Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

estig.ipbeja.pt
from estig.ipbeja.pt More from this publisher
03.06.2013 Views

DIBaTTITo istituzionali effettivamente fruibili è il presupposto empirico necessario ad ogni discorso razionale sui diritti umani. Da questo punto di vista condivido Rorty che richiama con efficacia il ruolo primario della sicurezza per la formazione di una cultura dei diritti umani. “Per sicurezza – egli scrive – intendo condizioni di vita abbastanza immuni da rischi, tali da rendere la differenza dagli altri inessenziale per il rispetto di sé e per il senso del proprio valore in quanto persona. Queste sono le condizioni di vita di cui gli americani e gli europei – scrive ancora Rorty – ovvero i popoli che hanno dato vita al sogno di una cultura dei diritti umani, hanno potuto usufruire, molto più di qualsiasi altra popolazione al mondo”. Come si può constatare, resto troppo legato all’antropologia pessimista del moderno per poter condividere il punto di vista di un’etica basata sul discorso razionale, che presupponga il pacifico riconoscimento all’altro di una parità dialogica in grado di dare fondamento alla sfera dei diritti e del diritto. Ma il punto più delicato da discutere, punto dove meno ci soccorrono forse i testi e la loro Wirkungsgeschichte, è quello relativo all’inserimento della problematica dei diritti umani nella globalizzazione. La Torre affronta il tema in maniera sistematicamente coerente rispetto alle premesse costruttivistiche relative alla fondazione razionale dei diritti, con la piena coscienza, però, della problematicità di ogni possibile esito globalista dell’universalità dei diritti dell’uomo. Lo spazio per i diritti fondamentali non si dilata, si complica e al suo interno la necessaria prestazione istituzionale che li possa garantire subisce un processo di indeterminazione. La domanda che vorrei riproporre, tuttavia, mi sembra essere: la globalizzazione continua o meno la modernità? E se non la continua, come sono esportabili nel suo ambito elementi tanto caratteristici della modernità, da poterli considerare ad essa essenziali? Ora mi sembra che i diritti umani, sia a livello di elaborazione teorica, sia ancor più a livello di progressiva positivizzazione, sono prodotti tipici della modernità, intesa sia come luogo storico, sia come luogo geografico di irradiazione. Per la modernità, l’ordine al cui interno si rende possibile la vita dell’uomo, è il prodotto di un artificio che è essenzialmente 371

372 DIBaTTITo un meccanismo di regolazione e interazione di diritti, per mezzo del quale si determina il potere di organizzare la vita politica. Non è più l’arte di governare comunità già da sempre dotate di un proprium istituzionale in senso romaniano, bensì è la tecnica di gestione di un potere, che individua e costituisce, in primis giuridicamente, l’oggetto del suo esercizio. Il diritto fondamentale del sovrano è produrre, attraverso la legge, diritto positivo, nell’ambito del quale, esclusivamente, possono farsi valere come fondamentali, determinati diritti dell’uomo. La condizione al cui interno ciò è reso possibile, da Machiavelli in poi, si chiama Stato. La modernità, dal punto di vista istituzionale, può essere compresa come una strettissima coniugazione, anche conflittuale, tra diritti di sovranità e diritti di cittadinanza, tra diritti pubblici e diritti privati, dove quelli che progressivamente appaiono come diritti strappati al sovrano, possono anche essere intesi come neutralizzazione sovrana di conflitti interni. Liberalismo, democratismo e socialismo, sono i motori ideologici di conflitti che, nella misura in cui minacciano l’ordine, vengono neutralizzati attraverso diritti considerati fondamentali, proprio perché riassestano il disciplinamento sociale e rafforzano l’ordine, rendendolo più elastico, con quote crescenti di compiti e poteri, da un lato, e di consenso e partecipazione, dall’altro. I diritti civili, i diritti politici e i diritti sociali non stanno in piedi da soli, ma hanno bisogno di un complesso assetto istituzionale, nonché di una complessa distribuzione di una cospicua dote di risorse materiali per poter essere fruiti, esercitati e garantiti, prima ancora dell’intervento del giudice e della sanzione. Il costituzionalismo vecchio e nuovo, o forse, sarebbe meglio dire, aristocratico e democratico, per sottolineare, usando una felice espressione di Paolo Grossi, la differenza tra una condizione premoderna di società, da un lato, e una moderna di insularità dello Stato, dall’altro, il costituzionalismo, dicevo, senza un effettivo potere contrapposto a quello che vuol limitare, potere in grado cioè di mettere in opera tutto l’apparato istituzionale necessario all’effettività dei diritti, non potrà, per la tutela di questi, affidarsi alle buone intenzioni. Che il diritto abbia una sua aucto-

372<br />

DIBaTTITo<br />

un meccanismo di regolazione e interazione di diritti, per mezzo<br />

del quale si determina il potere di organizzare la vita <strong>politica</strong>.<br />

Non è più l’arte di governare comunità già da sempre dotate di<br />

un proprium istituzionale in senso romaniano, bensì è la tecnica<br />

di gestione di un potere, che individua e costituisce, in primis<br />

giuridicamente, l’oggetto del suo esercizio. Il diritto fondamentale<br />

del sovrano è produrre, attraverso la legge, diritto positivo,<br />

nell’ambito del quale, esclusivamente, possono farsi valere come<br />

fondamentali, determinati diritti dell’uomo.<br />

La condizione al cui interno ciò è reso possibile, da Machiavelli<br />

in poi, si chiama Stato. La modernità, dal punto di vista<br />

istituzionale, può essere compresa come una strettissima coniugazione,<br />

anche conflittuale, tra diritti di sovranità e diritti di cittadinanza,<br />

tra diritti pubblici e diritti privati, dove quelli che progressivamente<br />

appaiono come diritti strappati al sovrano, possono<br />

anche essere intesi come neutralizzazione sovrana di conflitti<br />

interni. Liberalismo, democratismo e socialismo, sono i motori<br />

ideologici di conflitti che, nella misura in cui minacciano l’ordine,<br />

vengono neutralizzati attraverso diritti considerati fondamentali,<br />

proprio perché riassestano il disciplinamento <strong>sociale</strong> e rafforzano<br />

l’ordine, rendendolo più elastico, con quote crescenti di compiti<br />

e poteri, da un lato, e di consenso e partecipazione, dall’altro. I<br />

diritti civili, i diritti politici e i diritti sociali non stanno in piedi<br />

da soli, ma hanno bisogno di un complesso assetto istituzionale,<br />

nonché di una complessa distribuzione di una cospicua dote di risorse<br />

materiali per poter essere fruiti, esercitati e garantiti, prima<br />

ancora dell’intervento del giudice e <strong>della</strong> sanzione.<br />

Il costituzionalismo vecchio e nuovo, o forse, sarebbe meglio<br />

dire, aristocratico e democratico, per sottolineare, usando una felice<br />

espressione di Paolo Grossi, la differenza tra una condizione<br />

premoderna di società, da un lato, e una moderna di insularità<br />

dello Stato, dall’altro, il costituzionalismo, dicevo, senza un effettivo<br />

potere contrapposto a quello che vuol limitare, potere in<br />

grado cioè di mettere in opera tutto l’apparato istituzionale necessario<br />

all’effettività dei diritti, non potrà, per la tutela di questi,<br />

affidarsi alle buone intenzioni. Che il diritto abbia una sua aucto-

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!