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DIDATTICA E METODOLOGIA DELL’ATLETICA LEGGERA 2011 dii GINO FALCETTA DIDATTICA E METODOLOGIA DELL’ATLETICA LEGGERA 2011 – GINO FALCETTA 1

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA<br />

DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong><br />

<strong>2011</strong><br />

dii GINO FALCETTA<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 1


<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA<br />

DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong><br />

<strong>2011</strong><br />

di GINO FALCETTA<br />

In copertina, in alto da sinistra in senso orario: Yelena Isinbayeva, Emanuele Abate,<br />

Fabrizio Donato, Filippo Campioli, Chiara Rosa, Julius Alekna, Stefano Baldini, Alex<br />

Schwazer, Andrew Howe, Usain Bolt, Andreas Torkildsen.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 2


INDICE<br />

LO SPORT: COS’E’? pag. 7<br />

L’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> SPORT UNICO 9<br />

UN PO’ DI STORIA 11<br />

LO SPORT MODERNO 17<br />

SPORT STRUMENTALIZZATO 19<br />

SPORT DILETTANTISTICO? 20<br />

LO SPORT AMATORIALE 21<br />

LA DONNA E LO SPORT 23<br />

I MASS MEDIA E LO SPORT 33<br />

LA MERAVIGLIOSA MACCHINA UMANA 35<br />

ASCOLTA IL TUO CORPO 36<br />

L’APPRENDIMENTO MOTORIO 40<br />

OGGI PIU’ CHE MAI 46<br />

LA PREDISPOSIZIONE 47<br />

LE TAPPE DEL PROCESSO DI APPENDIMENTO 48<br />

LE CAPACITA’ COORDINATIVE 48<br />

LE CAPACITA’ CONDIZIONALI 50<br />

LA TECNICA 65<br />

L A MAESTRIA TECNICA 66<br />

LA <strong>DIDATTICA</strong> 67<br />

LA SUCCESSIONE <strong>DIDATTICA</strong> 67<br />

IL METODO 68<br />

IL LINGUAGGIO 69<br />

NO ALLA SPECIALIZZAZIONE PREMATURA 71<br />

CRESCITA E PRESTAZIONE 72<br />

CAPACITA’ DI TRANSFERT 72<br />

LAVORARE PER IL FUTURO 73<br />

L’ESERCIZIO FISICO 76<br />

TECNICA DELLE SINGOLE ESERCITAZIONI 76<br />

SIGNIFICATO DELLE ESERCITAZIONI 77<br />

VALIDITA’ DEI MEZZI E DELLE METODOLOGIE 77<br />

SPERIMENTAZIONI CORRETTE 78<br />

IL CARICO 79<br />

LA PAUSA 79<br />

LA DIREZIONE DEL CARICO 80<br />

LO SCARICO 80<br />

PRIMO OBIETTIVO TECNICO: LA CORSA 81<br />

L’ARTO LIBERO 85<br />

LA DISTRIBUZIONE DELLO SFORZO 86<br />

IL MODELLO DI PRESTAZIONE 90<br />

L’ALLENAMENTO 97<br />

L’ALLENABILITA’ 97<br />

L’ALLENAMENTO PARTE DALLA TESTA 97<br />

PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE, GESTIONE DELL’ALLENAMENTO 98<br />

PROGETTAZIONE E CONTROLLO DELL’ALLENAMENTO 98<br />

LE TAPPE DEL PROCESSO DI ALLENAMENTO 98<br />

VARIARE I CARICHI 99<br />

ESERCITAZIONI DI GARA 100<br />

ALLENAMENTO E PRESTAZIONE 100<br />

I TEST DI VALUTAZIONE 101<br />

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COSTRUZIONE DI UNA SEDUTA DI ALLENAMENTO 103<br />

COME GESTIRE UNA SEDUTA 103<br />

COME PRESENTARE UN’ATTIVITA’ 103<br />

INIZIO DELLA SEDUTA: IL RISCALDAMENTO 103<br />

TERMINE DELLA SEDUTA: IL DEFATICAMENTO 105<br />

LAVORO CONDIZIONALE E TECNICO 105<br />

LA PRIMA SEDUTA 105<br />

NUMERO DELLE SEDUTE 105<br />

PROGETTO DI ALLENAMENTO SEMPLICE 106<br />

PERIODIZZAZIONE SEMPLICE E DOPPIA 106<br />

LA PROGRAMMAZIONE SCOLASTICA 107<br />

ESEMPIO DI ORGANIZZAZIONE ALLENAMENTO S.M. INFERIORE 108<br />

ESEMPIO DI ORGANIZZAZIONE ALLENAMENTO SCUOLA SUPERIORE 109<br />

INDICAZIONI DIDATTICHE E METODOLOGICHE 110<br />

ATTENZIONE AL FAI DA TE 111<br />

ALLENARE LE CARENZE O ESALTARE I PUNTI DI FORZA? 111<br />

LE CORRELAZIONI 111<br />

IDONEITA’ FISICA E INFORTUNI 112<br />

LO STATO DI SALUTE 112<br />

IL PESO FORMA 112<br />

LA COMPETIZIONE 114<br />

SDRAMMATIZZARE LA GARA 114<br />

IL MOMENTO DELLA GARA 116<br />

POCHE, O MOLTE GARE? 116<br />

LA GARA, PROVA DI CARATTERE 116<br />

IL RENDIMENTO IN GARA NON E’ UNA INCOGNITA 117<br />

IL DECALOGO DEL GIOVANE COMPETITORE 118<br />

PRESTAZIONE SENZA “FARMACI” 119<br />

L’INSEGNANTE-TECNICO 121<br />

CONOSCENZA E PRATICA 121<br />

EDUCARE CON LA PROPRIA PERSONA 122<br />

NO ALL’IMPROVVISAZIONE 122<br />

ONESTA’ PROFESSIONALE 123<br />

TECNICI PREPARATI PER I GIOVANI 123<br />

NOI E GLI ATLETI 124<br />

IL RAPPORTO INSEGNANTE - GENITORI 125<br />

LA LEZIONE 127<br />

LA LEZIONE DI EDUCAZIONE FISICA 128<br />

PROVE DI INGRESSO 130<br />

LA VALUTAZIONE 131<br />

STUDENTI DIMOSTRATORI 131<br />

STUDENTI GIUDICI 131<br />

IL GRUPPO SPORTIVO 132<br />

INDICAZIONI PRATICHE 142<br />

IL CRONOMETRO 142<br />

IL NUMERO DEI PASSI 142<br />

PUNTI DI OSSERVAZIONE 143<br />

IL DIARIO DEGLI ALLENAMENTI 143<br />

COME SI TROVANO LE DISTANZE 144<br />

IL REGOLAMENTO 144<br />

LA PIU’ GRANDE SODDISFAZIONE 145<br />

BIBLIOGRAFIA 146<br />

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Amo l’atletica perché è poesia. Se la notte sogno, sogno di essere un maratoneta”<br />

Eugenio Montale<br />

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Questo lavoro vuol dare un contributo di idee ed esperienze a quanti operano<br />

nel mondo dell'educazione fisica e sportiva.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 6


LO SPORT: CHE COS’E’?<br />

Quanti slogan!<br />

Lo sport per tutti, uomini e donne, di ogni età, lo sport nelle pause del lavoro, il<br />

Presidente e il Premier si tengono in forma con il jogging e il ciclismo, lo sport dopo<br />

un infarto: insomma, sembrerebbe che lo sport faccia bene a prescindere.<br />

Ogni tanto vengono presentate nuove forme di attività sportiva, sempre<br />

spacciate come le migliori, che producono effetti mirabolanti.<br />

Senza dubbio muoversi, fare ginnastica, praticare uno sport, anche senza<br />

velleità agonistiche, ci può senz’altro aiutare a stare meglio, sia a livello fisico che<br />

mentale.<br />

La storia dimostra come questo principio fosse già ben chiaro anche quando<br />

non erano conosciute le reali potenzialità fisiche e il funzionamento del nostro corpo.<br />

Già gli antichi studiosi avevano capito che muoversi fa bene al corpo; oggi<br />

confermiamo questo, ma siamo in grado di aggiungere che lo sport fa bene anche<br />

alla mente, nel senso che molti problemi legati all’ansia e alle stressanti condizioni di<br />

vita diminuiscono, o, addirittura, scompaiono.<br />

Benessere significa sentirsi appagati, stare bene con se stessi sia dentro che<br />

fuori; è più che mai attuale la nota e storica frase di Giovenale: ”mens sana in<br />

corpore sano”.<br />

Ma è proprio così?<br />

Utilizziamo sempre l’attività fisica e sportiva nel modo giusto?<br />

O lo facciamo, spesso, con imperdonabile superficialità?<br />

Cominciamo con il dire che il termine sport oggi è molto abusato; basti<br />

pensare che anche giochi di carte sono diventati disciplina sportiva, nonostante il<br />

dizionario dia questa definizione: “L’insieme delle gare e degli esercizi compiuti<br />

individualmente, o in gruppo, come manifestazione agonistica, o per svago, o per<br />

sviluppare la forza e l’agilità del corpo”(dal Nuovo Zingarelli).<br />

Perciò riguarda il nostro corpo, nella sua interezza fisica e psichica.<br />

Ma chi è lo sportivo?<br />

Sicuramente chi lo pratica in modo adeguato e non il tifoso sedentario, che al<br />

bar disquisisce di formazioni, arbitri, ecc.<br />

Abbiamo una vera e radicata cultura sportiva?<br />

Ne dubito, tutti possono discettare su questo argomento, anche chi non ne ha<br />

la specifica conoscenza, competenza e professionalità; è come se il sottoscritto<br />

pretendesse di discutere, senza cognizione di causa, di ingegneria meccanica;<br />

scherzando, si dice che in Italia ci siano 60 milioni di commissari tecnici di calcio.<br />

Come può, ad esempio, un giornalista dire che in quella squadra difetta la<br />

preparazione atletica; forse che la conduce lui, o ha delle conoscenze specifiche in<br />

materia?<br />

Farebbe altrettanto con una disciplina che non conosce?<br />

Non credo.<br />

Questo approccio, poco serio e molto approssimativo, comporta che lo sport,<br />

già in partenza, perda la sua essenza rigorosamente scientifica, tecnica e<br />

psicopedagogica.<br />

A scuola l’educazione fisica viene vista anche oggi da molti come una<br />

disciplina secondaria.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 7


Se, ad esempio, manca l’insegnante di un’altra materia, subito proteste in<br />

tutte le sedi, se l’attività motoria non viene svolta, o gestita da personale non<br />

qualificato, non si assiste ad altrettanta solerzia, non si muove nessuno, non c’è<br />

alcuna manifestazione di massa.<br />

La categoria fa le sue battaglie, ma pensate quale potere di persuasione<br />

avrebbero presso chi di dovere, se si muovessero milioni di genitori; è, quindi, una<br />

questione culturale, non esiste ancora la coscienza che l’educazione fisica, lo sport,<br />

rappresentino un’ esigenza fondamentale per il nostro benessere, non un hobby, e<br />

dove deve trovare il suo alveo naturale, se non nella scuola?<br />

Ai colloqui con le famiglie, inoltre, capita spesso che i genitori non vadano a<br />

consultare il docente che la impartisce.<br />

Vuoi paragonarla alla matematica, o all’inglese?<br />

Quando qualche collega veniva a sapere che avevo fatto il liceo classico, si<br />

meravigliava: “ma come? Poi sei andato a fare l’ISEF?”<br />

Come a dire che mi ero sminuito.<br />

Vogliamo scherzare?<br />

La cosa preoccupante è che non si evidenziano segnali che mi inducano a<br />

pensare ad una inversione di tendenza.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 8


L’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> SPORT UNICO<br />

Nonostante la possibilità di praticare molteplici e sempre crescenti discipline<br />

sportive, rispetto a qualche decennio fa, l’atletica leggera ha sempre il suo<br />

inattaccabile fascino e attira i bambini e i ragazzi, perché può estrinsecarsi nelle più<br />

svariate e naturali espressioni motorie.<br />

Basta osservare il grande entusiasmo degli alunni della scuola elementare,<br />

quando vengono organizzate apposite manifestazioni.<br />

L’importante è che venga proposta nel giusto modo, con una didattica<br />

stimolante e gioiosa.<br />

Inoltre, l’avviamento ad altri sport individuali, come il nuoto, o ai vari giochi di<br />

squadra assume, dall’inizio, un carattere più specifico e, quindi, meno ricco di mezzi,<br />

come, invece, dovrebbe essere in queste fasce di età.<br />

Sul piano motorio l’atletica leggera è la disciplina di base, perché, con le sue<br />

molteplici specialità, permette di mobilitare tutte le potenzialità del corpo umano ed<br />

è utile al giovane per una educazione integrale.<br />

Posiamo, quindi, affermare che è unica, perché dà la possibilità di valutare<br />

tutte le sfaccettature della sua individualità:<br />

-caratteriale<br />

-temperamentale<br />

-intellettiva<br />

-fisica<br />

-somatica<br />

Pertanto si impiega come mezzo educativo, per tirar fuori il meglio del<br />

soggetto.<br />

Fa scuola<br />

Se consideriamo che uno sprinter sui 100 metri può esprimere una frequenza di<br />

5 passi al secondo, o che il lunghista nello stacco sviluppa, in circa 120/130 millesimi,<br />

una forza vicino ad una tonnellata, come nella tenuta dell’ostacolista al momento<br />

dell’atterraggio dopo il superamento, o che il lanciatore di peso può sviluppare un<br />

eccezionale picco di potenza, ecc., ci rendiamo subito conto di come l’atletica<br />

leggera ci permetta di studiare, al massimo della loro funzionalità, i fenomeni che<br />

sono alla base di queste prestazioni.<br />

Consente, quindi, lo studio della macchina umana sottoposta alle più alte<br />

sollecitazioni.<br />

E’ anche lo sport che, più d’ogni altro, dà l’esatta misura dello stretto rapporto<br />

tra impegno e costanza nell’allenamento e risultato raggiungibile.<br />

In ogni momento, tramite il cronometro ed il metro, si possono, infatti,<br />

verificare, in modo inequivocabile, le proprie capacità, controllando ogni minimo<br />

miglioramento.<br />

Di conseguenza, la letteratura tecnica e scientifica, gli aspetti metodologici e<br />

programmatici, inerenti questa disciplina, sono presi come fondamentale punto di<br />

riferimento dagli altri sport.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 9


Ivano Brugnetti – Oro nei 20 km. di marcia ad Atene 2004.<br />

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UN PO’ DI STORIA<br />

Correre, lanciare e saltare sono state da sempre le attività di movimento più<br />

praticate dall’uomo.<br />

La nascita, gli inizi dell'atletica leggera, lo sport più diffuso e connaturato<br />

all’uomo, si perdono nella notte dei tempi, confondendosi con i primi gesti<br />

dell'uomo, alle prese con le sue necessità di sopravvivenza.<br />

Non si sa per quante migliaia di anni i primi uomini abbiano corso, fuggendo<br />

ed inseguendo, e abbiano lanciato per aggredire, o per difendersi, creando così la<br />

matrice naturale di un agonismo del tutto singolare e inconsapevole.<br />

Già nell’antichità forme di movimento vennero codificate e trasformate in<br />

attività competitive.<br />

Nel corso del XIX secolo sono state effettuate molte scoperte di esempi di arte<br />

rupestre, che dimostrano come in tempi preistorici venissero effettuate cerimonie<br />

rituali che comportavano un’attività fisica dei partecipanti.<br />

Alcuni di questi ritrovamenti sono stati fatti risalire ad almeno 30.000 anni fa.<br />

Illustrazioni dell’età della pietra che ritraggono uomini nuotare e tirare con<br />

l’arco sono state ritrovate nel deserto libico.<br />

I graffiti stessi sono una dimostrazione dell’interesse degli uomini delle caverne<br />

per attività che non fossero direttamente legate alla ricerca di cibo e alla<br />

sopravvivenza, ma che possiamo definire invece come svago.<br />

Di conseguenza, anche se non può essere individuata, in queste fonti, prova<br />

diretta dell’esistenza di alcun tipo di attività sportiva, è ragionevole ipotizzare che in<br />

quel periodo venissero praticate delle attività, legate a rituali mistici e propiziatori,<br />

che possono essere alla base dello sport praticato nelle antiche civiltà euroasiatiche.<br />

Antica Grecia<br />

Nell’antica Grecia, verso il IX e VIII secolo a. C., testimonianze storiche ci<br />

informano sull’organizzazione di eventi sportivi, dove le gare di atletica erano<br />

presenti assieme a forme di lotta, di pugilato ed alle corse sui carri.<br />

I poemi di Omero, Pindaro, l’arte della scultura (o statuaria) e la pittura dei<br />

vasi (o vascolare) testimoniano la profonda passione sportiva degli antichi greci e<br />

l'onore in cui tenevano gli atleti.<br />

Il canto ventitreesimo dell'Iliade descrive prove che anticipano gare che sono<br />

ancora tipiche nell'atletica moderna: una corsa a piedi e due prove di lancio, il<br />

disco e il giavellotto.<br />

Nel canto dell'Odissea dedicato ai giochi dei Feaci, Omero, quasi per<br />

completare la gamma delle attività naturali di base (correre, saltare, lanciare) parla<br />

anche di una prova di salto ("il maggior salto Anfiolo spiccollo") senza specificare di<br />

quale salto si trattasse, anche se non è azzardato pensare che si trattasse di salto in<br />

lungo.<br />

Spetta alla Grecia però, e allo spirito che ha alimentato una grandissima<br />

parte del gesto sportivo e atletico, un ruolo essenziale nel contesto sportivo di ogni<br />

tempo complice anche un numero cospicuo di testimonianze letterarie ed<br />

iconografiche.<br />

Parlare della Grecia significa, normalmente parlare di Olimpia e dei giochi, di<br />

fiaccole, di tregue sacre ed atleti-eroi cinti di corone di olivo.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 11


Quattro erano i giochi grandi che si svolgevano (non solo nell’Ellade, ma in<br />

tutte le regioni vicine e le colonie).<br />

Erano riservati ai cittadini di cultura greca.<br />

Li distinguiamo in:<br />

OLIMPICI (dedicati a Zeus/Giove)<br />

PITICI o DELFICI (dedicati ad Apollo)<br />

NEMEI (dedicati a Zeus/Giove)<br />

ISTMICI (dedicati a Poseidone/Nettuno)<br />

I giochi olimpici erano i più antichi e solenni, collegati al culto di Zeus.<br />

Pindaro li esalta così: ” Come l'acqua è il più prezioso di tutti gli elementi,<br />

come l'oro ha più valore di ogni altro bene, come il sole splende più brillante di ogni<br />

altra stella, così splende Olimpia, mettendo in ombra tutti gli altri giochi “.<br />

Si tenevano ogni quattro anni presso la città sacra di Olimpia.<br />

Alle prime gare erano ammessi solo gli abitanti del Peloponneso, ma dalla XL<br />

Olimpiade poterono partecipare tutti i cittadini greci.<br />

Duravano cinque giorni.<br />

Chi aveva vinto tre gare (oppure il vincitore del pentathlon) era proclamato<br />

campione olimpico, e gli veniva dedicata una statua nel bosco sacro a Zeus, l'Altis.<br />

Numerose le date con cui si vuol indicare l'inizio delle Olimpiadi: 1222, 1000,<br />

884, tutte date prima dell'era di Cristo, nessuna certa.<br />

Ma è proprio il 776 a.C. che viene presa come data storica in cui si fanno<br />

iniziare gli antichi Giochi di Olimpia; l’iniziativa fu presa dal re Ifito.<br />

Dal punto di vista geografico, Olimpia non era altro che un antico centro<br />

religioso del Peloponneso (Grecia sudoccidentale), sulla riva destra del fiume Alfeo,<br />

a 10 Km. dalle sponde dello Ionio: semplicemente un luogo sacro, dipendente<br />

politicamente e amministrativamente da Elide, capitale della regione in cui sorgeva,<br />

che viveva solo in ragione delle decine di templi, temene (“recinti sacri”) e altari<br />

dedicati ad altrettante divinità.<br />

Le antiche Olimpiadi, quindi, prendono il nome dal santuario di Olimpia, in cui<br />

ogni quattro anni si svolgevano (solo nel 65 d.C. le Olimpiadi furono rimandate di<br />

due anni per consentire la presenza dell’imperatore Nerone), nei cinque giorni della<br />

seconda o terza luna piena dopo il solstizio estivo.<br />

Ai giochi, dove i vincitori, come abbiamo detto, non ricevevano come premio<br />

che corone vegetali (d’olivo selvatico ad Olimpia) erano, però, legati altri<br />

riconoscimenti: i vincitori diventavano vere e proprie glorie nazionali, a livello anche<br />

superiore ai nostri campioni moderni, specie coloro che vincevano le gare equestri,<br />

particolarmente spettacolari, e riservate, anche a causa del forte impegno<br />

economico, all’aristocrazia.<br />

Per evitare una “mitizzazione” dell’immagine dello sport della Grecia antica,<br />

basta ricordare che anche allora esistevano gli sponsor, che offrivano premi in<br />

denaro agli atleti, e preghiere unite a sacrifici, e che le città erano disposte a tutto<br />

pur di acquisire gli atleti in grado di vincere.<br />

Bisogna sottolineare che l’uso delle ricchezze per la “sponsorizzazione” era<br />

considerato positivamente, in quanto queste venivano impiegate per il bene di tutta<br />

la collettività: la vittoria, del resto, non era del singolo atleta, ma, principalmente,<br />

della sua città, il cui nome veniva proclamato dall’araldo insieme con quello del<br />

vincitore.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 12


Prova di questa passione “sportiva” sono i numerosi testi antichi, che<br />

descrivono il clima di tifo acceso (degno delle nostre “migliori” tifoserie), che si<br />

verificava per la gara della corsa “sulla lunghezza di uno stadio”, la quale dava al<br />

vincitore non la sola corona d’olivo, ma l’immortalità con l’erezione di statue, a cui<br />

sappiamo che venivano attribuite proprietà miracolose, come la guarigione da<br />

malattie gravissime.<br />

La partecipazione era riservata a greci liberi che potessero vantare antenati<br />

greci.<br />

La necessità di dedicare molto tempo agli allenamenti comportava che solo i<br />

membri delle classi più facoltose potessero prendere in considerazione la possibilità<br />

di partecipare.<br />

Venivano esclusi gli schiavi, i barbari, gli omicidi, i sacrileghi e le donne.<br />

Addirittura le donne non solo non potevano gareggiare ma neanche assistere<br />

alle gare .<br />

Si narra che una volta (nel 724 a.C.) la madre di un atleta, tale Kallipateira di<br />

Rodi, si fosse travestita da allenatore per poter assistere alle gare del figlio.<br />

Ella venne però scoperta e da allora si decise di obbligare atleti e allenatori a<br />

presentarsi nudi alle gare in modo da non avere dubbi sul loro sesso.<br />

Il primo grande atleta, di cui si hanno notizie certe, fu Koroibo di Elide di<br />

professione cuoco, incontrastato dominatore delle gare veloci, che, nel 776 a.C.,<br />

vinse, alle soglie di pietra di Olimpia, la gara dello stadio, che fu l’unica prova.<br />

Questa distanza, la più tradizionale, corrispondeva all'incirca alla lunghezza<br />

della pista originaria ed era denominata stadion (equivalente a 192,27 metri); nei<br />

successivi anni olimpici furono aggiunte altre distanze di corsa, il diaulos distanza<br />

doppia dello stadion, e il dolichos, la cui misura variava dai 7 ai 24 stadi, rimanendo<br />

così nei limiti delle nostre attuali prove di mezzofondo.<br />

Queste gare si effettuavano percorrendo il rettilineo in andata e ritorno,<br />

girando attorno ad appositi paletti segnaletici.<br />

Nei Giochi Olimpici del 708 a. C. venne inserita la prova più complessa e<br />

difficile dell'antichità, il pentathlon, in cui, assieme alla corsa veloce ed alla lotta,<br />

erano fissate gare di salto in lungo di lancio del disco e del giavellotto.<br />

Il vincitore era quello che aveva i miglior risultati in 3 specialità.<br />

Nel caso uno si distinguesse da subito nelle prime tre, le successive due non<br />

erano nemmeno disputate.<br />

La corsa si disputava sulla distanza di 165 metri circa.<br />

Nel lancio del disco, la misurazione, era effettuata solo al fermarsi del disco.<br />

Perciò contribuiva alla lunghezza complessiva del lancio anche l’ eventuale<br />

spazio percorso dal disco rimbalzando o strisciando.<br />

Ogni atleta poteva effettuare 5 prove, ed era ritenuta valida la migliore.<br />

La prova di lotta finiva piuttosto presto, ed aveva come scopo quello di<br />

squilibrare e portare a terra l’avversario.<br />

Se poco si conosce delle misure e delle prestazioni di quel tempo, al contrario<br />

si sanno di alcuni particolari tecnici estremamente interessanti.<br />

Ad esempio, nel salto in lungo gli atleti si aiutavano nello slancio con degli<br />

speciali manubri di piombo agganciati alle mani, gli alteres, saltando, dopo aver<br />

battuto su un piano rialzato del terreno, al di là di una buca.<br />

Il disco, che era normalmente di legno o di bronzo, fin dall'inizio beneficò, con<br />

ampie giustificazioni, data la bellezza dell’intero movimento, di un'attenzione<br />

superiore rispetto agli altri lanci: artisti straordinari hanno lasciato all'attenzione e<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 13


all'ammirazione del mondo civile alcune opere, il discobolo di Mirone, e il canto<br />

ventitreesimo dell'Iliade di Omero: "Pose, ciò fatto, i premi alla pedestre corsa: al<br />

primo un cratere ampio di argento, messo a rilievi, contenea sei metri, né al mondo<br />

si vedeva vaso più bello."<br />

Il getto del peso, o meglio il lancio della pietra, che come forma di lancio era<br />

sicuramente precedente al disco e che era in uso anche fra gli antichi egizi, viene<br />

citato come prova competitiva a Troia e ad Olimpia.<br />

Del tiro del giavellotto, specialità in cui l'originaria tradizione guerriera si<br />

accoppiava splendidamente al rituale agonistico, si sa che l'attrezzo, simile all'asta<br />

di guerra, aveva nella zona mediana un laccio di cuoio, occorrente a dare<br />

maggiore impulso al lancio ed una più facile precisione della traiettoria.<br />

Nel 498 a.C. il genio precoce di Pindaro (Cinoscefale, 518 a.C. circa – Argo,<br />

438 a.C. circa) diede buona prova di sé, cantando nella Pitica X, il più antico<br />

epinicio giunto fino a noi, la vittoria del tessalo Ippoclea, conquistata a Delfi nella<br />

corsa dei ragazzi.<br />

Celebrando la gloria del giovanissimo discendente della nobile stirpe degli<br />

Alevadi, Pindaro iniziava la sua illustre carriera di poeta aristocratico, cantore dei<br />

trionfi agonari degli atleti e degli epigoni delle più antiche famiglie.<br />

Nella Pitica XI celebra la vittoria nella corsa di Trasideo di Tebe, avvenuta nel<br />

474 a.C., nel corso della ventottesima Pitiade, quando l’atleta era ancora molto<br />

giovane.<br />

Nelle Odi Olimpiche celebra le vittorie di Ergotele Imerese nel lungo stadio,<br />

Senofonte di Corinto nello stadio e nel pentathlon e di Asopico di Orcomeno nello<br />

stadio.<br />

Vincere<br />

Fin dall’inizio della loro storia, i valori dei greci furono di carattere competitivo.<br />

L’educazione dei giovani era ispirata all’insegnamento, che, già, nell’Iliade, il<br />

centauro Chirone aveva impartito ad Achille: ”essere sempre il primo e il migliore”.<br />

Solo chi riusciva ad essere tale meritava la gloria che spettava all’eroe.<br />

Etruria<br />

Anche gli Etruschi, una delle civiltà più affascinanti ed impenetrabili della storia,<br />

offrono enormi testimonianze storiche, per quanto riguarda lo sport e le gare.<br />

La Tomba dei carri, o Tomba di Stackelberg, datata al V secolo a.C., dal<br />

nome dello scopritore, a Tarquinia, ne è una testimonianza.<br />

Viene raffigurata un'immagine relativa al salto con l'asta.<br />

La Tomba della scimmia, invece raffigura il salto in lungo esercitato con l'aiuto<br />

dei pesi, e la Tomba dei Giochi olimpici, raffigura, gare di corsa, salto in lungo e<br />

lancio del disco e giavellotto.<br />

Straordinaria, in un affresco del VI secolo a.C. della Tomba di Poggio al Moro,<br />

la raffigurazione che mostra quattro corridori in partenza.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 14


Antica Roma<br />

La cultura romana, come quella ellenistica, celebrava l’esaltazione della<br />

competizione fisica.<br />

L’attività sportiva non competitiva veniva praticata prevalentemente<br />

nell’ambito delle terme come parte fondamentale di quella cultura del benessere<br />

che era un pilastro della società romana.<br />

Già ai tempi della fondazione della città venivano celebrate feste religiose<br />

all’interno delle quali erano previste gare sportive.<br />

Il termine ludi, che indicava generalmente le competizioni sportive, deriva<br />

probabilmente dall’ etrusco, come gran parte dell’attività sportiva romana.<br />

I ludi erano organizzati dai membri della classe sacerdotale ed alle gare<br />

partecipavano i giovani appartenenti alla nobiltà.<br />

La sacralità dell’evento sportivo, carattere comune all’attività dello sport in<br />

Grecia, a Roma venne però pian piano sostituita dall’aspetto spettacolare, dal<br />

desiderio di intrattenimento collettivo.<br />

Sin dai resoconti più antichi, gli sport praticati a Roma comprendevano anche<br />

le specialità olimpiche greche, ma tra queste il favore del pubblico era riservato ai<br />

giochi più violenti, come il pugilato, la lotta ed in particolare al pancrazio, una<br />

variante del pugilato molto violenta e dalle conseguenze a volte fatali.<br />

L’esasperazione della componente violenta della competizione nell’antica<br />

Roma è facilmente riscontrabile nel costante successo che ebbero tra la<br />

popolazione i combattimenti dei gladiatori, che vennero ben presto utilizzati come<br />

stabilizzatori sociali ed in questo senso va vista la costruzione, in molte città<br />

dell’impero, di grandi anfiteatri, come il Colosseo.<br />

I Giochi con il passar del tempo persero progressivamente il loro carattere<br />

dilettantistico e religioso-celebrativo: le città, consapevoli del valore<br />

propagandistico di una vittoria, mantenevano atleti che dovevano dedicarsi<br />

esclusivamente a questa attività.<br />

Con la conquista della Grecia da parte dei Romani, le cui manifestazioni<br />

agonistiche avevano esclusivamente carattere spettacolare e professionistico, i<br />

Giochi persero del tutto la loro originaria natura.<br />

Nel 393 d. C. l’imperatore Teodosio proibì le Olimpiadi (giunte alla 294esima<br />

edizione), ritenute spettacolo orgiastico e immorale, retaggio di un mondo pagano<br />

e inconciliabile ormai con il rigorismo etico e formale della nuova religione cristiana.<br />

Irlanda<br />

Una competizione dai tratti vagamente simili a quelli dei giochi panellenici si<br />

tenne in Irlanda a partire dal 632 a. C.<br />

In origine si chiamava Aonach Tailteann (la fiera di Tailteann) e aveva luogo<br />

presso quella che oggi si chiama Teltown, nella contea di Meath, a nord-ovest di<br />

Dublino.<br />

La gran parte delle notizie che se ne hanno deriva da un testo del 12° secolo,<br />

“The ancient book of Leinster”, ma il racconto è da considerare, secondo gli storici,<br />

a mezza strada tra mito e realtà: Aonach Tailteann nacque per onorare la memoria<br />

di una regina molto popolare in Irlanda, la spagnola Tailte, sposa di un re irlandese,<br />

Maghmor, ultimo sovrano della dinastia Firbolg; fu un figlio adottivo di costei, Lugh, a<br />

dare origine alla celebrazione, che sembra si svolgesse d’estate e durasse sei giorni,<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 15


uno dei quali riservato agli sport all’aria aperta (outdoor sports): atletica, lotta,<br />

pugilato, nuoto e tuffi.<br />

Il programma dell’atletica, apparentemente più esteso di quello dei greci,<br />

con gare di corsa, salti e lanci, ha indotto gli storici di epoche successive a parlare<br />

di Tailteann Games.<br />

Occorre tuttavia aggiungere che quella sportiva era solo una piccola parte<br />

dell’intera manifestazione: questa si apriva con l’annuncio di nuove leggi di recente<br />

promulgazione, proseguiva con esibizioni di guerrieri, competizioni musicali, un<br />

mercato delle nozze (marriage barter), racconti di prosa e poesia, e si concludeva<br />

con la consegna dei premi e un lauto banchetto.<br />

I partecipanti, oltre che da tutta l’Irlanda, provenivano dall’Inghilterra, dalla<br />

Scozia, dal Galles e perfino dalla Francia settentrionale.<br />

La tradizione terminò nel 1169 d.C., in concomitanza con l’invasione<br />

dell’Irlanda da parte dei normanni.<br />

Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che vi fosse una qualche connessione tra i<br />

Giochi Olimpici greci e i Tailteann Games irlandesi, ma l’opinione oggi più<br />

accreditata è che le due competizioni siano nate e si siano sviluppate<br />

indipendentemente l’una dall’altra.<br />

Al pari dei Giochi Olimpici, anche quelli irlandesi sono stati ripristinati in epoca<br />

moderna: avvenne nell’agosto 1924 a Dublino con una buona partecipazione,<br />

limitata però agli atleti di lingua inglese, reduci dai Giochi Olimpici di Parigi.<br />

In seguito questo “ritorno” perse di significato e importanza, fino a esaurirsi.<br />

Nel lunghissimo periodo tra la fine degli antichi Giochi Olimpici e la loro<br />

rinascita in versione moderna, circa 1600 anni, le attività sportive subirono prima una<br />

profonda trasformazione e, poi, una graduale evoluzione fino alle realtà moderne.<br />

Medioevo<br />

Non c’è dubbio che nella sostanza e nello spirito lo sport del Medioevo<br />

rappresentò un passo indietro rispetto ai modelli ellenici.<br />

In quel periodo ebbe grande rilievo la “cavalleria”.<br />

Sebbene questa fosse-secondo la definizione di Pierre De Coubertin- “una<br />

polizia a cavallo concepita per la protezione dei deboli nel mezzo di una società<br />

rude e violenta”, l’addestramento del cavaliere lasciava comunque un certo spazio<br />

a quella che oggi chiameremmo la passione sportiva.<br />

I tornei e le giostre, dove si realizzava una combinazione di scherma ed<br />

equitazione, costituivano il passatempo più amato dai popoli europei in quei secoli,<br />

nei quali si manifestarono, nel campo delle attività più o meno assimilabili con lo<br />

sport, due tendenze ben distinte, una rivolta alla moderazione, all’interesse<br />

collettivo e al benessere fisico; l’altra improntata allo sforzo estremo, alla cultura<br />

individuale e al culto della prestazione straordinaria.<br />

Forme di attività sportiva vicine a quelle del’antica Grecia sono presenti in<br />

Inghilterra fin dal 12° secolo.<br />

Si sa che nella città di Londra, sotto il regno di Enrico II (1154-1189), erano<br />

riservati larghi spazi all’aria aperta a tutti quei cittadini che amavano “saltare, lottare<br />

e lanciar pietre”.<br />

Di pari passo procedevano gli scozzesi nei loro Highland Games, feste popolari<br />

che esistono ancora oggi e nelle quali veniva e viene privilegiato il gesto di forza,<br />

come nel tossing the caber, il lancio di un tronco d’albero.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 16


A metà strada tra la storia e l’agiografia il celebre Enrico VIII, re d’Inghilterra e<br />

Irlanda (1491-1547), venne descritto come un campione molto versatile, capace di<br />

eccellere nella corsa, nel salto e nei lanci.<br />

Si conserva di lui un disegno che lo ritrae nell’atto di lanciare uno sledge<br />

hammer (martello con mazza).<br />

Nel 16° secolo la corsa a piedi su lunghe distanze era uno sport assai praticato<br />

in Gran Bretagna, anche se esistevano diverse scuole di pensiero sulla maggiore o<br />

minore “nobiltà” di tali passatempi.<br />

Nelle feste rurali, che si tenevano in ambito di fiere e cerimonie varie, il popolo<br />

cosiddetto “minuto” partecipava con entusiasmo alle gare atletiche.<br />

Verso lo sport moderno: Seicento e Settecento<br />

Fin dall’inizio del Seicento si moltiplicarono gli studi e le riflessioni dedicati<br />

all’importanza dell’attività fisica sportiva.<br />

Diversi medici pubblicarono testi sugli effetti psicologici della pratica sportiva,<br />

definendone il ruolo terapeutico e l’importanza igienica.<br />

Filosofi e letterari come Voltaire, d’Alembert, Diderot e Rousseau, indicarono<br />

nei loro trattati quanto l’attività fisica fosse determinante ai fini della formazione<br />

completa ed equilibrata dell’essere umano.<br />

John Milton, nel «Trattato sull’educazione» che scrisse nel 1644, proponeva per<br />

i figli dei gentiluomini un regime fisico di tipo spartano affinché essi potessero<br />

divenire comandanti perfetti al servizio del loro paese.<br />

John Locke, nel 1693, pubblicò «Pensieri sull’educazione», in cui<br />

raccomandava di fare molta ginnastica.<br />

In Italia, il primo filosofo che teorizzò l’utilizzo dell’educazione fisica su base<br />

medica fu Girolamo Mercuriale (seconda metà del XVI sec.), autore fra l’altro di De<br />

arte Gymnastica, in cui ben 3 dei 6 volumi erano dedicati ad una ricerca storica<br />

dello sport.<br />

La sua fama fu tale da essere chiamato per consulti da imperatori e nobili.<br />

Nell’Europa del XVIII secolo si andava affermando una concezione<br />

dell’educazione fisica basata su tre scopi fondamentali: militare, sportivo<br />

(pedagogico) e igienico (medico).<br />

Soprattutto in Germania, Svezia e Inghilterra, grazie ad importanti figure di<br />

scienziati, filosofi e medici, la ginnastica e l’educazione fisica divennero materie di<br />

studio ed acquistarono progressivamente un’importanza crescente.<br />

LO SPORT MODERNO<br />

Lo sport moderno ha invece origini diverse.<br />

In Inghilterra, durante la rivoluzione industriale nella seconda metà del XVIII<br />

secolo, la pratica delle attività ricreative riceve un nuovo impulso.<br />

Le gare di corsa e salti necessitano di spazi attrezzati e nascono così i campi di<br />

atletica che prevedono già una pista lunga 400 m. e pedane per i salti.<br />

E’ il periodo in cui nascono nuovi sport, si regolamentano le attività e la loro<br />

organizzazione viene affidata solitamente ai College Universitari.<br />

Fu il direttore del college di Rugby, Thomas Arnold, a ridare ufficialmente vita<br />

alle antiche competizioni nel 1828.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 17


Il suo esempio venne presto seguito anche nelle università di Oxford e<br />

Cambridge; le prime gare disputate furono corse, specie campestri, o su lunghe<br />

distanze.<br />

L’interesse per la rinata atletica crebbe rapidamente e, nel 1864, ebbe luogo<br />

per la prima volta una competizione ufficiale tra studenti di Oxford e Cambridge.<br />

Due anni dopo a Londra si disputò il primo campionato inglese di atletica; solo<br />

i dilettanti poterono partecipare alle gare.<br />

Nel giro di poco tempo si costituirono i primi club; all’inizio solo in Inghilterra,<br />

poi in altri Paesi del Nordamerica e dell’Europa.<br />

Nel Regno Unito lo sport venne integrato allo studio nelle scuole pubbliche e<br />

private, trovando anche spazio nella letteratura.<br />

Nel 1832 in Inghilterra venne collaudato il primo cronometraggio; i britannici<br />

potevano dunque permettersi di esportare, insieme allo sport, giustizia sportiva e<br />

garanzia di regolarità.<br />

In particolare i primi contati sul continente riguardarono studenti tedeschi e<br />

scandinavi, che, presto, emularono i colleghi inglesi.<br />

La prima pista per gare atletiche venne costruita nel 1866 dalla “Athletic<br />

London Club”: era lunga 506 metri e aveva il fondo in carbone battuto.<br />

L’atletica in breve fece proseliti anche negli Stati Uniti.<br />

La prima riunione d’atletica moderna, svoltasi cioè con criteri e caratteristiche<br />

tecniche simili a oggi, si tenne in una cittadina del New Jersey (Stati Uniti) nel 1838.<br />

Nel 1860 a San Francisco nacque il primo club americano, che, con evidente<br />

riferimento alla classicità greca, si chiamò Olympic Club.<br />

Sulla costa orientale sorse il New York Athletic Club e l’11 novembre 1868<br />

vennero organizzate le prime gare per dilettanti negli Stati Uniti; in quell’occasione<br />

William Curtis calzò le prime scarpe chiodate per una prova di velocità in pista.<br />

Quel giorno, a New York, duemila spettatori assistettero a gare indette con un<br />

programma ambizioso: 75 yards, 220 yards, 440 yards, 880 yards, prove sugli ostacoli,<br />

di salto con rincorsa e senza, gara con l’asta, lancio del peso e del martello e,<br />

addirittura, un miglio da percorrere marciando.<br />

Agli Stati Uniti spetta anche il merito di aver organizzato i primi campionati<br />

nazionali: si svolsero nel 1871 e precedettero così di nove anni l’istituzione di quelli<br />

francesi.<br />

Sul finire del secolo XIX il barone francese Pierre De Coubertain rilancia il mito<br />

dei giochi di Olimpia e nel 1896 prende il via la prima edizione delle moderne<br />

Olimpiadi, ad Atene.<br />

L’appuntamento si ripete ogni quattro anni fino ai giorni nostri, fatte salve le<br />

interruzioni durante il primo ed il secondo conflitto mondiale.<br />

E’ da ricordare che durante i Giochi Olimpici antichi le guerre si fermavano;<br />

oggi non succede più.<br />

Nel 1898 fu fondata l’Unione podistica italiana.<br />

Nel 1926, a Firenze, nasce la Federazione Italiana di Atletica Leggera.<br />

La Federazione Mondiale (IAAF (International Athletic Amateur Federation) fu<br />

fondata nel 1913.<br />

Nella seconda metà del Novecento lo sport è diventato un fattore di grande<br />

importanza sociale in quasi tutti i paesi del mondo.<br />

Negli anni settanta lo sport ha raggiunto tutti i continenti e quasi tutti i Paesi.<br />

Non c’è altra attività umana che eserciti un richiamo così potente su un<br />

numero altrettanto elevato di uomini e donne di ogni lingua, razza e classe sociale.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 18


Lo dimostra il numero di coloro che amano lo sport come spettacolo, il<br />

numero di atleti che lo praticano attivamente e coloro per i quali lo sport costituisce<br />

un interesse intellettuale continuo e appassionante.<br />

La diffusione della pratica sportiva in quasi tutte le società del mondo<br />

contemporaneo è il segno evidente dell’importanza che lo sport ha assunto in<br />

quelle realtà da un punto di vista sociale, economico e politico.<br />

Lo sport è parte integrante della cultura di una società e si sviluppa in simbiosi<br />

con i cambiamenti che la contraddistinguono.<br />

Si pensi solamente al bagaglio di tradizioni che le discipline sportive<br />

apportano alle culture della nazioni in cui sono praticate, o agli stretti legami che<br />

intercorrono tra lo sport e i mass media.<br />

E’ evidente che la pratica sportiva è diffusa soprattutto presso quelle realtà<br />

sociali che, culturalmente ed economicamente, possono usufruire dei mezzi<br />

necessari a praticarla.<br />

Molti sport richiedono una particolare attrezzatura per poter essere praticati,<br />

costituita da veicoli meccanici (ciclismo, l’automobilismo, il motociclismo, la vela), o<br />

da semplici attrezzi (scherma, l’hockey su prato, il salto con l’asta, il tiro con l’arco, la<br />

carabina), oppure richiedono particolari strutture (nuoto, pattinaggio).<br />

L’equitazione e l’ippica sono esempi di sport praticati insieme con un animale,<br />

il cavallo.<br />

Altri sport, invece, come la corsa, non richiedono attrezzature particolari e<br />

vengono praticati diffusamente anche nei Paesi più poveri.<br />

In queste società lo sport è spesso visto dalle giovani generazioni come mezzo<br />

per un possibile riscatto economico e sociale; ne sono un chiaro esempio i grandi<br />

corridori africani, che da molti anni sono diventati i dominatori del mezzofondo e<br />

fondo in atletica leggera.<br />

Una parallela attività di educazione culturale segue allo sviluppo dello sport in<br />

una società.<br />

Una concezione, largamente diffusa soprattutto nei Paesi con maggiori<br />

tradizioni sportive, è che lo sport debba essere considerato come una scuola di vita,<br />

che insegna a lottare per ottenere una giusta ricompensa e che aiuta alla<br />

socializzazione ed al rispetto tra compagni e avversari.<br />

Per questo motivo l’educazione fisica ha una parte fondamentale nella<br />

formazione dell’individuo già all’interno della scuola.<br />

SPORT STRUMENTALIZZATO<br />

Nella storia lo sport non è stato sempre impiegato nella sua intrinseca, positiva,<br />

natura, ma anche per altri scopi, sicuramente meno etici e, a volte, disprezzabili.<br />

Attraverso di esso c’è stata la paranoica idea di dimostrare la presunta<br />

supremazia di una razza (Hitler), o l’efficienza organizzativa di un determinato<br />

regime politico, come per il blocco dei Paesi dell’Europa orientale negli anni<br />

settanta e ottanta.<br />

Ci sono, poi, piccoli Stati, che, per avere maggiore visibilità, “acquistano”<br />

fortissimi atleti africani del mezzofondo e fondo.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 19


SPORT DILETTANTISTICO?<br />

Secondo De Coubertin gli atleti non dovevano gareggiare per denaro, e<br />

quindi fu deciso di non ammettere i professionisti ai Giochi Olimpici.<br />

Nella storia delle Olimpiadi moderne questa regola ha generato diverse<br />

controversie.<br />

Ai Giochi della prima Olimpiade di Atene l'iscrizione di Carlo Airoldi,<br />

maratoneta italiano che si era recato nella capitale greca a piedi impiegando 28<br />

giorni, non venne accettata perché Airoldi fu ritenuto dalla giuria un atleta<br />

"professionista" in quanto aveva ricevuto una cifra aggiratesi fra le 2000 e le 2.500<br />

pesetas come premio ad una competizione di qualche anno prima.<br />

Ai Giochi della V Olimpiade (Stoccolma 1912), Jacobus Franciscus Thorpe<br />

(1887-1953), detto “Jim”, il grandissimo campione statunitense di prove multiple,<br />

vinse la medaglia d’oro nel pentathlon e decathlon.<br />

Sfortunatamente la sua gloria ebbe vita breve, perché un reporter rivelò che<br />

Thorpe aveva giocato a baseball a livello semiprofessionistico per denaro e ciò lo<br />

rendeva ineleggibile alla competizione olimpica.<br />

Fu solo nel 1982, grazie ai continui sforzi dei figli di Thorpe, che il Comitato<br />

Olimpico Internazionale riabilitò l’atleta dichiarandolo co-campione olimpico<br />

assieme a Bie e Wieslander, anche se questi due atleti avevano sempre riconosciuto<br />

Thorpe come il vero vincitore sul campo.<br />

Le medaglie che vennero riconsegnate ai figli di Thorpe non erano originali;<br />

quelle vere erano finite tempo prima in un museo, da cui erano poi state rubate e<br />

mai più ritrovate.<br />

In un'altra occasione, alle Olimpiadi invernali del 1936, gli sciatori svizzeri e<br />

austriaci boicottarono i Giochi per protesta contro l'esclusione dei maestri di sci dalle<br />

gare, ritenuti professionisti perché guadagnavano denaro dallo sci.<br />

Con il tempo molti si resero conto che la distinzione tra dilettanti e professionisti<br />

non aveva più molto senso.<br />

Per esempio, molti atleti dei paesi dell'Europa orientale erano ufficialmente<br />

dipendenti statali (fenomeno dell'atleta di stato), ma in realtà erano stipendiati per<br />

allenarsi quotidianamente, quindi erano dilettanti di nome, ma non di fatto.<br />

Ciò nonostante, il CIO continuò ancora per anni a sostenere nominalmente lo<br />

sport dilettantistico.<br />

Negli anni Ottanta le regole sul dilettantismo vennero allentate, e<br />

praticamente eliminate negli anni Novanta.<br />

Questo permise, tra l'altro, agli U.S.A. di schierare per la prima volta alle<br />

Olimpiadi di Barcellona 1992 una squadra di pallacanestro costituita dai migliori<br />

giocatori del campionato professionistico americano, il cosiddetto "Dream Team"<br />

("la squadra dei sogni").<br />

Attualmente, l'unica disciplina olimpica in cui non sono ammessi professionisti<br />

è la boxe.<br />

Per quanto riguarda il calcio, altro sport dove il professionismo è molto diffuso,<br />

l'unico vincolo riguarda l'età: per ogni squadra sono ammessi al massimo 3<br />

"fuoriquota" che abbiano superato i 23 anni e non c'è obbligo di convocarli.<br />

