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Sicurezza sul lavoro e navalmeccanica dal secondo dopoguerra all ...

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STORIE IN CORSO VI.<br />

Seminario nazionale dottorandi<br />

Catania, 26-28 maggio 2011<br />

www.sissco.it<br />

Trieste, marzo 2011<br />

<strong>Sicurezza</strong> <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> e <strong>navalmeccanica</strong> <strong>dal</strong> <strong>secondo</strong> <strong>dopoguerra</strong> <strong>all</strong>’inizio degli anni Novanta.<br />

Il caso di Monfalcone <br />

1. Interrogativi, obiettivi e struttura provvisoria della ricerca<br />

Enrico Bullian<br />

Questo progetto di ricerca ha l’obiettivo di indagare l’evoluzione della gestione della sicurezza <strong>sul</strong><br />

<strong>lavoro</strong> nell’Italia del <strong>secondo</strong> <strong>dopoguerra</strong>, in particolare in un caso specifico di studio: il cantiere<br />

navale di Monfalcone.<br />

I quesiti di fondo che hanno animato la ricerca partono <strong>dal</strong>la constatazione dello scarso interesse<br />

storiografico finora generato <strong>dal</strong>la tematica: come mai si studiano così poco gli infortuni <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong><br />

e ancor meno le malattie professionali? In Italia, ogni anno, i morti <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> superano<br />

costantemente il migliaio, mentre le neoplasie riconducibili <strong>all</strong>a pregressa esposizione <strong>all</strong>’amianto<br />

provocano almeno due-tre migliaia di decessi. Monfalcone, considerato l’ampio utilizzo<br />

dell’amianto nel locale cantiere navale fino agli anni Ottanta, è uno degli epicentri mondiali di<br />

queste neoplasie. Ma quali sono le altre principali malattie dei lavoratori e quali le cause? Come si è<br />

<br />

La ricerca – inserita nel XXIV ciclo di Dottorato in Scienze Umanistiche indirizzo storico e storico-artistico<br />

dell’Università degli Studi di Trieste, con direttrici le professoresse Elisabetta Vezzosi e Tullia Catalan – è resa<br />

possibile grazie al sostegno della Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia, dell’Associazione Adriano<br />

Cragnolin, della Fondazione Ca.Ri.Go., del Dipartimento di Storia e culture <strong>dal</strong>l’antichità al mondo contemporaneo<br />

dell’Università degli Studi di Trieste, del Comune di Monfalcone e del Consorzio Culturale del Monfalconese.<br />

1


evoluta in Italia e nel cantiere di Monfalcone la tutela della salute operaia? Si possono delineare<br />

delle fasi storiche? Come si è modificata la percezione del rischio da parte dei lavoratori, dei<br />

dirigenti azien<strong>dal</strong>i e delle istituzioni?<br />

La struttura della ricerca è divisa in due parti: la prima – prevalentemente compilativa – comprende<br />

una serie di analisi propedeutiche per sostenere con maggior profondità la seconda, cioè l’oggetto<br />

vero e proprio della ricerca. Nella prima parte, i temi che vengono affrontati – su scala nazionale ed<br />

europea – sono: lo sviluppo della storiografia su sicurezza <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> e “questione amianto”; le<br />

statistiche e le serie storiche di infortuni e malattie professionali; la legislazione. La seconda parte –<br />

sperimentale – è un caso di studio incentrato <strong>sul</strong>la storia del cantiere di Monfalcone riletta <strong>all</strong>a luce<br />

dell’evoluzione dei rischi professionali. In questa seconda parte, che rappresenta il fulcro della<br />

ricerca ed è particolarmente sviluppata anche <strong>all</strong>’interno del paper, si analizza la storiografia<br />

specifica <strong>sul</strong> cantiere; si propone una periodizzazione che aiuti a comprendere le fasi evolutive dello<br />

stabilimento; si riflette <strong>sul</strong>le fonti e <strong>sul</strong> loro utilizzo; infine si tenta una comparazione con altri<br />

cantieri navali liguri, veneti e giuliani. Nella terza parte della ricerca si traggono le conclusioni del<br />

<strong>lavoro</strong>.<br />

2. Quadro storiografico/interpretativo<br />

La ricerca ri<strong>sul</strong>ta innovativa perché non è stata ancora attuata da un punto di vista storico e<br />

interdisciplinare. In generale, la storiografia del <strong>lavoro</strong> italiana (già di per sé meno strutturata di<br />

quella europea) non ha approfondito il filone relativo <strong>all</strong>a sicurezza <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> nel <strong>secondo</strong><br />

<strong>dopoguerra</strong>, nonostante alcune lodevoli eccezioni 1 . Ciò è in parte dovuto al fatto che questo settore<br />

di ricerca necessita dell’acquisizione di conoscenze fortemente interdisciplinari – di medicina e di<br />

psicologia del <strong>lavoro</strong>, di ergonomia, di ingegneria industriale, di diritto e di giurisprudenza – e<br />

quindi ri<strong>sul</strong>ta di non semplice trattazione. Nell’ultimo quindicennio, tuttavia, nei Paesi occidentali si<br />

è sviluppata una estesa letteratura storica (oltre che medica, giuridica, sociale) <strong>sul</strong>la “questione<br />

amianto” 2 . Questa attenzione non si è tuttavia “<strong>all</strong>argata” <strong>all</strong>e altre tematiche della sicurezza <strong>sul</strong><br />

<strong>lavoro</strong>: la ricerca in oggetto rappresenta un tentativo di procedere in questa direzione.<br />

1<br />

Si citano, esclusivamente a titolo d’esempio, i principali studi storici in materia: F. Carnevale, A. Baldasseroni, Mal da<br />

<strong>lavoro</strong>. Storia della salute dei lavoratori, Roma, Laterza, 1999; Per una storiografia italiana della prevenzione<br />

occupazionale ed ambientale, a cura di A. Grieco, P.A. Bertazzi, Milano, Angeli, 1997; F. Carnevale, F. Capacci, Il<br />

rischio cancerogeno occupazionale oggi. Continuità e discontinuità con il passato prossimo: problemi emergenti e<br />

prospettive, in “Epidemiologia e Prevenzione”, 33, 4-5/2, 2009 pp. 9- 16.<br />

2<br />

Per la storiografia europea <strong>sul</strong>l’amianto: O. Hardy-Hémery, Eternit et les dangers de l’amiante-ciment, 1922-2006, in<br />

“Reveu d’histoire moderne & contemporaine”, 56, 1, 2009, pp. 197-226; R. Johnston, A. McIvor, Lethal Work. A<br />

History of the Asbestos Tragedy in Scotland, East Linton, Tuckwell, 2000; J. McCulloch, G. Twee<strong>dal</strong>e, Defending The<br />

Indefensible. The Global Asbestos Industry and its Fight for Survival, New York, Oxford University, 2008; G.<br />

Twee<strong>dal</strong>e, Magic mineral to killer dust. Turner & New<strong>all</strong> and the asbestos hazard, New York, Oxford University, 2000;<br />

R.F. Ruers, N. Schouten, The tragedy of asbestos. Eternit and the consequences of a hundred years of asbestos cement,<br />

