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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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DIBaTTITo<br />

e persino insensato far problema di un’affidabile oggettività di<br />

qualunque nostra asserzione cognitiva, in specie se di tipo ontologico<br />

o metafisico. Troppo facilmente, infatti, qualunque pretesa<br />

in tal senso potrebbe venir fatta apparire financo presuntuosa,<br />

se non proprio interessata, e magari ideologicamente viziata! Di<br />

conseguenza, la scelta fra differenti prospettive assiologiche, non<br />

più giustificabile come allora sarebbe in base a verità date per oggettive,<br />

non potrebbe più essenzialmente dipendere che dalle rappresentazioni<br />

dei fenomeni naturali ed umani in conformità degli<br />

interessi -peraltro neppur sempre dichiarati, né sempre confessabili-<br />

di chi a quelle scelte è preposto. In ogni caso, e indipendentemente<br />

dalle specifiche loro peculiarità, ancor più dei significati<br />

sono più in generale i valori a denotare, in ragione del loro ruolo<br />

direttivo <strong>della</strong> via pratica, e in modo del tutto evidente all’esperienza<br />

empirica, una costante, incoercibile ‘eccedenza’ rispetto a<br />

qualsiasi loro determinazione concreta, od enunciazione di principio:<br />

il che appunto ben indicativamente lo possiamo constatare<br />

riguardo alla giustizia, i cui valori, per quanto sempre storici, al<br />

pari di ogni altro valore o significato, condizionati come sempre<br />

sono dalle temperie culturali e politiche entro cui vengono a prodursi,<br />

mai però potrebbero venire in esse risolti per intero, ridotti<br />

a mera ‘proiezione’ di certi fatti o eventi. Né dunque alcun ordine<br />

politico e giuridico, per quanto ben riuscito e giusto, potrebbe<br />

credibilmente, sensatamente autoproclamarsi quale irreformabile,<br />

definitivo inveramento dei valori da esso rappresentati.<br />

Diviene allora inevitabile chiedersi se una legittimazione dei<br />

valori, e in particolare di quelli rappresentabili nell’idealità <strong>della</strong><br />

giustizia, sarebbe o meno suscettibile di appagarsi di un fondamento<br />

meramente convenzionale, stipulativo; e la sola ragionevole<br />

risposta sembra qui nel senso di dire che, pur naturalmente<br />

riconoscendo l’inevitabilità, e ancor più la necessità, di un’attiva<br />

partecipazione ‘interpretante’ da parte del soggetto, nonché di un<br />

certo accordo di base tra gli stessi interpreti, senza del che non si<br />

darebbero, né asserzioni, né pratiche applicazioni di alcun valore,<br />

tuttavia nessuna interpretazione sarebbe neppur prospettabile<br />

senza un previo e quanto meno implicito riconoscimento di una

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