Per un certo periodo invece fu in vigore una particolare regola che<br />

consentiva alle squadre UEFA e CONMEBOL di convocare giocatori mai presenti alla<br />

Coppa del mondo, limite che non avevano le altre confederazioni.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 20


Rimangono comunque in vigore norme molto restrittive sulla pubblicità,<br />

almeno sui campi di gara, anche se ci sono molti "sponsor ufficiali olimpici".<br />

Sulle divise degli atleti può comparire solo il marchio della ditta produttrice, e<br />

anche questo deve comunque non superare delle dimensioni stabilite .<br />

Perciò, ad altissimi livelli, la pratica sportiva è svolta con l’impegno di una vera<br />

professione, o anche di più, se si pensa che si possono fare anche doppi, o tripli,<br />

allenamenti giornalieri.<br />

Gli atleti per questo ricevono compensi e premi.<br />

Non dobbiamo scandalizzarci, ma se la ricerca di una vittoria olimpica, o di un<br />

primato mondiale, è motivata non solo da una giustissima ambizione, ma dai<br />

possibili guadagni che ciò comporta; allora si innesca un meccanismo pericoloso,<br />

che può portare a fare uso di sostanze dopanti pur di raggiungere lo scopo.<br />

Nella realtà dei Paesi occidentali, alcuni sport professionistici attraggono la<br />

gran parte dei praticanti, mentre altri, anche se molto importanti e formativi, si<br />

scontrano sia con problemi di visibilità mass-mediologica, sia con l’insufficiente<br />

copertura finanziaria da parte dei potenziali sponsor.<br />

Ne conseguono notevoli costi da sostenere per l’attività dilettantistica e<br />

spesso questo si traduce in difficoltà logistiche difficilmente superabili senza<br />

l’intervento delle autorità pubbliche, che dovrebbero sostenere proprio le società<br />

sportive che curano soprattutto i giovani, dove nessuno prende denaro e non<br />

quelle professionistiche, o quelle che di dilettantistico hanno solo il nome, come<br />

purtroppo spesso accade.<br />

LO SPORT AMATORIALE<br />

Come indica la sua denominazione si dovrebbe pensare ad una pratica che<br />

abbia il solo scopo di sollecitare nel modo più appropriato tutti gli organi ed<br />

apparati degli individui, soprattutto di quelli in età avanzata, quindi sforzi<br />

proporzionati alla “cilindrata” della macchina umana.<br />

Questo atteggiamento si è rivelato, purtroppo, in gran parte un’utopia.<br />

Principalmente coloro che, magari fino a 40-50 anni, non hanno mai praticato<br />

sport, molto spesso sono presi da una eccessiva frenesia agonistica e si<br />

sottopongono ad allenamenti non adeguati alle loro reali capacità, non sono<br />

allenati da tecnici competenti, ma seguono le indicazioni di amici, o di tabelle<br />

pubblicate su qualche rivista.<br />

A tale proposito, è indispensabile fare molta attenzione; se la scheda illustra gli<br />

allenamenti, i tempi di percorrenza, le pause, ecc., per ottenere, ad esempio, 3 ore<br />

e 30’ sulla maratona, fornisce solo delle indicazioni tecniche; è la loro applicazione<br />

che conta, le segue un giovane di 25 anni, o un adulto di 50-60 anni?<br />

E con quale background di training?<br />

Il principale problema che ogni allenatore deve risolvere è proprio quello di<br />

dosare il carico del lavoro alle caratteristiche del suo atleta, cucire addosso a<br />

ciascuno il vestito su misura.<br />

In questo campo è vietato improvvisare, essere autodidatti.<br />

Non si può andare per la strada e correre, magari sotto il sole cocente ed in<br />

mezzo al traffico, o percorrere con la bicicletta tanti, troppi, chilometri.<br />

Per la corsa è opportuno utilizzare percorsi ombreggiati e terreni morbidi,<br />

come prati, pinete, ecc.<br />

Un fondo duro, per tanti anni, provoca seri problemi alle strutture di sostegno.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 21


Non si deve gareggiare tutte le settimane, ad esempio 10 km. Il sabato e<br />

altrettanti la domenica.<br />

Fare due maratone a distanza di una settimana è assurdo, se pensiamo che<br />

gli specialisti ne corrono solamente 2 o 3 all’anno.<br />

E’ la ricerca della prestazione che non condivido; il risultato tecnico assoluto si<br />

ottiene nell’età di massimo rendimento dell’atleta; che senso hanno allora i primati<br />

mondiali, europei, italiani, a 60-70-80-90, anni, nelle diverse specialità dell’atletica<br />

leggera?<br />

Essere campione del mondo over 90 sui 100 metri, coperti quasi camminando<br />

e da solo, è gratificante?<br />

Se a 65 anni corro i 100 piani in 14”5, un tempo in assoluto molto modesto,<br />

con allenamenti che mettono a rischio le mie fibre muscolari, cosa intendo<br />

dimostrare?<br />

Che sono il primo della mia regione in questa categoria?<br />

Bella soddisfazione!<br />

Inoltre, che valore ha prendere una coppa perché si è il più anziano della<br />

competizione, o il più giovane?<br />

E’ un merito questo?<br />

Anche nel ciclismo crescono le manifestazioni amatoriali indette non solo<br />

dalla federazione, ma da altri enti, con gare anche lunghe, come le gran fondo di<br />

160-170 km., dove gli anziani ottengono medie di rilievo su percorsi a volte molto<br />

impegnativi.<br />

E’ tutta salute?<br />

Penso proprio di no.<br />

Ci sono i controlli antidoping?<br />

Perciò, devo fare attività fisica, ma in modo adeguato, ascoltando il mio<br />

organismo, sempre consapevole che il livello di funzionalità dei vari organi ed<br />

apparati del mio corpo sente il peso dell’età; se da giovane salivo le scale di corsa<br />

e ora, pur andando più piano, ho un po’ di “fiatone”, non mi debbo abbattere, è un<br />

fenomeno naturale.<br />

Questa ossessiva ricerca di rimanere giovani a tutti i costi è sciocca e,<br />

soprattutto, ridicola!<br />

Contro natura!<br />

I mass media danno sempre più spazio allo sport amatoriale, che ha acquisito<br />

una sua significativa valenza commerciale (abbigliamento, attrezzature, cure<br />

fisioterapiche, ecc.).<br />

Un’altra considerazione molto preoccupante: mentre il mondo amatoriale<br />

cresce, per contro sono sempre di più i giovani che abbandonano l’attività, anche<br />

in età molto precoce.<br />

I genitori facciano sport in modo adeguato e, soprattutto, invoglino i figli a<br />

praticarlo!<br />

Nella maniera più corretta e non portarli subito con loro a gareggiare sulla<br />

strada!<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 22


LA DONNA E LO SPORT<br />

…per le facoltà naturali i due sessi sono simili, e per essi la donna al pari dell’uomo<br />

può partecipare di tutte le funzioni, per quanto in tutte sia più debole dell’uomo.<br />

…riconosciamo che non è contro natura l’educare anche le donne dei custodi<br />

nella musica e nella ginnastica.<br />

…Sicché, soggiunsi, tu ammetti che tra le donne e gli uomini, come abbiamo detto,<br />

siano in tutto comuni l’educazione, i figlioli e la custodia degli altri cittadini; che le<br />

donne in pace o in guerra, debbano insieme con gli uomini custodire il paese,<br />

andare a caccia e accomunarsi con gli uomini, per quanto è possibile, in tutto; e<br />

che facendo così, facciamo il meglio e non già una cosa contraria alla natura<br />

femminile, di fronte a quella maschile, in ciò dove per natura i due sessi sono fatti<br />

per operare in comune.(Platone - Repubblica, libro V. XIII).<br />

I primi cenni della partecipazione della donna alle attività sportive risalgono<br />

all’antico Egitto, dove, più di 2000 anni prima di Cristo, si ha testimonianza di giovani<br />

donne impegnate in esercizi acrobatici e giochi di palla, come pure nella caccia.<br />

Sappiamo che nell’antica Grecia le donne ebbero la loro “parte” di Giochi<br />

Olimpici, sia pure su scala ridotta rispetto agli uomini.<br />

Erano giochi che si tenevano in onore della dea Era, moglie di Giove.<br />

Sembra che consistessero in una sola gara sulla distanza di 500 piedi.<br />

Le concorrenti, che gareggiavano in abiti succinti, erano suddivise in tre<br />

gruppi di età.<br />

A Sparta la partecipazione delle donne a gare sportive era più diffusa e<br />

importante, come del resto avveniva nei Tailteann Games irlandesi.<br />

Nell’antica Roma, incline a vedere gli esercizi fisici soprattutto in funzione<br />

dell’arte militare, non accadeva quasi mai che le donne fossero coinvolte e anche<br />

nella prima parte del Medioevo le cose non cambiarono molto.<br />

I primi segni importanti di un’inversione di rotta risalgono al 15° secolo, quando<br />

gare di corsa per donne ebbero luogo in varie località tedesche.<br />

Le donne ebbero un ruolo assai limitato quando nacque lo sport moderno.<br />

Ciò va imputato agli influssi del romanticismo ottocentesco, che aveva creato<br />

della donna l'immagine di un essere languido e malinconico.<br />

La messa ai margini della donna nel moderno movimento sportivo era anche<br />

la necessaria conseguenza di un'organizzazione sociale che intendeva destinare la<br />

donna a un ruolo generalmente subordinato, limitato ai lavori domestici ed alla<br />

procreazione.<br />

Per un tipo di ginnastica rivolto alle donne si dovette attendere fino all’inizio<br />

del 19° secolo.<br />

Più o meno alla stessa epoca risalgono i primi accenni a un loro<br />

coinvolgimento in altri sport o giochi, per esempio il croquet, che a detta di J. A.<br />

Krout fu il primo sport a prendere piede tra le donne negli Stati Uniti.<br />

Nei Paesi di lingua inglese in generale il tennis su prato coinvolse fin dal<br />

principio anche le donne, come il pattinaggio artistico.<br />

Atletica e nuoto ebbero il loro battesimo al femminile verso la fine dello stesso<br />

19° secolo.<br />

Gli storici riconoscono il ruolo di “prima volta” dell’atletica femminile ad un<br />

Field day tenuto al Vassar College di Poughkeepsie, nello stato di New York nel 1895.<br />

Il programma comprendeva corse piane e ad ostacoli, salti e lanci e una<br />

gara di basket.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 23


Ai Giochi Olimpici dell’era moderna le donne apparvero per la prima volta<br />

nella seconda edizione, nel 1900 a Parigi, con un ristretto numero di tenniste.<br />

Un’inglese di trent’anni, Charlotte Cooper, fu la prima donna a laurearsi<br />

campionessa olimpica con le sue vittorie nel singolo e nel doppio.<br />

Altri sport entrarono a far parte della famiglia olimpica, da parte femminile,<br />

con lenta gradualità.<br />

Nel 1904 a St Louis fu il turno del tiro con l’arco e solo nel 1912, a Stoccolma,<br />

esordì il nuoto, con quattro specialità.<br />

La scherma (fioretto) entrò i gioco nel 1924, a Parigi, e l’atletica solo nel 1928<br />

ad Amsterdam con non più di cinque specialità: m. 100, m. 800, staffetta 4 x 100,<br />

salto in alto, lancio del disco.<br />

Su un totale di 726, gli uomini sono 625, le donne 101, una percentuale, quindi,<br />

del 13,91%.<br />

Per la cronaca diamo i risultati delle gare.<br />

I 100 metri furono vinti dall’americana Elisabeth Robinson con il tempo di 12”2<br />

(RM), gli 800 dalla tedesca Lina Radke con 2’16”8 (RM), la 4 x 100 dalla formazione<br />

canadese (Fanny Rosenfeld, Ethel Smith, Florence Bell, Myrle Cook) con 48”4 (RM), il<br />

salto in alto dalla canadese Ethel Catherwood con la misura di m. 1,59 (RO) e il<br />

lancio del disco dalla polacca Halina Konopacka con m. 39,62 (RM).<br />

Un’osservazione sugli 800 metri; il regolamento prevedeva che batterie e<br />

finale si disputassero lo stesso giorno, come i maschi.<br />

La corsa, però, viene seguita con palese pregiudizio e, anche se nessuna<br />

finalista accusa malesseri nel dopo-gara, sono sufficienti gli allarmati commenti di<br />

alcuni organi influenti per bandire la distanza dal programma olimpico.<br />

Gli 800 ritorneranno solo a Roma nel 1960.<br />

Anche la ginnastica ebbe la sua “prima” olimpica nel 1928.<br />

Questo “ritardo” fu in gran parte dovuto allo scetticismo di alcuni dirigenti del<br />

CIO nei confronti dello sport femminile, compreso Pierre De Coubertin, il quale affidò<br />

alla donna una funzione ancillare, con cui si prevedeva solo l'incoronazione dei<br />

vincitori.<br />

A questo si oppose la francese Alice Milliat, fondatrice, nel 1921, della<br />

Federazione sportiva femminile internazionale, riuscendo alla fine a dare importanza<br />

alle donne a livello agonistico.<br />

Nel 1922 e nel 1926 furono organizzati a Parigi e a Goteborg i Giochi mondiali<br />

femminili, che minacciarono di oscurare i Giochi Olimpici; il loro successo indusse il<br />

C.I.O ad ammettere ad Amsterdam (1928) la partecipazione di quelle che un<br />

giornalista definì spregiativamente le atletesse.<br />

La FSFI continuò ad organizzare i suoi Campionati Mondiali, nel 1930 a Praga e<br />

nel 1934 a Londra, per abbandonarli solo dopo che la IAAF si decise ad allargare<br />

adeguatamente il suo programma olimpico femminile.<br />

Lo sport è stato, perciò, uno dei più importanti veicoli per l’emancipazione<br />

della donna ed anche il mezzo per evidenziare le sue enormi potenzialità fisiche e<br />

psichiche.<br />

Un dato su tutti.<br />

Fino alle Olimpiadi di Città del Messico (1968), la distanza più lunga del<br />

programma femminile di atletica leggera era rappresentata dagli 800 metri, perché<br />

si reputava che sforzi superiori non erano sopportabili dalla donna-atleta.<br />

I 1500 sono stati inseriti alle Olimpiadi di Monaco, nel 1972; nel 1984, a Los<br />

Angeles, i 3000, la maratona, i 400 HS e l’eptathlon, che ha sostituito il pentathlon.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 24


Nel 1988, a Seul, i 10000 e nel 1992, a Barcellona, i 10 km. di marcia.<br />

Nel 1996, ad Atlanta, viene introdotto il salto triplo e i 5000 sostituiscono i 3000.<br />

A Sydney, nel 2000, inseriti il salto con l’asta e il lancio del martello: i 20 km. di<br />

marcia prendono il posto dei 10 km. e il cerchio si è chiuso, per cui oggi<br />

praticamente il programma olimpico dei due sessi è speculare, fatte salve,<br />

ovviamente, le differenze nel peso degli attrezzi e nell’altezza degli ostacoli e la<br />

marcia sui 50 km.<br />

La romena Iolanda Balas, n° 1 al mondo dal 1958 al 1966 , L’attuale primatista del mondo con m. 2,09, la<br />

portando il record del mondo a m.1,91. bulgara Stefka Kostadinova. Olimpionica nel<br />

Olimpionica nel 1960 e 1964. 1996- Oro mondiale nel 1987 e 1995.<br />

La donna alle Olimpiadi<br />

A testimoniare il costante sviluppo dell’atletica leggera femminile presentiamo<br />

un prospetto con la presenza delle atlete alle Olimpiadi.<br />

Come si può notare, si passa da una percentuale del 13,91 del 1928 al 47,30<br />

degli ultimi Giochi Olimpici di Pechino.<br />

ANNO LOCALITA’ TOTALE UOMINI DONNE % U % D<br />

1928 AMSTERDAM 726 625 101 86,09 13,91<br />

1932 LOS ANGELES 386 332 54 86,01 13,99<br />

1936 BERLINO 775 677 98 87,36 12,64<br />

1948 LONDRA 751 607 144 80,83 19,17<br />

1952 HELSINKI 968 781 187 80,68 19,32<br />

1956 MELBOURNE 720 573 147 79,58 20,42<br />

1960 ROMA 1016 812 204 79,92 20,08<br />

1964 TOKYO 1016 781 235 76,87 23,13<br />

1968 CITTA’ DEL MESSICO 1031 788 243 76,43 23,57<br />

1972 MONACO 1324 956 368 72,21 27,79<br />

1976 MONTREAL 1006 704 302 69,99 30,01<br />

1980 MOSCA 959 692 267 72,16 27,84<br />

1984 LOS ANGELES 1273 889 384 69,84 30,16<br />

1988 SEUL 1617 1062 555 65,68 34,32<br />

1992 BARCELLONA 1725 1103 622 63,95 36,05<br />

1996 ATLANTA 2053 1301 752 63,37 36,63<br />

2000 SYDNEY 2147 1264 883 58,87 41,13<br />

2004 ATENE 1995 1079 916 54,09 45,91<br />

2008 PECHINO 2057 1084 973 52,70 47,30<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 25


Il seguente prospetto ci mostra la presenza femminile alle Olimpiadi in tutti gli<br />

sport.<br />

OLIMPIADI – ATLETI/E PARTECIPANTI<br />

ANNO LUOGO UOMINI DONNE TOTALE % UOMINI % DONNE<br />

1896 ATENE 241 - 241 100,00 0,00<br />

1900 PARIGI 975 22 997 97,79 2,21<br />

1904 ST. LOUIS 645 6 651 99,O8 0,92<br />

1908 LONDRA 1.971 37 2.008 98,16 1,84<br />

1912 STOCCOLMA 2.359 48 2.407 98,00 2,00<br />

1920 ANVERSA 2.561 65 2.626 97,52 2,48<br />

1924 PARIGI 2.954 135 3.089 95,62 4,38<br />

1928 AMSTERDAM 2.819 135 2.954 95,42 4,58<br />

1932 LOS ANGELES 1.206 126 1.332 90,54 9,46<br />

1936 BERLINO 3.605 331 3.936 91,59 8,41<br />

1948 LONDRA 3.714 390 4.104 90,50 9,50<br />

1952 HELSINKI 4.436 519 4.955 89,52 10,48<br />

1956 MELBOURNE 2.938 376 3.314 88,65 11,35<br />

1960 ROMA 4.727 611 5.338 88,55 11,45<br />

1964 TOKIO 4.473 678 5.151 86,84 13,16<br />

1968 CITTA’ MESSICO 4.735 781 5.516 85,84 14,16<br />

1972 MONACO 6.075 1.059 7.134 85,15 14,85<br />

1976 MONTREAL 5.025 1.059 6.084 82,59 17,41<br />

1980 MOSCA 4.064 1.115 5.179 78,47 21,52<br />

1984 LOS ANGELES 5.263 1.566 6.829 77,07 22,93<br />

1988 SEUL 6.251 2.202 8.453 73,95 26,05<br />

1992 BARCELLONA 6.652 2.704 9.356 71,10 28,90<br />

1996 ATLANTA 6.806 3.512 10.318 65,97 34,03<br />

2000 SYDNEY 6.582 4.069 10.651 61,80 38,20<br />

2004 ATENE 6.296 4.329 10.625 59,26 40,74<br />

2008 PECHINO 6.450 4.746 11,196 57,61 42,39<br />

Si nota un costante aumento della partecipazione femminile, osteggiata,<br />

come abbiamo visto dal barone De Coubertin, che, nel 1912, a Stoccolma, quando<br />

le donne parteciparono per la prima volta alle gare di nuoto, espresse la propria<br />

opinione in questi termini: "Un' Olimpiade femminile non sarebbe pratica,<br />

interessante, estetica e corretta."<br />

Ribadì il suo pensiero anche dopo il 1928: "per quanto riguarda la<br />

partecipazione delle donne al gioco io rimango contrario.<br />

Esse sono state ammesse, contro la mia volontà, ad un numero sempre<br />

crescente di prove."<br />

E’ soprattutto nella seconda parte del XX secolo che si manifesta questo<br />

incremento, evidenziando la volontà a raggiungere la parità dei sessi in campo<br />

sportivo.<br />

Rimanendo in tal senso un indicatore in grado di testimoniare i progressi nello<br />

status sociale della donna.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 26


Un eclatante esempio di atleta italiana che ha avuto un grandissimo successo<br />

è quello di Trebisonda Valla, che, alle Olimpiadi di Berlino del 1936, ha vinto la<br />

medaglia d’oro sugli 80 HS.<br />

“Avevo l’agonismo nel sangue, a 11 anni<br />

ero la ragazzina bolognese che saltava più in<br />

alto di tutte, a 14 anni ero già in nazionale. Altri<br />

tempi, nessuna specializzazione, facevo<br />

tutto:100 metri, 80 ostacoli, alto, lungo e<br />

staffetta, 5 gare per dare punti all’Italia, una<br />

fatica enorme e non si guadagnava una lira”.<br />

E proprio in nazionale, durante la sfida<br />

Italia-Belgio del 1930, il ct azzurro Mirna Zanetti<br />

addolcirà quel Trebisonda, in un più morbido e<br />

definitivo Ondina.<br />

L’arrivo degli 80 ostacoli a Berlino ’36. (Sygma).<br />

In quegli anni, Venti e Trenta, in cui la donna e lo sport vivono su mondi<br />

distanti, Ondina, che pure ha vinto la sua partita, non è sfuggita al classico diverbio<br />

familiare ”che discussione fra i miei genitori per l’atletica: mamma non voleva che<br />

facessi sport, “sei una ragazza, ormai devi<br />

pensare ad altro” mi diceva; papà, invece, mi<br />

strizzava l’occhio e incoraggiava: “vai, vai a<br />

fare le gare”.<br />

La donna sportiva, stretta tra i pregiudizi<br />

riguardo a eventuali danni alla funzione<br />

procreativa e obbligata al ruolo di tutrice degli<br />

affetti familiari, era limitata anche<br />

esteticamente per l’abbigliamento in pista,<br />

giudicata nell’opinione comune non consono<br />

all’immagine tranquillizzante di mammamoglie.<br />

Ma Ondina corre e gli ostacoli la proiettano là dove nessuna donna era mai<br />

arrivata: all’oro di Olimpia nei Giochi di Berlino 1936, quelli delle vittorie di Jesse<br />

Owens, quelle in cui, per la prima volta, si accese nello stadio la fiaccola con il sacro<br />

fuoco.<br />

La sua fu un’impresa storica; bisognerà attendere altri 44 anni, i Giochi di<br />

Mosca e Sara Simeoni, perché l’atletica femminile italiana possa festeggiare un altro<br />

trionfo olimpico.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 27


ATLETE ITALIANE ALLE OLIMPIADI<br />

ANNO LUOGO UOMINI DONNE TOTALE % UOMINI % DONNE<br />

1896 ATENE 1 - 1 100,00 0,00<br />

1900 PARIGI 11 - 11 100,00 0,00<br />

1904 ST LOUIS - - - - -<br />

1908 LONDRA 68 - 68 100,00 0,00<br />

1912 STOCCOLMA 61 - 61 100,00 0,00<br />

1920 ANVERSA 161 1 162 99,38 0,62<br />

1924 PARIGI 197 3 200 98,50 1,50<br />

1928 AMSTERDAM 146 18 164 89,00 11,00<br />

1932 LOS ANGELES 102 - 102 100,00 0,00<br />

1936 BERLINO 169 13 182 92,86 7,14<br />

1948 LONDRA 163 19 182 89,56 10,44<br />

1952 HELSINKI 204 23 227 89,87 10,13<br />

1956 MELBOURNE 119 15 134 88,81 11,19<br />

1960 ROMA 241 34 275 87,64 12,36<br />

1964 TOKIO 160 11 171 93,57 6,43<br />

1968 CITTA’ MESSICO 156 15 171 91,23 8,77<br />

1972 MONACO 210 29 239 87,87 12,13<br />

1976 MONTREAL 185 27 212 87,26 12,74<br />

1980 MOSCA 242 47 289 83,74 16,26<br />

1984 LOS ANGELES 237 52 289 82,00 18,00<br />

1988 SEUL 213 42 255 83,53 16,47<br />

1992 BARCELLONA 240 78 318 75,47 24,53<br />

1996 ATLANTA 242 104 346 69,94 30,06<br />

2000 SYDNEY 244 117 361 67,59 32,41<br />

2004 ATENE 236 137 373 63,27 36,73<br />

2008 PECHINO 215 131 346 62,14 37,86<br />

Si può notare come soltanto dalle Olimpiadi di Barcellona la presenza delle<br />

atlete sia sempre più consistente.<br />

ATLETI/E DELL’ITALIA ALLE OLIMPIADI NELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong><br />

ANNO LUOGO UOMINI DONNE TOTALE % UOMINI % DONNE<br />

1896 ATENE 1 - 1<br />

1900 PARIGI 4 - 4<br />

1904 ST. LOUIS - - -<br />

1908 LONDRA 12 - 12<br />

1912 STOCCOLMA 12 - 12<br />

1920 ANVERSA 27 - 27<br />

1924 PARIGI 38 - 38<br />

1928 AMSTERDAM 20 5 25 80,00 20,00<br />

1932 LOS ANGELES 16 5 21 76,19 23,81<br />

1936 BERLINO 29 7 36 80,55 19,45<br />

1948 LONDRA 20 8 28 71,43 28,57<br />

1952 HELSINKI 27 8 35 77,14 22,86<br />

1956 MELBOURNE 15 6 21 71,43 28,57<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 28


1960 ROMA 40 8 48 83,33 16,67<br />

1964 TOKIO 21 1 22 95,45 4,55<br />

1968 CITTA’ MESSICO 22 4 26 84,61 15,39<br />

1972 MONACO 33 7 40 82,50 17,50<br />

1976 MONTREAL 26 7 33 78,79 21,21<br />

1980 MOSCA 17 9 26 65,38 34,62<br />

1984 LOS ANGELES 38 12 50 76,00 24,00<br />

1988 SEUL 27 11 38 71,05 28,95<br />

1992 BARCELLONA 25 14 39 64,10 35,90<br />

1996 ATLANTA 32 17 49 65,31 34,69<br />

2000 SYDNEY 30 17 47 63,83 36,17<br />

2004 ATENE 21 14 35 60,00 40,00<br />

2008 PECHINO 25 20 45 55,55 44,45<br />

Il confronto inizia dal 1928, anno di ingresso dell’atletica leggera alle<br />

Olimpiadi.<br />

L’incremento maggiore si ha da Barcellona 1992.<br />

Sara Simeoni – Oro nell’alto a Mosca 1980 e primatista mondiale con 2,0.1.<br />

Gabriella Dorio – Oro nei 1500 a Los Angeles 1984.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 29


Prendiamo in considerazione anche le Olimpiadi invernali, che iniziarono nel<br />

1924 a Chamonix-Mont Blanc.<br />

Presentiamo la tabella esplicativa.<br />

OLIMPIADI – ATLETI/E PARTECIPANTI<br />

ANNO LUOGO UOMINI DONNE TOTALE % UOMINI % DONNE<br />

1924 CHAMONIX-M. BLANC 247 11 258 95,74 4,26<br />

1928 ST. MORITZ 438 26 464 94,40 5,60<br />

1932 LAKE PLACID 231 21 252 91,67 8,33<br />

1936 GARMISCH-PARTERKINCHEN 566 80 646 87,62 12,38<br />

1948 ST. MORITZ 592 77 669 88,49 11,51<br />

1952 OSLO 585 109 694 84,29 15,71<br />

1956 CORTINA D’AMPEZZO 687 134 821 83,68 16,32<br />

1960 SQUAW VALLEY 521 144 665 78,35 21,65<br />

1964 INNSBRUCK 892 199 1.091 81,76 18,24<br />

1968 GRENOBLE 947 211 1.158 81,78 18,22<br />

1972 SAPPORO 801 205 1.006 79,62 20,38<br />

1976 INNSBRUCK 892 231 1.123 79,43 20,57<br />

1980 LAKE PLACID 840 232 1.072 78,36 21,64<br />

1984 SARAJEVO 998 274 1.272 78,46 21,54<br />

1988 CALGARY 1.122 301 1.423 78,85 21,15<br />

1992 ALBERTVILLE 1.313 488 1.801 72,90 27,10<br />

1994 LILLEHAMMER 1.215 522 1.737 69,95 30.05<br />

1998 NAGANO 1.389 787 2.176 63,83 36,17<br />

2002 SALT LAKE CITY 1.513 886 2.399 63,07 36,93<br />

2006 TORINO 1.548 960 2.508 61,72 38,28<br />

2010 VANCOUVER 1.550 950 2.500 62,00 38,00<br />

LA PARTECIPAZIONE DELL’ITALIA<br />

ANNO LUOGO UOMINI DONNE TOTALE % UOMINI % DONNE<br />

1924 CHAMONIX-M. BLANC 14 - 14 100.00 0.00<br />

1928 ST. MORITZ 17 - 17 100.00 0.00<br />

1932 LAKE PLACID 12 - 12 100.00 0.00<br />

1936 GARMISCH-PARTERKINCHEN 39 5 44 88,64 11,36<br />

1948 ST. MORITZ 54 3 57 94,74 5,26<br />

1952 OSLO 28 5 33 84,85 15,15<br />

1956 CORTINA D’AMPEZZO 53 12 65 81,54 18,46<br />

1960 SQUAW VALLEY 21 7 28 75,00 25,00<br />

1964 INNSBRUCK 53 8 61 86,89 13,11<br />

1968 GRENOBLE 44 8 52 84,62 15,38<br />

1972 SAPPORO 48 3 51 94,12 5,88<br />

1976 INNSBRUCK 49 11 60 81,67 18,33<br />

1980 LAKE PLACID 37 12 49 75,51 24,49<br />

1984 SARAJEVO 61 15 76 80,26 19,74<br />

1988 CALGARY 55 22 77 71,43 28,57<br />

1992 ALBERTVILLE 93 30 123 75,61 24,39<br />

1994 LILLEHAMMER 78 26 104 75,00 25,00<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 30


1998 NAGANO 88 37 125 70,40 29,60<br />

2002 SALT LAKE CITY 65 47 112 58,04 41,96<br />

2006 TORINO 111 74 185 60,00 40,00<br />

2010 VANCOUVER 69 40 109 63,30 36,70<br />

Anche per le Olimpiadi invernali, quindi, si registra un progressivo incremento<br />

della presenza femminile.<br />

Le prestazioni maschili e femminili<br />

A livello prestativo la donna non potrà mai raggiungere l’uomo, soprattutto<br />

negli sport di potenza, per questioni puramente scientifiche, riguardanti gli ormoni.<br />

Abbastanza simile la concentrazione fino alla pubertà, dove inizia una netta<br />

differenziazione.<br />

Il principale protagonista è il testosterone, l’ormone della forza, che stimola la<br />

sintesi proteica e quindi la formazione delle masse muscolari.<br />

Nel contempo la donna comincia a produrre ormoni estrogeni, fondamentali<br />

per la fecondità, ma che causano, altresì, l’accumulo di grasso, sfavorendo il<br />

rapporto peso-potenza.<br />

Nell’uomo normale la massa grassa è il 15%, il 20% nella donna; ma il<br />

testosterone influisce anche sulla percentuale di emoglobina, la proteina deputata<br />

al fissaggio a al trasporto dell’ossigeno in tutto il corpo; nei maschi è tra il 14 ed il<br />

16%, nella donna tra 12 e il 14%.<br />

Ciò influenza la massima capacità di consumo dell’ossigeno sotto sforzo,<br />

indice che definisce la resistenza.<br />

Tutto ciò non significa che il gentil sesso sia inferiore per quanto riguarda tutte<br />

le qualità fisiche che servono nello sport.<br />

Secondo alcuni studi, si può ritenere che la donna sia superiore all'uomo per:<br />

-acquaticità, ossia la spesa energetica per muoversi in acqua, in relazione alla<br />

superficie corporea;<br />

-flessibilità, ovvero la capacita di aver maggior escursione angolare dei segmenti<br />

corporei;<br />

-elasticità muscolare;<br />

-mobilizzazione degli acidi grassi;<br />

-costo unitario della corsa, espresso per chilocalorie per ogni km percorso e per ogni<br />

kg di peso corporeo.<br />

Tra l’altro, nel progresso dei record femminili non si è tenuto conto del fatto<br />

che questo è anche legato ad un discorso culturale di raggiunta parità tra i sessi,<br />

dato che solo in tempi recenti le donne hanno potuto gareggiare in tutte, o quasi, le<br />

specialità olimpiche storicamente riservate agli uomini.<br />

Inoltre, è’ opportuno evidenziare, che, 50-60 anni fa, la percentuale di donne<br />

che aveva la possibilità di praticare sport era molto limitata, come abbiamo già<br />

detto.<br />

Comunque negli ultimi 60 anni il gap prestativo si è ridotto sensibilmente come<br />

e viene bene evidenziato confrontando le prestazioni di alcune gare dell’atletica<br />

leggera e del nuoto.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 31


ATLETICA <strong>LEGGERA</strong><br />

100 piani<br />

Oggi 9,50% (9”58-10”49)-1980 9,34% (9”95–10”88)-1950 12,74% (10”2–11”5)<br />

400 piani<br />

Oggi 10,23% (43”18–47”60)-1980 10,80%(43”86-48”60)–1950 25,55%(45”4-57”0(’57)<br />

Maratona<br />

Oggi 9,22% (2h03’59”–2h15’25”)-1980 13,32% (2h08’33”-2h25’41”)1950 51,29%<br />

(2h25’39”-3h40’22”).<br />

NUOTO<br />

100 stile libero<br />

Oggi 10,99% (46”91–52”07)-1980 10,82%(49”44-54”79)–1950 16,42%(55”4-64”5)<br />

400 stile libero<br />

Oggi 8,66% (3’40”07–3’59”15)-1980 6,85%(3’50”49-4’06”28)–1950 15,06%(4’29”50-<br />

5’00”10)<br />

1500 stile libero<br />

Oggi 7,77% (14’34”56-15’42”54)-1980 7,37%(14’58”27-16’04”49)–1950 16,10%<br />

(18’19”00-20’57”00).<br />

Si è constatato, quindi, che la donna-atleta è di una tempra fortissima, sia<br />

fisica, ma, soprattutto mentale, abituata dalla storia a sacrificarsi più dell’uomo.<br />

Quando è determinata a raggiungere uno scopo non è inferiore all’uomo più<br />

ostinato, anzi!<br />

Dal punto di vista psicologico le donne sono meno pessimiste e più volte alla<br />

ricerca di nuove esperienze.<br />

Per quanto riguarda la frequenza e l'intensità degli allenamenti, oltre alle<br />

motivazioni, anche l'impegno e il tempo dedicato alla pratica, a parità di livello<br />

agonistico e di disciplina, risulta equivalente.<br />

Un aspetto in cui si è, invece, registrata una netta diversità di genere è legato<br />

all'abbandono della carriera: esistono, infatti, delle differenze significative per<br />

quanto riguarda i tempi e le motivazioni di avvicinamento al momento conclusivo<br />

della carriera sportiva.<br />

La maggioranza delle atlete evidenzia un abbandono "precoce".<br />

Tendenzialmente le donne smettono prima degli uomini, talvolta nel pieno<br />

vigore fisico.<br />

Le motivazioni per le quali questo avviene, sono differenti tra atlete e atleti.<br />

Per gli uomini la fine dell'attività sportiva coincide con il fisiologico calo<br />

prestazionale e fisico, che non permette più di ottenere i risultati previsti o sperati.<br />

"Gli uomini tendono a smettere quando fisicamente non ce la fanno più…"<br />

Le donne, invece, "….smettono quando intendono costruire una famiglia"… La<br />

fine della pratica femminile, quindi, coincide più spesso con il desiderio, o la<br />

necessità di costruirsi una famiglia.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 32


"Alla donna è richiesto un maggior impegno in famiglia rispetto all’ uomo, per<br />

cui è costretta a scegliere".<br />

Questo non accade così frequentemente tra gli uomini che sembra non siano<br />

costretti a conciliare i diversi aspetti.<br />

A livello mediatico attualmente uomo e donna sono pari; anche per gli<br />

sponsor il valore femminile si è impennato come un razzo.<br />

Aggancio risuscito.<br />

I MASS MEDIA E LO SPORT<br />

Molto spesso i problemi nei vari ambiti sociali sono di natura culturale; a mio<br />

parere rientra in questa logica anche il rapporto tra i mass media e lo sport.<br />

In Italia ci sono molti giornali sportivi e anche i quotidiani generalisti<br />

contengono diverse pagine dedicate all’argomento; ugualmente molteplici sono i<br />

programmi televisivi ad hoc.<br />

La nota dolente è che la maggior parte del loro interesse è rivolta ad un unico<br />

sport, il calcio, perché c’è l’errata convinzione che i lettori, o gli spettatori, vogliano<br />

soprattutto programmi e notizie di calcio; niente di più falso, basti vedere gli indici di<br />

ascolto che alle Olimpiadi, ai Mondiali, agli Europei hanno l’atletica leggera, la<br />

scherma, il nuoto, la ginnastica artistica, lo sci, il pattinaggio su ghiaccio, ecc., che<br />

molti addetti ai lavori continuano ancora a chiamare sport minori, vogliamo<br />

scherzare?<br />

Minori rispetto a chi?<br />

Al calcio?<br />

Che eresia!<br />

Sanno questi signori che, ad esempio, l’atletica leggera è lo sport più<br />

praticato al mondo, e alle Olimpiadi, o ai Mondiali partecipano oltre 200 Paesi?<br />

E la medaglia d’oro può essere vinta da un atleta di una sperduta isoletta<br />

caraibica?<br />

Di questi sport ci si ricorda soprattutto nelle grandi occasioni, quando portano<br />

le medaglie; allora interviste, servizi speciali, e quant’altro; poi, per altri quattro anni<br />

silenzio quasi assoluto.<br />

Per dovere di cronaca, l’unica medaglia d’oro del calcio alle Olimpiadi risale<br />

a quella di Berlino, nel 1936!<br />

Che tristezza e rabbia, in una seguita trasmissione sportiva, constatare che il<br />

conduttore non vede l’ora di liquidare il collegamento con un fresco campione del<br />

mondo di ciclismo per tornare a parlare nientedimeno che di moviola!<br />

Parole in libertà!<br />

Inoltre, enfatizzare anche singoli episodi di una partita, come, ad esempio,<br />

dare addosso all’arbitro per un fuorigioco millimetrico, un calcio di rigore dato o<br />

non dato, disponendo di decine di telecamere e di sofisticatissime tecnologie, che<br />

lui non ha e deve decidere in una frazione di secondo, non è fuorviante?<br />

Come iniziare una trasmissione la domenica sera con frasi del tipo: ”oggi gli<br />

arbitri hanno toccato il fondo”, “campionato falsato”.<br />

Quale impatto può avere sui giovani?<br />

Che già da ragazzini, quando entrano in campo, considerano il direttore di<br />

gara quasi come un avversario, che si critica aspramente quando dà un rigore per<br />

simulazione all’altra squadra, ma che si è felici di aver ingannato con un’azione<br />

simile.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 33


Un giorno un mio allievo si vantava di aver fatto un gol con la mano, senza<br />

essere stato visto dall’arbitro, come era successo poche settimane prima in una<br />

partita di serie A; si è stupito quando ho messo in evidenza la sua scorrettezza!<br />

Oppure entrare a gambe tese su un compagno con il rischio di procurargli un<br />

grave infortunio; al mio severo rimprovero, il ragazzo mi ha risposto: ”come lo<br />

fermavo, altrimenti?”<br />

Da chi ha assimilato tali esempi?<br />

Chi glieli ha suggeriti?<br />

Gravissimo, poi, quando sono gli stessi genitori che dalla tribuna inveiscono<br />

contro gli avversari, o l’arbitro.<br />

Ricordiamoci che i nostri ragazzi non hanno ancora l’esperienza e lo spirito<br />

critico necessari per valutare gli atti nella giusta proporzione; se vedono persone<br />

adulte “azzuffarsi a parole” per venti minuti su un’azione di gioco, ne rimangono<br />

sicuramente colpiti.<br />

E, poi, sono noiosissime quelle trasmissioni, tutte uguali, in cui si parla delle varie<br />

partite, ripetendo sempre gli stessi argomenti, le medesime interviste; interessano<br />

così tanto?<br />

Credo proprio di no.<br />

La cosa più grave è che le televisioni locali fanno lo stesso; ci sono i cosiddetti<br />

“opinionisti”, ormai in pianta stabile, che tutti i giorni rimestano la stessa minestra; e<br />

non mancano i famigerati sondaggi e i voti; ma ai giornalisti i voti chi li dà?<br />

Sarebbe, invece, oltremodo interessante realizzare servizi, nei quali si<br />

descrivano la didattica di avviamento alle varie discipline sportive, lo sviluppo delle<br />

qualità fisiche e della tecnica nelle diverse tappe evolutive, l’alimentazione, ecc.; si<br />

potrebbero portare esempi di campioni dei diversi sport; perché hanno scelto quella<br />

determinata disciplina, cosa facevano all’inizio, quanti allenamenti, il rapporto con i<br />

loro allenatori, ecc.<br />

La televisione, a mio parere, non deve solo mostrare gli avvenimenti<br />

agonistici, ma, soprattutto, istruire, educare, stimolare i giovani a praticare lo sport,<br />

in ultima analisi, contribuire a sviluppare una vera cultura sportiva; i nostri giovani<br />

debbono praticarlo lo sport, non solo farne discussioni da bar; è preoccupante la<br />

percentuale di ragazze e ragazzi che smettono dopo la scuola media.<br />

Inoltre, pur con tutto il rispetto, non si debbono incentivare e spacciare come<br />

sport giochi, quali gli scacchi, il bridge, la dama; già sono sedentari per conto loro i<br />

nostri giovani, ce li incolliamo proprio alle sedie; e, poi, non mi risulta che alcun<br />

dizionario della lingua italiano definisca sport un’attività solo intellettiva.<br />

Di questo passo, anche tradurre una versione dal greco, o dal latino, deve<br />

essere considerata un’attività sportiva, o giocare a briscola, tressette, a rubamazzo,<br />

ecc.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 34


Ora entriamo in argomento e analizziamo da vicino il soggetto del<br />

movimento.<br />

LA MERAVIGLIOSA MACCHINA UMANA<br />

Oltre a entusiasmarci per le imprese degli atleti nelle diverse discipline sportive,<br />

a emozionarci per le tante storie umane che emergono, l’Olimpiade è la principale<br />

occasione per ammirare le potenzialità e le multiformi abilità della “macchina<br />

umana” ed anche questo suscita intensissime sensazioni.<br />

Raggiungere nello sprint velocità di oltre 44 km. orari, spostare da terra fin<br />

sopra il capo oltre 200 kg nel sollevamento pesi, disegnare in volo figure altamente<br />

armoniche, ma altrettanto difficili, come nei tuffi, nella ginnastica, nel pattinaggio<br />

artistico su ghiaccio, bloccare, ma non irrigidire, le membra prima di premere il<br />

grilletto della carabina, o scagliare la freccia dall’arco, fiondare a terra il piede sulla<br />

pedana del lungo come una fucilata da circa una tonnellata, per vincere la forza di<br />

gravità ed atterrare a quasi nove metri più lontano, o superare un’asticella più alta<br />

di te di mezzo metro, mulinare le braccia a più di cento colpi al minuto ed<br />

affondare la pagaia nell’acqua nella canoa sui 500 metri, o asfissiare i muscoli nella<br />

gara di canottaggio sui 2 km., o sul chilometro da fermo nel ciclismo su pista;<br />

diventare delfino nel nuoto, compiere migliaia di passi nella marcia, o nella<br />

maratona, cercando di dosare al massimo le energie.<br />

Fibre bianche, rosse, ghepardo, gazzella, rondine, pesce, sistema aerobico,<br />

anaerobico, alattacido, lattacido, frequenze cardiache ad oltre 180 battiti al<br />

minuto, polmoni che scoppiano per fornire più ossigeno possibile, apparato<br />

ormonale al massimo.<br />

E la testa?<br />

E il sistema nervoso?<br />

E’ lui che comanda tutto, che accelera, che frena gli impulsi, che ti dice:” stai<br />

attento, stai andando troppo forte, vai avanti, non mollare, lo stadio è lì, anche<br />

quando le gambe non ti reggono e ti senti vuoto; porta ora la stoccata!”.<br />

Dall’espressione più brutale, o veloce, della forza, alla grazia alla musicalità,<br />

all’arte, da un limite all’altro.<br />

Che dire, poi, delle mirabolanti esibizioni degli acrobati del circo, delle<br />

leggiadre evoluzioni dei ballerini, o degli audaci atleti dell’arrampicata libera, del<br />

sub che scende ad oltre 100 metri di profondità nel mare, sopportando una altissima<br />

pressione, ecc.?<br />

Non è un capolavoro questo nostro corpo?<br />

Non è meravigliosa la sua plasticità?<br />

Ma non occorre andare alle superprestazioni, è sufficiente pensare agli<br />

innumerevoli movimenti che l’individuo compie nella vita quotidiana, dal semplice<br />

cammino, che può rivelare una notevole eleganza, ai gesti finissimi delle dita delle<br />

mani; il problema è che, spesso, non riusciamo a renderci conto di questa enorme<br />

ricchezza psico-motoria, se non quando incontriamo chi, purtroppo, ne è limitato,<br />

più, o meno, fortemente.<br />

Queste considerazioni ci debbono portare ad avere il massimo rispetto del<br />

nostro organismo.<br />

Dobbiamo instaurare con lui uno strettissimo rapporto, un feeling incredibile.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 35


ASCOLTA IL TUO CORPO<br />

Il corpo ci parla, ci manda continuamente segnali attraverso i recettori<br />

sensoriali sparsi in ogni sua parte.<br />

Ma, per meglio ascoltarlo, occorre conoscerlo bene, dal punto di vista<br />

anatomico e fisiologico, possedere anche le nozioni principali di biomeccanica, e,<br />

quindi, delle leggi della fisica che regolano il movimento umano.<br />

Ad assolvere questo compito deve essere la scuola, che, sovente, nei suoi vari<br />

ordini e gradi, non vi dedica il dovuto spazio; ma, prima di esplorare il mondo<br />

circostante, non dobbiamo prendere coscienza di noi stessi?<br />

Prima lezione: “ragazzi, oggi incominciamo a parlare del nostro corpo!”<br />

La tanto sbandierata educazione alla salute, da che parte deve iniziare?<br />

Dall’esperto che, una, o due volte all’anno, nel migliore dei casi, viene invitato<br />

a tenere una lezione monotematica, o non, piuttosto, dal docente di scienze, che,<br />

nell’attività curriculare, può sviluppare questi argomenti dedicandogli tutto lo spazio<br />

necessario, avendo a disposizione strumenti multimediali sempre più ricchi e<br />

stimolanti?<br />

Non si può rispondere che il programma prevede quelle poche nozioni e i libri<br />

di testo si adeguano; a volte si impiega un numero eccessivo di ore di lezione sulla<br />

cellula, poi, sui vari apparati, solo alcuni rapidi cenni, per cui se, ad esempio,<br />

andate a domandare ad un alunno che cos’è e dove si trova il menisco, che si è<br />

rotto quel famoso calciatore, il più delle volte non lo sa, o dice una sciocchezza.<br />

E’ singolare come i ragazzi siano capaci di smontare e rimontare con grande<br />

perizia il loro motorino, ma hanno una scarsa, o nulla, conoscenza del proprio<br />

corpo, dei suoi limiti, e, di conseguenza, un’altrettanto limitata cura; in particolari<br />

situazioni questa ignoranza potrebbe risultare molto pericolosa, come fare il bagno<br />

dopo un abbondante pranzo, soprattutto se l’acqua è fredda.<br />

E il gravissimo problema delle droghe?<br />

In quale luogo deve essere fatta una informazione corretta e un’opera di<br />

prevenzione se non a scuola?<br />

Studi fatti su moltissimi studenti rivelano che una percentuale molto bassa di<br />

loro ne ha sentito parlare tra i banchi; perché?<br />

E il fumo? Un fenomeno in pericolosa crescita, soprattutto tra le adolescenti; e<br />

l’abuso di alcol?<br />

Chi ne deve parlare, sempre e solo l’esperto?<br />

Non sono sufficienti alcuni cenni, bisogna dedicarvi tutto il tempo che<br />

occorre.<br />

Negli istituti tecnici le scienze sono inserite entro i primi due anni del corso di<br />

studi, perciò non sono materia dell’esame di stato e allora che cosa impedisce al<br />

docente di impiegare tutte le lezioni che vuole su questi importantissimi argomenti?<br />

Al termine dell’anno scolastico scriverà sul suo programma ciò che ha<br />

realmente svolto e sarà perfettamente in regola; sembra una battaglia persa.<br />

Uno dei pericoli che corre l’insegnante nel corso della sua lunga carriera è<br />

proprio quello di fossilizzarsi, di ripetere per anni e anni lo stesso programma, senza<br />

adeguarlo alle mutate realtà sociali e, quindi, agli allievi, che hanno un background<br />

familiare, culturale, diverso; se lo facessero, avrebbero anche loro nuovi stimoli,<br />

terrebbero vivo l’entusiasmo, che deve sempre accompagnare la nostra<br />

professione di educatori.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 36


