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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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MaSSIMo CaCCIaRI<br />

le prima che tecnica di tutti i suoi apparati di intelligence. Sì, è<br />

vero: il livello di organizzazione dell’attacco costringe a pensare<br />

alle più forti, diffuse e radicate protezioni statali. E ciò sembra<br />

rendere credibile anche l’esigenza di una risposta tradizionalmente<br />

militare... Sì, è vero: nessuna armata di 007 potrà mai impedire<br />

che uomini pronti al suicidio, ben organizzati e ben finanziati,<br />

possano portare distruzione nel cuore stesso delle nostre metropoli.<br />

I processi di <strong>globalizzazione</strong> che generano mercati unici,<br />

organizzazioni mondiali del crimine e nuovo terrorismo sono<br />

gli stessi – e forse indivisibili... Sì, è vero: la guerra muta ormai<br />

di sostanza e di forma. L’ultima che si è combattuta nei termini<br />

tradizionali è forse quella tra Israele e i paesi arabi nel 1973. E<br />

da allora ne viviamo gli effetti disastrosi. La guerra inter-statale<br />

non risolve più nulla. Le spedizioni punitive e basta finiranno<br />

con l’accrescere le file dei terroristi. Credere di poter derubricare<br />

la guerra ad azioni di polizia è, d’altra parte, ridicolo utopismo.<br />

Aggiungiamo pure i motivi più seri di riflessione. Certo: nessuna<br />

ricerca di pace è ipotizzabile senza risolvere il nodo palestinese-israeliano.<br />

Certo: le «ragioni di scambio» tra Nord e Sud del<br />

pianeta continuano ad essere il grembo fecondo di ogni conflitto.<br />

Certo: le macroscopiche ingiustizie economiche e sociali «naturalmente»<br />

tendono a rappresentarsi in termini ideologici o ideologico-religiosi,<br />

in rapporto alle diverse culture e civiltà. Certo: la<br />

riforma degli organismi sovranazionali, a partire dall’Onu stessa,<br />

totalmente bloccata dai principi di uguaglianza e unanimità, appare<br />

improcrastinabile, e altrettanto vale per la definizione di una<br />

<strong>politica</strong> estera e di difesa dell’Unione europea.<br />

E l’elenco potrebbe continuare.<br />

E tuttavia nessun discorso come questi o come centomila di<br />

analoghi manifesta la necessità di una «conversione» <strong>politica</strong><br />

vera e propria. Cerchiamo di procedere verso la sua caratterizzazione.<br />

Cominciamo per negativo. Che cosa certamente si chiude<br />

con 1’11 settembre? Si chiude la «belle époque» (come l’ha definita<br />

efficacemente Aldo Bonomi) <strong>della</strong> <strong>globalizzazione</strong>. Invero,<br />

assai breve stagione: il sogno di una via tecnico-amministrativa<br />

al benessere universale, di una «mobilitazione» semiautomatica

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