Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

estig.ipbeja.pt
from estig.ipbeja.pt More from this publisher
03.06.2013 Views

DIBaTTITo 389 comune base ontologica cui riferirsi, e cui in ultima istanza riportare ogni interpretazione e giudizio. Dinanzi al problema di giustificare ‘in radice’ qualsivoglia convenzione in tema di significati e/o valori, tutto quanto fin qui osservato attesta l’impossibilità di evitare, in rapporto agli oggetti o eventi via, via assunti, il riferimento ad una specie di DNA onto-assiologico di essi costitutivo; senza del quale ogni attribuzione di significati e/o valori rischierebbe di riuscire del tutto postulatoria, arbitraria, e insomma in nessun modo e senso oggettivamente significativa, ma piuttosto ‘piegata’ ai sensi ed ai significati di volta in volta dall’interprete scelti; quegli, così, assurgerebbe allora a vero ed esclusivo artefice di ogni realtà e verità; e tanto dovrebbe bastare a dar conto della costitutiva, ontologica esigenza, sottesa alla nostra facoltà del giudizio, di una base oggettiva di riferimento, come tale dunque non piegabile, né modificabile a nostro arbitrio; diversamente, le conoscenze che possiamo avere ed abbiamo, del mondo e di noi stessi, sarebbero tutte riducibili a nient’altro che ad una questione di preferenze, di ‘gusti’, e insomma sempre e comunque di ‘punti di vista’! Se dunque non abbiamo da destinare tutti i valori e significati alla pratica insignificanza – così però destinandovi anche noi stessi, in qualche modo!–, non c’è che da trarre tutte le conseguenze dalla segnalata necessità razionale di un fondamento davvero sostanziale, nel senso metafisico di quest’aggettivo, dell’istanza etica in tutte le varianti di significato e valore: quelle e queste in definitiva giustificabili, stando appunto alla metafisica classica, non altrimenti che prendendo atto degli status ontologici delle realtà volta a volta considerate e cui riferirli; ovverosia mediante un atto di riconoscimento della loro costitutiva ‘sostanzialità’. Con altre e fors’anche più chiare parole, insomma, se una realtà è davvero data ‘in sé’, e dunque come davvero oggettiva, allora, almeno nel suo principio, una base certa di riferimento per i diversi punti di vista e i corrispondenti giudizi è data, indipendentemente dalle differenziazioni e variazioni dei suoi significati ad opera dell’interprete di turno. Tale, almeno, pare l’irrinunciabile condizione previa di ogni sistema e giudizio etico, e dunque,

390 DIBaTTITo in tal senso, dell ‘idea stessa del dovere e del diritto, del premio e della sanzione. Ciò chiarito, se ora c’interroghiamo circa il valore oggettivamente cognitivo, di verità, dei cosiddetti ‘diritti dell’uomo’, cioè sul loro fondamento di ragione in vista di un’ideale esigenza del ‘bene comune’ universalmente partecipabile, condivisibile, uno sguardo al ‘vangelo’ dell’utilitarismo potrebbe, a contrario, qui riuscir d’aiuto; e intendo con questo riferirmi più precisamente, sulla linea della filosofia contrattualistica, alla soluzione suggerita dal principio della libera negoziazione, del libero scambio in rapporto a qualsivoglia oggetto o aspetto della vita umana; all’estensione, insomma, della logica del libero mercato – se non proprio del ‘supermercato’ –, come tale sempre potenzialmente riduttiva dell’uomo ad un mero ‘nodo’ di sensazioni ed impulsi da soddisfare, senza senso né fine al di fuori di quelli empiricamente dati e constatabili. Prima e non trascurabile conseguenza di siffatto riduttivismo sarebbe, sempre che potessimo assumerlo a criterio direttivo basilare e onnicomprensivo di condotta, l’impossibilità teoreticamente giustificata di assegnare qualunque condizione o limite alla logica della contrattazione, o del ‘mercato’, il cui successo verrebbe quindi a determinarsi, e ben conclusivamente, sulla base degli interessi in gioco, più o meno forti, e non certo soltanto di quelli economici o politici in senso stretto. Tale logica – non scritta, e tuttavia di valenza quasi giusnaturalistica – potrà naturalmente venire ricoperta e occultata con ‘panni’ anche molto eleganti, come per esempio quelli di un consenso esibito come democratico; tuttavia sappiamo anche come il criterio democratico di governo, per quanto preferibile ai fini soprattutto della pace sociale, ovverosia di una società bene ordinata – anche se solo in un senso soprattutto ‘statistico’ di rilevazione dei comportamenti – in nessun caso può garantire le scelte davvero migliori: come argutamente Winston Churchill ebbe a rispondere, all’indomani dell’ultima guerra mondiale, ad un giornalista che gli aveva chiesto cosa ne pensasse della forma democratica di governo, essa certamente è... pessima, ma purtroppo non ve ne sono disponibili altre con cui