2


Per quanto riguarda l’approfondimento specifico <strong>sul</strong> cantiere di Monfalcone, si premette che lo<br />

stabilimento è – da oltre un secolo – la principale fonte di reddito per migliaia di famiglie locali:<br />

rappresentando mediamente la metà del PIL della Provincia di Gorizia, è stato un “oggetto di<br />

studio” ricorrente per storici e scienziati sociali. In generale, la storiografia si è sviluppata attorno a<br />

due filoni principali: il primo privilegia un approccio prevalentemente “produttivo” per esaltare le<br />

costruzioni e i primati raggiunti <strong>dal</strong>lo stabilimento; il <strong>secondo</strong> utilizza un’impostazione “sindacale”<br />

per sottolineare le lotte operaie, spesso prendendo le mosse <strong>dal</strong>l’antifascismo e <strong>dal</strong>la fase<br />

resistenziale, considerato il notevole contributo fornito dai lavoratori <strong>all</strong>a guerra di liberazione<br />

nazionale 3 . L’attività di ricerca <strong>sul</strong>le condizioni di <strong>lavoro</strong> – rischi, infortuni, malattie professionali –<br />

è stata molto meno praticata 4 . In altre parole, la ricostruzione dell’evoluzione della sicurezza <strong>sul</strong><br />

<strong>lavoro</strong> in cantiere non ha rappresentato finora una chiave di lettura per interpretare (e scrivere) la<br />

storia dello stabilimento e per proporre eventualmente una periodizzazione specifica.<br />

3. Fonti, archivi e metodologia della ricerca<br />

Nella ricerca si sono impiegati e confrontati studi e provvedimenti delle organizzazioni<br />

internazionali e nazionali, pubblicazioni di altri studiosi, legislazione italiana ed europea e sentenze<br />

significative.<br />

trad. ingl., sl, Socialistische Partij (Netherlands), 2006; AA.VV., A visual historical review of exposure to asbestos at<br />

Puget sound naval shipyard (1962–1972), in “Journal of Toxicology and Environmental Health”, Part B, 12, 2, 2009,<br />

pp. 124-156; P.G. Harries, Asbestos Hazards in naval dockyards, in “The Annals of Occupational Hygiene”, 11, 2,<br />

1968, pp. 135-145. È utile segnalare che gran parte degli storici che si sono avvicinati al tema avevano l’intento di<br />

incidere anche nel dibattito politico o giudiziario contemporaneo, spesso assumendo posizioni colpevolizzanti nei<br />

confronti delle imprese che avevano impiegato indiscriminatamente l’amianto. Esistono tuttavia delle “eccezioni”, la<br />

più importante delle quali è rappresentata da Peter Bartrip: P. Bartrip, The Way from dusty death: Turner and New<strong>all</strong><br />

and the regulation of occupational helth in the british asbestos industry, 1890s-1970, London, Athlone, 2001; Id.,<br />

Beyond The Factory Gates: asbestos and health in twentieth century America, London, Continuum Intl Pub Group,<br />

2006; Id., The Home Office and the dangerous trades: regulating occupational diseases in Victorian and Edwardian<br />

Britain, Amsterdam and New York, Rodopi, 2002; R. Maines, Asbestos & Fire, technological trade-offs and the body<br />

at risk, New Brunswick, Rutgers University Press, 2006. Fra i migliori studi italiani nella materia: F. Carnevale,<br />

Amianto: una tragedia di lunga durata. Argomenti utili per una ricostruzione storica dei fatti più rilevanti, in<br />

“Epidemiologia e Prevenzione”, 31, 4, 2007, pp. 53-74. Sul problema a livello nazionale sono state pubblicate due<br />

monografie di studiosi che operano nel Monfalconese: C. Bianchi, T. Bianchi, Amianto. Un secolo di sperimentazione<br />

<strong>sul</strong>l’uomo, Trieste, Hammerle, 2002; E. Bullian, Il male che non scompare. Storia e conseguenze dell’uso dell’amianto<br />

nell’Italia contemporanea, Trieste, Il Ramo d’Oro, 2008.<br />

3<br />

A titolo d’esempio, per il primo filone: Associazione Culturale Tempora, Sommergibili, tecnologia e cantieristica:<br />

Monfalcone 1907-2007, Bassano del Grappa, Itinera Progetti, 2008; Cantiere 100 anni di navi a Monfalcone, a cura di<br />

M. Martinuzzi, sl, Fincantieri, sa (ma 2008). Per il <strong>secondo</strong>: S. Parenzan, Le lotte dei lavoratori al cantiere di<br />

Monfalcone. Dal <strong>dopoguerra</strong> <strong>all</strong>e esperienze nel “Consiglio di Fabbrica” Italcantieri, in “Il Territorio”, 9 (1983), pp.<br />

19-28; M. Puppini, Costruire un mondo nuovo. Un secolo di lotte operaie nel Cantiere di Monfalcone, Gorizia, Comune<br />

di Monfalcone, ANPI Monfalcone, Centro L. Gasparini, 2008.<br />

4<br />

Rappresentano delle eccezioni: A. Di Gianantonio, Ristrutturare, che passione!, in “Il Territorio”, 23, 1988, pp. 14-23;<br />

C. De Vecchi, P. Maschio, Organizzazione del <strong>lavoro</strong> e condizione operaia <strong>all</strong>’Italcantieri di Monfalcone, in<br />

“Qualestoria”, 1, 1979, pp. 9-15; AA.VV., Sindacato e discriminazione razziale nella <strong>navalmeccanica</strong> italiana, Venezia,<br />

Università Ca’ Foscari Venezia, 2005, pp. 53, 55-56.<br />

3


La parte più interessante della ricerca riguarda la con<strong>sul</strong>tazione di archivi <strong>sul</strong>la <strong>navalmeccanica</strong>,<br />

tentando di valorizzare documenti “tradizionali”, ma anche immagini, manifesti, filmati. Gli archivi<br />

individuati e in buona parte già con<strong>sul</strong>tati sono:<br />

1) l’Archivio Storico Sindacale “Sergio Parenzan” della CGIL di Gorizia. È composto da una parte<br />

documentale e da una fotografica incentrate <strong>sul</strong> cantiere di Monfalcone e copre principalmente il<br />

periodo che parte <strong>dal</strong> <strong>secondo</strong> <strong>dopoguerra</strong> e arriva agli anni Ottanta.<br />

2) l’Archivio corrente dell’INAIL di Monfalcone. Qui la ricerca è stata condotta su tre filoni:<br />

a) selezione di una ventina di cartelle di lavoratori che hanno subito malattie professionali per<br />

verificare quali erano le più diffuse e quali invalidità procuravano;<br />

b) costruzione di statistiche relative a infortuni e malattie professionali per quanto riguarda la<br />

provincia di Gorizia e di Trieste attraverso la serie storica del “Notiziario Statistico” dell’INAIL<br />

(pubblicazione trimestrale);<br />

c) spoglio della “Rivista degli infortuni e delle malattie professionali” edita <strong>dal</strong>l’INAIL.<br />

3) gli archivi del Comune di Monfalcone suddivisibili in tre filoni:<br />

a) archivio delle delibere di giunta e di consiglio (odg politici dopo gli infortuni mortali in cantiere e<br />

atti per creare il Servizio comunale di Medicina del Lavoro);<br />

b) archivio storico della biblioteca comunale (alcuni faldoni con le relazioni curate <strong>dal</strong> Servizio di<br />

