Erwin Schrödinger in termini di<br />

pacchetti d’onda, che il papa definisce una<br />

“stimolante metafora dell’assoluta attualità<br />

di Dio”. Ma anche in <strong>questo</strong> caso non vorrei<br />

soffermarmi sul “confronto”, bensì sul ruolo<br />

della matematica, sottolineato dalle parole<br />

dello stesso Odifreddi: “Il problema nell’equazione<br />

d’onda trovata nel 1925 da<br />

Schrödinger, che descrive il comportamento<br />

del microcosmo quantistico, sta altrove. Nel<br />

fatto, cioè, che risultò impossibile interpretarla,<br />

secondo la proposta originale di Louis<br />

de Broglie e dello stesso Schrödinger, come<br />

la descrizione di onde materiali: analoghe,<br />

ad esempio, a quelle acustiche che si propagano<br />

nell’aria, o a quelle marine che si propagano<br />

nell’acqua. Fu Max Born a trovare<br />

l’interpretazione corretta: si tratta di onde di<br />

probabilità, in cui a propagarsi non è la materia,<br />

ma sono… dei numeri!”.<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

La sinfonia dell’Universo<br />

L’arte e la religione esistono da circa ottomila<br />

anni, la scienza da trecento. Eppure in pochi<br />

secoli la scienza ha generato nella nostra visione<br />

dell’universo più cambiamenti di<br />

quelli avvenuti dall’inizio della cultura ai<br />

giorni nostri. Oggi siamo arrivati alle soglie<br />

della possibilità di conoscere la realtà, anche<br />

se non possiamo ancora avere questa certezza.<br />

Neppure l’intuizione che la chiave<br />

della conoscenza sia da ricercare nella matematica<br />

può considerarsi scontata. Ma non<br />

possiamo permetterci il lusso di rinunciare a<br />

un punto di vista razionale e scientifico.<br />

Siamo affascinati dalla splendida sinfonia<br />

dell’Universo, ma c’è purtroppo qualche orchestrale<br />

che stona. Non dovremmo mai dimenticare<br />

che dopo la pubblicazione delle<br />

idee di Galileo, secondo cui la natura si<br />

esprime nel linguaggio della matematica, i<br />

teologi del Concilio di Trento avevano dichiarato<br />

testualmente nel 1546: “Nessuno,<br />

basandosi sulla propria saggezza, negli argomenti<br />

di fede e di costumi che riguardano<br />

la dottrina cristiana, piegando la Sacra Scrittura<br />

secondo i propri modi di vedere, osi interpretarla<br />

contro il senso che ha ritenuto e<br />

ritiene la santa madre Chiesa, alla quale<br />

spetta di giudicare del vero senso e dell’interpretazione<br />

delle sacre scritture”. Né che<br />

sette decenni dopo gli stessi teologi, o i loro<br />

successori, affermavano che la cosmologia<br />

eliocentrica copernicana era formalmente<br />

eretica, per essere espressamente contraria<br />

alla Sacra Scrittura.<br />

Nel 1981, agli scienziati presenti in Vaticano<br />

per un convegno organizzato dai gesuiti, il<br />

papa ebbe a dire: voi non dovete indagare su<br />

quello che è accaduto prima del big bang,<br />

perché <strong>questo</strong> è dominio esclusivo della religione.<br />

Se pensiamo a simili affermazioni o<br />

alle posizioni dell’attuale pontefice sui rapporti<br />

fra scienza e religione, dovremmo concludere<br />

che per qualcuno quattro secoli e<br />

mezzo sono passati invano.<br />

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PENSIERO SCIENTIFICO<br />

L’uomo ha inventato “dio” ma è la realtà che lo nega<br />

L'entropia: la sfida perduta della fede<br />

contro la ragione<br />

di Francesco Primiceri, astrofisico<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Gli argomenti a favore e contro l'esistenza di dio che si sono susseguiti nel corso della storia sono stati per lo<br />

più oggetto della filosofia e della teologia. La scienza è stata solo a guardare, osservando con distacco l'andamento<br />

dello scontro, nonostante essa abbia rivoluzionato tutti gli aspetti della vita umana ed abbia reso più comprensibile<br />

la realtà. E'giunto perciò il momento anche per la scienza di elaborare un'affermazione definitiva, attraverso<br />

l'esame dei dati e dei modelli elaborati, riguardo alla validità dell'ipotesi dell'esistenza di un dio. In<br />

particolar modo la nostra attenzione cadrà sul dio abramitico, sempre visto come un essere supremo e trascendente,<br />

al di là della sostanza, dello spazio e del tempo, ed in più visto anche come fondamento di tutto ciò che i<br />

nostri sensi incontrano in termini di sostanza, spazio e tempo. Il II principio della termodinamica, l'entropia, è<br />

uno dei pilastri della fisica che ben si presta ai fini della nostra discussione.<br />

