Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

DIBaTTITo 379 rallele, che ha rappresentato De Sanctis, in sostanza non fa che ribadire e rafforzare la difficoltà del passaggio dai diritti umani ai diritti fondamentali. Ora, secondo me, quello che manca nella vicenda così come elegantemente raccontata dai due nostri oratori di oggi, è l’aspetto per così dire epistemico della vicenda che hanno raccontato. Intendo dire: quali sono i diritti umani che hanno qualche reale speranza di poter essere istituzionalizzati e perché noi dovremmo volere che quei diritti siano istituzionalizzati? Per essere meno vago, faccio qualche esempio. Come voi sapete, le ONG internazionali mandano ogni giorno a chi si occupa dei diritti umani, tra cui anch’io, liste di diritti umani non implementati, non attuati, violati. Quali sono quelli in cui la nostra indignazione cresce a tal punto che pretenderemo che fossero applicate? Ad esempio, c’è il diritto alle ferie pagate; beh, nessuno di noi farebbe una rivoluzione per far valere ed istituzionalizzare necessariamente il diritto alle ferie pagate. Ma persino i diritti delle donne, che sono una cosa molto più importante, creano un problema del genere, perché se rispetto al genocidio del Ruanda noi ci indigniamo e sentiamo la violazione fortissima dei diritti umani, che non siamo disposti a tollerare, come avviene anche in Bosnia, non si può dire che il fatto che le donne non votino, per esempio, come in Svizzera fino a pochi anni fa, suscita un moto di ribellione pari. Allora, secondo me, la difficoltà di istituzionalizzare i diritti umani o i prediritti per farli diventare diritti, dipende pure dal fatto che non tutti i diritti sono uguali. C’è un problema cognitivo, epistemico, intellettuale, filosofico, chiamatelo come volete, per determinare quali diritti sono veramente importanti per tutti noi; quali sono trasferibili nelle altre culture o quali dovrebbero essere trasferiti nelle altre culture; quali addirittura dovrebbero essere trasferiti nelle altre culture anche se queste culture non vogliono. L’infibulazione, per esempio, per noi è orribile o almeno per la maggior parte di noi; la maggior parte di noi vorrebbe che le altre culture non accettassero questo fatto che per noi è orribile. Ora ci sono molte narrative di donne appartenenti alle altre culture le quali sostengono che l’infibulazione non solo è positiva, ma è la condizione necessaria del loro piacere sessuale,

380 DIBaTTITo per esempio; per cui non subire infibulazione per loro equivale a dirsi essere estranee alla comunità e come tale non godere di tutti gli aspetti vitali della comunità, compreso il sesso. Le cose, quindi, sono molto complicate; c’è un problema filosofico a monte di tutta questa discussione che a mio avviso è necessario chiarire per discutere il tema. Io vedo due strade principali per trattare un problema del genere; una è la strada per cui il pensatore, il filosofo fa uno sforzo, per così dire, a monte della vicenda per determinare la pensabilità del mondo, non l’attuazione diretta di quali diritti siano davvero umani e fondamentali. L’altra via invece è quella deliberativa, nel senso che è impossibile determinare in modo puramente intellettualistico questa lista, mentre soltanto la fatticità può determinare la lista effettiva dei diritti. Su questa dicotomia si schiera oggi l’intelligenza filosofica dei diritti umani; ci sono due possibilità o una lista a monte, giustificata razionalmente, o una lista a valle, determinata dalla deliberazione, oppure c’è la visione postmoderna che ci dice che le due vie sono entrambe impossibili e forse ha pure ragione. Giulio M. Chiodi Ho chiesto la parola con un pò di perplessità, perché mi vengono certi automatismi sentendo parlare di problematiche così grosse. Le suggestioni sono forti e mi richiamano una serie di problemi che mi ero posto in varie occasioni; quello centrale è proprio legato al modello normativo. Io ho un atteggiamento nei confronti dei modelli normativi molto duplice, cioè tendenzialmente li considero ingenui, ma una ingenuità con doppio significato. Ingenuo nel senso buono, diciamo, del termine, perché contengono una forte volontà di trovare soluzioni, soluzioni morali, soluzioni razionali, soluzioni ordinate; quindi partono da un senso di recupero di valori comuni e di regole di convivenza. Però, dall’altra parte, ingenuità perché mi aprono un’infinità di problemi (in parte sono stati sottolineati dalla controrelazione del professor De Sanctis) che non sono di facile soluzione e senza

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rallele, che ha rappresentato De Sanctis, in sostanza non fa che<br />

ribadire e rafforzare la difficoltà del passaggio dai diritti umani<br />

ai diritti fondamentali. Ora, secondo me, quello che manca nella<br />

vicenda così come elegantemente raccontata dai due nostri oratori<br />

di oggi, è l’aspetto per così dire epistemico <strong>della</strong> vicenda che<br />

hanno raccontato. Intendo dire: quali sono i diritti umani che<br />

hanno qualche reale speranza di poter essere istituzionalizzati e<br />

perché noi dovremmo volere che quei diritti siano istituzionalizzati?<br />

Per essere meno vago, faccio qualche esempio. Come voi<br />

sapete, le ONG internazionali mandano ogni giorno a chi si occupa<br />

dei diritti umani, tra cui anch’io, liste di diritti umani non<br />

implementati, non attuati, violati. Quali sono quelli in cui la nostra<br />

indignazione cresce a tal punto che pretenderemo che fossero<br />

applicate? Ad esempio, c’è il diritto alle ferie pagate; beh, nessuno<br />

di noi farebbe una rivoluzione per far valere ed istituzionalizzare<br />

necessariamente il diritto alle ferie pagate. Ma persino i diritti<br />

delle donne, che sono una cosa molto più importante, creano un<br />

problema del genere, perché se rispetto al genocidio del Ruanda<br />

noi ci indigniamo e sentiamo la violazione fortissima dei diritti<br />

umani, che non siamo disposti a tollerare, come avviene anche in<br />

Bosnia, non si può dire che il fatto che le donne non votino, per<br />

esempio, come in Svizzera fino a pochi anni fa, suscita un moto di<br />

ribellione pari. Allora, secondo me, la difficoltà di istituzionalizzare<br />

i diritti umani o i prediritti per farli diventare diritti, dipende<br />

pure dal fatto che non tutti i diritti sono uguali. C’è un problema<br />

cognitivo, epistemico, intellettuale, filosofico, chiamatelo come<br />

volete, per determinare quali diritti sono veramente importanti<br />

per tutti noi; quali sono trasferibili nelle altre culture o quali<br />

dovrebbero essere trasferiti nelle altre culture; quali addirittura<br />

dovrebbero essere trasferiti nelle altre culture anche se queste culture<br />

non vogliono. L’infibulazione, per esempio, per noi è orribile<br />

o almeno per la maggior parte di noi; la maggior parte di noi<br />

vorrebbe che le altre culture non accettassero questo fatto che per<br />

noi è orribile. Ora ci sono molte narrative di donne appartenenti<br />

alle altre culture le quali sostengono che l’infibulazione non solo<br />

è positiva, ma è la condizione necessaria del loro piacere sessuale,

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