L’alimentazione<br />

Passiamo, ora, ad un altro aspetto, altrettanto importante, quello nutrizionale;<br />

quanti sanno alimentarsi correttamente, senza ricorrere a diete drastiche, suggerite<br />

da un amico, o che leggono nelle più svariate riviste, senza consultare un esperto?<br />

E’ paradossale che su questo argomento frequentemente escano risultati di<br />

studi diametralmente opposti ed allora a chi dar retta?<br />

L’ossessiva ricerca di una alimentazione sana può far addirittura cadere<br />

nell’ortoressia nervosa, un comportamento simile a quello delle persone che<br />

soffrono di anoressia, o di bulimia nervosa.<br />

Portando all’estremo i dettami di una alimentazione salutistica, gli ortoressici<br />

arrivano a sviluppare proprie regole alimentari, sempre più specifiche e fanno di<br />

tutto per restarvi fedeli, costringendosi a pianificare i pasti anche con diversi giorni di<br />

anticipo.<br />

Ma che sensazione hanno del proprio corpo, soprattutto le ragazze?<br />

Spesso ne sono insoddisfatte, perché non in linea con i modelli pubblicizzati<br />

dai mass media ed allora cercano strade pericolose, per inseguire questa loro<br />

utopia, perché ciò che conta è apparire, seguire ogni tipo di moda, e non essere se<br />

stessi, sempre e comunque.<br />

Guai a chiedere loro di pesarsi!<br />

Dobbiamo far capire loro che la bellezza non è un concetto assoluto, non può<br />

far riferimento a modelli prestabiliti, a canoni precisi: altezza, capelli biondi, occhi<br />

azzurri, magrezza, ecc.<br />

Ognuno la percepisce in modo diverso, perché non è solo un fatto estetico,<br />

coinvolge tutto il nostro essere.<br />

Molte sono le adolescenti che al mattino non fanno colazione, stanno cinque<br />

ore a scuola, magari svolgono anche la lezione di educazione fisica, con ulteriore<br />

richiesta energetica, e non di rado hanno dei malori dovuti a ipoglicemia.<br />

Il cattivo rapporto con il proprio corpo viene evidenziato anche nell’attività<br />

fisica; molti hanno timore di non rispondere alle attese, soprattutto dei compagni, di<br />

non riuscire a eseguire bene quel determinato esercizio ed allora tendono a<br />

nascondersi, oppure mascherano questi loro timori con una falsa spavalderia,<br />

dicendo che il gesto non è utile.<br />

Nei test di efficienza fisica, nei quali ognuno dovrebbe cercare di esprimere le<br />

sue massime capacità, alcuni/e, sentendosi osservati, li eseguono con pochissima<br />

concentrazione, e non si curano affatto del risultato, desiderando solamente<br />

togliersi al più presto da quella, per loro, frustrante situazione.<br />

Lo stesso accade nelle piccole competizioni tra due, o tre, compagni di<br />

classe; chi sa di non poter vincere, molla subito, non stringe i denti e non cerca di<br />

dare il massimo di se stesso.<br />

Questo disagio potrebbe essere accentuato anche dal fatto che i ragazzi e<br />

le ragazze della stessa classe svolgono la lezione di educazione fisica insieme ed il<br />

maschio, insicuro e poco soddisfatto del proprio corpo, teme di far brutta figura nei<br />

confronti delle compagne.<br />

Ed allora è compito dell’insegnante far loro capire che non devono<br />

paragonarsi agli amici più forti, il cui maggior rendimento, spesso, dipende da uno<br />

sviluppo precoce, ma cercare di migliorare le loro prestazioni iniziali, impegnandosi<br />

con attenzione nel lavoro, che, sicuramente, darà i suoi frutti.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 37


Deve stimolarli in tal senso, gratificandoli per i progressi evidenziati e vedrà la<br />

loro soddisfazione quando riusciranno a compiere un gesto che, prima, rifiutavano,<br />

magari salire un gradino più in alto del quadro svedese.<br />

Attenzione, quindi, a imputare il disimpegno di alcuni nell’ora di educazione<br />

fisica solo a scarsa volontà.<br />

Ma questa presa di coscienza del proprio corpo non deve iniziare fin da<br />

bambini?<br />

Attenzione ai prodotti miracolosi<br />

Attraverso i molteplici canali dei mass media siamo continuamente<br />

bombardati da messaggi di prodotti, o strumenti, miracolosi, che fanno perdere chili<br />

in poco tempo, modellano il corpo, e non si ricorre all’unica via naturale, l’esercizio<br />

fisico, nel quale, ricordiamolo bene, non è impegnata solo la parte muscolare, ma<br />

anche e in primis il sistema nervoso, da dove parte lo stimolo; desideriamo stare<br />

comodamente in poltrona mentre una macchina ci muove il corpo?<br />

Ma non è la volontà che guida ogni nostra azione?<br />

Vogliamo intorpidire anch’essa, addirittura eliminarla, oggi in cui la nostra vita<br />

di relazione è facilitata da tanta tecnologia?<br />

Dove aumentano i casi di soprappeso e, purtroppo, di obesità?<br />

Platone diceva nel Timeo “…D’altra parte, tra i movimenti quello, che ha luogo<br />

in se stesso da se stesso, è il migliore di tutti, giacché è il più congenere al moto<br />

dell’intelletto e dell’universo; ma quello che avviene per opera d’altro è peggiore; e<br />

pessimo poi quello che, mentre il corpo giace e riposa, per mezzo di cause estranee<br />

lo muove in questa o in quella parte”.<br />

Ci vengono, subito, in mente le attuali macchine per la ginnastica passiva,<br />

concepibile solo per chi non sia in grado di compiere volontariamente il movimento,<br />

causa problemi fisici, ma assolutamente non per coloro che godono di buona<br />

salute; dire: ”con questo attrezzo fai ginnastica senza sforzo” non è assurdo?<br />

Fuorviante?<br />

Lo sforzo, fisico e mentale, lo devi fare!<br />

E, poi, l’effetto è forse lo stesso?<br />

L’intensità dello sforzo la deve regolare il nostro sistema nervoso e non un<br />

pulsante, che fa girare, più o meno velocemente, una manovella!<br />

Sempre Platone… ”Perciò appunto tra le purgazioni e ricostituzioni del corpo<br />

quella che si fa per via degli esercizi ginnastici è la migliore di tutte; viene in secondo<br />

luogo quella che si ottiene per via dei dondolamenti, così nelle navigazioni, come in<br />

ogni altra specie di veicoli che non riescano stancanti; e c’è infine terzo genere di<br />

moto utile a chi vi sia assolutamente costretto, ma da non ammettere punto in<br />

nessun altro caso da chi abbia giudizio; quello di carattere curativo mediante la<br />

purgazione farmaceutica; perché le malattie, quante non presentino grandi<br />

pericoli, non bisogna irritarle con farmachi.<br />

…Perciò tutti codesti morbi bisogna governarli con un regime dietetico, in<br />

quanto se ne abbia l’agio, ma non irritare coi farmachi un male già di per se<br />

difficile” (Timeo XLI).<br />

Tutte queste promozioni hanno sicuramente facile presa, perché dall’altra<br />

parte frequentemente manca una cultura specifica e critica.<br />

E’ sufficiente assicurare che quel prodotto, o questa macchina, fa dimagrire,<br />

toglie la cellulite, tonifica, procura relax e il gioco è fatto, si passa all’acquisto.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 38


Mi devono spiegare scientificamente come fa, ad esempio una crema a<br />

“sciogliere i grassi”, o a “rassodare i muscoli”.<br />

Anche nell’acquisto dell’abbigliamento (calzature, indumenti, ecc.) molto<br />

spesso si tiene in maggiore considerazione la moda, che il benessere del nostro<br />

corpo.<br />

Pertanto, questa diffusa carenza conoscitiva è un serio problema, perché<br />

riguarda la nostra salute e deve essere affrontato in tutte le sedi competenti, in<br />

primis nella scuola, come abbiamo detto.<br />

La musica<br />

Altra disciplina fondamentale per lo sviluppo della personalità, la musica; il<br />

grande violinista Uto Ughi si lamenta che, soprattutto quella classica, non sia<br />

presente nella scuola, per il suo valore altamente formativo sotto l’aspetto dello<br />

sviluppo della sensibilità, della introspezione.<br />

E’ talmente vero che viene utilizzata per la cura di particolari malattie mentali.<br />

Ancora Platone “ …io direi che un dio abbia dato agli uomini due arti: la<br />

musica e la ginnastica per la fierezza e per l’amore al sapere, non già per l’anima e<br />

per il corpo, se non in via accessoria, ma per quelle due qualità, affinché si<br />

armonizzino tra loro quando siano tese o rilassate in misura conveniente.<br />

…Colui dunque che mescola nel miglior modo possibile la ginnastica con la musica<br />

e sa adattarle all’anima nella più conveniente proporzione, costui noi lo diremo a<br />

buon diritto il musicista più compiuto e meglio armonizzato, ben più di uno che<br />

sappia armonizzare i “toni” delle corde tra loro”. (Repubblica, libro III. par.V)<br />

Quindi, a ben pensarci, la maggior parte dei problemi, che l’individuo si trova<br />

ad affrontare, non ha, forse, una matrice culturale?<br />

Non semplici esecutori, ma attori<br />

Ritorniamo alla percezione del nostro corpo spostandoci sul versante<br />

dell’attività fisica e sportiva.<br />

Quando eseguiamo qualsiasi gesto dobbiamo farlo nella corretta dimensione<br />

spazio-temporale, quindi con il giusto ritmo, sentire i diversi gradi di intensità, per<br />

correggere eventuali errori e far fronte alle varie situazioni.<br />

Il maratoneta, durante la sua prova di oltre due ore, ascolta, passo dopo<br />

passo, le sensazioni che gli provengono dagli organi interni (cuore, polmoni, ecc.) e<br />

dalle strutture di sostegno e propulsione (piedi, gambe, cosce, glutei, ecc.) ed in<br />

base a tutte queste informazioni regola la sua condotta di gara.<br />

E che dire del ginnasta, che deve avere il più alto controllo motorio in<br />

situazioni di equilibrio estremamente precario, o in volo?<br />

Dobbiamo, in ultima analisi, prendere sempre più coscienza delle potenzialità<br />

della nostra macchina, per utilizzarla al meglio e adeguare ogni sforzo alla sua<br />

“cilindrata”, senza oltrepassare limiti che potrebbero compromettere l’integrità<br />

fisica.<br />

Occorre saper valutare anche la differenza tra un indolenzimento muscolare<br />

diffuso, dovuto ad un certo tipo di allenamento, e un fastidio, magari pungente, in<br />

una ben determinata parte muscolare, che può essere il preavviso di un possibile<br />

infortunio; in tal caso, non bisogna proseguire la seduta, ma fare i necessari<br />

accertamenti diagnostici.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 39


Tutto quanto esposto in precedenza comporta un approccio culturale<br />

diverso; generalmente gli esercizi vengono eseguiti passivamente, subiti, come una<br />

medicina da prendere, quindi senza la necessaria concentrazione, perché manca<br />

la motivazione, con risultati sicuramente scarsi, anche in proiezione futura.<br />

Ad esempio, si è in grado di valutare quando lo stesso muscolo viene<br />

allungato passivamente, o attivamente?<br />

O, quando, nella corsa, si usano prevalentemente le cosce, o i piedi?<br />

Ed è su tale aspetto che dobbiamo lavorare fin dal primo contatto con i nostri<br />

ragazzi, sviluppare in loro questa sensibilità, questo particolare “orecchio”, far<br />

capire che, anche dietro al più semplice dei gesti, c’è una base scientifica, tecnica,<br />

ritmica.<br />

Tutto inizia, perciò, dal processo di apprendimento.<br />

L’APPRENDIMENTO MOTORIO<br />

In generale l'apprendimento è un processo complesso, nel quale si<br />

compenetrano motivazione, emozione, memoria, pensiero.<br />

Quello motorio non è dissimile dalle altre forme di acquisizione delle<br />

conoscenze.<br />

A livello intellettivo occorre immagazzinare e consolidare nozioni e più sono<br />

numerose, più è facile fare collegamenti tra un argomento e l’altro.<br />

Ugualmente, nel campo motorio, maggiori sono le abilità che si possiedono e<br />

meglio si padroneggia il corpo.<br />

E’ sempre lo stesso organo ad essere interessato.<br />

Entriamo in argomento.<br />

La premessa fondamentale è che l’allenatore deve cercare di vivere il più<br />

possibile da vicino quella realtà tecnica che vuole trasmettere ai suoi allievi.<br />

Pertanto è suo obbligo conoscere intimamente il movimento che intende<br />

insegnare.<br />

L’occhio deve essere abituato a osservare il movimento in tutti i suoi particolari<br />

ad un livello superiore a quello di una pura e semplice informazione, in modo tale<br />

che la sensibilità degli apparati tendineo e muscolare di un gesto eseguito da altri si<br />

traduca in una sensibilità nostra e faccia parte del nostro vissuto.<br />

Questo ci consente non solo di capire, ma anche di vedere e “sentire” il<br />

movimento, di percepire l’essenza dell’azione motoria nelle più fini proporzionalità,<br />

anche delle componenti apparentemente insignificanti, ma essenziali.<br />

Tale strada ci conduce ad una razionalizzazione a un livello superiore, che si<br />

traduce in una didattica più incisiva.<br />

Per esemplificare, possiamo dire che, esaminando il movimento di un atleta di<br />

livello mondiale, saremo capaci non solo di seguire le forme esteriori del gesto, ma<br />

nello stesso tempo di partecipare all’esecuzione.<br />

Nella didattica dobbiamo trascendere le forme esterne della manifestazione<br />

motoria di un grande atleta per afferrare invece l’essenza strutturale del<br />

movimento, che comunicheremo ai nostri atleti.<br />

L’efficacia della nostra didattica nella strutturazione del movimento a livello<br />

individuale, però, non deve essere condizionata dall’età cronologica dell’allievo,<br />

ma dal consolidamento delle qualità fisiche al livello tecnico richiesto.<br />

Ne consegue che l’interpretazione di questo movimento non ci porterà ad<br />

insegnarne solo le manifestazioni esteriori.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 40


Vie endogene<br />

Da parte sua il ragazzo deve apprendere per vie endogene e non esogene<br />

(orecchio, occhio), come accade quasi sempre.<br />

Dopo essere entrato in contatto con il modello di riferimento di un<br />

determinato gesto attraverso vari mezzi (filmati, disegni, ecc.), il giovane lo può<br />

apprendere quando sarà in grado di metterne a confronto l'esecuzione corretta<br />

con quella errata attraverso le vie endogene delle sensazioni che gli hanno portato<br />

al cervello la raffigurazione ideomotoria.<br />

A quel punto sarà in grado di correggersi da solo.<br />

Dovrebbe essere sempre coinvolto attivamente nel processo<br />

insegnamento/apprendimento, appunto per acquisire, mediante la sensibilizzazione<br />

di esperienze contrastanti finalizzate, una capacità di differenziazione, che gli<br />

consenta di avere una maggiore consapevolezza degli errori.<br />

Deve percepire, elaborare, realizzare.<br />

Percepisce ed elabora attraverso l’aspetto emotivo e cognitivo e realizza con<br />

l’aspetto motorio, utilizzando il proprio corpo.<br />

Questo è il meccanismo che si deve creare:<br />

IMMAGINE DEL GESTO<br />

SENSAZIONE PERCEPITA<br />

CONFERMA DA PARTE DEL TECNICO<br />

Ricordiamoci, però, che nessuna esecuzione di un movimento tecnico può<br />

essere qualitativamente migliore della sua rappresentazione mentale.<br />

Per creare i presupposti che promuovono il processo di apprendimento<br />

occorre innanzitutto sviluppare un senso del corpo e del movimento, prescindendo<br />

dal tipo specifico di sport praticato.<br />

Lo studio del proprio corpo dal punto di vista anatomico e fisiologico,<br />

l’autosservazione, l’autocoscienza, una volontà consapevole sono i presupposti per<br />

la piena riuscita dell’azione e per mantenere la giusta misura.<br />

In altre parole, si deve imparare ad ascoltare il proprio corpo, come abbiamo<br />

già illustrato.<br />

Occorre, inoltre, la conoscenza dei presupposti biomeccanici, ovvero delle<br />

principali leggi della fisica che regolano il movimento umano.<br />

Se chiediamo ad un principiante di sviluppare una accelerazione partendo<br />

da fermo, nella maggioranza dei casi parte piano e aumenta gradatamente la sua<br />

velocità, producendo in realtà un progressivo; ma in fisica l’accelerazione è la<br />

variazione di velocità nell’unità di tempo, quindi, nella corsa si deve tradurre nella<br />

capacità di raggiungere la più alta velocità nel minor tempo possibile.<br />

Altro esempio, riferito sempre alla corsa veloce; istintivamente viene<br />

interpretata come la capacità di sviluppare altissime frequenze del passo,<br />

provocando un precoce esaurimento del sistema nervoso; al principiante occorre,<br />

invece, spiegare che la velocità, dal punto di vista meccanico, è il prodotto della<br />

frequenza per l’ampiezza del passo; occorre, perciò, trovare il giusto compromesso<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 41


tra i due parametri; quindi, all’uscita dai blocchi, deve cercare di allontanarsi e non<br />

muoversi il più rapidamente possibile.<br />

Ed ecco perché è fondamentale anche la crescita culturale specifica del<br />

principiante; guai se l’insegnante si limitasse solamente a indicargli le varie<br />

esercitazioni da svolgere; di ciascuna deve dare una illustrazione tecnica e<br />

biomeccanica nel modo più comprensibile, tenendo conto del’età e del livello di<br />

conoscenze del suo allievo.<br />

Quando sarà entrato in possesso, a livello mentale del gesto, lo eseguirà<br />

senz’altro con maggiore precisione già nelle prime ripetizioni.<br />

Altro esempio.<br />

Nella traslocazione in sospensione sulla scala orizzontale, alternando le<br />

impugnature, si fa meno sforzo sfruttando l’oscillazione del corpo e togliendo la<br />

mano posteriore nel punto morto dietro dell’oscillazione, come ci insegna, anche in<br />

questo caso, la fisica.<br />

Ecco realizzata una utilissima interdisciplinarietà; mettendo in pratica una<br />

nozione la si consolida sicuramente di più.<br />

Il giovane deve fare esperienze motorie quanto più numerose possibile, allo<br />

scopo di sensibilizzare la percezione corporea per uno sviluppo, ad ampio raggio, di<br />

una padronanza della propria gestualità, anche in ambienti dinamici.<br />

Solo mediante esercitazioni impostate sulla variazione è possibile stimolare<br />

sufficientemente, nella sua plasticità, il nostro complesso sistema motorio e, quindi,<br />

mantenerlo ampiamente funzionale.<br />

Chi varia molto ed in maniera finalizzata resta adattabile, creativo e non<br />

dovrà soffrire di rigidità formale.<br />

In tal modo le abilità acquisite rimangono funzionali anche in un ambiente<br />

dinamico, che, cioè, cambia.<br />

Ad esempio, il giovane corridore deve essere in grado di percepire per vie<br />

endogene cosa significhi rimbalzare, balzare, correre in frequenza, in ampiezza, in<br />

salita, in discesa, in accelerazione, in progressivo, usare i piedi, le cosce, aumentare<br />

la velocità, diminuirla, ecc.<br />

Così l’atleta allena il Sistema Nervoso Centrale ad eseguire in ogni momento<br />

le azioni che gli consentono di correggere eventuali errori, di trovare le giuste<br />

soluzioni; se, ad esempio, nei 400 HS, avverte che è lontano dall’ostacolo, applica<br />

un po’ più di forza nell’appoggio, per arrivare allo stacco al punto giusto, oppure<br />

che è troppo vicino alle barriere ed anche in questo caso deve essere abile ad<br />

accorciare i passi, sapendo in entrambi i casi cosa fare nell’appoggio a terra, senza<br />

diminuire la velocità.<br />

Apprendere significa, perciò, creare potenzialità e riserve di prestazione per<br />

essere all’altezza di compiti futuri.<br />

Quindi, ciò che sta al centro di questo processo è senza dubbio la capacità di<br />

apprendimento.<br />

Dal punto di vista metodologico è la variazione.<br />

Per l’allenatore è il suo occhio addestrato soprattutto ad intuire, a vedere<br />

tutto, che tralascia molto e tuttavia riconosce sempre l’essenziale.<br />

Deve distinguere quelli che sono veri e propri errori (strutture sbagliate) dai<br />

difetti e dalle deviazioni di tipo formale.<br />

Errori di ritmo debbono essere corretti subito, nella prima fase di<br />

apprendimento.<br />

Platone affermava che “il ritmo è ordine nel movimento” (dall’opera Leggi).<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 42


Sul piano operativo la strategia è quella di scegliere mezzi che diano una forte<br />

sensazione del gesto con parametri spazio-temporali completamente diversi, tali da<br />

essere percepiti e fissati.<br />

Se vogliamo che il ragazzo elevi le ginocchia, non gli possiamo dire:” alzale un<br />

po'“, perché variazioni minime non provocano una sensazione forte.<br />

Altro esempio è l'utilizzo del rialzo di 10 - 20 cm. nel salto in lungo; è un mezzo<br />

che non serve a facilitare lo stacco, ma ad enfatizzare la sensazione del volo.<br />

Così il ragazzo recepisce gradualmente, perché gli sono stati dati gli strumenti<br />

per diventare autonomo nell'apprendimento e nell'esecuzione.<br />

A questo punto il sussidio visivo serve come conferma di un eventuale errore,<br />

del quale deve essersene reso conto già nel corso dell'azione, e non come una<br />

sensazione da ritradurre successivamente in movimento; si deve fare un'immagine<br />

ideomotoria, l'idea del movimento; dopo una prova sui 100 metri deve essere lui per<br />

primo a dire: “ho perso degli appoggi tra i 50 e i 60 metri”; l’eventuale ripresa con la<br />

telecamera è solo una conferma.<br />

Se così non fosse, continueremmo a suggerire le stesse inutili correzioni a<br />

soggetti che sembra non vogliano imparare, in realtà non lo possono perché non<br />

conoscono i principi ed i fondamenti del processo di apprendimento.<br />

Ed ancora, le pareti delle palestre piene di specchi, grave errore!<br />

L’esecuzione non va guidata dall’immagine riflessa, ma dalle sensazioni<br />

interne; l’individuo deve essere in grado, ad esempio, di portare le braccia in fuori<br />

ad occhi chiusi e inoltre, se si osserva, la sua concentrazione non sarà totale, perché<br />

il “vedere” gli complica il “sentire”.<br />

L’errore<br />

Attenzione!<br />

Correggere continuamente può comportare che l’errore acquisti sempre<br />

maggiore centralità all’interno del processo di apprendimento ed una eccessiva<br />

consapevolezza dei propri errori può portare a fissarsi su di essi, con un conseguente<br />

blocco dell’apprendimento.<br />

Può, cioè, avere l’effetto di “sminuire” l’atleta; un clima di apprendimento<br />

inizialmente buono può essere influenzato negativamente e, in definitiva, si può<br />

distruggere la motivazione ad apprendere.<br />

Nella maggior parte dei casi rinforzare ciò che va bene è più efficace del<br />

sapere “come si potrebbe fare meglio”, che può addirittura degenerare nel<br />

criticismo e comporta un processo didattico di correzione spesso poco gratificante.<br />

La cosa più importante è che qualsiasi intervento correttore, se necessario,<br />

deve essere tempestivo, affinché quel comportamento non diventi abituale e,<br />

quindi, automatico.<br />

L’instaurarsi di automatismi di movimento, che, rimanendo fuori del controllo<br />

consapevole, rendono il giovane disattento e non più in grado di percepire ciò che<br />

sta facendo, sono assolutamente pericolosi e, quindi, da evitare.<br />

Sono queste prime sensazioni le più importanti; fissano gli schemi e rimangono<br />

impresse; perciò è indispensabile che siano il più possibile esatte; successivamente,<br />

vanno riviste attraverso micro spostamenti, che sono naturali e rappresentano il<br />

cambiamento della dinamica.<br />

A tale riguardo, ricordiamo che ogni gesto è costituito da una componente<br />

cinematica ed una dinamica.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 43


Parametri cinematici<br />

- Suddivisione in fasi del movimento<br />

- integrazione delle fasi con indici temporali<br />

- rappresentazione delle caratteristiche di lunghezza e spostamento (lunghezza del<br />

passo, angoli di stacco e impostazione, ecc.), caratteristiche di velocità e ritmo.<br />

Parametri dinamici<br />

- Struttura dinamico-temporale dell’andamento dell’applicazione della forza<br />

- traiettoria dell’accelerazione<br />

- impulsi di forza (sintonia, andamenti di varie forze: eccentrica, concentrica)<br />

- coordinazione degli impulsi parziali (catena cinetica)<br />

- momenti di forza e rotazione.<br />

Se prendiamo in esame il braccio del lanciatore, o l'arto di stacco<br />

dell'ostacolista, questi debbono assumere nello spazio determinate posizioni, quindi<br />

avere un ben preciso cinematismo, ma la velocità con cui si muovono è<br />

conseguenza della parte dinamica.<br />

Può accadere allora che il ragazzo, ad esempio, non riesca a portare in alto<br />

le ginocchia perché la cinematica viene rovinata da un deficitario complesso<br />

dinamico, cioè da muscoli flessori della coscia deboli.<br />

Quindi, occorre fare attenzione a non fissarci su un errore cinematico; se<br />

l'atleta non riesce ad eseguire bene un determinato gesto è perché non ha la<br />

muscolatura preposta ben preparata, non per mancanza di comprensione.<br />

E' la dinamica che dà vita alla cinematica!<br />

Gradualmente, con lo sviluppo dinamico, il gesto va rivisto nei particolari ed il<br />

ragazzo, anno dopo anno, con la crescita, lo consolida, purché i fondamenti siano<br />

stati fin dall'inizio giusti e bene impostati.<br />

Quindi, anche se all'inizio corre i 60 m. in 9 secondi, è importante che tra i<br />

parametri spazio-temporali ci sia una fusione, una correlazione; insomma, che non<br />

ci siano errori; il ragazzo è debole da una parte e dall'altra, però il gesto è<br />

coordinato, ritmico.<br />

Pertanto, i mezzi addestrativi ad una specialità devono essere molteplici.<br />

Ritorniamo alla corsa; non deve e non può essere solo un fatto istintivo, ma<br />

razionale, di attenzione, di elaborazione ed allora il ragazzo deve imparare ad<br />

eseguire tutte le andature possibili.<br />

" Ecco, ora hai le ginocchia basse, perché?<br />

Perché vai piano; vedi, se corri più veloce, salgono, ma mentre il ginocchio<br />

sale, l'altro piede dove sta?<br />

A terra, altrimenti sono guai".<br />

Può sviluppare al meglio la sensibilità, la propriocettività, cercando di non<br />

eseguire ogni gesto sempre al massimo dell'intensità; deve saper distinguere il livello<br />

dello sforzo; ad esempio, gli diciamo di correre i 60 metri in 11"0, poi in 10"0, a<br />

velocità massima e, di nuovo in 10"0; oppure di correre con un passo di circa 2 metri,<br />

di 1,80; oppure, nel lungo da fermo, gli chiediamo di fare un salto di m. 2,30, il<br />

massimo, poi 2,20, ancora il massimo, ecc; lo stesso nelle esercitazioni di lancio e<br />

così via.<br />

Attraverso queste richieste neuro-muscolari contrastanti, allena il suo sistema<br />

nervoso a inviare l’ottimale salva di impulsi per ogni situazione motoria.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 44


Ciò richiede attenzione, che si stimola con l'interesse e questo con il<br />

miglioramento delle prestazioni; ad esempio, dobbiamo far notare al nostro<br />

giovane atleta che nell'allenamento odierno è andato più forte rispetto a quello<br />

analogo della settimana precedente; comincia così ad essere stimolato, crescono<br />

in lui l'interesse, l'attenzione, la volontà; comprende che deve stare più attento<br />

perché l'allenamento rende.<br />

Ma il giorno in cui si accorge che fatica per nulla, che non c'è più questa<br />

relazione tra il lavoro e la prestazione, se ne va.<br />

Dal punto di vista pratico-metodologico la teoria dell’apprendimento richiede<br />

anche la necessità di non indugiare per troppo tempo nell’esecuzione di esercizi a<br />

dinamismo ridotto, ma di far crescere l’intensità progressivamente, per giungere,<br />

abbastanza presto, alla reale dinamica del modello prestativo.<br />

Impegni molto bassi, o velocità troppo ridotte, mantenute per tempi lunghi,<br />

rischiano di falsare la struttura spazio-temporale del gesto, senza consentire la<br />

riproducibilità della corretta esecuzione, quando l’intensità cresce fino all’ottimale.<br />

Per concludere il docente deve:<br />

1) sviluppare le basi,<br />

2) promuovere e diversificare,<br />

3) favorire la creatività;<br />

l’atleta deve:<br />

A) acquisire e stabilizzare,<br />

B) applicare e variare,<br />

C) creare e completare; passa dalla sicurezza tramite riferimenti alla libertà<br />

attraverso la creatività.<br />

Nell’acquisizione delle abilità possiamo distinguere tre stadi:<br />

- cognitivo (cosa fare)<br />

- associativo (come)<br />

- autonomo (quando e perché)<br />

Le dimostrazioni<br />

Fornire una dimostrazione del gesto può essere certamente molto utile, ma<br />

non è semplice e scevra da problemi.<br />

La scelta di ciò che va dimostrato e di chi deve farlo è di fatto molto<br />

importante.<br />

Chi dimostra deve essere un modello proponibile, con cui l’atleta si può<br />

confrontare.<br />

Ad esempio, ad un ragazzo di 11-12 anni, che si avvicina al salto in alto,<br />

mostrare i salti record di Javier Sotomayor, o di qualche altro atleta di livello<br />

mondiale, può creare problemi, perché si tratta di modelli non comparabili.<br />

Questo non dipende solo dall’età, ma anche dall’abilità richiesta nel gesto.<br />

Se questa è molto semplice, il modello può essere anche un atleta evoluto; se<br />

è complicata, come l’alto, o il lancio del martello, sembra essere efficace il modello<br />

di un’atleta simile; quindi, le dimostrazioni possono essere effettuate da allievi un po’<br />

più grandi, o un po’ più abili.<br />

Oppure, può essere lo stesso allenatore.<br />

Si pongono, allora, due problemi:<br />

-Cosa dimostrare?<br />

-Come accompagnare la dimostrazione?<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 45


Anche se il tecnico è un bravo dimostratore, dovrà comunque sottolineare<br />

verbalmente su quali elementi l’allievo deve concentrare la sua attenzione.<br />

Se il gesto viene eseguito velocemente, non è sempre agevole che l’allievo<br />

lo interpreti correttamente; allo stesso modo, se la dimostrazione viene presentata a<br />

più allievi, è probabile che non vedano tutti la stessa cosa.<br />

Perciò, l’istruzione verbale serve a indirizzare l’attenzione degli allievi sui<br />

particolari del gesto, in modo da renderne più facile l’apprendimento.<br />

Nella fase iniziale la dimostrazione dovrebbe essere fatta a bassa velocità, per<br />

far apprezzare meglio i particolari, facilitando la percezione dell’allievo, ma, con il<br />

progresso tecnico, la velocità dovrà essere quella ottimale, o leggermente inferiore.<br />

Dopo aver eseguito il compito assegnatogli, l’allievo può subito “vedere” se<br />

stesso e poi un altro che esegue lo stesso gesto a breve distanza di tempo.<br />

In generale conviene dimostrare il gesto intero; possono essere utili anche le<br />

dimostrazioni analitiche, ma sempre collegate a quella globale.<br />

Il dialogo<br />

Tra l’allenatore e l’atleta si deve stabilire un dialogo, che si adatti e si evolva<br />

parallelamente al suo livello prestativo, per favorire uno scambio di informazioni<br />

chiare, e migliorare il suo sapere tecnico e le sue competenze.<br />

Se andiamo ad analizzare il nostro lavoro, rileviamo questa partecipazione, o,<br />

piuttosto, i ragazzi eseguono le esercitazioni proposte meccanicamente, quasi<br />

come una medicina da prendere?<br />

“Esegui 20 piegamenti delle braccia, supera questi ostacoli, fai 10 volte i 60<br />

metri, ecc.”; ma, quando corre l’ultimo 60, si ricorda di come ha corso il primo?<br />

Le sensazioni che ha provato?<br />

I passi che ha impiegato?<br />

Quando i giocatori di qualche squadra devono svolgere l’allenamento<br />

atletico, ad esempio correre per mezz’ora, o balzare sui gradoni, spesso si lasciano<br />

andare a commenti del tipo: “che barba! Oggi dobbiamo fare l’atletica”.<br />

Se, al contrario, riflettessero sull’utilità di quelle esercitazioni, per il<br />

miglioramento delle loro capacità prestative nel gioco, sicuramente metterebbero<br />

più interesse e attenzione.<br />

Penso che sotto questo aspetto la strada da fare sia ancora molto lunga e<br />

comunque è sempre una questione culturale.<br />

OGGI PIU’ CHE MAI<br />

Questo lavoro di costruzione e di acquisizione del più ampio bagaglio di<br />

abilità è importante soprattutto oggi, in cui, per diverse ragioni, è venuta meno<br />

l’attività naturale all’aperto, nei cortili, nei campi, sulla strada, di qualche decennio<br />

fa.<br />

I nostri ragazzi sono sempre più spesso seduti davanti al computer, o giocano<br />

con tutte le diavolerie della tecnologia moderna: aumentano paurosamente i casi<br />

di sovrappeso, e, peggio, di obesità.<br />

Succede, spesso, che non ci sia corrispondenza tra l’età motoria e quella<br />

cronologica e le carenze coordinative si evidenziano quando il soggetto si avvicina<br />

per la prima volta all’apprendimento di una tecnica sportiva.<br />

La prima istituzione ad intervenire deve essere la scuola, a cominciare dai<br />

gradi di studio iniziali.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 46


LA PREDISPOSIZIONE<br />

Un aspetto da non sottovalutare è la predisposizione del giovane verso una<br />

determinata specialità del’atletica leggera, o disciplina sportiva.<br />

L’ostacolista deve possedere una elevata velocità sul piano per ottenere<br />

prestazioni di rilievo, ma non tutti i velocisti possono avere successo nelle corse ad<br />

ostacoli, se non hanno uno specifico feeling tecnico-ritmico.<br />

Quando ad un gruppo di ragazzi diamo un vortex, o una pallina, da lanciare,<br />

c’è chi mostra, da subito, una particolare rapidità del tratto braccio-spalla.<br />

Ugualmente, il saltatore evidenzia una sua specifica capacità di stacco; così<br />

anche per le specialità di mezzofondo e fondo, marcia, ecc.<br />

Stefano Baldini, oro nella maratona alle Olimpiadi di Atene 2004.<br />

Livio Berruti vince i 200 metri alle Olimpiadi di Roma 1960.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 47


LE TAPPE DEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO<br />

PRIMA TAPPA: Sviluppo delle capacita’ motorie generali<br />

SECONDA TAPPA: Apprendimento delle abilita’ motorie<br />

TERZA TAPPA: Perfezionamento della tecnica – maestria tecnica<br />

Le capacità motorie sono il presupposto di base per realizzare qualsiasi azione<br />

in modo consapevole.<br />

Il loro livello influisce direttamente sulla struttura e l’acquisizione delle abilità<br />

motorie.<br />

Alcune si sviluppano in modo naturale, mentre altre, trascorso il periodo<br />

ottimale, possono essere sviluppate in misura ridotta.<br />

La trasformazione delle capacità motorie in abilità motorie è resa possibile<br />

solo da una precisa pratica educativa.<br />

Si suddividono in:<br />

CAPACITA’ COORDINATIVE<br />

CAPACITA’ CONDIZIONALI<br />

CAPACITA’ COORDINATIVE<br />

Consentono di apprendere, controllare, adattare e trasformare il movimento<br />

e di ordinare più movimenti con una ben precisa successione.<br />

Hanno uno sviluppo intensivo dai 6 agli 11 anni.<br />

Sono fondate sull’assunzione, l’elaborazione, delle informazioni ed il controllo<br />

dell’esecuzione, tramite:<br />

1-analizzatore tattile: (informa sulle pressioni sulle diverse parti del corpo<br />

es. freddo, caldo, dolore, ecc.);<br />

2-Analizzatore visivo (raccoglie le immagini del mondo esterno);<br />

3-Analizzatore statico-dinamico (concorre al mantenimento dell’equilibrio e informa<br />

sull’accelerazione del corpo);<br />

4-Analizzatore acustico (permette di percepire suoni e rumori);<br />

5-Analizzatore cinestetico (informa sulle tensioni prodotte dai muscoli e la loro<br />

modulazione, che è alla base delle sensazioni motorie dei vari segmenti).<br />

E’ quello che consente l’apprendimento vero e proprio del gesto tecnico,<br />

regola le tensioni muscolari.<br />

Le informazioni che gli analizzatori assumono rendono possibile lo sviluppo di<br />

capacità relative all’organizzazione e al controllo del movimento, cioè delle<br />

capacità coordinative, che, secondo Blume, sono:<br />

-CAPACITA’ DI COMBINAZIONE E ACCOPPIAMENTO DEI MOVIMENTI<br />

E’ la capacità di collegare movimenti già appresi e consolidati;<br />

Ad esempio, lanci della palla verso l’alto (impegnano gli arti inferiori e quelli<br />

superiori).<br />

Oppure esercitazioni che pongono in connessione due distinte abilità motorie,<br />

come i circuiti.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 48


-CAPACITA’ DI ORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE<br />

E’ la capacità di modificare la posizione ed il movimento del corpo nello<br />

spazio e nel tempo.<br />

Per esempio il ciclista deve sapere se la gara in relazione all'ambiente che lo<br />

circonda, è prossima ad un tratto di strada in salita o in pianura<br />

Oppure chiediamo, ai ragazzi di correre per un minuto e verifichiamo se<br />

hanno il senso del tempo.<br />

-CAPACITA’ DI DIFFERENZIAZIONE CINESTETICA<br />

Permette di controllare, in modo finemente differenziato, i parametri dinamici,<br />

temporali e spaziali del movimento.<br />

Migliorare la precisione del movimento, o modificare l’intensità dell’esercizio<br />

(es. saltare, o lanciare, a distanze diverse, e con attrezzi vari, ecc.).<br />

Ad esempio, correre tra copertoni di bicicletta, o lanciarli, per centrare dei<br />

coni; disporre i copertoni a distanze diverse e lanciare una palla, cercando di farla<br />

cadere al loro centro; balzare tra ostacoli a distanze diverse, o su superfici instabili; in<br />

tal modo si aggiunge l’equilibrio.<br />

Effettuare il tiro al bersaglio contro dei coni con palle da tennis; in questo<br />

esercizio si sviluppa anche la forza.<br />

Oppure il ciclista deve saper percepire se sta pedalando in pianura o in salita<br />

in modo da comportarsi di conseguenza.<br />

-CAPACITA’ DI MANTENERE IL CORPO IN POSTURA DI EQUILIBRIO E DI RECUPERARLO<br />

DOPO AMPI SPOSTAMENTI, O SOLLECITAZIONI.<br />

L'equilibrio è la capacità di mantenere il corpo in una data posizione.<br />

Non esiste movimento in cui non sia coinvolto l'equilibrio che si divide in:<br />

Statico<br />

Dinamico<br />

Statico quando il corpo è fermo, dinamico quando il corpo è in movimento<br />

(cammina, corre, ecc)<br />

Esercizi di preacrobatica e acrobatica elementare, con fasi rotatorie<br />

accentuate (esempio, fare tre capovolte e, poi, camminare su una linea); ruotare<br />

impugnando un copertone e, poi, lanciare verso una determinata direzione.<br />

-CAPACITA’ DI REAZIONE MOTORIA<br />

Permette di reagire a stimoli, eseguendo azioni motorie adeguate; esempio,<br />

reagire ad uno stimolo conosciuto.<br />

Si differenzia in:<br />

Semplice<br />

Complessa<br />

È semplice quando gli stimoli sono previsti è conosciuti (lo sparo alla partenza).<br />

È complessa quando gli stimoli sono sconosciuti ed imprevedibili, come nelle<br />

azioni di pallavolo.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 49


-CAPACITA’ DI RITMIZZAZIONE<br />

È la capacità che permette di organizzare i movimenti in maniera che l'azione<br />

risulti il più fluida ed armoniosa possibile; ciò è dato da un corretto dosaggio di tempi<br />

ed intensità per ogni movimento.<br />

In questa capacità rientra il tempismo esecutivo, che è l'abilità di fare le cose<br />

nel momento adatto e nello spazio giusto.<br />

Accentuazione acustica (ad esempio, con il tamburello) di ritmi esecutivi;<br />

semplificazioni ritmiche di movimenti più complessi.<br />

Variazioni improvvise, o preordinate, di movimenti condotti a ritmo costante<br />

(skip, accelerazioni, corsa con variazioni di velocità, corse ad ostacoli, ecc.).<br />

Fare liberamente un circuito e, poi, richiedere di eseguirlo entro un<br />

determinato un tempo.<br />

-CAPACITA’ DI ADATTAMENTO E TRASFORMAZIONE<br />

Trasformazione del programma motorio delle proprie azioni in base a<br />

mutamenti improvvisi e inattesi.<br />

Capita spesso nei giochi di squadra, come il calcio, in cui il difensore, ad una<br />

finta dell'attaccante, deve elaborare un altro piano di azione per giungere al suo<br />

scopo.<br />

Queste capacità si possono sviluppare in età prepuberale e le ritroviamo<br />

nell’atleta qualificato.<br />

CAPACITA’ CONDIZIONALI<br />

La forza<br />

La forza muscolare è quella capacità motoria che permette di vincere una<br />

resistenza, o di opporvisi, tramite lo sviluppo di tensione da parte della muscolatura.<br />

Il muscolo, per effetto di uno stimolo, si contrae, ma diverse sono le tensioni,<br />

per cui possiamo individuare le seguenti espressioni della forza:<br />

Forza massima: è il carico più alto sollevato.<br />

Forza esplosiva: è la capacità del muscolo di esprimere elevate tensioni nel minor<br />

tempo possibile, partendo dalla massima immobilità (come nella situazione dello<br />

sprinter al “pronti”).<br />

Si suddivide, a sua volta, in:<br />

Forza esplosiva elastica;<br />

Forza esplosiva elastica-riflessa: come nel caso della corsa lanciata sui 100 metri,<br />

dove è ridotta la fase eccentrica e c’è il massimo della stiffness.<br />

Resistenza alla forza veloce: è la capacità di esprimere elevate tensioni, ripetute per<br />

un tempo relativamente lungo;<br />

Resistenza muscolare: è la capacità di esprimere tensioni di bassa intensità protratte<br />

per lungo tempo (ad esempio nella maratona).<br />

Pertanto è l’intensità il fattore discriminante in queste espressioni.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 50


Parametri per l’allenamento della forza:<br />

ENTITA’ DEL CARICO<br />

+ SVILUPPO DELLA FORZA<br />

INTENSITA’ DELLO STIMOLO<br />

L’entità del carico fa riferimento alla percentuale di una 1RM (ripetizione<br />

massima) o del CM (carico massimo).<br />

Vediamo nel dettaglio:<br />

ENTITA’ DEL CARICO<br />

Forza massima Forza massim<br />

70% in su<br />

Forza esplosiva Forza massim<br />

20% - 70%<br />

Resistenza Forza Forza massima veloce<br />

20% - 50%<br />

Resistenza Forza muscolare massima<br />

20% - 50%<br />

Per L’intensità si intende la modalità con cui si sposta il carico, cioè la sua<br />

velocità di spostamento.<br />

Se, ad esempio 1900 Watt è la potenza massima, il 90% è 1710 (6 ripetizioni).<br />

Partendo sempre da questa potenza, per lavorare sulla resistenza alla forza<br />

veloce, l’intensità è dell’80% (1520 Watt) e si eseguono tante ripetizioni fin quando si<br />

rientra in questo limite.<br />

Se si lavora sulla resistenza muscolare, l’intensità è del 70% (1330 Watt).<br />

Ovviamente, per la rilevazione di questi dati, occorre utilizzare apposite<br />

apparecchi.<br />

Utilizzando il lancio dorsale della palla medica, se l’atleta ha un massimale di<br />

15 metri, per la forza esplosiva deve fare ripetizioni sui 14 metri.<br />

Se si abbassa l’intensità, si va sulla resistenza alla forza veloce, e se la si<br />

decrementa ancora, sulla resistenza muscolare.<br />

Importante: anche per la forza massima si deve valutare l’intensità.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 51


Il culturista, ad esempio, usa carichi pari al 70%, spostati lentamente, e ciò fa<br />

aumentare la massa muscolare (ipertrofia).<br />

A noi interessa, invece, sviluppare forza senza aumentare la massa e, quindi,<br />

carichi con un’intensità superiore al 90%.<br />

REGIMI DI CONTRAZIONE<br />

ISOMETRICO<br />

ANISOMETRICO<br />

concentrico<br />

eccentrico<br />

pliometrico<br />

Nella contrazione isometrica il muscolo non varia la sua lunghezza; in quella<br />

concentrica si accorcia, nella eccentrica si allunga e nella pliometrica c’è il doppio<br />

ciclo stiramento-accorciamento, che deve svilupparsi nel più breve tempo<br />

possibile.<br />

L’isometria è sempre abbinata ad esercizi esplosivi (isometria stato-dinamica)<br />

Ad esempio, dalla posizione di ½ squat: 3” di arresto, poi massima esplosività.<br />

Esempi di regime concentrico: da seduti, distendere gli arti inferiori; salire le<br />

scale, oppure, da seduti su una panca, distendere gli arti e salirci sopra.<br />

Esempio di regime eccentrico puro: da sotto un bilanciere molto pesante, in<br />

cui il carico è superiore alla forza che la muscolatura può esercitare, cercare di<br />

rallentare il più possibile la discesa.<br />

Nel regime stiramento-accorciamento (eccentrico-concentrico), si può<br />

scendere dalla stazione eretta al ½ squat; per farlo velocemente l’atleta deve<br />

decontrarsi il più possibile.<br />

Nel regime pliometrico il carico non deve essere superiore al 40% del peso<br />

corporeo, altrimenti si allungherebbe il tempo di accoppiamento (stiramentoaccorciamento).<br />

Come esempio, cadere da un gradino di 30 cm. a ginocchia bloccate e<br />

rimbalzare il più in alto possibile.<br />

Anche i rimbalzi consecutivi tra ostacoli bassi, o senza, rientrano in questa<br />

tipologia.<br />

Con i più giovani è preferibile utilizzare cadute in passaggio da panche alte<br />

20-30 cm.; con gli Allievi fino a 40 cm., con gli Juniores da 40 a 50cm.<br />

Prendendo ad esempio lo sprinter; se lo facciamo cadere su una pedana<br />

piezoelettrica da un’altezza di 60 cm., alla quale è capace di ritornare nel rimbalzo,<br />

ci accorgiamo che il tempo di appoggio è troppo lungo, perché il fenomeno<br />

elastico si manifesti.<br />

L’altro motivo, non meno importante, riguarda i traumi ossei, articolari e<br />

tendinei, cui l’atleta può andare incontro.<br />

A proposito dei tendini, alcune ricerche hanno evidenziato che i tendini dei<br />

giovanissimi, durante la crescita, si sviluppano come i muscoli; attraverso le<br />

esercitazioni di potenziamento, cresce il muscolo, ma si ipertrofizza anche il tendine.<br />

Se, invece, l’esercizio arriva tardivamente, quando il tendine è già consolidato<br />

e il suo sviluppo non è più così marcato, o, addirittura, cessato, possiamo continuare<br />

a sviluppare il muscolo, mai più il tendine.<br />

Può capitare, allora, di avere muscoli potenziati, ma serviti da tendini che non<br />

sono stati rafforzati e che, negli anni, anzi, possono essersi “indeboliti”, con il lavoro; si<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 52


ischia, quindi, di incappare in tutte le tendiniti, che rappresentano un vero<br />

problema per lo sprinter e non solo per lui.<br />

Possiamo concludere che l’allenamento, che potrebbe essere un fattore<br />

limitante, perché può portare verso alcuni tipi di traumi, è, invece, un mezzo per<br />

salvaguardare l’integrità fisica, se viene proposto con i giusti carichi e nei momenti<br />

evolutivi più favorevoli.<br />

Le esercitazioni con I tre regimi<br />

Molto efficaci le esercitazioni in cui vengono interessati tutti e tre i regimi di<br />

contrazione.<br />

Ad esempio, da seduti su una panca, distendere gli arti e salirci sopra<br />

(concentrico); da questa posizione scendere al suolo, fino ad un angolo di 90° tra<br />

gamba e coscia (eccentrico), tenere la posizione per alcuni secondi (isometrico),<br />

effettuare alcuni rimbalzi su ostacolini alti 30 cm., posti in successione (pliometrico) e<br />

si può terminare con un breve sprint, che rappresenta il naturale e ottimo<br />

compendio dei precedenti esercizi di potenziamento.<br />

I mezzi<br />

Sono gli esercizi che utilizzano resistenze varie per sviluppare tensioni muscolari<br />

diverse:<br />

-esercizi a carico naturale, dove si impiega il proprio corpo in modo globale, o<br />

segmentario;<br />

-esercizi con sovraccarichi variabili, nei quali si utilizzano manubri, bastoni di ferro,<br />

palle mediche, cavigliere, cinture, bilanciere, ecc.<br />

-esercizi in cui variano le condizioni esterne: in salita, discesa, sulla sabbia, traino,<br />

ecc.<br />

Gli esercizi a carico naturale<br />

Rappresentano un’attività molto importante, in cui la gestualità è complessa<br />

e combinata.<br />

Si acquisiscono anche una certa abilità e destrezza, perché è maggiore e più<br />

ricca la possibilità di combinare movimenti dei vari settori.<br />

Collocando le parti del corpo in maniera diversa e, quindi, distribuendo il<br />

lavoro in maggiore, o minore, incidenza sul settore che si desidera potenziare, si può<br />

avere una gamma infinita di esercizi, dove il peso del corpo può diventare un carico<br />

non indifferente.<br />

Ad esempio, dalla sospensione ad una sbarra, effettuare delle trazioni delle<br />

braccia; oppure, eseguire delle contropiegate su un arto inferiore, balzi successivi<br />

sullo stesso arto, ecc.<br />

Si può, altresì, spostare il peso del corpo su un segmento e, quindi, avere più,<br />

o meno, carico, ma si può avere anche una diversa velocità di esecuzione, per<br />

rendere più impegnativo l’esercizio.<br />

I balzi in avanzamento<br />

Un’esercitazione molto usata nelle diverse specialità dell’atletica leggera e in<br />

altri sport sono i balzi in avanzamento su un piede.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 53