Medicina del Lavoro del Comune di Monfalcone);<br />

c) archivio dei documenti e degli atti protocollati del Comune (documenti variegati<br />

nei cartolari della Categoria I e IV).<br />

4) l’archivio della Provincia di Gorizia (delibere e atti inerenti sicurezza e medicina del <strong>lavoro</strong>).<br />

5) i materiali documentali depositati in formato digitale <strong>dal</strong>la Procura di Gorizia e <strong>dal</strong>la Difesa e le<br />

testimonianze raccolte <strong>dal</strong> Giudice per il processo in corso al Tribunale di Gorizia per i decessi dei<br />

lavoratori del cantiere esposti <strong>all</strong>’amianto. Parte della documentazione – come le comunicazioni<br />

interne e i verbali delle riunioni azien<strong>dal</strong>i – diviene “pubblica” per la prima volta. Di particolare<br />

interesse la Con<strong>sul</strong>enza Tecnica per il PM Beniamino Deidda, intitolata Ricostruzione dello stato di<br />

salute dei lavoratori e delle condizioni igieniche nelle lavorazioni del cantiere navale di<br />

Monfalcone in relazione <strong>all</strong>’esposizione ad amianto, con particolare riguardo agli anni 1965-1985.<br />

In chiave comparativa, sono state recuperate le perizie dei processi per i decessi amianto correlati<br />

nei cantieri di Venezia-Marghera 5 .<br />

5<br />

AA.VV., Ricostruzione dello stato di salute dei lavoratori e delle condizioni igieniche nelle lavorazioni del cantiere<br />

navale di Monfalcone in relazione <strong>all</strong>’esposizione ad amianto, con particolare riguardo agli anni 1965-1985,<br />

Con<strong>sul</strong>enza Tecnica per il Pubblico Ministero dr. B. Deidda, Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Trieste,<br />

procedimenti penali n. 08/08 – 50/08 Reg.Av., 2008. Per l’acquisizione della con<strong>sul</strong>enza si ringrazia l’avvocato<br />

dell’Associazione Esposti Amianto di Monfalcone, Annamaria Marin. Per quanto riguarda due esempi di perizie<br />

tecniche dell’accusa e della difesa nei processi di Venezia si veda: S. Silvestri, La ricostruzione delle esposizioni<br />

4


6) gli archivi dei Tribunali di Trieste e di Gorizia, dove si sono cercate le sentenze <strong>sul</strong>le morti<br />

bianche ai cantieri navali, in particolare negli anni Settanta.<br />

7) l’archivio dell’Istituto di Ricerca Livio Saranz. È il principale archivio sindacale di Trieste, con<br />

una trentina di faldoni che interessano il cantiere di Monfalcone <strong>dal</strong> 1946 al 1982. Nell’archivio<br />

dell’Istituto si trovano numerosi faldoni sui cantieri di Trieste e in particolare <strong>sul</strong>l’ex Arsenale<br />

Triestino San Marco. Questo materiale ha permesso – a livello metodologico – una comparazione<br />

fra le fonti, <strong>dal</strong>le quali emerge che la situazione fra i cantieri – o meglio l’intervento del sindacato in<br />

materia di sicurezza – appare diversificata nonostante la vicinanza degli stabilimenti 6 .<br />

8) l’archivio corrente dell’Azienda Sanitaria Triestina, dove si trovano le relazioni degli ex Servizi<br />

di Medicina del Lavoro su infortunistica e malattie professionali nei cantieri.<br />

9) l’archivio del Centro Ligure di Storia Sociale (Genova), che possiede due fondi sindacali, quello<br />

della CGIL (più corposo) e quello della CISL, nei quali sono reperibili documenti <strong>sul</strong>la questione<br />

della salute nei cantieri liguri. Anche da qui emergono ulteriori elementi utili per una comparazione<br />

fra i cantieri.<br />

10) l’Ufficio Stampa e Audiovisivi della Provincia di Genova, che conserva i filmati del Centro<br />

Audiovisivi dell’ASL di Genova, di cui una serie riguarda la medicina del <strong>lavoro</strong>. Si segnala a titolo<br />

d’esempio uno spezzone di un TG2 del 1977, nel quale si dava risonanza nazionale <strong>all</strong>’accordo per<br />

bandire l’uso dell’amianto nell’Arsenale Triestino San Marco di Trieste 7 .<br />

11) l’archivio dell’International Institute of Social History di Amsterdam. L’Istituto raccoglie i<br />

fondi dei sindacati internazionali, di cui si sono visionati i materiali inerenti <strong>all</strong>e tematiche della<br />

ricerca e in particolare <strong>all</strong>a questione amianto, anche per approcciare un’analisi comparativa su<br />

scala europea.<br />

12) l’archivio della memoria del Consorzio Culturale del Monfalconese, dove sono conservati<br />

alcuni documenti, ma soprattutto molte immagini (nella Fototeca in particolare si trova il Fondo<br />

Cividini).<br />

13) gli archivi Fincantieri, non ancora con<strong>sul</strong>tati, con un corposo archivio fotografico.<br />

professionali ad amianto presso il cantiere navale di Marghera relativa al quesito n. 2, Con<strong>sul</strong>enza Tecnica per la<br />

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, procedimento penale n. 11980/02; D. Cottica, Memoria<br />

tecnica in difesa della Fincantieri Cantieri Navali Italiani S.p.A. Stabilimento di Marghera, Procura della Repubblica<br />

presso il Tribunale di Venezia, procedimento n. 5837/04 R.n.r., 2005.<br />

6<br />

Le organizzazioni dei metalmeccanici triestini svilupparono una maggior mobilitazione in particolare per contrastare<br />

l’uso dell’amianto già nel corso degli anni Settanta, mentre questa presa di coscienza e capacità di “reazione” fu meno<br />

vistosa a Monfalcone. Su questo argomento è in corso di pubblicazione: E. Bullian, La percezione del rischio amianto<br />

fra gli operai dei cantieri navali di Monfalcone e Trieste negli anni Settanta. Le fonti storiche e la loro interpretazione,<br />

in Atti del Seminario Storia/storie di amianto organizzato <strong>dal</strong>l’Istituto di Ricerca Livio Saranz e <strong>dal</strong>l’INCA FVG<br />

(Gradisca d’Isonzo, 23 settembre 2010).<br />

7<br />

Ufficio stampa e Audiovisivi della Provincia di Genova, Fondo CID, ASL 3, Regione Liguria, Trieste Cantieri Navali<br />

Amianto (RAI-TG2 T77183/556), Numero prodotto 120, Numero cassetta 58, 1977.<br />

5


È stato effettuato lo spoglio de “Il Piccolo” (il principale quotidiano locale) per gli anni 1965-1980,<br />

selezionando gli articoli che trattano degli infortuni mortali o gravi e della salute operaia nel<br />

Monfalconese.<br />

Per quanto riguarda le fonti orali, si è scelto di intervistare una serie di “testimoni privilegiati” che<br />

hanno svolto lunghe carriere professionali e che – a vario titolo – si sono occupati di sicurezza negli<br />

stabilimenti navali. Tale decisione è conseguente al fatto che su questioni complesse e specifiche la<br />

memoria dei lavoratori “comuni”, non integrati in dinamiche sindacali, non appare particolarmente<br />

stimolante <strong>dal</strong> punto di vista della ricerca, rimanendo – a livello di contenuti – tendenzialmente<br />

superficiale e di scarsa concretezza. D’altra parte si crede di essere riusciti a delineare il modo in cui<br />

i lavoratori vivevano la loro condizione e soprattutto il modo in cui volevano modificarla, <strong>all</strong>e volte<br />

riuscendoci. Inoltre, ci si avvale di interviste effettuate da altri studiosi 8 , oltre che delle<br />

testimonianze in sede processuale. Le fonti orali sono utili anche per valorizzare una prospettiva<br />

storico-comparativa su alcuni grandi “casi di studio” nazionali: per questo si sono effettuati diversi<br />

colloqui con medici del <strong>lavoro</strong> e sindacalisti dei cantieri genovesi e triestini 9 .<br />

