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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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DIBaTTITo<br />

ritas, nel senso più originario del termine, capace, cioè, di incrementare<br />

l’azione o la posizione, resta la convinzione fondamentale<br />

di ogni costituzionalismo. Ciò nonostante, diventa necessario<br />

poi pensare quale istituzione, come giustamente ci ha ricordato<br />

La Torre, sia in grado di garantirne l’effettività. La positività,<br />

la s’intenda come punto di partenza dell’ordinamento o come<br />

punto di arrivo di un’ermeneutica che lascia aperto il sistema,<br />

e la coercizione restano condizioni ineliminabili per la garanzia<br />

effettiva di qualsivoglia diritto. Qual è allora il tipo di istituzione<br />

appropriata alla <strong>globalizzazione</strong>, in vista <strong>della</strong> effettiva protezione<br />

dei diritti dell’uomo, in presenza di una statualità esautorata?<br />

Questo è un pò il tema intorno a cui tutti quanti esprimono<br />

consenso. Anche Massimo La Torre non mi sembra ottimista,<br />

nei confronti del diritto internazionale, né, pur auspicandone gli<br />

effetti, nei confronti del diritto cosmopolitico come tertium genus<br />

kantiano. Il pluralismo giuridico <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong>, così come<br />

ben descritto in Italia da Ferrarese e Grossi (di cui in particolare<br />

mi riferisco ad una conferenza lincea non ancora pubblicata), se<br />

certamente espropria allo Stato una grossa fetta di sovranità e di<br />

produzione giuridica, rendendo così il diritto più plasmabile da<br />

parte degli operatori e fruitori in funzione del mercato globale,<br />

non rassicura affatto sulla effettiva garanzia dei diritti umani, per<br />

la cui protezione, qui riassumo e cito Maria Rosaria Ferrarese, al<br />

diritto delle possibilità, affidato alla logica privatistica del contratto,<br />

deve affiancarsi o contrapporsi un diritto <strong>della</strong> necessità,<br />

che si rifaccia ad un ordine globale necessario, «ordine – scrive la<br />

Ferrarese – che può essere imposto dall’esterno anche tramite la<br />

coercizione, per la tutela di un bene superiore: imperativi umani<br />

e umanitari, tutela dell’ambiente, esigenza di preservare le risorse<br />

naturali». Pur condividendo la neutralità descrittiva dell’analisi,<br />

credo sia anche necessario interrogarsi su chi o che cosa presenta<br />

tale ordine e chi o che cosa, rispetto a questo, rappresenta<br />

il disordine da disciplinare. Per concludere, nella formula diritti<br />

umani è implicito da sempre, o meglio, da quando ha senso o<br />

si è reso possibile parlare dell’uomo in astratto, un riferimento<br />

universale. E’ una preoccupazione universale, dunque, quella che<br />

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