L’esercizio, di difficile<br />

apprendimento, ma più naturale,<br />

è il balzo alternato.<br />

Il piede deve essere basso,<br />

usato come volano, come un<br />

segmento che deve acquisire<br />

molta inerzia, non velocità di<br />

rotazione; se, invece, desidero<br />

sviluppare velocità di<br />

avanzamento, lo chiudo,<br />

avvicino le masse all’asse di<br />

rotazione; per sviluppare inerzia<br />

occorre allontanare le masse<br />

dall’asse di rotazione; questa<br />

inerzia, sommata all’impulso del<br />

rimbalzo, consente al bacino la<br />

proiezione avanti-alto per un<br />

lungo salto.<br />

Non è importante la<br />

lunghezza del balzo, ma la<br />

correttezza dell’azione, con una<br />

ritmica accettabile, senza<br />

ricercare un eccezionale<br />

dinamismo, che potrebbe far<br />

sbagliare il giovane dal punto di<br />

vista cinematico.<br />

Farà m. 1,8 – 2 al balzo, ma<br />

l’importante è che apprenda ad<br />

eseguirlo bene.<br />

A tale proposito, è bene utilizzare tutte le esercitazioni possibili per mirare alla<br />

migliore esecuzione di in determinato esercizio, in modo da stimolare sempre<br />

l’attenzione e la partecipazione del giovane.<br />

Vediamo, ora, i diversi tipi di balzi.<br />

1-alternati: (biplo, triplo, quintuplo, decuplo, su 50 – 100 m., ecc.);<br />

2-succesivi: (biplo, triplo, quintuplo, decuplo, su 50 – 100 m., ecc.);<br />

3-misti: (alternando balzi alternati con balzi successivi).<br />

Seguendo il principio dell’aumento progressivo delle difficoltà, passare dagli<br />

alternati ai successivi e ai misti.<br />

Affinché le prestazioni del triplo, quintuplo e decuplo alternati siano correlate,<br />

nel quintuplo si deve aggiungere il 70% alla misura del triplo e nel decuplo si deve<br />

aggiungere al doppio del quintuplo il 7%.<br />

Nei balzi successivi su un arto si dovrebbe fare almeno la stessa misura degli<br />

alternati e con entrambi gli arti; spesso il giovane realizza misure inferiori, per<br />

problemi di forza, ma anche perché, qui l’arto libero aiuta meno rispetto alle<br />

andature alternate.<br />

La partenza può essere effettuata in tre modi: da fermo a piedi pari, da fermo<br />

in divaricata sagittale, con rincorsa.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 54


Nel periodo agonistico impiegare i balzi veloci, non da fermo.<br />

In tutte le esercitazioni suddette si deve misurare la distanza raggiunta,<br />

oppure, se si utilizza una distanza fissa, ad esempio 50 metri, si deve contare il<br />

numero dei balzi: 21, 20, 19,50, 19 ecc.<br />

I balzi brevi (triplo, quintuplo, decuplo) si effettuano sulla pedana del lungo<br />

con arrivo sulla sabbia; quelli lunghi (30 50 m., ecc.) sul prato.<br />

Per un maggior rendimento gli allievi dovrebbero imparare ad accentuare<br />

l’avanzamento alternato delle anche, aumentando il cosiddetto passo pelvico.<br />

Per farlo l’atleta deve calciare il piede e avanzare prima di bacino e, poi, di<br />

coscia.<br />

Jonathan Edwards, primatista del mondo del salto triplo con m. 18,29 (Mondiali di Goteborg, 1995).<br />

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Gli esercizi con i sovraccarichi<br />

Quando il giovane avrà acquisito un adeguato livello di forza in tutti i distretti<br />

muscolari, si dovranno introdurre le esercitazioni con i sovraccarichi, soprattutto per<br />

quelle specialità in cui vengono richieste elevate espressioni di potenza, come le<br />

corse veloci e con gli ostacoli, i salti, i lanci, ma anche per le corse di medie e<br />

lunghe distanze con l’ovvio adeguamento dei carichi e delle metodologie.<br />

Se prendiamo in considerazione i balzi, ad esempio, in età giovanile<br />

contribuiscono a sviluppare forza, con l’atleta qualificato vengono utilizzati come<br />

mezzo di trasformazione della stessa, come anello di congiunzione con esercitazioni<br />

più tecniche.<br />

Per balzare sempre più lontano occorre incrementare la forza e, come prima<br />

variazione, si può utilizzare la cintura.<br />

Guai a pensare, ad esempio, che il miglioramento delle capacità di forza di<br />

uno sprinter si possa ottenere senza l'uso di sovraccarichi, contraddicendo il<br />

fondamentale principio metodologico, espresso dalla scienza fisiologica, basato<br />

sull'aumento progressivo di questi ultimi.<br />

Non si perda di vista il principio secondo cui la diminuzione dei tempi di<br />

espressione della forza, necessari per determinare la crescita della velocità di uno<br />

stesso carico, può non comportare l’aumento ed il consolidamento della forza,<br />

proprio per la esiguità del carico e dei conseguenti troppo brevi tempi di tensione.<br />

Se occorre una maggiore forza per produrre una velocità più alta, e, quindi,<br />

energia cinetica, ci si domanda dove l’atleta vada ad attingere questo “surplus” di<br />

forza, se quella espressa è già la massima.<br />

Metodologie di training di questo tipo si possono applicare nelle fasce<br />

giovanili, dove la forza cresce naturalmente in conseguenza delle spinte evolutive<br />

della crescita.<br />

Ma quando queste cessano, soltanto una modulazione dei carichi, una<br />

ricchezza di mezzi e metodologie, una crescente intensità d'esecuzione dei diversi<br />

esercizi, consentirà ulteriori miglioramenti nel tempo ed il loro consolidamento per<br />

periodi agonistici anche molto lunghi.<br />

Ed ecco, quindi, l’inderogabile necessità di introdurre i lavori con i<br />

sovraccarichi.<br />

Durante la seduta, inserire esercizi di trasformazione, come skip, corsa<br />

calciata, brevi accelerazioni, ecc.<br />

Dopo le esercitazioni con i pesi, si deve passare attraverso i mezzi di<br />

trasformazione e di applicazione di quella forza.<br />

Con gli sprinter evoluti bisogna impiegare le salite, il traino, che sono l’anello di<br />

congiunzione e nei quali si addestrano ad esprimere velocemente la forza.<br />

Perciò, non devono correre in discesa, perché, se si cerca di agilizzare,<br />

velocizzare, non si applica forza, non ci si addestra ad esprimerla.<br />

Le precauzioni da prendere<br />

Per evitare lesioni muscolari, o deformazioni dei dischi intervertebrali, è<br />

opportuno seguire questi accorgimenti:<br />

-apprendere e consolidare bene ogni nuovo esercizio prima di incrementare il<br />

carico;<br />

-rafforzare la muscolatura addominale e dorsale;<br />

-svolgere un buon riscaldamento;<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 56


-tenere i piedi in posizione ottimale;<br />

-curare che le calzature siano integre e solide;<br />

-mantenere la colonna eretta, che permette la corretta distribuzione del carico sugli<br />

elementi vertebrali;<br />

-scaricare la colonna con appositi esercizi in sospensione;<br />

-controllo della respirazione.<br />

Esempi di esercizi con il bilanciere<br />

Nelle illustrazioni sottostanti sono indicati alcuni esercizi di forza con il<br />

bilanciere: la tirata, la girata e lo strappo.<br />

A tale scopo, è opportuno che, già a 12 anni, i ragazzi imparino la tecnica<br />

delle diverse esercitazioni con il bilanciere libero, utilizzando attrezzi idonei<br />

(bacchette, bastoni di ferro, bilancieri di legno, ecc.), con l’unico intento di<br />

sviluppare l’espressione veloce della forza.<br />

La tirata.<br />

Aperture delle braccia nello strappo<br />

Lo strappo.<br />

La girata.<br />

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Possiamo concludere questo argomento affermando che la forza è la qualità<br />

fisica per eccellenza, da cui dipendono tutte le altre.<br />

Puntualizziamo anche che, con il crescere del livello di forza, ci deve essere un<br />

corrispettivo adeguamento della tecnica dei vari gesti.<br />

Frequentemente, gli errori tecnici, o il decadimento delle prestazioni, non<br />

sono dovuti a problemi di comprensione, o di coordinazione, ma a carenze di<br />

forza, soprattutto nella donna, che, sotto questo aspetto, deve lavorare<br />

relativamente di più per questioni propriamente fisiologiche.<br />

Gli esercizi in cui variano le condizioni esterne<br />

Prendiamo ad esempio gli sprint in salita e con il traino.<br />

Rappresentano due classici esercizi di forza esplosivo-elastica-ciclica del<br />

velocista per migliorare le capacità di scatto e di “messa in moto”.<br />

Il primo è meno specifico perché si effettua su un piano inclinato di corsa, che<br />

modifica sia l’appoggio del piede sul terreno, sia il rapporto fra questo e tutto l’arto<br />

propulsivo.<br />

La pendenza della salita deve essere elevata, in modo che l’atleta non vada<br />

troppo velocemente, ma si impegni a livello muscolare.<br />

Sui 50 metri, ad esempio, il giovane dovrebbe peggiorare di 1”5 – 1”8 il tempo<br />

realizzato sul piano e con partenza da in piedi.<br />

Il traino consente di calzare le scarpette chiodate e di assumere la classica<br />

posizione di partenza carponi, risultando, quindi, più correlato alla situazione di gara.<br />

Vengono eseguiti sprint, al massimo impegno, sulla distanza di 30 metri,<br />

rilevando il tempo impiegato, che deve essere di 80/100 centesimi peggiore di<br />

quello record che l’atleta ha sulla stessa distanza.<br />

Si usano gli stessi accorgimenti metodologici per la salita, con la differenza<br />

che, in questo caso, sarà la pendenza a determinare il peggioramento del tempo.<br />

Differenziali superiori provocherebbero tempi di appoggio troppo lunghi e,<br />

quindi, non assicurerebbero l’impegno delle fibre veloci e non stimolerebbero<br />

l’aumento della forza, come accadrebbe anche se si utilizzassero resistenze leggere.<br />

Il metodo<br />

E’ l’organizzazione dei vari mezzi secondo criteri razionali:<br />

-metodo delle ripetizioni massime (per la forza massima);<br />

-metodo piramidale: A) tronca: dal 60% all’80%<br />

B) doppia: 80-95% - 95%-80%<br />

C) rovesciata: dal 100% al 70%<br />

D) normale: dal 70% al 100%<br />

-metodo a contrasto: 1) tra le serie, alternando carichi alti e leggeri;<br />

2) nella serie, alternando carichi alti e leggeri nella stessa<br />

serie.<br />

Il metodo a contrasto si basa sulla latenza del S.N.C. ad adeguarsi<br />

immediatamente alla variazione del carico.<br />

Prendiamo, ad esempio, le distensioni alla panca: si eseguono 2 ripetizioni con<br />

un carico dell’80%, si alleggerisce il bilanciere con carico del 40%, tramite due<br />

compagni, che tolgono i dischi, e così via, per avere 4 ripetizioni di forza massima e<br />

6 di forza esplosiva.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 58


Esempio con mezzi diversi: 2 ripetizioni di squat con il bilanciere, poi 4<br />

piegamenti delle braccia, poi ancora 2 piegamenti pesanti degli arti inferiori.<br />

Recupero 3’- 4’ tra le serie.<br />

Vediamo un esempio di contrasto nella serie con regimi di contrazione diversi.<br />

Si eseguono 2 squat con il bilanciere e, poi, balzi tra gli ostacoli (pliometria),<br />

con 2 ostacoli all’andata e 2 al ritorno, per riprendere subito il bilanciere.<br />

Il contrasto nella serie è più efficace nel periodo invernale, quello tra le serie<br />

vicino alle gare.<br />

Questa situazione si evidenzia anche senza l’ausilio del sovraccarico.<br />

Ad esempio, dopo una lunga e ripida salita, nel successivo tratto in piano si<br />

avverte una chiara facilità di deambulazione.<br />

Lo stesso si verifica negli sprint sul piano dopo aver svolto quelli in salita.<br />

Lanciare un attrezzo pesante e, poi, uno più leggero, ecc.<br />

Se dopo aver eseguito molteplici balzi alternati, si effettuano delle prove sui<br />

60 metri, nelle prime verrà naturalmente esaltato il parametro ampiezza.<br />

IL circuit training<br />

Il principio base dell’allenamento a circuito risiede nell’esecuzione di una<br />

determinata serie di esercizi, chiamati “stazioni”, senza che fra di essi intercorrano<br />

pause passive, e nella successiva ripetizione dell’intera serie per alcune volte, con<br />

brevi periodi di riposo tra un circuito e l’altro.<br />

Ciascun esercizio viene eseguito per un numero stabilito di ripetizioni, o per un<br />

certo intervallo di tempo, per, poi, passare velocemente alla stazione successiva.<br />

Fra un esercizio e il successivo si pratica una breve pausa non passiva, ovvero<br />

impiegata per correre da un attrezzo all’altro, oppure dedicata al recupero<br />

respiratorio.<br />

Quando tutti gli esercizi che compongono il circuito sono stati compiuti<br />

nell’ordine stabilito, si può fare una pausa di recupero più lunga.<br />

Lo scopo di questa modalità di allenamento è quello di non permettere alla<br />

muscolatura di raffreddarsi tra l’esecuzione di un esercizio e il successivo e, al<br />

contempo, aumentare la resistenza muscolare e cardiorespiratoria.<br />

E’ fondamentale che gli esercizi che compongono il circuito vadano a<br />

interessare tutti i distretti muscolari, in un’alternanza finalizzata a evitare di<br />

coinvolgere lo stesso gruppo muscolare in due stazioni consecutive.<br />

In questo modo sarà garantito l’allenamento di ogni parte del corpo allo<br />

scopo di ottenere il potenziamento della forza, senza, tuttavia, giungere mai a uno<br />

stato di affaticamento del singolo gruppo muscolare.<br />

I giovani e la forza<br />

La domanda più frequente è relativa all’ età in cui si può iniziare ad allenare<br />

la forza.<br />

Si può modificare a partire dalla pubertà (12-13 anni), sviluppando la forza<br />

esplosiva.<br />

Ricordiamo, a tale proposito, che il testosterone è deputato allo sviluppo delle<br />

capacità di forza esplosiva.<br />

Nel periodo 14-16 anni si può iniziare ad allenare la forza massima.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 59


Per questa espressione di forza non c’è differenza tra i due sessi, a parità di<br />

massa; i maschi sollevano di più perché posseggono una maggiore massa<br />

muscolare.<br />

Nella tappa post-puberale (da 16 anni in poi) la resistenza alla forza veloce e<br />

la resistenza lattacida.<br />

Importante!<br />

Non è l’esercizio che fa sviluppare un certo tipo di forza, ma è la capacità del<br />

ragazzo che determina la scelta dell’esercizio.<br />

La differenza tra il giovane e l’atleta evoluto non sta nei metodi, ma nei mezzi<br />

e nella valutazione.<br />

La forza e la tecnica<br />

Come abbiamo già evidenziato, la forza e la tecnica sono strettamente<br />

collegate.<br />

La mancanza di un livello minimo di forza impedisce la corretta esecuzione di<br />

qualsiasi gesto e aumenta in modo veloce la fatica.<br />

Non consente, altresì, una adeguata precisione, che non è possibile senza<br />

una sufficiente “riserva di forza”.<br />

E’ necessario, quindi, un lavoro di costruzione generale sviluppando la forza<br />

nelle sue diverse espressioni, che vada di pari passo con l’apprendimento delle<br />

molteplici esercitazioni e della tecnica della disciplina sportiva.<br />

Le palestre e i pesi<br />

A proposito dei pesi, vorrei fare alcune considerazioni riguardanti il loro utilizzo<br />

nelle palestre, frequentate da persone di ogni età e livelli di preparazione fisica<br />

diversi.<br />

A mio parere, non si dovrebbero utilizzare, da subito, le varie macchine, i<br />

manubri, o i bilancieri, per quanto leggeri siano.<br />

Prima occorre lavorare a corpo libero e impiegare, altresì, molteplici esercizi<br />

di allungamento e mobilizzazione articolare.<br />

Ricordiamo, inoltre, che gli attrezzi consentono determinate direzioni e<br />

angolazioni di movimento, con una conseguente ben definita escursione articolare,<br />

limitando l’ampiezza naturale del gesto.<br />

Per evitare, quindi, rigidità muscolari e articolari, occorre inserire la corsa,<br />

meglio in ambiente naturale, il nuoto e tutte quelle esercitazioni, che contribuiscano<br />

a sviluppare un’ ottimale scioltezza e ampiezza di movimento.<br />

Poiché sicuramente questo settore non potrà che espandersi ulteriormente,<br />

la speranza resta quella di un centro in cui anche il singolo utente (e non solo il<br />

gruppo) possa sperare sempre e comunque di ricevere un’adeguata attenzione, al<br />

fine di essere sicuro di praticare la giusta attività sportiva in base all’età e alle proprie<br />

esigenze.<br />

Pertanto, le palestre devono essere gestite da diplomati ISEF, o laureati in<br />

Scienze Motorie, che garantiscono competenza e professionalità.<br />

Nella scelta accertarsi che questa premessa fondamentale sia rispettata e<br />

non essere abbagliati solo dalla dotazione delle attrezzature.<br />

E’ illusorio e poco scientifico attendersi di perdere peso con l’esercizio fisico,<br />

sia a carico naturale, che con i pesi; a questo va abbinata una corretta<br />

alimentazione.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 60


La rapidità<br />

E’ la capacità di reagire ad uno stimolo nel minor tempo possibile.<br />

Attenzione!<br />

Non identificarla con il concetto di velocità.<br />

Possiamo distinguere le seguenti espressioni:<br />

-reazione semplice, che si manifesta nella risposta a stimoli conosciuti,<br />

predeterminati (es. partenza dai blocchi).<br />

-reazione complessa, quando non si sa cosa fa l’avversario (es. sport di situazione).<br />

La capacità di reazione è allenabile negli sport di situazione, poco allenabile<br />

nelle nostre specialità.<br />

La fase sensibile per il miglioramento della rapidità è molto precoce e si<br />

estende fino ai 13-14 anni.<br />

Però, se intendiamo anche un concetto più esteso, che consideri la possibilità<br />

di acquisire meglio il gesto tecnico, allora sulla rapidità si può incidere sempre.<br />

Se l’atleta esperto vuole migliorare il proprio gesto e velocizzarlo, è chiaro che<br />

in questa velocizzazione va considerata anche una componente nervosa, che è<br />

allenabile.<br />

Migliorando le capacità attentive, nell’esecuzione del gesto, si modifica<br />

anche un certo modo di “dialogare” dei neuroni, che, sicuramente, va a vantaggio<br />

anche della rapidità.<br />

La velocità<br />

E’ il tempo che trascorre da quando lo stimolo, arrivando al muscolo sviluppa<br />

il movimento.<br />

Riguarda, quindi, il movimento completo, quello che succede dopo la<br />

reazione; si manifesta nel tempo che il muscolo impiega a contrarsi.<br />

E' un fattore allenabile attraverso il miglioramento della tecnica di esecuzione<br />

del gesto e in esso svolgono un ruolo molto importante un corretto apprendimento,<br />

una buona coordinazione e il consolidamento del gesto (allenamento costante).<br />

Si possono, perciò, distinguere i seguenti tipi:<br />

-velocità di contrazione;<br />

-velocità di azione;<br />

-velocità dei movimenti ciclici, ovvero raggiungere alte frequenze nel minor tempo<br />

possibile, cioè ridurre gli intervalli tra un ciclo e l’altro.<br />

La velocità dello sprinter<br />

Analizziamo, ora, la velocità nella corsa.<br />

Dipende dalla forza e si deve considerare come l’effetto, il prodotto, ciò che<br />

risulta dalla applicazione di una forza.<br />

Perciò, l’unico rapporto possibile tra loro è quello di causa ed effetto.<br />

La velocità è, quindi, una capacità complessa che dipende da una serie di<br />

fattori quali:<br />

-la forza in tutte le sue espressioni;<br />

-la tecnica, nelle sue componenti ”cinematica” e “ dinamica”;<br />

-nel minor grado possibile di “viscosità muscolare”, in modo da diminuire gli attriti e<br />

facilitare le frequenze in questa specialità ciclica;<br />

-nella ricerca della ritmica più favorevole;<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 61


-nel perfezionamento della tecnica della “decontrazione” e scioltezza dei gesti.<br />

Ne consegue che non ci sono incidenze dirette sulla velocità, ma solo<br />

interventi sui diversi fattori, che possono influenzare e accrescere il suo valore.<br />

Quindi se lo sprinter eseguisse solo prove di velocità, le sue prestazioni in breve<br />

tempo subirebbero un sicuro decremento.<br />

In conclusione, per le discipline che richiedono lo sviluppo di elevate velocità,<br />

la soluzione del complesso problema della forza si trova sia aumentandone le<br />

capacità, che, soprattutto, incrementando la rapidità della sua produzione e<br />

sviluppo.<br />

Resta beninteso che, per correre veloci, occorre possedere geneticamente<br />

particolari doti neuro-muscolari; una volta si diceva “velocisti si nasce”, ma non<br />

basta, è necessario, altresì, lavorare e molto.<br />

La prestazione dello sprinter sui 100 metri, quindi, dipende dalla sua prontezza<br />

allo sparo, dalla sua accelerazione, dalla capacità di raggiungere e mantenere alte<br />

punte di velocità e dalla capacità di correre in decontrazione.<br />

La resistenza<br />

E’ la capacità che impedisce il cedimento alla fatica di qualsiasi attività<br />

motoria, protratta per un tempo più o meno lungo, e ciò dipende dalla sua<br />

intensità.<br />

Richiede, oltre ad adeguate capacità di forza e potenzialità organicometaboliche,<br />

anche un elevato impegno mentale.<br />

Riassumendo:<br />

Volitività<br />

Capacità di Presupposti energetici<br />

sopportare<br />

alti carichi di lavoro<br />

RESISTENZA<br />

Economia del gesto CAPACITA’ Capacità di forza<br />

COMPLESSA<br />

Capacità di resistenza<br />

alla fatica<br />

Capacità<br />

di velocità<br />

Un buon livello di resistenza generale è un obiettivo che dobbiamo perseguire,<br />

utilizzando i mezzi più diversi e stimolanti.<br />

Infatti, già nella corsa leggera, con cui inizia spesso la lezione di educazione<br />

fisica, si nota la difficoltà di alcuni nell’eseguirla, anche solo per pochi minuti.<br />

Poi, ovviamente, c’è la resistenza specifica, relativa ad una determinata<br />

specialità dell’atletica leggera, o alla disciplina sportiva praticata.<br />

Se prendiamo, ad esempio, le classiche specialità del mezzofondo veloce, gli<br />

800 e i 1500, l’atleta deve possedere:<br />

-una buona resistenza di base;<br />

-un’elevata resistenza lattacida;<br />

-una notevole potenza aerobica;<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 62


-particolari doti velocistiche;<br />

-un’apprezzabile resistenza alla forza;<br />

-una buona flessibilità e scioltezza nei vari movimenti.<br />

La destrezza<br />

Si definisce con il termine destrezza, la capacità di essere padroni di<br />

coordinazioni complesse di movimento, di apprendere e perfezionare rapidamente<br />

abilità di movimento sportive, infine, anche quella capacità di saper utilizzare<br />

razionalmente queste abilità ed adattarle opportunamente, in modo rapido, alle<br />

esigenze di una situazione che varia continuamente (Hirtz).<br />

Sono stati elaborati (Zaciorskij) alcuni criteri di valutazione della destrezza:<br />

1 - La difficoltà di coordinazione del decorso del movimento: un determinato<br />

movimento può essere di diversa difficoltà (afferrare un pallone, saltare sul cavallo)<br />

in questo caso interessano le esigenze di coordinazione motoria.<br />

2 - La precisione dell’esecuzione: un movimento si considera preciso quando<br />

corrisponde all’obiettivo motorio dal punto di vista spaziale, temporale e dinamico.<br />

3 - Il tempo di esecuzione: un’altra misura della destrezza, che indica il tempo di<br />

apprendimento di cui necessita l’atleta, per assimilare la necessaria precisione di un<br />

movimento nuovo.<br />

Anche per questa capacità fisica, la premessa è uno sviluppo equilibrato ed<br />

armonico della forza in tutti i distretti del corpo; si impiegano molteplici e variati<br />

esercizi a carico naturale, anche di preacrobatica, e con l’ausilio di piccoli attrezzi,<br />

come la funicella, la palla, ecc.<br />

La mobilità articolare e l’estensibilità muscolare<br />

Non da ultimo il raggiungimento di un ottimo grado di estensibilità muscolare,<br />

che consenta ai muscoli di raggiungere situazioni di lunghezza tali da permettere<br />

una maggiore escursione dei segmenti ossei.<br />

Le articolazioni principalmente interessate sono quelle delle anche, della<br />

colonna vertebrale e delle spalle.<br />

Sempre più di frequente i ragazzi mostrano scarse capacità di mobilità<br />

articolare e di estensibilità muscolare, carenze che limitano la corretta ampiezza<br />

dei gesti, con conseguenze tecniche negative e che possono anche essere causa<br />

di traumi per il tessuto muscolare e tendineo.<br />

Possiamo, altresì, affermare che un buon grado di allungabilità dei muscoli<br />

ritarda l’intervento degli antagonisti, consentendo una maggiore ampiezza del<br />

gesto.<br />

Come abbiamo già evidenziato, gli esercizi non si debbono eseguire solo in<br />

forma statica, anzi, è bene alternarli con altri in movimento (slanci, circonduzioni,<br />

oscillazioni, ecc.).<br />

Un’articolazione spesso trascurata è quella scapolo-omerale; perciò inserire in<br />

ogni riscaldamento pre-allenamento appositi esercizi, utilizzando le braccia in<br />

molteplici modi.<br />

E’ importante, altresì, fare riferimento al modello prestativo delle varie<br />

discipline sportive.<br />

Infatti, non si debbono mettere sullo stesso piano le discipline di potenza e<br />

resistenza.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 63


Risulta evidente che lo sprinter esprime un impegno muscolare ben diverso da<br />

quello del maratoneta.<br />

Lo stretching influisce sulla capacità di forza e sulla capacità di esprimerla<br />

velocemente, ma non è detto che gli effetti siano gli stessi se le tensioni muscolari<br />

sono più deboli e i loro tempi di estrinsecazione più lunghi.<br />

Occorre anche fare una distinzione tra le discipline cicliche e quelle acicliche.<br />

Si comprende, quindi, l’importanza di questa pratica, spesso svolta con<br />

superficialità e scarsa attenzione da parte degli atleti.<br />

Adolfo Consolini, oro nel lancio del disco alle Olimpiadi di Londra 1948.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 64


LA TECNICA<br />

Dopo aver bene sviluppato le capacità motorie si passa allo sviluppo della<br />

tecnica.<br />

Per tecnica sportiva si intende un processo motorio che permette di risolvere,<br />

nel modo più razionale ed economico possibile, un determinato problema di<br />

movimento.<br />

L’allenamento tecnico è la diminuzione dello scarto tra il modello ottimale e la<br />

prestazione individuale.<br />

Altra definizione dell’allenamento della tecnica:<br />

Riduzione del divario tra il comportamento motorio (percepito) dell’atleta e il<br />

modello mentale dell’allenatore (Daugs).<br />

La tecnica di qualsiasi gesto è costituita da:<br />

A) un aspetto temporale,<br />

B) una aspetto spaziale,<br />

C) un aspetto energetico<br />

e ha:<br />

1) una funzione,<br />

2) una struttura,<br />

3) una forma.<br />

La funzione rimane sempre la stessa, mentre la stessa struttura può avere<br />

forme diverse e la forma strutture diverse.<br />

Innanzitutto occorre comprendere la funzione, poi si costruisce la struttura e<br />

infine si passa alla forma.<br />

Non è un procedimento semplice, ma, se si hanno ben chiare le varie fasi, le<br />

scelte saranno mirate e aderenti alle caratteristiche dell’atleta e alle sue reali<br />

capacità.<br />

Gli errori debbono essere corretti sul livello della struttura.<br />

Uno sviluppo carente della tecnica impedisce all’atleta di riuscire a<br />

trasformare il suo crescente potenziale fisico in risultati elevati della sua prestazione<br />

nello sport specifico.<br />

E’ necessario, quindi, che l’apprendimento tecnico segua il criterio di<br />

progressiva difficoltà; ad esempio, la tecnica di passaggio dell’ostacolo deve<br />

basarsi su una corretta azione di corsa sul piano.<br />

Riassumiamo, quindi, le varie fasi dell’apprendimento tecnico:<br />

1- spiegazione del gesto tecnico<br />

2- far vedere il gesto (immagini, filmati, ecc. video di campioni, insomma, presentare<br />

dei modelli)<br />

3- percezione cinestetica (percepire il movimento in tutte le sue componenti)<br />

4- immaginazione<br />

5- prove di esecuzione<br />

6- ripetizioni<br />

7- verifica<br />

8- aggiunta di finalità e modelli esecutivi<br />

9-valutazione in allenamento e in gara<br />

10- acquisizione degli automatismi e modifiche personali.<br />

Quindi, l’apprendimento di una tecnica sportiva richiede l’intervento di<br />

capacità cognitive complesse, in particolare, l’attenzione e la concentrazione.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 65


L’attenzione è legata alla capacità di selezionare gli stimoli e trova il suo<br />

maggior campo di applicazione negli sport di situazione.<br />

La concentrazione è la capacità di selezionare in modo specifico stimoli che<br />

siano veramente importanti per la prestazione stessa.<br />

Questo ci fa concludere che tra gli atleti non c’è solo una differenza fisica e<br />

tecnica, ma anche cognitiva.<br />

Da puntualizzare subito pochi, ma, fondamentali, elementi; non si deve<br />

frastornare il ragazzo con la richiesta di eseguire correttamente i diversi movimenti<br />

che compongono un gesto complesso, tutti in una volta; l'approccio deve essere,<br />

perciò, paziente, sistematico e stimolante.<br />

Altro principio fondamentale di ciascuna tecnica è adattare la gara all’atleta<br />

e non viceversa.<br />

La tecnica non è un valore assoluto, un’opera artistico-estetica da imitare, ma<br />

solamente un modo appropriato (possibilmente più efficace di altri) di risolvere i<br />

problemi.<br />

Molti tecnici riducono parecchio la loro creatività nel considerare fisso e<br />

immutabile sia ciò che deve essere insegnato, che il modo per arrivarci.<br />

Negli sport, con prevalente impegno di forza esplosiva, c’è un’esecuzione<br />

rapida del movimento con elevata espressione di forza, quindi occorre una<br />

notevole maestria tecnica.<br />

La velocità è la componente principale della tecnica e, pertanto, occorre<br />

valutare sempre il loro rapporto.<br />

Ne consegue che il perfezionamento tecnico è in evoluzione, perché, quando<br />

si modifica la velocità, si deve aggiustare il gesto tecnico.<br />

In ultima analisi, è’ la velocità che determina la prestazione (nei salti, nei lanci,<br />

nelle corse); ad ogni esecuzione chiediamo agli atleti di essere più veloci.<br />

Lo schema rigido lo troviamo, invece, nella ginnastica artistica, nei tuffi.<br />

Negli sport di resistenza la tecnica ha una funzione economizzante del<br />

dispendio energetico.<br />

Spesso viene trascurata a vantaggio dell’incremento delle capacità<br />

organico-metaboliche.<br />

E’, invece, il fattore fondamentale per incrementare ancora la prestazione.<br />

Questo capita spesso nei giovani, dove si esaltano le capacità neuromuscolari<br />

a discapito dell’aspetto tecnico e ciò può precludere ulteriori sviluppi.<br />

Poniamoci, ora, il consueto, importante, quesito: “se l’atleta acquisisce un<br />

gesto in modo errato, cosa fare?”<br />

E’ opportuno tornare indietro, alla fase precedente e apportare le necessarie<br />

correzioni; con il principiante è più facile, perché il vissuto dell’atleta è meno<br />

corposo; ovviamente, più complicato per gli atleti evoluti, che devono applicarsi<br />

con un’attenzione ancora maggiore.<br />

LA MAESTRIA TECNICA<br />

E’ la completa padronanza di strutture economiche del movimento, proprie di<br />

un esercizio sportivo, quando viene utilizzato per raggiungere il massimo risultato<br />

possibile.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 66


LA <strong>DIDATTICA</strong><br />

Concerne il modo d’insegnare, la capacità di scomporre il gesto complesso in<br />

movimenti più semplici, così da facilitare l’apprendimento da parte dell’allievo.<br />

Nella programmazione didattica l’approccio deve essere diversificato nella<br />

quantità, nella qualità e nella tempistica.<br />

LA SUCCESSIONE <strong>DIDATTICA</strong><br />

E’ quell’insieme di esercizi, suggeriti in modo progressivamente più complesso<br />

(procedendo dal facile al difficile), per giungere ad una sempre più corretta<br />

esecuzione del gesto da apprendere.<br />

L’importante è saper scegliere quella giusta.<br />

Ad esempio, nel lancio del martello, ci sono i preliminari e, poi, l’atleta gira.<br />

E’ sbagliato insegnare, innanzitutto, i preliminari, perché la prima cosa che<br />

l’atleta deve sentire è il giro e, di seguito, il lancio; nei preliminari, tra l’altro, non usa<br />

le gambe.<br />

Perciò, si comincia dalla fase principale, gli si deve insegnare a girare,<br />

all’inizio senza e, successivamente, con il martello; solo alla fine imparerà i<br />

preliminari.<br />

Altro esempio.<br />

L’essenza della staffetta 4 x 100 è che il bastoncino non perda velocità nel<br />

cambio ed allora occorre utilizzare, da subito, la prezona, in modo che il ricevente<br />

abbia lo spazio necessario per poter uguagliare la velocità del porgitore.<br />

Capita, purtroppo, soprattutto nella scuola, che si faccia partire il ricevente<br />

dalla zona di cambio, con la conseguenza di una sicura perdita di velocità nel<br />

passaggio del testimone.<br />

Quindi, l’allenatore di atletica deve essere un esperto di tecniche e di percorsi<br />

di apprendimento.<br />

Ciò richiede il migliore assemblaggio di gruppi di esercitazioni e di attività<br />

finalizzate alla loro ottimizzazione in competizione e in allenamento.<br />

Naturalmente, è opportuno che conosca molti esercizi, ma è importante,<br />

soprattutto, che ne capisca il collegamento e l’effettiva funzione di facilitazione<br />

rispetto alle tecniche che costituiscono il “bersaglio”dell’attività didattica.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 67


IL METODO<br />

L’allenatore è un traduttore della teoria nella pratica e l’obiettivo della<br />

metodologia è rendere più efficaci i processi di apprendimento.<br />

Possiamo definire il metodo come l’insieme di soluzioni che permettono di<br />

raggiungere un obiettivo, sempre, non un anno solamente.<br />

Sul piano applicativo si deve utilizzare l'esecuzione globale del movimento;<br />

l'analisi contraddistingue l'attività dell'atleta altamente qualificato.<br />

E' importante, cioè, dare subito al giovane un'idea chiara ed essenziale della<br />

specialità, soprattutto se molto tecnica, perché egli vuole vedere come si<br />

concretizza il gesto che dovrà apprendere.<br />

Se avrà un futuro da lanciatore, lancerà da posizione frontale, magari con un<br />

attrezzo più leggero; se deve saltare in lungo, o in alto, proverà lo stacco ed il salto<br />

con pochi passi di rincorsa, ecc.<br />

In ultima analisi, non possiamo attendere che lanci, o salti, solo quando avrà<br />

assimilato tutte le varie fasi; questo lavoro verrà fatto successivamente.<br />

Si parte dalla sintesi, si passa all'analisi, per, poi, ritornare ad una sintesi sempre<br />

migliore.<br />

Entriamo nel dettaglio con l’esempio della corsa ad ostacoli.<br />

Precisiamo subito che se viene insegnata con una didattica semplice e<br />

stimolante, graduando con intelligenza le difficoltà, non creerà problemi tecnici e<br />

psicologici ai ragazzi.<br />

E’ opportuno, innanzitutto, sviluppare in loro una precisa raffigurazione<br />

ideomotoria della corsa ad ostacoli con l’ausilio di video, fotogrammi, disegni, riferiti<br />

ad atleti qualificati, che siano anche ottimi modelli.<br />

Nell’approccio tecnico e ritmico è necessario utilizzare da subito molte e varie<br />

esercitazioni di superamento completo degli ostacoli, curando soprattutto i punti<br />

essenziali.<br />

La strategia è quella di farli esercitare centralmente su ostacoli inizialmente<br />

molto bassi e a distanze tali da consentire loro di correrci sopra senza alcun<br />

problema, come in un normale passo di corsa; molto stimolanti sono le molteplici<br />

forme di staffette con gli ostacoli.<br />

Gradualmente, si alzeranno le barriere e si varieranno le distanze in rapporto<br />

alle capacità fisiche dei ragazzi.<br />

Quando l’altezza dell’ostacolo è tale, che non può essere superato facendo<br />

passare per sotto l’arto di impulso, senza creare una lunga e dannosa fase di volo, si<br />

passerà al passaggio globale con la giusta tecnica, eseguendo i gesti specifici<br />

dell’arto di attacco e di quello di stacco, sulla parte centrale dell’asticella.<br />

Molto importante lo sviluppo dell’ambidestrismo, con esercitazioni che<br />

inizialmente prevedono un numero dispari di passi intermedi (3-5, ecc.), attaccando<br />

sempre di sinistro, o destro, e, in seguito, pari, alternando l’arto di attacco.<br />

Solo successivamente, quando il passaggio centrale sarà eseguito con buona<br />

padronanza, verranno introdotti gli esercizi analitici di prima e seconda gamba sul<br />

lato esterno della barriera (verso i 15 anni, ma con molta parsimonia).<br />

All’inizio facendo eseguire, nella stessa esercitazione, alcuni passaggi centrali,<br />

seguiti da quelli analitici e terminando sempre con quelli globali.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 68


IL LINGUAGGIO<br />

Un altro aspetto, spesso poco curato, ma che qualifica l’impostazione di<br />

qualsiasi programma di allenamento, di ogni indicazione didattica, è l’utilizzo di un<br />

linguaggio corretto in riferimento alla disciplina interessata, al singolo movimento,<br />

una terminologia che deve consentire agli allievi di interpretare ogni gesto nella sua<br />

precisa esecuzione tecnico-ritmica e con le giuste sensazioni.<br />

Si commette un grave errore, non solo terminologico, ma anche di concetto,<br />

quando si invita l'atleta a "completare la spinta" nella corsa; a parte il fatto che in<br />

questa fase l'arto non è mai completamente disteso, arriva a circa 166° - 169° - 170°,<br />

commettiamo il grandissimo errore di fargli avere una sensazione che è<br />

diametralmente opposta al rimbalzo; perciò dobbiamo dirgli: “devi rimbalzare, non<br />

spingere e distendere l'arto”; il rimbalzo è un movimento riflesso, non volontario,<br />

composto da una fase eccentrica e da una concentrica, che si esplicano in un<br />

tempo brevissimo; in gergo viene anche definito colpo di frusta, nel quale il<br />

movimento di andata e ritorno è talmente rapido che l'occhio non riesce a fissarlo.<br />

ll movimento del rimbalzo classico è proprio del pallone quando cade al<br />

suolo, ma sarebbe da auspicarsi quello di una pallina di acciaio su una incudine di<br />

acciaio!<br />

Basti pensare che il rimbalzo di uno sprinter di livello mondiale nella fase<br />

lanciata, dove si raggiungono punte di velocità di 12 m.s ed oltre, dura circa 8,5 –<br />

8,8 – 9,0 cent/sec.<br />

Quindi, chi rimbalza più rapidamente, chi sta meno tempo a terra<br />

nell'appoggio, riesce a correre più velocemente.<br />

Allora, se l’atleta corre “seduto”, “tira avanti” le ginocchia in anticipo, significa<br />

che non rispetta la ritmica, perché non conosce il cinematismo della corsa.<br />

Anche nell'esecuzione dei balzi alternati molti atleti commettono l'errore di<br />

distendere l'arto in appoggio, scandendo i due movimenti di piegamento e<br />

raddrizzamento, invece di rimbalzare, cioè un impulso con tensione altissima nel<br />

contatto e successivo rilascio della muscolatura.<br />

Altro errore è quello di suggerire all’atleta, che si trova nella fase lanciata di<br />

uno sprint, di “spingere di più”; come traduce questo invito?<br />

Irrigidendosi nel tentativo vano di aumentare la sua velocità.<br />

Per farlo deve ingrandire il fenomeno del rimbalzo ed allora dobbiamo dirgli:<br />

”cerca di tenere le ginocchia sempre elevate”, perché, rimanendo all’esempio del<br />

pallone, se cade da più in alto, rimbalza di più.<br />

Non può intervenire volontariamente su un fenomeno, che non è tale e dura<br />

pochissimo, ma sui fattori che lo determinano.<br />

Dire: ”sei lento sopra l’asticella” non ha senso, perché questo errore dipende<br />

dal momento precedente, lo stacco, ed è lì che l’atleta deve focalizzare la sua<br />

attenzione.<br />

Altro esempio di un termine sbagliato, ma spesso impiegato, è quello di saltare<br />

riferito alla corsa ad ostacoli; dà un'idea completamente falsa di quella che è<br />

l'essenza tecnica e ritmica della specialità.<br />

Il superamento della barriera deve essere il più radente possibile, è sempre un<br />

passo di corsa, un po’ più alto e lungo del normale.<br />

Nel salto, invece, si ricerca una parabola più, o meno, accentuata.<br />

Ci sono alcuni tecnici, soprattutto di altri sport, che invitano a “correre sulle<br />

punte”, invece che sull’avampiede.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 69


Se l’atleta lo interpretasse letteralmente, dovrebbe appoggiare il piede<br />

proprio sull’estremità anteriore.<br />

Inoltre, non parliamo di automatismo; significherebbe staccare la parte<br />

pensante dai comportamenti, e si tradurrebbe nel ripetere un gesto<br />

meccanicamente, senza la capacità di intervenire per una sempre migliore<br />

esecuzione tecnica, o per correggere eventuali errori.<br />

Meglio parlare di stereotipo in continua evoluzione.<br />

Per lo stesso motivo non si può definire una esecuzione perfetta; dà l’idea di<br />

qualcosa di statico, immodificabile, sia pure ai massimi livelli; in latino perfectus<br />

significa finito, compiuto.<br />

Definire perfetta la bellezza di una persona, non è limitativo?<br />

La ginnasta che prende il massimo della valutazione alle Olimpiadi, la volta<br />

successiva non deve cercare di eseguire l’esercizio ancora meglio?<br />

Tra l’altro, questo termine è entrato nel linguaggio comune come frequente<br />

intercalare, di fronte ad un gesto, ad una affermazione, ad un comportamento.<br />

Non identificare i concetti di forza e potenza, come spesso accade.<br />

Nell’eseguire un esercizio per sviluppare la forza, non si tiene conto del tempo<br />

impiegato, mentre se si intende esprimere potenza, deve essere svolto<br />

velocemente.<br />

Un altro esempio sull’utilizzo corretto dei termini; prendiamo qualità e<br />

capacità; spesso si usano indifferentemente, per esprimere lo stesso concetto.<br />

In realtà, la qualità è la caratteristica necessaria per realizzare una<br />

determinata prestazione (es. forza, velocità, resistenza, destrezza, ecc.); la capacità<br />

è una qualità quantificata; ad esempio quanta forza di quel tipo ha, o deve avere,<br />

l'atleta; se diciamo che l'atleta deve sollevare 120 kg nell'esercizio di panca,<br />

indichiamo una capacità, o come quando il velocista corre i 100 metri in un<br />

determinato tempo, ecc.<br />

Credo che, molto spesso, si è troppo approssimativi nell’uso delle terminologie<br />

e gli insegnanti delle varie discipline soprassiedano sempre più a questa carenza;<br />

dico spesso ai ragazzi: “io ho compreso ciò che stai cercando di esprimere, ma lo<br />

deve capire anche chi non ha la specifica conoscenza dell’argomento”.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 70


NO ALLA SPECIALIZZAZIONE PREMATURA<br />

L’allenamento infantile e giovanile non è un allenamento degli adulti ridotto, è<br />

diverso, quindi, nella scelta dei mezzi, non dobbiamo utilizzare quelli impiegati dal<br />

grande campione, perché lo sviluppo del training deve avere una sua progressività<br />

nei contenuti e, perciò, nella qualità e nella qualificazione del lavoro.<br />

Rammentiamo che è diverso lo sviluppo del cervello e delle dimensioni<br />

corporee, che sono le due componenti principali del processo di crescita; risulta più<br />

precoce il primo.<br />

Se anticipassimo i tempi, se specializzassimo subito il ragazzo, uscito dalle<br />

fasce giovanili, quando dovrà qualificarsi ulteriormente, quali mezzi adotteremmo?<br />

Sempre gli stessi?<br />

Sarebbe un errore madornale.<br />

La prima legge dell’allenamento è la variazione di sviluppo del training,<br />

nell’intensità, nel volume, nella densità, nella scelta dei mezzi.<br />

Altrimenti, se standardizziamo il training, quel determinato mezzo non ha più<br />

assolutamente gli stessi effetti che aveva all’inizio.<br />

Ci sono ragazzini che usano il traino, o la cintura; non bisogna spingerci a<br />

questi livelli, perché, poi, non potremmo variare nel tempo i contenuti<br />

dell’allenamento.<br />

Ogni anno bisogna cambiare qualcosa, perché l’atleta, rispetto all’anno<br />

precedente, si è qualificato e allora non posso ripetere lo stesso training.<br />

Occorre incrementare i minuti di allenamento, le unità, cambiare le tipologie<br />

di lavoro, variare le intensità, le quantità, le pause.<br />

Nei primi anni non possiamo forzare troppo, soprattutto perché la “materia”<br />

biologica non specializzata non può essere spinta su questo piano, non ne<br />

risentirebbe gli effetti.<br />

Questo dovrà essere fatto quando, terminata la crescita, non ci saranno più le<br />

spinte evolutive ed allora l’allenatore dovrà ingegnarsi per cercare di sopperire alla<br />

loro mancanza con un training sempre più qualificato, più diretto e, quindi,<br />

collegato e specifico, man mano che l’atleta si evolve.<br />

In un atleta qualificato posso ricominciare con il training che utilizzavo con il<br />

ragazzo solo se, per un paio di anni, ho sbagliato completamente l’allenamento.<br />

Però, se semplifico le strategie con un campione, con cui non si sono fatti<br />

molti errori, le sue prestazioni avrebbero un vistoso calo.<br />

Invece, con un atleta che deve essere ricostruito, posso riprendere dal basso,<br />

da attività molto semplici e si ottengono risultati, perché quella “macchina è<br />

retrocessa” tanto nella sua funzionalità, che anche queste attività producono effetti.<br />

Con il campione, che si è allenato bene ed ha seguito giuste strategie di<br />

miglioramento e di evoluzione dei mezzi, non bisogna semplificare le linee del<br />

training; non otterrebbe più risultati, perché i suoi meccanismi sono stati<br />

specializzati.<br />

Un’ultima considerazione; si può cominciare l’allenamento anche non da<br />

giovanissimi; però, è fondamentale che anche un ragazzo, che inizia ad allenarsi a<br />

16 anni, deve seguire lo stesso processo, ovvero partire dall’allenamento di base.<br />

Altrimenti, la preparazione viene costruita su un complesso di capacità e<br />

abilità troppo ristretto e ciò limita il successivo sviluppo.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 71