La ricerca si basa su un approccio ampiamente interdisciplinare: sono stati approfonditi, anche<br />

attraverso la collaborazione con esperti, aspetti giurisprudenziali (prof.ssa Roberta Nunin), di<br />

medicina del <strong>lavoro</strong> (prof. Francesco Carnevale), di storia economica e del <strong>lavoro</strong> (prof.ssa<br />

Loredana Panariti) legati <strong>all</strong>e dinamiche della sicurezza <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> e delle conseguenze di malattie e<br />

incidenti.<br />

4. Ri<strong>sul</strong>tati provvisori<br />

Il cantiere di Monfalcone fu fondato nel 1907-1908 e, dagli anni Trenta in poi, è un’azienda a<br />

capitale pubblico. Fino al 1966 lo stabilimento rientrava nei Cantieri Riuniti dell’Adriatico (CRDA),<br />

mentre fra il 1966 e il 1984 fece parte, con gli stabilimenti di Genova-Sestri e Castellamare di<br />

Stabbia, dell’Italcantieri (ITC). A metà degli anni Ottanta gran parte della cantieristica italiana –<br />

compreso lo stabilimento di Monfalcone – fu raggruppata in un’unica società, Fincantieri, che oggi<br />

è una delle maggiori aziende al mondo nella costruzione di navi da crociera e di traghetti.<br />

L’obiettivo principale della ricerca è quello di ripensare la storia del cantiere in una periodizzazione<br />

dettata prevalentemente <strong>dal</strong>le tematiche inerenti la sicurezza <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong>. Il periodo centrale da<br />

8<br />

L’opera più importante è A. Morena, Polvere. Storia e conseguenze dell'uso dell'amianto ai cantieri navali di<br />

Monfalcone, Udine, Kappa Vu, 2000. L’ultima pubblicazione con questo taglio <strong>sul</strong>l’argomento è Io sono il cantiere!<br />

Amianto mai più, a cura di C. Michelin, T. Pizzamiglio, Roma, fuorilinea, 2011.<br />

9<br />

Per i cantieri veneziani si vedano i seguenti lavori caratterizzati da un ampio ricorso <strong>all</strong>e fonti orali: C. Biasiato, I<br />

rischi del mestiere. Percezione del rischio <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> nelle narrazioni di un gruppo di operai di un cantiere navale di<br />

Venezia, Tesi di Laurea in Storia, relatrice D. Cozzi, Università Ca’ Foscari di Venezia, a.a. 2006-2007; Operai in<br />

croce. Inchiesta <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> malato, a cura di A. Casellato, G. Zazzara, in “Venetica. Rivista di Storia Contemporanea”,<br />

18, 2008.<br />

6


approfondire parte dagli anni Sessanta per concludersi con gli anni Ottanta, inglobando<br />

completamente il ventennio dell’ITC (1966-1984), che inizia e si conclude con crisi produttive. Si<br />

propone dunque una periodizzazione che aiuti a comprendere i principali elementi che<br />

caratterizzano ogni fase del cantiere <strong>dal</strong> punto di vista della salute operaia:<br />

1 - Dagli anni Trenta <strong>all</strong>a Seconda Guerra Mondiale (nel 1941 avvenne il peggiore infortunio<br />

collettivo in cantiere con 9 decessi).<br />

2 - Dal <strong>secondo</strong> <strong>dopoguerra</strong> al 1965 (il periodo era ancora segnato <strong>dal</strong>le discriminazioni sindacali,<br />

ma nel 1961 fu istituito il servizio di sicurezza azien<strong>dal</strong>e in cantiere).<br />

3 - 1965-1972 (iniziò la lotta operaia per una maggiore salute, con alcuni momenti “epici” come i<br />

due cortei a Monfalcone contro gli “omicidi bianchi” nel 1968 e nel 1972 e l’accordo del 1971 fra<br />

Direzione dell’ITC e Commissioni Interne, che consentì l’ingresso dell’Istituto di Medicina del<br />

Lavoro dell’Università di Trieste in cantiere).<br />

4 - Gli anni Settanta (furono realizzate <strong>dal</strong>la Medicina del Lavoro le indagini ambientali e sanitarie,<br />

presupposto per ottenere un miglioramento delle condizioni di <strong>lavoro</strong> nel cantiere).<br />

5 - Gli anni Ottanta (la crisi produttiva, iniziata nel 1977, raggiunse l’apice di cassaintegrati – oltre<br />

duemila in cantiere – nel 1983-1985, con la par<strong>all</strong>ela crisi della “linea sindacale” <strong>sul</strong>la salute. Si<br />

concluse la produzione delle superpetroliere e delle imbarcazioni per la Marina Militare).<br />

6 - D<strong>all</strong>a fine degli anni Ottanta a oggi (si costruiscono navi da crociera in un “nuovo” ambiente<br />

di <strong>lavoro</strong>, caratterizzato <strong>dal</strong>la catena degli appalti, <strong>dal</strong> trasfertismo e <strong>dal</strong>la nuova immigrazione).<br />

Si sviluppa sinteticamente ogni singola fase, al fine di evidenziare i ri<strong>sul</strong>tati dell’attività di ricerca<br />

finora svolta.<br />

1 - Negli anni Trenta non esistevano documenti specifici <strong>sul</strong>la salute operaia nel cantiere di<br />

Monfalcone perché né l’azienda né le istituzioni erano interessate <strong>all</strong>o studio della mortalità e delle<br />

malattie dei lavoratori. Tuttavia, l’Archivio fotografico Cividini, conservato presso il Consorzio<br />

Culturale del Monfalconese, propone una serie di scatti <strong>sul</strong>l’antinfortunistica che dimostrano<br />

l’approccio <strong>all</strong>a tematica. Ad esempio, in un manifesto intitolato Cantieri Riuniti Dell’Adriatico.<br />

Propaganda “prevenzione degli infortuni”, si leggeva: “Operai: attendete al vostro <strong>lavoro</strong> con<br />

serena consapevolezza del pericolo che esso può offrire, con vigile attenzione, con ferma volontà di<br />

evitare gli infortuni; riflettete sempre ad ogni atto che compite: il 90 per cento degli infortuni sono<br />

causati da un momento di distrazione”. Da segnalare che tutta la campagna antinfortunistica lanciata<br />

<strong>dal</strong>la Direzione del cantiere era incentrata <strong>sul</strong>l’utilizzo dei mezzi di protezione individuali e<br />

<strong>sul</strong>l’acquisizione della necessaria esperienza professionale. In altre parole, si esaltava un’ideologia<br />

7


fatalista verso gli incidenti e si veicolava l’idea che il lavoratore fosse solo davanti al rischio: tutto<br />

dipendeva <strong>dal</strong>la sua buona volontà e <strong>dal</strong>la corretta applicazione delle norme impartite <strong>dal</strong>la<br />

