Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

L’EPoCa DELLa gLoBaLIzzazIoNE politico volto a definire nuove e più alte forme di cittadinanza e solidarietà al di là del contesto nazionale. Esattamente l’opposto di ciò che avviene: le resistenze conservatrici (assolutamente trasversali) all’unione politica europea trovano costante alimento nella constatazione della dissimmetria tra Costituzioni nazionali, che impongono criteri ridistributivi a una visione universalistica dell’obbligo per lo Stato di garantire positivamente il godimento di determinati diritti, e i principi ispiratori dei Trattati, assolutamente formali a questo proposito (vaghissimi princìpi di «coesione», di sviluppo «equilibrato e sostenibile», ecc.). La filosofia dei Trattati è essenzialmente «ferma» a quella liberale classica, alla garanzia di giustizia e sicurezza per l’individuo di fronte allo Stato. Manca qualsiasi formulazione positiva di una cittadinanza sociale europea. Non si definiscono i tratti positivi della relazione tra il cittadino e l’Unione, del vincolo tra i cittadini e l’Unione a prescindere dalla loro nazionalità e residenza 46 . I cittadini europei non partecipano direttamente ad alcuna decisione dell’Unione. E non formano perciò una società (a differenza che in tutti i paesi federali, dove sussiste relazione diretta tra i cittadini dei singoli Stati e il governo centrale). Ma senza una società europea non c’è unione politica. E tale società può essere costruita soltanto dimostrando che a livello comunitario è possibile arricchire, approfondire, implementare i diritti di cittadinanza. Qui ritorna prepotentemente la «metafora romana». Poiché la costruzione di un duplice livello di cittadinanza, in cui quello più «universale» non elimina le specificità nazionali, ma incrementa e più efficacemente tutela i diritti che in esse sono maturati, è «romana» nella sua essenza 47 . Una cittadinanza europea che non richiede un Popolo europeo, una Nazione europea, ma una società come federazione di popoli e nazioni, è idea romana. Una 46 Questi problemi sono stati indicati con grande lucidità da A. López Pina in un importante saggio, «La Ciudadanía: presupuesto de una republica europea», Civitas europea, Nancy, n. 4/2000, 47 Sulla dibattutissima questione della cittadinanza romana, cfr. il punto che ne fa M. Bretone nella sua bella Storia del diritto romano, Bari, 1987. 57

58 MaSSIMo CaCCIaRI cittadinanza estranea ad ogni pregiudizio etnico-razziale, fondata sulla concordia politica, e un’idea di concordia che non considera il conflitto come distruttivo, ma che proprio dal conflitto si rigenera e rinnova, sono energie costituenti l’unione politica europea che solo dalla memoria della «radice romana» possono venire. Senza una tale «identità» europea, con un’Europa dove la sovranità popolare non si esercita, di fatto, su scala continentale, dove nationes, civitates, gentes sono ancora «prigioniere» degli«Stati nazionali» – con un’Europa incapace di rappresentare la propria comunità plurale, ridotta alla sua dimensione tecnicoeconomica (l’unità economica, sia chiaro, rimane conditio sine qua non) e ad una sola delle sue dimensioni geo-politiche (quella atlantica), sarà impossibile equilibrare le tendenze fisiologiche della politica «imperiale» americane, il suo secolare indirizzo «monologante» e pensare la costruzione di un ordine globale fondato su quella «legge delle pluralità» che Hannah Arendt diceva (o sperava?) essere la legge della Terra.

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MaSSIMo CaCCIaRI<br />

cittadinanza estranea ad ogni pregiudizio etnico-razziale, fondata<br />

sulla concordia <strong>politica</strong>, e un’idea di concordia che non considera<br />

il conflitto come distruttivo, ma che proprio dal conflitto si rigenera<br />

e rinnova, sono energie costituenti l’unione <strong>politica</strong> europea<br />

che solo dalla memoria <strong>della</strong> «radice romana» possono venire.<br />

Senza una tale «identità» europea, con un’Europa dove la<br />

sovranità popolare non si esercita, di fatto, su scala continentale,<br />

dove nationes, civitates, gentes sono ancora «prigioniere»<br />

degli«Stati nazionali» – con un’Europa incapace di rappresentare<br />

la propria comunità plurale, ridotta alla sua dimensione tecnicoeconomica<br />

(l’unità economica, sia chiaro, rimane conditio sine<br />

qua non) e ad una sola delle sue dimensioni geo-politiche (quella<br />

atlantica), sarà impossibile equilibrare le tendenze fisiologiche<br />

<strong>della</strong> <strong>politica</strong> «imperiale» americane, il suo secolare indirizzo<br />

«monologante» e pensare la costruzione di un ordine globale fondato<br />

su quella «legge delle pluralità» che Hannah Arendt diceva<br />

(o sperava?) essere la legge <strong>della</strong> Terra.

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