CRESCITA E PRESTAZIONE<br />

Può accadere che la valutazione dell’efficacia del lavoro svolto in un anno<br />

venga fatta soltanto in base al tipo di allenamento eseguito ed alla sua correlazione<br />

con la prestazione che ne scaturisce.<br />

Se, a 16 anni, un giovane sprinter ottiene un certo risultato sui 100 metri e<br />

l’anno successivo lo migliora di molto, si conclude, frettolosamente, che l’unico<br />

responsabile di tale incremento sia stato l’allenamento.<br />

Questa è una valutazione parcellare della prestazione, che è, invece, la<br />

risultante di un complesso di fenomenologie diverse e non solo della preparazione.<br />

Nell’esempio precedente, infatti, non si è valutato quanto le spinte della<br />

crescita abbiano influito sui risultati del giovane sprinter, anche se ciò è difficile da<br />

quantizzare.<br />

Quindi, una valutazione, che scaturisca da una così diretta correlazione tra<br />

l’allenamento e la prestazione, può indurre a commettere l’errore di far ripetere, per<br />

anni, all’atleta il tipo di lavoro che gli ha permesso di migliorare; ci si può accorgere,<br />

invece, che, a 18 anni, rimane fermo su quei risultati e, a 19 anni, magari, li peggiora.<br />

Nelle statistiche sono molteplici le atlete e gli atleti che magari hanno stabilito<br />

le migliori prestazioni nazionali da giovanissimi e poi sono scomparsi.<br />

Allora, se il tecnico ha un atteggiamento professionale responsabile, comincia<br />

ad avere i primi dubbi sulla bontà, o meno, dell’organizzazione dell’allenamento.<br />

Ad una più attenta analisi del problema, si rende conto che sono gli<br />

allenamenti giusti, direttamente mirati, fatti negli anni della crescita, che<br />

permettono ulteriori scatti di qualità; se non vengono svolti in quel periodo, non si<br />

possono più recuperare, perché l’atleta non cresce più.<br />

Di conseguenza, la variazione nello sviluppo dell’allenamento va fatta proprio<br />

a seconda delle spinte evolutive, perché, se, a 17 anni, la prestazione è il risultato di<br />

una interazione della preparazione e della crescita, con l’atleta maturo dobbiamo<br />

sostituire allo sviluppo una quantità proporzionale di allenamento, che non si può<br />

definire in maniera precisa; tuttavia, è proprio questa strada che dobbiamo<br />

prendere, senza timori.<br />

CAPACITA' DI TRANSFERT<br />

Nella fascia giovanile gli allenamenti non debbono impegnare<br />

insistentemente il sistema nervoso, ma la parte muscolare; con gli atleti qualificati,<br />

invece, si lavora in senso inverso.<br />

Tuttavia, la preparazione muscolare deve essere a carattere generale, per<br />

sviluppare la capacita di transfert, per trasferire, cioè, l'effetto di una qualità ad<br />

un'altra, che è correlata.<br />

Strutturare prematuramente i sistemi del giovane è dannoso; per usare un<br />

paradigma, diciamo che l'allenamento giovanile tende ad aumentare la "cilindrata<br />

della macchina umana", che, altrimenti, non si sviluppa più; essa aumenta quando<br />

l'individuo cresce ed allora l'allenamento interviene per incrementare i<br />

miglioramenti, si inserisce sulle spinte già naturali della crescita.<br />

Ciò presuppone una conoscenza dell’età biologica del ragazzo.<br />

Ne consegue che il giovane atleta, che ha una maggiore spinta della<br />

crescita, rispetto ai suoi coetanei, deve essere allenato diversamente, con carichi di<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 72


lavoro superiori per quantità ed intensità e con una più precoce introduzione dei<br />

sovraccarichi (lavoro individualizzato).<br />

In ultima analisi, occorre dare la precedenza a mezzi e metodologie che sono<br />

più utili in questo periodo giovanile; successivamente, si useranno sistemi più difficili<br />

e sofisticati.<br />

La sistematicità è l'elemento distintivo dell'atleta qualificato.<br />

Ad esempio, non si deve impiegare lo sprint per incrementare le capacità<br />

dello sprinter, ma ricercare mezzi che migliorino le varie componenti dello sprint<br />

(sviluppare nel modo giusto la forza, la tecnica, la ritmica di corsa, ecc).<br />

In realtà, risulta spesso difficile far capire ai ragazzi, che già praticano un<br />

determinato sport in un club, l’importanza di un’ attività poliedrica; se l’esercizio<br />

proposto non lo vedono strettamente correlato, ad esempio, al gioco del calcio, lo<br />

ritengono inutile e lo eseguono di malavoglia; devono, invece, rendersi conto che<br />

una maggiore abilità generale si riflette positivamente su quella specifica della loro<br />

disciplina sportiva.<br />

Questo accade perché i tecnici delle società, nella maggior parte dei casi,<br />

vogliono bruciare le tappe, ricercando una prematura specializzazione, che avrà<br />

sicuramente effetti negativi sulle prestazioni future; ma chi vuole ottenere i risultati<br />

subito, soprattutto se il ragazzo è un talento, segue, purtroppo, questa strada.<br />

LAVORARE PER IL FUTURO<br />

Quindi occorre indirizzare il lavoro del giovane più al futuro che al presente; in<br />

seguito, ma mano che egli cresce, diminuisce il lavoro per il futuro e aumenta<br />

quello per il presente, che diventa esclusivo nell’atleta altamente qualificato.<br />

Il discorso del’attività multilaterale non deve essere portato alle estreme<br />

conseguenze, per cui il giovane, a 18 - 19 anni, non è stato ancora indirizzato verso<br />

la specialità per la quale ha mostrato le migliori attitudini.<br />

D'altra parte, alcune caratteristiche peculiari di determinate specialità<br />

debbono essere evidenziate subito; ad esempio, già a 14 - 15 anni, mentre svolge il<br />

lavoro di costruzione generale, il giovane atleta deve acquisire il giusto ritmo dei tre<br />

passi tra gli ostacoli, pur con tutti gli accorgimenti didattici del caso (barriere più<br />

basse, ecc.).<br />

Entriamo nel dettaglio ed analizziamo le forme di attività e di competizione<br />

nelle fasce giovanili.<br />

A 10-11-12 anni lo scopo è assicurare uno sviluppo fisico generale, equilibrato<br />

ed armonico, insegnare l'esecuzione dei vari esercizi e creare e stimolare l'interesse<br />

per lo sport prescelto.<br />

Nel nostro caso il ragazzo deve correre, saltare e lanciare.<br />

Nella fascia dei 13-14-15 anni si pone l'accento su ulteriori miglioramenti della<br />

preparazione fisica generale, utilizzando una grande varietà di esercizi per costruire<br />

una solida base per l'allenamento futuro.<br />

Di notevole utilità inserire anche il nuoto, non solo perché è molto importante<br />

in tutte le forme di riabilitazione successive, che potrebbero essere necessarie ad un<br />

atleta.<br />

E’ anche uno dei mezzi più adatti nell’allenamento di compensazione dopo<br />

un superlavoro.<br />

Auspicabile che il ragazzo impari le tecniche dei diversi stili, in particolare il<br />

delfino, che è importante per la muscolatura dorsale e addominale.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 73


A 13 anni si può iniziare la specializzazione in un gruppo di specialità facendo<br />

la distinzione tra corridori, saltatori e lanciatori.<br />

Tuttavia, prendendo ad esempio il primo settore, non si può dire di un ragazzo<br />

che è un centista, o un duecentista, o un ostacolista, o un ottocentista, o un<br />

cinquemilista, ecc., perché non conosciamo ancora le sue effettive capacita.<br />

Perciò, il primo obbiettivo è quello di indagare su tutte le capacita necessarie<br />

ad ottenere prestazioni sia nello sprint breve, sia in quello prolungato, sia nelle<br />

specialità di resistenza, avviando il ragazzo ad una attività competitiva su tutte le<br />

distanze di corsa previste in questa fascia di età.<br />

Lo spingeremo a cimentarsi anche sulle corse ad ostacoli, per sviluppare una<br />

maggiore sensibilità ed abilita.<br />

Preparando il ragazzo a gareggiare su più specialità renderemo il nostro<br />

allenamento più ricco di mezzi.<br />

Successivamente, a 16 - 17 anni, saremo in grado di specificare se il giovane è<br />

un corridore veloce, o resistente.<br />

Utilizzeremo ancora una grande ricchezza di mezzi, naturalmente con le<br />

dovute variazioni riguardo all'entità del carico e, quindi, dei parametri che lo<br />

influenzano, volume ed intensità.<br />

Spesso, però, sono pochi i mezzi impiegati per stimolare l'atleta nella sua<br />

complessità biologica e fisiologica.<br />

Vengono dimenticati molti elementi importanti, come, ad esempio, le<br />

esercitazioni di destrezza e, principalmente, la presa di coscienza dei presupposti<br />

fondamentali dell'apprendimento.<br />

L’ampio ventaglio dei mezzi di allenamento fa diventare più accettabile e<br />

sopportabile la progressiva crescita dei carichi di lavoro, che assicurano un più<br />

marcato e complessivo sviluppo dell’atleta, elevandone il rendimento.<br />

Il talento<br />

Quando si è davanti ad un giovane, che mostra particolari ed eccellenti<br />

capacità, diciamo che è un talento e il tecnico può cadere nel frequente errore di<br />

specializzarlo prematuramente.<br />

Ci sono, inoltre, le aspettative dei genitori, la possibilità di ottenere<br />

sponsorizzazioni, o altri vantaggi economici, come borse di studio, ecc.<br />

Come rovescio della medaglia, si corrono rischi di isolamento sociale, infortuni<br />

da stress, o overtraining.<br />

I giovani atleti sono bambini ed adolescenti con i bisogni di bambini ed<br />

adolescenti.<br />

Sul piano pratico allenare un giovane talento non è come allenare un<br />

campione giovane.<br />

La distorsione risiede tutta nei termini e nella sostanza, giacché il giovane<br />

talento deve diventare un campione, ma da adulto.<br />

Questo, molto, troppo, spesso, ha spinto i tecnici ad accontentarsi di ridurre in<br />

sedicesimo le strategie metodologiche del training ed i carichi di lavoro per adattarli<br />

al giovane talento.<br />

Niente di più grossolano e pericoloso si può mai ipotizzare.<br />

Non è, infatti, logico rispondere alla domanda se è più difficile allenare un<br />

giovane talento, o un campione adulto, poiché è mal posta, in quanto le due sono<br />

cose diverse.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 74


Ciò che il giovane deve fare, l'atleta adulto l'ha già fatto; significa che<br />

quanto l'atleta adulto sta facendo, il giovane talento lo farà solo nel futuro.<br />

Per concludere questo argomento, portiamo alcune considerazioni relative<br />

alle corse ad ostacoli, ma sicuramente si possono estendere anche ad altre<br />

specialità.<br />

Analizzando la carriera dei migliori atleti italiani e mondiali, si evidenzia che<br />

hanno avuto un progresso costante delle prestazioni e parecchi non hanno ottenuto<br />

eccezionali risultati nelle categorie giovanili; il personal best nella loro specialità è<br />

stato siglato intorno ai 25-26 anni.<br />

Per contro, le statistiche, riferite alle varie specialità, sono piene di atleti, che<br />

hanno ottenuto ottimi risultati da giovanissimi, anche migliori prestazioni nazionali,<br />

ma che non ritroviamo nella categoria assoluta.<br />

1964 Tokyo – Salvatore Morale(il 1° a sin. con Roberto Frinoll i- 2° da sin.) Bronzo nei 400 hs.<br />

1964 Tokyo – Abdon Pamich – oro nei 50 km di marcia.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 75


L'ESERCIZIO FISICO<br />

Per esercizio si intende ogni processo motorio, ripetuto sistematicamente in<br />

determinati intervalli, ai fini di un aumento della prestazione.<br />

Risulta costituito da diverse forme di attività fisica, sinteticamente raggruppate<br />

in:<br />

1) Esercizi fisici a carattere generale, o indiretti: sono quelli che hanno poca<br />

attinenza con il gesto di gara: es. effettuare delle accosciate per uno sprinter;<br />

2) Esercizi fisici a carattere speciale, o diretti: sono quelli che contengono uno o<br />

più elementi tecnici del gesto di gara ed in cui i parametri spazio-temporali<br />

riflettono significativamente quelli della gara stessa: es. accelerazioni per uno<br />

sprinter;<br />

3) Esercizi di gara e simili (specifici): sono da intendere tutte le forme di<br />

esercitazioni, che, o si identificano con la competizione, o tendono a riprodurne una<br />

parte significativa: es. effettuare degli sprint su 60 metri con partenza dai blocchi;<br />

oppure, per uno sport di squadra, gli incontri di allenamento svolti su spazi di gara,<br />

ma per durate differenti, o su spazi da gioco diversi da quelli di gara.<br />

Sono da includere nella categoria degli esercizi a carattere generale anche<br />

quelle attività fisiche che, pur apparendo formalmente simili al gesto di gara, se ne<br />

differenziano sostanzialmente per il diverso dinamismo.<br />

Ad esempio, questo è il caso di un centometrista che, durante una<br />

esercitazione di corsa, vada alla velocità di 3 m/s (circa 5'20" al km.), enormemente<br />

diversa da quella che sviluppa nel corso della gara e che può giungere sino a punte<br />

di 12 m/s, 4 volte superiore!<br />

In questo caso, l'apparato cardio-respiratorio, quello muscolare ed il sistema<br />

nervoso ricevono dall'atleta stimoli completamente diversi da quelli di gara.<br />

Addirittura i gruppi muscolari che, apparentemente svolgono lo stesso<br />

compito sia nella corsa "lenta" che nello sprint, impegnano in realtà, al loro interno,<br />

fibre completamente diverse: prevalentemente "rosse", o "slow" nel primo caso;<br />

prevalentemente "bianche", o "fast" nel secondo, con ricorso a fonti energetiche<br />

diverse.<br />

Altrettanto differenziato risulta nei due casi sopraccitati l'impegno del sistema<br />

nervoso, con riflessi sia sul numero di unità motrici reclutate, sia sui fattori coordinativi.<br />

TECNICA DELLE SINGOLE ESERCITAZIONI<br />

E' molto più importante dire non tanto cosa si deve fare, ma come.<br />

L'intervento addestrativo non deve essere limitato alla sola esecuzione delle<br />

tecniche delle diverse specialità dell’atletica leggera, o delle altre discipline<br />

sportive, ma alla didattica, alla tecnica ed al ritmo esecutivo delle singole<br />

esercitazioni.<br />

Ad esempio, se voglio potenziare gli stessi muscoli non in maniera così<br />

dinamica ed eseguire un gesto più semplice e non complesso come quello della<br />

corsa, posso impiegare un esercizio localizzato; dalla stazione eretta l'atleta esegue<br />

delle flessioni verso il petto di un arto flesso e con una cavigliera al piede; l'arto<br />

portante deve essere ritto, altrimenti i glutei si sbloccano immediatamente.<br />

Se lo esegue bene, dopo tre, quattro, mesi correrà in una posizione così alta,<br />

che non potevamo immaginare; ricordiamoci che non sono i piedi che<br />

mantengono alto il bacino, ma i glutei.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 76


Inoltre, è importante che i ragazzi non eseguano i movimenti in maniera<br />

affrettata, ma nella loro giusta ampiezza, creando così le pretensioni muscolari e le<br />

situazioni biomeccaniche più favorevoli sotto il profilo tecnico-dinamico.<br />

Nelle accelerazioni debbono capire e "sentire" la differenza tra muoversi ed<br />

allontanarsi il più rapidamente possibile dalla linea di partenza, come pure davanti<br />

ad un ostacolo, anche se molto basso, debbono vincere l'istinto che li porta a<br />

togliere anzitempo da terra l'arto di stacco; è un errore che si riscontra<br />

frequentemente e non solo negli ostacoli.<br />

In ultima analisi, se non acquisiscono, nel primo stadio del processo di<br />

allenamento, tali particolari sensibilità, i cosiddetti "fondamentali" dell'atletica<br />

leggera, sarà, poi, molto difficile per loro apprendere e consolidare la tecnica di<br />

qualsiasi specialità.<br />

SIGNIFICATO DELLE ESERCITAZIONI<br />

Ogni esercitazione può avere diverse funzioni a seconda dell'interpretazione<br />

che le diamo.<br />

Ad esempio, il lavoro ritmico con un passo tra gli ostacoli distanti m. 3,5, è<br />

spostato sulla frequenza, ma se la distanza è di 4 - 4,5 m., diventa anche una<br />

esercitazione di forza.<br />

Inoltre, la stessa esercitazione può essere utilizzata a scopi addestrativi, o<br />

allenanti; in questo secondo caso, se, ad esempio, prendiamo in considerazione lo<br />

skip, occorre quantificare il tempo e/o il numero delle toccate (4 x 50 toccate,<br />

ecc.).<br />

VALIDITA' DEI MEZZI E DELLE METODOLOGIE<br />

Sull'utilizzo degli innumerevoli mezzi e metodologie a disposizione<br />

dell'insegnante, non si può procedere per "mode" e, quindi, non impiegare, o<br />

abbandonare, quelli ritenuti dannosi, o superati; ciascun mezzo può essere<br />

efficace, o meno, a seconda di come e su chi viene impiegato.<br />

Un esempio classico è l'uso dei sovraccarichi, i cosiddetti pesi; ci sono<br />

insegnanti e tecnici che si vantano di non averli mai impiegati, come se fossero<br />

sicuramente pericolosi, mentre sappiamo bene che esercizi a carico naturale, svolti<br />

in modo errato, possono causare danni, ad esempio, alla colonna vertebrale,<br />

rispetto a un mezzo squat eseguito in maniera tecnicamente corretta al carrello<br />

guidato.<br />

Non si può affermare che la pliometria faccia sicuramente male; certo, se la<br />

utilizzo in maniera esagerata e con un ragazzo di 12-13 anni, posso causargli dei<br />

guai.<br />

Altro esempio.<br />

Quando furono introdotti gli esercizi di allungamento in forma statica, subito<br />

eliminate le oscillazioni, gli slanci, i molleggi, le circonduzioni; tutti fermi, appoggiati<br />

alle pareti, alle travi degli ostacoli delle siepi, anche per un tempo eccessivo.<br />

Tra l’altro, le ultime ricerche evidenziano che prima di una gara di sprint, ad<br />

esempio, non è consigliabile allungare eccessivamente, in modo passivo, la<br />

muscolatura interessata, per non compromettere la prestazione.<br />

Per concludere, si debbono scegliere le esercitazioni ed i metodi più utili alla<br />

preparazione degli allievi.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 77


SPERIMENTAZIONI CORRETTE<br />

Spesso ci illudiamo, o abbiamo la presunzione di aver scoperto metodologie<br />

sconosciute e miracolose; ormai la cultura specifica è universale.<br />

Le sperimentazioni individuali sono assolutamente legittime; occorre, però,<br />

che le esperienze siano verificate e collaudate con dati obbiettivi e su un congruo<br />

numero di atleti, prima di poter affermare che si è trovata una nuova strada nel<br />

campo del training.<br />

Un semplice esempio; i 13 metri dalla partenza alla prima barriera dei 100 HS<br />

vengono coperti dalle migliori atlete del mondo con 8 passi; ebbene, perché<br />

pretendere 7 passi da una cadetta di 14 anni, che non ha la struttura e le capacità<br />

fisiche e tecniche delle prime?<br />

E’ difficile che arrivi a staccare alla giusta distanza e rischia di farsi male.<br />

Ma c’è qualcuno che lo propone.<br />

Oppure, posizionare i due blocchi di partenza quasi sulla stessa linea e<br />

vicinissimi alla partenza, creando un situazione di poco equilibrio al “pronti” e scarsa<br />

efficacia dei primi passi dell’accelerazione.<br />

Mettere gli ostacoli troppo vicini non favorisce sicuramente l’incremento della<br />

frequenza e comporta gravi problemi alla tecnica di superamento.<br />

Ugualmente, se vengono posizionati più distanti della misura di gara, non si<br />

ottiene una relativa, maggiore, ampiezza dei tre passi, come erroneamente si<br />

potrebbe credere, ma uno stacco più lontano e una più lunga e dannosa fase di<br />

volo, con negative ripercussioni alla discesa e alla ripresa della corsa.<br />

In conclusione, è meglio seguire le metodologie consolidate e, soprattutto,<br />

usare il buon senso.<br />

Luigi Beccali, oro nei 1500 metri alle Olimpiadi di Los Angeles 1932.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 78


IL CARICO<br />

La maggior difficoltà e, quindi, il principale impegno che il tecnico è chiamato<br />

ad affrontare è trovare il giusto carico per il suo atleta, dalla singola seduta fino<br />

all’intero programma annuale.<br />

Le sue conoscenze scientifiche, didattiche, metodologiche, la sua crescente<br />

esperienza, gli debbono consentire di “cucire addosso a ciascuno il suo vestito”,<br />

come un bravo sarto.<br />

Di solito per carico si intende la misura quantitativa del lavoro di allenamento<br />

svolto.<br />

Si usa distinguere i concetti di carico esterno, carico interno e carico<br />

psicologico.<br />

Il primo è la quantità di lavoro svolto, il secondo è l'effetto che ha<br />

sull'organismo ed il terzo è come viene vissuto psicologicamente dall'atleta.<br />

Gli indici generali più utilizzati del carico di allenamento sono la quantità (o<br />

volume) ed intensità.<br />

Per quantità si intende il totale delle prove in cui vengono ripetute una, o più<br />

esercitazioni (ad esempio il numero dei lanci effettuati, o dei salti, i chilogrammi<br />

sollevati, i chilometri percorsi ecc.).<br />

L'intensità, invece, definisce "come" l'esercizio viene svolto, la qualità<br />

dell'impegno muscolare e nervoso richiesto all'atleta (ad esempio la velocità di<br />

percorrenza, o di esecuzione) e, di solito, viene espressa in percentuale.<br />

Quando, in una prova sui 400 piani, diciamo all'atleta di correre al 90%,<br />

significa che deve impiegare un tempo pari al 90% della sua migliore prestazione;<br />

se, ad esempio, ha 50"0, deve ottenere 55"5.<br />

Oppure i 60 kg sollevati dall'atleta con un record personale di 100 kg stanno<br />

ad indicare che ha svolto quel determinato gesto al 60% del suo massimo, ad una<br />

intensità, quindi, del 60%.<br />

LA PAUSA<br />

Nel rapporto tra quantità ed intensità ha un ruolo fondamentale la pausa, o<br />

tempo di recupero tra le varie prove.<br />

Se, infatti, desideriamo privilegiare la quantità, l'intensità non deve essere<br />

elevata e le pause sono brevi; se, per contro, vogliamo che l'intensità sia alta, o<br />

massimale, le prove debbono essere poche e le pause lunghe, o complete.<br />

Durante il recupero l'atleta non deve assolutamente stare fermo, ma muoversi,<br />

eseguendo semplici andature, esercizi di allungamento, o di scarico della colonna,<br />

se svolge un lavoro di pesistica, o di balzi.<br />

Questo è molto importante, soprattutto quando la temperatura esterna è<br />

bassa.<br />

A seconda dei valori della quantità e dell'intensità, il carico di un allenamento<br />

può essere elevato, medio, basso.<br />

Ovviamente, questa modulazione del carico va strettamente personalizzata e<br />

non è certo un compito facile, perché, ad esempio, un lavoro che sulla carta ci<br />

sembra pesante, si può rivelare, invece, discretamente sopportabile e viceversa;<br />

anche in questo caso conta l'esperienza e la continua ed attenta valutazione degli<br />

effetti dei vari mezzi sull'atleta.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 79


In un micro ciclo settimanale, con almeno cinque allenamenti, l’andamento<br />

del carico deve essere ondulatorio e lo si ottiene alternando sedute più impegnative<br />

con altre più blande, favorendo, attraverso l’impegno alternato di differenti sistemi<br />

ed apparati dell’organismo, la realizzazione dei fenomeni di supercompensazione<br />

già in questo ristretto ambito temporale.<br />

LA DIREZIONE DEL CARICO<br />

Presuppone la classificazione degli esercizi in gruppi, a seconda del grado<br />

della loro influenza sullo sviluppo di questa o quella capacità motoria, tenendo<br />

conto delle fonti specifiche di produzione dell’energia di carichi di diversa intensità<br />

e durata.<br />

Per il controllo e la pianificazione del carico è necessario considerare le<br />

seguenti componenti:<br />

1) durata dell’esercizio<br />

2) intensità dell’esercizio<br />

3) durata del recupero tra le prove (ripetizioni)<br />

4) carattere del recupero<br />

5) numero delle prove (ripetizioni)<br />

6) la capacità di carico, ovvero la somma di tutti gli sforzi che l’organismo può<br />

sopportare senza alterazioni alla salute e allo stato di benessere.<br />

LO SCARICO<br />

Ogni ciclo di allenamento termina con alcuni giorni detti di “scarico”, nei<br />

quali viene ridotta la quantità, ma resta elevata l’intensità, così che possano<br />

realizzarsi le spinte di supercompensazione, che permettono all’atleta di trovarsi in<br />

una condizione più brillante alla ripresa del ciclo successivo.<br />

Ed è sempre alla fine di un periodo di scarico che l’atleta gareggia.<br />

L’olandese Francina Elsje “Fanny” Balnkers-Koen, alle Olimpiadi di Londra 1948 ha vinto 4 medaglie<br />

d’oro( m. 100, m. 200, m 80HS, staffetta 4 x 100).<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 80


La tecnica<br />

PRIMO OBIETTIVO TECNICO: LA CORSA<br />

La corsa, nonostante sia per l’uomo un’attività istintiva e naturale, presenta<br />

una obiettiva complessità meccanica.<br />

Da questo punto di vista è assimilabile alla successione di rimbalzi di un corpo<br />

elastico in cui si possono distinguere una fase aerea ed un tempo di contatto.<br />

La meccanica della corsa, quindi, può essere esemplificata attraverso<br />

l’immagine di un pallone che rimbalza al suolo.<br />

Per questo motivo nella corsa, come nel rimbalzo del pallone, la fase di<br />

accumulo e di conseguente restituzione di energia elastica consente un consistente<br />

risparmio energetico.<br />

Le fasi principali della corsa sono:<br />

1) fase di appoggio singolo<br />

2) fase di volo<br />

Nella fase di contato si possono distinguere tre momenti:<br />

A) piegamento-ammortizzazione<br />

B) sostegno<br />

C) raddrizzamento-estensione<br />

La rilevanza che assume la fase di contatto risiede nel fatto che, da tutto ciò<br />

che in essa avviene, dipende l’efficacia dell’impulso che accelera il corpo<br />

dell’atleta ed il suo lineare procedere e che tutto quanto si compie nella fase aerea<br />

ne è l’immediata e diretta conseguenza.<br />

La fase di contatto rappresenta il momento di realizzazione dell’impulso al<br />

quale concorrono l’arto in appoggio, quello libero e le braccia.<br />

L’azione, o movimento, che l’arto inferiore sviluppa nel momento<br />

dell’appoggio al suolo, rappresenta un vero e proprio rapido molleggio, nel quale,<br />

però, per la breve durata di pochi centesimi di secondo, si evidenziano<br />

fenomenologie ricche di passaggi delicati e rilevanti.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 81


Nella fase di volo si evidenziano i movimenti di recupero degli arti inferiori, per<br />

creare l’alternanza della loro funzione.<br />

Per comprendere l’importanza di quanto affermato, basta ricordare che<br />

l’energia sviluppata dagli arti inferiori, durante i movimenti di impulsione, viene<br />

utilizzata non solo per propellere il corpo, ma anche per recuperare se stessi.<br />

Il corpo in aria diviene condizione determinante il mantenimento<br />

dell’equilibrio dinamico delle masse, per consentire al baricentro di spostarsi<br />

secondo una traiettoria già determinata allo stacco da terra.<br />

In questo momento l’atleta non può far nulla per tentare di accelerare il<br />

proprio corpo, o di correggere eventuali errori commessi in fase di contatto.<br />

Può, semmai, solo compromettere la scorrevolezza, la fluidità e la continuità<br />

del suo procedere, quindi la sua velocità.<br />

Le braccia oscillano in ordinazione incrociata con il movimento delle gambe.<br />

Alle oscillazioni avanti e indietro, corrispondono rispettivamente la flessione e<br />

l’estensione degli arti inferiori opposti.<br />

In sintesi, sul distacco del piede dal suolo, i due punti di massima divaricazione<br />

delle gambe e di massima oscillazione delle gambe e di massima oscillazione delle<br />

braccia, pur coincidenti, sono raggiunti dagli arti dei lati opposti.<br />

Viste di fronte, le braccia si muovono su due piani paralleli ed aderenti al<br />

tronco; viste di fianco, risultano più chiuse, o più aperte, al gomito, a seconda che si<br />

trovino nella parte anteriore, o posteriore, dell’oscillazione.<br />

Quando il braccio viene avanti, l’angolo al gomito si chiude al di sotto dei 90°<br />

e la mano è all’altezza dell’occhio; quando il braccio va indietro, l’angolo al gomito<br />

si apre oltre i 90°.<br />

Il busto, durante tutto il suo percorso, in fase aerea e di contatto, rimane<br />

pressoché nella medesima posizione di leggera inclinazione in avanti.<br />

Rendimento e costo energetico della corsa<br />

Il rendimento muscolare in situazioni di attivazione naturale risulta essere di<br />

circa il 25% (Cavagna e coll. 1964), tuttavia nella corsa il rendimento raggiunge<br />

percentuali di circa 40-50%, mentre in altre attività muscolari come il ciclismo questa<br />

percentuale raggiunge solamente circa il 20% (Gaesser e Brooks,1975).<br />

Questo aumentato rendimento muscolare nel caso della corsa sembra essere<br />

attribuibile alla restituzione di energia elastica che avviene durante la<br />

biomeccanica della corsa stessa.<br />

Nella fase eccentrica infatti viene accumulata energia elastica nella<br />

componente elastica seriale (essenzialmente il tendine e la parte S2 della miosina)<br />

della muscolatura che viene sottoposta ad allungamento, energia che viene poi<br />

restituita sotto forma di lavoro meccanico potenziando la successiva fase<br />

concentrica.<br />

Il recupero dell’energia elastica immagazzinata nella fase eccentrica<br />

permetterebbe quindi una diminuzione della spesa energetica (Cavagna e coll.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 82


1964, Cavagna e coll. 1968, Shorten 1987); inoltre, il ruolo svolto dal recupero di<br />

energia elastica sarebbe ancor più rilevante a velocità di corsa elevate (Bosco e<br />

Rusko 1983).<br />

La frequenza e l’ampiezza del passo<br />

Il controllo della frequenza e dell’ampiezza del passo sono parametri<br />

fondamentali nella valutazione dell’andamento generale della corsa, e<br />

costituiscono un aspetto assai importante al fine di ottenere un tipo di corsa il più<br />

economico possibile che permetta di realizzare la più alta velocità media in<br />

rapporto alla distanza da percorrere.<br />

La velocità di corsa è il risultato del prodotto della lunghezza e della<br />

frequenza del passo, come abbiamo già detto.<br />

La ritmica<br />

Correre bene significa, altresì, saper modulare, a diverse velocità, i parametri<br />

ritmici del gesto, passare, cioè, dall’ampiezza alla frequenza e viceversa in maniera<br />

fluida, variando gli impegni neuromuscolari, senza turbare l’assetto di corsa, in ultima<br />

analisi acquisire l’abilità ad utilizzare questi due parametri in rapporti diversi non solo<br />

per sviluppare velocità differenti, ma anche uguali.<br />

Ad esempio se nei 100 piani l’atleta impiega 11”0 con 45 passi, la sua<br />

velocita’ media e’ di 9, 09 m/s, l’ampiezza media di m. 2,22 e la frequenza media di<br />

4,09; se fa sempre 11”0, ma con 46 passi, la velocita’ media e’ ancora 9,09, ma<br />

l’ampiezza media e’ di m. 2,17 e la frequenza media di 4,18 (cambiano entrambi i<br />

parametri).<br />

Vediamo, ora, il caso di velocita’ diverse; nei 400 HS, se un atleta percorre tutti<br />

gli intervalli con 15 passi, i tempi tenderanno a salire, con conseguente discesa della<br />

velocità, frutto di un’ ampiezza costante e di una frequenza che diminuisce<br />

(cambia un parametro).<br />

L’ acquisizione di una corretta tecnica e ritmica della corsa è una premessa<br />

ineliminabile per l’apprendimento di tutte le altre specialità, non solo di corsa, ma<br />

dei salti, dei lanci e delle altre discipline sportive.<br />

Di qui la necessità di un precoce sviluppo della sensibilità relativa a tempi ed<br />

intensità di impulsione, prima che essa sia sovrastata dalla sensazione di velocità.<br />

Occorre acquisire l’abilità a correre di piede, di coscia, in curva, in salita, in<br />

discesa, a velocità diverse, alternando forti impulsi alla decontrazione.<br />

Spesso, quando l’atleta si infortuna nella parte posteriore della coscia<br />

nell’effettuazione di una prova di velocità, si cerca la causa in un insufficiente<br />

riscaldamento; invece, quasi sicuramente, è riconducibile ad un movimento errato<br />

nella meccanica della corsa, tanto è vero che l’incidente può verificarsi anche<br />

quando l’atleta è ben riscaldato.<br />

Con i più giovani è fondamentale porre l’attenzione soprattutto sull’ampiezza,<br />

il cui sviluppo presuppone la capacità di sfruttare appieno il livello di forza<br />

individuale, e, quindi, sentire i rimbalzi.<br />

Questa ampia padronanza tecnico-ritmica della corsa, consentirà, inoltre,<br />

all’atleta di adattarla alle diverse esigenze tecnico-tattiche delle varie specialità di<br />

corsa (velocità – mezzofondo – fondo – maratona) e nei salti per una ottimale<br />

rincorsa, per avere sempre il miglior rendimento prestativo.<br />

Prendiamo, ad esempio, la corsa tra le barriere dei 110 HS.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 83


La distanza è fissa, quindi, i tre passi devono avere una giusta, se pur diversa<br />

tra loro, ampiezza, per arrivare all’ottimale distanza di stacco.<br />

Perciò il ginocchio non può salire come nello sprint ed anche il movimento<br />

delle braccia è meno ampio.<br />

Invece, la corsa delle ostacoliste dei 100 HS si avvicina molto a quella sul<br />

piano.<br />

Nella realtà, però, si nota una scarsa<br />

attenzione alla cura di questo importantissimo<br />

fattore.<br />

Ad esempio, nelle specialità di<br />

mezzofondo e fondo, non si deve lavorare,<br />

quasi esclusivamente, sull’aspetto organico e<br />

metabolico; sarebbe come avere un motore<br />

forte e le ruote con le gomme sgonfie, con<br />

evidenti, negative, ripercussioni sulle<br />

prestazioni.<br />

Curando l’appoggio del piede,<br />

migliorandone il rimbalzo, si possono<br />

guadagnare, poniamo, 2 centimetri al passo:<br />

pensiamo a come si tradurrebbe questo<br />

piccolo incremento sugli 800, i 1500, i 5000,<br />

ecc.: tra l’altro, senza ulteriore costo<br />

energetico, ma sfruttando solo una<br />

caratteristica muscolo-tendinea.<br />

E’ un discorso semplice, logico,<br />

evidenziato nella letteratura specifica,<br />

ribadito nei convegni, negli incontri, ma<br />

ancora troppo spesso disatteso.<br />

Per alcuni tecnici è più facile e<br />

semplicistico proporre, quasi esclusivamente,<br />

prove di corsa nelle più svariate combinazioni.<br />

Poi, però, non si può pretendere che<br />

l’atleta sia capace di effettuare variazioni di<br />

velocità, soprattutto nei finali di gara, se ha<br />

piedi poco reattivi e non sa gestire al meglio<br />

la frequenza e l’ampiezza del passo.<br />

Gelindo Bordin, campione olimpico nella<br />

maratona a Seul, 1988.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 84


L’ARTO LIBERO<br />

In tutti i gesti che prevedono l’azione propulsiva di un arto nella fase cruciale,<br />

di fondamentale importanza è la funzione dell’arto libero, che basa la sua struttura<br />

su alcuni fattori decisivi, quali: la coordinazione, la sincronia, con la quale la<br />

muscolatura cambia l’intensità, la quantità e la direzione del movimento, l’elevata<br />

precisione dei messaggi nervosi specifici e la precisa collocazione nello spazio<br />

rispetto al resto del corpo.<br />

Si può, quindi, evincere che sia l’arto di stacco, sia l’arto libero, nei loro<br />

movimenti sono vincolati da una precisa strutturazione dello spazio, per occupare<br />

una corretta posizione, e del tempo, per entrare nel movimento con la giusta<br />

sequenza ritmica.<br />

L’arto libero ha una funzione di guida e di concorso alla giusta ampiezza del<br />

gesto.<br />

Nella corsa la spinta dell’arto in appoggio porterebbe l’atleta verso l’altoavanti,<br />

se non ci fosse l’azione in avanti di coscia-ginocchio dell’arto libero.<br />

Nel salto in alto, con la tecnica Fosbury, l’arto libero contribuisce<br />

all’elevazione e ruota il corpo in modo da presentare la schiena parallela<br />

all’asticella.<br />

Nel salto in lungo, allo stacco, indipendentemente dalla tecnica usata in volo,<br />

l’arto libero è proiettato flesso in avanti.<br />

Nel lancio del disco l’arto libero guida l’azione del giro.<br />

Quando il portiere di calcio effettua una presa alta del pallone, l’arto libero<br />

contribuisce ad alleggerire quello in appoggio, consentendo una maggiore<br />

elevazione, e così nel basket, ecc.<br />

Vediamo l’azione dell’arto libero in alcune specialità.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 85


LA DISTRIBUZIONE DELLO SFORZO<br />

E’ un’abilità trasversale, perché richiede il contemporaneo intervento di vari<br />

sistemi ed apparati dell’organismo.<br />

Questo principio di economizzare al meglio le energie deve essere applicato<br />

a tutte le attività, dalla prova di gara alla semplice andatura; a tale proposito<br />

ricordiamo che la tecnica migliore è anche quella più economica.<br />

Richiede all’atleta molta attenzione e sensibilità; ovviamente, soprattutto<br />

all’inizio, l’insegnante deve aiutarlo, dandogli precisi riferimenti.<br />

In una prova di potenza aerobica sui 600 m., gli comunicherà i tempi di<br />

passaggio ogni 100, o 200 m; in un 400, oltre al tempo per ogni frazione (100. o 200),<br />

conterà il numero dei passi sul primo e sul secondo rettilineo.<br />

Il rilevamento dei tempi intermedi può fornire, altresì, utili indicazioni sul risultato<br />

che l’atleta potrebbe ottenere in gara.<br />

Ad esempio due atleti hanno fatto segnare entrambi 16”0 sui 150, così<br />

suddivisi nelle tre frazioni di 50 metri: atleta A: 6”0-5”0-5”0; atleta B: 5”8-5”0-5”2; se ne<br />

ricava che in competizione sui 200 metri farebbe registrare una migliore prestazione<br />

l’atleta A, che non evidenza un calo nel terzo 50, rispetto all’atleta B.<br />

Inoltre. Il quattrocentista ad ostacoli che passa da una ritmica iniziale più<br />

ampia ad una più frequente (es. 14 passi fino al 7° ostacolo, poi 15 fino al 10°), in<br />

una prova di 300 metri sul piano correrà in maniera ampia i primi 250 m., e frequente<br />

gli altri 50.<br />

Pertanto, se l’atleta verrà educato a farlo, potrà modulare una corretta<br />

distribuzione delle energie anche in gara e la competizione emblematica in tal<br />

senso sono i 400 metri, nei quali è richiesta una elevatissima intensità dello sforzo per<br />

un tempo relativamente lungo.<br />

Nel corso della prova l’atleta, con una appropriata tecnica e ritmica di corsa,<br />

deve cercare di sviluppare la velocità media più elevata.<br />

Un avvio con impegno controllato e ridotto che prosegua in una<br />

accelerazione lunga e sfumata, è da preferire all'altro più violento e veloce, poiché<br />

permetterebbe di prolungare l'autonomia della riserva energetica "alattacida" ritardando<br />

e riducendo, verosimilmente, l'attivazione del processo glicolitico, con gli ovvi<br />

vantaggi di un più lento accumulo di lattato.<br />

Non si dimentichi che la maggior quantità di energia anaerobica "alattacida"<br />

viene consumata, da uno sprinter, proprio nella fase di accelerazione, a causa del<br />

massiccio reclutamento di fibre, necessario per spostare rapidamente la sua massa<br />

corporea.<br />

Una volta messosi in moto il costo energetico scende il rendimento cresce per la<br />

utilizzazione della forza "elastico-riflessa" che consente di recuperare e sfruttare,<br />

durante la spinta degli arti inferiori, parte dell'energia cinetica che la stessa<br />

muscolatura antigravitazionale ha accumulato nell' ammortizzazione.<br />

Per valutare nel dettaglio il suo andamento occorrerebbe rilevare i tempi<br />

parziali impiegati a percorrere le diverse frazioni di 50 metri.<br />

Ora, pur tenendo nella dovuta considerazione le difficoltà organizzative e<br />

pratiche riscontrabili nell’effettuare tale rilevamento, è, però, innegabile la<br />

constatazione che la maggior parte degli allenatori ignora i tempi parziali dei propri<br />

atleti in più gare di 400 metri, perché considera tale riscontro poco importante.<br />

Invece, il sistematico ricorso a questo tipo di misurazione, dimostra<br />

continuamente come la modalità di distribuzione della velocità e, quindi, delle<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 86


energie, riveste una notevole importanza per una eccellente prestazione<br />

cronometrica su tale gara.<br />

Perciò il rilevamento dei tempi parziali e la relativa valutazione tecnicomatematica<br />

ci consentono di individuare uno tra i fattori che determinano la<br />

prestazione complessiva, permettendoci, così, di concentrare, con più affidabilità,<br />

l’attenzione sugli altri elementi.<br />

I dati statistici dimostrano che i più<br />

grandi risultati mondiali sui 400 metri sono<br />

scaturiti da differenze, tra la prima e<br />

seconda parte di gara, uguali o inferiori ai 2<br />

secondi (ad esempio, 21”5 + 23”5, per un<br />

totale di 45”0).<br />

Spingendo oltre queste<br />

considerazioni, si può affermare che<br />

differenziali di 1”5 – 2 sono ancora eccessivi<br />

e dimostrano uno spreco iniziale di energie<br />

esagerato, che fa peggiorare il risultato<br />

finale.<br />

Tra gli altri ricordiamo che il 44”26 del<br />

cubano Alberto Juantorena (vincitore dei<br />

Michael Johnson.<br />

400 alle Olimpiadi di Montreal – 1976) deriva da 21”72 + 22”54, con un differenziale<br />

di 0”82, o il 45”93 di Mauro Zuliani (è stato primatista italiano con 45”26) nelle<br />

semifinali delle Olimpiadi di Mosca – 1980, con un differenziale di 0”10.<br />

Nel suo record mondiale di 43”18, del 26 agosto 1999 a Siviglia, Michael<br />

Johnson ha corso i primi 100 metri in 11”10, i 200 in 21”22, i 300 metri, in 31”66, con<br />

l’ultimo 100 in 11”52; perciò il 2° 200 è stato corso in 21”96, con un differenziale di<br />

0”74.<br />

C’è, quindi la convinzione che si possa ripartire addirittura meglio la velocità<br />

tra la prima e la seconda metà gara, fino a conseguire parziali uguali tra loro.<br />

Tuttavia, lo stesso differenziale tra i primi e i secondi 200 metri è, in realtà, poco<br />

significativo, se non si conoscono i tempi in cui vengono corse le frazioni di 100<br />

metri che li compongono.<br />

Il tempo sul terzo 100 deve essere molto simile a quello realizzato nel secondo<br />

e il quarto pressoché uguale al secondo.<br />

Da ultimo, una equa ripartizione dello sforzo produce nell’atleta anche un<br />

minor disagio a livello psicologico.<br />

Infatti, un passaggio troppo veloce ai 200 metri, con inevitabile e vistoso calo<br />

nell’ultima parte, sottopone l’atleta ad un notevole stress psico-fisico di<br />

sopportazione della fatica.<br />

Al contrario, un passaggio relativamente più blando e meglio ripartito, nel<br />

quale l’atleta non deve lasciarsi impressionare dal possibile svantaggio nei confronti<br />

degli altri concorrenti, gli consente di ridurre sensibilmente il calo nell’ultima parte e<br />

venir fuori in bella, seppur relativa, progressione nel rettilineo finale, recuperando<br />

posizioni; tutto ciò gli crea una stimolante sensazione psicologica.<br />

Passiamo ai 200 metri; in questa gara l’atleta raggiunge una maggiore<br />

velocità media, dovuta al fatto che, nella seconda metà, è già lanciato, ma non<br />

sviluppa punte elevate, come nei 100.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 87


D’altra parte, se percorresse troppo velocemente i primi 100, consumerebbe<br />

eccessive energie nervose e, di conseguenza, nel secondo tratto, la sua velocità si<br />

ridurrebbe fortemente.<br />

Per attuare una buona distribuzione, quindi, nella prima parte, dovrebbe<br />

impiegare un tempo superiore di circa 4 decimi rispetto al suo personale sui 100,<br />

dovuti alla curva e ad un impegno più ridotto.<br />

Ricordiamo che in curva lo sprinter, per un assetto di corsa poco lineare,<br />

subisce una, sia pure limitata, dispersione di spinta.<br />

Tra i primi e i secondi 100 è buono un differenziale compreso tra 8 e 10 decimi.<br />

Tuttavia è superficiale ed insufficiente stabilire solamente in quanto l’atleta<br />

debba correre i primi 100; occorre, invece, analizzare come questo tempo viene<br />

ottenuto e, perciò, osservare la tecnica e la fluidità della corsa, prendere il tempo e<br />

controllare il numero dei passi.<br />

Il modo migliore e più economico per realizzare il tempo di passaggio previsto<br />

è di compiere un numero di passi pressoché uguale a quello che effettua nei 100,<br />

ma con una frequenza leggermente inferiore.<br />

Nel suo straordinario record del mondo in 19”19, Usain Bolt ha corso i primi 100<br />

metri in 9”92, i secondi in 9”27, quindi il differenziale tra le due metà gara è stato di<br />

0”65.<br />

Nel suo record mondiale di 19”72, realizzato nel 1979 a Città del Messico,<br />

Pietro Mennea ha corso i primi 100 in 10”32, con un differenziale di 0”92.<br />

Come ci insegna il prof. Vittori, moltiplicando il personale sui 100 e togliendo a<br />

Usain Bolt<br />

questo 0”24 (il cronometraggio<br />

elettrico deve pesare solo una<br />

volta) si ottiene verosimilmente il<br />

tempo che un velocista di valore<br />

e ben preparato dovrebbe<br />

ottenere sulla distanza doppia dei<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 88<br />

200.<br />

calcolo:<br />

Proviamo a fare questo<br />

9”58 +9”58 = 19”16<br />

19”16 – 0”24 = 18”92<br />

Mennea è rientrato pienamente in questi parametri, perché il suo personale<br />

sui 100 è di 10”01, quindi, applicando la formula precedente, si ottiene:<br />

10”01 +10”01 = 20”02<br />

20”02 – 0”24 = 19”78<br />

Occorre distribuire bene anche in una gara breve come i 100 metri piani.<br />

L’atleta non deve sprecare una quantità eccessiva di energie nervose,<br />

correndo la prima frazione di gara ad una altissima frequenza dei passi, perché ciò<br />

comporta un inevitabile calo nella seconda parte, in cui l’aumento dell’ampiezza<br />

non compensa la decisa caduta della frequenza;


Pietro Mennea – Oro nei 200 a Mosca 1980,<br />

record del mondo sui 200 con 19”72.<br />

piuttosto deve impostare la sua<br />

ritmica di corsa sulla più grande<br />

ampiezza dei movimenti<br />

propulsivi e su una frequenza di<br />

poco inferiore alla massima.<br />

In tal modo svilupperà<br />

rapporti sempre più lunghi, fino l<br />

momento in cui la velocità si<br />

stabilizzerà (40 – 45 metri, circa).<br />

Pertanto, per migliorare la<br />

velocità media, deve:<br />

A aumentare l’ampiezza<br />

del passo;<br />

B) ricercare una<br />

frequenza più elevata<br />

possibile, che, però, rimanga pressoché costante per tutta la gara.<br />

Portando il discorso sul piano pratico, possiamo affermare che il differenziale<br />

tra i primi e i secondi 50 m. deve essere di circa 1 secondo con un crono manuale,<br />

1”25 con quello elettrico.<br />

In occasione del record del mondo del giamaicano Usain Bolt, che corso la<br />

distanza nel fantastico tempo di 9”58, i primi 50 metri sono stati corsi in 5”47, i<br />

secondi in 4”11, con un differenziale di 1”36.<br />

La punta massima di velocità è stata raggiunta fra i 60 e i 70 metri (0”81), con<br />

una velocità di 12,34 metri al secondo, equivalenti a 44,44 chilometri orari.<br />