DIBaTTITo<br />

389<br />

comune base ontologica cui riferirsi, e cui in ultima istanza riportare<br />

ogni interpretazione e giudizio.<br />

Dinanzi al problema di giustificare ‘in radice’ qualsivoglia<br />

convenzione in tema di significati e/o valori, tutto quanto fin<br />

qui osservato attesta l’impossibilità di evitare, in rapporto agli<br />

oggetti o eventi via, via assunti, il riferimento ad una specie di<br />

DNA onto-assiologico di essi costitutivo; senza del quale ogni<br />

attribuzione di significati e/o valori rischierebbe di riuscire del<br />

tutto postulatoria, arbitraria, e insomma in nessun modo e senso<br />

oggettivamente significativa, ma piuttosto ‘piegata’ ai sensi ed<br />

ai significati di volta in volta dall’interprete scelti; quegli, così,<br />

assurgerebbe allora a vero ed esclusivo artefice di ogni <strong>realtà</strong> e<br />

verità; e tanto dovrebbe bastare a dar conto <strong>della</strong> costitutiva, ontologica<br />

esigenza, sottesa alla nostra facoltà del giudizio, di una<br />

base oggettiva di riferimento, come tale dunque non piegabile, né<br />

modificabile a nostro arbitrio; diversamente, le conoscenze che<br />

possiamo avere ed abbiamo, del mondo e di noi stessi, sarebbero<br />

tutte riducibili a nient’altro che ad una questione di preferenze,<br />

di ‘gusti’, e insomma sempre e comunque di ‘punti di vista’! Se<br />

dunque non abbiamo da destinare tutti i valori e significati alla<br />

pratica insignificanza – così però destinandovi anche noi stessi, in<br />

qualche modo!–, non c’è che da trarre tutte le conseguenze dalla<br />

segnalata necessità razionale di un fondamento davvero sostanziale,<br />

nel senso metafisico di quest’aggettivo, dell’istanza etica in<br />

tutte le varianti di significato e valore: quelle e queste in definitiva<br />

giustificabili, stando appunto alla metafisica classica, non altrimenti<br />

che prendendo atto degli status ontologici delle <strong>realtà</strong> volta<br />

a volta considerate e cui riferirli; ovverosia mediante un atto di<br />

riconoscimento <strong>della</strong> loro costitutiva ‘sostanzialità’.<br />

Con altre e fors’anche più chiare parole, insomma, se una<br />

<strong>realtà</strong> è davvero data ‘in sé’, e dunque come davvero oggettiva,<br />

allora, almeno nel suo principio, una base certa di riferimento per<br />

i diversi punti di vista e i corrispondenti giudizi è data, indipendentemente<br />

dalle differenziazioni e variazioni dei suoi significati<br />

ad opera dell’interprete di turno. Tale, almeno, pare l’irrinunciabile<br />

condizione previa di ogni sistema e giudizio etico, e dunque,

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!