Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

Discussant: Francesco De Sanctis Grazie, magnifico Rettore e caro collega Febbrajo, per avermi dato la parola; mi corre l’obbligo, naturalmente, di ringraziare Gaetano Carcaterra, per avermi dato l’onore di discutere questa densa e bellissima relazione di Massimo La Torre. Una premessa: il mio contributo alla discussione si muove nella zona d’ombra lasciata dal contributo di La Torre, che ha, in qualche modo, rimosso alcuni problemi, che però rimangono cifrati nella relazione, che ha avuto la cortesia di inviarmi con un largo anticipo, dandomi quindi la possibilità di lavorarci sopra. Nel suo contributo, La Torre fa riferimento all’Antigone e, in particolare, al problema della Dei notes. È da qui che vorrei cominciare la discussione, proprio dal tipo di uomo che La Torre propone nel suo approccio, nonché dalla progressione, quasi necessaria, che dalla dimensione della relazione ego/alter costruisce l’intero mondo normativo che definisce i diritti. Quest’uomo che ci ha descritto La Torre, nella parte luminosa della sua relazione, non nella parte d’ombra, a me sembra, nella sua prevedibilità, che nulla più conservi di quella dei notes che proprio La Torre, giustamente, ci ha ricordato. Terribile e, al tempo stesso, si configura come mirabile. Questa mirabilità terribile significa, innanzitutto, imprevedibilità; si ricordi la traduzione di Heidegger, Unheimlich, Uneinich, usa questi termini. Quindi: imprevedibilità, indeterminatezza e perciò eccedenza rispetto alla norma-normalità del semplicemente vivente e della natura. Dei notes è sfondamento di ogni predicato eidetico, connota un modo di essere che, più di qualsiasi ente inframondano, rispetto ai polla ta deina, coniuga in sé indigenza di essenza e pura potenza, che toglie sicurezza e genera paura. La

368 DIBaTTITo paura inoltre, e lo Hobbes tucidideo ce lo ha insegnato in maniera ineludibile, è passione politica per eccellenza. È proprio come paura dell’altro, inteso quale limite esiziale alla propria vita; ma l’altro, difficile da decifrare senza la ricerca e la decisione di una ratio comune, si annida prima ancora che all’esterno, ossia nel mondo relazionale della parola, dentro l’uomo stesso, armato di un linguaggio prelinguistico e oscuro, che, dall’oracolo di Delfi in poi, prescrive come norma fondamentale di una vita buona, la conoscenza di sé. Il venire a capo del proprio daimon, come quell’irripetibile virtualità di destino che ospitiamo come nemico potenziale. Ospite e hostis hanno una radice comune. Dunque, il primo limite a noi siamo noi stessi, la nostra intima natura o, se si vuole, la nostra immediatezza. La dialettica servo-padrone segnala una lotta al cospetto della morte per il riconoscimento che avviene dentro e fuori la soggettività contemporaneamente. Se ciò è vero, l’uomo che si pone spontaneamente in ascolto dell’altro è un uomo che, pacificato o represso nel proprio sé, è gia disposto al benevolo riconoscimento dell’altro come partner di una situazione discorsiva, che sconta immediatamente l’eguaglianza e la parità dei parlanti, solo perché rientranti nella categoria decisa e non sempre inclusiva dell’interlocutore affidabile. Ma questo è solo l’uomo buono razionale della morale moderna, l’uomo che finge la rimozione della dei notes diventando razionalmente prevedibile; ma è anche caratteristico della modernità che tra l’uomo buono della morale e l’uomo in predicato del diritto e della politica non c’è più coniugazione possibile. Il diritto e la sua esigenza di positività, nel moderno, sconta appieno la colpa dell’impossibilità storica del bene; i principi razionali di libertà e uguaglianza, senza l’ordine del diritto, nella realtà degli uomini concreti, disancorati da ogni ordine gerarchico tradizionale, non sono altro che motivi di conflitto, tanto radicale da mettere in pericolo la vita stessa. Con questo, naturalmente, non voglio dire che la morale e il diritto, nella modernità, si presentino come estranei l’uno all’altra; essi restano certamente imparentati, non soltanto perché sono entrambi dei sistemi normativi che spesso condividono il contenuto di molte norme, ma perché tra loro c’è somiglianza

Discussant: Francesco De Sanctis<br />

Grazie, magnifico Rettore e caro collega Febbrajo, per avermi<br />

dato la parola; mi corre l’obbligo, naturalmente, di ringraziare<br />

Gaetano Carcaterra, per avermi dato l’onore di discutere<br />

questa densa e bellissima relazione di Massimo La Torre. Una<br />

premessa: il mio contributo alla discussione si muove nella zona<br />

d’ombra lasciata dal contributo di La Torre, che ha, in qualche<br />

modo, rimosso alcuni problemi, che però rimangono cifrati nella<br />

relazione, che ha avuto la cortesia di inviarmi con un largo anticipo,<br />

dandomi quindi la possibilità di lavorarci sopra. Nel suo<br />

contributo, La Torre fa riferimento all’Antigone e, in particolare,<br />

al problema <strong>della</strong> Dei notes. È da qui che vorrei cominciare la discussione,<br />

proprio dal tipo di uomo che La Torre propone nel suo<br />

approccio, nonché dalla progressione, quasi necessaria, che dalla<br />

dimensione <strong>della</strong> relazione ego/alter costruisce l’intero mondo<br />

normativo che definisce i diritti. Quest’uomo che ci ha descritto<br />

La Torre, nella parte luminosa <strong>della</strong> sua relazione, non nella parte<br />

d’ombra, a me sembra, nella sua prevedibilità, che nulla più conservi<br />

di quella dei notes che proprio La Torre, giustamente, ci ha<br />

ricordato. Terribile e, al tempo stesso, si configura come mirabile.<br />

Questa mirabilità terribile significa, innanzitutto, imprevedibilità;<br />

si ricordi la traduzione di Heidegger, Unheimlich, Uneinich, usa<br />

questi termini. Quindi: imprevedibilità, indeterminatezza e perciò<br />

eccedenza rispetto alla norma-normalità del semplicemente<br />

vivente e <strong>della</strong> natura. Dei notes è sfondamento di ogni predicato<br />

eidetico, connota un modo di essere che, più di qualsiasi ente<br />

inframondano, rispetto ai polla ta deina, coniuga in sé indigenza<br />

di essenza e pura potenza, che toglie sicurezza e genera paura. La

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