Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

DIBaTTITo mondo, non potrà più essere quella grande area in grado, non di fare la guerra agli Stati Uniti, ma di contraddire, cioè di avere una voce capace di articolare lo spazio globale, perché è evidente che la vocazione atlantica può essere contrappesata soltanto dalla presenza della terza Roma. È evidente, basta che ci ragioniamo un momento, basta che pensiamo a quello che abbiamo letto da piccoli, basta che pensiamo da Dostojevskij a Tolstoj, non ci vuole tanta fantasia, non ci può esser un grande spazio europeo senza la Russia e il Mediterraneo. Forse all’epoca di Kojève si poteva pensare che il latino potesse controbilanciare l’anglosassone; adesso saremmo degli sciocchi utopisti a pensarlo. Quindi, è un auspicio che ritengo fondato sulla base di una memoria storica, sulla base di una minima analisi di ciò che è oggi la globalizzazione. Molte globalizzazioni adesso, oggi? Anche qui, calcoliamo. Chi sono gli operatori di questi processi? C’è una tendenza oligopolistica sempre più accentuata alla faccia del «piccolo è bello»; c’è una tendenza oligopolistica documentata, accertata. Sapete che la General Motors fattura ogni anno esattamente l’equivalente del prodotto interno lordo di tutti paesi africani subsahariani? Sapete che, tra le mille prime economie del mondo, cinquecentouna sono imprese? Quindi, la globalizzazione in atto è quella, la globalizzazione in atto è quella che in questi anni hanno portato avanti il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale del commercio. Altro che many globalization! Questo è il fatto. È un destino? No, non credo che sia un destino, per tutte le cose che anche sul piano giuridico ha detto Irti; perché questa cosa non può autoregolarsi, né dal punto di vista, come dire, dei concetti, della forma, né dal punto di vista politico. Non può autoregolarsi e ormai c’è questo felice incontro fra economisti, giuristi, filosofi, ecc., che, da diversi punti di vista, mettono in evidenza come l’ideologia dell’autoregolazione, l’ideologia belle époque, come l’ho chiamata, sia appunto un’ideologia. La cultura americana, la religio civilis americana è formata da quello che qui è stato detto e poi anche da un’anarchia libertaria; ci sono entrambe le tendenze, anche per questo gli Stati Uniti non saranno mai una potenza imperialistica nel senso tradizionale. 89

90 DIBaTTITo Nel profondo delle vene dell’America – se leggiamo quel meraviglioso libro di tanti anni fa di Carlos Williams – nel profondo delle vene dell’America, ci sono gli anarchici, la disobbedienza civile, eccetera; la rete nasce da loro, nasce da una serie di invenzioni. Chi era Gates? Nasce negli scantinati, proprio come «piccolo ma bello»; le invenzioni fondamentali della rete nascono da lì, nascono da una rete informale di inventori, di creativi, proprio nel più perfetto stile americano di frontiera. Adesso però siamo in una fase che il recente libro di Formenti documenta in modo perfetto, amplissimo, siamo in una fase in cui, soprattutto dopo l’11 settembre, l’effetto fondamentale è un ricontrollo durissimo della rete da parte, anche qui, non di potenze anonime, ma del governo americano degli Stati, è un ricontrollo durissimo, attraverso una serie di leggi che andrebbero tutte studiate, analizzate. Quindi, quella fase lì della rete secondo me è finita, si è chiusa. Concludo sulla questione che a me sta più a cuore. Il grande spazio che io dico non è il Grossraum di Schmitt; per le ragioni che ho detto già e ho ripetuto ora, non ha quell’aspetto naturalistico, di carattere etnico e anche un pp’ razziale che aveva nell’idea di Grossraum schmittiano. È un artificio? Certo, l’impero romano è un artificio: più artificio di quello non c’era; l’ebreo e il germanico erano cittadini romani: più artificiale di così! Quella cittadinanza certo che è un artificio. Ma chi è il soggetto di questo artificio? Una volontà politica, una volontà politica che può essere, oggi come oggi, nella situazione attuale di globalizzazione, soltanto l’Unione europea ripensata, una volontà politica che costruisce un artificio, questo grande spazio in cui almeno la potenza statuale sia controbilanciata federalisticamente da gentes, nationes, civitates, e costruisce quest’artificio. Una volontà politica su basi non artificiali; le materie con le quali si costruisce l’artificio sono materie storiche, psicologiche, culturali, gentes, nationes, civitates, anche storia e memoria di Stati. «Costruisco un artificio con materiali non artificiali»: questo è combinare, in qualche modo compromettere il formalismo kelseniano con l’idea di grande spazio, però non è certo il grande spazio naturalisticamente inteso, la norma stabilita sulla base della terra di Schmitt.

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mondo, non potrà più essere quella grande area in grado, non<br />

di fare la guerra agli Stati Uniti, ma di contraddire, cioè di avere<br />

una voce capace di articolare lo spazio globale, perché è evidente<br />

che la vocazione atlantica può essere contrappesata soltanto dalla<br />

presenza <strong>della</strong> terza Roma. È evidente, basta che ci ragioniamo un<br />

momento, basta che pensiamo a quello che abbiamo letto da piccoli,<br />

basta che pensiamo da Dostojevskij a Tolstoj, non ci vuole<br />

tanta fantasia, non ci può esser un grande spazio europeo senza la<br />

Russia e il Mediterraneo. Forse all’epoca di Kojève si poteva pensare<br />

che il latino potesse controbilanciare l’anglosassone; adesso<br />

saremmo degli sciocchi utopisti a pensarlo. Quindi, è un auspicio<br />

che ritengo fondato sulla base di una memoria storica, sulla base<br />

di una minima analisi di ciò che è oggi la <strong>globalizzazione</strong>.<br />

Molte globalizzazioni adesso, oggi? Anche qui, calcoliamo.<br />

Chi sono gli operatori di questi processi? C’è una tendenza oligopolistica<br />

sempre più accentuata alla faccia del «piccolo è bello»;<br />

c’è una tendenza oligopolistica documentata, accertata. Sapete<br />

che la General Motors fattura ogni anno esattamente l’equivalente<br />

del prodotto interno lordo di tutti paesi africani subsahariani?<br />

Sapete che, tra le mille prime economie del mondo, cinquecentouna<br />

sono imprese? Quindi, la <strong>globalizzazione</strong> in atto è quella, la<br />

<strong>globalizzazione</strong> in atto è quella che in questi anni hanno portato<br />

avanti il Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione mondiale<br />

del commercio. Altro che many globalization! Questo è il<br />

fatto. È un destino? No, non credo che sia un destino, per tutte<br />

le cose che anche sul piano giuridico ha detto Irti; perché questa<br />

cosa non può autoregolarsi, né dal punto di vista, come dire, dei<br />

concetti, <strong>della</strong> forma, né dal punto di vista politico. Non può<br />

autoregolarsi e ormai c’è questo felice incontro fra economisti,<br />

giuristi, filosofi, ecc., che, da diversi punti di vista, mettono in<br />

evidenza come l’ideologia dell’autoregolazione, l’ideologia belle<br />

époque, come l’ho chiamata, sia appunto un’ideologia.<br />

La cultura americana, la religio civilis americana è formata da<br />

quello che qui è stato detto e poi anche da un’anarchia libertaria;<br />

ci sono entrambe le tendenze, anche per questo gli Stati Uniti non<br />

saranno mai una potenza imperialistica nel senso tradizionale.<br />

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