Può la scienza occuparsi di dio?<br />

Alcuni interrogativi plausibili: fino a che<br />

punto è possibile asserire che la religione è<br />

immune dallo scetticismo scientifico? In base<br />

a quale principio le ‘credenze’ devono godere<br />

di questa particolare immunità? Veramente,<br />

finché ci si occupa del mondo<br />

naturale, l’ipotesi dio è esclusa dal dominio<br />

della scienza? In sostanza, regge ancora la distinzione<br />

tra scienza e fede intese come ‘magisteri’<br />

non sovrapponibili?<br />

Conosciamo bene la tesi di Galileo, quando<br />

egli separava nettamente le due vie maestre<br />

della conoscenza: “come vanno i cieli” e<br />

“come si vadia in cielo”; tesi che ancora oggi<br />

gode di un largo consenso tra gli scienziati.<br />

Essa prevede una demarcazione, di fatto e di<br />

principio, tra scienza che si occupa del ‘perché’<br />

e del ‘come’ funziona il mondo naturale<br />

e la teologia e la filosofia che si occupano dei<br />

significati ultimi e dei valori morali ed estetici.<br />

Sembra esserci una separazione fra ‘magisteri’<br />

di pari dignità che sottende una<br />

forma di armistizio tra le parti, che a volte si<br />

traduce in un proficuo dialogo intorno ai<br />

‘problemi di confine’.<br />

I fatti però ci dicono che la non sovrapponibilità<br />

fra i due ‘magisteri’ è puntualmente<br />

violata. Gli argomenti di fede vengono sempre<br />

più spesso trattati non come filosofie<br />

confessionali, ma come argomenti razionali<br />

e di ‘etica naturale’, perciò trattati con gli<br />

strumenti della ragione. Infatti non mancano<br />

le interferenze della teologia nel campo della<br />

fisica quando si parla di miracoli, di pallottole<br />

deviate, di esorcismi, di ‘salti ontologici’,<br />

o, nel campo della biologia, quando si parla,<br />

a proposito, delle cellule staminali, di riproduzione,<br />

di identità genetica o di fine vita.<br />

Non mancano neanche le convinzioni di<br />

principio sulla superiorità della ragione teologica<br />

su quella scientifica. Significativo è il<br />

discorso papale del 12 settembre del 2006 a<br />

Ratisbona. Esistono due tipi di ragione, una<br />

‘ristretta’ tipica delle scienze, ed una ‘ampia’<br />

racchiudente la precedente che spetta alla<br />

teologia e alla filosofia. Solo queste ultime<br />

possono cogliere la struttura razionale, ordinata<br />

della materia e la logica sottesa che è insita<br />

nell’Universo e che la ‘ragione creatrice’<br />

inscrive in un principio teleologico. Ogni diversa<br />

descrizione della natura viene bollata<br />

come ‘irrazionale’.<br />

Nonostante i risultati decisivi delle scienze<br />

naturali contro ogni presupposto a favore<br />

della razionalità della fede, non mancano<br />

teologi e scienziati teisti che usano la scienza<br />

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PENSIERO SCIENTIFICO<br />

come strumento argomentativo per giustificare<br />

l’esistenza di un essere supremo. Se nel<br />

dibattito culturale sono considerate legittime<br />

le argomentazioni scientifiche a favore dell’esistenza<br />

di dio, la stessa legittimità devono<br />

godere quelle contrarie. E’ una sfida che non<br />

possiamo non cogliere<br />

.<br />

Dio come modello scientifico.<br />

Avere dio come modello significa che la sua<br />

esistenza sarà considerata come un’ipotesi<br />

scientifica. Le conseguenze della sua esistenza<br />

andrebbero perciò ricercate nel<br />

mondo che ci circonda attraverso il metodo<br />

osservativo. Vale a dire che se esistesse un<br />

dio con determinati attributi, questi si riscontrerebbero<br />

nell’osservazione di certi fenomeni.<br />

Se nulla si dovesse osservare ciò<br />

significherebbe il fallimento di quel particolare<br />

modello.<br />

In presenza di un fallimento, qualcuno potrebbe<br />

obiettare, adducendo l’ipotesi dell’esistenza<br />

di un ‘dio nascosto’. Sebbene<br />

questa discutibile ipotesi possa essere considerata<br />

da molti corretta, l’esperienza ci dimostra<br />

comunque che l’assenza di prove è<br />

una prova dell’assenza. Come la mancanza<br />

di prove o di altre ragioni escludono la presenza<br />

di una ‘teiera celeste’ che gira intorno<br />

al Sole, inducendoci a non credere alla sua<br />

esistenza, così le stesse ragioni debbono indurci<br />

ad escludere l’esistenza di ogni altra<br />

cosa, compreso dio.<br />

Un’altra obiezione si presenta nei seguenti<br />

termini: come possiamo noi, semplici mortali,<br />

conoscere la vera natura di un dio che<br />

trascende i nostri sensi? La risposta a questa<br />

apparente insidiosissima domanda è in realtà<br />

semplice: non c’è alcuna necessità di conoscerla,<br />

così come, ad esempio, in fisica non<br />

sempre è necessario conoscere la realtà definitiva<br />

delle cose. Ad un fisico non necessita<br />

conoscere la realtà definitiva sottesa ai quark.<br />

Ciò che è importante per lui è avere un modello<br />

dei quark che abbia fondamenti empirici.<br />

E <strong>questo</strong> è precisamente ciò che si<br />

verifica. Questo modello rappresenta, infatti,<br />

il meglio che la scienza è in grado di produrre<br />

per descrivere la realtà oggettiva che è<br />

alla base delle osservazioni nucleari e subnucleari.<br />

L’esistenza o meno dei quark non<br />

cambia questa realtà dei fatti. Allo stesso<br />

modo, se un modello relativo ad un particolare<br />

dio profetizzasse risultati empirici che<br />

non potrebbero essere spiegati con altri<br />

mezzi conosciuti, allora sarebbe razionale<br />

concludere che il modello descriverebbe alcuni<br />

aspetti della realtà oggettiva, senza per<br />

<strong>questo</strong> dimostrare che dio sia davvero come<br />

viene descritto nei dettagli del modello. Nel<br />

momento in cui però dovessimo dimostrare<br />

che un particolare modello di dio non concorda<br />

con i dati della realtà sperimentabile e<br />

con la coerenza teorica, allora dovremmo decretare<br />

l’irrazionalità del modello.<br />

Prove cosmiche: l’entropia.<br />

Quali sono le implicazioni empiriche e teoretiche<br />

che ipotizzano una creazione soprannaturale<br />

tale da giustificare dio come<br />

modello scientifico? In breve sono:<br />

- l’universo ha un’origine,<br />

- questa origine non può essersi verificata in<br />

maniera naturale,<br />

- l’universo al momento della creazione doveva<br />

possedere un certo ordine.<br />

Se riscontriamo una traccia di tutto ciò, <strong>questo</strong><br />

potrebbe essere la conferma empirica di<br />

un intervento soprannaturale e di conseguenza<br />

la giustificazione di un modello<br />

scientifico che prevede dio tra i suoi paradigmi.<br />

Prima del XX secolo l’esistenza stessa della<br />

materia sembrava essere una violazione<br />

della legge di conservazione della massa verificatasi<br />

al momento della creazione. Nella<br />

teoria della relatività Einstein mostrava,<br />

però, che la materia può essere creata per<br />

mezzo dell’energia e può disperdersi in essa.<br />

Ma l’energia da dove trae origine? In linea di<br />

principio, l’ipotesi di una creazione può essere<br />

ancora confermata e sostenuta dalla ne-


cessità teorica che la conservazione dell’energia<br />

possa essere stata violata circa 14<br />

miliardi di anni fa all’inizio del Big Bang. A<br />

partire dalla teoria gravitazionale elaborata<br />

da Einstein, si sono avuti cambiamenti decisivi<br />

riguardo alla fisicità dell’universo. In<br />

quanto sistema isolato esso è sottoposto al<br />

principio di conservazione dell’energia ed<br />

oggi sappiamo che l’energia totale dell’universo<br />

è zero. Infatti, l’estensione moderna<br />

della teoria del Big Bang, chiamata ‘dell’universo<br />

inflazionistico’, teoria ben consolidata<br />

dopo essere stata sottoposta ad una serie di<br />

test rigorosi per verificarne la validità, prevede<br />

un equilibrio tra l’energia gravitazionale<br />

negativa e l’energia positiva<br />

rappresentata dalla materia. Ciò vuol dire<br />

non solo che non è stato violato il principio<br />

di conservazione dell’energia al momento<br />

della presunta creazione, ma che anche<br />

l’energia totale dell’universo è rimasta sempre<br />

uguale a zero. Questi risultati respingono<br />

con forza l’ipotesi di un dio creatore. Supponiamo<br />

ora che le misure della densità della<br />

massa dell’universo non ci avessero fornito<br />

il valore richiesto per un universo che ha iniziato<br />

la propria vita in uno stato di energia<br />

zero: noi avremmo allora avuto legittime ragioni<br />

scientifiche per concludere che un ‘miracolo’,<br />

la violazione della legge di<br />

conservazione dell’energia, sarebbe stato necessario<br />

per porre in essere l’universo.<br />

C’è un’altra previsione insita nell’ipotesi del<br />

creatore che non trova conferma nei dati. Se<br />

l’universo fosse stato creato, avrebbe dovuto<br />

possedere un certo grado di ordine al momento<br />

della creazione, condizione necessaria<br />

per l’attuazione del ‘progetto’. Tale<br />

aspettativa si esprime nei termini della ‘seconda<br />

legge della termodinamica’, che afferma<br />

che l’entropia totale, cioè il disordine<br />

di un sistema chiuso, deve rimanere tale o<br />

crescere nel tempo. Perciò, se vogliamo confermare<br />

la tesi di dio come modello scientifico,<br />

in un qualche momento del passato,<br />

l’ordine sarebbe stato impartito dall’esterno.<br />

La seconda legge della termodinamica prevede<br />

anche la formazione di un ordine loca-<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

lizzato, a scapito di un ulteriore disordine nel<br />

sistema; <strong>questo</strong> vuol dire che parti dell’universo<br />

possono divenire più ordinate. E’ bene<br />

chiarire che l’ordine che si registra in natura<br />

non è il risultato di un evento miracolistico,<br />

come qualcuno può pensare, ma semplicemente<br />

l’espressione coerente della legge fisica.<br />

Sebbene con il passare del tempo l’universo<br />

in espansione divenga più disordinato, la sua<br />

entropia rimane comunque minore dell’entropia<br />

massima raggiungibile. Ma un tempo,<br />

quando le dimensioni dell’universo erano<br />

paragonabili a quelle di un buco nero, l’entropia<br />

dell’universo era massima, anche se<br />

inferiore rispetto ad oggi. In sostanza, si sta<br />

affermando, anche se ciò richiede ulteriori<br />

elaborazioni, che l’entropia era al massimo livello<br />

quando l’universo è nato e <strong>questo</strong> a<br />

causa delle sue dimensioni iniziali paragonabili<br />

ad un buco nero. Questo risultato ci<br />

dice che in quel momento il disordine nell’universo<br />

era completo e non poteva esserci<br />

alcuna struttura; se oggi ha una struttura<br />

<strong>questo</strong> è dovuto al fatto che la sua entropia<br />

non è più massima.<br />

Le attuali conoscenze cosmologiche ci informano,<br />

dunque, che l’universo ha avuto inizio<br />

senza una struttura o un’organizzazione<br />

progettata. Insomma, era in condizione di<br />

caos e per questa ragione non conserva alcuna<br />

testimonianza di quanto accadde prima<br />

del Big Bang. Il creatore, se è esistito, non ha<br />

lasciato tracce di sé. Pertanto potrebbe benissimo<br />

non essere esistito.<br />

Il colpo di grazia all’ipotesi di un dio creatore,<br />

e quindi di dio come modello scientifico,<br />

viene assestato dalle attuali conoscenze<br />

fisiche e cosmologiche, le quali non escludono<br />

la possibilità che il Big Bang sia il risultato<br />

di un universo precedente. Non<br />

mancano modelli teorici che suggeriscono<br />

meccanismi secondo i quali l’attuale universo<br />

sarebbe derivato da uno preesistente<br />

attraverso fenomeni chiamati “tunnel quantico”,<br />

“fluttuazioni quantiche”. Illuminanti<br />

sono le parole riportate da Hawking in Dal<br />

Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo:<br />

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80<br />

PENSIERO SCIENTIFICO<br />

«... finché l’universo aveva un inizio, potevamo<br />

supporre che avesse un creatore. Ma<br />

se l’universo è completamente autosufficiente,<br />

privo di confini o margini, non ha né<br />

un principio né una fine; semplicemente c’é.<br />

C’é ancora posto, in tal caso, per un creatore?».<br />

L’universo osservato, le leggi e i parametri<br />

della fisica hanno esattamente le caratteristiche<br />

che ci si aspetterebbe se non ci fosse<br />

alcun dio. Pensare a dio come modello scientifico<br />

per descrivere i fenomeni attualmente<br />

osservabili è veramente inutile ed irrazio-<br />

nale. La sfida per ora è vinta dalla ragione, la<br />

fede ne esce sconfitta. Offriamole pure, con<br />

generosità, l’onore delle armi, dandole la<br />

possibilità di una rivincita e la speranza che<br />

un giorno un dio possa rivelarsi in una qualche<br />

futura spedizione spaziale o in un qualche<br />

esperimento in un gigantesco<br />

acceleratore di particelle. Se mai ci sarà quel<br />

giorno, sarà per la fede un giorno funesto,<br />

perché prenderà consapevolezza che quel<br />

dio non sarà un dio che ha giocato un ruolo<br />

rilevante nella vita dell’umanità. Non sarebbe<br />

dio.<br />

Due parole sull’OLISMO<br />

L’olismo moderno (holon=tutto) si presta a considerazioni che vanno in aiuto alle ipotesi riguardanti<br />

l’importanza di risorse intellettuali e sentimentali che non vengono molto usate:<br />

lo impediscono le risorse tradizionali, impegnate a risolvere problemi elementari.<br />

L’olismo classico, indiano, poi greco, quindi medievale, umanistico e rinascimentale soprattutto,<br />

era, umanamente parlando, per una fusione fra terra e cielo, inevitabile al termine<br />

di un certo percorso virtuoso definito da regole ecclesiastiche o esoteriche (su tutte, il<br />

famoso ermetismo, molto in voga fino all’avvento della scienza). Mente e corpo, secondo<br />

questa visione, erano in piena sintonia, si condizionavano a vicenda nella tensione verso lo<br />

scopo prefissato. Aristotele, in particolare, autorità per secoli, aveva avanzato questa tesi.<br />

Tutto si muoveva in armonia, era la convinzione olistica classica.<br />

Che questa armonia fosse un’invenzione, lo si scopre più tardi con l’esuberanza di <strong>questo</strong><br />

o quell’elemento che agisce all’interno del fenomeno. Qualsiasi fenomeno ha, per così dire,<br />

sprechi di energia. Questa maggior energia va perduta. E’ una realtà scoperta in laboratorio<br />

attraverso scrupolose speculazioni biogenetiche.<br />

E’ soprattutto il sudafricano Jan Smuts (1870-1950), che fu anche uomo di governo, ad<br />

“usare” questi studi per avanzare una nuova teoria olistica che, applicata all’uomo, fa recuperare,<br />

idealizzandole, quelle risorse sacrificate (che spesso ritornano sottoforma di frustrazioni<br />

e di cedimenti religiosi sino al fanatismo).<br />

Che le risorse effettivamente esistano sarebbe dimostrato anche dagli studi di Freud sul mistero<br />

delle rappresentazioni oniriche: il sogno libererebbe energie compresse e represse, nel<br />

corso della normale esistenza, sottoforma di criptiche, irresistibili, fantasie.<br />

Non è difficile credere, riferendoci a tutto ciò, quanto sia importante il recupero di queste<br />

risorse ai fini di un protagonismo davvero significativo, verso cui siamo giustamente e responsabilmente<br />

lanciati.


VIAGGIO NEI TESTI DELLE RELIGIONI<br />

L’INDUISMO E LA LETTERATURA SANSCRITA<br />

di Anna Rita Longo, dott.ssa di ricerca in filologia patristica, medioevale e umanistica<br />