Ha impiegato 41 passi in totale, con un’ampiezza media di m. 2,44.<br />

Il dato, invece, che ha dell'incredibile è l'ampiezza sviluppata negli ultimi 50<br />

metri.<br />

Ha coperto la distanza in 18 passi esatti (l'ampiezza di una balzata per<br />

intenderci) che equivale ad una lunghezza media del passo di 2,78 metri ad una<br />

velocità di 12,17 metri al secondo e ad una frequenza di 4,37 p/s.<br />

Ventitré i passi per coprire i primi 50 metri, che, per intenderci, significa fare<br />

poco meno di 26 passi sui 60 metri.<br />

E se consideriamo che questo, Bolt, lo ha fatto correndo in 6”29, ci rendiamo<br />

conto di quanto la sua impresa è stata straordinaria.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 89


IL MODELLO DI PRESTAZIONE<br />

Prima di stilare il piano di lavoro per una determinata disciplina sportiva, o<br />

specialità dell’atletica leggera, occorre formulare il modello di prestazione, che è<br />

l'insieme dei diversi elementi che la costituiscono, analizzati dal punto di vista<br />

antropometrico, biomeccanico, tecnico, tattico, bio-fisiologico (soprattutto nel suo<br />

aspetto bioenergetico), psicologico, ecc.<br />

Dopodiché si sceglieranno, per ciascun parametro, i mezzi e le metodologie<br />

più idonei alle caratteristiche degli atleti, che evidenziano le biotipologie più adatte<br />

alle varie specialità.<br />

E’ chiaro, poi, che l’atleta interpreterà personalmente l’aspetto, tecnico,<br />

ritmico, ecc.<br />

Questa prassi deve essere sempre seguita, per improntare il nostro lavoro a<br />

quei criteri di razionalità e rigore scientifico, che debbono, necessariamente,<br />

caratterizzare qualsiasi attività si intenda svolgere con scrupolosa serietà.<br />

Dobbiamo cucire addosso a ciascuno il vestito della sua misura e taglia.<br />

Proponiamo l’esempio riferito alla corsa ad ostacoli.<br />

CORSA AD OSTACOLI TECNICA<br />

I dati antropometrici<br />

DATI ANTROPOMETRICI<br />

CAPACITA’ FISICHE<br />

RITMICA<br />

BIOENERGETICA<br />

ASPETTI PSICOLOGICI<br />

Per i 110 HS sono da preferire atleti longilinei, dalle lunghe leve inferiori; se già<br />

da giovani non presentano queste caratteristiche, non bisogna farsi illudere da<br />

eventuali ottimi risultati con gli ostacoli relativamente bassi, come quelli previsti per<br />

la categoria Allievi.<br />

In campo femminile non vi è una analoga esigenza, poiché gli ostacoli, al<br />

massimo, sono alti m. 0,84.<br />

Nei 400 HS, invece, la struttura influisce solamente sul numero dei passi con cui<br />

l’atleta percorre gli intervalli.<br />

Le capacità fisiche<br />

La forza<br />

Vanno sviluppate le diverse espressioni, in particolare quella esplosivoelastica-<br />

riflessa.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 90


La velocità<br />

Sicuramente questa capacità è fondamentale per ottenere risultati di rilievo,<br />

ma deve adattarsi al meglio alle distanze tra gli ostacoli e coniugarsi con una ottima<br />

tecnica di superamento; nei 100 HS e nei 110 HS si può agire solo sul parametro<br />

frequenza, mentre nei 400 HS su entrambi.<br />

La resistenza specifica<br />

L’atleta deve cercare di ottenere sull’intera distanza di gara la velocità media<br />

più alta, limitando al massimo il calo nell’ultima parte.<br />

Tra gli altri mezzi per svilupparla, nei 100HS - 110HS, si possono utilizzare prove<br />

ritmiche con parecchi ostacoli, tutti e 10, e anche uno, o due, in più.<br />

Nei 400 HS esercitazioni su distanze medie e lunghe di resistenza alla velocità,<br />

senza e con le barriere.<br />

La destrezza<br />

In una specialità così tecnica come questa, soprattutto i 110 HS, in cui un<br />

ostacolo non viene superato in modo uguale ad un altro e ci sono sempre imprevisti,<br />

l’ostacolista deve avere una assoluta padronanza del proprio corpo, una grande<br />

sensibilità motoria.<br />

La mobilità articolare<br />

Si richiede una eccellente mobilità articolare, che interessi tutte le<br />

articolazioni, in particolare quella coxo-femorale.<br />

La tecnica di superamento<br />

Comprende la fase di avvicinamento e presentazione davanti all’ostacolo, il<br />

passaggio vero e proprio ed il primo passo di ripresa.<br />

Sinteticamente questo si deve tradurre nelle seguenti azioni:<br />

- forte spinta dell’arto di stacco;<br />

- attacco con ginocchio alto ed arto flesso;<br />

- tenuta dell’arto di attacco all’atterraggio;<br />

- rientro dell’arto di stacco in linea di corsa, con il ginocchio davanti al petto;<br />

- azione delle braccia naturale e sufficientemente controllata.<br />

La tecnica ottimale di superamento è quella che permette all’atleta di<br />

sfruttare appieno la sua naturale velocità di sprinter.<br />

Pertanto, esiste un modello biomeccanico del passaggio dell’ostacolo, al<br />

quale ogni atleta, a seconda delle proprie caratteristiche, apporterà delle<br />

modifiche, in modo tale da creare una tecnica individuale, che gli permetta<br />

l’esecuzione economica ed efficace del gesto.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 91


Guy Drut, Il campione olimpico dei 110 HS alle Olimpiadi del 1976.<br />

Alcuni fotogrammi di un passaggio completo, analizzato da diverse posizioni.<br />

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La ritmica<br />

E’ “la capacità di interpretare la corsa tra gli ostacoli, ottimizzando i vari fattori<br />

che la compongono ed incorporando nell’azione, in modo armonioso e non<br />

violento, il superamento della barriera, così da non disturbare la continuità del gesto<br />

e rallentare il meno possibile la velocità”.<br />

L’atleta deve arrivare a “sentire musicalmente” il tessuto ritmico della sua<br />

azione, quello che meglio gli permette di esprimersi in mezzo alle barriere.<br />

Pertanto, l’ostacolista deve essere uno sprinter dotato di una raffinata<br />

percezione della musicalità ritmica della propria gara.<br />

Sul piano pratico vengono utilizzati gli esercizi ritmici e ritmici di gara.<br />

Nei primi l’altezza e/o la distanza tra gli ostacoli sono diversi da quelli di gara;<br />

nei secondi le altezze e distanze sono quelle della competizione.<br />

Nei 100 HS – 110 HS il ritmo si sviluppa su tre passi intermedi, nei quali si deve<br />

cercare di incrementare la frequenza.<br />

Nei 400 HS il problema ritmico da risolvere è quello di trovare l’appropriato<br />

numero di passi con cui percorrere i vari intervalli, al fine di affrontare le barriere nel<br />

normale passo di corsa, senza improvvise frenate, o brusche accelerazioni.<br />

La bioenergetica<br />

Conoscere a quali fonti energetiche l’atleta attinge per sviluppare il suo gesto<br />

è fondamentale e condiziona la scelta dei mezzi della preparazione.<br />

Nel caso specifico, i 100 HS e i 110 HS, sono prove prevalentemente<br />

anaerobiche-alattacide, mentre nei 400 HS c’è un considerevole accumulo di<br />

lattato.<br />

L’aspetto psicologico<br />

Tra i fattori che incidono sulla prestazione ci soffermiamo poco, o per nulla, sul<br />

carico psicologico cui è sottoposto l’atleta nel corso della preparazione e prima,<br />

durante e dopo lo svolgimento di una gara ed, invece, è proprio questo aspetto<br />

che spesso limita il risultato, o lo rende più eclatante.<br />

Tornando agli ostacoli, è importante sviluppare nel ragazzo specifiche<br />

sensazioni sulla specialità, cioè fargli comprendere la psicologia della stessa.<br />

Un bravo ostacolista, deve tenere a mente che:<br />

- la corsa ad ostacoli è una gara di sprint;<br />

- è un gesto non naturale che richiede, perciò, una particolare cura tecnica;<br />

- nel superamento non deve immaginare se stesso che salta, o perde l’equilibrio, o<br />

si arresta;<br />

- può urtare l’ostacolo e, a volte, cadere, quindi deve avere coraggio; questa non<br />

è una gara per timorosi.<br />

Pertanto le immagini che il tecnico deve suscitare in lui sono: rapidità,<br />

velocità, equilibrio, grande abilità, “aggredire l’ostacolo”.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 93


La finale dei 60 HS agli assoluti indoor del 2010.<br />

La finale dei 100 HS al Trofeo Marche 9,14 di Osimo del 2010.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 94


L’ALLENAMENTO<br />

L'allenamento è “un processo pedagogico educativo complesso che si<br />

concretizza nell’organizzazione dell’esercizio fisico ripetuto in qualità, quantità ed<br />

intensità tali da produrre carichi progressivamente crescenti in una continua<br />

variazione dei loro contenuti per stimolare i processi fisiologici di<br />

supercompensazione dell’organismo e migliorare le capacità fisiche, psichiche,<br />

tecniche e tattiche dell’atleta, al fine di esaltarne e consolidarne il rendimento in<br />

gara” (Carlo Vittori).<br />

Tutte le forme ed i metodi di allenamento, sviluppati secondo le nozioni<br />

medico-sportive, sono indirizzati verso la salute d il benessere fisico dell’uomo.<br />

Con un allenamento finalizzato non solo si ottengono variazioni ed<br />

adattamenti fisiologici, ma anche psichici.<br />

Quindi si parla anche di un miglioramento psico-fisico e di una disposizione<br />

d’animo verso la prestazione.<br />

Inoltre si ottengono nozioni sui limiti delle proprie capacità di rendimento.<br />

Tutta la personalità dell’uomo, il suo comportamento volitivo, il suo senso di<br />

vita, la sua condizione di vita sono influenzati positivamente dall’allenamento<br />

cosciente.<br />

Allenamento-adattamento-sviluppo<br />

L’allenamento è sempre un processo pedagogico mirato, che tende, cioè, al<br />

raggiungimento di uno scopo.<br />

In questo senso, quindi, significa sempre sviluppo; in primo luogo delle<br />

prestazioni sportive, poi dei fattori che determinano la prestazione e, da ultimo, dei<br />

presupposti che sono alla sua base.<br />

Per esempio, compito dell’allenamento è quello di migliorare la sopportazione<br />

dei carichi.<br />

Specificare questo argomento è importante, perché si può fare dello sport per<br />

divertimento, oppure si possono perseguire degli scopi attraverso l’attività sportiva.<br />

Lo sviluppo, come lo vogliamo noi, è sempre legato all’adattamento; l’uomo,<br />

si sa, riesce ad adattarsi a quasi tutte le situazioni.<br />

Facciamo l’esempio di un pianista; da bambino non sa nemmeno che cosa<br />

sia un pianoforte, ma dopo dieci anni di allenamento, è padrone delle sue dita e<br />

riesce ad eseguire concerti.<br />

Altro esempio, quello del violinista, dove lo spostamento di un millimetro di un<br />

dito determina la variazione di un tono, ma non esiste un violinista che sbagli tono<br />

nel suonare il suo strumento.<br />

Deve, altresì, muoversi ad una velocità che non è riscontrabile in nessuna<br />

attività sportiva, con la precisione di un millimetro.<br />

Molto importante, inoltre, evidenziare che il movimento non viene<br />

determinato soltanto dalle dita, ma si poggia in particolare sul gomito.<br />

Un terzo esempio ce lo offrono le persone non vedenti, che sviluppano,<br />

attraverso un certo tipo di allenamento, la sensibilità nei polpastrelli.<br />

Abbiamo anche esempi che provengono dallo sport; i sollevatori di pesi, o i<br />

ginnasti, fanno attività completamente diverse, e, quindi, devono acquisire abilità<br />

specifiche.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 95


E’ proprio in questa affermazione troviamo la regola che l’adattamento<br />

avviene sempre in direzione degli stimoli dominanti.<br />

Inoltre, i processi di adattamento sono sempre legati alla creazione di squilibri,<br />

quindi ad una strutturazione dinamica dei carichi.<br />

Nell’allenamento ha una importanza fondamentale il fenomeno della<br />

supercompensazione; se pongo uno stimolo, il mio organismo, che è costretto a<br />

vivere in condizioni di equilibrio, per ricrearlo, reagisce con questo fenomeno.<br />

Ma affinché la condizione cresca occorre dare nuovi stimoli nei momenti della<br />

massima compensazione.<br />

Tutti gli organi del corpo vengono attivati molto velocemente, raggiungono<br />

un picco e ritornano verso la fase di equilibrio; è importante sapere che, per i singoli<br />

organi, il tempo di ristabilimento dell’equilibrio è differente.<br />

Molto tempo richiede, ad esempio, la ricostruzione del tessuto connettivo, e,<br />

soprattutto, degli enzimi, i quali sono presenti nuovamente dopo 4 – 5 giorni, al<br />

massimo; perciò, se mi alleno ogni 4-5 giorni, non ottengo nessun risultato, perché mi<br />

ritrovo esattamente al punto di partenza e non ho una sovrapposizione di stimoli.<br />

Pertanto non ha significato allenare i ragazzi solo due volte alla settimana,<br />

perché si hanno degli effetti molto limitati, o addirittura, quasi nulli; dobbiamo,<br />

pertanto, richiedere un minimo di 3 - 5 allenamenti alla settimana.<br />

Occorre anche notare che, a causa dei differenti tempi di ristabilimento dei<br />

singoli organi, un mezzo per questo riequilibrio è dato dalla qualità del lavoro.<br />

Un triplista, ad esempio, non si allenerà mai per tre giorni consecutivi con la<br />

stessa attività; si organizza in modo tale da saltare ogni quattro giorni.<br />

Quindi, quando somministro uno stimolo di allenamento, all’inizio c’è una<br />

corsa all’adattamento e, se non cambiassi nulla, il corpo si adatterebbe a questo<br />

stimolo, per cui non riusciremmo ad avere più nulla da esso.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 96


L’ALLENABILITA’<br />

E’ la capacità di risposta di un individuo ad uno specifico stimolo di<br />

allenamento.<br />

I fattori che la influenzano sono il genotipo, l’età, il sesso, i tempi e i ritmi di<br />

crescita e maturazione, le esperienze precedenti, lo stato del momento, l’ambiente<br />

favorevole.<br />

L’allenamento è un fenomeno reversibile.<br />

Le modificazioni alle risposte a programmi a breve termine sono<br />

generalmente non permanenti; occorre un’attività regolare.<br />

Non bisogna forzare i contenuti, né i tempi di apprendimento e assimilazione.<br />

L’ALLENAMENTO PARTE DALLA TESTA<br />

Prima di addentrarci nel dettaglio delle varie problematiche, dobbiamo<br />

puntualizzare che l’allenamento è un’attività intellettiva, che muove la coscienza<br />

dell’atleta, provoca le giuste motivazioni psichiche, stimola il sistema ormonale.<br />

Questo è l’imput fondamentale che il tecnico deve trasmettere al suo atleta,<br />

cominciando dalla cultura storica della specialità.<br />

Il giovane deve impegnarsi con tutto se stesso per esprimere il meglio delle sue<br />

potenzialità ed essere capace di mettere in correlazione la sua prestazione con il<br />

lavoro che ha compiuto per ottenerla; in ultima analisi, deve diventare il maestro di<br />

se stesso.<br />

Gli strumenti glieli deve dare il tecnico ed in tal modo l’allenamento diventa<br />

educativo.<br />

Una grande prestazione non nasce dai muscoli, che sono dei semplici<br />

esecutori, ma dalla testa!<br />

Non ci si può limitare, ad esempio, a dire all’atleta: “oggi fai 4x150 e poi 3x300<br />

metri”, e lui li esegue diligentemente, senza capirne lo scopo e, quindi, senza averne<br />

l’interesse e la motivazione, ma soltanto come un compito da svolgere.<br />

Armando Filiput, campione europeo dei 400 HS nel 1950<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 97


PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE, GESTIONE DELL’ALLENAMENTO<br />

La programmazione consiste nel definire la strategia di come e quando si<br />

vuole raggiungere l’obiettivo principale e gli scopi secondari di ogni tappa di<br />

lavoro.<br />

L’organizzazione si identifica nella stesura pratica del programma, tenendo<br />

conto, in ogni momento, dello stato e del potenziale di ciascun atleta, degli aspetti<br />

logistici, dei limiti ambientali, ecc. e serve a coordinare la collocazione dei vari<br />

elementi nei cicli di allenamento.<br />

La gestione altro non è che l’utilizzo pratico dei mezzi scelti, il controllo e la<br />

misurazione dei risultati.<br />

Si effettuano periodicamente speciali test per verificare le condizioni e le<br />

prestazioni dell’atleta e determinare se corrispondono, superano, o meno, il modello<br />

organizzativo del programma.<br />

Per rendere efficace la gestione dell’allenamento, il primo passo consiste nel<br />

determinare l’obiettivo principale, o il risultato che ci si prefigge.<br />

L’entità del miglioramento dipende dall’efficacia dell’allenamento.<br />

PROGETTAZIONE E CONTROLLO DELL’ ALLENAMENTO<br />

Innanzitutto l’allenatore e l’atleta debbono stabilire un obiettivo realistico sulla<br />

base di tutta la carriera passata e dei migliori risultati della stagione agonistica<br />

precedente.<br />

Debbono, poi, conoscere i requisiti necessari per raggiungere lo scopo fissato.<br />

Tutte queste informazioni vengono definite “caratteristiche modello” ed<br />

esistono per ogni sport.<br />

Ad esempio, affinché un lanciatore di peso possa lanciare tra i 19 e i 20 metri,<br />

sono indispensabili certi risultati di squat, slancio, panca, sprint sui 60 m., elevazione<br />

nel salto da fermo, ecc.<br />

LE TAPPE DEL PROCESSO DI ALLENAMENTO<br />

Ricordiamo, ora, i momenti più importanti della costruzione del processo<br />

annuale di allenamento per periodi e tappe.<br />

Nella tappa della preparazione generale la direzione fondamentale delle<br />

sedute è l’aumento del livello generale delle possibilità funzionali e lo sviluppo delle<br />

capacità fisiche.<br />

Naturalmente qui sono rappresentati più ampiamente i mezzi non specifici.<br />

Nella tappa della preparazione speciale il processo di allenamento è<br />

organizzato in modo tale da rendere possibile l’immediata entrata in forma,<br />

garantendo l’elevazione del livello delle singole componenti.<br />

Il peso specifico dei mezzi della preparazione fisica generale diminuisce e, di<br />

conseguenza, aumenta la percentuale della preparazione speciale<br />

(orientativamente fino al 60-70% e oltre di tutto il tempo impiegato<br />

nell’allenamento).<br />

Cambia anche tutto il contenuto di essa: la percentuale dell’esercizio di gara<br />

cresce gradualmente.<br />

Nella tappa dell’alta qualificazione il ruolo fondamentale è svolto dal rispetto<br />

del principio della relazione ottimale tra la preparazione fisica generale e speciale<br />

nei periodi e nelle tappe del ciclo annuale.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 98


Nel regolare il rapporto tra i mezzi speciali e multilateralità della preparazione<br />

è importante che questo sia adattato ad un programma con un’azione speciale più<br />

incisiva.<br />

Se, ad esempio, nel programma di uno sprinter dominano carichi a carattere<br />

non speciale, di regola, non è possibile produrre gli sviluppi necessari alla sua<br />

qualificazione.<br />

Ad esempio, un atleta che esegue per un lungo periodo di tempo un grande<br />

volume di lavoro di corsa a velocità significativamente inferiore a quella di gara, si<br />

adatterà a quel tipo di attività e nel momento necessario non potrà raggiungere la<br />

velocità che avrebbe potuto ottenere con un altro tipo di lavoro preparatorio.<br />

A nostro parere molti allenatori pensano ancora che il progresso futuro dei<br />

loro atleti dipenda dalla crescita del volume del lavoro.<br />

Credono, cioè, che più un atleta si allena, maggiore è il volume dei mezzi<br />

multilaterali, maggiore è la crescita dei risultati.<br />

Le ricerche dimostrano che tale convinzione è errata; non esiste un attendibile<br />

rapporto tra il risultato ed il volume dei carichi di diversa direzione nel ciclo annuale<br />

e nelle singole tappe della preparazione.<br />

VARIARE I CARICHI<br />

Nella pianificazione degli allenamenti è necessario avere un atteggiamento<br />

speculativo e tenere sempre presente l’andamento della quantità e dell’intensità<br />

del carico; se, ad esempio, in un microciclo, o ciclo, l’intensità deve aumentare, ci<br />

debbono essere dei top più alti e momenti più bassi, ma sempre in crescita.<br />

In sostanza, se viene standardizzata la quantità, o l’intensità, l’atleta non<br />

evolve.<br />

Inoltre, nella stesura del programma di lavoro delle varie sedute, occorre<br />

creare stimolazioni diverse, anche a livello psicologico.<br />

Ad esempio, i seguenti due tipi di allenamento:<br />

A) 4 x 60 B) 5 x 60<br />

4 x 60 4 x 80<br />

3 x 80 3 x 80<br />

3 x 80 2 x 80<br />

sono entrambi di resistenza alla velocità breve, ma il secondo sarà sicuramente<br />

svolto con maggior interesse, perché meno monotono.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 99


Per concludere questa parte, l’allenamento, come abbiamo detto, è un<br />

processo di adattamento, ma una volta l’organismo si adatta d un nuovo livello di<br />

prestazioni, deve subito spingersi verso nuovi livelli.<br />

Quindi, per adattarsi meglio, non ci si deve mai adattare!<br />

ESERCITAZIONI DI GARA<br />

E’ opportuno che l’atleta si eserciti spesso con prove che riproducono, in<br />

parte, o in toto, le situazioni di gara.<br />

Ad esempio, la partenza dai blocchi, anche con avversari e a comando,<br />

deve essere utilizzata dallo sprinter tutto l’anno e non solo in prossimità delle<br />

competizioni.<br />

Esigenza ancor più impellente nelle corse brevi ad ostacoli (80 HS, 100 HS, 110<br />

HS), soprattutto per consolidare la ritmica di approccio alla prima barriera.<br />

Restando sempre su queste distanze, non impiegare quasi sempre prove con<br />

ostacoli più vicini, ma anche con la ritmica di gara, principalmente con i giovani.<br />

ALLENAMENTO E PRESTAZIONE<br />

Il parametro fondamentale dell'efficacia del lavoro dell'allenatore è costituito<br />

dai risultati dei suoi atleti e se questi non si ottengono, ma addirittura peggiorano,<br />

ciò è indice di inadeguatezza della preparazione.<br />

Senza dubbio il motivo principale di questo fenomeno è il mancato rispetto<br />

delle leggi fondamentali, scientificamente fondate, della costruzione del processo di<br />

allenamento; il fatto di ignorarle, il loro mancato rispetto evidenziano perché spesso<br />

gli allenatori non possono obbiettivamente spiegarsi l'insuccesso del proprio atleta.<br />

I motivi spesso addotti sono la scarsa preparazione psicologica, la mancanza<br />

del necessario recupero, perché l'atleta viene da un periodo di carico, che è<br />

passato il momento del picco della forma o, al contrario, che l'atleta non ha fatto<br />

abbastanza gare e l'apice della forma non è stato raggiunto e così via.<br />

Naturalmente sui risultati degli atleti può influire ciascuno di questi motivi, ma<br />

né la cattiva preparazione psicologica, né i mezzi di recupero miracolosi possono<br />

coprire i difetti del processo di allenamento.<br />

Se non individua la vera causa degli errori della stagione precedente, il<br />

tecnico, nel pianificare il carico dell'anno successivo, aumenta il volume di tutti i<br />

mezzi di allenamento, sperando che così cresca la possibilità di ottenere un<br />

miglioramento dei risultati degli atleti.<br />

I miracoli non avvengono.<br />

Il successo può essere determinato solo da un programma nel quale vengano<br />

osservati i principi fondamentali del processo di allenamento e dove si considerino le<br />

particolarità individuali degli atleti.<br />

Rammentiamo, inoltre, che metodologie di allenamento di successo con<br />

alcuni individui non lo sono affatto con altri, non perché questi ultimi non possono<br />

raggiungere l’alto livello, ma perché richiedono modalità di intervento<br />

completamente differenti.<br />

Una interessante conseguenza pratica di questo è l’impossibilità di utilizzare in<br />

modo normativo tabelle di riferimento e modelli di prestazione, strumenti molto<br />

comuni presso i tecnici.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 100


L’ utilità di questi modelli è indiscutibile, ma mai essi devono essere assunti<br />

come riferimento assoluto, specie per quanto riguarda i parametri di volume<br />

dell’allenamento.<br />

Gli allenatori devono assumere una visione a lungo termine ed una grande<br />

flessibilità metodologica.<br />

Naturalmente lavorare così è difficile, ma anche stimolante e, comunque,<br />

solo questo approccio può portare ai risultati desiderati.<br />

I TEST DI VALUTAZIONE<br />

Costituiscono un importante mezzo di valutazione delle capacità degli atleti e<br />

di controllo dell'allenamento.<br />

Possono essere effettuati con apparecchiature particolari e sofisticate, o con<br />

prove di campo.<br />

Per avere l’imprimatur di prove di valutazione scientifica, ogni test deve<br />

possedere precisi requisiti.<br />

La principale caratteristica di una valutazione è la riproducibilità; le prove<br />

devono essere eseguite nelle medesime condizioni ambientali (ora del giorno,<br />

terreno, temperatura e umidità dell’aria, ecc.).<br />

La validità, ovvero valutare accuratamente le proprietà biologiche che si<br />

debbono diagnosticare.<br />

L’interpretazione del risultato non deve essere influenzata dall’operatore,<br />

quindi, al test si richiede l’ obiettività.<br />

Infine, deve avere una sua specificità ed essere logisticamente realizzabile.<br />

Ad esempio, è errato rilevare il tempo realizzato dal soggetto su 50 metri corsi<br />

su un terreno sabbioso; in primis, perché non si hanno valori standard di riferimento<br />

e, poi, diversi sono i parametri fisiologici sollecitati nella corsa su un un terreno<br />

morbido rispetto ad un fondo normale.<br />

Pertanto, non si possono creare test all’istante e attribuire loro una qualche<br />

validità diagnostica.<br />

Di norma vengono effettuati al termine di ogni ciclo di lavoro, nel periodo di<br />

scarico, dove maggiori sono le spinte della supercompensazione.<br />

Ovviamente, soprattutto all'inizio, sui risultati incide anche l'abilità nell' eseguire<br />

i vari test; ecco perché, con i più giovani, è consigliabile utilizzare prove di semplice<br />

esecuzione.<br />

Ad esempio, test di campo universalmente utilizzati sono i balzi, alternati e<br />

successivi, ma pochi sono gli atleti che li sanno eseguire correttamente, per cui i dati<br />

non sono veritieri circa la capacità fisica indagata.<br />

Anche sull'impiego dei test ci sono pareri discordanti; come al solito occorre il<br />

buon senso, non bisogna farli in ogni seduta, né abolirli del tutto; diciamo che sono<br />

un ulteriore strumento utile a rendere sempre più razionale e preciso il nostro lavoro.<br />

Vediamone alcuni esempi: test con l’ergojump di Bosco; durante il salto,<br />

realizzato sopra una pedana a conduttanza, viene misurato il tempo di volo del<br />

soggetto.<br />

Si consigliano all’inizio due test di semplice esecuzione: CMJ e CMJB<br />

(contromovimento senza e con l’ausilio delle braccia); nel primo l’allievo si posiziona<br />

sopra la pedana nella stazione eretta e con le mani ai fianchi, rapida discesa fino<br />

alla semiaccosciata (90° tra coscia e gamba), balzo verso l’alto ed arrivo a terra<br />

sugli avampiedi, ad arti inferiori ritti; nel secondo si utilizza anche l’azione delle<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 101


accia; in entrambi i casi il processore (psion) permette di calcolare l’altezza del<br />

centro di gravità e la potenza meccanica sviluppata in watt/kg.<br />

La differenza tra il CMB ed il CM possiamo anche indicarla come indice di<br />

coordinazione braccia-arti inferiori.<br />

In mancanza di questa apparecchiatura, in palestra possiamo effettuare il<br />

salto in lungo da fermo; si parte dalla mezza accosciata con i piedi paralleli e si<br />

cade sui materassini della ginnastica; la misura si prende dalla linea di partenza<br />

all’impronta dei talloni.<br />

Al campo di atletica si effettua sulla pedana del lungo con atterraggio nella<br />

buca della sabbia.<br />

Il Sargeant test (1921): il ragazzo si pone di fianco ad una parete sulla quale<br />

sono stati tracciati dei segni a diverse altezze, poi distende completamente verso<br />

l’alto un braccio, e si registra l’altezza cui è giunto il terzo dito della mano; quindi,<br />

partendo dalla semiaccosciata, salta verso l’alto e si evidenzia il punto in cui è<br />

giunto il dito precedentemente coperto di magnesio; la differenza tra le due misure<br />

ci dà la sua capacità di salto; fare attenzione a che sia corretto il parametro di<br />

partenza, con il ragazzo a contatto con la parete e il braccio iperesteso al massimo<br />

verso l’alto.<br />

Il test di Bosco rappresenta uno dei metodi più diffusi per la valutazione della<br />

forza esplosiva proprio per la sua semplicità e ripetibilità; inoltre, fornisce informazioni<br />

inerenti la capacità di immagazzinare e restituire energia elastica, le capacità<br />

esplosivo-reattive e di resistenza alla forza veloce durante l’esecuzione di salti<br />

continui del tipo CMJ.<br />

Il classico test di policoncorrenza è il lancio di una palla medica, o di un peso,<br />

partendo dalla stazione eretta, a piedi leggermente divaricati e paralleli; dalla<br />

semiaccosciata, braccia distese e attrezzo in presa palmare; il lancio può essere<br />

frontale, o dorsale, e si misura la distanza ottenuta.<br />

Con gli allievi del biennio si può utilizzare un peso di kg. 3 (2 per le allieve),<br />

per quelli del triennio kg. 5 (3 per le allieve).<br />

Se le dimensioni della palestra lo consentono si possono eseguire anche sprint<br />

su 20 m., con partenza da in piedi e rilevazione del tempo; in pista si utilizzano i 60 m.<br />

Questi dati si trascrivono su una apposita scheda, che seguirà lo studente per<br />

tutti gli anni del corso di studi, o per l’intera carriera dell’atleta.<br />

Dai 6 agli 11 anni non fare test.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 102


COSTRUZIONE DI UNA SEDUTA DI ALLENAMENTO<br />

Deve essere composta da un piccolo numero di esercizi chiave (standard),<br />

rispondenti ad un solo obiettivo centrale e adattarsi al tipo di atleta e alle sue<br />

attuali condizioni.<br />

Al termine è bene fare un bilancio per valutare se gli obiettivi sono stati<br />

raggiunti.<br />

COME GESTIRE LA SEDUTA<br />

1) non parlare troppo a lungo senza fermarsi; è già eccessivo farlo per più di due<br />

minuti;<br />

2) non bisogna parlare senza guardare gli allievi, ma interrogarli con lo sguardo;<br />

3) fermarsi se qualcuno desidera esprimersi e rispondere alle sue domande.<br />

COME PRESENTARE UN’ATTIVITA’<br />

Per avere efficacia, le consegne devono essere:<br />

A) brevi<br />

B) chiare<br />

C) semplici<br />

D) poco numerose<br />

INIZIO DELLA SEDUTA: IL RISCALDAMENTO<br />

Il riscaldamento è una forma di attività, comprendente diverse esercitazioni,<br />

che l'atleta svolge prima di un allenamento, o di una gara, per predisporsi ad avere<br />

un rendimento più elevato<br />

Il corpo umano, infatti, migliora le sue funzioni se la temperatura interna<br />

aumenta leggermente.<br />

I vantaggi che ne derivano sono i seguenti:<br />

- facilitazione degli scambi gassosi e dei processi biochimici a livello muscolare;<br />

- aumento dell'irrorazione sanguigna;<br />

- diminuzione della viscosità e degli attriti interni; ciò fa aumentare la rapidità di<br />

contrazione e di rilasciamento, conferendo al muscolo una maggiore scioltezza e<br />

diminuendo, così, la possibilità di traumi;<br />

- influenza positiva anche sulle proprietà elastiche del muscolo.<br />

Lo schema generico prevede una prima parte di esercitazioni a carattere<br />

generale ed una seconda a carattere tecnico-specifico.<br />

L'atleta inizia correndo in souplesse 1,5 - 2 chilometri, in maniera piuttosto<br />

dinamica, sugli avampiedi; in questo modo la temperatura interna si eleva di poco,<br />

di 0,5 - 1 grado, circa e la muscolatura è in condizioni di poter essere "manipolata"; si<br />

eseguono, perciò, gli esercizi di estensibilità e mobilità articolare.<br />

La corsa iniziale può essere sostituita (soprattutto in palestra) da molteplici<br />

saltelli con la funicella, o dalle andature, senza e con ostacolo; oppure corsa<br />

leggera con passaggio del testimone tra due o più atleti.<br />

Quindi anche nel riscaldamento si possono introdurre elementi tecnici, ancor<br />

più importanti per i ragazzi che si allenano poche volte alla settimana e va sfruttata<br />

anche questa fase iniziale della seduta.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 103


Si conclude con 5 - 6 allunghi, a velocità sempre maggiore, su tratti non<br />

superiori a circa 60 metri.<br />

Nella seconda parte trovano posto esercitazioni più tecniche, riguardanti i<br />

movimenti della specialità che l'atleta pratica, eseguiti per rivedere lo schema<br />

motorio nella sua globalità e nei suoi particolari; ad esempio, azioni tecniche<br />

sull'ostacolo, comprendenti esercizi di prima e seconda gamba, partenze e primi<br />

ostacoli, ecc.<br />

Le pause tra gli allunghi e le prove sugli ostacoli debbono permettere un<br />

completo recupero, soprattutto nervoso, per non creare stati di fatica localizzata.<br />

Il riscaldamento pre-allenamento è diverso nella quantità e nella qualità, a<br />

seconda del lavoro che verrà svolto successivamente.<br />

Un allenamento, il cui obbiettivo principale sia la velocità, richiede un<br />

riscaldamento che conduca ad un più alto livello di intensità.<br />

L’atleta deve preparare il sistema neuromuscolare per reazioni veloci e rapide<br />

contrazioni muscolari con alti livelli di coordinazione.<br />

Se, invece, lo scopo primario è l’allenamento di resistenza a bassa intensità, il<br />

riscaldamento non deve essere così intenso da risultare come un’effettiva<br />

preparazione.<br />

Quello pre-gara contiene più lavoro tecnico.<br />

Dura dai 30' ai 45' e dovrà terminare 10' - 15' prima della competizione, per<br />

consentire all'atleta di recuperare sufficientemente; tuttavia, non dovrà stare fermo,<br />

ma eseguirà esercizi di scioltezza e di allungamento in maniera blanda.<br />

Nel contempo si preparerà anche psicologicamente alle tensioni della<br />

imminente gara, cercando la giusta concentrazione.<br />

Accade spesso che l’atleta lo termina pochissimo tempo prima dell’inizio della<br />

gara, magari si mette sui blocchi senza aver recuperato; non si possono fare i primi<br />

due ostacoli dei 400 HS due minuti prima della partenza, sono 80 metri!<br />

E’, altresì, sconsigliabile, un intervallo di più di cinque minuti tra la fine del<br />

riscaldamento e la competizione, per non far scendere la temperatura muscolare.<br />

Teniamo sempre presente che l’atleta non deve consumare molte energie e<br />

sviluppare eccessive tensioni nervose, se non vuole compromettere la competizione.<br />

Quando l'atleta deve affrontare più di una competizione in un ristretto ambito<br />

temporale (es. semifinale e finale), il riscaldamento successivo alla prima può essere<br />

sostanzialmente accorciato.<br />

Nella situazione con più partenze, i successivi riscaldamenti generalmente non<br />

devono essere completi; è sufficiente una breve parte generale seguita da attività<br />

specifiche.<br />

Questo vale anche se le condizioni climatiche incidono sulla quantità di<br />

riscaldamento da svolgere.<br />

In linea generale, infatti, maggiore attenzione si dovrà dedicare al<br />

riscaldamento se l'ambiente esterno è freddo, come accade nei mesi invernali.<br />

Purtroppo la pratica del riscaldamento viene spesso trascurata e, quindi, si<br />

vedono atleti che ne fanno poco, o alcun impiego, negli allenamenti, altri che<br />

giungono abitualmente sul luogo della gara solo pochi minuti prima del suo inizio e<br />

debbono passare, ad esempio, dall'inevitabile torpore di un'ora e mezzo d'auto alle<br />

notevoli tensioni che richiede qualsiasi competizione.<br />

Questo accade perché non gliene è stata fatta comprendere la grande<br />

utilità dai loro tecnici, che, verosimilmente, lo considerano di effetto marginale ai fini<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 104


della preparazione e del risultato della gara; ne consegue che, per molti atleti, non<br />

rappresenta che una noiosa pratica.<br />

Occorre, altresì, controllare che non duri troppo a lungo e venga ripetuto<br />

stancamente e sempre lo stesso.<br />

Tale accortezza è ancor più valida con i giovanissimi che normalmente<br />

svolgono tre sedute settimanali di circa un'ora e mezza ciascuna.<br />

Ed allora già nel riscaldamento si possono inserire esercitazioni di costruzione<br />

(andature senza e con ostacoli, ecc.).<br />

TERMINE DELLA SEDUTA: IL DEFATICAMENTO<br />

Al termine dell'allenamento è necessario fare, per 10' - 15', circa, esercizi di<br />

allungamento che interessino i muscoli maggiormente impegnati nella seduta;<br />

molto importanti sono quelli di "scarico" della colonna vertebrale, principalmente se<br />

sono stati eseguiti balzi, o lavori con sovraccarico.<br />

Purtroppo questa pratica viene spesso disattesa, invece è molto importante<br />

anche per l’eventuale allenamento del giorno successivo.<br />

LAVORO CONDIZIONALE E TECNICO<br />

Se In una seduta sono previsti sia un lavoro tecnico, che condizionale, si<br />

suggerisce di far svolgere subito il primo, che richiede una particolare freschezza<br />

neuro-muscolare.<br />

Ad esempio, esercitazioni tecniche di salto in alto e prove di velocità su brevi<br />

distanze; tecnica ostacoli e prove ripetute di potenza aerobica per un<br />

quattrocentista ad ostacoli.<br />

LA PRIMA SEDUTA<br />

La prima volta che un ragazzo (o una ragazza) si presenta, per iniziare la<br />

pratica di una determinata disciplina sportiva, deve avere un approccio stimolante<br />

che lo incoraggi a proseguire.<br />

Se viene al campo per avviarsi all' atletica leggera, lo facciamo correre, a<br />

moderata velocità, e osserviamo subito come appoggia i piedi e l'azione del busto<br />

e delle braccia.<br />

Su questi particolari dobbiamo focalizzare la nostra attenzione, suggerendo le<br />

opportune correzioni.<br />

Nel contempo iniziamo un lavoro di costruzione generale mediante<br />

esercitazioni che mirino a sviluppare le varie qualità fisiche.<br />

E' bene, comunque, non sottoporlo subito a sedute monotone e stressanti, ma<br />

interessarlo con esercizi vari, di semplice esecuzione e che catturino il suo interesse.<br />

Ad esempio, gli facciamo eseguire alcuni salti in lungo, senza badare alla<br />

precisione dello stacco sull’asse di battuta, o degli sprint su 50 m., il lancio del<br />

vortex, ecc.<br />

NUMERO DELLE SEDUTE<br />

Non è importante allenarsi tutti i giorni, ma occorre fare attenzione a<br />

razionalizzare il tempo.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 105


Spesso se ne perde troppo nel riscaldamento, non può durare mediamente<br />

25 minuti; per 3 volte alla settimana e per 40 settimane all’anno fanno tantissime<br />

ore per un’attività poco efficace.<br />

Per un ragazzo di 13 anni l’unità di allenamento può durare anche un’ora e<br />

mezzo.<br />

A 12 - 13 anni occorre fare 3 tappe di training, con 3 periodi di verifica; ad<br />

esempio competizioni interclub, comunali, provinciali; il primo intorno a Natale,<br />

dopo i primi 2 - 3 mesi di attività; il secondo a Pasqua e l’ultimo inizia a giugno, fino<br />

alla fine di settembre.<br />

Il periodo di verifica è, altresì, rigenerazione e può durare anche 3 settimane<br />

– 1 mese.<br />

Quando il ragazzo torna è più forte di prima, perché in un mese è cresciuto e<br />

non può essere diventato più debole.<br />

Quindi ci sono più periodi di confronto e verifica rispetto alle fasce successive,<br />

in cui i periodi possono essere 2, perché è importante che l’atleta cominci ad<br />

allenarsi un po’ di più, faccia, quindi, periodi di riposo più brevi.<br />

Per un giovane di 18 - 19 anni sono più che sufficienti 4-5 allenamenti alla<br />

settimana di 2 ore e mezzo ciascuno per 25 - 30 settimane.<br />

Ovviamente, man mano che l’atleta si qualifica, occorre aumentare anche il<br />

numero delle sedute, fino ad arrivare anche a doppi allenamenti giornalieri.<br />

PROGETTO DI ALLENAMENTO SEMPLICE<br />

Soprattutto con i più giovani il progetto di allenamento deve essere semplice;<br />

è difficile avere la padronanza, la conoscenza di tanti mezzi e saper gestire la<br />

correlazione tra loro.<br />

Al termine di un ciclo di lavoro, se si usano pochi e mirati mezzi, si può<br />

affermare che lo sviluppo è dovuto a quello, o ad un altro, ma utilizzandone<br />

molteplici, riesce difficile individuare a quali di loro si può attribuire la prevalenza<br />

nella crescita della condizione.<br />

PERIODIZZAZIONE SEMPLICE E DOPPIA<br />

Il piano di lavoro annuale può essere sviluppato con una periodizzazione<br />

semplice, o doppia, a seconda che venga previsto un solo periodo agonistico, o<br />

due (indoor e outdoor).<br />

In quella doppia, mentre per il giovane è sufficiente inserire, a ridosso delle<br />

gare, un ciclo di lavoro più specifico, all’atleta qualificato, che deve competere ad<br />

altissimi livelli anche nel periodo invernale, occorre un’ appropriata e sofisticata<br />

programmazione dell’allenamento.<br />

Conclusa l’attività indoor, l’atleta effettua un breve periodo di “scarico”, per,<br />

poi, riprendere a pieno ritmo, in vista delle competizioni all’aperto, nelle quali<br />

esordirà un po’ più tardi rispetto al loro inizio, soprattutto se l’attività al coperto è<br />

stata molto intensa ed egli si sente “saturo” dal punto di vista nervoso.<br />

Occorre, quindi, distribuire molto bene gli elementi della preparazione, per<br />

portare l’atleta al suo momento di massimo grado di forma in due periodi dell’anno;<br />

in caso contrario, si rischia di compromettere i risultati nei grossi appuntamenti estivi,<br />

ai quali, solitamente, l’atleta tiene di più.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 106


Di seguito presentiamo la rappresentazione schematica ed esemplificativa<br />

dell’alternanza dei carichi (elevati, medi, bassi) di allenamento di un microciclo<br />

settimanale comprendente 5 sedute di lavoro.<br />

E M R E B M R<br />

LUN MAR MER GIOV VEN SAB DOM<br />

E = CARICO ELEVATO<br />

M = CARICO MEDIO<br />

B = CARICO BASSO<br />

R = RIPOSO<br />

Viene rispettato l’andamento ondulatorio, che consente di alternare sedute<br />

più impegnative con altre più blande, favorendo, attraverso l’impegno alternato di<br />

differenti sistemi ed apparati dell’organismo, la realizzazione dei fenomeni di<br />

supercompensazione già nell’ambito del microcicl settimanale di allenamento.<br />

E E E<br />

R R<br />

LUN MAR MER GIOV VEN SAB DOM<br />

Nel caso di 3 sedute settimanali e’ opportuno metterle a giorni alterni, in modo<br />

da utilizzare sempre un carico alto.<br />

LA PROGRAMMAZIONE SCOLASTICA<br />

Nella maggior parte dei casi lo stesso insegnante deve seguire più discipline<br />

ed allora gli allenamenti per ciascuna sono di necessità più brevi.<br />

Tuttavia, anche senza ricorrere ad una periodizzazione molto schematica, è<br />

opportuno seguire razionali criteri programmatici.<br />

Già nella lezione curricolare si debbono insegnare gli elementi base delle<br />

varie attività sportive, come l’approccio tecnico alle specialità dell’atletica leggera,<br />

i fondamentali individuali dei giochi di squadra.<br />

Poi, al pomeriggio, i ragazzi si eserciteranno nelle situazioni di gara, ad<br />

esempio prove di velocità, prove ritmiche sugli ostacoli, lanci completi, ecc. e per i<br />

giochi (es. pallavolo, basket), oltre alla tecnica individuale, anche gli schemi di<br />

squadra, con partite, ecc.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 107


ESEMPIO DI ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO PER LA CORSA AD<br />

OSTACOLI NELLA SCUOLA MEDIA INFERIORE<br />

Gli elementi della preparazione vanno distribuiti su un microciclo settimanale<br />

di tre sedute di circa due ora ciascuna; se possibile, utilizzare i giorni di lunedì,<br />

mercoledì e venerdì, in modo che il giorno di riposo intermedio consenta di svolgere<br />

tutti e tre gli allenamenti con un buon carico di lavoro.<br />

PRIMO PERIODO (fino alle vacanze di Natale)<br />

1 – Potenziamento muscolare (generale)<br />

Gioco<br />

2 – Tecnica di corsa e con ostacoli<br />

Velocità<br />

3 – Potenziamento muscolare (specifico)<br />

Resistenza (cross, prove frazionate)<br />

SECONDO PERIODO (fino alla fine di marzo)<br />

1 – Tecnica ostacoli<br />

Ritmica<br />

2 – Potenziamento muscolare<br />

Velocità<br />

3 – Tecnica ostacoli<br />

Ritmica<br />

PERIODO AGONISTICO (Giochi Sportivi Studenteschi)<br />

1 – Ritmica di gara<br />

2 – Potenziamento muscolare (Balzi)<br />

Velocità<br />

3 – Ritmica di gara.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 108


ESEMPIO DI ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO PER I 100 HS – 110 HS<br />

NELLA SCUOLA SUPERIORE<br />

Possiamo suddividere la preparazione in 4 periodi, o tappe:<br />

INTRODUTTIVO (Novembre/Dicembre)<br />

FONDAMENTALE (Gennaio/Febbraio)<br />

SPECIALE (Marzo)<br />

AGONISTICO (Aprile/Maggio/ev.Giugno)<br />

Entriamo nel dettaglio e prendiamo in considerazione un microciclo<br />

settimanale di 3 sedute di circa 2 ore ciascuna.<br />

CICLO INTRODUTTIVO<br />

1-Potenziamento muscolare<br />

Tecnica corsa e tecnica ostacoli<br />

2-Balzi<br />

Potenza aerobica (cross, prove frazionate)<br />

3-Andature<br />

Salite<br />

Progressivi<br />

CICLO FONDAMENTALE<br />

1-Potenziamento muscolare<br />

Tecnica ostacoli analitica<br />

Progressivi<br />

2-Balzi<br />

Velocità<br />

3- Ritmica<br />

CICLO SPECIALE<br />

1-Tecnica ostacoli<br />

Ritmica<br />

2-Balzi<br />

Velocità<br />

3-Ritmica di gara<br />

CICLO AGONISTICO<br />

1-Ritmica di gara<br />

2-Balzi<br />

Velocità<br />

3-Ritmica di gara<br />

Quando nell’arco della settimana sono previsti due allenamenti di ritmica, o di<br />

ritmica di gara, in quello più distante de eventuali gare si utilizzano più ostacoli (fino<br />

a 10-11-12), nell’altro si cura la fase di accelerazione, con partenza dai blocchi e<br />

primi ostacoli (es. 2-3-5).<br />

Tenuto conto del notevole impegno neuro-muscolare richiesto, i recuperi<br />

debbono essere adeguati ed il numero delle prove tale da non causare un<br />

decremento del livello tecnico e ritmico.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 109


Riassumiamo quanto detto con le seguenti:<br />

INDICAZIONI DIDATTICHE E METODOLOGICHE<br />

• Focalizzare l’azione su un solo particolare alla volta;<br />

• Evitare di impiegare sempre lo stesso mezzo di allenamento;<br />

• Non e’ il singolo mezzo che risolve i problemi, ma l’equilibrio tra i mezzi;<br />

• Un mezzo può essere utilizzato per scopi addestrativi, o allenanti;<br />

• Ogni esercitazione non ha una sola funzione: questa dipende dalla<br />

interpretazione che desideriamo darle;<br />

• Un’ esercitazione e’ efficace se ripetuta nel tempo ed in maniera sistematica;<br />

