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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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L’EPoCa DELLa gLoBaLIzzazIoNE<br />

arabi moderati. Poiché questo è con tutta evidenza il vero, prioritario<br />

obiettivo del nuovo terrorismo: mettere in crisi questi regimi,<br />

sostituirne le leadership politiche, controllare le grandi risorse di<br />

materie prime fondamentali per la stessa sopravvivenza delle economie<br />

occidentali di cui quei paesi dispongono. E non vi è dubbio<br />

che la strategia <strong>politica</strong> americana, pressoché passivamente seguita<br />

dall’Europa, nulla abbia fatto per impedire un tale esito – nulla<br />

abbia fatto nemmeno per comprenderne la possibilità.<br />

Ritorniamo così al problema generale che nel mio saggio intendevo<br />

«metaforicamente» evidenziare: è possibile svolgere una<br />

«<strong>politica</strong> imperiale» in assenza così clamorosa di una comprensione<br />

«dall’interno» degli attori in gioco, del discorso di ciascuno,<br />

<strong>della</strong> «onda lunga» delle tradizioni culturali e religiose? Certamente<br />

no. E d’altronde, la giusta comprensione di questi fattori<br />

non conduce ad una visione opposta ad ogni «<strong>politica</strong> imperiale»?<br />

La necessità di operare per differenze, per distinzioni, rifiutando<br />

semplificazioni e immagini univoche, anche degli avversari,<br />

conduce, io credo, logicamente ad una <strong>politica</strong> e ad un diritto internazionale<br />

costruiti su quella idea di grandi spazi e identità culturali<br />

federati tra loro nel riconoscimento pieno <strong>della</strong> autonomia<br />

di ciascuno. Se l’Occidente non si muoverà in questa prospettiva,<br />

temo finirà ancora una volta col dar ragione alla «tremenda»<br />

battuta di Musil: «Il mondo europeo l’ha creato il diavolo e Dio<br />

vuole che il suo concorrente mostri di che cosa è capace».<br />

Ancora sull’idea di impero<br />

1. Che il segno dominante dell’epoca che si è «rivelata» con<br />

la Seconda guerra mondiale e definitivamente «confermata» con<br />

il crollo dell’Urss (assai più che con l’«egemonia» americana) sia<br />

contraddistinto dalla crisi <strong>della</strong> sovranità territorialmente determinata,<br />

pare difficilmente dubitabile. Crisi non significa fine<br />

– e nessuno può dire quanto a lungo essa «resisterà». Tantomeno è<br />

oggi prevedibile quale forma <strong>politica</strong> succederà alla grande figura<br />

«barocca» dello Stato moderno – probabilmente nessuna Forma<br />

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