«La liberazione è la distruzione della schiavitù,<br />

che consiste nella sensazione di possedere personalmente<br />

gli oggetti, concepiti come fonte di piacere<br />

o dolore. Questa distruzione si ottiene<br />

distinguendo tra ciò che è imperituro e ciò che è<br />

transeunte in <strong>questo</strong> universo effimero» (Niralambopanisad<br />

31).<br />

Il piccolo frammento sopra citato è solo un<br />

esempio della profondità speculativa che è<br />

possibile trovare nei testi nati nell’ambito<br />

della religiosità induista e che è, quindi, un<br />

vero peccato sottrarre alla conoscenza di chi<br />

non aspira a convertirsi a un credo religioso,<br />

ma è, comunque, desideroso di costruirsi<br />

una solida formazione. La nostra cultura rimane,<br />

infatti, per lo più occidentocentrica e<br />

di <strong>questo</strong> non può fare a meno di rammaricarsi<br />

chi abbia avuto la fortuna di entrare in<br />

contatto con i capolavori letterari che l’antica<br />

India ci ha lasciato in eredità. Impossibile<br />

riassumerne le caratteristiche nello spazio<br />

esiguo che la nostra rubrica ci ha messo a disposizione;<br />

rinunciando, quindi, a impelagarmi<br />

in approssimativi quanto inutili<br />

elenchi di titoli e categorie, proseguirò per<br />

spizzichi e bocconi guidata dal mio gusto<br />

personale, al solo scopo di lasciare alcune<br />

suggestioni che possano – mi auguro – servire<br />

da stimolo per un ulteriore personale<br />

approfondimento. Mi soffermerò, dunque,<br />

su quei testi che mi sembrano particolarmente<br />

importanti e rappresentativi della cultura<br />

indiana.<br />

I Veda<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

Nel variegato panorama della letteratura sanscrita si possono distinguere alcuni aspetti che risultano particolarmente<br />

interessanti per l’uomo di cultura, a prescindere dalla sua posizione riguardo alla religione. Tra questi<br />

spiccano quello filosofico e quello più squisitamente narrativo-epico.<br />

L’etimologia del nome “Veda” rimanda alla<br />

medesima radice del latino video (= “io<br />

vedo”) e del greco òida (“io ho visto” e quindi<br />

“io so”) e racchiude, quindi, in sé l’idea della<br />

visione, della conoscenza, della saggezza. Si<br />

tratta delle più antiche testimonianze della<br />

letteratura indoeuropea (e già <strong>questo</strong>, di per<br />

sé, ne giustifica lo studio), quale prodotto<br />

della cultura “ariana” – ossia degli Arii – nel<br />

senso originario del termine, prima che le<br />

storture del nazismo ne offuscassero il significato<br />

con il delirante mito della purezza<br />

della razza.<br />

All’interno di <strong>questo</strong> corpus di testi si distingue<br />

per valore letterario ed importanza<br />

storico-filologica il cosiddetto Rgveda, la più<br />

antica opera della letteratura indoeuropea,<br />

che raccoglie gli inni del popolo ariano, cronologicamente<br />

collocabili addirittura tra il<br />

2000 e il 1700 a. C.<br />

Dal Rgveda traggono origine molti dei mantra<br />

induisti, tra cui il celebre Gayatri Mantra,<br />

che esalta la potenza del sole, in quanto simbolo<br />

della conoscenza: «Om Bhur Bhuva<br />

Svaha / Tat Savithur Varenyam / Bhargo Devasya<br />

Dheemahi / Dhiyo Yonah Prachodayat» (vale<br />

a dire: «Meditiamo sulla gloria del creatore,<br />

che ha creato l’universo, che è degno di adorazione,<br />

che è l’incarnazione della conoscenza<br />

e della luce, che rimuove il peccato e<br />

l’ignoranza. Possa egli illuminare il nostro<br />

intelletto»).<br />

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PENSIERO UMANISTICO<br />

Le Upanishad<br />

Tra i più celebri testi della tradizione letteraria<br />

e religiosa indiana, le Upanishad sono particolarmente<br />

interessanti per il lettore<br />

occidentale perché sfuggono ad ogni definizione,<br />

riunendo i caratteri della prosa e quelli<br />

della poesia, del saggio filosofico, del testo<br />

gnomico e della letteratura esoterica. Il nome<br />

della raccolta può essere interpretato come<br />

“sedersi vicino”, a significare la presenza di<br />

un insegnamento, in parte anche iniziatico,<br />

impartito dal maestro spirituale al proprio<br />

discepolo che gli siede accanto in posizione<br />

sottomessa.<br />

Il lettore inesperto che si accosti a tali testi<br />

può fruirne come di una raccolta di aforismi,<br />

ma non tarderà a intuirne lo spessore culturale,<br />

sviluppando interesse per le dottrine filosofiche<br />

che vi sono affrontate. Non vi è<br />

miglior testo delle Upanishad per iniziare il<br />

proprio viaggio nella cultura induista, perché,<br />

in ultima analisi, tutta la speculazione filosofica<br />

indiana non è che un commento ad<br />

esse.<br />

La dimensione epica<br />

Aspetto affascinante di alcuni testi religiosi<br />

indiani, condiviso con una parte della Bibbia<br />

ebraica, è il loro carattere epico-narrativo,<br />

che li rende interessanti dal punto di vista<br />

letterario prima che religioso. Proprio questa<br />

specifica caratteristica ci permette di vederli<br />

anche come testi “divulgativi”, perché pos-<br />

sono avvincere il lettore con il proprio intreccio<br />

romanzesco. Impossibile fare a meno<br />

di citare il maestoso Mahābhārata, con i suoi<br />

18 libri e i circa 100.000 versi che narrano la<br />

storia del saggio Vyasa e della sua stirpe in<br />

guerra, insieme a una quantità di altre trame<br />

e vicende secondarie, nella piena tradizione<br />

dell’epica antica, tra le quali spicca il cosiddetto<br />

Bhagavadgītā («canto del Divino»), un<br />

vero condensato della spiritualità indiana.<br />

Accanto al Mahābhārata è d’obbligo ricordare<br />

il Rāmāyana, altra opera monumentale che si<br />

sofferma sulle vicende di Rama, avatar –<br />

ossia incarnazione – del dio Vishnu, e di Sita,<br />

sua sposa.<br />

In entrambe le opere confluisce uno sterminato<br />

patrimonio culturale, poetico, religioso<br />

e letterario, che le rende documenti sensazionali<br />

per lo studioso e utile stimolo alla ricerca<br />

per il semplice curioso che, mentre si<br />

lascia trasportare dalle ramificazioni delle<br />

varie trame, viene anche indotto ad approfondirne<br />

i retroscena.<br />

In ultima analisi, anche dai brevissimi accenni<br />

che sono stati qui dati è possibile intuire<br />

come la pluralità di stimoli culturali che<br />

provengono dalla tradizione letteraria sanscrita<br />

costituisca un patrimonio irrinunciabile,<br />

il cui valore prescinde dalla loro natura<br />

di testi religiosi. La profondità della riflessione<br />

filosofica, l’affascinante intreccio epico<br />

e romanzesco, la raffinata poesia inducono<br />

senza dubbio anche il lettore ateo ad accostarvisi<br />

con rispetto e ammirazione.<br />

NonCredo è un laboratorio etico per sostituire l’ipocrisia di miti e devozioni<br />

°°°<br />

NonCredo è un progetto culturale per uscire da quella “minorità” di cui parlava Kant<br />

°°°<br />

NonCredo è la voce e il cuore dell’ideale della Laicità così<br />

come ce l’ha trasmessa la civiltà dell’Illuminismo.


Com’è nata l’idea di “NONCREDO” che lei<br />

dirige?<br />

Lo ho visto come un problema di cultura identitaria:<br />

ogni categoria professionale, politica, sportiva,<br />

ludica, religiosa, ha i suoi, anche necessari,<br />

mezzi di comunicazione, di informazione, di documentazione.<br />

La categoria dei NonCredenti, che<br />

in Italia dice l’ISTAT essere il 18% ovvero 11 milioni<br />

di cittadini, non ne ha nessuna. Ho voluto<br />

colmare <strong>questo</strong> vuoto cognitivo.<br />

Quando?<br />

Tre anni fa, come volume periodico, cioè bimestrale,<br />

edito dalla mia Fondazione ReligionsFree<br />

Bancale.<br />

Ho avuto modo, leggendovi, di cercare di<br />

costruirmi un’idea a proposito. Dietro una<br />

rivista c’è un pensiero e, nel suo caso, a mio<br />

avviso la volontà di creare un movimento<br />

sulla laicità. Quanto crede che <strong>questo</strong> luogo<br />

di discussione e confronto, la rivista, possa<br />

contribuire alla causa dello stato laico?<br />

Un chiarimento è doveroso: laico è il tollerante,<br />

relativista, che rispetta tutte le credenze e che può<br />

appartenere a qualsiasi religione o a nessuna.<br />

NonCredo si rivolge soltanto a questi ultimi: certamente<br />

tolleranti, relativisti ma anche illuministi<br />

che non si riconoscono in nessuna religione<br />

dogmatica, strutturata, rivelata ecc ma nell’Etica<br />

empatica e solidaristica del “non fare ad altri ciò<br />

che non vorresti fosse fatto a te”, nella Libertà che<br />

abbia come limite soltanto la libertà altrui e nel<br />

Rispetto delle leggi che democraticamente si è<br />

data la loro comunità nazionale organizzata a<br />

Stato.<br />

Come ci vedono gli altri<br />

Intervista al direttore di NonCredo<br />

apparsa su varie testate on line<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

Non si fa che parlare di eutanasia, testamento<br />

biologico, dico, pacs, legge contro<br />

l’omofobia, riconoscimento a tutti gli effetti<br />

delle nuove tipologie di unioni sociali. Eppure,<br />

in Parlamento, viene sempre affossata<br />

ogni nuova proposta di disegno di legge<br />

che va in direzione della laicità. Come mai<br />

secondo lei?<br />

E’ sotto gli occhi di tutti la deriva filo-clericale<br />

(cattolica) della nostra politica: che c’è da aspettarsi?<br />

Pedofilia sottotraccia, quella sì; il valore dei<br />

sentimenti al di là dei problemi puramente convenzionali<br />

di genere e sesso, quelli no. Per non<br />

parlare della immondizia spirituale dell’ostracismo<br />

al dolore crudele quando è senza speranza di<br />

chi invoca per sé o per chi ama, l’eutanasia.<br />

Parlamentari illuminati non mancano, eppure<br />

lo scollamento tra rappresentati e rappresentanti<br />

continua, soprattutto su questi<br />

temi, a fare la differenza. Come valuta <strong>questo</strong><br />

dato?<br />

Ogni parlamentare ama essere rieletto, però sa<br />

bene che un veto occulto vaticano o CEI può troncare<br />

la “agognata” carriera.Nemo tenetur se detegere”,<br />

nessuno è tenuto ad autodanneggiarsi, a<br />

meno di riconoscersi in Valori quali onore, dignità,<br />

non compromissorietà (ricordiamo Muzio<br />

Scevola o Attilio Regolo o Salvo D’Acquisto) ma<br />

<strong>questo</strong> non fa parte, a mio parere, del retaggio e<br />

del patrimonio del Paese di Machiavelli.<br />

Quali strumenti nuovi ritiene, possano essere<br />

adottati per scalfire il muro di ipocrisia<br />

per superare consuetudini medioevali e<br />

rozze quali le dichiarazioni di chi rimanda<br />

alla nostra Costituzione l’unico margine<br />

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84<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