• E’ necessario lavorare molto e duramente, il solo talento non basta;<br />

• Il successo dell’allenamento dipende dalla partecipazione dell’atleta e dalla<br />

capacità del tecnico di percepire questo impegno;<br />

• La bravura dell’allenatore non risiede nella mera applicazione dei programmi<br />

di lavoro, ma nell’intervenire in ogni momento nella modulazione<br />

dell’allenamento, inserendo correttivi, variabili, ecc.;<br />

• Occorre recuperare la qualità dell’allenamento e ciò richiede spirito di<br />

osservazione, attenzione, meticolosità, confronto con gli altri;<br />

• Non bisogna seguire pedissequamente tutte le novità sperimentali; e’<br />

opportuno utilizzare metodologie di consolidata efficacia ed usare mezzi<br />

coerenti con gli obiettivi prefissati;<br />

• Ogni progetto di allenamento deve essere semplice; e’ difficile gestire tanti<br />

mezzi contemporaneamente e valutare, poi, la loro correlazione con gli<br />

incrementi della condizione.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 110


ATTENZIONE AL FAI DA TE<br />

Tutti si considerano capaci di allenare se stessi, che ci vuole?<br />

Si attrezza una minipalestra in casa, si fa body building; ma non è un<br />

approccio corretto; quando usi il bilanciere, o i manubri, sai come deve essere<br />

tenuta la schiena?<br />

E’ sufficiente assumere una posizione sbagliata e la sollecitazione della<br />

colonna vertebrale aumenta in modo esponenziale, con altissimi rischi per la sua<br />

integrità.<br />

Il giusto carico per le tue capacità chi te lo indica?<br />

Basta che sia alto e tu sei contento!<br />

E la razionale successione delle esercizi?<br />

I recuperi?<br />

Attenzione!<br />

Se non si avverte subito alcun fastidio acuto da una esecuzione errata, o da<br />

un carico eccessivo, non significa che vada tutto bene; possono essersi verificati<br />

microtraumi, che, nel corso degli anni, si sommano e si manifestano, con gravi<br />

conseguenze, più avanti; ad esempio con un’ernia del disco intervertebrale.<br />

Queste considerazioni valgono ovviamente anche per gli esercizi a carico<br />

naturale.<br />

ALLENARE LE CARENZE O ESALTARE I PUNTI DI FORZA?<br />

E' il solito quesito che si pone ogni insegnante e tecnico, ma questa<br />

proposizione non è corretta e può essere deviante.<br />

Fermo restando che è ovvio lavorare sulle potenzialità individuali migliori, una<br />

volta analizzato il modello di prestazione di una determinata specialità, si devono<br />

scegliere i mezzi e le metodologie più idonei a colmare le carenze che<br />

maggiormente incidono sulla prestazione.<br />

Per sapere quali sono deve fare una scala in ordine decrescente delle qualità<br />

che sono con essa correlate.<br />

Ad esempio, per il saltatore in lungo, una spiccata capacità aerobica non è<br />

essenziale, ma la velocità sì, perché questa è il parametro che incide di più sulla<br />

prestazione.<br />

Pertanto, possiamo raffigurare l’allenamento come una serie di cerchi<br />

concentrici, al centro dei quali c’è la competizione e, poi, i vari mezzi, dai più<br />

correlati ai meno.<br />

LE CORRELAZIONI<br />

Sia per un aspetto culturale, che pratico, dovendo l’insegnante, o il tecnico di<br />

società, seguire contemporaneamente più specialità, è opportuno individuare, nella<br />

grande varietà dei gesti motori, le correlazioni.<br />

Vediamo, allora, di evidenziare alcune caratteristiche tecniche comuni nelle<br />

diverse specialità dell’atletica leggera.<br />

Puntiamo, subito, la nostra attenzione sui piedi, per vedere se l'appoggio è<br />

corretto.<br />

Analizziamo, poi, la posizione delle anche; se sono avanti e ben sostenute<br />

dall'azione dei glutei e degli arti inferiori, ci sono le migliori condizioni dinamiche per il<br />

movimento successivo.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 111


Nei lanci debbono sempre anticipare l'azione del braccio che impugna<br />

l'attrezzo, per creare tutta quella serie di prestiramenti muscolari determinanti ai fini<br />

della prestazione.<br />

Elemento comune e molto importante, altresì, la capacità di decontrazione<br />

dopo un forte impulso.<br />

IDONEITA' FISICA E INFORTUNI<br />

E' indispensabile sottoporre, periodicamente, come previsto dalla normativa,<br />

l'atleta a tutti gli accertamenti clinici previsti, che evidenzino la sua piena idoneità<br />

alla pratica sportiva.<br />

Quando subisce un infortunio, non bisogna perdere tempo, ma sottoporlo a<br />

visite e cure, effettuate da personale specializzato.<br />

Al primo segnale di qualche fastidio muscolare acuto, ad esempio, fermare<br />

l'atleta e accertarne le cause.<br />

Dopo un infortunio non si deve avere fretta nel lavoro di ripresa, ma<br />

procedere gradualmente, per evitare il possibile riacutizzarsi del malanno.<br />

E’ bene rammentare che, nonostante l'utilizzo delle più moderne e sofisticate<br />

terapie, ogni lesione ha il suo tempo biologico di recupero; meglio, perciò, qualche<br />

giorno in più che in meno.<br />

Durante il periodo di guarigione clinica dall'incidente, l'atleta non deve stare<br />

completamente inattivo, ma può benissimo continuare a potenziare tutta la<br />

muscolatura del corpo, esclusa, ovviamente, la zona infortunata e ad eseguire<br />

esercizi di flessibilità e mobilizzazione articolare.<br />

Quindici giorni di assoluta inattività degradano molto il trofismo muscolare.<br />

Inoltre, quando il fisico dell'atleta è debilitato dagli esiti di una malattia,<br />

occorre stare molto attenti con i carichi di lavoro e con le prove che sollecitino la<br />

muscolatura in modo violento; c'è il rischio di infortuni.<br />

Uguale accortezza bisogna usare se la seduta si svolge in condizioni<br />

meteorologiche sfavorevoli (freddo, molta umidità dopo una pioggia, ecc.).<br />

LO STATO DI SALUTE<br />

L'allenamento deve essere variato al momento, se ci si accorge che l'atleta<br />

non è in buone condizioni fisiche, o psichiche e, perciò, non in grado di svolgere<br />

bene il lavoro programmato.<br />

Se, ad esempio, è turbato da problemi personali e non riesce a concentrarsi,<br />

occorre diminuire, o togliere, la parte tecnica (se prevista) della seduta, che<br />

richiede un particolare impegno neuro-muscolare.<br />

IL PESO FORMA<br />

Su questo problema non è necessario andare alla ricerca delle tabelle più<br />

astruse; se l'atleta ha qualche chilo di troppo, lo si vede subito e si può quantizzare<br />

con semplici strumenti; inoltre, dovrebbe essere egli stesso a "sentirsi" nel giusto peso,<br />

quando vede esaltate le sue doti di agilità, prontezza, fluidità nei movimenti.<br />

Pertanto, dobbiamo dare ai nostri ragazzi alcuni semplici consigli dietetici, in<br />

modo che la loro massa grassa corporea sia sempre nella giusta percentuale.<br />

Come verifica, debbono annotare periodicamente (ogni settimana, ad<br />

esempio) il proprio peso in una apposita scheda.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 112


Due chilogrammi in più del peso forma costituiscono già un sensibile handicap<br />

per la prestazione.<br />

Ampliando il discorso, è importante sottolineare che, sul rendimento, influisce<br />

anche il comportamento dell'atleta quando non si allena; intendiamo riferirci, oltre<br />

che alle regole alimentari, al dormire nelle ore opportune, alle precauzioni sul<br />

vestiario, in relazione alle condizioni meteorologiche, all'abolizione del fumo e<br />

dell'alcool, ecc.<br />

Maurizio Damilano, oro a Mosca 1980 Alex Schwazer, oro a Pechino 2008 nella 50 km<br />

nei 20 km di marcia. marcia.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 113


LA COMPETIZIONE<br />

La razionale programmazione dell'allenamento ha lo scopo di portare l'atleta<br />

in "forma", cioè in uno stato psico-fisico di eccellenza, negli appuntamenti agonistici<br />

più importanti.<br />

Attraverso la competizione si stimola la curiosità del giovane di conoscere se<br />

stesso e le potenzialità delle sue capacità temperamentali, intellettive, fisiche e<br />

psichiche, quest’ultime le più importanti da scoprire e dirigere, perché influiscono in<br />

maniera determinante sia sugli impegni di allenamento, che sulla prestazione.<br />

La premessa è sviluppare nel ragazzo una grande voglia di competere,<br />

considerando che oggi l’ambiente che lo circonda non è certo stimolante, con la<br />

scuola che lo promuove con facilità e i genitori che lo proteggono al massimo.<br />

SDRAMMATIZZARE LA GARA<br />

Occorre, quindi, non far perdere la componente emotiva a chi partecipa ad<br />

una competizione; una grande prestazione parte dalla testa: “Voglio! Debbo!”<br />

Scateno la motivazione psichica, attivo la catena ormonale.<br />

Non dobbiamo abituarci a questo, se tutto diventa routine, se le prestazioni<br />

sono normalissime, si perde la grande capacità di attivazione del Sistema Nervoso.<br />

Molto spesso c’è nel giovane la paura di competere con l’altro; allora<br />

cominciamo con l’inserirlo nel gruppo e, ancor più importante, non stigmatizzare:<br />

”vedi quell’atleta ha saltato un metro più di te, sei scarso”.<br />

Diciamo, invece: ”facevi 6 metri nel test di triplo alternato, ora fai 6,40, sei<br />

bravissimo”, anche perché può capitare che a 12 - 13 anni ci siano ragazzi più<br />

avanti dal punto di vista biologico e che in gara, perciò, ottengano prestazioni più<br />

elevate di altri, che maturano più tardi; di solito, sono proprio questi ultimi che<br />

raggiungono i risultati migliori in assoluto; le statistiche ci confermano che a questa<br />

età molti campioni non erano i migliori.<br />

Questo avviene perché la maturazione di questi in ritardo biologico rispetto<br />

all’età cronologica, si sviluppa in tempi più lunghi, fino a 20 anni.<br />

Dall’altra parte c’è il ragazzino in cui, a 15 anni, tutta l’attività endocrina<br />

funziona ad alti livelli, per cui, poi, è difficile che riesca fare di più.<br />

Perciò, occorre fare molta attenzione a questo; conta il miglioramento ed<br />

allora l’insegnante evidenzierà ai suoi allievi i progressi compiuti, cercando di non<br />

drammatizzare gli eventi, dando loro il significato che possono avere in quel<br />

momento, in modo che il giovane si senta partecipe di una cosa importante per lui,<br />

cioè che sta facendo delle cose per se stesso.<br />

In tal senso va preparata la competizione con gli altri; prima occorre battere<br />

se stessi, e, successivamente, per gradi, sdrammatizzare, perché, rimanendo nel<br />

gruppo, prima, o poi, la competizione con l’altro diventa un fatto naturale.<br />

Purtroppo, nei giovani rimane ancora questa grande paura di misurarsi;<br />

ragazzi, che non hanno ben memorizzato la lezione dell’apprendimento, sono in<br />

uno stato di notevole eccitazione, hanno una grande confusione, vanno in gara e<br />

ottengono prestazioni scadenti, perché l’emozione fa perdere completamente il<br />

controllo di tutto ciò che stanno apprendendo, o avevano appreso.<br />

Perciò, soprattutto a scuola, non addebitare frettolosamente al disinteresse il<br />

rifiuto a competere di alcuni.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 114


E' molto importante che il giovane comprenda che c'è una stagione per<br />

costruirsi e gratificarsi di aver superato se stesso, ed un'altra per appagarsi di aver<br />

superato gli avversari; quella che lascia il segno e dà l' impronta ai successivi<br />

atteggiamenti è la prima.<br />

Ci sono, quindi, queste differenze prestative tra i momenti di allenamento e<br />

quello della competizione.<br />

In ciascuna definizione di allenamento si conclude che il tutto deve essere<br />

fatto perché l’atleta<br />

raggiunga il suo<br />

migliore rendimento<br />

in gara.<br />

Chi soffre il<br />

momento della<br />

verifica, dello<br />

scontro-incontro con<br />

l’avversario, è perché<br />

deve mettere in<br />

discussione se stesso,<br />

assumersi grosse<br />

Una gara studentesca di velocità.<br />

responsabilità di fronte a sé e agli altri.<br />

Tali carenze debbono essere superate in questa età; bisogna utilizzare la<br />

competizione come mezzo di allenamento: “ora facciamo i 60 metri” e corrono uno<br />

alla volta, in modo che il confronto avvenga con dolcezza, in tempi più lunghi;<br />

oppure si formano gruppi omogenei, di 2, che hanno prestazioni vicine.<br />

Inoltre, il programma di allenamento deve essere molto ampio, per consentire<br />

al ragazzo di correre, ad esempio nell’atletica leggera, i 60, i 600, i 1000, le prove<br />

con gli ostacoli, così possiamo conoscere appieno le attitudini del giovane.<br />

E’ importante che, a 16-17 anni, un velocista corra 100-200-400 metri,<br />

obbligatoriamente.<br />

Non c’è nessuna differenza, come potenza di “motore”, come ingegneristica,<br />

tra un centista-duecentista ed un quattrocentista; il primo deve essere veloce e<br />

resistente alla velocità, ma anche il secondo.<br />

Come fa a passare ai 200 in 21”5, se non vale 20”0 - 20”2?<br />

Il “motore” è sempre quello; ci sono delle sfumature, è difficile che un<br />

quattrocentista classico, per un complesso di capacità (elasticità, scioltezza, ritmica,<br />

fluidità, forza riflessa) possa correre velocemente i 100 metri, ma può essere un<br />

grande duecentista.<br />

E può essere vero il contrario, cioè un grande centometrista può correre ad<br />

altissimi livelli anche i 400 metri, perché sa utilizzare la sua forza nei tempi giusti, ed<br />

allora quello che il centista fa di natura, lui se lo crea con l’abilità.<br />

Se, il centista possiede una qualità raffinata, quando deve utilizzarla in misura<br />

inferiore, se è abile, non incontra alcuna difficoltà.<br />

Come esempio, possiamo prendere Michael Johnson l’attuale primatista del<br />

mondo sui 400, con 43”18, ma che ha ottenuto anche 19”32 sui 200 (2° all time<br />

mondiale) e un non disprezzabile 10”09 sui 100 metri.<br />

Il training non deve essere gioco, il gioco deve consistere nell’allenarsi.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 115


Un’altra fondamentale accortezza è quella di non farlo gareggiare, se non è<br />

debitamente preparato; quasi sicuramente, andrà incontro a cocenti delusioni e,<br />

ancor più grave, al possibile abbandono di qualsiasi attività sportiva.<br />

E questo, purtroppo, capita sovente nelle competizioni studentesche, dove si<br />

vedono ragazzi che improvvisano, ad esempio la corsa ad ostacoli, o non sanno<br />

come posizionarsi nelle varie frazioni della staffetta 4 x 100, ecc., sentendosi subito in<br />

una posizione di inferiorità, rispetto ad altri più preparati; il loro insegnante deve farsi<br />

un bell’esame di coscienza.<br />

IL MOMENTO DELLA GARA<br />

Nel giorno della gara, durante il riscaldamento, evitiamo di far percepire<br />

all'atleta la nostra eventuale tensione, non lo assilliamo con raccomandazioni inutili,<br />

sdrammatizziamo qualsiasi situazione (discussioni con i giudici, spostamenti di orario,<br />

il fatto di correre nella prima corsia, o in quella esterna, ecc.); molto spesso, invece<br />

siamo noi adulti che enfatizziamo queste cose: “ti è capitata la prima corsia, che<br />

sfortuna! “.<br />

Oppure: “voglio proprio sapere perché nei 400 ti hanno dato la sesta corsia”.<br />

Capita anche che si protesti vibratamente perché, nella gara dei m. 60<br />

indoor, il proprio atleta ha avuto una corsia esterna; alle Olimpiadi è stata vinta la<br />

medaglia d’oro nei 400 HS, correndo in prima corsia!<br />

Così facendo, non aggiungiamo altri problemi ai nostri ragazzi, soprattutto se<br />

alle loro prime gare?<br />

Il momento agonistico deve essere vissuto con la piena consapevolezza del<br />

proprio valore, la giusta carica, il rispetto degli avversari.<br />

Il risultato accettato serenamente, senza eccessive esaltazioni, né dure<br />

riprovazioni.<br />

La sua valutazione critica servirà per i successivi impegni agonistici e come<br />

verifica del lavoro svolto.<br />

POCHE, O MOLTE GARE?<br />

Per i giovanissimi il vero divertimento consiste solo nel gareggiare misurandosi<br />

con se stessi e con i compagni; limitare le gare equivale a dare loro eccessiva<br />

importanza, fallendo l’obiettivo di un approccio più equilibrato.<br />

Inoltre, gareggiare spesso li aiuta a sdrammatizzare l’avvenimento e a ridurre<br />

le tensioni.<br />

Per gli atleti qualificati la gara rappresenta il fine dell’allenamento e, quindi, la<br />

partecipazione alle competizioni va rigorosamente programmata.<br />

LA GARA, PROVA DI CARATTERE<br />

E’ proprio nella competizione importante che si evidenzia se l’atleta è forte di<br />

carattere, o si lascia condizionare negativamente dalle tensioni ad essa connesse.<br />

Questa capacità di autocontrollo deve averla già come personale<br />

patrimonio, perché, più di tanto, l’esperienza non gli può dare.<br />

Lo stesso dicasi per il giusto modo di comportarsi anche fuori dal campo, nei<br />

giorni e nei momenti che precedono la gara.<br />

Sono atteggiamenti che non debbono assolutamente essere imposti, ma<br />

sentiti come indispensabili.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 116


Ecco perché diventerà un campione non solo chi possiede particolari requisiti<br />

fisici, ma colui che vi unisce solide basi temperamentali e di comportamento.<br />

L’atleta più forte in gara è colui che sa meglio gestire i momenti di difficoltà.<br />

IL RENDIMENTO IN GARA NON E’ UNA INCOGNITA<br />

Se la preparazione in uno sport individuale segue un preciso piano<br />

programmatico, ci consente, in ogni momento, di conoscere il rendimento dei<br />

nostri atleti.<br />

Nei giorni precedenti la gara, perciò, siamo in grado di prevedere il livello<br />

della prestazione.<br />

In atletica, ad esempio, non si può dire "speriamo che il nostro atleta vada<br />

bene".<br />

Come si comporterà ce lo anticipano i dati ricavati dagli allenamenti svolti in<br />

precedenza e i test di verifica, anche perché la carica agonistica nella<br />

competizione non può ribaltare un eventuale stato di forma scadente.<br />

Nei giochi di squadra, invece, non è sempre così prevedibile, perché<br />

intervengono altri fattori, quali la giusta concentrazione e, se occorre, la reazione di<br />

tutti i componenti a situazioni negative; si deve ricercare, cioè, un affiatamento che<br />

vada al di fuori del campo di gara.<br />

Spesso si giustifica il cattivo rendimento in gara di un atleta con il fatto che è<br />

carico di lavoro.<br />

Anche se così fosse, la prestazione non dovrebbe essere molto negativa.<br />

Oppure si dice che l’atleta è a posto fisicamente, ma non c’è con la testa.<br />

E’ una valutazione troppo semplicistica, occorre trovare le vere cause.<br />

Chiara Rosa, primatista italiana outdoor di getto del peso.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 117


IL DECALOGO DEL GIOVANE COMPETITORE<br />

1. L’impegno nell’attività sportiva deve proiettare i miglioramenti presenti nel futuro;<br />

2. Sviluppare nel giovane la voglia di competere per scoprire le reazioni<br />

temperamentali e valutare il livello delle sue capacità:<br />

3. Nelle competizioni è importante soprattutto gratificarsi per aver superato se stesso<br />

prima che l’avversario;<br />

4.Trovare sempre forti ed importanti<br />

motivazioni per migliorarsi;<br />

5.Praticare spesso la filosofia<br />

dell’insoddisfazione, perché l’appagamento<br />

assopisce gli stimoli;<br />

6.Porsi l’obbiettivo di sempre più grandi<br />

impegni e risultati;<br />

7.Farsi spingere dalla curiosità per scoprire,<br />

senza limitazioni, se stessi e nuovi traguardi;<br />

8.Non avere timori, qualora si palesassero nei<br />

comportamenti e nelle qualità fisiche,<br />

carenze, se si è disposti ad aggredirle ed a<br />

colmarle;<br />

9. In caso di insuccesso ridiscutere, con senso<br />

di responsabilità, i propri comportamenti,<br />

invece di trovare giustificazioni esterne;<br />

10. Parlare e confidarsi con l’allenatore senza<br />

reticenze, con la massima fiducia e con<br />

sincero scambio di pensiero; da qui parte un<br />

proficuo lavoro.<br />

Guai se all’impegno non corrispondono i<br />

miglioramenti.<br />

Daniele Greco, campione europeo under 23 di salto<br />

triplo, con il suo tecnico Raimondo Orsini.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 118


PRESTAZIONE SENZA “FARMACI”<br />

Un argomento che il docente di educazione fisica e quanti operano nel<br />

mondo sportivo devono assolutamente trattare nella maniera più completa e<br />

convincente è quello riguardante l’uso di farmaci e di sostanze dopanti, perché è<br />

proprio dalla mancanza di conoscenze specifiche che i ragazzi possono essere<br />

indotti ad usarle in proprio, o essere facile strumento di persone senza scrupoli<br />

(tecnici, dirigenti, medici).<br />

Non è sicuramente a scuola che corrono questo pericolo, ma nell’attività<br />

esterna.<br />

E’ una strada assolutamente da non percorrere per le implicazioni di ordine<br />

etico, ma, soprattutto, legate alla salute.<br />

Rammentiamo che l’organismo ha un suo equilibrio funzionale, i suoi ritmi, i<br />

suoi tempi biologici di rigenerazione dopo uno sforzo, che non possono essere<br />

artificialmente alterati.<br />

La somministrazione esogena di sostanze farmaceutiche, infatti, tende a<br />

produrre un aumento artificioso delle componenti poste alla base della specificità<br />

della prestazione motoria, sradicando la funzionalità del sistema endocrino,<br />

compromettendo la funzionalità e l’equilibrio dell’intero organismo.<br />

La fisiologia ci insegna chiaramente che se un ormone è presente nel sangue<br />

in dosi eccessive, inibisce la secrezione di ormoni della stessa ghiandola, inducendo<br />

la secrezione di ormoni che ne possano bloccare l’attività.<br />

Tale principio serve a mantenere l’omeostasi interna.<br />

La somministrazione esogena, invece, determina uno squilibrio nella quantità<br />

di ormoni nel circolo ematico, che si riflette inizialmente sulla funzionalità della<br />

ghiandola endocrina scavalcata.<br />

Con il tempo questo può portare anche all’atrofia della stessa ghiandola.<br />

Il perpetuarsi e l’aggravarsi di tale anomala situazione conduce ad una<br />

inevitabile modifica totale dell’equilibrio interno, compromettendo interamente le<br />

principali attività organiche.<br />

Effetto placebo<br />

Facciamo un ipotetico esempio; un atleta ha naturalmente 43,5 di ematocrito<br />

e la soglia consentita è 50, superata la quale, scatta il fermo; assume l’Epo,<br />

portando l’ematocrito a 49,9; ora, per la legislazione sportiva, è in regola, ma non lo<br />

è dal punto di vista etico e, soprattutto, per la sua salute, perché aumenta la<br />

densità del sangue, con conseguenze molto pericolose.<br />

No, quindi, anche a tutti quei prodotti che, pur ammessi dalle norme<br />

antidoping vigenti, possono creare sudditanza (effetto placebo) e, comunque,<br />

turbano questo equilibro naturale.<br />

Un esempio possono essere gli integratori.<br />

Il loro utilizzo con l’idea che si possa migliorare la propria prestazione sportiva<br />

attraverso l’assunzione di una sostanza va assolutamente contrastato, poiché<br />

rappresenta il primo passo per lo sviluppo di un atteggiamento che incoraggia l’uso<br />

di sostanze dopanti (Dronet).<br />

Del resto la società di oggi vive, a tutti gli effetti, una sorta di cultura della<br />

pillola: «inparte bombardati dai messaggi salutistici dell’industria farmaceutica, in<br />

parte perché ogni minima sensazione di disagio, ogni piccolo male che avvertiamo,<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 119


invece di essere visto come una normale vicissitudine della vita, viene visto<br />

nell’ottica medicalizzata, come un sintomo e una minaccia» (da Correre, n. 284).<br />

Perdere peso, migliorare le proprie prestazioni fisiche e intellettuali, dormire<br />

meglio, ricordarsi le cose, restare vigili... la chimica e la farmacologia suggeriscono<br />

continuamente scorciatoie per risolvere i problemi della vita di tutti i giorni.<br />

Dobbiamo perciò, insistere con forza sul concetto che alla prestazione l’atleta<br />

deve arrivare solo attraverso il training ed il suo impegno mentale sempre crescente.<br />

Ad esempio, se l’atleta non recupera, andiamo ad analizzare l’allenamento;<br />

è lì, nella sbagliata miscela dei carichi, che risiede la causa del problema, che può<br />

essere accentuato da una alimentazione non corretta.<br />

Questo accade, spesso, quando il tecnico si trova per le mani un talento; a<br />

certi carichi di lavoro deve farlo arrivare progressivamente.<br />

Altrimenti il motore dell’atleta si imballa, va in sovrallenamento ed invece di<br />

adattarsi agli stimoli della preparazione per accrescere le sue capacità, rende<br />

meno.<br />

Se un programma di allenamento arriva a questo punto, è sbagliato, o, forse,<br />

a determinati carichi si è arrivati troppo rapidamente.<br />

Quindi, non si devono assumere pastiglie per risolvere problemi, che, molte<br />

volte, stanno nella cultura, nella strategia di un programma di allenamento.<br />

Parliamo sempre di muscoli, di come farli crescere e rendere, ma il vero<br />

problema di molti atleti è la testa, che impedisce il raggiungimento dei risultati.<br />

Il terrore della gara, quel correre sempre su un avversario senza concentrarsi a<br />

fare bene le proprie cose, in molti potenziali campioni si sono rivelate nefasti.<br />

James Cleveland (Jesse) Owens, vincitore di 4 medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino 1936.<br />

(m.100 – m. 200 – salto in lungo – staffetta 4 x 100).<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 120


CONOSCENZA E PRATICA<br />

L’INSEGNANTE-TECNICO<br />

Il docente deve imparare ad insegnare per insegnare ad apprendere.<br />

Oltre a possedere una solida e continuamente aggiornata cultura specifica,<br />

deve fare continue esperienze pratiche, di campo, che nessun libro potrà sostituire,<br />

perché uniche, irripetibili; confrontare le sue conoscenze con altri colleghi,<br />

partecipare a convegni tecnici, scientifici.<br />

Solo così cresce e matura moltissimo, dal lato tecnico, didattico e<br />

metodologico.<br />

Altrimenti, rischia di rendere ripetitivo il suo lavoro, di rimanere indietro rispetto<br />

ai progressi della scienza e della tecnica, riferiti all’attività motoria e sportiva.<br />

Per esperienza personale devo riconoscere che la mia attività di tecnico di<br />

atletica leggera mi ha aiutato moltissimo nella scuola, attraverso questo transfert di<br />

acquisizioni teorico-pratiche.<br />

Tuttavia, alla base di questo processo di informazione, ci deve essere un acuto<br />

senso critico nel valutare la letteratura specifica ed il suo stesso operato, un attento<br />

spirito di osservazione, ma, soprattutto, un costante entusiasmo ed un vero amore<br />

per la professione.<br />

Deve sempre tenere ben presente che con il suo lavoro influisce sul corpo e la<br />

psiche di una persona.<br />

Ricordiamo, inoltre, che, mentre insegniamo, anche noi apprendiamo.<br />

Ci capita molte volte di scoprire un nuovo particolare nell’esecuzione di un<br />

gesto ripetuto tantissime volte, o apportare variazioni che ne ampliano l’efficacia.<br />

Questo si verifica solo se siamo sempre attenti e speculativi e non suggeriamo<br />

meccanicamente le esercitazioni.<br />

A volte, durante qualche convegno tecnico, sento colleghi dire di non aver<br />

appreso nulla di nuovo, perché avevano già ascoltato quel relatore su un<br />

determinato argomento, oppure che quelle cose le sapevano.<br />

Non sono d’accordo.<br />

Innanzitutto, avere una conferma è già importante e, poi, ogni volta, si può<br />

scoprire una sfaccettatura diversa, si possono aprire orizzonti conoscitivi e applicativi<br />

nuovi.<br />

Quando scriviamo un qualsiasi testo, nel riesaminarlo, apportiamo sempre<br />

moltissime modifiche e aggiunte, eppure ci sembrava già ben fatto.<br />

Non è lo stesso principio?<br />

Solo con questo atteggiamento si può crescere e dare sempre qualcosa in<br />

più ai nostri ragazzi.<br />

La supponenza non porta da nessuna parte!<br />

Scriveva Platone nell’Apologia di Socrate: “Certo sono più sapiente io di<br />

quest'uomo, anche se poi, probabilmente, tutti e due non sappiamo proprio un bel<br />

niente; soltanto che lui crede di sapere e non sa nulla, mentre io, se non so niente,<br />

ne sono per lo meno convinto, perciò, un tantino di più ne so di costui, non fosse<br />

altro per il fatto che ciò che non so, nemmeno credo di saperlo”.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 121


EDUCARE CON LA PROPRIA PERSONA<br />

Una volta si diceva che la professione dell’insegnante era come una missione;<br />

forse nel tempo questo significato si è un po’ perso, ma io credo che sia sempre<br />

attuale.<br />

Possiamo affermare che il punto fondamentale del lavoro pedagogico del<br />

docente è un po' simile a quello del genitore: deve educare con tutta la propria<br />

persona, con la sua cultura, non solo con il gesto, o la parola; poi, naturalmente,<br />

vengono l'istruzione, la tecnica, i metodi, ecc.<br />

A tale proposito, mi sono rimaste impresse le parole di un pedagogista,<br />

secondo il quale l’insegnante fa presa sui suoi allievi innanzitutto come persona, poi<br />

con quello che fa e, alla fine, con quello che dice.<br />

Perciò non è sufficiente sapere per insegnare; questo è il presupposto<br />

fondamentale della nostra professione; e, ancora, non c’è bisogno di salire in<br />

cattedra per insegnare.<br />

Innumerevoli sono gli esempi di docenti, che conoscono benissimo la propria<br />

disciplina, ma non riescono ad entrare in sintonia con i ragazzi, a trasmettere loro le<br />

conoscenze; è una dote particolare, che uno deve avere dentro.<br />

Gli si richiede, inoltre, autorevolezza, che si fonda sulla competenza<br />

professionale, sull’equilibrio e sul prestigio.<br />

Deve coltivare le proprie qualità umane e, con il suo esempio, cercare di<br />

evidenziare quelle dei suoi ragazzi.<br />

Trasmettere conoscenze, fiducia, ottimismo, motivazioni, passione, desiderio di<br />

imparare, voglia di eccellere.<br />

E', quindi, importante che sia loro vicino anche al di fuori dell’ambiente<br />

sportivo, interessandosi, se necessario, ai loro problemi personali, per aiutarli a<br />

fortificare il carattere ed acquisire un comportamento sempre più autonomo e<br />

responsabile.<br />

Maestro ed allievo contribuiscono entrambi al successo educativo e in egual<br />

misura.<br />

Sappiamo che, dopo anni di lavoro insieme, si confidano forse più con lui che<br />

con i loro stessi familiari e ciò accresce la sua responsabilità di educatore.<br />

Da ultimo, è bene puntualizzare che l’insegnante che meglio conosce i<br />

ragazzi è proprio quello di educazione fisica; non c’è la “cattedra” a frapporsi e,<br />

inoltre, nell’attività motoria e nel gioco palesano non solo le capacità fisiche, ma<br />

anche il carattere, le doti intellettive.<br />

Platone diceva: “educa i ragazzi col gioco, così riuscirai meglio a scoprire<br />

l'inclinazione naturale”.<br />

E anche: ”Si può scoprire di più su una persona in un'ora di gioco, che in un<br />

anno di conversazione”.<br />

NO ALL’IMPROVVISAZIONE<br />

Non bisogna mai dare per scontato che insegnare sia facile; basta conoscere<br />

un po’ il proprio sport e il resto è consequenziale.<br />

E’ un approccio scorretto, come lo è ritenere che insegnare sia una qualità<br />

quasi innata, più un’arte di cui si è dotati, che una capacità che può e deve essere<br />

sempre migliorata.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 122


Sul piano didattico si può diventare tecnici migliori con un atteggiamento<br />

autocritico, se si ha un preciso piano programmatico e si controlla l’efficacia<br />

dell’allenamento, non considerando solo il risultato delle competizioni.<br />

Inoltre, molto spesso, si tende a utilizzare lo stesso insegnamento con tutti gli<br />

atleti, senza valutare attentamente le caratteristiche individuali.<br />

Il tecnico deve possedere una chiara e consolidata metodologia, che<br />

preveda interventi ben studiati e pianificati e non inventandosi al momento il<br />

programma delle attività.<br />

Purtroppo questo atteggiamento non è raro e magari va al campo<br />

pensando: ”dunque, vediamo, ieri abbiamo svolto quel tipo di lavoro, cosa<br />

possiamo fare oggi?”<br />

Niente di più superficiale e illogico!<br />

Solo se è consapevole delle sue strategie di lavoro, può rendersi conto che ne<br />

possano esistere di migliori.<br />

ONESTA’ PROFESIONALE<br />

Se siamo convinti che il nostro atleta potrebbe emergere in una specialità, di<br />

cui non abbiamo una specifica competenza, dobbiamo avere l’onestà di farlo<br />

seguire da chi se ne occupa.<br />

Molto di frequente, invece, succede che il tecnico esperto in un determinato<br />

settore, cerchi di portare verso di esso i suoi ragazzi, senza tentare di scoprire le loro<br />

reali predisposizioni.<br />

Inoltre, dobbiamo essere sempre in grado di allenarlo a qualsiasi livello, anche<br />

il più elevato.<br />

Se, ad un certo punto, ci accorgiamo di non averne più la capacità, è<br />

corretto affidarlo ad un collega più competente ed esperto.<br />

E’ una decisione difficile, ma, se la prendiamo, dimostriamo senso di<br />

responsabilità e, quel che più conta, faremo il bene dell’atleta, che resta sempre<br />

l’obiettivo primario di ogni nostro modo di agire.<br />

TECNICI PREPARATI PER I GIOVANI<br />

Da quanto detto si evince che il compito di allenare i giovani deve essere<br />

affidato ad insegnanti e tecnici molto preparati sotto il profilo fisiologico e<br />

pedagogico, oltre che tecnico e metodologico.<br />

Di frequente, invece, e non solo in atletica, sono impiegati i meno esperti, con<br />

tutte le conseguenze negative del caso.<br />

Non è infrequente, nei giochi di squadra, che a guidarli sia qualche atleta<br />

della formazione principale, che, magari, fa svolgere, su scala ridotta, a ragazzi di 12<br />

– 13 anni, le stesse esercitazioni che esegue lui; non ci può essere errore più grande.<br />

Ciò accade per la superficialità e l’incompetenza di alcuni dirigenti di società,<br />

ma, anche per la diffusa opinione che è più apprezzato il tecnico che segue gli<br />

atleti di vertice, o la prima squadra, che quello del settore giovanile.<br />

Questi deve possedere non solo le conoscenze tecnico-didattiche delle<br />

diverse discipline sportive, ma anche solide cognizioni scientifiche, fisiologiche,<br />

auxologiche, riferite alla fascia di età giovanile.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 123


NOI E GLI ATLETI<br />

Occupandoci, ora, dei rapporti dell’insegnante con gli atleti.<br />

Il suo modo di comportarsi non può seguire parametri standardizzati, ma è<br />

strettamente collegato alla tipologia caratteriale di chi deve seguire.<br />

Occorre stabilire, subito, chiari rapporti di lavoro, accordarsi, cioè, sul numero<br />

di sedute che l’atleta può svolgere nella settimana, compatibilmente con le altre<br />

sue attività importanti (su tutte lo studio).<br />

Altrimenti, non si potrebbe seguire una precisa linea programmatica e l’atleta<br />

non avrebbe, dall’inizio, la sensazione della serietà e dell’importanza dell’impegno<br />

che si assume.<br />

Non bisogna assolutamente essere troppo permissivi, o accomodanti,<br />

soprattutto nei confronti di ragazzi poco interessati, fino a scendere nel ridicolo di<br />

“mercanteggiare” il lavoro da svolgere, perché quello da noi proposto è ritenuto<br />

eccessivo.<br />

Uno dei primi insegnamenti che la pratica dell’attività sportiva deve dare è<br />

che le buone prestazioni scaturiscono non solo dal possesso di determinati requisiti<br />

fisici, ma, principalmente, da un’applicazione costante negli allenamenti, che<br />

saranno sempre più impegnativi, con il passare degli anni.<br />

E’, altresì, criticabile farlo allenare da solo, dandogli un foglietto con le<br />

esercitazioni da svolgere; è un errore tecnico, perché non si renderà conto di<br />

eventuali sbagli, ma, soprattutto, psicologico, perché non sarà incoraggiato,<br />

stimolato, anche energicamente, se occorre; insomma, non avrà la convinzione che<br />

l’attività che svolge è importante per entrambe le parti.<br />

Altro errore dirgli ” tu intanto riscaldati, io arrivo un po’ più tardi”.<br />

Suscita una negativa impressione e, poi, non dobbiamo mai dimenticare che<br />

l’allenamento comincia dal riscaldamento, che, perciò, deve essere seguito con<br />

una cura particolare.<br />

Lo sport di squadra<br />

Fermo restando quanto affermato, vediamo anche quali problematiche deve<br />

affrontare il tecnico di uno sport di squadra.<br />

l’allenatore è il leader carismatico, che deve sia soddisfare le esigenze<br />

affettive e operative della maggioranza dei membri del gruppo, sia fornire<br />

motivazioni e stimoli sempre nuovi.<br />

Deve esaltare le capacità fisiche e tecniche di ciascun atleta per ottenere il<br />

più alto rendimento complessivo.<br />

Questa simbiosi si rende necessaria anche sul piano psicologico, il più difficile<br />

da gestire; smussare le incomprensioni, le piccole invidie, non far trapelare<br />

preferenze personali.<br />

Insomma, creare il cosiddetto “spogliatoio”.<br />

La preparazione mentale ad una partita è importante come l’organizzazione<br />

tattica.<br />

Un allenatore che riesce a motivare emotivamente i giocatori è determinante<br />

per ottenere risultati.<br />

Perciò deve porsi come una figura paterna per i suoi giocatori e far loro da<br />

guida.<br />

É nello spogliatoio, poco prima della gara, che si concretizza il rapporto<br />

allenatore-giocatori, quando non solo si condividono le finalità tattiche, ma un<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 124


intero mondo di valori umani (rispetto, onestà, altruismo, spirito di sacrificio,<br />

collaborazione...), che consapevolmente la squadra mette in campo.<br />

La squadra così perde i suoi connotati di semplice aggregazione di individui e<br />

si eleva a una forma di coesione simile in tutto o quasi a una famiglia.<br />

Dopo la partita, il tecnico deve evidenziare eventuali errori, o cattivi<br />

comportamenti.<br />

Invece, spesso, dopo una prestazione deludente, c’è una specie di<br />

assoluzione generale “abbiamo perso”; e tutto finisce lì.<br />

Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità, quello che ovviamente<br />

accade negli sporti individuali, che, da questo punto di vista, ritengo siano più<br />

formativi.<br />

IL RAPPORTO INSEGNANTE – GENITORI<br />

Ci deve essere innanzitutto una stretta collaborazione per favorire la crescita<br />

fisica e umana del giovane atleta.<br />

Può capitare che il genitore riponga sul proprio figlio eccessive aspettative di<br />

successo e lo carichi di una forte pressione psicologica, facendo di ogni gara un<br />

traguardo decisivo.<br />

Non è accettabile, inoltre, che si intrometta sulle questioni tecniche, creando<br />

confusione e tensioni; se dovesse accadere, puntualizzare subito i ruoli e, nei casi<br />

estremi, sciogliere il rapporto.<br />

Succede anche che il genitore faccia pressioni sul tecnico affinché lo<br />

inserisca nella formazione titolare, perché lo ritiene più bravo di tutti i suoi compagni.<br />

Questo rischio lo può correre, altresì, il genitore che allena il proprio figlio.<br />

Altro comportamento censurabile, che si verifica soprattutto nei giochi di<br />

squadra, è quello in cui i familiari del ragazzo inveiscono sull’arbitro, sugli avversari.<br />

La conseguenza più naturale di questi comportamenti è che il ragazzo smette<br />

di fare sport.<br />

Il genitore ideale<br />

Il genitore ideale è quello che intende lo sport come momento formativo ed<br />

educativo.<br />

Asseconda i gusti e le passioni del figlio, lo incita, ne apprezza e valorizza<br />

l’impegno e la sana competizione agonistica (che fa parte comunque dello sport e<br />

non deve essere necessariamente stigmatizzata).<br />

Quando perde lo rassicura e lo sprona a non abbattersi, ma a reagire e a<br />

cercare di migliorarsi: «In fondo, anche una sconfitta può essere veramente<br />

istruttiva».<br />

Non urla, non insulta, non protesta e se lo fa usa toni pacati e solo<br />

nell’interesse del figlio.<br />

È consapevole che arbitro, allenatore, avversari e compagni sono umani e<br />

per questo possono sbagliare.<br />

Insegna ad ammirare il lavoro degli altri e a rispettarlo.<br />

Spiega il valore dello sport come impegno, divertimento, passione e<br />

occasione di nuove conoscenze.<br />

Evita di caricare il figlio delle proprie aspettative, non gli impone risultati o<br />

obiettivi e non basa il suo rapporto con lui a seconda delle vittorie ottenute.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 125


Valorizza il gioco di squadra e l’importanza del team, dell’allenatore e<br />

dell’intesa con lui e con i compagni.<br />

Se il figlio ha effettivamente delle capacità sportive, ne è orgoglioso, ma non<br />

le ostenta eccessivamente e lo educa a essere modesto e a stimare gli altri,<br />

indipendentemente dalle loro capacità.<br />

Nella mia lunga esperienza di tecnico ho avuto modo di incontrare molti di<br />

questi genitori, che, tra l’altro, spesso, collaborano fattivamente con la società<br />

sportiva, accompagnando i propri figli alle gare e nell’organizzazione delle<br />

manifestazioni.<br />

Il finlandese Paavo Nurmi ha vinto 9 medagle d’oro alle Olimpiadi.<br />

Anversa 1920 (m. 10000 e corsa campestre individuale e a squadre)<br />

Parigi 1924 (m. 1500, m. 5000, m. 3000 a squadre e corsa campestre individuale e a squadre<br />

Amsterdam, 1928 (m. 10000)<br />

Il ceco Emil Zatopek, oro nei m. 5000, 1000 e nella maratona alle Olimpiadi di Helsinki 1952.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 126


LA LEZIONE<br />

Fu introdotta nel medioevo come lezione universitaria e consisteva nel leggere<br />

e commentare passi di autori famosi; perciò le lezioni erano poche.<br />

Attraverso di essa facciamo scoprire agli alunni gli orizzonti della universalità.<br />

Pertanto, un dubbioso non può fare l’insegnante, perché questi deve fornire<br />

elementi certi, un sapere stabilmente acquisito, espresso in forma sintetica.<br />

Ne deriva che la lezione non può essere improvvisata, ma va inserita<br />

nell’ambito della programmazione annuale, che viene presentata da ciascun<br />

docente e approvata dal consiglio di classe all’inizio di ogni anno scolastico.<br />

Al momento della lezione gli alunni debbono essere avvisati della sua<br />

importanza e l’insegnante deve assumere un atteggiamento docente.<br />

I fondamenti della lezione sono tre:<br />

ANEDDOTI<br />

RICCHEZZA DI CONTENUTI BATTUTE<br />

RIFERIMENTI STORICI<br />

1) DIMENSIONE SCIENTIFICA SCHEMA<br />

OBIETTIVITA’ (Non vanno riferite opinioni personali)<br />

2) PROMOZIONE DELL’ISTRUZIONE: COME DESIDERO INTERESSARLI?<br />

CURARE LA QUALITA’ DELL’ESPRESSIONE SIA<br />

VERBALE CHE NO (ad esempio non essere tristi)<br />

3) ESERCIZIO DELLE ESSERE AMENI, MAI NOIOSI<br />

QUALITA’ UMANE<br />

ESSERE FLESSIBILI, CIOE’ NON AVERE TIMORE<br />

DI COMMETTERE ERRORI<br />

Nella lezione dobbiamo distinguere: 1) PRINCIPI<br />

2) IDEALI ED OBIETTIVI<br />

3) METODI<br />

4) TECNICHE<br />

5) STRUMENTI<br />

-------------------------------<br />

Opinioni<br />

Valori<br />

E’ importante non confondere tra loro questi elementi.<br />

I principi sono concetti fondamentali, prima proposizione di una dottrina, una<br />

scienza, una disciplina.<br />

Se non si ricorre ad essi si rischia di applicare l’idealismo alla realtà.<br />

Gli obiettivi sono lo scopo, o fine, che si vuole raggiungere.<br />

A parità di principi, ci possono essere tanti metodi di applicazione.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 127


A parità di metodi, le tecniche sono ancora maggiori e gli strumenti infiniti.<br />

Al di sotto ci sono le opinioni e i valori.<br />

Il valore è un giudizio soggettivo su ciò che è bello, buono, ecc.<br />

Il pericolo più grande per una lezione è la soggettività assoluta, cioè riferire<br />

opinioni personali.<br />

Se una nozione non è certa, non la si dà in una lezione, ma in un’altra<br />

sessione.<br />

Inoltre, non si deve esagerare con l’esposizione di lucidi, diapositive, ecc.,<br />

ovvero con l’ausilio di sussidi audiovisivi; ricordiamo che le cose che si apprendono<br />

meglio sono quelle che si scoprono da soli.<br />

Troppo spesso, invece, assistiamo a lezioni, convegni, nei quali c’è un tale<br />

bombardamento di immagini, che non si riesce a seguire il filo logico<br />

dell’argomento trattato; è importante, inoltre, anche come il sussidio visivo viene<br />

proposto; non si può fare una fotocopia della pagina di un libro scritta a caratteri<br />

ovviamente minuti e proiettarla sullo schermo; quelli appena un po’ distanti cosa<br />

vedono?<br />

Rammentiamo, anche, che con il televisore non vengono educate le qualità<br />

umane, non è un mezzo di istruzione, meno che mai di questi tempi, dove quello<br />

che conta è l’audience, non la qualità del prodotto.<br />

I programmi televisivi sono utili quando seguono la lezione.<br />

Stesso procedimento da seguire nell’apprendimento motorio.<br />

LA LEZIONE DI EDUCAZIONE FISICA<br />

Diamo alcune indicazioni didattiche e metodologiche per la scuola superiore.<br />