Direzione.<br />

In quel periodo si verificarono due avvenimenti fra i più drammatici della storia dello stabilimento:<br />

nel 1938 divampò un enorme incendio <strong>sul</strong> transatlantico Stockholm, fortunatamente senza<br />

conseguenze mortali, mentre nel 1941 ci fu il peggiore infortunio collettivo, dovuto al cedimento<br />

della passerella che provocò 9 decessi e altrettanti feriti tra i lavoratori 10 .<br />

2 - Nel <strong>secondo</strong> <strong>dopoguerra</strong> l’interpretazione che l’azienda dava al termine sicurezza era abbastanza<br />

univoca, considerata ancora per diversi anni <strong>dal</strong> punto di vista repressivo. Per questo esisteva il<br />

servizio dei guardiani, con il quale la Direzione dell’<strong>all</strong>ora CRDA voleva assicurarsi l’“ordine<br />

azien<strong>dal</strong>e”. L’organizzazione della sicurezza in fabbrica si riduceva <strong>all</strong>a presenza dei guardia fuoco<br />

e delle infermerie.<br />

A metà degli anni Cinquanta, a livello nazionale, si notarono i primi cambiamenti istituzionali e<br />

sociali. Furono varati dei decreti <strong>sul</strong>la prevenzione di infortuni e malattie professionali e nel 1956 fu<br />

istituito il Ministero della Sanità, completando il percorso di fuoriuscita <strong>dal</strong> Ministero dell’Interno<br />

delle politiche sanitarie 11 . I lavoratori del cantiere di Monfalcone apparivano ancora “dormienti” e<br />

permaneva la pratica della monetizzazione del rischio 12 . Tuttavia nel 1961 fu costituito – in seguito<br />

<strong>all</strong>e richieste sindacali – il servizio di sicurezza azien<strong>dal</strong>e e sicuramente era presente un Comitato<br />

antinfortunistico, al quale non partecipavano ancora i rappresentanti degli operai.<br />

3 - Fra il 1965 e il 1972 si verificò una mobilitazione operaia per una maggiore salute: l’inizio<br />

dell’inversione di tendenza nei rapporti di forza nel mondo del <strong>lavoro</strong> lo si nota nella pubblicazione<br />

della FIOM del Libro Bianco <strong>sul</strong>le condizioni dei lavoratori dei C.R.D.A. di Monfalcone nel 1965.<br />

In realtà, <strong>sul</strong>le 40 pagine complessive, solamente 2 sono dedicate specificamente a infortuni e<br />

10<br />

Grave disgrazia a Monfalcone per lo sbandamento di una passerella, in “Il Piccolo di Trieste”, 2/10/1941, p. VI.<br />

11<br />

DPR 27 aprile 1955, n. 547 – Norme per la prevenzione degli infortuni <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong>; DPR 19 marzo 1956, n. 303 –<br />

Norme generali per l’igiene del <strong>lavoro</strong>; Per una storiografia italiana della prevenzione, cit. (in particolare A. Pagano,<br />

G. Fara, D<strong>all</strong>a soluzione imposta al consenso acquisito. La storia della prevenzione <strong>dal</strong>la polizia sanitaria <strong>all</strong>a<br />

promozione della salute, pp. 289-308; G. Pelissero, V. Carreri, Contributo <strong>all</strong>a storia organizzativa della sanità<br />

pubblica italiana, pp. 309-321).<br />

12<br />

Ai lavoratori esposti a sostanze pericolose veniva corrisposta un’indennità di nocività ad integrazione del salario, già<br />

costituito per buona parte <strong>dal</strong> cottimo. La logica di questa impostazione era accettata <strong>dal</strong> sindacato e dai lavoratori fino<br />

a quando non si modificarono i rapporti di forza dentro le aziende e nella società, dando vita a una svolta culturale nel<br />

modo di affrontare la problematica. A. Pizzinato, Lotte e iniziative per la sicurezza <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong>: <strong>dal</strong>l’indennità di nocività<br />

<strong>all</strong>a partecipazione per il cambiamento delle condizioni di <strong>lavoro</strong>, in La fabbrica e la salute. Lotte operaie e<br />

contrattazione a partire da Sesto San Giovanni nei 100 anni della CGIL, a cura di G. Pelucchi, A. Pizzinato, Roma,<br />

Ediesse, 2006, pp. 13-27.<br />

8


malattie professionali. Tuttavia l’opuscolo permette di contestualizzare la quotidianità della<br />

gestione della sicurezza nella maggiore azienda della Provincia di Gorizia:<br />

La direzione si è sempre rifiutata di consegnare <strong>all</strong>a Commissione Interna i dati riguardanti gli infortuni mensili ai<br />

CRDA; ha respinto la richiesta che rappresentanti dei lavoratori entrino a far parte del Comitato antinfortunistico di<br />

stabilimento, mentre […] la percentuale di infortuni aumenta penosamente ogni anno […]. L’Ufficio antinfortunistico,<br />

pagato <strong>dal</strong>l’azienda, si limita a richiamare e a dar multe ai lavoratori che non ottemperano ad alcune delle norme<br />

antinfortunistiche, guardandosi bene <strong>dal</strong>l’imporre <strong>all</strong>a direzione tutti quegli accorgimenti previsti <strong>dal</strong>la legge 13 .<br />

La situazione era ancora pesante, ma – attraverso questa “denuncia” – iniziava a crescere una<br />

volontà di modificare quella realtà. Il 22 maggio 1968, la FIOM – per la prima volta – mobilitò i<br />

lavoratori del cantiere di Monfalcone contro quelli che chiamò “omicidi bianchi” (i 9 infortuni<br />

mortali avvenuti nello stabilimento negli ultimi anni). In seguito, ci fu una lunga lotta dei saldatori<br />

elettrici dell’ITC, che portò fra il 6 e l’8 febbraio del 1969 <strong>all</strong>’occupazione del Municipio di<br />

Monfalcone e che <strong>sul</strong>lo sfondo aveva delle rivendicazioni per salvaguardare la salute. Nel gennaio<br />

del 1971 fu siglato il primo importante accordo azien<strong>dal</strong>e che prevedeva l’ingresso nello<br />

stabilimento navale dell’appena fondato Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università degli Studi<br />

di Trieste, al fine di svolgere indagini sanitarie e ambientali indipendenti nel cantiere di Monfalcone,<br />

che furono effettuate nel corso degli anni Settanta. Il 17 febbraio 1972 il sindacato unitario<br />

organizzò un <strong>secondo</strong> sciopero contro gli “omicidi bianchi” nel cantiere di Monfalcone, che erano<br />

drammaticamente aumentati, ripetendosi per 17 volte negli ultimi 6 anni.<br />

Inoltre, almeno a partire da questa fase a cav<strong>all</strong>o degli anni Sessanta e Settanta, da parte<br />

dell’azienda fu acquisita la conoscenza del rischio cancerogeno dell’amianto, sebbene proseguì<br />

ancora il suo utilizzo <strong>sul</strong>le navi, perlopiù senza adeguati sistemi preventivi e protettivi 14 . Risale al<br />