possibile di discussione su eventuali<br />

unioni tra omosessuali o, più semplicemente,<br />

il riconoscimento dei basilari diritti<br />

già garantiti alle coppie unite negli unici<br />

matrimoni ammessi dalla Chiesa e dallo<br />

Stato?<br />

Si ricorda quel “per fare l’Italia bisogna prima<br />

fare gli <strong>Italiani</strong>”? E dove stanno? a differenza dei<br />

Paesi protestanti, tanto per restare nel Cristianesimo,nei<br />

quali è molto alto il senso dello Stato,<br />

quello comunitario, il senso dell’onore e il civismo.<br />

Lei pensa che ove c’è il top del compromesso<br />

con la propria coscienza e con quella collettiva<br />

come gli istituti cattolici della “Confessione” o<br />

dell’indulgenza plenaria letta dietro un santino,<br />

entrambe istituti coi quali un furto, uno stupro,<br />

un omicidio commessi si cancellano d’incanto,<br />

tranne che per le vittime ,ci si possa aspettare<br />

qualcosa di diverso?<br />

Qui si inserisce il ruolo culturale di NonCredo:<br />

contribuire a creare una cultura, una corrente di<br />

opinione, una presa di coscienza che compensi la<br />

clericizzazione invadente, che ci ricordi il pensiero<br />

di uomini che vanno dalla Costituzione americana<br />

come Jefferson, Madison e Franklin, alla rivoluzione<br />

francese, l’illuminismo di Voltaire,<br />

Diderot e Kant, il liberalismo inglese, la rivoluzione<br />

scientifica ostracizzata dal papato cattolico<br />

di Darwin, Marx, Freud, Einstein e Popper, il superamento<br />

dell’Io del Buddha e la mistica empatica<br />

di Gandhi e Krishnamurti. Sono convinto che<br />

pur nel generale disinteresse degli <strong>Italiani</strong>, chi<br />

legge NonCredo nel tempo non resti lo stesso ma<br />

diventa cittadino della civile mittel-Europa senza<br />

saperlo.<br />

Alcuni esponenti della sinistra attuale rispetto<br />

a questi temi invocano sempre la libertà<br />

di coscienza. Io credo che oggi sia<br />

arrivato il punto di adottare, invece, sistemi<br />

più drastici. Che la protesta e la sensibilizzazione<br />

sulla laicità debbano passare attraverso<br />

gesti eclatanti, simboli,<br />

dimostrazioni, scioperi della fame, sit in,<br />

abbandono dell’aula parlamentare in massa<br />

occupare tutte le piazze di <strong>questo</strong> Paese,<br />

uno sciopero bianco collettivo, ogni qual<br />

volta passi una legge iniqua, che lede la laicità<br />

Il discorso sarebbe troppo lungo: uno Stato si<br />

fonda sulla legalità, <strong>questo</strong> è il portato del juspositivismo<br />

in cui mi riconosco. La legge va rispettata<br />

e semmai si lotta politicamente per cambiarla.<br />

Le rivoluzioni sono momenti stupendi nella storia<br />

del progresso dell’Uomo, ma sono tali proprio<br />

per la loro episodicità. Non si può, a mio avviso,<br />

andare oltre il lecito solo perché si ritiene qualcosa<br />

iniquo, anche perché l’iniquità dipende anche<br />

dai punti di vista. Credo che ci vorrebbe una<br />

molto maggiore qualità della politica intesa non<br />

secondo Platone ma semmai Aristotele e Montesquieu.<br />

Ma questa purtroppo non è l’Italia.<br />

Rispetto ad esempio all’outing, ha fato<br />

molto scalpore l’idea di alcuni anonimi internauti<br />

che minacciano la pubblicazione di<br />

una lista dettagliata con tutti i nominativi<br />

dei parlamentari di destra, omofobi, che<br />

pertanto hanno votato contro la “legge sull’omofobia”,<br />

e che conducono di fatto una<br />

seconda vita o sono gay non dichiarati.<br />

Cosa ne pensa a proposito?<br />

Ritengo che tutto e tutti in politica debbono essere<br />

trasparenti, altrimenti si tradisce la politica<br />

stessa e con essa il Paese e il popolo che dovrebbero<br />

esserne i destinatari. Smascherare gli ipocriti che<br />

hanno voluto liberamente fare politica mi sembra<br />

un atto dovuto, civile e utile.<br />

Alcune Associazioni americane delle vittime<br />

dei preti pedofili hanno depositato,<br />

preso la Corte dell’Aja, un fascicolo dettagliato<br />

ed esaustivo con il quale condannerebbero<br />

l’attuale pontefice per crimini<br />

contro l’umanità, per omissione di intervento,<br />

per non avere adottato sempre provvedimenti<br />

seri contro preti dalla dubbia<br />

condotta che sarebbero stati solo allontanati<br />

di diocesi in diocesi senza pagare, di<br />

fatto, per gli abusi commessi. Cosa pensa di<br />

questa denuncia?<br />

La denuncia, se corretta e provata, è un diritto e


anche eticamente un dovere in uno Stato di diritto.<br />

Poi il giudice naturale valuterà.<br />

“Noncredo” dove vuole arrivare? Il movimento<br />

per la Laicità di <strong>questo</strong> paese che<br />

evoluzione avrà? Ci sono speranze che intacchi<br />

davvero la coscienza della gente o lo<br />

ritiene uno strumento prevalentemente di<br />

informazione e basta?<br />

La laicità è una assoluta necessità, vitale per ogni<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

democrazia nonché per noi, però il “core business”,<br />

il fondamento di NonCredo è la NonCredenza,<br />

cioè la giustezza e la razionalità di una<br />

società possibilmente senza le religioni così come<br />

le conosciamo, ma dove il Bene Comune, la pace,<br />

la libertà, l’armonia possano essere risolte dall’Etica,<br />

che non ha bisogno di dèi, di miracoli, di<br />

cleri e di aldilà. Questa è la ”cultura della ragione”,<br />

sottotitolo di Noncredo, che noi portiamo<br />

avanti.<br />

Nell’ambito della nostra Fondazione ReligionsFree Bancale, editrice di NonCredo,<br />

è stato istituito il<br />

FONDO di solidarietà “LUCIA&PAOLO”<br />

nello spirito dello Statuto della Fondazione stessa che è orientato all’assistenza,<br />

soccorso e volontariato a favore dei diseredati più deboli, in particolare bambini<br />

e anziani delle fasce etnico-sociali a noi più vicine che noi vediamo come “il nostro<br />

prossimo” più sofferente.<br />

Detto Fondo di solidarietà concentrerà pertanto la sua attenzione e i suoi interventi<br />

a favore dei bambini e degli anziani extra-comunitari presenti in Italia che<br />

si trovassero senza assistenza o in stato di necessità.<br />

La Fondazione ReligionsFree Bancale e il suo Fondo di solidarietà “Lucia&Paolo”<br />

invitano chiunque ne fosse a conoscenza a segnalare alla Fondazione stessa o alla<br />

pubblicazione NonCredo tutti quei casi di bambini e anziani extracomunitari in<br />

Italia che necessitino di solidarietà morale e di assistenza materiale.<br />

Grazie a nome di chi soffre.<br />

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85


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86<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

Sensibilità umana ed effetti giuridici<br />

Diritti degli animali nello Stato e nella Chiesa<br />

Con l’Illuminismo e alcuni dei suoi più celebri<br />

esponenti, a partire da Voltaire a Rousseau,<br />

si affermò in Europa una filosofia dei<br />

diritti animali o, perlomeno, un codice di<br />

condotta e di doveri umani nei loro confronti:<br />

da questa riflessione in Italia scaturirono<br />

le prime leggi a protezione degli<br />

animali. Già nel Granducato di Toscana e nel<br />

Regno di Sardegna, negli anni 1856 e 1859,<br />

erano state emanate leggi che vietavano di<br />

incrudelire su animali domestici in luoghi<br />

pubblici: esse sancivano i c.d. “doveri indiretti”,<br />

tutelando il sentimento umano, benchè<br />

oggetto della condotta riprovata fosse<br />

l’animale. Con l’art. 491 del codice Zanardelli<br />

entrò in vigore nel 1890 la prima legge italiana<br />

a tutela dei diritti animali, che espungeva<br />

dal testo le restrizioni del la tutela ai soli<br />

maltrattamenti di animali domestici perpetrati<br />

in pubblico e recitava: “Chiunque incrudelisce<br />

verso animali o, senza necessità li<br />

maltratta ovvero li costringe a fatiche manifestamente<br />

eccessive, è punito con ammenda”. Il codice<br />

Rocco del 1930 riprese la norma all’art.<br />

727 e, più tardi, alcune modifiche estesero la<br />

tutela degli animali, includendo fra i maltrattamenti<br />

anche le condotte incompatibili<br />

con le caratteristiche etologiche. La Legge<br />

189/04 ha inasprito le sanzioni comminate, in<br />

particolare introducendo la reclusione in<br />

luogo della semplice ammenda. Il codice<br />

della strada 2011, il reato di omissione di soccorso<br />

è stato esteso anche a favore degli animali.<br />

Il passaggio dai doveri indiretti ai doveri diretti<br />

presuppone l’evoluzione del dovere di<br />

astenersi dalla lesione di diritti umani estrinsecantisi<br />

attraverso gli animali in dovere fon-<br />

di Carlo Prisco, avvocato<br />

dato sul riconoscimento in capo a tali creature<br />

di veri e propri diritti autonomi: tale<br />

principio nel diritto italiano non è ancora<br />

stato affermato e, verosimilmente, rappresenterà<br />

la tappa cruciale nell’affermazione<br />

giuridica delle specie non umane. Ma come<br />

si pone la Chiesa rispetto a <strong>questo</strong> percorso<br />

di codificazione dei diritti animali? Il suo<br />

cammino è certo molto più articolato e risalente<br />

di quello della (al paragone) neonata<br />

nazione italiana e finora è stato tutt’altro che<br />

lineare: il cristianesimo delle origini, ispirandosi<br />

direttamente alla Bibbia e alle fonti allora<br />

disponibili sulla vita di Gesù, sosteneva<br />

largamente il rispetto degli animali e molti<br />

padri fondatori e dottori della Chiesa praticavano<br />

il vegetarismo (S. Pietro, gli apostoli<br />

Giacomo e Matteo, S. Girolamo, S. Ambrogio,<br />

S. Agostino, S. Gregorio Magno).<br />

Con il Concilio di Nicea del 325, non soltanto<br />

venne bandito il vegetarismo dalla dottrina,<br />

ma tutto il Creato venne decretato appannaggio<br />

dell’uomo, rendendo contrario a dio<br />

perfino il semplice astenersi dallo sfruttare<br />

ciò che questi avrebbe messo a disposizione.<br />

Dietro alle scelte di Nicea si celava l’obbiettivo<br />

di far assurgere la religione cristiana a<br />

culto di stato e, dunque, renderla compatibile<br />

in primo luogo con le abitudini e le idee<br />

dell’imperatore Costantino ed, altresì, con i<br />

costumi della tradizione romana, compresi i<br />

sacrifici animali. Dopo il 325 l’affermazione<br />

del rispetto per gli animali equivalse a sospetto<br />

di eresia, che diveniva certezza nei<br />

confronti di chi praticava la scelta alimentare<br />

pitagorica (vegetariana): tale condotta veniva<br />

punita perfino mediante la colata di piombo<br />

fuso nella gola del malcapitato.