Nel biennio si devono sviluppare le varie qualità fisiche utilizzando un ampio<br />

ventaglio di esercitazioni a carico naturale, con piccoli pesi e ai grandi attrezzi, per<br />

aiutare il giovane ad essere sempre più padrone del proprio corpo.<br />

Nel triennio si continua il lavoro di potenziamento, utilizzando anche i<br />

sovraccarichi, se disponibili, e si consolidano le abilità tecniche individuali e di<br />

squadra.<br />

Già al primo anno, è opportuno insegnare agli allievi la didattica delle varie<br />

sollevate con il bilanciere libero (tirata, girata, slancio, strappo, ecc.); sono esercizi<br />

che sviluppano la forza veloce e danno una notevole padronanza motoria.<br />

Occorre riscoprire attrezzi come la spalliera, il quadro svedese, la scala<br />

orizzontale, il palco di salita, la cavallina, che alcuni considerano obsoleti; invece,<br />

sono sempre attuali ed apprezzati.<br />

Il quadro svedese, ad esempio, suscita subito interesse, utilizzando le diverse<br />

tecniche di salita e di discesa ed inoltre sviluppa il coraggio; i ragazzi sono stimolati<br />

dalle esercitazioni più complesse e che richiedono, oltre ad un alto grado di abilità,<br />

anche notevoli doti di carattere.<br />

Far eseguire anche gli esercizi di preacrobatica, dalla semplice capovolta<br />

avanti e indietro, al tuffo in avanti con appoggio delle mani e capovolta, alla<br />

verticale, alla ruota, ecc.<br />

Tra l’altro, si può fare tutto questo nella massima sicurezza, con i vari tipi di<br />

materassi di caduta oggi a disposizione.<br />

Molto indicati sono, altresì, i percorsi ginnici, nei quali si debbono eseguire in<br />

successione esercizi diversi, di varia difficoltà, a livello fisico, coordinativo e<br />

temperamentale.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 128


Ad esempio, si utilizza un lato corto ed uno lungo della palestra: gli allievi<br />

partono traslocando sul palco di salita, composto da pertiche e funi, passano alla<br />

scala orizzontale, poi sotto un tunnel costituito da supporti di legno e da materassini,<br />

si spostano proni, utilizzando braccia ed arti inferiori, eseguono dei rimbalzi a piedi<br />

pari su sei ostacoli alti 30 cm., uno slalom tra coni di gomma, poi una capovolta<br />

avanti e concludono superando due muri, formati da un materassone, disposto in<br />

verticale ed alto 2 m., sostenuto ai lati da due ragazzi, dietro il quale ci sono altri due<br />

materassoni per l’atterraggio.<br />

Il gradimento è notevole ed i ragazzi ripartono in continuazione.<br />

Ovviamente le combinazioni possono essere le più diversificate e si può<br />

rilevare anche il tempo di ciascun allievo.<br />

Nella fase iniziale del riscaldamento di ogni lezione, oltre alla consueta e, a<br />

lungo andare, monotona, corsa leggera, si può utilizzare la funicella, un attrezzo<br />

semplice, ma che consente di raggiungere gradi elevati di sensibilità ed abilità<br />

motoria, e, se impiegata per un certo tempo, produce, altresì, un apprezzabile<br />

effetto organico.<br />

Oppure, si inizia con molteplici esercizi che interessano il tratto piede-gamba,<br />

azioni di skip e corsa calciata nelle diverse combinazioni, o eseguendo varie<br />

andature su ostacoli alti da 60 a 76 cm, palleggi a pallavolo, passaggi a basket; a<br />

coppie, o a quaterne, corsa leggera con passaggi del testimone, ecc.<br />

Un altro piccolo attrezzo molto utile per il suo poliedrico impiego è la palla<br />

medica; è opportuno averne di diverso peso, da kg.1,2,3,4,5 ed in numero<br />

adeguato per ciascuno di questi.<br />

Si possono eseguire innumerevoli esercizi di potenziamento generale e<br />

speciale, singolarmente, o a coppie e nelle varie stazioni.<br />

L’obiettivo principale è quello di far subito percepire ai ragazzi la giusta<br />

catena cinetica del gesto, cioè che la spinta inizia dai piedi e che le braccia sono le<br />

ultime ad intervenire, proprio il contrario di quello che, istintivamente, sono portati a<br />

fare; si suggerisce di farli lanciare all’inizio verso l’alto, partendo dalla mezza<br />

accosciata.<br />

La palla medica è indispensabile nella didattica di avviamento a tutti e<br />

quattro i lanci dell’atletica leggera.<br />

Per concludere, dobbiamo seguire il programma stabilito, presentandolo in<br />

modo stimolante; evitare assolutamente di ridurre la lezione a partite di calcetto, o<br />

di pallavolo, credendo di esaudire le aspettative degli allievi.<br />

Non è assolutamente vero e ci sono sempre alcuni che si mettono da parte e<br />

non svolgono la lezione.<br />

Quando facevo fare il salto in alto, anche i ragazzi delle classi terminali erano<br />

totalmente presi: “professore, alzi l’asticella”, desiderosi di vagliare le proprie<br />

capacità.<br />

Se davo loro il vortex, lo lanciavano in continuazione.<br />

E gli esempi potrebbero essere innumerevoli.<br />

Inoltre, non è corretto sul piano deontologico, perché non si può far svolgere,<br />

per cinque anni, un programma monotematico, in cui il docente è impegnato<br />

solamente a svolgere la funzione di arbitro, quando, addirittura, non la delega ad<br />

un allievo.<br />

Anche se, al termine del corso di studi, non è prevista la prova pratica<br />

all’esame di stato, ma, eventualmente, solo scritta e orale, si deve registrare il<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 129


miglioramento del livello iniziale delle capacità dei ragazzi e il raggiungimento di<br />

un’ apprezzabile padronanza del corpo.<br />

Debbono, altresì, aver acquisito discrete conoscenze teoriche del proprio<br />

corpo, dell’attività motoria e sportiva, anche con l’ausilio di un buon libro di testo.<br />

Esempio di lezione<br />

Proponiamo un esempio di lezione, in palestra, imperniato sulla corsa veloce,<br />

per una classe del biennio della scuola superiore.<br />

Per il riscaldamento, i ragazzi utilizzano la funicella, eseguendo molteplici<br />

esercizi, sul posto e in avanzamento.<br />

Poi esercizi di allungamento e mobilità articolare, impiegando anche la corda<br />

come una bacchetta.<br />

Alcune azioni di corsa calciata e skip, sempre in avanzamento.<br />

Dallo skip passare, in maniera sfumata, ad un leggero progressivo,<br />

mantenendo le cosce alte e variando l’intensità degli appoggi.<br />

Progressivi aumentando ogni volta la velocità.<br />

Dalla stazione eretta, piedi paralleli, sbilanciarsi avanti ed effettuare alcune<br />

accelerazioni.<br />

A coppie, cambi di staffetta in velocità.<br />

Gara di staffetta.<br />

Delimitare, con 4 coni, o altri oggetti, un circuito; disporre la metà degli allievi<br />

all’altezza della parte centrale di un lato lungo della palestra e l’altra metà dall’altra<br />

parte; ovviamente occorre fare squadre abbastanza omogenee, per rendere la<br />

competizione ancor più stimolante.<br />

Al via, ogni atleta di ciascuna squadra compie un giro completo, passa il<br />

testimone al secondo e così via.<br />

Vince la squadra che taglia il traguardo per prima con l’ultimo frazionista.<br />

PROVE DI INGRESSO<br />

Per valutare la situazione motoria di partenza degli allievi del primo anno di<br />

corso nelle lezioni iniziali si possono predisporre dei circuiti in cui vengono saggiate<br />

diverse capacità ed abilità.<br />

Ne mostriamo un esempio, che prende come riferimento il campo di<br />

pallavolo.<br />

1-skip su 10 ostacoli alti 30 cm. e distanti 1 m. l’uno dall’altro;<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 130


2-rotolamento, o capovolta, su un materassino, distante 2 m. dall’ultimo<br />

ostacolo;<br />

3-eseguire 6 saltelli a piedi pari tra i cerchi posizionati sfalsati, a destra e a<br />

sinistra;<br />

4-superamento di 1 ostacolo alto 40 cm. e passaggio sotto al successivo alto<br />

50 cm.;<br />

5-tre tiri a canestro dalla linea del tiro libero;<br />

7-corsa a slalom tra otto coni distanti 1 m. e posizionati sfalsati, come i cerchi;<br />

8-lancio della palla medica da 2 kg., in avanti a due mani dal petto.<br />

Le combinazioni possono essere molteplici e dipendono anche dalle<br />

attrezzature presenti nella palestra.<br />

Si può prendere il tempo totale di ciascuna esecuzione, mettendo delle<br />

penalità ad ogni errore (es. abbattimento di un ostacolo) ed un bonus se si fa<br />

canestro.<br />

LA VALUTAZIONE<br />

La valutazione degli allievi deve tener conto innanzitutto dei progressi fatti<br />

rispetto al livello iniziale delle capacità prestative di ciascuno; inoltre, dell’impegno,<br />

della costanza e dell’attenzione mostrate durante le lezioni.<br />

E’ opportuno, altresì, che almeno una volta a quadrimestre agli allievi siano<br />

somministrati dei questionari a risposta multipla, o a domande aperte; in alternativa,<br />

si può richiedere una tesina su argomenti a piacere inerenti alla nostra disciplina.<br />

L’importante è valutare in modo obiettivo e meritocratico; sovente si ha la<br />

tendenza ad assegnare votazioni altissime con troppa superficialità.<br />

Chi prende il massimo dei voti non deve essere soltanto un ragazzo corretto e<br />

disciplinato, ma molto bravo nelle diverse espressioni motorie.<br />

STUDENTI DIMOSTRATORI<br />

E’opportuno e interessante impiegare, a turno, gli allievi non solo nella<br />

funzione di dimostratori, ma anche in quella di docenti, guidando, ad esempio, la<br />

parte dell’allungamento muscolare, quella riguardante le andature, ecc., senza che<br />

noi diamo suggerimenti e verificare, così, il loro grado di apprendimento motorio e<br />

la logica della successione degli esercizi proposti.<br />

Si sentiranno responsabilizzati e, quindi, interessati e attenti durante le lezioni.<br />

In più accresceranno la loro autostima.<br />

STUDENTI GIUDICI<br />

Occorre coinvolgere gli studenti nella funzione di giudici ed arbitri in<br />

occasione delle competizioni dei G.S.S., soprattutto coloro che sono esonerati dalla<br />

pratica per motivi legati alla salute.<br />

Nella mia scuola, per le gare di atletica leggera, gestiscono anche tutta la<br />

segreteria e si dimostrano veramente capaci, attenti e precisi.<br />

Se ogni istituto preparasse un gruppo di giudici e arbitri dei vari giochi, si<br />

risolverebbero molti problemi legati alla carenza dei giudici federali, soprattutto se le<br />

competizione studentesche si svolgono di mattino.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 131


IL GRUPPO SPORTIVO<br />

La Storia<br />

Nel1950 il ministro della Pubblica Istruzione Guido Gonella, con la C.M.<br />

19/10/1950, introduce I gruppi sportivi scolastici, d’intesa col CONI, il cui segretario<br />

generale era Bruno Zauli.<br />

L’O.M. 22/11/1961 ne fissa la disciplina organica; la finalità è la promozione<br />

della pratica sportiva nella scuola.<br />

I Gruppi Sportivi Scolastici vengono costituiti nelle scuole per adesione<br />

volontaria di alunni e docenti.<br />

Sono gestiti da comitati presieduti dal Preside e composti da docenti e<br />

genitori.<br />

Hanno un’autonomia patrimoniale e un bilancio autonomo, in cui<br />

confluiscono apporti del Ministero e del CONI, oblazioni spontanee, quote<br />

associative degli alunni<br />

Nel 1950 vengono introdotte alcune gare d’Istituto, solo per i maschi, solo nel II<br />

grado, solo per l’atletica e a fine anno il campionato provinciale.<br />

Nel 1951 sono ammesse anche le femmine con un programma ridotto basato<br />

su 3 gare individuali (alto, m. 50, peso).<br />

Nel 1955 partecipano anche gli alunni e le alunne delle scuole medie e sono<br />

introdotti altri sport.<br />

Nel1964 nasce il CRITERIUM, competizione scolastica interregionale e<br />

nazionale per atletica, sci, scherma, nuoto e tennis.<br />

1968 – la nascita dei Giochi della Gioventù.<br />

12 giugno 1968 - Il Consiglio Nazionale Coni: il presidente Giulio Onesti<br />

annuncia l'istituzione di "un settore operativo dedicato alle manifestazioni giovanili di<br />

massa" e di "un'attività che deve rivolgersi non più a poche migliaia di giovani, ma a<br />

milioni".<br />

29 agosto 1968 - Circolare ai comitati provinciali del Coni con le norme<br />

principali della manifestazione.<br />

3 settembre 1968 - Approvazione ufficiale dei Giochi della Gioventù.<br />

Le discipline: atletica leggera, ciclismo, ginnastica, nuoto, pallacanestro,<br />

pallavolo<br />

L’età dei partecipanti: 11-15 anni.<br />

Le prove potevano essere disputate anche nelle località prive di qualsiasi<br />

impianto.<br />

La partecipazione andò aumentando fino a superare i tre milioni e mezzo alla<br />

fine degli anni '70.<br />

Il programma si estese fino a comprendere oltre cinquanta discipline, con<br />

diecimila partecipanti alle finali nazionali (nel 1984 con l’Istituzione dei Campionati<br />

Studenteschi.<br />

29 giugno-6 luglio 1969 - Finali nazionali a Roma con 5000 partecipanti.<br />

Nel 1974 si svolse la prima edizione dei Giochi della Gioventù di corsa<br />

campestre.<br />

1998 - Nascono i Giochi Sportivi Studenteschi, rinnovando la formula della<br />

manifestazione per sperimentare nuovi modelli organizzativi e strutturali.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 132


Il Gruppo Sportivo Scolastico: primo club<br />

Sentite mai parlare nei mass media di sport scolastico?<br />

E’, ovviamente, una domanda retorica.<br />

Ad essere precisi, una volta capita, esattamente ogni quattro anni, quando<br />

alle Olimpiadi prendiamo meno medaglie del preventivato; allora i soloni dello sport<br />

nazionale, i giornali, tirano in ballo la scuola, ma solo per pochi giorni, perché, poi,<br />

nessuno fa nulla e se ne tornerà a discutere ai prossimi Giochi Olimpici.<br />

La televisione trasmette un incontro della nazionale di calcio under 16, ma<br />

non si sogna lontanamente di dare spazio ad una manifestazione internazionale<br />

studentesca.<br />

Quando si parla di sport si pensa sempre alla società sportiva come al<br />

principale ambito in cui viene praticato; svolgono sicuramente un funzione meritoria,<br />

ma non debbono assolutamente surrogare il compito istituzionale della scuola, che<br />

deve essere il primo vero club sportivo, dove i giovani hanno la possibilità di<br />

avvicinarsi all’attività motoria e sportiva in strutture idonee e seguiti da docenti<br />

qualificati sotto il profilo tecnico e pedagogico; poi, nella società sportiva, potranno<br />

affinare la loro disciplina di elezione.<br />

A questo proposito, quando i genitori iscrivono i figli alle società sportive, si<br />

informano se l’ambiente è sano dal punto di vista educativo e se i corsi sono tenuti<br />

da istruttori di provata competenza e preparazione sotto ogni punto di vista?<br />

Ho i miei dubbi.<br />

Inoltre, ci deve essere la più ampia collaborazione tra la scuola e la società<br />

sportiva; purtroppo capita che qualche tecnico proibisca al suo allievo di<br />

partecipare alle competizioni scolastiche perché, a suo parere, potrebbe<br />

compromettere la gara della squadra, o, addirittura, la preparazione nel suo<br />

complesso.<br />

Chi si comporta così, che mestiere fa? conosce i principi dell’allenamento?<br />

Ritornando allo sport scolastico, è vero che non si può obbligare il docente di<br />

educazione fisica a svolgere anche l’attività del Gruppo Sportivo, ma una scuola è<br />

in dovere di offrire questa opportunità ai suoi ragazzi e se proprio non riesce a<br />

coinvolgere i suoi insegnanti, deve stipulare un contratto con altri esterni.<br />

Facendo riferimento ai dati del’anno scolastico 2004-2005, in Italia, nella<br />

scuola media di primo grado, i docenti che non hanno svolto l’attività sportiva<br />

scolastica sono stati il 36,95%, gli altri il 63,05%.<br />

Nella scuola di secondo grado la percentuale dei primi è stata del 44,79%,<br />

contro il 55,21% di chi l’ha svolta.<br />

Invece, le scuole che hanno aderito ai Giochi Sportivi Studenteschi sono state<br />

il 71,00% nella scuola di primo grado e il 76,00% in quella di secondo grado.<br />

Sono dati che fanno riflettere.<br />

Tutte le scuole dovrebbero aderire ai G.S.S. e, quindi coinvolgere il maggior<br />

numero di docenti di educazione fisica.<br />

Si evince, altresì, che nella scuola superiore c’è una minore partecipazione, a<br />

cominciare dal biennio, in coincidenza proprio con l’abbandono dell’attività<br />

sportiva da parte di molti ragazzi.<br />

Quanto mi fa star male sentire ragazzi, ai quali chiedo come si sono<br />

comportati alle gare scolastiche, che dicono: ”la mia scuola non ha aderito, il mio<br />

professore non mi ha detto nulla”.<br />

Non è una cosa grave?<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 133


Nella mia scuola, il Corridoni-Campana di Osimo, ogni anno circa il 60% degli<br />

iscritti partecipa agli allenamenti di almeno una delle molteplici discipline sportive<br />

proposte ed è un dato notevole considerando i molti pendolari che vengono dai<br />

Comuni vicini.<br />

Nell’a. s. 2008-2009 ben 15 sono stati gli sport praticati, 13 nel 2009-2010.<br />

Per la partecipazione alle varie gare dei Giochi Sportivi Studenteschi occorre<br />

provvedere alla dotazione degli indumenti necessari, per intenderci la maglia e la<br />

tuta con i colori dell’Istituto.<br />

Molto spesso, invece, soprattutto nelle competizioni di atletica leggera, dove<br />

non c’è la necessità e l’obbligo di avere maglie numerate, come nei giochi di<br />

squadra, gli atleti gareggiano con maglie diverse; questo evidenzia il disinteresse<br />

della scuola, in primis del loro insegnante, e certamente non li fa sentire parte di<br />

una squadra.<br />

Predisporre delle bacheche bene in vista sulle quali evidenziare tutto quanto<br />

riguarda l’attività sportiva: orari, calendari dei tornei di classe, risultati e foto delle<br />

gare, articoli di giornale, che, in mancanza di altri, deve essere lo stesso insegnante<br />

a redigere, oppure coinvolgere qualche alunno ed è la cosa migliore.<br />

Auspicabile, altresì, la realizzazione dell’annuario dello sport dell’Istituto e del<br />

gagliardetto.<br />

L’annuario del 2008-2009 del mio Istituto, stampato in<br />

600 copie, conta oltre 200 pagine, con risultati delle gare,<br />

statistiche, rubriche scritte dai ragazzi, articoli tecnicodidattici,<br />

moltissime foto.<br />

Esporre bene in vista, su apposite vetrine, tutti i trofei e i<br />

premi conquistati dalle rappresentative dell’Istituto nel corso<br />

della sua storia.<br />

Tutto questo per creare un vero spirito di appartenenza<br />

alla scuola, sul modello dei colleges anglosassoni.<br />

Ogni anno organizziamo “BRAVI”, una manifestazione<br />

in cui vengono assegnate borse di studio per il profitto e<br />

premi agli atleti, che si sono distinti nelle gare dei Giochi Sportivi Studenteschi.<br />

Il criterio è assolutamente meritocratico; per le borse conta solo la media dei<br />

voti e, attualmente, sono state stabilite tre fasce, dall’8 all’8,49, dall’8,50 all’8,99 e<br />

dal 9 in poi.<br />

Il lato economico è completamente sostenuto dalle ditte e imprese del<br />

territorio, che mostrano un’apprezzabile sensibilità verso l’ iniziativa.<br />

In questa direzione si devono muovere le scuole; gli stanziamenti dello Stato<br />

sono sempre minori, i progetti da sviluppare aumentano, per cui si debbono<br />

coinvolgere i privati e loro rispondono; in fondo, per una ditta, che elargisce ogni<br />

anno somme importanti per le varie sponsorizzazioni, dare mille euro per le borse di<br />

studio agli studenti non è un problema rilevante; sono detraibili dalle tasse e, inoltre,<br />

aspetto più importante, si compie un’azione veramente apprezzabile e meritoria.<br />

Torniamo alla festa; tutto l’Istituto, con i familiari dei ragazzi, si ritrova al<br />

palazzetto dello sport, per la cerimonia di consegna dei premi.<br />

L’ assegnazione dei riconoscimenti viene intervallata da esibizioni canore,<br />

musicali, sportive di nostri alunni e di persone esterne e dall’intervento di uno, o più,<br />

ospiti d’onore, di solito del mondo dello sport, che, con le sue prestazioni, ma,<br />

soprattutto, con il suo forte impegno, trasmette ai giovani presenti quei valori positivi<br />

propri della pratica sportiva.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 134


Sono intervenuti, tra gli altri, Valentina Vezzali, Sara Simeoni, Marco Meoni,<br />

Simona Rinieri, Andrea Zorzi, Roberto Masciarelli, Laura Zacchilli, Julieta Cantaluppi,<br />

Laura Marzocchini, Enrico Fabbri, Filippo Magnini, Andrea Cingolani, Paolo Principi,<br />

Lucia Lunghi, Carolina Costagrande, Giovanna Trillini e, poi, campioni del calcio, del<br />

basket.<br />

Sara Simeoni. Julieta Cantaluppi.<br />

Filippo Magnini. Giovanna Trillini.<br />

Paolo Principi.<br />

Laura Marzocchini ed Enrico Fabbri.<br />

Ospiti anche rappresentanti della società civile, del mondo imprenditoriale,<br />

delle istituzioni.<br />

E le foto che ritraggono questi personaggi sono esposte lungo i corridoi della<br />

scuola.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 135


Nella premiazione annuale dei migliori nel profitto dobbiamo aggiungere<br />

anche coloro che si sono distinti nelle varie competizioni dei G.S.S.; nel mio Istituto il<br />

premio va all’atleta, o alla squadra che ha vinto almeno un titolo provinciale, o che<br />

ha battuto un primato di atletica leggera, o di nuoto; inoltre, viene premiato lo<br />

studente poliedrico, che ha partecipato a più discipline e alla classe più sportiva.<br />

Da ultimo, il riconoscimento alla carriera allo studente, o studentessa, che,<br />

nell’arco dei cinque anni del corso di studi, si è particolarmente distinto/a<br />

nell’attività del Gruppo Sportivo, sia per i risultati agonistici ottenuti, che per<br />

l’attaccamento ai colori della scuola.<br />

Molto spesso capita che lo stesso studente riceva sia il premio per la media<br />

dei voti che quello sportivo.<br />

Questo smentisce ancora una volta la falsa convinzione di qualcuno,<br />

purtroppo sovente del mondo della scuola, che vede nella pratica sportiva un<br />

impedimento al raggiungimento di un buon profitto nello studio.<br />

E’ vero proprio il contrario, chi si allena quotidianamente, sa razionalizzare al<br />

meglio il proprio tempo per i diversi impegni; chi non evidenzia molto interesse per lo<br />

studio, può avere a disposizione tutto il tempo che vuole, ma non lo utilizzerà<br />

sicuramente per questo scopo.<br />

Desidero, ora, fare alcune considerazioni sulla situazione attuale dell’attività<br />

sportiva scolastica, almeno per quanto riguarda la mia provincia, ma credo che<br />

possano riguardare anche il resto d’Italia.<br />

Ricordo i campionati provinciali studenteschi di atletica leggera quando ero<br />

al liceo, nei primi anni sessanta; erano frequentatissimi, si svolgevano addirittura in<br />

due giornate, la fase di qualificazione e le finali; nei 100 metri e nella corsa ad<br />

ostacoli si disputava addirittura la finale dei primi, dei secondi e dei terzi.<br />

La tribuna centrale dello stadio Dorico di Ancona era piena di pubblico;<br />

presenti i Presidi delle varie scuole, il Provveditore agli Studi e le foto delle varie<br />

competizioni e delle premiazioni venivano esposte lungo il corso principale.<br />

Quando l’insegnante di educazione fisica ti chiamava a far parte della<br />

squadra, ti sentivi onorato e orgoglioso di gareggiare per la tua scuola; che<br />

emozione indossare la maglietta, calzare le scarpe con la tomaia di cuoio e i chiodi<br />

lunghi 2 cm, affondarli sulla tennisolite della pista e spezzare con il petto il filo di lana<br />

all’arrivo dei 100 metri!<br />

Che enorme soddisfazione salire sul podio!<br />

E il giorno dopo leggere il tuo nome sul Corriere Adriatico; anche la stampa<br />

allora dedicava ampio spazio alle competizioni studentesche, elencando i risultati<br />

completi delle gare.<br />

Tutti i campioni della nostra atletica sono passati da qui, dalle gare scolastiche<br />

di corsa campestre e da quelle su pista.<br />

E ora?<br />

Le piste e le pedane sono in materiale coerente, certamente più efficace ai<br />

fini delle prestazioni, morbidi e oltremodo sicuri i materassoni di caduta, le scarpe<br />

leggerissime, con i chiodi di 5-6 millimetri, ma le tribune sono desolatamente vuote,<br />

non c’è bisogno di due giornate di gara per assegnare i titoli provinciali, anzi le<br />

squadre partecipanti sono sempre di meno e anche i risultati tecnici mediamente<br />

peggiori di 10-15 anni fa; ci sono scuole che non riescono a completare la squadra<br />

costituita da 9 atleti solamente; e il clima che si respira non è di sana eccitazione, di<br />

sostegno agli atleti, di attenzione ai risultati per la classifica a squadre.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 136


Non si vede l’ora di tornare a casa e spesso alle premiazioni non rimane più<br />

nessuno.<br />

Accade anche che si risparmi sui premi agli atleti e alle scuole; per le squadre<br />

nessuna coppa, o solo per la prima e, comunque niente targhetta che indichi la<br />

manifestazione; non è importante il suo valore intrinseco, ma quello simbolico, un<br />

trofeo da esporre a scuola; parimenti, sulle medaglie quasi sempre non si incide<br />

nemmeno la data e la manifestazione di riferimento; tra qualche anno, a chi gli<br />

chiederà dove ha vinto quella medaglia, lo studente non saprà rispondere; questo è<br />

totale disinteresse!<br />

Raramente la stampa è presente alle manifestazioni e, se si vuol dare ai<br />

ragazzi la soddisfazione di vedere menzionate le loro gesta, occorre preparare<br />

l’articolo e inviarlo ai corrispondenti, o alle redazioni, con la speranza di trovare lo<br />

spazio, che non manca mai per le notizie di cronaca nera, che ormai impazzano su<br />

tutti i mass media, a ogni ora del giorno e della notte, come se al mondo ci fossero<br />

solo omicidi, stupri, rapine, atti di terrorismo, gossip, ecc., ecc.<br />

E’ una impostazione che assolutamente non condivido, perché dà una<br />

rappresentazione distorta della realtà e si fonda sulla credenza che la gente sia<br />

attratta di più dai fatti di cui sopra, che dalle notizie positive, che ci sono, perbacco!<br />

La maggioranza delle persone è onesta, rispetta le leggi, lavora!<br />

E la cosa deprimente è che i telegiornali sono tutti uguali, le notizie sono<br />

sempre le stesse!<br />

Dei Dirigenti Scolastici, tranne qualche rarissima eccezione, neanche l’ombra,<br />

lo stesso per quelli degli U.S.P. (Uffici Scolastici Provinciali - ex Provveditorati agli<br />

Studi).<br />

Perché tutto questo?<br />

Mi si dirà: “ai tuoi tempi l’atletica leggera era lo sport più praticato nelle<br />

scuole; non c’erano tante altre discipline in concorrenza”; vero, ma l’atletica ha<br />

sempre il suo fascino, consente allo studente, che ha buone capacità, di avere<br />

subito le prime soddisfazioni e all’Istituto di formare una rappresentativa vincente,<br />

aggregando atleti che provengono da discipline diverse, e, poi, sono così<br />

numerosamente praticati gli altri sport?<br />

Spesso si arriva alla finale provinciale di un gioco di squadra dopo pochissimi<br />

incontri.<br />

La prima risposta la dobbiamo dare noi docenti di educazione fisica, chi altri?<br />

Siamo noi che lavoriamo con i ragazzi nelle ore curriculari e in quelle del<br />

Gruppo Sportivo e, se lo vogliamo e crediamo nell’importanza dello sport a scuola,<br />

troviamo coloro che desiderano partecipare, li alleniamo, li motiviamo e loro<br />

risponderanno in pieno; dobbiamo coinvolgere tutto l’Istituto, creare la tradizione; ci<br />

sarà sempre, purtroppo, il collega ottuso di un’altra materia, che protesta per un<br />

compito saltato da qualche studente per impegni sportivi, ma, se non vorrà fare<br />

brutta figura, e perdere la stima dei suoi allievi, capirà che sta sbagliando e la volta<br />

successiva se ne starà zitto e il compito lo farà recuperare un altro giorno, senza,<br />

però, farlo pesare allo studente.<br />

Quante volte si è verificato questo botta e risposta tra l’allievo e un suo<br />

professore:<br />

“Rossi, hai fatto un’altra assenza nelle mie ore di lezione!”<br />

“Ma, professore, sono andato con la rappresentativa della scuola alle gare<br />

dei Giochi Sportivi Studenteschi”.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 137


“Non me ne importa nulla, per fare questo hai perso due ore di latino e una di<br />

italiano”.<br />

“Non vado poi così male nelle sue materie, sono più che sufficiente”.<br />

“Cosa vuol dire?<br />

Potresti avere voti più alti, se non perdessi alcune ore del pomeriggio per<br />

allenarti”.<br />

Qualche genitore, che venisse a conoscenza di tali osservazioni, potrebbe<br />

anche pensare di limitare, o, addirittura, proibire, questa attività, come, purtroppo,<br />

non di rado, accade.<br />

Sono situazioni attualissime e non dipendono dall’età dell’insegnante, come<br />

erroneamente qualcuno potrebbe pensare; anche i docenti giovani possono avere<br />

questo pregiudizio nei confronti di tale disciplina.<br />

E’ pur vero che ci sono coloro che si comportano in tutt’altra maniera; posso<br />

testimoniarlo con la mia esperienza personale e ha per protagonista il mio<br />

insegnante di lettere ai tempi del ginnasio, quasi cinquant’anni fa.<br />

Un uomo di una cultura immensa, non disgiunta da qualità umane<br />

eccezionali; ha formato intere generazioni di giovani e ancora oggi, quando tra<br />

compagni di liceo ne parliamo, proviamo per lui grande affetto e riconoscenza.<br />

Si interessava molto anche di sport e veniva a fare il cronometrista alle fasi di<br />

istituto di atletica leggera.<br />

Ma c’è stata anche una docente, che, in prossimità di una manifestazione<br />

provinciale studentesca, ha detto ad alcuni di noi, che dovevano parteciparvi:<br />

”magari foste eliminati subito, così non perderete altre ore di lezione!”.<br />

A distanza di tantissimi<br />

anni quelle parole sono<br />

rimaste impresse, in maniera<br />

indelebile, nella mia mente.<br />

Purtroppo ancora<br />

oggi ci sono insegnanti che<br />

attribuiscono lo scarso<br />

rendimento di qualche loro<br />

allievo al suo impegno<br />

sportivo: “fai troppo sport”,<br />

la classica, sciocca,<br />

insensata, grottesca, frase.<br />

La partenza della corsa campestre.<br />

Non si deve nemmeno dire che per le gare si siano “persi” parecchi giorni di<br />

lezione.<br />

Vogliamo scherzare?<br />

Innanzitutto fanno parte di un’attività particolarmente importante per la<br />

formazione, prevista dal P.O.F., approvata dai consigli di classe; che dire, allora, di<br />

tutte le gite scolastiche, dove spesso di istruttivo non c’è proprio nulla?<br />

Con i molteplici problemi che molte volte creano?<br />

La scuola sembra essere diventata un’ agenzia turistica.<br />

E delle altre attività che si svolgono sempre al mattino?<br />

Diventano sempre più numerose.<br />

Non fanno “perdere” ore di lezione?<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 138


Nella mia lunga attività di tecnico del settore nazionale mi è capitato più volte<br />

sentire atleti che testimoniavano l’assoluta indifferenza di qualche insegnante per<br />

le loro prestazioni, ma, addirittura, lamentavano una specie di persecuzione per l’<br />

assenza dovuta ad impegni internazionali, invece di ricevere i dovuti complimenti.<br />

Signori, questi ragazzi fanno un’attività sana, impegnativa, che li forma, non<br />

vanno mica in giro per il corso a fare i fannulloni; date loro quello che meritano, ma<br />

non abbiate pregiudizi e non demotivateli!<br />

Ci può essere anche qualche Dirigente Scolastico, che non ha ancora<br />

compreso la fondamentale importanza dello sport nella formazione del giovane, ma<br />

se un numero elevatissimo dei suoi studenti sceglie la pratica sportiva come attività<br />

integrativa, non impara la lezione e si adegua?<br />

Anche in questo caso debbo precisare che non si tratta di essere anziani, o<br />

meno, perché ci sono dirigenti giovani che non hanno assolutamente questa<br />

sensibilità; dirò di più, alcuni sarebbero pure felici se l’educazione fisica fosse tolta<br />

dalle materie curriculari, se non altro per le complicazioni che porta loro nella<br />

formulazione dell’orario, che deve necessariamente partire da quello della palestra,<br />

soprattutto se usata contemporaneamente da più classi, o, ancora peggio, da altri<br />

istituti.<br />

E pensare che due ore soltanto alla settimana nella scuola media inferiore e<br />

superiore ci pongono già agli ultimi posti In Europa e nel mondo.<br />

All’inizio dell’anno scolastico rendiamo note alle commissioni delle altre attività<br />

previste dal P.O.F. le date delle varie manifestazioni dei Giochi Sportivi Studenteschi,<br />

in cui sono impegnate le rappresentative della nostra scuola e da lì partiranno per<br />

organizzare i loro impegni (es. i viaggi di istruzione).<br />

Dobbiamo essere presenti nel Consiglio di Istituto per far conoscere le<br />

molteplici attività che<br />

intendiamo svolgere e<br />

sollecitare gli stanziamenti<br />

per adempiere al meglio<br />

alla nostra professione<br />

(acquisto delle<br />

attrezzature,<br />

dell’abbigliamento, ecc.)<br />

Non possiamo<br />

assolutamente tollerare<br />

risposte del tipo: “non ci<br />

sono fondi per quindici<br />

magliette da basket”;<br />

vogliamo scherzare?<br />

E per le altre attività,<br />

allora?<br />

Se il Dirigente<br />

Scolastico prende il<br />

telefono, non trova 500<br />

euro, ad esempio, da un<br />

istituto di credito?<br />

Una gara studentesca indoor.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 139


Penso proprio di sì.<br />

Per i servizi televisivi in occasione dei “BRAVI” e della cerimonia di consegna<br />

dei diplomi ho sempre trovato chi si accolla le spese; spesso miei ex studenti, ora<br />

diventati direttori di banca, tanto per restare in tema.<br />

Non ci sono, quindi, scusanti, siamo noi che ci crediamo, o no, che<br />

agiamo, o no, SE VOGLIAMO, POSSIAMO!<br />

Ma anche le istituzioni debbono fare la loro parte, incentivando l’attività dei<br />

Giochi Sportivi Studenteschi, con contributi economici, corsi di aggiornamento per<br />

docenti, riconoscimenti alle scuole più attive, all’insegnante, ecc.<br />

Non bisogna fermarsi a roboanti enunciazioni di lodevoli intenti, occorre fare;<br />

ad esempio è stato proclamato l’anno dedicato all’educazione fisica, ma in<br />

concreto cosa si è fatto?<br />

Invece, spesso, si discute di aria fritta, come quando, con cadenza ciclica, si<br />

forma una bella commissione per discutere, in maniera pleonastica e sterile, della<br />

partecipazione dei tesserati o meno; a questo proposito, credo che tutti debbano<br />

partecipare in quanto studenti; sarebbe una gravissima discriminazione.<br />

Oppure si riducono, come accade oggi, gli sport alle fasi nazionali e, quindi, il<br />

numero di studenti che può assaporare la soddisfazione di partecipare a tali<br />

manifestazioni.<br />

Un collega che, qualche anno fa, ha partecipato alla fase internazionale di<br />

basket sosteneva che la sua squadra, priva di tesserati, aveva perso di oltre<br />

quaranta punti, ma i ragazzi avevano fatto un’utile esperienza; quale?<br />

Quella di non gareggiare ad armi pari?<br />

Ed essere umiliati?<br />

Non è assolutamente vero, come sostengono addirittura nostri colleghi, che<br />

sono sufficienti le fasi di Istituto, o i tornei tra le classi, a gratificare gli studenti;<br />

debbono avere obiettivi più alti e l’eventuale partecipazione alla fase nazionale lo<br />

è; non si crea nessun disagio agli altri studenti, perché tutti accettano naturalmente<br />

il principio del merito, figuriamoci chi fa sport; possibile che siamo sempre noi adulti<br />

a complicare le cose?<br />

Ricordo quando la finale nazionale era prevista anche per la categoria<br />

juniores; oggi, addirittura ci si ferma alla fase provinciale, perché?<br />

Per problemi economici?<br />

E i ragazzi si demotivano: “professore, perché non possiamo fare almeno la<br />

fase regionale?”.<br />

Il Corridoni-Campana ha vinto per due anni di seguito la finale nazionale di<br />

corsa campestre della categoria Allievi e<br />

ha conquistato un prestigioso nono posto<br />

ai mondiali studenteschi; oltre alla<br />

immaginabile soddisfazione dei diretti<br />

interessati, è stato motivo di prestigio per<br />

la scuola ed uno stimolo eccezionale per<br />

tutti gli studenti a praticare sport.<br />

Il secondo anno i ragazzi sono<br />

arrivati a Taormina dopo un estenuante<br />

viaggio in pullman di venti ore, hanno<br />

dormito pochissimo, ma nella gara si sono<br />

impegnati al massimo per conquistare la<br />

Il Sindaco Dino Latini (a dx)consegna l’Apollino d’Oro.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 140


vittoria.<br />

Tra l’altro, in virtù proprio di questi successi, ci è stato consegnato l’Apollino<br />

d’Oro, il massimo riconoscimento sportivo del Comune di Osimo; ebbene, vedere al<br />

Teatro la Fenice, tra tanti campioni, i nostri studenti-atleti è stato un ulteriore motivo<br />

di orgoglio, perché dello sport scolastico se ne parla sempre troppo poco, lo sport<br />

sembra essere solo quello delle società sportive, e la responsabilità è solo nostra.<br />

Debbo, inoltre, aggiungere che nella scelta della scuola superiore, parecchi<br />

studenti optano per il nostro Istituto, anche per l’attenzione che dà alla pratica<br />

sportiva.<br />

Un Preside, appena insediato, mi ha detto di aver sentito parlare del Corridoni<br />

proprio dai frequenti articoli di giornale che evidenziavano le gesta dei suoi atleti.<br />

Si deve, quindi, investire e molto sullo sport scolastico.<br />

Con la Nota MIUR 04.08.2009, prot. n. 4273, sulle linee guida sulla<br />

riorganizzazione delle attività di educazione fisica e sportiva nelle scuole secondarie<br />

di I e II grado, viene ribadita l’importanza dello sport “è ormai unanimemente<br />

riconosciuto che lo sport è uno degli strumenti più efficaci per aiutare i giovani ad<br />

affrontare situazioni che ne favoriscano la crescita psicologica, emotiva, sociale,<br />

oltre che fisica”.<br />

La formula organizzativa cui si affida la risposta concreta alla volontà di<br />

ampliamento e riqualificazione dell'attività motoria, fisica e sportiva giovanile è<br />

quella della istituzione dei CENTRI SPORTIVI SCOLASTICI, da intendersi come struttura<br />

organizzata all'interno della scuola, finalizzata all'organizzazione dell'attività sportiva<br />

scolastica.<br />

L'istituzione dei CSS vuole essere un segnale molto forte per la diffusione dello<br />

sport scolastico come momento educativo, formativo e dello stare bene a scuola.<br />

Il ruolo del docente di Educazione fisica diventa fondamentale per il<br />

raggiungimento delle finalità e degli obiettivi del progetto.<br />

Come al solito, i propositi sono beneauguranti e pomposi, ma si scontrano con<br />

la realtà della carenza di impianti sportivi, la riduzione delle ore a disposizione dei<br />

docenti di educazione fisica per l’attività sportiva, la mancanza di risorse per<br />

l’organizzazione delle finali nazionali, ecc.<br />

Richard Douglas "Dick" Fosbury, oro nel salto in alto alle<br />

Olimpiadi di Città del Messico, 1968.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 141


IL CRONOMETRO<br />

INDICAZIONI PRATICHE<br />

Nel corso delle sedute non assilliamo il nostro giovane atleta, soprattutto<br />

all’inizio della carriera, con i rilevamenti cronometrici delle sue prove; rischiamo di<br />

condizionare negativamente il suo rendimento, perché potrebbe essere preso dalla<br />

tensione di migliorare, ogni volta, le sue prestazioni.<br />

Ogni allenamento non deve essere inteso come una gara ed il cronometro è<br />

uno strumento che ci serve a quantizzare numericamente alcune esercitazioni, la<br />

cui efficacia dovremmo aver già individuato e valutato con la nostra semplice<br />

osservazione.<br />

Diamo, ora, alcuni suggerimenti pratici sul suo impiego.<br />

In allenamento, nelle prove di corsa, si fa partire il tempo nell’attimo in cui<br />

l’atleta muove il piede posteriore, sia nella partenza da in piedi, che dai blocchi; in<br />

gara quando si vede uscire il fumo dalla pistola.<br />

Nelle prove con gli ostacoli, gli intervalli (1°-2°-3° ostacolo, ecc.) si prendono<br />

nel momento in cui il piede dell’arto di attacco tocca il suolo, al di là dell’ostacolo.<br />

Negli arrivi, si blocca il tempo quando il petto dell’atleta supera la linea del<br />

traguardo.<br />

Nelle prove di velocità (m. 100 – 150 – 200 – 300 – 400), è opportuno prendere<br />

anche i tempi intermedi (ogni 50 o 100 metri), per valutare la distribuzione dello<br />

sforzo.<br />

Inoltre, soprattutto negli allenamenti, è bene prendere i tempi all’arrivo; spesso<br />

l’insegnante si mette in prossimità della partenza e ferma il tempo quando l’atleta<br />

alza un braccio, al termine della sua prova; ovviamente, non è un rilevamento<br />

preciso, come nel primo caso e il margine di errore può essere significativo,<br />

principalmente sulle distanze brevi.<br />

IL NUMERO DEI PASSI<br />

Insieme al tempo è opportuno calcolare il numero dei passi che l’atleta<br />

impiega per coprire una determinata distanza, in particolare nelle prove di velocità.<br />

Sia nella partenza da in piedi, che dai blocchi, si comincia a contare,<br />

prendendo come riferimento gli appoggi del piede posteriore.<br />

Se sulla linea del traguardo l’atleta arriva con questo piede, si raddoppiano i<br />

passi contati meno 1, se con l’altro piede si raddoppia semplicemente, perché ha<br />

concluso il doppio ciclo.<br />

Poi, ci sono casi in cui il piede arriva prima, o dopo; allora si calcola la<br />

percentuale del passo; se questo è a cavallo della riga, si considera mezzo passo,<br />

ecc.<br />

Prendiamo ad esempio una prova sui 60 metri, destro dietro; l’atleta giunge sul<br />

traguardo con questo piede, di cui ho contato 15 passi, quindi 15x2-1= 29 passi; se<br />

arriva con il sinistro sono esattamente 30 passi e così via.<br />

Già la prima volta che l’allievo fa, ad esempio, una prova sui 50 metri, debbo<br />

contare i passi; in tal modo, insieme al tempo, ho i primi dati sull’ampiezza media dei<br />

passi e sulla loro frequenza media, che si trova dividendo i passi per il tempo.<br />

Questo rilevamenti saranno molto utili per le successive prove di corsa.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 142


Ancora, l’atleta deve correre 9 volte i 60 metri e nelle ultime due prove fa lo<br />

stesso tempo delle prime, ma con 1 passo in più; vuol dire che è diminuita<br />

l’ampiezza del passo e ciò potrebbe essere ricondotto a carenze della resistenza<br />

alla forza.<br />

Ricaviamo questi dati da un esempio pratico; se un atleta corre i 100 piani in<br />

10”0 e impiega 45 passi, la sua velocità media è di 10 m.s. (s/t), equivalenti a 36 km.<br />

orari (10 x 3,6), l’ampiezza media del passo di 2,22 metri (100/45) e la sua frequenza<br />

media 4,5 passi al secondo (45/100).<br />

Nelle corse ad ostacoli, se l’atleta affronta le barriere sempre con lo stesso<br />

arto di attacco, il numero dei passi intermedi è dispari, se lo cambia ad ogni<br />

barriera, il numero è pari; è un rilevamento importante soprattutto nei 400 metri ad<br />

ostacoli.<br />

PUNTI DI OSSERVAZIONE<br />

Per una migliore valutazione tecnica di un gesto è opportuno che l'insegnante<br />

lo osservi da diverse angolazioni e non sempre dalla stessa, come spesso accade.<br />

Prendiamo ad esempio la corsa ad ostacoli; da dietro la linea di partenza si<br />

può analizzare l'uscita dai blocchi, i primi passi dell'avvio ed il passaggio visto<br />

posteriormente sul piano frontale.<br />

Di lato è possibile osservare tutta l'azione del passaggio: l'attacco, il<br />

superamento, la discesa, i tre passi intermedi e le distanze di stacco e di atterraggio<br />

rispetto alla barriera.<br />

Di fronte la linearità della prima gamba nell'azione di attacco, il ritorno in<br />

avanti-alto della seconda, la posizione delle braccia sul piano frontale.<br />

IL DIARIO DEGLI ALLENAMENTI<br />

E' molto importante tenere un diario sul quale annotare tutti gli allenamenti,<br />

con le presenze degli atleti, il lavoro da svolgere, le misure, i tempi realizzati, le<br />

pause, i risultati dei test, delle gare, le osservazioni tecniche, le rilevazioni periodiche<br />

del peso, ecc.<br />

Ci consente di fare un controllo preciso dell'allenamento, sapere, in una<br />

stagione agonistica, quanti balzi sono stati effettuati, quanti chilometri di corsa,<br />

quante tonnellate sollevate, quanti lanci, ecc.<br />

Costituisce un documento preziosissimo, da consultare ogni qualvolta si renda<br />

necessario nel corso dell'anno e da valutare a fine stagione per evidenziare possibili<br />

errori di impostazione (si è dato eccessivo spazio ad un certo tipo di lavoro e meno<br />

ad un altro, l'atleta è andato in forma anticipatamente, o troppo tardi, ecc.).<br />

E', insomma, il libro delle nostre esperienze, comprendente errori e<br />

soddisfazioni e, come tale, va steso e conservato con scrupolosa cura.<br />

Deve essere tenuto anche per i più giovani.<br />

Tutti questi dati possono essere trasferiti nel computer, dove sono facilmente<br />

rintracciabili.<br />

Anche l'atleta deve avere la sua agenda, nella quale, oltre ai dati di cui<br />

sopra, registra le sue impressioni e le sensazioni provate nel corso della seduta,<br />

rendendosi ancor più partecipe del lavoro.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 143


COME SI TROVANO LE DISTANZE SULLA PISTA DI ATLETICA <strong>LEGGERA</strong><br />

Nell'allenamento, spesso, si usano distanze anomale e, quindi, non segnate<br />

sulla pista; vediamo come si possono trovare senza perdere troppo tempo con le<br />

misurazioni.<br />

M.20: dalla partenza dei m. 80 a quella dei m. 60;<br />

M.30: dalla partenza dei m.110 HS a quella dei m. 80;<br />

M.30: dalla partenza al segno del terzo ostacolo dei m.100 ad ostacoli;<br />

M.40: dal segno del decimo ostacolo dei m. 400 ad ostacoli all'arrivo generale;<br />

M.50: dalla partenza dei m.110 ad ostacoli a quella dei m. 60;<br />

M.50: tre metri più avanti del segno del quinto ostacolo dei m.100 ad ostacoli;<br />

M.60: dalla partenza dei m.100 al segno del decimo ostacolo dei m. 400 ad ostacoli;<br />

M.70: dal segno del terzo ostacolo dei m.100 ad ostacoli all’arrivo generale;<br />

M.80: da cinque metri prima del nono ostacolo dei m. 400 ad ostacoli all'arrivo<br />

generale;<br />

M.80: dalla partenza dei m. 300 al segno della prezona del terzo cambio nella 4 x<br />

100;<br />

M.120: dal segno di inizio della prezona del terzo cambio all'arrivo generale;<br />

M.150: da cinque metri prima del segno del settimo ostacolo dei m. 400 ad ostacoli<br />

all'arrivo generale;<br />

M.150: dalla partenza dei m. 400 al quarto ostacolo dei m. 400 ad ostacoli;<br />

M.150: dal segno del primo ostacolo dei m. 400 ad ostacoli alla partenza dei m. 200;<br />

M.250: dal segno del quarto ostacolo dei m.400 ad ostacoli all'arrivo generale;<br />

M.350: da cinque metri più avanti del segno del primo ostacolo dei m. 400 ad<br />

ostacoli all'arrivo generale;<br />

M.500: dalla partenza dei m. 100, il rettilineo più 1 giro completo di pista; oppure si<br />

può partire dal segno che indica la metà della zona del 3° cambio.<br />

IL REGOLAMENTO<br />

Non è superfluo ricordare che tra i nostri compiti c’è anche quello di<br />

conoscere il regolamento tecnico delle varie specialità e dobbiamo renderne edotti<br />

gli atleti.<br />

Occorre fare attenzione alle eventuali modifiche introdotte dalla Federazione<br />

Internazionale, altrimenti rischiamo di fare brutte figure con i nostri ragazzi.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 144


LA PIU’ GRANDE SODDISFAZIONE<br />

Nella mia lunga carriera di insegnante e tecnico di atletica leggera ho<br />

allenato tantissimi giovani; alcuni per molti anni, altri hanno abbandonato presto.<br />

Innumerevoli, sedute, al freddo, al caldo, sotto la pioggia, competizioni in<br />

tutt’Italia e anche fuori.<br />

Sono cresciuti in ogni senso, hanno migliorato le loro prestazioni, qualcuno ha<br />

anche raggiunto posizioni di vertice.<br />

Quello che maggiormente conta è che siano diventati più forti anche dal<br />

punto di vista delle qualità umane.<br />

Quando li incontro, ormai adulti, con una propria famiglia, una posizione nella<br />

società e ricordano con piacere gli anni trascorsi insieme e l’importanza di quel<br />

periodo per la loro formazione, provo una notevole soddisfazione.<br />

Ecco, cari colleghi, questo è il nostro compito: costruire degli atleti, ma,<br />

soprattutto, uomini.<br />

Valerij Nikolaevič Brumel, oro nel salto in alto alle Olimpiadi di Tokyo, 1964.<br />

<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 145


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<strong>DIDATTICA</strong> E METODOLOGIA DELL’ATLETICA <strong>LEGGERA</strong> <strong>2011</strong> – GINO FALCETTA 147

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