1972 uno dei primi accorgimenti azien<strong>dal</strong>i relativi <strong>all</strong>’uso dell’amianto, che comportò – almeno in<br />

teoria – la modifica dell’organizzazione del <strong>lavoro</strong>. Infatti l’ITC chiese che le operazioni di<br />

spruzzatura fossero eseguite <strong>dal</strong>le ditte in appalto in orari diversi e senza la contemporanea presenza<br />

di altri lavoratori. Nonostante ciò – <strong>secondo</strong> i con<strong>sul</strong>enti della Procura – sussistono “fondati motivi,<br />

come ri<strong>sul</strong>ta <strong>dal</strong>la documentazione e <strong>dal</strong>le testimonianze, per affermare che questo principio non sia<br />

stato rispettato” 15 .<br />

13 FIOM Provinciale Monfalcone, Libro Bianco <strong>sul</strong>le condizioni dei lavoratori dei C.R.D.A. di Monfalcone.<br />

Documentazione della FIOM-CGIL <strong>sul</strong>le violazioni contrattuali, l’intensificazione dello sfruttamento e l’attuale<br />

condizione operaia negatrice dei diritti della personalità del lavoratore, Monfalcone, se, 1965, pp. 27-28.<br />

14 AA.VV., Ricostruzione dello stato di salute dei lavoratori cit., pp. 577, 533.<br />

15 Ivi, p. 558.<br />

9


4 – Gli anni Settanta sono caratterizzati <strong>dal</strong>le indagini ambientali e sanitarie che venivano<br />

pubblicate dagli enti pubblici e quindi rappresentavano una forma di socializzazione delle malattie,<br />

mutandole da fatti individuali a fenomeni collettivi, che divenivano la base di una serie di<br />

rivendicazioni operaie per migliorare l’ambiente di <strong>lavoro</strong> (estrattori, areazione, mezzi di protezione<br />

individuale, riduzione delle esposizioni attraverso un’adeguata organizzazione del <strong>lavoro</strong>).<br />

Nell’ambito della storia dell’ITC di Monfalcone, si propongono tre indagini significative <strong>sul</strong>la<br />

salute operaia.<br />

La prima è l’Indagine epidemiologica <strong>sul</strong>la morbilità dei lavoratori del 1974 16 . Il clima era<br />

completamento mutato rispetto al decennio precedente (si pensi al Libro Bianco). Infatti l’indagine,<br />

eseguita su iniziativa unitaria del Consiglio di Fabbrica, esaminava in maniera specifica le malattie<br />

(non solo professionali) dei lavoratori dell’ITC di Monfalcone. Lo studio riguardava oltre due terzi<br />

della manodopera (3.749 dipendenti su 5.042) e fu svolto <strong>dal</strong>l’Istituto di Medicina del Lavoro<br />

dell’Università di Trieste, con il patrocinio dell’Assessorato regionale dell’Igiene e della Sanità.<br />

L’introduzione dell’Assessore Ermenegildo Nardini dimostrava la nuova attenzione istituzionale su<br />

tali tematiche e la penetrazione nel lessico politico della terminologia utilizzata <strong>dal</strong> movimento<br />

operaio. Infatti, l’Assessore sosteneva che:<br />

i lavoratori tendono sempre più a respingere la monetizzazione del rischio (una forma, mi si passi il termine, di<br />

prostituzione operaia), una “pratica” che non paga, anche quando fa lucrare una indennità di rischio o una rendita per<br />

danno: essi affermano, invece, che le condizioni di nocività devono essere ridotte e annullate, perché la salute non si<br />

vende a nessun prezzo 17 .<br />

La conclusione dell’indagine fu che le maestranze del cantiere erano più soggette a patologie<br />

rispetto sia <strong>all</strong>a popolazione standard sia agli altri lavoratori dell’industria. Il maggior contributo<br />

<strong>all</strong>a morbilità dei cantierini era dato da malattie dell’apparato respiratorio (che rappresentavano il<br />

33,73% del totale delle patologie), delle ossa e degli organi di locomozione (20,08%), dell’apparato<br />

digerente (12,18%) e della sfera psichica (7,25%) 18 .<br />

Il <strong>secondo</strong> documento è costituito dagli atti di una Tavola Rotonda di medici, tenuta il 28 settembre<br />

1974 a Trieste, su Le pneumopatie professionali nei cantieri navali. All’incontro parteciparono<br />

16 Indagine epidemiologica <strong>sul</strong>la morbilità dei lavoratori dell’Italcantieri di Monfalcone nel periodo 1967-1972<br />

eseguita per iniziativa del Consiglio di Fabbrica, a cura di F. Gobbato, Trieste, Regione Autonoma Friuli-Venezia<br />

Giulia-Assessorato dell’Igiene e della Sanità, 1974.<br />

17<br />

E. Nardini, Introduzione in Indagine epidemiologica <strong>sul</strong>la morbilità dei lavoratori, a cura di F. Gobbato cit., pp. II.<br />

18<br />

Indagine epidemiologica <strong>sul</strong>la morbilità dei lavoratori, a cura di F. Gobbato cit., pp. 12-13, tabella n. 7.<br />

10


alcune delegazioni di sindacalisti e di lavoratori, che furono accolti come “i veri protagonisti di<br />

queste nostre ricerche” 19 , e del convegno era a conoscenza anche la Direzione dell’ITC di<br />

Monfalcone. La Tavola Rotonda, che “dovrebbe avere uno scopo eminentemente pratico, mirando<br />

<strong>all</strong>a prevenzione” delle pneumopatie, si concentrò sui danni al polmone, perché questo organo era<br />

“la porta d’ingresso più ampia, la superficie di contatto di gran lunga maggiore rispetto <strong>all</strong>’ambiente<br />

esterno” 20 . Nell’intervento introduttivo, il moderatore Massimo Crepet spiegava che:<br />

È evidente l’interesse per un argomento di questo genere che riguarda la patologia del <strong>lavoro</strong> nei cantieri navali […].<br />

Innanzitutto perché qui troviamo esemplificato quello che è un ambiente di <strong>lavoro</strong> a diversi rischi, che non solo si<br />

sommano ma <strong>all</strong>e volte si moltiplicano fra di loro. […] Molto spesso questi rischi si sommano, rischi ambientali, che<br />

assommano e non solo calore, affaticamento, rumore e rischi specifici: polveri, gas, fumi. […] Ci sono le polveri da<br />

asbesto in primo piano, come rischio grave, non di rado mortale, per le conseguenze a distanza che l’amianto procura<br />

ristagnando nel polmone. Ci sono rischi rappresentati dai fumi, soprattutto di saldatura, ossidi di ferro che si depositano<br />

e danno luogo a delle lesioni polmonari nelle diramazioni distali, poi ci sono rischi rappresentati dai gas. La saldatura è<br />

una delle operazioni più rappresentate in un ambiente cantieristico, quindi i fumi e i gas di saldatura, (l’ozono, il<br />

monossido di carbonio e i gas nitrosi), sono presenti e costituiscono un rischio che preoccupa molto l’igienicità del<br />

<strong>lavoro</strong>. Infine c’è tutta una serie di condizioni ambientali, tra cui la particolare ristrettezza della cubatura, dello spazio<br />

entro il quale si svolgono spesso queste lavorazioni, cha accentua ancora di più la pericolosità di questo ambiente. […<br />