Benchè numerosi esponenti della Chiesa, nel<br />

corso dei millenni, abbiano manifestato sensibilità<br />

a vario titolo nei confronti delle specie<br />

non umane, giungendo perfino a<br />

teorizzare un sistema di valori consequenziale<br />

(i.e. San Francesco), ciò non ha scalfito<br />

la posizione ufficiale che imponeva all’uomo<br />

il titolo e il potere di dominatore della natura<br />

e di tutte le sue creature. L’affermazione di<br />

principio alla base della dottrina ecclesiastica<br />

dei (non) diritti animali è stata chiaramente<br />

esposta da S. Tommaso D’Aquino mediante<br />

l’assioma: “Le anime degli animali non avendo la<br />

capacità di agire indipendentemente non sono<br />

sussistenti”. Neppure l’avvento dell’Illuminismo<br />

ha influenzato la visione della Chiesa<br />

circa i diritti degli animali: mentre lo Stato<br />

italiano emanava le prime leggi in proposito,<br />

i gesuiti autori della rivista Civiltà Cattolica,<br />

nel 1907, giunsero alla conclusione che essi<br />

erano insussistenti e indegni di qualsivoglia<br />

forma di tutela: “Come dovremmo avere dei doveri<br />

verso creature che possiamo a nostro capriccio<br />

fare a pezzi, arrostire e mangiare? Il motivo<br />

intrinseco è che l’animale non è persona ossia non<br />

è creatura ragionevole, sussistente per sé,<br />

ma semplice mezzo per il nostro fine”.<br />

Nel corso degli anni la posizione della<br />

Chiesa ha dovuto dar voce anche alle molte<br />

istanze a difesa degli animali e così, nel 1990,<br />

lo stesso Papa Giovanni Paolo II affermò che<br />

anche gli animali hanno un soffio divino; tuttavia<br />

tali parole non hanno dato seguito ad<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

alcuna azione concreta e l’attuale catechismo<br />

ufficiale sancisce che: “Gli animali, come anche<br />

le piante e gli esseri inanimati, sono naturalmente<br />

destinati al bene comune dell’umanità passata,<br />

presente e futura.<br />

[…] È dunque legittimo servirsi degli animali per<br />

provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti.<br />

Possono essere addomesticati, perché<br />

aiutino l’uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi<br />

negli svaghi. Le sperimentazioni mediche e scientifiche<br />

sugli animali sono pratiche moralmente accettabili<br />

[…].”<br />

Molti, come i cattolici vegetariani, ispirandosi<br />

al cristianesimo delle origini e al messaggio<br />

autentico dei testi sacri prima delle<br />

numerose manipolazioni, anche in seno alla<br />

Chiesa continuano a sostenere l’esistenza dei<br />

diritti animali. La Chiesa non ha omesso di<br />

pronunciarsi neppure nei confronti della legislazione<br />

sui diritti animali dello Stato,<br />

quando in occasione dell’approvazione della<br />

L 189/04, ha manifestato contrarietà a tale riconoscimento,<br />

appellandosi allo Stato anche<br />

dalle pagine della rivista gesuita Civiltà Cattolica.<br />

Insomma, anche nei confronti dei diritti<br />

e doveri di “cittadini” italiani non umani<br />

la Chiesa non ha rinunciato ad esercitare la<br />

propria influenza e ciò benchè al suo stesso<br />

interno, fra i suoi componenti e perfino nelle<br />

proprie scritture sacre, non si possa cogliere<br />

alcuna continuità o coerenza, ma soltanto<br />

una moltitudine di idee, spesso opposte tra<br />

loro.<br />

_xzzxÜx NONCREDO può essere un momento arricchente di argomenti nuovi,<br />

di cultura e di autostima. Fateci caso dopo averlo letto.<br />

fÉáàxÇxÜx NONCREDO significa potenziarlo, consentirgli di affrontare i notevoli oneri<br />

connessi all’aumento della sua diffusione sul territorio nazionale e dell’aumento di pagine.<br />

Per chi condivide e crede negli ideali di NonCredo, l’abbonamento sostenitore, con<br />

importo assolutamente libero, è un mezzo per esserci più vicini.<br />

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88<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

La parola alla grande letteratura<br />

L’ateismo etico di Camus<br />

di Carlo Tamagnone, filosofo<br />

Camus e Dostoevskji.<br />

In Camus il<br />

tema del male e<br />

del dolore ricordaDostoievskji,<br />

ma con esiti<br />

filosofici opposti.<br />

Per il russo<br />

l’itinerario esistenziale si conclude nelle accoglienti<br />

braccia di dio; per il franco-algerino<br />

nella sua negazione. Differenti anche le atmosfere<br />

letterarie, tenebrose e fredde quelle<br />

dostoevskiane, assolate e soffocanti quelle<br />

camusiane. Come già sosteneva André Gide<br />

all’inizio degli anni ’20 in Dostoevskji il male<br />

porta a dio superando la “morte di Dio” di<br />

Nietzsche. La volontà di potenza si capovolge<br />

in volontà di patimento, d’espiazione, d’autoannullamento<br />

nel sacro. In Camus dio è negato<br />

perché permette il male, dunque non<br />

esiste: se esistesse sarebbe malvagio. Egli,<br />

profondamente mediterraneo, evoca il<br />

trionfo della vita sul dolore e la morte.<br />

Camus e la Parigi del ’40-’45.<br />

Nato in una famiglia operaia algerina, dopo<br />

la morte del padre sulla Marna nel 1914 la famiglia<br />

si trasferisce ad Algeri dove uno zio<br />

lo aiuta a studiare, però deve concorrere al<br />

bilancio famigliare con lavori saltuari fino al<br />

faticoso raggiungimento della laurea nel<br />

1936. Ricorderà quegli anni come una<br />

“scuola della povertà” preziosa, che ne farà<br />

un “diverso” rispetto agli alto-borghesi parigini<br />

Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir,<br />

Maurice Merlau-Ponty. Arriva a Parigi nel<br />

1940 dopo aver aderito a un movimento antifascista<br />

nel ’33 e al partito comunista nel<br />

’34. Scrive per Paris-Soir ma contemporaneamente<br />

per il clandestino Combat. Nel ’42 esce<br />

per Gallimard il suo Lo straniero, che lo consacra<br />

romanziere di livello internazionale.<br />

Camus e Sartre.<br />

Il proletario Camus fa amicizia con l’alto-borghese<br />

Sartre, entrambi partecipanti alla lotta<br />

di liberazione e comunisti. Nel ’47 Camus<br />

denuncia i gulag sovietici e con l’allora stalinista<br />

Sartre c’è la rottura. Su Les temps modernes<br />

Camus è stigmatizzato come un<br />

“reazionario borghese”. Sartre si ricrederà<br />

dopo Budapest, ma non si vedranno mai più.<br />

Resta l’assonanza esistenzialista espressa da<br />

Sartre in La nausea e da Camus in Lo straniero.<br />

Per il Roquentin del La nausea la natura è un<br />

mondo brutale che si oppone alla realizzazione<br />

della sua libertà e lo fa sentire estraneo<br />

ad esso. Il Mersault de Lo straniero si sente invece<br />

sintonico con quel mondo, vi vegeta indifferente<br />

perché è senza-senso come si sente<br />

egli stesso.<br />

Il non-senso dell’esistere e l’indifferenza.<br />

Unici a poter dar senso all’esistere, i sentimenti,<br />

Mersault non li prova. Al funerale<br />

della madre sente solo caldo e sudore.<br />

L’aveva messa in ospizio ma «piangeva<br />

spesso» e non c’è più andato perché «perdevo<br />

tutta la domenica, a parte la fatica di<br />

prendere l’autobus, comprare i biglietti e fare<br />

due ore di viaggio.» Prima del funerale fuma


una sigaretta e lo segue pensando ad altro. Il<br />

rientro: «… il rombo incessante del motore e<br />

la mia gioia quando l’autobus è entrato nel<br />

nido di luci di Algeri e ho pensato che sarei<br />

andato a letto e avrei dormito dodici ore.»<br />

Alla ragazza con cui fa l’amore dice che<br />

l’amore non significa nulla. Ameba umana<br />

che va dove il caso porta va al mare con due<br />

amici e aggrediscono due algerini perché<br />

non gli vanno a genio, uno tira fuori un coltello<br />

ma poi scappano. Vanno a cercarli per<br />

dargli una lezione e li scovano, l’amico dà<br />

una pistola a Mersault da usare al caso («In<br />

quel momento ho pensato che si poteva sparare<br />

oppure non sparare e che una cosa valeva<br />

l’altra.») Luccica il coltello e Mersault<br />

spara un primo colpo, poi senza perché altri<br />

quattro «su un corpo inerte dove i proiettili si<br />

insaccavano senza lasciar traccia.» Condannato<br />

a morte si augura «che ci siano molti<br />

spettatori il giorno della mia esecuzione e<br />

che mi accolgano con grida di odio.»<br />

Dal non-senso all’assurdo.<br />

Il non-senso si evolve nell’assurdo de Il mito di<br />

Sisifo e l’ignavia di Mersault in Sisifo si fa<br />

sfida alla punizione divina. Perché non ci si<br />

suicida di fronte all’assurdo? Il corpo vale<br />

quanto lo spirito e si vive prima che pensare,<br />

dunque vivere a dispetto dell’assurdo è vincere<br />

la partita dell’esistenza. L’assurdo è coesistenza<br />

di uomo e mondo, che ne sono legati<br />

e lo creano. Sisifo è condannato dal dio ma si<br />

sente libero perché il vero problema non è lui<br />

ma l’esistenza del male: «O non siamo liberi<br />

e Dio onnipotente è responsabile del male; o<br />

siamo liberi e responsabili, ma Dio non è onnipotente.»<br />

Sisifo mente spinge il masso in<br />

cima alla montagna non pensa, ma arrivato<br />

in cima il masso riprecipita ed egli mentre<br />

scende per ricominciare può pensare a sé e<br />

al masso.<br />

La consapevolezza e l’orgoglio.<br />

Il “ritorno” lo fa cosciente: «Sisifo, proletario<br />

degli dèi, impotente e ribelle, conosce tutta<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

l’estensione della sua miserevole condizione.»<br />

e tuttavia «Non esiste destino che<br />

non possa essere superato dal disprezzo [del<br />

dio].», la divinità è spregevole perché produce<br />

male. E tuttavia il male chiama il bene<br />

e il dolore la felicità: «La felicità e l’assurdo<br />

sono figli della stessa terra e inseparabili.» Il<br />

masso dà sofferenza a Sisifo, ma «è cosa sua»<br />

e «Se l’uomo assurdo dice di sì [all’assurdo]<br />

… sa di esser padrone dei propri giorni.» e<br />

«insegna la fedeltà superiore, che nega gli dei<br />

e solleva i macigni.» L’universo non ha creatori<br />

né padroni e sceglier l’assurdo è realizzarsi;<br />

quindi «Bisogna immaginare Sisifo<br />

felice.» In altre parole, siccome chi mi infligge<br />

male è maligno io che lo disprezzo mi<br />

“approprio” della condanna.<br />

La rivolta.<br />

Sisifo può assurdamente sentirsi felice, ma il<br />

male rimane e domina la realtà con l’oppressione<br />

e l’assassinio. Rivoltarsi «contro la propria<br />

condizione e contro l’intera creazione»<br />

è qualcosa che Camus vede come “metafisico”<br />

poiché dio è «padre della morte e supremo<br />

scandalo.» Oltre alla rivolta metafisica<br />

c’è quella storica, nichilistica e terroristica, e<br />

poi c’è un terrorismo di stato col regno dei fini<br />

della ragione storica. Rompe con Sartre, perché<br />

il regime sovietico è «impero e schiavitù»<br />

che ha eliminato dio ma non il male. La religione<br />

prevede la consapevolezza del peccato<br />

e “rinvia” il castigo, il totalitarismo prevede<br />

la colpevolezza d’ogni suddito: ha eliminato<br />

dio per farsi super-dio. Contro il male l’unica<br />

chance etica è rivoltarsi, specialmente quando<br />

si maschera da bene superiore: «la sola regola<br />

che sia oggi originale: imparare a vivere,<br />

a morire e, per esser uomo, rifiutare d’esser<br />

dio.»<br />

La solidarietà umana.<br />

L’iter etico di Camus, iniziato col non-senso,<br />

passato per l’assurdo, sfociato nella rivolta al<br />

male, si conclude nel solidarismo. Siccome il<br />

non-senso del rapporto uomo-mondo porta<br />

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90<br />

PENSIERO UMANISTICO<br />

il male e <strong>questo</strong> è irrimediabile, ognuno è<br />

chiamato a fare il massimo possibile per ridurlo.<br />

L’uomo etico di Camus s’incarna nel<br />

dottor Rieux, il protagonista de La peste, che<br />

lotta con tutte le sue forze per cercare di ridurre<br />

le sofferenze dei morenti. Al prete che<br />

cerca di convincerlo che malgrado il male dio<br />

è amore e che la sua creazione è buona, egli,<br />

pensando ai piccoli appestati: «No, Padre, io<br />

mi faccio un’altra idea dell’amore e mi rifiuterò<br />

fino alla morte di amare questa creazione<br />

dove i bambini sono torturati». Se il<br />

non-senso, l’assurdo e il male trionfano,<br />

l’unico modo d’agire è ridurne gli effetti attraverso<br />

la generosità e il sacrificio; non già<br />

in nome di dio, ma in nome dell’uomo.<br />

MATRIMONI COMBINATI<br />

Nei cosiddetti “matrimoni combinati”, un tempo quasi la regola e oggi molto diffusi ancora<br />

in tante parti del globo, gli sposi sono scelti dalle rispettive famiglie secondo vari criteri<br />

fra cui primeggiano religione, etnia e interesse. Molto spesso la ferrea tradizione vuole<br />

che lo sposo veda il viso della sposa soltanto dopo la funzione matrimoniale. Ora, se uno<br />

di questi promessi sposi dice, per esempio ai suoi amici, che la sua promessa sposa è molto<br />

bella e che lui ne è innamorato, c’è da credergli? Lui non ha visto, né scelto né valutato alcunché.<br />

