Diritto, politica e realtà sociale nell'epoca della globalizzazione

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03.06.2013 Views

Discussant: Giulio M. Chiodi È bello finire con le Grazie. Adesso è mio dovere riaprire il discorso. Non ho certo invidiato il collega Azzoni che ha dovuto affrontare un problema così complesso come quello della giustizia tra universale e particolare e non invidio neanche me stesso perché, in pochi minuti, devo intervenire su una materia così vasta e così ricca. Ciò mi mette molto in imbarazzo, perciò cercherò di enucleare le mie osservazioni su quello che mi è parso il filo conduttore, il punto centrale dell’impostazione data da Azzoni, che parte proprio dalla definizione di universale. Una prima osservazione di carattere generale è legata al fatto che molti concetti di universale che sono stati toccati, in effetti possono appartenere a universi diversi. Ad esempio, l’universale aristotelico e l’universale in Hegel, per fare due riferimenti principali, hanno due portate, oltre che contestualizzazioni, molto diverse; il discorso sarebbe ampio e mi limito sopratutto al momento di Aristotele, perché mi è parso che l’impostazione data, abbia, come punto essenziale di partenza e anche organizzativo del discorso, la nozione di giustizia universale e, in particolare, in Aristotele. La definizione di universale in Aristotele è terribilmente complessa, perché quella definizione di kathòlou è certamente fenomenica, non è certamente ontologica, è concettuale in senso predicativo. Cosa vuol dire che è predicativo? Di che cosa può essere predicato? Per esempio, la giustizia, o l’universale, secondo la logica aristotelica, certamente non può essere predicato di un altro universale, non avrebbe senso. Aristotele lo dice esplicitamente; sarebbe come dire: ogni uomo è un animale o tutti gli uomini sono animali e tutti gli animali sono uomini; non ci sarebbe questo gioco di

330 DIBaTTITo identità. L’ universale è, in fondo, l’unità di una pluralità; non indica tanto l’assoluta totalità, ma una pluralità vista nell’ambito di un’unità. “Universale – dice Aristotele – è ciò che si predica di molti”; non si predica del tutto in assoluto, ma di una pluralità, rispetto a delle particolarità; quindi, riguarda l’enunciazione sul molteplice ridotto ad unità. Mi sembra che ciò sia costante, tanto nella Logica quanto nei Topici, quanto anche nel testo su L’interpretazione che vedo citato dal relatore. Pertanto, le domande che possono concernere una risposta in universale, appartengono a quell’orizzonte logico e dialogico, nel senso che Aristotele considera dialettico. La dialettica di Aristotele è quel modo di argomentare che non può dare le definizioni univoche. Non risponde alla domanda su che cosa sia la giustizia, o ancora su che cosa sia l’uomo, perché l’uomo nell’ universale che cos’è? Si possono dire a tal proposito tante cose, ma non fornire la specificità della sua definizione; lo stesso avviene per la giustizia. Il quinto libro dell’Etica è costruito proprio in questo contesto dialettico da termini che vengono asseriti non come definizioni, secondo le essenze, perché non c’é costruzione metafisica, non c’è il gioco di causa/effetto, né il finalismo o il teologismo. Tale dialettica appartiene a quell’universo di termini che Aristotele considera èndoxa, ossia le opinioni comuni, le opinioni diffuse. Quindi, il rapporto tra universale e particolare, trattato nel quinto libro, sviluppa praticamente la dialettica giusto e ingiusto, immaginando di individuare quel tipo di disposizione dell’opinione comune, quindi degli èndoxa, che sono rivolte al giusto o all’ingiusto. La materia, probabilmente, anzi sicuramente, è già tutta in Platone; se vogliamo prendere non solo la Repubblica, ma anche l’Ippia minore, ci sono testi che affrontano questo problema della giustizia in questo gioco di definizione non assoluta. Qui voglio sottolineare che il concetto di universale sembra essere stato assediato come qualcosa di superordinato o quasi di cosmico, mentre credo che questo aspetto vada attenuato nella visione di Aristotele e deve essere attenuato anche perché va tenuta presente la contestualizzazione di questa complessa cultura aristotelica, che poi è un po’ il cuore logico e argomentato della cultura greca. Il mondo greco non

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identità. L’ universale è, in fondo, l’unità di una pluralità; non<br />

indica tanto l’assoluta totalità, ma una pluralità vista nell’ambito<br />

di un’unità. “Universale – dice Aristotele – è ciò che si predica di<br />

molti”; non si predica del tutto in assoluto, ma di una pluralità,<br />

rispetto a delle particolarità; quindi, riguarda l’enunciazione sul<br />

molteplice ridotto ad unità. Mi sembra che ciò sia costante, tanto<br />

nella Logica quanto nei Topici, quanto anche nel testo su L’interpretazione<br />

che vedo citato dal relatore.<br />

Pertanto, le domande che possono concernere una risposta in<br />

universale, appartengono a quell’orizzonte logico e dialogico, nel<br />

senso che Aristotele considera dialettico. La dialettica di Aristotele<br />

è quel modo di argomentare che non può dare le definizioni univoche.<br />

Non risponde alla domanda su che cosa sia la giustizia, o<br />

ancora su che cosa sia l’uomo, perché l’uomo nell’ universale che<br />

cos’è? Si possono dire a tal proposito tante cose, ma non fornire la<br />

specificità <strong>della</strong> sua definizione; lo stesso avviene per la giustizia.<br />

Il quinto libro dell’Etica è costruito proprio in questo contesto<br />

dialettico da termini che vengono asseriti non come definizioni,<br />

secondo le essenze, perché non c’é costruzione metafisica, non c’è<br />

il gioco di causa/effetto, né il finalismo o il teologismo. Tale dialettica<br />

appartiene a quell’universo di termini che Aristotele considera<br />

èndoxa, ossia le opinioni comuni, le opinioni diffuse. Quindi, il<br />

rapporto tra universale e particolare, trattato nel quinto libro, sviluppa<br />

praticamente la dialettica giusto e ingiusto, immaginando di<br />

individuare quel tipo di disposizione dell’opinione comune, quindi<br />

degli èndoxa, che sono rivolte al giusto o all’ingiusto. La materia,<br />

probabilmente, anzi sicuramente, è già tutta in Platone; se vogliamo<br />

prendere non solo la Repubblica, ma anche l’Ippia minore, ci<br />

sono testi che affrontano questo problema <strong>della</strong> giustizia in questo<br />

gioco di definizione non assoluta. Qui voglio sottolineare che il<br />

concetto di universale sembra essere stato assediato come qualcosa<br />

di superordinato o quasi di cosmico, mentre credo che questo<br />

aspetto vada attenuato nella visione di Aristotele e deve essere<br />

attenuato anche perché va tenuta presente la contestualizzazione<br />

di questa complessa cultura aristotelica, che poi è un po’ il cuore<br />

logico e argomentato <strong>della</strong> cultura greca. Il mondo greco non

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