Ne consegue] la complessità e la difficoltà di esaminare un ambiente di <strong>lavoro</strong> come questo. Come vi dicevo, per il<br />

sommarsi e il moltiplicarsi i rischi: ad esempio l’azione di alcuni gas, tipo l’ozono, deprimono alcune difese naturali<br />

dell’organismo, <strong>sul</strong> quale organismo privato di queste difese, alcune sostanze, polveri, possono agire più in profondità e<br />

con maggiore gravità 21 .<br />

Il terzo documento si riferisce agli atti del congresso – tenuto a Trieste nel 1979 – della Società<br />

Italiana di Medicina del Lavoro e in particolare nella voluminosa relazione Rischi, patologia<br />

professionale, infortuni <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> e prevenzione nei grandi cantieri navali di costruzione e<br />

trasformazione 22 , in gran parte costruita <strong>sul</strong>la base dell’esperienza di studi svolti negli stabilimenti<br />

della Venezia Giulia. Emergeva l’assoluta preponderanza riservata ai rischi della saldatura, che<br />

occupava circa il 35% della relazione, mentre al rischio amianto si concedeva solo il 3% della<br />

pubblicazione. Non a caso, i saldatori negli anni Settanta rappresentavano più del 20% della<br />

19<br />

Tavola rotonda su Le pneumopatie professionali nei cantieri navali, in AA.VV., Pneumologia. Atti delle giornate<br />

mediche triestine 26-27-28 settembre 1974, 28, Trieste 1976, p. 519 (testo integrale pp. 517-657).<br />

20<br />

Tavola rotonda su Le pneumopatie professionali cit., pp. 518-519.<br />

21<br />

Ivi, pp. 517-518.<br />

22<br />

AA.VV., Rischi, patologia professionale, infortuni <strong>sul</strong> <strong>lavoro</strong> e prevenzione nei grandi cantieri navali di costruzione<br />

e trasformazione, in Rischi, malattie professionali e prevenzione nell’industria <strong>navalmeccanica</strong>, Atti del XLII<br />

Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (Trieste 10-13 ottobre 1979), I,<br />

CLUET, Trieste 1979, pp. 1-383. Il congresso ebbe risonanza nazionale: Gianni Marsilli, articolista de “l’Unità”, riferì<br />

– attraverso un’intervista ai professori Ferdinando Gobbato e Pier Mario Biava – dell’attività svolta <strong>dal</strong>l’Istituto di<br />

Medicina del Lavoro dell’Università di Trieste: G. Marsilli, Se la medicina del <strong>lavoro</strong> è pilotata dai lavoratori,<br />

“l’Unità”, 9/10/1979, p. 6.<br />

11


manodopera dell’ITC di Monfalcone, superando il migliaio di unità. Nella relazione si riportava una<br />

tabella riassuntiva dei rischi conseguenti <strong>all</strong>a saldatura elettrica ed autogena:<br />

1.0 INALAZIONE E ASSORBIMENTO DEI GAS E FUMI DI SALDATURA<br />

1.1 EDEMA POLMONARE E BRONCOPNEUMOPATIE ACUTE<br />

1.2 LA BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA DEL SALDATORE<br />

1.3 TUMORE DEL POLMONE ?<br />

1.4 INTOSSICAZIONI GENERALI<br />

2.0 ESPOSIZIONE A RADIAZIONI<br />

2.1 CONGIUNTIVITE E CHERATOCONGIUNTIVITE ATTINICA (UV)<br />

2.2 FOTOFTALMIA<br />

2.3 ERITEMA CUTANEO E CARCINOMA SPINOCELLULARE DELLA CUTE<br />

3.0 RISCHI INFORTUNISTICI<br />

3.1 USTIONI DA PROIEZIONE DI PARTICELLE INCANDESCENTI<br />

3.2 INCENDIO ED ESPLOSIONE<br />

3.3 INFORTUNIO ELETTRICO<br />

4.0 RISCHI ERGONOMICI<br />

4.1 SALDATURA ALL’INTERNO DI STRUTTURE PRERISCALDATE: STRESS CALORICO<br />

4.2 OSTEOARTROPATIE DA CONDIZIONI POSTURALI SFAVOREVOLI<br />

4.3 OSTEOARTROPATIE DELLA SPALLA E GOMITO PER SALDATURA AD ARCO MANUALE 23 .<br />

A dimostrazione della gravità della situazione, si affermava che l’Istituto di Medicina del Lavoro<br />

dell’Università di Trieste aveva seguito una casistica di 643 operai dei cantieri navali per<br />

l’accertamento della broncopneumopatia professionale. Si concludeva che “tutti, o quasi tutti, gli<br />

inquinanti da saldatura hanno una azione irritativa <strong>sul</strong>le mucose respiratorie e sono in grado di<br />

promuovere l’insorgenza e/o aggravare l’evoluzione della bronchite cronica” e che “va da sé che<br />

l’enfisema è la naturale complicazione e della bronchite e delle alterazioni fibrosclerotiche prodotte<br />

dai diversi agenti causali presenti nei fumi di saldatura” 24 .<br />

Nella parte della relazione dedicata ai danni da rumore, <strong>dal</strong>le indagini fonometriche ri<strong>sul</strong>tava che i<br />

lavori nelle salderie e a bordo si svolgevano in ambienti molto rumorosi, nei quali l’80% delle<br />

misure, eseguite nell’arco di due anni, superava il limite di 85dB ed il 96% si poneva sopra gli<br />

80dB-A 25 . Dagli esami audiometrici, i medici rilevarono in tutte le categorie professionali<br />

esaminate un danno uditivo abbastanza rilevante e le prospettive non apparivano rosee in quanto<br />

“L’elaborazione statistica porta a concludere – in linea di previsione – che un operaio<br />

navalmeccanico già <strong>all</strong>’età di 40 anni e con circa 20 anni di esposizione presenta un deficit uditivo<br />

abbastanza rilevante e quando si avvicina <strong>all</strong>’età del pensionamento ha una ipoacusia di grado<br />

notevole, con sicure ripercussioni <strong>sul</strong> piano sociale” 26 .<br />

23 Riproduzione della tabella contenuta in AA.VV., Rischi, patologia professionale, infortuni cit., p. 32.<br />

24 Ivi, pp. 116-117 (si vedano anche pp. 83, 86).<br />

25 Ivi, pp. 265-267.<br />

26 Ivi, p. 279 (e p. 275).<br />

12


Le ultime considerazioni del paragrafo riguardano il dramma dell’esposizione <strong>all</strong>’amianto, che<br />

rappresenta, come scrivono due storici di origine anglosassone, “no other industrial agent […] even<br />

approaches the burden of disease that asbestos has caused worldwide” 27 . Rispetto agli altri rischi<br />

per la salute, questo minerale ha prodotto gli effetti più devastanti anche nella Venezia Giulia:<br />

asbestosi, mesotelioma e tumore del polmone hanno provocato almeno centinaia di decessi fra i<br />

lavoratori del Monfalconese 28 . Nella citata relazione del 1979, nel capitolo dedicato ai rischi<br />