Mutatis mutandis, che differenza intercorre tra quello sposo e un qualsiasi “fedele o credente”<br />

di qualsiasi religione che lui ha passivamente ereditato dai genitori come il DNA o<br />

il gruppo sanguigno? Per cui quando lui decanta la sua religione, la considera l’unica vera,<br />

critica le altre, si batte per la sua credenza c’è differenza sostanziale con il predestinato promesso<br />

sposo o sposa?<br />

L’accanimento fideistico-dogmatico del credente per una fede che non ha scelto, di cui si<br />

professa seguace anche se nella dottrina la ignora, in cui non ha messo nulla di suo né in termini<br />

cognitivi né creativi, è da considerarsi sul piano dell’antropologia (= studio dell’Uomo),<br />

della psicologia (= studio della mente) e dell’etologia (= studio dei comportamenti), ripetiamo:<br />

è da considerarsi più patetico o deterministico o irrazionale o condizionato ovvero<br />

non degno dell’Homo Sapiens Sapiens?<br />

P.S. I matrimoni combinati accettano l’istituto del divorzio, e i credenti dopo che ci hanno riflettuto<br />

un po’, se la sentono di rimettere in discussione i fondamenti della loro fede “ereditata e non scelta”?


Lo scetticismo vincente e la laicità<br />

PENSIERO FILOSOFICO<br />

Hume: la scepsi applicata alla religione<br />

di Enrico Gavalotti, filosofo delle religioni<br />

________________________________________________________________________________________<br />

Si è soliti dire che gli inglesi siano poco avvezzi alla speculazione filosofica, essendo empiristi di natura. Ebbene<br />

se si leggesse David Hume (1711-76), che per di più era scozzese, si scoprirebbe che l’intera sua filosofia sembra<br />

essere fatta apposta non solo per confermare questa universale opinione che si ha degli inglesi, ma anche per<br />

dimostrare, in maniera molto articolata, che tale atteggiamento nei confronti della vita è l’unico a essere veramente<br />

fondato. Hume ambiva a porsi come una sorta di “Newton della psicologia”. Se poi si pensa che per la mentalità<br />

del suo tempo non era certo facile dichiararsi agnostici o addirittura atei senza subire gravi conseguenze,<br />

forse si può addirittura sostenere che Hume sia stato uno degli intellettuali più straordinari che gli inglesi abbiano<br />

