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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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NaTaLINo IRTI<br />

getti internazionali, costituiti dalla sempre revocabile volontà degli<br />

Stati, può ben accadere, e in fatto acca de, che gli Stati più forti<br />

detengano il dominio del mondo. L’imperialismo è anch’esso un<br />

riconciliare l’àmbito del potere politico con l’àmbito dell’economia:<br />

rovesciando lo «Stato commerciale chiuso» di Fichte, esso<br />

non restringe scambio e produzione entro il territorio statale, ma<br />

estende il potere statale fi no al massimo punto di espansione degli<br />

affari (di quegli affari, come è ovvio, di cui assume il patrocinio<br />

e la difesa). L’immane imperium ha cura di nobili tarsi sotto lo<br />

schermo d’un vago universalismo giuridico: così le guerre divengono<br />

«interventi umanitari»; e i diritti dell’uomo, diritti del genere<br />

biologico «uomo», occupano il luogo di concrete e specifiche<br />

pretese a beni <strong>della</strong> vita, esercitabili contro soggetti determinati e<br />

tutelabili dinnanzi alle potestà giudi ziarie. L’umanitarismo s’industria<br />

di compensare la smisurata vastità dei mercati, rimedio<br />

consolatorio per la solitudine dell’individuo.<br />

Insomma, dagli Stati si parte ed agli Stati si ritorna; e fuori dalla<br />

logica di essi il mondo non sa ancora trarsi. Non già – è ovvio<br />

– purché gli Stati siano entità a-storiche, definitive e immutabili,<br />

ma perché non si vedono altri soggetti; altre formazioni politicogiuridiche<br />

atte a prenderne il luogo. E così agli Stati si ricorre<br />

per irrogare pene agli autori di crimini (e proprio gli Stati, dominatori<br />

dei mercati globali, rispondono alle crisi finanziarie con<br />

l’inasprimento di sanzioni detentive: prova, se mai necessaria, che<br />

l’economia è inca pace a regolarsi da sé); e ancora gli Stati si invocano<br />

per la disciplina degli «accessi» alla rete telematica, poiché<br />

in altro modo né definibile né tutelabi le è la proprietà intellettuale<br />

(prova, codesta, che il capitalismo, nello scemare o ridurre<br />

la sovranità dello Stato, vulnera il principio costitutivo <strong>della</strong> proprietà,<br />

la esclusività, così distruggendo se stesso).<br />

Questo, diretto o indiretto, ricondursi agli Stati – o alle qualsiasi<br />

forma zioni, che siano capaci di difendere e attuare un sistema<br />

di norme mercé l’esercizio <strong>della</strong> forza –; questo tornare agli<br />

Stati, dicevo, sospinge in piena luce il problema <strong>della</strong> <strong>politica</strong>.<br />

Conosciamo bene la pretesa dell’economia – o, più grezzamente,<br />

degli affari industriali e finanziari – di rivendicare neutralità

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