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Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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DIBaTTITo<br />

nica, in una visione al di sopra e al di là delle strutture date. Tale<br />

giustizia esce dalla logica strettamente giuridica e si affaccia nella<br />

mitologia. Vorrei soffermarmi su questa che si avvicina all’interpretazione,<br />

alla parte forse più viva e non solo più suggestiva,<br />

<strong>della</strong> relazione di Azzoni, che chiama in causa le Grazie. Perché<br />

ho parlato di mitologia? Perché ci sono le narrazioni, narrate o<br />

rappresentate simbolicamente in una collettività, che esprimono<br />

stati di coscienza; non sono pure opere poetiche, rappresentano<br />

il non detto, il non dicibile in forma logica da parte <strong>della</strong> collettività;<br />

vivono nel profondo delle relazioni umane, delle società dei<br />

popoli. E qui c’è spazio per dìke e Aristotele lo ha presente. La<br />

cultura greca ha pensato anche a una dìke superiore, meta<strong>politica</strong>,<br />

per così dire, al di là <strong>della</strong> pòlis, meta cittadina, che è una divinità<br />

di tutte le città, ma di nessuna città al tempo stesso. Non è la<br />

dikaiosỳne di cui parla Aristotele nel quinto libro dell’Etica, ma<br />

questa è una divinità, è sentita, vissuta, interpretata come divinità,<br />

attraverso una visione simbolica che pone infiniti problemi,<br />

perché il greco si chiedeva in fondo: dìke da dove viene? E allora<br />

c’è la gerarchia tra gli dei, viene da thèmis, dal pensiero di Zeus,<br />

quindi era figlia del pensiero di Zeus e si avvicinava al kràtos degli<br />

dei, come tale era intoccabile, irraggiungibile, non traducibile<br />

in diritto positivo. Ma il greco era anche attento all’altra dimensione,<br />

alla dimensione pratica mètis, per esempio; era importante,<br />

in fondo, l’adattamento astuto, alle circostanze, che dava luogo<br />

ad una giustizia pratica, veicolata attraverso leggi opportune; ma<br />

poi aveva tỳke, il caso; poi c’era anànke, il destino; anànke era un<br />

altro tipo di giustizia, che legava il momento <strong>della</strong> phỳsis, perché<br />

anànke è fisica in questo senso, al kràtos degli dei. Gli dei avevano<br />

i loro problemi con l’anànke, non potevano sottrarsi all’anànke.<br />

Tỳke e anànke, che sottostanno a questa dimensione <strong>della</strong> giustizia,<br />

in quanto entrano nel gioco dei comportamenti e degli eventi,<br />

hanno a che fare con le Grazie. In questo passaggio si coglie una<br />

profonda circolarità che richiama la danza delle Grazie, che si dispiega<br />

in un’immagine gentile, dolce, armoniosa, che simboleggia<br />

l’equilibrio, la circolarità, la perequazione; ma la perequazione in<br />

movimento, in un movimento circolare, come circolare è il ritmo.

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