mai avuto.<br />

L’opposizione clericale<br />

Di <strong>questo</strong> invero se n’era subito accorta la<br />

stessa chiesa presbiteriana scozzese, che pur<br />

essendo di origine calvinista avrebbe avuto<br />

un motivo in più per discutere con lui le tesi<br />

razionaliste in materia di fede religiosa. Invece,<br />

avendo già intuito che un qualunque<br />

discorso di filosofia naturale o deistica, pur<br />

con tutti i distinguo di <strong>questo</strong> mondo, rischiava<br />

prima o poi di portare all’ateismo e<br />

quindi alla fine di quella casta di intellettuali<br />

chiamati “teologi”, essa fece di tutto, sin<br />

dalla pubblicazione del Trattato sulla natura<br />

umana (1739-40), per impedire a <strong>questo</strong> promettente<br />

filosofo d’intraprendere una qualsivoglia<br />

carriera universitaria, che avrebbe<br />

ampiamente meritato, per quanto il testo non<br />

ebbe molto successo tra il pubblico.Allorché<br />

decise di dare alle stampe, in forma anonima,<br />

quella sua prima opera, scritta peraltro durante<br />

il suo soggiorno in Francia, a Reims e<br />

La Flèche, presso i gesuiti (1734-37), Hume<br />

sapeva benissimo a quali rischi sarebbe andato<br />

incontro, tant’è che s’era premurato di<br />

togliere proprio le parti relative alla religione<br />

(idea di provvidenza, di miracolo, di profezia<br />

ecc.). Ciò ovviamente non bastò a risparmiargli<br />

l’accusa di ateismo e a nulla valsero i<br />

suoi tentativi, un po’ goffi, di sostenere, nella<br />

Lettera ad un amico (1745), che le tesi scettiche<br />

del Trattato avevano lo scopo recondito di dimostrare<br />

che un qualunque discorso razionalista<br />

intorno alla fede non faceva che<br />

sminuirne il valore esistenziale. Questo per<br />

dire ch’egli non voleva apparire come un fulmine<br />

a ciel sereno, ma come un anello fondamentale<br />

di quella progressiva demolizione<br />

delle radici cristiane che nel suo paese era<br />

iniziata, in maniera soft, con la formazione<br />

del deismo, che non a caso trovava le proprie<br />

origini in Inghilterra.<br />

Il background filosofico inglese<br />

I primi a porre una netta distinzione tra religione<br />

naturale (basata sulla ragione) e religione<br />

rivelata (basata sulla fede) erano stati<br />

H. de Cherbury (1583-1648) e T. Hobbes<br />

(1588-1679). I successivi deisti (il conte di<br />

Shaftesbury, G. Berkeley, J. Locke, J. Toland),<br />

quando difendevano la religione naturale ritenendola<br />

utile sul piano etico-politico, finivano<br />

per portare il credente su posizioni<br />

sempre più scettiche nei confronti dei dogmi<br />

cristiani, cattolici o riformati che fossero,<br />

anche contro le loro migliori intenzioni. Bastano<br />

pochissime frasi per rendersi conto di<br />

quanto la sua filosofia s’innesti perfettamente<br />

in quella corrente deistico-illumini-<br />

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92<br />

PENSIERO FILOSOFICO<br />

stica anglo-francese ch’egli s’accingeva a<br />

svolgere in maniera consequenziale. La conoscenza<br />

ha origine dai sensi e si fonda sulle<br />

percezioni, di cui le maggiori sono le impressioni<br />

e le minori le idee. Quest’ultime si collegano<br />

tra loro per somiglianza, contiguità<br />

spazio-temporale e causa/effetto. L’unica conoscenza<br />

certa, cioè logica e necessaria, è<br />

quella astratta della matematica, mentre<br />

quella riferita alla realtà concreta può basarsi<br />

unicamente sul nesso di causa ed effetto, che<br />

viene ritenuto fondato per esperienza, cioè<br />

per abitudine psicologica, traducibile anche<br />

in un feeling della coscienza o addirittura in<br />

una fede (belief), a condizione che resti qualcosa<br />

di “sentito” o “percepito”, non di “concepito”.<br />

In questa nostra vita terrena (si<br />

potrebbe chiosare così l’intero corpus humiano),<br />

le cui contraddizioni spesso ce la<br />

rendono incomprensibile, non può in alcun<br />

modo esserci spazio “razionale” per la trascendenza,<br />

ovvero per un mondo che nel migliore<br />

dei casi appartiene soltanto ai morti:<br />

qualunque “dimostrazione” dell’esistenza<br />

divina va considerata un nonsense. Persino in<br />

geometria sarebbe assurdo concepire un<br />

triangolo in generale, prescindendo dalle caratteristiche<br />

dei suoi lati e angoli.<br />

Si badi però che per Hume la critica della religione<br />

non è mai arrivata a sostenere che la<br />

fede non potesse servire sul piano pratico,<br />

come forma di moralità personale. Una religione<br />

che si mantiene nei limiti della ragionevolezza<br />

umana e rinuncia a imporre<br />

astratte speculazioni e soprattutto biechi fanatismi,<br />

può tranquillamente continuare a<br />

sussistere sotto il principio della tolleranza<br />

lockiana.E’ noto che, nonostante i successi<br />

editoriali posteriori al Trattato, Hume si sentiva<br />

costantemente minacciato dal conservatorismo<br />

clericale del suo paese, tanto che non<br />

ebbe mai il coraggio di pubblicare la sua<br />

opera antireligiosa più significativa, Dialoghi<br />

sulla religione naturale.<br />

Critica della filosofia humiana<br />

La filosofia humiana non aveva alcunché di<br />

“militante”, come invece quella degli illuministi<br />

francesi: era soltanto improntata a un<br />

“laico buon senso”, mediante cui si poteva<br />

rinunciare alla fede senza per <strong>questo</strong> pregiudicare<br />

alcunché della propria facoltà di giudizio.<br />

Hume aveva chiaramente anticipato<br />

Kant, come già dissero i nostri Dal Pra e<br />

Della Volpe, nella critica dell’ontologia e<br />

della metafisica religiosa: cosa che d’altra<br />

parte lo stesso Kant ammise quando nei Prolegomeni<br />

scrisse: “è stato l’avvertimento di<br />

Hume che molti anni fa primamente ruppe<br />

in me il sonno dogmatico e diede alle mie ricerche<br />

nel campo della filosofia speculativa<br />

un tutt’altro indirizzo”. Tuttavia il limite fondamentale<br />

della sua filosofia, nella critica antireligiosa,<br />

stava proprio nel fatto che ci si<br />

appellava ai sensi, di cui il migliore era il buon<br />

senso, quando la stessa cosa avrebbero potuto<br />

farla i clericali, in pieno Medioevo, per sostenere<br />

che non aveva alcun senso non credere<br />

nella religione. Questo per dire che una<br />

qualunque critica della religione non porta a<br />

risultati demolitori se ci si limita a un’operazione<br />

meramente filosofica, in cui a un’idea<br />

teistica se ne contrappone un’altra di tipo<br />

ateistico o anche solo agnostico, senza cioè<br />

una contestuale strategia che investa anche<br />

il livello del conflitto sociale e della gestione<br />

del potere. Ci vorrà il socialismo inglese di<br />

un secolo dopo prima di collegare in maniera<br />

organica lo sviluppo sociale di un paese con<br />

quello culturale, arrivando alla conclusione<br />

che il capitalismo, a causa delle proprie insolute<br />

contraddizioni, non ha alcuna possibilità,<br />

se non negando se stesso, di sostenere<br />

posizioni radicalmente antimetafisiche.<br />

Hume, non senza coraggio, aveva portato il<br />

deismo a conseguenze più radicali, opponendo<br />

la scepsi, cioè il nuovo “buon senso”<br />

dell’intellettuale razionalista, a un altro<br />

“senso”, che fino a ieri era “comune” e che la<br />

potente rivoluzione industriale inglese rendeva<br />

sempre più velocemente obsoleto. E<br />

chi, negli ambiti clericali, lo criticava, non si<br />

rendeva conto che proprio la natura “protestante”<br />

della nuova religione cristiana aveva<br />

enormemente favorito il decollo di quello


stesso sviluppo industriale e quindi, indirettamente,<br />

lo sviluppo del laicismo che gli era<br />

correlato. Lo dimostra il fatto che pur essendo<br />

stato minacciato di scomunica, nessuno<br />

ebbe il coraggio di comminargliela.<br />

L’Inghilterra aveva sofferto già abbastanza<br />

per le guerre di religione e Hume sapeva<br />

bene che se un libero pensatore avesse avuto<br />

il buon gusto di tenere le proprie considera-<br />

DISORDINI A ROMA<br />

PENSIERO FILOSOFICO<br />

zioni laiciste nei limiti del pacato confronto<br />

teoretico, nessuno avrebbe avuto da ridire<br />

più di tanto, specie in una nazione così<br />

aperta alla modernità come quella inglese.<br />

Tutto sommato ebbe ragione. Ma quanto in<br />

<strong>questo</strong> suo atteggiamento accorto abbiano<br />

influito i gesuiti frequentati in gioventù, è facile<br />

immaginarlo.<br />

Il 15 di ottobre abbiamo visto in tv tante auto bruciate, anche di povera gente, incendi provocati<br />

in abitazioni private col conseguente dramma di quelle famiglie, abbiamo visto mettere<br />

a fuoco mezzi delle forze dell’ordine e anche strappare in pezzi con oltraggio il tricolore<br />

nazionale sulla pensilina dell’hotel Massimo d’Azeglio in via Cavour, abbiamo visto delinquenti<br />

lanciare sampietrini da due chili con spigoli netti che nessuno scudo o elmetto<br />

delle forze di polizia avrebbe potuto neutralizzare, abbiamo visto devastazioni di strade, negozi,<br />

banche. Ebbene dopo tutto <strong>questo</strong> scempio il Vaticano, al sicuro e ben protetto sull’altra<br />

sponda del Tevere, ha emesso un comunicato per denunciare, secondo loro, la<br />

“minaccia alla fede” (!) per il casuale danneggiamento anche di qualche statua di gesso o<br />

cartapesta e di emblemi o icone della stantia mitologia cattolica. Insomma un pupazzo contro<br />

esseri umani minacciati dai sovversivi. Ma non era più decente che stessero zitti?<br />

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94<br />

PENSIERO FILOSOFICO<br />

Un luogo comune da sfatare<br />

La morale e dio<br />

di Luigi Corvaglia, psichiatra, dirigente ASL di Bari<br />

“Se Dio non esiste, tutto è possibile” faceva<br />

dire Dostoveskji a un personaggio de I demoni.<br />

Il concetto, semplice quanto diffuso, è<br />

che se non esistesse dio, non esisterebbe neppure<br />

una differenza fra il giusto e l’ingiusto.<br />

Un dio-necessità, quindi, che si offre a considerazioni<br />

che investono molteplici ambiti e<br />

attraversano differenti piani di riflessione.<br />

Quello dei rapporti fra dio e il male, del<br />

resto, è tema antico. Epicuro, in contrasto con<br />

l’affermazione del grande russo, diceva che<br />

la presenza del male nel mondo era la prova<br />

che gli dei se ne disinteressavano, perché,<br />

nell’eventualità che avessero voluto eliminarlo<br />

e non avessero potuto, sarebbero stati<br />

impotenti, mentre, se avessero potuto e non<br />

voluto, sarebbero stati malvagi. Agostino, al<br />

contrario, riprendendo i sofisti, affermava<br />

che ciò che appare come male, in realtà, contribuisce<br />

alla perfezione totale. La questione<br />

ha attraversato i secoli interessando Bayle,<br />

Bohme, Arnaud, Malebranche, Hegel, ecc.,<br />

ma è ancora, ovviamente, aperta. Ai fini del<br />

discorso che ci si appresta a fare, affermaremo<br />

l’esistenza di qualcosa identificabile<br />

come Bene e qualcos’altro identificabile come<br />

Male e identificheremo il primo con ciò che è<br />

gradito a dio e il secondo con ciò che, essendogli<br />

sgradito, merita la sua giusta punizione.<br />

Ciò fatto, un primo livello di<br />

considerazione riguarda la questione di<br />

quale sia la reale natura dell’uomo. E’ questi<br />

naturalmente “buono” o “cattivo”? Se è vera<br />

la prima opzione, come immaginato da Aristotele,<br />

Rousseau e Tolstoj, i traviamenti che<br />

possono portare alla dannazione eterna sarebbero<br />

opera del potente maligno che agisce<br />

su individui costituzionalmente deboli.<br />

Come disse il barone d’Olbach, immagi-<br />

nando per un attimo che dio esistesse: “I miei<br />

traviamenti sono stati l’effetto del temperamento<br />

che tu mi hai dato, delle circostanze nelle quali tu<br />

mi hai posto senza interrogarmi, delle idee le<br />

quali, senz’alcuna mia cooperazione, sono penetrate<br />

nel mio spirito. Se tu sei, come si assicura,<br />

buono e giusto, non puoi allora punirmi per gli<br />

errori della mia immaginazione, per gli errori<br />

causati dalle mie passioni, conseguenze necessarie<br />

della struttura del corpo che tu mi hai dato... La<br />

tua bontà non potrebbe permettere che io incorra<br />

in una pena per i traviamenti inevitabili.”<br />

Ciò è ancora più vero nel caso in cui avesse<br />

ragione chi, come Nietzsche, Stirner, Hobbes,<br />

Freud o Calvino, ritiene che l’uomo sia naturalmente<br />

malvagio. In tal caso, i peccati per<br />

cui si incorre nella pena divina sono, non<br />

solo, come dice D’Olbach, inevitabili, ma non<br />

si configurerebbero neppure come “traviamenti”.<br />

Scrive, ad esempio, Max Stirner che<br />

sarebbe un errore credere che il cristianesimo<br />

inculchi la simpatia e l’amore per il prossimo,<br />

in quanto l’uomo che il cristiano dice di<br />

amare è l’uomo astratto, ideale, santo, non<br />

già l’uomo qual è, con le sue passioni, i suoi<br />

slanci, le sue miserie, il quale anzi va schernito,<br />

odiato, disprezzato, a meno che non rinunci<br />

alla sua umanità, si mutili dei suoi<br />

aspetti più tipici, divenendo esempio di santità.<br />

Dio appare quindi nella veste di una<br />

sorta di istitutore di collegio con l’unica differenza<br />

che quest’ultimo non è il responsabile<br />

della natura che si pone la missione di<br />

rettificare. In un modo o nell’altro, opzione<br />

positiva o negativa che sia, se si dovessero<br />

usare le categorie morali classiche, non si<br />

avrebbe difficoltà a bollare la logica della punizione<br />

divina come immorale.


