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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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DIBaTTITo<br />

tiva, sia pure sempre allusivamente, di una ‘sostanza’ intrinseca<br />

ad ogni <strong>realtà</strong> di cui possiamo avere esperienza e conoscenza, e<br />

a suo fondamento. Nel caso contrario, qualsiasi punto di vista,<br />

qualunque prospettiva non potrebbero ridursi che ad espressioni<br />

vuote di significato, quindi insensate: in un ‘mondo’ così dato – e<br />

sempre che questa parola potesse per assurdo ancora significare<br />

qualcosa – non vi sarebbero che individui impossibilitati a comunicare<br />

tra loro e tuttavia intenti a parlare di ciò di cui appunto<br />

non possono dirsi alcunché: insomma, non più che di sogni, quando<br />

non di vere allucinazioni. Non per nulla, solo ammettendo la<br />

<strong>realtà</strong> delle cose di cui possiamo fare esperienza, nonostante la<br />

diversità dei punti di vista, delle prospettive che su esse possiamo<br />

avere ed abbiamo, dei modi cioè di avvicinarle, solo in tal caso la<br />

nostra aspirazione a vivere regolandoci in base a valori direttivi,<br />

tra cui, e per primi, appunto quelli -teoretici- <strong>della</strong> verità e quelli<br />

– pratici – <strong>della</strong> giustizia, può riuscire metafisicamente, ontologicamente<br />

sensata. Diversamente, non si darebbero alternative al<br />

davvero conclusivo giudizio di radicale insensatezza di qualsivoglia<br />

ideologia o filosofia, di qualsivoglia ‘visione del mondo’. Così<br />

da poter dire anche, forse più incisivamente, che soltanto se un<br />

fondamento ontologico <strong>della</strong> <strong>realtà</strong> esiste per davvero, cui poter<br />

ancorare giudizi e valori, e dunque non solo come presupposto<br />

meramente ipotetico o esigenziale, ma invece ben effettivo, anche<br />

se non pienamente attingibile dalla ragione dialettica, in particolare<br />

metafisica ed ontologica, solo cioè se la <strong>realtà</strong> di cui facciamo<br />

esperienza e maturiamo conoscenza non è autoreferenziale, le nostre<br />

aspirazioni ed i nostri discorsi intorno ad essa ed ai suoi valori<br />

– tra cui, e per primi, quelli di verità, nell’ordine conoscitivo, e<br />

di giustizia, nell’ordine pratico – potranno venir detti ragionevoli,<br />

sensati, tanto nel senso più comune e quotidiano del loro uso,<br />

quanto in uno più specificamante ontologico e metafisico. Nel<br />

caso contrario invece, non potremmo evidentemente sfuggire alla<br />

finale, radicale conclusione d’insensatezza di qualsiasi visione del<br />

mondo e dunque anche <strong>della</strong> corrispondente filosofia, dovendone<br />

concludere che tutti i nostri discorsi sulla <strong>realtà</strong> e sui suoi valori,<br />

su noi stessi, non sono alfine che ‘proiezioni’ di sentimenti, di pre-

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