“indiretti” derivanti <strong>dal</strong> <strong>lavoro</strong> di coibentazione con l’amianto, si sosteneva che “si può dire che ad<br />

un elevato rischio di contrarre un mesotelioma pleurico sono veramente soggetti tutti i lavoratori di<br />

un cantiere navale” 29 .<br />

Secondo la Con<strong>sul</strong>enza Tecnica disposta <strong>dal</strong> PM per il processo in corso al Tribunale di Gorizia, i<br />

lavoratori dell’ITC di Monfalcone<br />

non sono stati messi nelle condizioni di adottare almeno comportamenti consapevoli, in modo da ridurre la loro<br />

esposizione. E questo sarebbe stato particolarmente utile tenendo conto che, per loro, il rischio amianto o scaturiva da<br />

lavori svolti da altri (esposizione passiva) oppure era un elemento accessorio al <strong>lavoro</strong> (esposizione attiva), e non<br />

derivava da un suo normale utilizzo come materia prima. Ciò ha determinato un ulteriore abbassamento del livello di<br />

guardia: basta citare l’assoluta discrezionalità nell’uso delle maschere […]. Conseguentemente sono derivati in molti<br />

casi comportamenti incongrui che hanno determinato nuove ed evitabili occasioni di esposizione, quali l’uso dell’aria<br />

compressa, l’armadietto unico in spogliatoio, le tute lavate a casa, ecc. 30<br />

Per lo stesso motivo, cioè per la mancata comunicazione del rischio e dei comportamenti scorretti, cui va associata la<br />

mancata formalizzazione dei ruoli e delle responsabilità, i preposti non hanno svolto alcuna attività di controllo.<br />

È mancata del tutto quindi una seria e mirata informazione/formazione <strong>sul</strong>l’amianto, che rappresenta la premessa<br />

essenziale di un qualunque piano di prevenzione primaria 31 .<br />

Si potrebbe chiedere dunque se una corretta informazione <strong>sul</strong> rischio sarebbe stata davvero<br />

importante. I con<strong>sul</strong>enti della Procura rispondono portando ad esempio gli interventi preventivi<br />

attuati per le operazioni di saldatura.<br />

Che la informazione/formazione ed interventi tecnici “dedicati” abbiano avuto successo lo dimostra un dato di fatto<br />

storico: l’utilizzo che i saldatori e perfino i puntatori hanno imparato a fare, sempre e dovunque, delle maniche aspiranti<br />

27<br />

J. McCulloch, G. Twee<strong>dal</strong>e, Defending The Indefensible cit., p. 11.<br />

28<br />

L’asbestosi è una malattia cronica e progressiva, si manifesta con l’aumento del tessuto fibroso presente<br />

nell’interstizio polmonare e conduce <strong>all</strong>’insufficienza respiratoria. Il mesotelioma della pleura e il tumore al polmone<br />

sono neoplasie gravi che lasciano una ridotta aspettativa di vita dopo la diagnosi (attorno a un anno). Queste malattie<br />

professionali insorgono con decenni di ritardo rispetto <strong>all</strong>e esposizioni subite, a causa dei lunghi periodi di latenza.<br />

29<br />

AA.VV., Rischi, patologia professionale, infortuni cit., pp. 185, 188.<br />

30<br />

I con<strong>sul</strong>enti si riferiscono <strong>all</strong>’uso improprio dell’aria compressa praticato dagli operai per pulire le tute da <strong>lavoro</strong>,<br />

mentre l’armadietto unico implicava l’assenza di quello doppio, che sarebbe stato necessario per tenere separati gli abiti<br />

civili da quelli da <strong>lavoro</strong>.<br />

31<br />

AA.VV., Ricostruzione dello stato di salute dei lavoratori cit., pp. 578-579.<br />

13


per catturare i fumi e gas di saldatura, indipendentemente <strong>dal</strong>la tipologia dell’ambiente e del manufatto in <strong>lavoro</strong> […].<br />

Si tratta di un grande ri<strong>sul</strong>tato di prevenzione lavorativa, non casuale, bensì voluto e costruito […]. Vi ritroviamo il<br />

puntuale coinvolgimento delle figure (lavoratori, preposti, dirigenti), la formazione, la progettazione e la<br />

predisposizione di impianti dedicati, sicuramente il controllo <strong>sul</strong> campo del loro utilizzo, visti la gravità dei rischi da<br />

controllare.<br />

Per l’amianto è impossibile ricostruire un percorso simile 32 .<br />

Da queste riflessioni emerge una interpretazione storiografica: la Direzione azien<strong>dal</strong>e <strong>sul</strong> tema della<br />

prevenzione si mosse – negli anni Sessanta e Settanta – con due mo<strong>dal</strong>ità distinte, ottenendo dunque<br />

effetti opposti. L’opera di prevenzione riuscì per gli inquinanti e per i rischi da saldatura, mentre<br />

l’utilizzo quasi indiscriminato dell’amianto sortì conseguenze disastrose.<br />

5-6 - Con la crisi produttiva degli anni Ottanta, che fece ventilare la possibilità della chiusura dello<br />

stabilimento, diminuì l’attenzione verso la salute operaia, intesa come “oggetto-soggetto di studio”.<br />

Con la fine del decennio iniziò una fase che prosegue fino <strong>all</strong>’oggi, con l’affermarsi di una nuova<br />

produzione nel cantiere (navi da crociera), caratterizzata da un ambiente di <strong>lavoro</strong> segnato <strong>dal</strong>la<br />

catena degli appalti, <strong>dal</strong> trasfertismo e dai nuovi flussi migratori.<br />

All’inizio degli anni Novanta furono approvate due norme fondamentali: la legge n. 257 del 1992<br />

che vietò l’uso dell’amianto e il D.Lgs. n. 626 del 1994 che creò un nuovo modello di vigilanza, di<br />

indagine delle patologie professionali e di rilevazione dei rischi nei luoghi di <strong>lavoro</strong> 33 . Nel 1994 fu<br />

fondata a Monfalcone la sezione locale dell’Associazione Esposti Amianto, per tutelare i diritti<br />

delle vittime e per far applicare la nuova normativa 34 . Tuttavia, la questione amianto rimane ancora<br />

oggi estremamente aperta, com’è testimoniato in maniera eloquente dai decessi e <strong>dal</strong>le patologie<br />

che inesorabilmente proseguono, <strong>dal</strong>le bonifiche ambientali che non sono ancora state operate e <strong>dal</strong><br />

processo penale in corso che – come si è visto – ha fornito nuove fonti da analizzare.<br />

Il 21 febbraio 2011 è deceduto, precipitando da un ponteggio, il ventiduenne Ismail Mia: è il primo<br />

infortunio mortale avvenuto nel cantiere di Monfalcone ad un operaio – assunto da una ditta<br />

dell’appalto – originario del Bangladesh.<br />

Questi fatti drammatici rappresentano la sintesi dei cambiamenti e delle continuità presenti<br />

nell’attività dello stabilimento e dimostrano la necessità di una riflessione storica su questi temi.<br />

32<br />

Ivi, p. 577.<br />

33<br />

Legge 27 marzo 1992, n. 257 – Norme relative <strong>all</strong>a cessazione dell’impiego dell’amianto; D. LGS. 19 settembre<br />

1994, n. 626 – Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269 /CEE,<br />

90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE, 93/88/CEE, 97/42/CEE e 1999/38/CE riguardanti il miglioramento della<br />

sicurezza e della salute dei lavoratori durante il <strong>lavoro</strong>.<br />

34<br />

Per la ricostruzione storica dell’attività dell’Associazione Esposti Amianto di Monfalcone si veda: E. Bullian, D.<br />

Dotto, C. Paternoster, Il movimento di lotta contro l'amianto a Monfalcone: storia e prospettive, in Movimento per la<br />

salute e associazioni delle persone malate, a cura di L. Corradi, Milano, Angeli, 2010, pp. 52-81.<br />

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