Il problema dell’attribuzione delle qualità<br />

morali diventa però ben più evidente<br />

quando si passa ad un livello di logica superiore.<br />

A <strong>questo</strong> livello possiamo chiederci:<br />

“E’ dio che ha decretato cos’è il bene e cos’è<br />

il male?”, allora per dio non esiste qualcosa<br />

che a priori sia giusta o ingiusta. Ciò comporta<br />

un problema irrisolvibile. Infatti, innanzitutto,<br />

nulla ci autorizza a dichiarare che<br />

Dio è buono, visto che la bontà è stata stabilita<br />

da dio a posteriori. Ma è proprio questa<br />

“norma” stabilita ad aprire una questione<br />

enorme ed imprescindibile, quella relativa al<br />

perché l’Onnipotente avrebbe stabilito che<br />

proprio ciò che consideriamo giusto sia il<br />

bene e ciò che consideriamo ingiusto sia il<br />

male. Se la risposta è che esiste un “motivo”,<br />

si cade in una impasse. Ciò, infatti, vuol dire<br />

che il motivo viene prima di dio, in termini<br />

temporali (prima il motivo, poi la realizzazione<br />

sulla scorta del motivo) e di ordinamento<br />

gerarchico (dio soggiace al motivo). Il<br />

motivo pre-esiste, allora non è frutto di dio.<br />

dio non è il creatore di ogni cosa. Soprattutto,<br />

se c’è un motivo, dio è dovuto scendervi a<br />

patti. Quindi dio non è onnipotente. dio appare<br />

allora solo strumento di una ragione.<br />

Allora la ragione è dio! Sembra una sterile<br />

elucubrazione ma la questione non è affatto<br />

secondaria, perché quello della perfezione<br />

del Creato, in cui ogni cosa ha un suo “motivo”,<br />

è un luogo comune del ragionare del<br />

credente. Ogni qual volta si discetta sulla<br />

“perfezione” della fisiologia e dell’anatomia<br />

dell’uomo, ad esempio, si ammira la grandezza<br />

del progettista. Tutto è “previsto”. Similmente,<br />

c’è un motivo ben preciso per cui<br />

il Creatore ha stabilito ogni legge ed ogni caratteristica<br />

umana e del resto della natura.<br />

Questo è quello di creare il miglior universo<br />

possibile. L’Essere perfettissimo ed onnipotente<br />

viene descritto, dalle stesse persone che<br />

tale lo considerano, con limitatissime caratteristiche<br />

antropomorfiche, umane. Si tratta<br />

di un dio che pensa, ragiona, prevede e sceglie,<br />

che valuta le infinite possibilità e decide<br />

di conseguenza. I miseri processi della mente<br />

umana vengono proiettati sul Creatore. Ma<br />

PENSIERO FILOSOFICO<br />

questi è Essere Supremo! Non può essere costretto<br />

ad effettuare delle scelte; sarebbe un<br />

dover scendere a patti con qualcosa (ad<br />

esempio un mondo dotato di date qualità fisiche<br />

piuttosto che altre), un motivo che<br />

preesiste al mondo; ma ciò, in qualche modo,<br />

significa che dio stesso è soggetto ad una<br />

legge (il motivo), un vincolo ad un fine qualitativo.<br />

Ciò è impossibile, in quanto si prevede<br />

qualcosa prima e/o al di sopra di dio, la<br />

qual cosa rende inutile immaginare dio come<br />

“intermediario”. Questo ragionamento vale<br />

per ogni aspetto e qualità del mondo, a maggior<br />

ragione, quindi, per i concetti immateriali<br />

come il Bene e il Male. Così, se è una<br />

contraddizione logica un dio che “sceglie” le<br />

qualità morali più adatte, un dio che è<br />

buono indipendentemente dalla sua “scelta”<br />

di ciò che è bene o è male, agirebbe in un universo<br />

in cui il giusto e l’ingiusto sono indipendenti<br />

dal suo volere, anteriori, superiori,<br />

preesistenti. E’ la solita impasse.<br />

Ad ogni modo, anche lasciando i quesiti irrisolvibili<br />

della teologia, a confutare l’idea secondo<br />

la quale, in mancanza di dio, si<br />

avrebbe solo la barbarie dell’immoralità,<br />

basta la storia che dimostra, dall’editto di Costantino<br />

all’attuale scontro fra civiltà - passando<br />

per crociate e inquisizione -<br />

esattamente il contrario. Eppure non c’è religione<br />

che non predichi il bene e l’amore. La<br />

ragione, disse Kelsen, è che se si possiede la<br />

Verità, si è obbligati ad imporla agli altri che<br />

sono nell’errore. Ma se una verità è dimostrabile<br />

ed inconfutabile, non c’è bisogno di<br />

imporla, imponendosi già da sé. Voltaire ci<br />

ricordava che “non esistono sette in geometria”.<br />

Il fanatismo è naturalmente crudele<br />

perché presuppone due elementi fondamentali:<br />

la certezza di essere nel giusto e l’impossibilità<br />

di utilizzare mezzi razionali, da<br />

cui discende l’imposizione cruenta senza<br />

scrupoli, grazie all’alto valore morale della<br />

missione di portare la Verità. E’ l’“infalsificabilità”,<br />

per usare il termine di Popper, ad<br />

essere motivo della virulenta aggressione<br />

delle chiese nei confronti di chi pretende non<br />

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PENSIERO FILOSOFICO<br />

essere accolto dal fraterno abbraccio religioso,<br />

sempre pronto a trasformarsi in tagliola.<br />

E’ grazie a ciò che nei secoli passati il<br />

“bene” sono stati i roghi degli eretici. Jonathan<br />

Swift, ha detto che ci sono già abbastanza<br />

religioni da permetterci di odiarci e<br />

Bakunin, parafrasando Voltaire, ghignava<br />

che, se dio esistesse, bisognerebbe abolirlo.<br />

Si sarebbe quasi tentati, alla luce di tutto<br />

quanto esposto, di affermare, con buona<br />

pace di Dostoveskji, che, se dio esiste, tutto è<br />

possibile.<br />

DA UN COMUNICATO UAAR DOPO IL NUBIFRAGIO<br />

E LE VITTIME DI GENOVA<br />

Quanto è accaduto di drammatico e di luttuoso nel capoluogo ligure nello scorso autunno<br />

( sotto un diverso governo nazionale ) ha toccato il cuore di tanti cittadini italiani. In tale occasione<br />

la Cei ha annunciato di aver stanziato un milione di euro. La notizia è stata enfatizzata<br />

come al solito oltre misura dai mezzi di informazione, che hanno però omesso di<br />

dire che quella cifra è meno dell’1 per mille di quanto la Chiesa italiana ha ottenuto nel 2010<br />

dallo Stato grazie al meccanismo dell’Otto per Mille. Hanno omesso di dire che la sola Regione<br />

Liguria ha erogato nel solo 2010 a organizzazioni del mondo cattolico oltre tre milioni<br />

e mezzo di contributi (e nel computo mancano le erogazioni relative ai finanziamenti per<br />

le scuole cattoliche e per gli oratori).<br />

In occasione del terremoto in Abruzzo l’UAAR propose che il gettito di competenza statale<br />

dell’Otto per Mille fosse destinato a far fronte alla calamità naturale, come peraltro previsto<br />

dalla legge istitutiva dello stesso meccanismo. Il governo ha invece preferito destinare<br />

oltre 66 milioni provenienti da quel gettito a edifici religiosi. Mentre il centro dell’Aquila<br />

giace in uno stato di totale abbandono, si moltiplicano le inchieste sui coinvolgimenti della<br />

locale diocesi negli appalti della ricostruzione.<br />

L’Italia dei privilegi e dell’anti-laicità però è già all’opera anche a Genova: il blocco del traffico<br />

impedisce purtroppo a tanti cittadini di visitare, assistere e confortare i loro cari che si<br />

trovano isolati in gravi difficoltà, mentre, con tutt’altro che neutrale e responsabile decisione,<br />

ai cosiddetti ministri dei culti è stato consentito di circolare liberamente nelle zone<br />

devastate, intralciando tra l’altro il fitto movimento di mezzi sanitari, tecnici e logistici,<br />

neanche fossero interventi di urgenza come le ambulanze, i vigili del fuoco o i mezzi della<br />

protezione civile! Come dire un bel salto di civiltà, da Esculapio a Lazzaro sorgi e cammina!


_|uÜ|<br />

vÉÇá|zÄ|tà|<br />

Introduzione alla verità<br />

di Franca D’Agostini, Bollati Boringhieri, pag. 359<br />

L’analisi approfondita e completa della D’Agostini si propone di “offrire un chiarimento preliminare<br />

sul concetto di verità”. Questo concetto chiave viene affrontato da quattro punti di vista: il significato<br />

del predicato “è vero”, l’aspetto logico, quello epistemologico e la “pratica della verità”, intesa come<br />

il suo uso e ruolo nella sfera pubblica e nella vita individuale.Il tema della verità investe il dibattito<br />

economico e politico, la riflessione nelle scienze storico-sociali, le dichiarazioni dei vescovi cattolici e<br />

del papa soprattutto dopo l’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II. Perciò questa “Introduzione<br />

alla verità” si propone, dichiara l’Autrice, come un nuovo inizio relativo a <strong>questo</strong> concetto.<br />

Sei cose impossibili prima di colazione.<br />

di Lewis Wolpert, Codice, pp. 209<br />

"Da bambino ero molto religioso, pregavo tutte le sere e di tanto in tanto chiedevo aiuto a Dio. Non sembrava<br />

di alcuna utilità..."<br />

L'idea centrale del libro è già a fuoco nella bella introduzione che ne fa l'autore: analizzare il meccanismo<br />

che rende possibile il ragionamento causale, ovvero il credere che dietro ogni fenomeno ci sia<br />

una causa e, nell'incapacità di trovarne una, inventarla di sana pianta. Il messaggio, nelle mani di un<br />

biologo evoluzionista, che "confessa" da subito di essere un "ateo materialista riduzionista", si dispiega<br />

con chiarezza sotto gli occhi del lettore, adagiandosi comodamente sulla teoria darwiniana: crediamo<br />

poiché, avendo conquistato la capacità di costruire degli utensili efficaci, abbiamo appreso il processo<br />

che dalla causa conduce all'effetto. Sono quindi inferenze causali, spesso errate ma sempre adattive,<br />

quelle che hanno portato l'Homo Sapiens a costruire un mondo dove c'è molto di più di quello che incontra<br />

i suoi occhi.<br />

Dio è un matematico<br />

di Mario Livio, Rizzoli, pag. 397<br />

“La matematica esiste indipendentemente dalla mente umana?” si chiede Mario Livio. Prima di lui si<br />

erano posti questa domanda i più profondi pensatori di ogni tempo. Ma il suo merito è quello di inquadrare<br />

in modo rigoroso, e nello stesso tempo di piacevole lettura, un punto cruciale: come è possibile<br />

che un piccolo numero di equazioni sia sufficiente per spiegare l’armonia musicale e il<br />

patrimonio genetico, la luce delle stelle e il comportamento del mercato azionario?<br />

La natura parla il linguaggio della matematica. Oggi questa affermazione appare scontata ma, quando<br />

venne formulata da Galileo, i teologi del Concilio di Trento ammonivano, nel 1546 (come ci ricorda<br />

Mario Livio) che nessuno ha il diritto di piegare la Sacra Scrittura “secondo i propri modi di vedere”.<br />

Oggi potremmo rispondere: “nessuno ha il diritto di dimenticare i delitti compiuti in nome di dio ,<br />

allora e oggi, contro la ragione.”<br />

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MINIMA MORALIA di ctÉÄÉ UtÇvtÄx<br />

Come una religione può distruggere l’etica<br />

L’Etica consiste in quello stato interiore che ci fa vedere il discrimine tra Bene e il Male; il<br />

Comportamento etico è quello che oltre a farci “vedere” ci fa anche scegliere il Bene ed evitare<br />

il Male nelle nostre azioni volontarie. Socrate poteva fuggire dal carcere e alla condanna<br />

capitale ma NON lo fece e bevendo il veleno rispettò la legge di Atene e si comportò da<br />

Giusto. Sulla Legge Morale ci ha detto molto il grande Kant, e il sociologo Weber vi ha aggiunto<br />

che le nostre azioni non debbono mai prescindere dalla responsabilità delle loro conseguenze.<br />

L’Etica è spontanea e responsabilissima libertà non soggetta a condizionamenti<br />

utilitaristici di premi o castighi.<br />

Detto <strong>questo</strong>, recentemente l’attuale papa ha inneggiato agli “angeli custodi”, di cui ognuno<br />

di noi ne avrebbe uno in dotazione, e che ci farebbero agire bene con i loro consigli. Ma<br />

oltre agli angeli il cattolico beneficia anche (fonte Wikipedia) di oltre 4.500 (quattromilacinquecento!)<br />

“santi protettori” che influenzano e indirizzano i comportamenti dei loro protetti:<br />

E qui c’è di tutto: dalle prostitute (che di protettori se ne intendono) protette da<br />

s.Margherita da Cortona festeggiata dalle “protette” il 22 febbraio, agli alabardieri, ai ballerini,<br />

ai cardatori, e poi fanalisti, guardarobieri, conciatori, maniscalchi, piumaroli ecc. Domanda:<br />

ma gli angeli e i protettori con i loro interventi non tolgono merito sul piano<br />

dell’etica alle intenzioni ed ai comportamenti dei loro protetti?<br />

E poi la “confessione”, che non è proprio come espiare la pena irrogata dalla giustizia: lì da<br />

quel rito astutissimo che non si riscontra in nessun’altra religione, col semplice racconto dei<br />

fatti chiunque abbia rubato, stuprato, ucciso, se ne esce mondato, leggero e rinato. E le indulgenze<br />

“plenarie”, istituite da Bonifacio VIII in cambio del solito danaro? (la risposta la<br />

dette Lutero): oggi sono invece generosamente elargite gratuitamente, per cui se qualcuno<br />

si legge il retro di un santino il suo furto, stupro o omicidio scompaiono, come non fossero<br />

mai stati commessi, ignorando il dolore inferto alle vittime ed il loro diritto ad un indennizzo<br />

da parte del colpevole.<br />

Orbene tutte queste utilitaristiche bizzarrie sul piano morale sono veramente indecenti, uccidono<br />

il senso etico e deresponsabilizzano totalmente i beneficiati, i cosiddetti “fedeli”che<br />

potranno ripetere indefinitamente i loro delitti ripetendo i suddetti riti, con la giustificazione<br />

che “la carne è debole”. Siano alzate lodi al protestantesimo ed al buddhismo ove del<br />

proprio comportamento è depositaria SOLTANTO la propria coscienza, si è soli davanti ad<br />

essa e, nel protestantesimo, anche di fronte al proprio dio; nessun artificio o sotterfugio<br />

astuto o fraudolento potrà mai intervenire per alleviare o peggio annullare quel senso morale<br />

che DEVE provenire dai nostri atti liberamente compiuti.<br />

Questa è spiritualità, etica, legge morale e civiltà giuridica. Azzimatissimi vertici di Oltretevere,<br />

anche per il vostro buon nome, prendetene nota.

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