Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

LE CaTEgoRIE gIuRIDIChE DELLa gLoBaLIzzazIoNE ribasso», ovvero con giungersi mediante trattati e instaurare una disciplina planetaria dell’econo mia. Insomma, o gli affari scelgono il luogo del diritto o gli Stati fissano gli affari ai luoghi del diritto. O l’ordine giuridico del mercato o il mercato degli ordini giuridici. La soluzione dell’alternativa è tutta nella volontà della politica, che o accede alla logica del mercato o si fa disciplinatrice di esso. Il tema costringe a prender posizione su profili di filosofia e teoria gene rale dal diritto. E subito si contrappongono le concezioni dominanti nel secolo ventesimo, legate ai nomi di Carl Schmitt e Hans Kelsen. Discorsi e riflessioni e proposte intorno al mercato globale debbono necessariamente confrontarsi con gli autori, nei quali più acuta è l’indagine sulla categoria filosofico-giuri dica di spazio. A racchiuderne l’antitesi in rapide e scarne parole, può dirsi – come in diversa sede ho provato a distinguere – che in Schmitt lo spazio è fondamento costitutivo del diritto, in Kelsen mera dimensione quantitativa; nell’uno nesso verticale-orizzontale (insieme, radici e luogo), nell’altro arte fatta orizzontalità. Per il grande giurista di Plettemberg, «occupazione e divisione primeva della terra» già costituiscono un concreto ordine del diritto. Nulla è più ne cessario: norme ed altri istituti giuridici procedono da questo fondamento, che tutti li determina e impronta di sé. Il nomos schmittiano non è la nuda lex della tradizione romana, ma principio originario, unica e insostituibile radice dell’ordine giuridico. Lo spazio si solleva, da categoria e forma a priori, capa ce di accogliere e unificare ogni empirica molteplicità, a luogo determinato, denso della più profonda e individua storicità. Quando la tecno-economia, di stendendosi sul globo, sconvolge e abbatte i nómoi della terra, Schmitt ne ten ta l’estremo soccorso con la teoria del Grossraum; ma lo sforzo ingegnoso, du rato fino agli ultimi anni di vita, non riesce a salvezza. Altro è il fondamento primordiale della terra, stretta dai confini in unità e storicità; altro il grande spazio, l’area dominata da imprese di produzione e di scambio. Qui si affaccia irresistibile il carattere di arbitraria artificialità, che contrassegna lo spazio kelseniano. Dove non c’è fondamento, ma semplice posi zione topografica della norma: la quale, destinata com’é a prescrivere com portamenti dell’uomo, non può non 69

70 NaTaLINo IRTI avere una validità temporale e una vali dità spaziale. Il diritto non trae origine da un luogo, non proviene da un evento terrestre; ma vale in uno spazio stabilito dalla volontà normativa. Gli ambiti spaziali di validità sono arbitrari e fungibili: vi regna l’assoluta artifi cialità del volere. Anche la categoria del tempo presenta la stessa diversità di indirizzo. Nella teoria schmittiana del nómos, il tempo del diritto è tutt’uno con la durata del gruppo: fino a che le radici non siano recise, e sconvolta o rovescia ta l’originaria occupazione della terra, l’ordine giuridico permane. Qui la ca tegoria giuridica del tempo coincide con la storicità dell’evento fondativo. I conterranei sono tali perché hanno una memoria comune. La forma del di ritto è spazio-temporale, o, meglio, storica e localizzata. Nella concezione di Kelsen – e, aggiungerei, in una qualsiasi dottrina dell’artificialità normativa –, il tempo indica soltanto una modalità cronologica di validità: arbitraria sostituibile modificabile al pari della modalità topografica. E, come non si danno giuridicamente conterranei, ma semplici destinatari della norma; e come lo spazio viene ridotto ad àmbito applicativo: così il tempo è conse gnato alla determinazione del legislatore. È un tempo astratto (a dirla con Gerhart Husserl), che d’ordinario riguarda e anticipa il futuro, ma che anche può rivolgersi al passato (è il caso delle norme retroattive), qualificando e valutando fatti già accaduti. Non c’è alcun vincolo, né di luoghi né di gruppi né di comune memoria: il tempo si muta in categoria artificiale, manovrabile dalla volontà umana. Alla rammemorante terrestrità del nómos subentra l’effimera discontinuità, la nichilistica provvisorietà, della volontà normativa. La forma spazio-temporale è risolta, o dissolta, in mero contenu to di proposizioni giuridiche. La fatticità non parla dell’orecchio di Kelsen, che, riducendo o degradando spazio e tempo a campi di vigenza normativa, obbedisce a quella stessa razionalità tecnica, la quale regge la moderna eco nomia di mercato. Max Weber indica la razionalità giuridica e la semplificazione concettuale del diritto privato tra gli elementi fondativi del capitalismo.

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NaTaLINo IRTI<br />

avere una validità temporale e una vali dità spaziale. Il diritto non<br />

trae origine da un luogo, non proviene da un evento terrestre; ma<br />

vale in uno spazio stabilito dalla volontà normativa. Gli ambiti<br />

spaziali di validità sono arbitrari e fungibili: vi regna l’assoluta<br />

artifi cialità del volere.<br />

Anche la categoria del tempo presenta la stessa diversità di indirizzo.<br />

Nella teoria schmittiana del nómos, il tempo del diritto è<br />

tutt’uno con la durata del gruppo: fino a che le radici non siano recise,<br />

e sconvolta o rovescia ta l’originaria occupazione <strong>della</strong> terra,<br />

l’ordine giuridico permane. Qui la ca tegoria giuridica del tempo<br />

coincide con la storicità dell’evento fondativo. I conterranei sono<br />

tali perché hanno una memoria comune. La forma del di ritto è spazio-temporale,<br />

o, meglio, storica e localizzata. Nella concezione di<br />

Kelsen – e, aggiungerei, in una qualsiasi dottrina dell’artificialità<br />

normativa –, il tempo indica soltanto una modalità cronologica di<br />

validità: arbitraria sostituibile modificabile al pari <strong>della</strong> modalità<br />

topografica. E, come non si danno giuridicamente conterranei, ma<br />

semplici destinatari <strong>della</strong> norma; e come lo spazio viene ridotto<br />

ad àmbito applicativo: così il tempo è conse gnato alla determinazione<br />

del legislatore. È un tempo astratto (a dirla con Gerhart<br />

Husserl), che d’ordinario riguarda e anticipa il futuro, ma che anche<br />

può rivolgersi al passato (è il caso delle norme retroattive),<br />

qualificando e valutando fatti già accaduti. Non c’è alcun vincolo,<br />

né di luoghi né di gruppi né di comune memoria: il tempo si<br />

muta in categoria artificiale, manovrabile dalla volontà umana.<br />

Alla rammemorante terrestrità del nómos subentra l’effimera discontinuità,<br />

la nichilistica provvisorietà, <strong>della</strong> volontà normativa.<br />

La forma spazio-temporale è risolta, o dissolta, in mero contenu to<br />

di proposizioni giuridiche. La fatticità non parla dell’orecchio di<br />

Kelsen, che, riducendo o degradando spazio e tempo a campi di<br />

vigenza normativa, obbedisce a quella stessa razionalità tecnica, la<br />

quale regge la moderna eco nomia di mercato. Max Weber indica<br />

la razionalità giuridica e la semplificazione concettuale del diritto<br />

privato tra gli elementi fondativi del capitalismo.

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